Didasfera - Ambiente didattico digitale Rinascimento ed ellenismo - I Mappa dell'Unità Quando ebbe inizio la modernità? Non è facile liberarsi dai luoghi comuni, eppure il termine di “modernità” è abbastanza pertinente al periodo che sto per trattare, non perché esso fosse “moderno” ma perché fu forse allora che si cominciò a ragionare in termini di “antichi & moderni”. Comunque questa domanda ha un chiaro sottinteso: andare alla ricerca, nel passato, di qualcosa che ci appartiene. Il Rinascimento, allora. Penso che occorra una buona dose di superficialità per pensare ad una somiglianza tra noi e l’umanità del Quattro – Cinquecento. A cominciare dalla parola stessa – Rinascimento – che ha così poco a che vedere col nostro tempo e con noi. Ma forse la somiglianza è più una metonimia che una similitudine: nel senso che ciò che ci lega al Rinascimento è un rapporto di contiguità negativa. Fu forse l’alba della “nostra” modernità, di cui noi siamo la sera. Ma a insistere si finisce, necessariamente, per trovare qualcosa. Ed ecco allora saltar fuori una strana aria di famiglia proprio nell’idea di felicità. È difficile sostenere che ci sia una reale coincidenza; no, è proprio solo un’”aria di famiglia”, qualcosa che ci assomiglia, come ci assomiglia una foto di quando eravamo bambini. Ed è anche difficile pensare che quell’idea di felicità che incontriamo qui, in una conversazione filosofica, appartenesse realmente all’”uomo rinascimentale”. La felicità non è mai stata per nessuno un dato di fatto, qualcosa di umanamente realizzabile e realizzato; essa è un’idea guida, un concetto limite, una specie di cornice concettuale dentro la quale disponiamo varie figure della nostra esperienza nel tentativo di costruire un quadro coerente e sensato. Le figure, una per una, sono pezzettini di felicità che non esauriscono affatto l’idea che abbiamo di essa, e questo vale per noi come per qualunque altro essere umano del passato. La differenza sta nelle cose che si mettono dentro lo spazio delimitato dalla cornice, nei colori cioè che intendiamo dare alla nostra rappresentazione della felicità. Allora vediamo che le tele rinascimentali presentano una varietà di tinte che davvero, messe insieme, danno ancora oggi l’illusione di un raggiunto stato di grazia. Molto diverse dalle pale medievali, così severe e ieratiche, così monocordi e irraggiungibili dal comune mortale alle prese con la fatica di vivere. Perché l’ambito della felicità, ma torniamo al bene, al problema originario … l’ambito del bene, dell’etica, torna ad essere, come per gli antichi, quello naturale. Dunque, se proprio si vuole, la “modernità” sorge con un duplice ritorno all’indietro (e questo della Conversazione sul bene non è l’unico caso): un ritorno alla Natura e un ritorno agli Antichi. Antichi Maestri, diversi tuttavia dai soliti nomi circolanti nei chiostri e nelle università medievali; pensatori “maledetti” vengono riscoperti attraverso una lettura di nuovo libera e autentica – come fu il caso di Epicuro; altri vengono riletti, nella loro versione originale e non più semplificata, con intenzioni diverse e con diverse aspettative - primo fra tutti lo stesso Platone. E qui bisognerebbe aprire un’altra parentesi su questo costante fenomeno della storia del pensiero, su questo sparire e ricomparire di autori e scrittori, dimenticati prima e osannati poi, o viceversa. Ma il discorso è complesso, e mi limiterò a un’osservazione e a una citazione. Osservazione: è una prospettiva errata quella che afferma che certi autori e pensatori siano dimenticati in una determinata epoca e riscoperti in un’altra. Nessuno, salvo rari casi, è mai stato davvero dimenticato; si tratta propriamente di un fenomeno diverso, si tratta del fatto che certi pensieri non sono “per tutte le stagioni”. Epicuro era noto tanto ai medievali quanto ai rinascimentali; semplicemente la sua filosofia di vita non rientrava nei canoni mentali dei chierici medievali mentre si confaceva benissimo a quella dei nuovi letterati rinascimentali. E così capita che Dante cacci gli epicurei nella bolgia infernale e Lorenzo Valla assimili l’epicureismo ai principi etici cristiani. Citazione: «Il pensiero evolve riprendendo elementi prefabbricati e preesistenti a cui conferisce un senso nuovo, nel suo sforzo di integrarli in un sistema razionale. Non si sa che cosa sia più straordinario, in questo processo d’integrazione: se la contingenza, il caso, l’irrazionalità, la stessa assurdità che derivano dagli elementi utilizzati, o al contrario lo strano potere espresso dalla ragione per integrare, sistematizzare tali elementi disparati, e conferire loro un senso nuovo» [ Pierre Hadot]. Pagina 1/3 Didasfera - Ambiente didattico digitale Detto questo, possiamo delineare il quadro dell’etica rinascimentale fissando tre punti di fuga attorno ai quali si costruisce tutto il suo impianto prospettico: l’epicureismo (appunto), riletto in un’ottica di tipo stoico, la dottrina platonica dell’amore (eros) e il mito classico di Prometeo riletto alla luce dell’ideale aristotelico di perfezione. Mi spiego. Il Rinascimento italiano è stato quel momento fatale del nostro passato nel quale getta le proprie radici l’ideale – ancora attuale, per non dire “moderno” – della razionalizzazione. Una razionalizzazione che cammina strettamente legata al processo parallelo della secolarizzazione. Insomma: è l’alba del pensiero laico come lo intendiamo oggi. Ma siccome nulla nasce dal nulla, mi va di mettere in guardia contro una facile semplificazione di questo trapasso. Poiché è sempre esistito un “pensiero laico” accanto al suo corrispettivo “pensiero mitico” (così come oggi sopravvive un forte pensiero mitico accanto al predominante (?) laicismo), oggetto della nostra ricerca non è “da dove spunta” questa novità, ma è “dove si nascondeva prima”? Cos’è cioè che ha fatto sì che un modo di pensare sia subentrato ad un altro, capovolgendo i rapporti di forza precedenti; così come un nuovo modo di produzione sostituisce quello precedente, diventando primario da secondario che era. La risposta va ricercata nella nuova immagine che l’uomo ha di sé, più che nei fatti reali, perché Quattro e Cinquecento non furono secoli meno tormentati e tormentosi di altri, e le contraddizioni culturali pullulavano allora come oggi in ogni angolo d’Europa. discutetene L’uomo a cui pensa il filosofo (o l’intellettuale) a servizio della signoria e del principato, colui al quale il nuovo pensiero si rivolge ponendosi come guida, è un tipo di uomo a cui vanno stretti i vincoli morali sorti sotto l’egida della Chiesa. Essa infatti conserva, e conserverà a lungo, una concezione universalistica del potere che funziona solo in un panorama politico non frammentato, dove cioè la proprietà terriera costituisce una fonte di solidi principi sociali ruotanti attorno a una altrettanto solida visione paternalistica dei rapporti. La nuova economia urbana, al contrario, quella dei servizi di intermediazione il cui agente è il ceto borghese mercantile, non può che perseguire una visione della realtà di tipo individualistico e competitivo, fuggendo da ogni tentativo di subordinazione economica e politica espressa dai poteri tradizionali. L’uomo rinascimentale è l’homo oeconomicus in perenne lotta, nella storia, contro ogni forma di subordinazione ai valori forti e collettivi espressi in nome di ideali politici o religiosi. In lotta contro lo Stato, per dirla in termini attuali. Un tipo di uomo che possiamo trovare nella trasformazione imperialista della repubblica romana, o prima ancora nel passaggio dall’Atene democratica all’Atene imperiale di Pericle. Ed eccolo di nuovo emergere nell’Italia del Quattrocento, alla fine della “guerra per bande” tutta ideologica che aveva diviso la Penisola tra Guelfi e Ghibellini, cioè tra gli ultimi difensori di principi politici di tipo universalistico. Quest’uomo, insofferente di vincoli, autoreferenziale e pragmatico, vuole circondarsi di un mondo che rifletta le sue necessità di autoedificazione, la sua concezione espansiva della vita; e premia con la forza del suo denaro e del suo prestigio chi è capace di confezionargli un tale mondo. Esercizi spirituali e filosofia antica. Cosa significa essere "laici"? Discutetene col vostro insegnante... Pagina 2/3 Didasfera - Ambiente didattico digitale In questa unità Testo: Storia delle idee Autore: Maurizio Châtel Curatore: Maurizio Châtel Metaredazione: Erica Pellizzoni Editore: BBN Pagina 3/3