I bambini dell`abbandono

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Yediot Aharonot 8.10.09
I bambini dell’abbandono- Igal Sarna
Disastri ecologici, battaglie nei Balcani, guerre del terzo Mondo e lo stato di bisogno
dei bambini anche nell’Occidente: questo è ciò che il fotografo italiano Francesco
Zizola ha documentato viaggiando 13 anni in giro per il mondo. Adesso presenta le
sue foto in un festival di fotografia esclusivo a Tel Aviv.
E’ raro commuoversi per la mostra di un grande fotografo ed incontrarlo subito dopo
nel cortile dello stesso museo intento a fotografare. Ma è quello che mi è successo
questa settimana con Francesco Zizola, italiano. Un uomo imponente, intorno ai 48
anni d’età, che è venuto qui a presentare la sua opera nell’ambito del Festival della
fotografia che ha luogo nella vecchia Stazione dei treni di Tel Aviv.
A Zizola piace parlare, sa come raccontare e presenta una serie di fotografie in bianco
e nero prese in 13 anni di viaggi intorno al mondo. Bambini. Oppressione, disagio, ma
da un punto di vista diverso. Sorprendente. A partire da tragedie ecologiche come la
degradazione dei laghi nella Russia sovietica e primitiva, attraverso guerre del Terzo
Mondo in Africa e combattimenti nei Balcani, ma anche attraverso il doloroso stato di
bisogno di bambini del ricco Occidente. L’Occidente difende i bambini dalla morte,
ma nello stesso tempo li espone subdolamente allo sfruttamento ai fini della
competitività e del denaro.
Durante il nostro incontro nel cortile della vecchia Stazione (meravigliosamente
restaurata e simile ad una vecchia città italiana), Zizola mi ha raccontato che nei suoi
viaggi intorno al mondo, ha cercato proprio vicino a casa sua in Italia e sotto il
lampione negli Stati Uniti o in Giappone, trovando cose che lo hanno lasciato
esterrefatto. Per esempio, negli Stati Uniti esiste una legislatura inflessibile che
difende i diritti dei bambini dallo sfruttamento nel lavoro, per cui non si può far uso di
un bambino nelle pubblicità o a Hollywood per più di 2 ore al giorno. Cosa fanno
allora gli avidi? Arrivano fino ai ginecologi e agli ospedali e cercano gemelli o parti
plurigemellari omozigoti, fanno firmare ai genitori contratti da capogiro e dopo un
anno o poco più i piccoli già compaiono sulle pubblicità per i pannolini.
Un altro esempio sono i bambini giapponesi, che nascono tutti come appartenenti al
popolo giapponese e non ai genitori. Questo è il credo in Giappone e così vanno le
cose lì.
Il bambino giapponese deve eccellere: Zizola ha documentato mamme giapponesi che
ascoltano un corso di inglese basilare durante la gravidanza con l’intento di far
arrivare parole ai feti nel loro utero. In seguito, nell’ambito della scuola più
ambiziosa, concorrenziale, crudele del mondo, lo studente giapponese potrà assentarsi
dalle lezioni solo 5 giorni all’anno; anche se malato sarà portato dai genitori dal
Direttore, suo padre principale, che deciderà se andrà a scuola o in ospedale.
I bambini ribelli vengono portati alla polizia. Zizola ha fotografato una di queste
prigioni per minorenni. Attraverso la lente della sua macchina fotografica ha
documentato in un istituto chiuso una bambina che ha tentato tre volte di suicidarsi.
Zizola mi ha parlato della più alta percentuale di suicidi di bambini del mondo,
proprio in Giappone, un luogo deprimente, che non verrà mai denunciato all’ONU per
abusi sfrenati sui propri bambini. Non c’è nessuno che citi in giudizio al tribunale
dell’Aja il proprio Ministro dell’Educazione.
Osservando con lui la foto dei bambini africani che si tuffano in mare in un luogo
desolato che era stato scena di una battaglia, i piccoli vi appaiono più felici e pieni di
vita di ogni bambino giapponese sazio e depresso o più di ogni neonato americano dal
sito pubblicitario dei pannolini che compaiono in altre sue foto.
A modo suo Zizola manda all’aria ipotesi di base comunemente accettate, distrugge
cliché, sa individuare il dolore vicino alla casa opulenta e sprazzi di pura gioia in
luoghi desolati.
Secondo me, come scrittore, questo è il fine della fotografia documentaria di alto
livello: mettersi in pericolo, svelare l’imprevedibile, cercare la verità e puntare alla
storia nascosta dietro milioni di parole menzognere.
Non adulare i già troppo famosi.
Non fotografare capi di stato, generali e cantanti.
A proposito, Zizola non vende le foto del dolore, per non vivere delle sofferenze
altrui.
Un italiano strano dalla Repubblica di Berlusconi.
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