SETTIMANA n. 4/03

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approfondimenti
NEL 2014 I CITTADINI DEGLI STATI MEMBRI VOTERANNO PER RINNOVARE IL PARLAMENTO
Rilanciare il sogno:
gli Stati Uniti d’Europa
A meno di un anno dalle elezioni è stato pubblicato un coraggioso Progetto di manifesto
scritto dall’eurodeputato democristiano lussemburghese Frank Engel. Lo abbiamo
intervistato. Per non diventare irrilevanti, è necessario consegnare una parte significativa
della sovranità nazionale all’Europa democratica e federale.
F rank Engel, classe 1975, lussemburghese, eurodeputato cristiano-de-
mocratico, è conosciuto a Bruxelles – oltre che per essere un europeista
convinto e appassionato – anche per non amare i giri di parole. Non si fa
problemi a criticare Angela Merkel e gli altri leader europei, che accusa di
considerare l’Unione Europea una mera proiezione delle loro vanità nazionali. Se la prende con l’austerità che impedisce a paesi già economicamente alla canna del gas di potersi riprendere. Non risparmia neppure la
Commissione Europea che si comporta – dice – come «un segretariato esecutivo degli stati membri», rinunciando colpevolmente al ruolo-guida assegnatole dai Padri Fondatori dell’Europa.
Engel rimprovera alle classi dirigenti dei paesi europei l’assenza di coraggio. Il coraggio di riformare le istituzioni comunitarie permettendo loro
di acquisire le competenze e la legittimità democratica di cui hanno bisogno
per affrontare la crisi. Il coraggio di superare l’idea, che considera assurda,
di gestire le finanze europee senza dotare l’Europa di risorse finanziarie
sufficienti. Il coraggio, in sostanza, di consegnare la sovranità – così avidamente trattenuta nelle mani degli stati membri – una volta e per tutte a
un’Europa democratica e federale: di dar vita cioè agli Stati Uniti d’Europa.
«È venuto il tempo per l’Europa di decidersi tra due opzioni. Essa può
mantenere la sua forma attuale di organizzazione internazionale di lusso,
in cui le istituzioni comuni non possono che eseguire la volontà degli stati
membri. Oppure, può prendere rapidamente e risolutamente la via della federalizzazione». Così scrive Engel nel suo Progetto di manifesto per gli Stati
Uniti d’Europa,1 pubblicato qualche settimana fa e disponibile in rete. Giurista di formazione e membro del partito cristiano-democratico lussemburghese (Parti Populaire Chrétien Social, CSV), Engel ha lavorato come assistente di Jaques Santer quando questi, dopo essere stato presidente della
Commissione Europea, è stato ri-eletto eurodeputato. Engel è stato successivamente segretario generale del gruppo parlamentare CSV al Parlamento lussemburghese ed è stato eletto a sua volta eurodeputato nel 2009.2
Molte personalità politiche e accademiche hanno immaginato e supportato strenuamente la costruzione di una federazione europea. Tra i più
illustri vi è senza dubbio Altiero Spinelli, confinato dal regime fascista a
Ventotene negli anni 40. Su quell’isola, assieme ad Ernesto Rossi e ad altri pensatori antifascisti, scrisse il documento Per un’Europa libera e unita.
Progetto d’un manifesto: quello che viene ancora ricordato come il Manifesto di Ventotene.
settimana 14 luglio 2013 | n° 28
L’ultimo giapponese
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Da Spinelli, come da altri intellettuali, ha preso spunto Engel per redigere questo nuovo manifesto. Il documento parte dalla constatazione dell’impotenza degli stati membri di agire in modo incisivo per contrastare la
crisi. Gli stati europei presi singolarmente – sostiene Engel – rischiano di
essere politicamente, economicamente e demograficamente irrilevanti su
scala globale. Per questo, ritiene che l’unica soluzione davvero efficace sia
la creazione degli Stati Uniti d’Europa. La federazione nascerebbe a seguito di un referendum pan-europeo. Essa sarebbe dotata di una politica
estera e di difesa comuni, di un solo esercito, di un bilancio comune, di
un’unica politica economica, monetaria, fiscale, industriale, di un Parlamento bicamerale (in cui il Senato fungerebbe da Consiglio Federale), di
un presidente eletto direttamente dal popolo e di un vero governo europeo.
In un momento in cui l’Europa viene accusata da ogni parte di essere
fondamentalmente antidemocratica e disattenta al tema della crescita, Engel, pur non negando i gravi difetti e i limiti delle attuali strutture comunitarie, non solo propone di ristrutturarle e di rafforzarle, ma soprattutto
mette a nudo l’illusione del concetto-tabù di sovranità nazionale. Un concetto dietro al quale si nascondono, sostiene, la boria, la paura e l’egoismo
delle classi politiche degli stati membri, timorose di rinunciare alle loro
prerogative e alla loro piccola parte di prestigio e privilegi. Un concetto –
aggiunge Engel – che «condanna ogni stato europeo singolarmente, e tutti
insieme allo stesso tempo, all’insignificanza globale».
Ora, a meno di un anno dalle prossime elezioni europee, incontriamo
quello che potremmo definire – per la portata delle sue proposte e per l’indole combattiva di fronte alla generale freddezza con cui è accolto oggi il
pensiero europeista – come uno degli ultimi giapponesi dell’Europa federale. Un ideale questo che, rispetto ai tempi di Spinelli e complice la crisi,
ha perso per strada parte della sua popolarità, ma la cui profonda necessità
rimane intatta. Lo incontriamo nel suo ufficio di Bruxelles, in un’ala del
Parlamento Europeo dedicata proprio ad Altiero Spinelli. Ci accoglie in un
italiano impeccabile, lingua in cui peraltro viene condotta tutta l’intervista.
Senza Europa non c’è futuro
n Onorevole Engel, il suo manifesto si pone l’obiettivo, senz’altro ambi-
zioso, di creare gli Stati Uniti d’Europa. Perché ha deciso di redigerlo e
perché farlo ora, quando la popolarità dell’UE tra i cittadini è forse al livello più basso da sempre?
Proprio per questo l’ho pubblicato ora. L’Europa, è vero, attraversa una
gravissima crisi ed è giunto il momento di fare un salto in avanti. Quelli
che come me – e sono numerosi – credono nell’Europa, debbono sapere
controbattere il disfattismo di chi vede un’Europa pienamente politica e democratica come un obiettivo aleatorio, impossibile o, peggio, inutile. Dobbiamo presentare ai cittadini europei una valida e concreta alternativa a
questo disfattismo e dobbiamo farlo con convinzione e passione. Quest’alternativa sono gli Stati Uniti d’Europa.
n Così nasce il suo manifesto…
Esatto. Ma il mio manifesto è e rimane una bozza, aperta ai contributi di
chi la pensa in modo simile a me, anche se non necessariamente condivide
ogni mia singola proposta. Il manifesto vuole essere il punto di partenza per
una discussione aperta e inclusiva tra chi ancora crede nell’Europa.
n L’UE continua a produrre strategie e agende per diventare più compe-
titiva. Lei sostiene che questi tentativi sono destinati a fallire a causa delle
rivalità nazionali in seno all’Unione. Crede davvero che, dando vita a una
federazione, l’Europa possa diventare più competitiva rispetto, ad esempio, ai paesi emergenti?
Ne sono profondamente convinto. Il problema è che qui in Europa non
abbiamo piena coscienza di quel che accade in altre realtà da cui potremmo
e dovremmo prendere esempio, a partire dagli Stati Uniti d’America. Lì,
come del resto in ogni federazione, esiste una sorta di divisione del lavoro
tra gli stati membri. Nessuno stato americano, preso singolarmente, è competitivo a livello globale. Florida, California o Massachusetts da soli non lo
sono. Ciò non impedisce che gli Stati Uniti, come singola entità politica ed
economica, lo siano. La stessa cosa vale per l’Europa. Sbaglia chi, come Angela Merkel, si focalizza sulla sola competitività nazionale. È un dato di
fatto che l’Italia ha un sistema di produzione diverso da quello di Olanda,
Germania o Polonia. Si tratta di sistemi, per l’appunto diversi, ma che sono
tra loro complementari. Presi individualmente, noi piccoli stati europei
senza grandi risorse, non possiamo sopravvivere alla concorrenza di mercati emergenti come Cina, India o Brasile. Insieme, nell’ambito di una federazione, possiamo senz’altro.
n Cosa pensa delle misure di austerità cui sono sottoposti molti paesi europei, tra cui l’Italia?
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Per un bilancio europeo
n Qual è quindi la soluzione alla crisi del debito?
Servono investimenti pubblici a livello europeo, supportati da un autentico bilancio europeo. Le risorse attuali dell’UE (circa l’1% del PIL totale
europeo) non sono sufficienti per permettere investimenti che abbiano un
reale impatto sull’economia. Un aumento delle risorse comunitarie tramite
un sistema d’imposizione diretta europea, parallelamente all’aumento delle
competenze e delle responsabilità dell’Unione, è pertanto indispensabile a
questo punto. Solo così si pongono le premesse per alleviare il carico dei
bilanci nazionali, diminuendo il debito complessivo europeo. In questo
senso, l’istituzione dei cosiddetti Eurobond è un’assoluta necessità. Ma,
come tante altre iniziative logiche e necessarie a livello europeo, non è
stata sinora adottata.
n Il modo in cui è stata creata ed è gestita la moneta unica è spesso con-
siderato come una delle cause della crisi attuale. È d’accordo? E come
vede il futuro dell’euro?
Mi sembra ovvio che, in assenza di un bilancio propriamente europeo,
l’euro non sopravvivrà. Ciò era chiaro ben prima di introdurre la moneta
unica ma, ancora una volta, non è stato fatto. E persino oggi, pur di fronte
a una situazione economica davvero drammatica, le resistenze sono fortissime. Sembra che gli stati membri non si rendano conto che, se le cose
continuano così, la moneta unica sarà sempre a rischio: al primo vago segnale di rilassamento della disciplina finanziaria in uno qualsiasi dei membri dell’eurozona, gli speculatori internazionali non tarderanno ad attaccare
quello che percepiscono come l’anello debole del momento, mettendo ancora una volta in pericolo la tenuta dell’euro. L’unico scudo possibile contro questi attacchi e l’unica garanzia per i detentori di titoli di stato è l’istituzione di un bilancio comune europeo.
n Alcuni sostengono che bisognerebbe creare due eurozone. Una di serie
A, guidata dalla Germania, e una di serie B, cui verosimilmente aderirebbe
l’Italia. Le sembra uno scenario plausibile?
Scindere l’eurozona in due parti, una del nord e una del sud, è tecnicamente possibile. Ma non senza conseguenze. Nell’eurozona del sud una
fortissima svalutazione renderebbe impossibile ai suoi membri di ripagare
il debito pubblico, portandoli in sostanza alla bancarotta. L’euro “nobile”
del nord, invece, sarebbe talmente sopravvalutato che sarebbe molto difficile per le aziende di quella parte d’Europa – tedesche anzitutto – esportare non solo nel sud del continente, ma anche in paesi terzi come la Cina.
La domanda cinese, nella fattispecie, non è elastica a volontà e i consumatori cinesi sarebbero meno disposti di quel che si pensa ad acquistare
beni tedeschi, a fronte di un prezzo praticamente raddoppiato. Insomma,
una scissione dell’eurozona sarebbe una soluzione disastrosa per tutti.
L’euro – non mi stancherò mai di ripeterlo – si può ancora salvare solo facendo coincidere il livello della moneta con quello del bilancio.
Governi ciechi, Commissione pavida
n Onorevole, come giudica la classe politica europea di oggi?
Oggi non vedo figure di uomini e donne di stato davvero europei. Quasi
tutti i leader attuali dei paesi europei hanno avuto la loro socializzazione
politica in ambito nazionale. Non c’è da stupirsi che il loro orizzonte politico sia primariamente nazionale. Quel che è più grave, è che mancano di
visione, di convinzione e di coraggio. D’altronde, anche loro sono sottoposti al giudizio degli elettori e il calendario elettorale nei vari stati membri è fittissimo e privo di coordinamento. Ogni tre o quattro mesi siamo
confrontati con un’elezione importante in uno degli stati membri. In periodo elettorale, la classe politica di quello stato entra in una fase di completa autoreferenzialità, chiudendosi a riccio dentro i confini. Di conseguenza, ogni iniziativa di una certa portata a livello europeo si trova a fare
slalom tra un’elezione e l’altra, per timore che possa essere impopolare al
momento del voto. Ne risulta una situazione di immobilismo permanente:
tutti sanno quel che bisognerebbe fare e nessuno ha il coraggio di farlo.
n La Commissione Europea ha qualche responsabilità riguardo a questo
immobilismo?
La Commissione ha fallito in modo grave e sotto molti punti di vista. In
particolare, negli ultimi anni, ha mancato di ambizione nel progresso dell’integrazione europea. Ha accettato di diventare una sorta di segretariato
esecutivo delle decisioni prese dagli stati membri, in maggioranza restii a
concedere porzioni di sovranità nazionale all’UE. Questa oggettiva subalternità ha peraltro ripercussioni negative anche sul piano dell’immagine
che le istituzioni UE hanno tra i cittadini europei. Esse appaiono infatti
deboli ed eterodirette. Per questo, auspico che il prossimo presidente della
Commissione sia un vero e coraggioso europeista, un “criminale convinto”,
per così dire.
n Lei immagina una Convenzione incaricata di redigere la Costituzione
degli Stati Uniti d’Europa. La nuova Costituzione implicherebbe un trasferimento completo e definitivo della sovranità dal livello degli stati
membri a quello europeo. Prima che questo avvenga, la Carta sarebbe sottoposta a referendum in tutti gli stati membri. Come pensa che gli elettori possano essere convinti della validità del progetto?
I cittadini sarebbero ben disposti ad ascoltare e a comprendere le ragioni dell’europeismo. Ma, finché il dibattito pubblico rimarrà concentrato
sugli aspetti negativi dell’integrazione europea, finché il discorso federalista verrà scientemente evitato “perché la gente non capirebbe”, finché saranno così pochi, ai più alti livelli politici e istituzionali negli stati membri,
ad avere l’audacia di sottolineare la necessità dell’Europa, ebbene di Europa non si parlerà che per criticarla. Vede, io sono un semplice deputato.
Non posso certo sperare di riuscire ad ottenere un’Europa più forte, continuando a ripetere “eppur si muove”, fino a quando i capi di stato e di governo europei non la smetteranno di concentrarsi esclusivamente sulla
prospettiva nazionale e non si metteranno in testa che l’Europa deve diventare, almeno in parte, sovrana.
Una federazione non un mercato
n Un referendum sugli Stati Uniti d’Europa susciterebbe senza dubbio un
grande dibattito, con i rischi di derive euroscettiche, come abbiamo visto
in Francia e nei Paesi Bassi nel 2005 (ma anche, più recentemente, in Irlanda), quando il no alla riforma dei Trattati prevalse.
Sì, ma in questo caso le conseguenze di una bocciatura sarebbero ben
diverse. Il referendum che io immagino debba confermare la Costituzione
degli Stati Uniti d’Europa, a differenza di quelli che ci sono stati sinora
sulle varie riforme dei Trattati europei, in caso di bocciatura in un determinato stato membro, non avrebbe come risultato il fallimento dell’intero
progetto federale. Semplicemente, quello stato non aderirebbe alla federazione, con tutti i contraccolpi politici ed economici del caso.
n A proposito di paesi in cui l’immagine dell’Europa non gode di buona
salute, come considera la posizione del Regno Unito? Crede che il Regno
Unito possa essere un membro degli Stati Uniti d’Europa?
Onestamente no. Forse però, mi viene da aggiungere, potrebbe esserlo
la Scozia (ndr: Il governo scozzese intende indire un referendum nel 2014
sulla questione dell’indipendenza dal Regno Unito). Non credo abbia senso
tentare di convincere gli inglesi ad aderire a un progetto al quale sono strutturalmente opposti. Inoltre, per quanto mi riguarda, se pensano che starebbero meglio fuori dall’Unione Europea, non penso che vadano trattenuti. Non sono sicuro che l’economia britannica ne trarrebbe vantaggio,
ma, se organizzeranno un referendum sulla questione, sarà il popolo a decidere. Sia chiaro: nessuno deve essere costretto a restare nell’UE, come
nessuno sarà costretto ad aderire agli Stati Uniti d’Europa, se nasceranno.
Ma non ci si può presentare in un club di calcio e poi mettersi a giocare a
tennis. Allo stesso modo, non si diventa membri di una comunità – economica ma, in fondo, anche politica – se si vuole soltanto partecipare a
una zona di libero scambio.
n Onorevole Engel, «l’integrazione europea non è ancora né irreversibile,
né indistruttibile», scrive nel manifesto. Possono le attuali tendenze nazionaliste e populiste in Europa distruggere ciò che tendiamo a dare per
scontato, a cominciare dalla pace?
In una particolare congiunzione di eventi, anche questo non è da escludere. È vero: il nazionalismo, il populismo e l’estremismo si stanno rafforzando in molti paesi. Prenda l’Italia: se Beppe Grillo non fosse un leader
politico così inverosimile e se non fosse già riuscito, con una serie di autogol, a screditare il Movimento Cinque Stelle, oggi potrebbe davvero aspirare
alla guida del paese. L’instabilità politica della Grecia è anch’essa molto preoccupante e, se si dovesse andare ad elezioni anticipate, il nuovo Parlamento
greco potrebbe essere ingovernabile. Tutto ciò rischia di creare un clima di
estrema sfiducia e diffidenza tra i differenti stati membri in cui nessuno è
più in grado di garantire nulla. Oggi la situazione è ancora recuperabile e
l’esito di questa crisi non è ancora stato scritto. Ma dobbiamo sentire l’urgenza di ristrutturare e rafforzare la casa comune europea per proteggerci
dalle intemperie cui oggi siamo totalmente esposti. Sarebbe davvero troppo
stupido rischiare che tutto vada a gambe all’aria perché non abbiamo avuto
la capacità di vedere il pericolo e il coraggio di agire in tempo».
a cura di Gabriele Bertolli
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http://frankengel.lu/publications/projet-de-manifeste-pour-les-etats-unis-deurope
http://www.europarl.europa.eu/meps/en/96876/FRANK_ENGEL_cv.html
settimana 14 luglio 2013 | n° 28
Il dogma dell’austerità impedisce ai singoli stati europei di indebitarsi
ulteriormente e questo rappresenta un grave svantaggio rispetto ai nostri
competitori globali. Sia chiaro: indebitarsi a tempo illimitato non è ragionevole. Mi conceda però una metafora: quanti giovani hanno a disposizione i soldi per comprarsi una casa? E cosa fanno se non ne hanno a sufficienza? Ebbene, accendono un mutuo. Cioè, s’indebitano. S’indebitano,
per un tempo determinato, ma ne trarranno beneficio in futuro, quando
la casa sarà completamente di loro proprietà. In sostanza, quindi, investono sul loro futuro.
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