Il problema di cui vogliamo trattare nasce dall

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Il problema teorico.
Il problema di cui vogliamo trattare nasce dall'osservazione di certi fenomeni venuti
alla luce nel lavoro sperimentale e clinico, da noi praticato in questi ultimi quindici
anni.
Il tema centrale della ricerca in atto riguarda l'assenza, e tutti quei fenomeni
dell'essere pensante non ancora presenti ad un discorso scientifico e più in generale
ciò che non si manifesta con il linguaggio che normalmente conosciamo.
L'interrogativo che abbiamo posto alla base del nostro lavoro è che cosa in realtà
avvenisse nel sistema vivente e pensante, quando fosse sottratto qualcosa al suo stato
d'equilibrio.
L'osservazione si è concentrata sul cambiamento che si instaura col sistema per
sottrazione di parti, piuttosto che per aggiunta di questi elementi.
Abbiamo ritenuto che non si conoscesse sufficientemente a fondo ciò che avviene in
un sistema vivente qualora in esso venga a mancare qualcosa.
È stato investigato in campo clinico tale problema dalla psicoanalisi, ma a nostro
avviso, questo metodo prende in considerazione soltanto alcuni dei fenomeni che
possono intervenire nella pratica clinica e nell'osservazione dei comportamenti della
vita.
Abbiamo ritenuto l'inconscio descritto da Freud e dalla successiva ricerca essere una
parte soltanto di una zona più vasta, anch'essa sotto il limite della vita cosiddetta
conscia.
Inoltre il mètodo psicanalitico ci è sembrato inadeguato a spiegare altri fenomeni che
ci interessano, appartenenti alla zona sotto il limite di coscienza, o ciò che viene
osservato.
Esso porta in luce unicamente quegli elementi inconsci corrispondenti al tipo di
strumento che viene usato per l'indagine.
Più in generale, ciò che viene osservato dipende dal metodo e dal punto di
osservazione con cui viene fatta l'osservazione.
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Così certe situazioni dell'essere umano sia che esso si trovi in condizioni cosiddette
patologiche, così come in condizioni di normalità, secondo noi, non potevano essere
né spiegate né descritte servendoci dell'approccio metodologico usuale.
Ci è sembrato importante porre sotto osservazione il processo del pensiero in
generale, ritenendo esso l'espressione fondamentale del sistema uomo.
Abbiamo ritenuto adeguato seguire direttamente le modalità con cui si esprime l'atto
del pensare piuttosto che rivolgerci a questo fenomeno unicamente come a un
derivato da strutture latenti inconsce o da strutture primarie con minor grado di
complessità, come si fa, ad esempio, in campo etologico, dove l'attività nervosa
superiore si pensa come sussidiaria a drive primari, o, in campo psicoanalitico dalla
libido.
L'approccio di questo tipo ha aperto il campo a moltissime ipotesi di lavoro.
Come all'inizio accennato, ci siamo concentrati su quelle parti del pensare considerato come un'azione - che nascessero dove si aveva una sottrazione di elementi
precedentemente parte della struttura in esame.
Abbiamo analizzato il pensare che si genera nella vasta zona inconscia.
In una zona non presidiata da quel tipo dì inconscio che conosciamo tramite la dottrina
psicoanalitica.
Diciamo di una zona non ancora attentamente esplorata, dove per lo più non c'è
l'evidenza di fenomeno, ma dove sembra esserci silenzio o, addirittura, nessuna specie
di fenomeno legato al pensare.
Talvolta i fenomeni, appartenenti a queste zone e che hanno un linguaggio diverso,
vengono solitamente assoggettati ad un tipo di interpretazione non consono alla loro
diversità.
Questa tendenza fa sì che il riconoscimento di essi il più delle volte fallisca, a causa
dell'uso improprio del metodo e del modo d'osservazione.
Occorre, - abbiamo notato -, una ipotesi conoscitiva più ampia rispetto a quella
normalmente in uso o, forse, diversa nei suoi presupposti di base, che comprende il
cambiamento o lo spostamento del punto d'osservazione, adattandosi ai fenomeni di
cui trattiamo.
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Occorre una griglia più ampia.
Oppure metodologie diverse che corrispondano alla necessità di osservazioni in un
campo che appare diverso da quello normalmente preso in considerazione.
Già il metodo psicoanalitico ha prodotto una rivoluzione nell’osservare il
comportamento umano e per dare linguaggio scientifico in quel luogo dove
precedentemente c'erano state sì osservazioni e linguaggi, ma di tipo letterario,
artistico, oppure occulto.
Il metodo freudiano s'è attenuto ad una rigorosa strutturazione secondo le ipotesi
biologiche in atto in quel tempo.
Tuttavia, a nostro parere, il suo valore, è quello di aver prodotto un metodo che, al di
là dei contenuti specifici, ha provocato un profondo mutamento nella ricerca dei
comportamenti dell'uomo.
Questo metodo - ipotizziamo - abbia prodotto quella reale rivoluzione, ponendo la
chiarezza specifica di un linguaggio là dove la presenza delle abissali contraddizioni
umane ponevano un campo non possibile all'esplorazione di un uomo di scienza.
Il metodo sarà anche per noi, uno dei problemi critici, nell'esposizione dei nostri temi.
Il tema fondamentale della nostra trattazione è tutto ciò che non appare alla superficie
nel comportamento.
Quello che è sotto il livello di soglia.
Intendiamo questo livello non solo relativo alla percezione, a quella chiamata soglia di
percezione, dove non vi è più risposta allo stimolo indotto.
Nella nostra accezione "sotto-soglia" è un campo complesso, dove, com'è detto, non
agisce solo l'inconscio di tipo freudiano, ma v'è un'attività nervosa superiore finora
sconosciuta alla scienza attuale.
In questa zona sub-liminare abbiamo osservato, con alcuni metodi di cui scriveremo,
un'organizzazione diversa dal processo del pensare.
Di solito, si sono messi in luce solo fenomeni sopra soglia, o quelli ipotizzabili con i
termini di preconscio o inconscio.
Questa classe di fenomeni è considerata come espressione di tracce mnestiche
pregresse.
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Esse si rivelano nei sogni e in certe fasi precise dell'evoluzione filogenetica e
ontogenetica della specie umana.
I fenomeni, di cui trattiamo, non appartengono a tracce mnestiche, o quantomeno,
può esserci configurazione da tracce mnestiche, ma essa è solo un aspetto della nostra
osservazione indotta.
Il soggetto tende ad essere conosciuto nel suo insieme, e non solo come espressione
della propria storia naturale e familiare.
Il fenomeno che si presenta non viene interpretato solo come significato subalterno ad
una rimozione riuscita o mancata. In particolare l'atto del pensare non è solo il frutto
di sublimazione. Esso è inteso nel suo insieme, come fattore fondamentale per lo
sviluppo del soggetto e come mezzo fondamentale per il suo approccio alla conoscenza
del mondo: esso, pensare, è mezzo principe per l'articolazione significativa del
soggetto nel mondo secondo il principio di realtà.
Il pensare, come detto, è un atto, nella nostra ipotesi di lavoro.
Esso si produce e agisce quando nel soggetto si genera "assenza". La classe dei
fenomeni "assenti", con l'approccio metodologico secondo le regole attualmente
vigenti, non avrebbero qualità di esistenza, in quanto non rilevabili con la griglia
d'osservazione attuale, per l'analisi del sistema vivente.
Oppure si va indagando questi fenomeni al di fuori di una scientificità rigorosa. O, in
altri casi, come detto, essendosi affermata la metodologia psicoanalitica, tutto ciò che
è assente è quell'inconscio di cui ha scritto Freud.
La classe di fenomeni assenti, secondo la nostra formulazione, appartiene a quella
zona dell'essere vivente sotto il livello comunemente osservabile.
Questo livello comprende stati e fenomeni diversi, un campo molto vasto.
Il linguaggio di questi sottolivelli è diverso da quello inconscio.
Il pensiero che si organizza a questo sotto-livello ha una struttura diversa dal pensiero
che normalmente appare come espressione della superficie della vita.
Il decremento della potenziale vitale, dato dalle componenti istintive o dai drive
primari, dà luogo al manifestarsi più evidente di questo pensare sub-liminare che si
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inserisce nei tratti del comportamento: in quelli somatici, nella formulazione del
linguaggio parlato e in quello scritto, in genere nello scambio interumano.
Riteniamo che questo pensiero-linguaggio sia l'artefice principale delle modalità di
comportamento. E che esso interagisca in modo estremamente significativo nella
relazione sociale.
Con l'ipotesi dell'esistenza di questo tipo di pensiero riteniamo che possano essere
spiegati in modo più ampio, talvolta in modo del tutto diverso da quello finora (……)
alcuni comportamenti sia patologici sia normali.
Il problema metodologico è complesso.
Si tratta di osservare alcuni fenomeni, la cui condizione è di essere non presenti
nell’espressione apparente del fenomeno in atto.
Si tratta di pensare per pensiero reale in un corpo reale.
L'uso del pensiero non deve condurre a quella scissione che normalmente si verifica
quando il pensiero pensa se stesso e i propri strumenti di lavoro.
Il pensiero pensando i propri strumenti di conoscenza, cioè astraendo su sé e sul
mondo allo scopo di conoscere, produce proprio quella scissione che, nella nostra
ipotesi, corrisponde ad uno degli aspetti di assenza: di quell'assenza come tratto
mancato, e non conosciuto.
Il nostro lavoro tende ad eliminare quel tratto di mezzo mancato che si forma tra il
processo astrattivo-metafisico e chi compie il processo.
Cioè esso tende a porre in atto un'unità che comprenda in un tutt'uno il pensiero che
pensa con il soggetto che pensa.
Da questa unità dovrebbe generarsi un sistema vivente-pensante che sia presente a
tutte le variazioni che in esso e per esso si producono: in particolare, a quei processi di
pensiero che abbiamo detto sotto-soglia. Il pensiero sotto-soglia sarebbe, quindi,
secondo la nostra ipotesi, un'espressione fondamentale dell'unità ottenutasi nel
sistema pensante e vivente.
Esso completerebbe o, forse, sostituirebbe il pensare sopra-soglia che è probabilmente
solo uno degli aspetti dell'espressione dell'essere pensante: esso, pensare sopra-soglia,
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risulterebbe essere solo il fenomeno apparente e riduttivo di un processo molto più
complesso e ampio che si svolge a livello sotto-soglia.
Come già scritto, ipotesi circa l'attività che avviene sotto-soglia sono state poste, in
particolare dal metodo psicoanalitico.
Esso guarda al comportamento come ad un'espressione indipendente, quindi
interpretabile, di un'attività sotto la soglia di coscienza.
In questa teoria, semplificando, la soglia è data dalla coscienza. Ciò che avviene sottosoglia è chiamato inconscio.
La coscienza, quindi, è lo spartiacque in cui dividere i fenomeni o le attività.
L'attività onirica, ad esempio, è sotto la soglia di coscienza, normalmente presente
nello stato di veglia.
Le attività consce ed inconsce sono dei derivati dal materiale mnestico frutto della
storia del soggetto, oppure, più in generale, della storia filogenetica della specie.
Il nostro lavoro non pone divisione tra attività conscia e inconscia secondo questa
modalità.
La traccia mnestica, secondo noi, non è responsabile - o è responsabile solo in parte
strettamente degli strumenti di cui ci serviamo - del comportamento del sistema
vivente e pensante.
Freud definisce la coscienza, in un passo contenuto nell’“Al di là del principio del
piacere”, come luogo dove la traccia mnestica rimossa è scomparsa, essendo stata
rielaborata e compresa a livello del sistema percettivo, potendo cosi essere
riconosciuta e compresa.
Freud parla quindi di coscienza come scomparsa, cioè, nella nostra accezione, come
assenza in questo caso di assenza di una traccia di memoria precedentemente (……).
Il nostro lavoro converge verso la conoscenza della scomparsa e dell'assenza: esso
concepisce il sistema uomo come entità che tende alla scomparsa, all'assenza di sé.
Come già scritto, questa condizione implica la presenza di un altro modo del pensiero e
quindi dei mezzi con cui spiegare il comportamento e l'attività dell'essere al mondo
pensante, così come entità dei processi di conoscenza circa il mondo.
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La discriminante tra entità sopra e sotto-soglia non è data dalla coscienza e dal suo
relativo inconscio, dall'occultamento o rimozione di tracce mnestiche.
La questione, per noi, è molto più complessa.
L'entità sotto-soglia è stato reale dell'essere pensante al mondo.
L'entità sotto-soglia è solo apparentemente sotto il livello di soglia con cui si
percepisce e si pensa il mondo.
In realtà, esiste un sistema sopra-soglia rispetto ad un sistema sotto-soglia, soltanto in
quanto il modo con cui si osserva comunemente l'essere pensante, si pone in un
ipotetico punto d'osservazione che si ritiene essere sopra il livello di soglia.
Il pensiero pensa se stesso, ritenendo di potersi porre fuori di sé. Così operando, opera
una scissione fra sé e sé.
Produce un tratto di assenza, dove l'assenza non è reale, ma è solo un pensiero
mancato.
Nella nostra ipotesi diciamo che basta modificare il metodo d'osservazione, che anche
l'osservato cambia la sua condizione, data l'unità imprescindibile, da noi ipotizzata, tra
osservatore e osservato, almeno per quanto riguarda i processi dell'essere pensante.
Come si può notare, il metodo da noi usato, pone problemi non facilmente risolvibili
secondo la logica attualmente in uso.
Esso implica un continuo spostamento.
L'ipotesi varia e viene scavalcata a seconda dei punti da cui avviene l'osservazione del
fenomeno.
Non si pongono parametri fissi, che implicherebbero divisioni artificiali, e - nella nostra
ipotesi - scissioni che impedirebbero una conoscenza unitaria circa l'essere pensante.
Solo, abbandonando continuamente il punto d'osservazione, si può realmente
incominciare a produrre quell'esperienza conoscitiva atta a comprendere in modo più
ampio e diverso l'essere pensante.
Prodotta un'esperienza conoscitiva, si lascia a questa, abbandonando la traccia che,
altrimenti, si porrebbe sopra-soglia inficiando il lavoro di ricerca, a causa della sua
possibile interferenza nell'ulteriore fase di esplorazione.
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Viene continuamente lasciato un posto vuoto o assente, perché in questo caso ogni
volta si generi un campo più ampio dove produrre nuove esperienze del pensare.
Abbiamo parlato di esperienza di conoscenza e di pensare anziché semplicemente di
conoscenza di pensiero.
Ciò, in quanto, nel nostro metodo, è ritenuto indispensabile l'esperienza perché si attui
una reale conoscenza circa l'essere pensante.
Parliamo di esperienza di pensiero, ponendo il punto di osservazione direttamente
all'interno del sistema pensante. Tuttavia, nel nostro caso, esperienza non significa
soltanto ricevere tramite organi sensoriali e percettivi dati da cui dedurre o indurre
una serie di ipotesi per il lavoro successivo.
Esperienza del pensare è proprio il pensare esso medesimo. È quel luogo d'assenza,
centro della nostra ipotesi di lavoro. Non è, però, né punto di partenza, né punto
d'arrivo.
Solo nel procedere si attuano nuovi punti di partenza per nuove ipotesi.
L'assenza, cioè, non è solo stato o luogo da cui osservare l'oggetto del mondo.
Essa è luogo di continuo perfezionamento e approfondimento, all'interno del pensare
medesimo per elaborazioni e ipotesi successive.
L'assenza non è separazione e distacco dal mondo.
Ma è il luogo o lo stato dove si può conoscere il mondo.
Il mondo è conosciuto non per opposizione di tracce, quello dell’osservatore e quello
dell'oggetto osservato.
L'assenza è il luogo dove, per successive tappe, viene meno la separazione tra
osservatore e mondo, tra pensante e il proprio pensiero. L'assenza non è stata dove
vige la mancanza di ragione.
Anzi, nel nostro caso, assenza è la possibilità che quei fenomeni di solito scartati,
perché pensati irrazionali o silenti, in quanto sotto la soglia di riconoscimento
normalmente funzionante, possano essere conosciuti nei loro linguaggi finora
incomprensibili.
L'assenza è convergenza di tutti quei tratti dell'essere pensante solitamente scissi,
perché probabilmente di disturbo in un sistema in equilibrio.
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Vogliamo proporre la formulazione di una ragione più ampia, forse diversa, capace di
comprendere ciò che, di solito, è lasciato in un falso stato d'assenza.
Semplificando, riteniamo il falso stato d'assenza, quello, dovuto a un atto mancato,
verificatosi allo scopo di mantenere un equilibrio, nel sistema vivente e pensante.
Lo stato falso d'assenza è privo di forma; si trova sotto-soglia, come tratto mancante in
alcuni casi generatosi per esclusione inconsapevole dal sistema vivente e pensante,
che ha espulso una parte di sé, per mantenere quell'equilibrio a cui tende il sistema a
cui appartiene, in altri casi per impossibilità di contenimento proprio di quell'assenza,
di cui trattiamo.
Ciò produce una realtà sotto-soglia continuamente sfuggente, perché priva di forma e
quindi inintelligibile ai livelli di consapevolezza normalmente in uso.
Tuttavia, questa realtà è responsabile, a nostro avviso, di quelle alterazioni presenti
nell'essere pensante, sia esso individuo o insieme sociale di individui. Queste
alterazioni sono quelle che, in alcuni casi e per alcuni individui e in certe situazioni
sociali, producono la cosiddetta patologia, che risulta essere così l'espressione
fenomenica e comportamentale di quella "falsa" realtà circolante sotto-soglia fatta di
"false" tracce di assenza.
Il nostro proposito è di arrivare alla formulazione di una ragione più ampia, forse
diversa, atta a comprendere ciò che, di solito, è stato lasciato senza ragione in quello
stato di "assenza" nell'essere pensante, sia esso individuo, o insieme sociale di
individui.