- I’ mi son pargoletta bella e nova, che son venuta per mostrare altrui de le bellezze del loco ond’io fui. I’ fui del cielo, e tornerovvi ancora per dar de la mia luce altrui diletto; e chi mi vede e non se ne innamora d’amor non averà mai intelletto, ché non mi fu in piacer alcun disdetto quando natura mi chiese a colui che volle, donne, accompagnarmi a vui. Ciascuna stella ne li occhi mi piove del lume suo e de la sua vertute; le mie bellezze sono al mondo nove, però che di là su mi son venute: le quai non posson esser canosciute se non da canoscenza d’omo in cui Amor si metta per piacer altrui. Queste parole si leggon nel viso d’un’angioletta che ci è apparita: e io che per veder lei mirai fiso, ne sono a rischio di perder la vita; però ch’io ricevetti tal ferita da un ch’io vidi dentro a li occhi sui, ch’i’ vo’ piangendo e non m’acchetai pui. I' mi son pargoletta bella e nova. - Questa ballata (Rime LXXXVII; mezzana, ripresa di 3 versi e 3 stanze di sette versi tutti endecasillabi disposti secondo lo schema yxx; ab ab, bxx) Si trova citata nell'Ottimo, a proposito della pargoletta indicata da Beatrice al v. 59 di Pg XXXI: dopo la morte di Beatrice, D. " amò quella per la quale disse Io mi son pargoletta bella e nova ". Fra i codici più autorevoli che la contengono c'è il Chigiano L VIII 305 dove di trova al sesto posto, fra Al poco giorno e Io son venuto, in una serie di 17 componimenti fra canzoni e ballate. Fra gli studiosi di D., prima e dopo il Barbi, varie sono le opinioni circa l'identità di questa donna: con Beatrice, con giovane donna distinta o no dalla Donna gentile e dalla Donna pietra; e si discute, inoltre, se sia da considerare allegorica (la Donna gentile - Filosofia o la Retorica). Comunemente accettata è l'interdipendenza fra le due ballate e il sonetto, e non manca di qualche fondamento l'estensione del gruppo alle due canzoni Amor che movi e Io sento si d'Amor. Nel commento di Foster e Boyde si ritorna, ma non senza prudenti riserve, all'identificazione della pargoletta con la Donna gentile intesa allegoricamente per la Filosofia per la quale si sostiene che D. continuasse a comporre, dopo il sonetto O dolci rime, i tre componimenti del gruppo della ‛ pargoletta ' e le due canzoni Amor che movi e Io sento sì d'Amor. Il contenuto della ballata ha due parti nettamente distinte: la prima (vv. 1-17) è costituita dalle parole che il poeta legge nel viso della pargoletta, riportate in discorso diretto; la seconda (vv. 1824), dalle indicazioni del poeta su quel che è avvenuto: l'apparizione d'un'angioletta, nel cui viso si leggono le parole prima riportate, la contemplazione della sua bellezza da parte del poeta, gli effetti con rischio di morte che derivano da tale contemplazione. Tutta la prima parte è intessuta di motivi stilnovistici, in genere, e di quello Stil nuovo in particolare caratteristico delle rime di D. in lode di Beatrice. La giovinetta che discende dal cielo per mostrare in terra bellezza di paradiso; la necessità di avere intelletto d'amore per potersi innamorare di lei; le sue bellezze che sono straordinarie perché appunto provengono dal cielo e non possono essere conosciute se non da chi sente in sé operare Amore per gli effetti della bellezza contemplata, sono motivi che si ritrovano con più o meno affinità nella canzone Donne ch'avete e nel sonetto Tanto gentile. Ciò spiega la persuasione di alcuni critici (Fraticelli, Giuliani, Lamma), che la ballata fosse composta per Beatrice. Nell'ultima stanza gli effetti che il poeta descrive della contemplazione di quella bellezza paradisiaca sulla sua anima non sono estranei alla poesia di Guido, di Cino e dello stesso D. in fase stilnovistica, ma sono anche in evidente connessione con lo stato d'animo da cui scaturiscono la ballata Perché ti vedi e il sonetto Chi guarderà già mai. Rime per la donna pietra Amor, tu vedi ben che questa donna la tua vertù non cura in alcun tempo che suol de l’altre belle farsi donna; e poi s’accorse ch’ell’era mia donna per lo tuo raggio ch’al volto mi luce, d’ogne crudelità si fece donna; sì che non par ch’ell’abbia cor di donna ma di qual fiera l’ha d’amor più freddo; ché per lo tempo caldo e per lo freddo mi fa sembiante pur come una donna che fosse fatta d’una bella petra per man di quei che me’ intagliasse in petra. E io, che son costante più che petra in ubidirti per bieltà di donna, 15porto nascoso il colpo de la petra,