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Estratto da Compendio di Chimica
II.LA TEORIA ATOMICA E IL
LINGUAGGIO DELLA CHIMICA
ESTRATTO DA COMPEDIO DI
CHIMICA
Legge di Lavoisier – Conservazione della massa –
I.LA MATERIA E LE SUE
TRASFORMAZIONI
In un sistema chiuso, durante una reazione chimica, la
massa totale dei reagenti è uguale alla massa dei
prodotti della reazione.
4.TRASFORMAZIONI FISICHE E CHIMICHE
La materia è soggetta a due tipi di trasformazioni:
fisiche e chimiche. Le prime non alterano la natura
chimica (es. riduzione in polvere, piegare un metallo,
ecc)
Legge delle proporzioni definite – Proust –
In ogni composto gli elementi si combinano secondo
rapporti definiti e costanti che corrispondono al
rapporto tra le masse dee singoli atomi.
I passaggi di stato (trasformazioni fisiche)
Legge delle proporzioni multiple – Dalton –
Attraverso somministrazione o sottrazione di energia
termica abbiamo cambiamenti dello stato della materia,
ma non modificazioni chimiche.
SUBLIMAZIONE
SOLIDIF.
SOLIDO
Alcune volte due elementi possono reagire tra loro
dando origine e più di un composto, in questi casi le
diverse masse degli elementi che si combinano stanno
in rapporto espresso da numeri interi e
piccoli.
Legge dei volumi – Gay Lussac, Avogadro
COND. LIQUEF.
LIQUIDO
FUSIONE
GASSOSO
EBOLL.
Gli elementi allo stato gassoso non sono
atomi ma molecole.
Volumi uguali di gas, anche diversi,
contengono, nelle stesse condizioni di
pressione e temperatura, un egual numero
di molecole.
BRINAMENTO
4.MOLE
5.MISCUGLI
I miscugli hanno come caratteristica comune la
composizione variabile, nel senso che variando le
proporzioni dei cari componenti si ottiene sempre un
miscuglio; si distinguono in eterogenei e omogenei.
I miscugli eterogenei non hanno composizione
uniforme, i vari componenti conservano le loro
caratteristiche e ciò consente sia di individuarli che di
separarli usando mezzi meccanici.
I miscuglio omogenei hanno invece una composizione
uniforme.
Si definisce fase ciascuna parte della materia che ha
composizione e proprietà constanti in ogni punto.
7.SOSTANZE ELEMENTI E COMPOSTI
La grandezza mole (mol) corrisponde alla quantità di
sostanza (in g) che contiene sempre lo stesso numero di
particelle. Questo numero è chiamato Numero di
Avogadro, N = 6.023 1023.
Volume molare dei gas
A 0°C e 1 atm una mole di un qualsiasi gas occupa il
volume di 22.4 litri detto volume molare.
III.LA STRUTTURA DELL’ATOMO E I
MODELLI ATOMICI
2.LE PARTICELLE SUBATOMICHE:
ELETTRONE, PROTONE NEUTRONE
L’elettrone
Un materiale costituito da un solo componente è
definito con il termine di sostanza.
In base alla possibilità o non di essere scomposte in
altre più semplici, le sostanze possono distinguersi in:
composti ed elementi.
Gli elementi sono le sostanze più semplici e non
possono essere né scissi né trasformati chimicamente.
Gli elettroni sono particelle subatomiche cariche
negativamente.
e = 1.60 10-19 C
m = 9.10 10-28 g
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Il protone
Numero quantico principale n
Ha carica elettrica uguale a quella dell’elettrone, ma è
di segno positivo.
La massa risulta pari a 1.67 10-24 g, 1836 volte magiore
di quella dell’elettrone.
Assume valori interi da 1 a n e corrisponde ai livelli di
energia che un elettrone può occupare.
Il neutrone
Assume valori compresi tra 0 ed n-1. Il numero
quantico l stabilisce quanti sottolivelli sono possibili
nei vari livelli ed inoltre definisce la forma
dell’orbitale.
I vari sottolivelli sono indicati con le lettere
progressive s,p,d,f.
Rispetto alla forma degli orbitali, l’orbitale s ha forma
sferica, l’orbitale p risulta bilobato, gi orbitali d ed f
hanno forma più complessa.
È privo di carica elettrica.
Ha una massa analoga a quella del protone.
3.NUMERO ATOMICO E NUMERO DI MASSA
Il numero atomico (Z) corrisponde al numero di
protoni presenti nel nucleo di un elemento.
Il numero di massa (A) è la somma del numero dei
protoni e dei neutroni presenti nell’atomo.
Numero quantico angolare l
Numero quantico magnetico m
Assume tutti i valori interi compresi tra –l e +l incluso
lo 0; definisce l’orientamento dell’orbitale nello spazio.
4.GLI ISOTOPI
Si definiscono isotopi atomi aventi lo stesso numero di
protoni, ma diverso numero di neutroni.
Numero quantico di spin s
L’elettrone, ruotando intorno al proprio asse, genera un
campo magnetico che è espresso dal numero quantico
di spin, i cui valori possibili sono +1/2 e –1/2.
5.MODELLI ATOMICI
Modello di Bhor
Gli elettroni descrivono delle orbite (livelli o gusci) il
cui valore energetico risulta quantizzato, cioè espresso
da numeri interi multipli e sottomultipli di una
determinata quantità.
Planck stabilì che l’energia esiste solo come pacchetti
(quanti) ognuno dei quali ha una determinata frequenza
e cioè:
7.CONFIGURAZIONE ELETTRONICA
Si definisce configurazione elettronica di un elemento
la distribuzione dei suoi elettroni negli orbitali atomici.
Principio di aufbau
Gli elettroni occupano, inizialmente, gli orbitali a
minor contenuto energetico e via via si dispongono
sugli altri disponibili.
1s, 2s, 2p, 3s, 3p, 4s, 3d, 4p, 5s, 4d, 5p, 6s, 4f, 5d, 6p,
7s, 5f, 6d
E = hν
Modello quantistico ondulatorio
De Broglie ipotizzò per l’elettrone una doppia natura,
cioè contemporaneamente quella di un corpuscolo
materiale di massa e velocità definite e di un’onda di
determinata lunghezza.
Il principio di indeterminazione di Heisenberg
stabilisce che è impossibile conoscere sia l’esatta
posizione che l’esatta velocità di una particella
elementare.
Schodinger elaborò una equazione d’onda che descrive
il comportamento ondulatorio dell’elettrone, la
funzione d’onda ψ (psi).
ψ2 corrisponde alla probabilità di trovare l’elettrone
nel punto dello spazio (x, y, z).
Si definisce orbitale le regione dello spazio in cui vi è
il 90% di probabilità di trovare un dato elettrone.
6.NUMERI QUANTICI
Tutti gli atomi, esclusi l’idrogeno e l’elio, hanno più di
un orbitale, essi si identificano tramite i numeri
quantici.
Principio di esclusione di Pauli
In ogni orbitale possono trovarsi al massimo due
elettroni con spin opposti.
Principio della massima molteplicità di Hund
Negli orbitali di uguale energia (degeneri), gli elettroni
si sistemano in modo da occupare il maggior numero di
essi, con spin paralleli.
Ciò avviene con i 3 orbitali p, i 5 orbitali d e i 7 orbitali
f.
Regola della diagonale
1s2
2s2 2p6
3s2 3p6 3d10
4s2 4p6 4d10 4f14
5s2 5p6 5d10 5f14
6s2 6p6 6d10
7s2 7p6
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IV.LA TAVOLA PERIODICA
2.LEGAME IONICO
2.SISTEMA PERIODICO MODERNO
In questo legame vi è sostanzialmente un elemento che
tende a perdere un elettrone, trasformandosi in un
catione, mentre il secondo elemento che partecipa al
legame tenderà ad acquistare un elettrone diventando
un anione. A questo punto i due ioni di segno opposto
si attraggono con una forza di natura elettrostatica che
caratterizza il legame ionico.
- Blocco di sinistra: vi sono tutti quegli elementi che
hanno l’ultimo elettrone in un orbitale di tipo s.
- Due blocchi di centro: nel primo vi sono gli elementi
che riempiono gradualmente un sottolivello d,
mantenendo fermo un sottolivello s, prima di passare
ad un sottolivello p; quelli del secondo blocco invece
riempiono gradualmente il sottolivello 4f e 5f.
- Blocco di destra: vi sono gli elementi che hanno
l’ultimo elettrone in un orbitale di tipo p.
5.PROPRIETA’ PERIODICHE DEGLI
ELEMENTI
Energia di ionizzazione: è detta energia di prima
ionizzazione l’energia necessaria per sottrarre il primo
elettrone da un atomo con la formazione di uno ione
positivo.
Affinità elettronica: è l’energia che si libera
(generalmente) quando un atomo acquista elettroni.
Elettronegatività: è la tendenza che ha un atomo di
attrarre elettroni verso di sé.
V.LEGAMI CHIMICI
Si è osservato che l’atomo è particolarmente stabile
quando possiede otto elettroni nel livello più esterno e
cioè acquisisce la configurazione elettronica dei gas
nobili che è del tipo s2p6.
In base alla natura degli elementi un legame chimico
può definirsi ionico se c’è acquisto e cessione di
elettroni o covalente se c’è compartecipazione di
elettroni.
Concetto di valenza
3.LEGAME COVALENTE
Puro: si instaura tra atomi uguali, con differenza di
elettronegatività nulla.
Polare: si instaura tra due atomi condifferenza di
elettronegatività minore di 1.7. Questo legame è più
forte di quello puro.
Legami covalenti sigma σ e pi greco π
La formazione di un legame chimico comporta la
sovrapposizione degli orbitali in esso impegnati con
formazione di un orbitale molecolare che ha una forma
diversa rispetto a quella di origine.
Legame σ: si instaura dalla sovrapposizione di due
orbitali s o di un s e di un p o di due p con gli elettroni
sistemati lungo l’asse congiungente i due nuclei.
Legame π: si verifica per sovrapposizione di due
orbitale p paralleli tra loro e perpendicolari al piano
della molecola.
Il legame σ è più forte di quello π perché subisce la
forza attrattiva del nucleo.
4.LEGAME DATIVO O DI COORDINAZIONE
Il legame dativo è un particolare tipo di legame
covalente che si instaura quando la coppia di elettroni
proviene da uno solo dei due atomi che viene detto
datore, mentre l’altro viene detto accettore.
La valenza è definita come il numero di elettroni che
un atomo di un elemento può utilizzare per formare
legami con altri atomi.
Ibridi di risonanza o forme mesomere
Energia di legame
In alcuni casi, quando i legami in una molecola sono
equivalenti si ha più di una formula di struttura
(formule di risonanza), cioè il composto risuona tra
esse.
See vogliamo scindere un legame dobbiamo fornire
una quantità di energia almeno equivalente a quella che
si libera nella sua formazione, questa è l’energia di
legame.
Caratteri dei legami chimici
Il tipo di legame che si viene ad instaurare tra due
elementi è dovuto al valore della loro elettronegatività
o meglio dalla sua differenza, se questa è elevata,
sostanzialmente superiore di 1.7, il legame che si
formerà sarà ionico, se risulta inferiore a tale valore il
legame sarà covalente.
5.LEGAME METALLICO
Un metallo è costituito da un reticolo di atomi ionizzati
positivamente immersi in un mare di elettroni di
valenza delocalizzati e mobilissimi. Si stabilisce quindi
una forza attrattiva (legame metallico) tra gli ioni
positivi degli atomi e l'insieme degli elettroni di
valenza che li avvolgono.
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6.LEGAMI INTERMOLAECOLARI O LEGAMI
CHIMICI SECONDARI
sp2: consiste nel mescolamento di un orbitale s con due
p, originando tre orbitali ibridi sp2, sistemati in un
piano, con angoli di legame di 120°.
Forze di Van der Waals
Si stabiliscono tra molecole neutre non polari che,
temporaneamente, diventano dipoli elettrici a causa di
un’asimmetrica distribuzione delle cariche (+ e -); ciò
determina la formazione di dipoli che cambiano
continuamente la loro polarità, causando interazioni
attrattive con altri dipoli.
Legame a idrogeno
È un particolare esempio di interazione dipolo-dipolo
che si stabilisce quando atomi di H sono legati
covalentemente at atomi fortemente elettronegativi, a
causa di ciò sull’H si concentra una forte carica
positiva e sull’elemento elettronegativo un’analoga
caria negativa. In seguito a ciò la molecola risulta
fortemente polarizzata e può stabilire un’attrazione
elettrica con altre molecole analoghe formando una
fitta rete di legami nella quale l’H funzione da ponte tra
una molecola e l’altra.
7.GEOMETRIA DELLE MOLECOLE
Si definisce angolo di legame, l’angolo formato dalle
linee immaginarie che congiungono i centri dei nuclei,
mentre le lunghezza di legame (nm) è la distanza che
separa i due nuclei.
Per prevedere e spiegare la forma delle molecole si usa
la toria delle repulsione delle coppi di elettroni dello
strato di valenza che afferma che quando un atomo è
legato ad altri, le coppi di elettroni, impegnate o non
nel legame, si respingono, sistemandosi il più lontano
possibile per ridurre le forze di repulsione.
sp: consiste nel mescolamento di un orbitale s con un
orbitale p, formando due orbitali ibridi sp orientati
lungo l’asse congiungente le molecola, con un angolo
di legame di 180°.
VI.LE CLASSI DEI COMPOSTI
INORGANICI: FORMULE E
NOMENCLATURA
2.COMPOSTI BINARI
XmYn
Dove: X = elemento meno elettronegativo, Y =
elemento più elettronegativo.
Nella nomenclatura razionale l’elemento più
elettronegativo (Y) assume il suffisso –uro.
Se X = H e Y = alogeno abbiamo gli idracidi, dove al
termine acido segue l’alogeno con il suffisso –idrico.
Se Y = O abbiamo gli ossidi, il termine ossido, in base
al numero di atomi di ossigeno, viene preceduto del
prefisso mono-, di-, tri-.
Nella nomenclatura tradizionale i composti analoghi
hanno il nome di ossidi se, legato all’ossigeno vi è un
metallo, di anidridi se vi è un non metallo, in entrambi i
casi si usa:
ipo-oso
-oso
Dalla valenza minore a quella
-ico
maggiore
per-ico
3.COMPOSTI TERNARI
Idrossidi
rep. fra dopp. liberi > rep. fra dopp. libero e dopp. di
legame > rep. fra dopp. di legame
Xn+(OH)zDove: X = catione metallico; OH = gruppo ossidrile
(caratterizza la categoria di questi composti); n = z.
Struttura lineare: quando l’atomo centrale ha due
legami e nessuna coppia di elettroni liberi.
Struttura trigonale piana: quando ci sono tre legami
e nessun doppietto libero.
Struttura tetraedrica: quando ci sono quattro legami.
Orbitali ibridi
L’ibridazione consiste nel mescolamento di un certo
numero di orbitali atomici di tipo diverso originando
orbitali ibridi equivalenti per forma ed energia.
sp3: consiste nel mescolamento di un orbitale s con 3
orbitali p formando quattro orbitali ibridi sp3 orientati
verso i quattro vertici di un tetraedro con angoli di
legame tutti pari a 109.5°.
Questi composti si ottengono dalla reazione di un
ossido con l’acqua, sono chiamati anche basi.
Ossiacidi
HmXOn
Dove: H = idrogeno; X = non metallo; O = ossigeno.
Vengono detti acidi.
Nella nomenclatura razionale:
- il non metallo assume sempre il suffisso –ico.
- l’ossigeno è denominato osso ed è preceduto, in base
al numero di atomi, dai prefissi mono-, di-, tri-, ecc.
- tra parentesi viene indicata la valenza del non
metallo.
In quella tradizionale si fa seguire il termine acido dal
non metallo con i suffissi visti prima per i composti
binari.
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Vi sono talvolta alcuno elementi che si combinano con
un numero di molecole d’acqua variabile. Si formano
così diversi tipi di acidi:
meta- (una molecola), piro- (due molecole) e orto- (tre
molecole).
Si definiscono acidi poliprotici quegli acidi che hanno
più di un idrogeno nella loro molecola.
Sali
Xm(YOn)z
Dove: X = metallo; Y = non metallo; O = ossigeno.
ACIDO+BASE à SALE+ACQUA
Nella nomenclatura razionale:
- si cambia il suffisso in –ico dell’acido in –ato
- si aggiunge il nome del metallo quando occorre la
valenza in numeri romani tra parentesi.
In quella tradizionale il nome del sale si divide in due
parti: la prima dipende del nome dell’acido, la seconda
de quello dell’idrossido (ossido o metallo).
idrico à
uro
oso
à
ito
ico
à
ato
mentre il nome dell’idrossido (ossido o metallo) rimane
inalterato.
I sali nella cui forma non compare alcun atomo di
idrogeno vengono denominati sali neutri.
Se possiedono ancora alcuni atomi di idrogeno vengno
detti sali acidi.
Esiste un gruppo di sali detti sali idrati nei quali sono
comprese delle molecole di acqua.
VII.GLI STATI FISICI DELLA
MATERIA
P1/V1 = P2/V2
Legge di Charles (Isobara)
Se la pressione del gas viene mantenuta costante,
riscaldando, il volume aumenta di 1/273 rispetto al suo
volume a 0°C per ogni grado di temperatura.
A pressione costante, il volume di un gas è
direttamente proporzionale alla temperatura assulota,
cioè:
V = KT
V1/T1 = V2/T2
Legge di Gay-Lussac (Isocora)
Mantenendo un gas a volume costante, la pressione
aumenta di 1/273 rispetto alla sua pressione a 0°C per
ogni aumento di 1°C della temperatura.
A volume costante la pressione varia in modo
direttamente proporzionale rispetto alla temperatura
assoluta, cioè:
P = KT
P1/T1 = P2/V2
Relazione tra volume, temperatura e pressione
PV = KT
P1V1 P2V2
=
T1
T2
Equazione di stato dei gas
Una sostanza è allo stato gassoso se le sue particelle
sono indipendenti le une dalle altre, non presentano
legami.
PV = nRT
Dove: P = valore della pressione (in atm o bar); V =
volume (in l); n = numero di moli di gas; T =
temperatura (in °K); R = costante universale dei gas
che vale 0.0821
Caratteristiche di un gas ideale
Pressione parziale di un gas e legge di Dalton
- Ogni particella ha un volume piccolissimo,
trascurabile rispetto al volume occupato dal gas.
- Ogni particella è in continuo movimento caotico.
- Le particelle sono mediamente molto distanti, per cui
non risentono delle forze di attrazione o di repulsione.
- Quando le particelle si urtano, l’urto è elastico e non
si ha perdita di energia totale.
Se un gas è contenuto in una miscela di gassosa,
esercita una pressione parziale che può essere calcolata
come il prodotto della frazione molare per la pressione
totale, cioè:
P a = Xa P
Dove: Pa = pressione parziale del gas; Xa = frazione
molare del gas; P = pressione totale.
3.LEGGI DEI GAS
La frazione molare è il rapporto tra il numero di moli
del gas a e il numero delle moli totali della miscela
gassosa.
2.LO STATO GASSOSO
stp = 1 atm (= 1.1.325 kPa = 1,013 bar) e 0°C.
Legge di Boyle (Isoterma)
A temperatura costante, la pressione di un gas risulta
essere inversamente proporzionale al volume.
PV = K (a T costante)
La legge di Dalton afferma che la pressione totale di
una miscela gassosa è uguale alla somma delle
pressioni parziali dei singoli gas.
Ptot = Pa + Pb + Pc
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5.LO STATO LIQUIDO
IX.REAZIONI CHIMICHE ED
ENERGIA
Lo stato liquido è caratterizzato de particelle che non
sono legate saldamente tra loro.
1.I E II PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Evaporazione: solo le particelle dotate di energia
cinetica maggiore dell’energia di legame riescono ad
abbandonare la superficie del liquido, passando così
allo stato di vapore.
Pressione o tensione di vapore: la tensione di vapore
è la pressione esercitata dal vapore sul suo liquido in
condizioni di equilibrio di dinamico.
Ebollizione di un liquido
Un liquido bolle, cioè abbandonano il liquido non solo
le particelle di superficie, ma anche quelle interne,
quando la sua pressione di vapore uguaglia la pressione
atmosferica. La temperatura alla quale il liquido bolle è
detta temperatura di ebollizione.; quindi minore è la
tensione di vapore di un liquido. Maggiore è la
temperatura di ebollizione.
VII.LE SOLUZIONI
Le soluzioni sono particolari tipi di miscugli omogenei
formati da due o più componenti, dei quali quello
presente in quantità maggiore è detto solvente, l’altro
(o gli altri) viene detto soluto.
Due liquidi si dicono miscibili se si possono mescolare
in tutte le proporzioni dando sempre un sistema
omogeneo.
2.CONCENTRAZIONE DI UNA SOLUZIONE
La concentrazione di una soluzione esprime il rapporto
tra la quantità di soluto e quella di soluzione o del
solvente.
Percentuale in peso (% m/m): indica i grammi di
soluto presenti in 100 g di soluzione.
Percentuale in volume (% V/V): indica il volume di
soluto (in ml) presente in 100 ml di soluzione.
Massa su volume (m/V): indica la quantità in grammi
di soluto presente in un dato volume di soluzione.
Molarità: esprime il numero di moli di soluto (n) per
litro di soluzione, si indica con M = n/l litro.
Molalità: esprime il numero di moli di sluto per kg di
solvente; si indica con m = n/1 Kg.
Normalità: esprime il numero di eequivalenti di soluto
per litro di soluzione. Si indica con N = neq/1 litro.
Per gli acidi: PE = PM (Peso molecolare)/n° H+
(numero ioni H+).
Per le basi: PE = PM (peso molecolare)/n° OH(numero ioni OH-).
Pere i sali: PE = PM/n° + o – (numero cariche positive
e negative).
Frazione molare: indica il rapporto tra il numero di
moli di soluto e il numero di moli totali (solvente +
soluto).
Il I principio della termodinamica viene identificato
con la legge di conservazione dell’energia e afferma
che: <l’energia non può essere creata, né distrutta, ma
solo trasformata da una in un’altra>.
∆E = E prodotti – E reagenti
se ∆E < 0 la reazione è esotermica, perché l’energia
dei prodotti è minore di quella dei reagenti.
se ∆E > 0 la reazione è endotermica, perché l’energia
dei prodotti è maggiore di quella dei reagenti.
Risultano spontanee le reazioni esotermiche, e non
spontanee quelle endotermiche. L’entalpia
corrispondente alla formazione di una mole di sostanza
a partire dagli elementi che la costituiscono ala
pressione di 1 atm e alla temperatura di 298 °K (25°C)
è detta entalpia di formazione ∆H°f. L’entalpia di
formazione degli elementi è uguale a 0.
II PRICIPIO DELLE TERMODINAMICA
Si introduce una nuova grandezza termodinamica detta
entropia che rappresenta il grado di disordine del
sistema.
In un sistema isolato qualunque trasformazione
comporta un aumento di entropia. Sono quindi
spontanei tutti i fenomeni che si verificano con un
aumento del disordine e quindi dell’entropia.
2.ENERGIA LIBERA
Le due grandezze entalpia ed entropia sono legate da
una nuova funzione di stato detto energia libera,
indicata con il simbolo G.
∆G = ∆H -T∆S
Dove: T = temperatura assoluta; H = entalpia; S =
entropia.
Una reazione è spontanea quando ha il ∆G negativo:
a: ∆H < 0 e ∆S > 0 (fattori entrambi favorevoli)
b: ∆H < 0 e ∆S < 0 (con temperatura sufficientemente
bassa affinché il prodotto T∆S sia minore di ∆H)
c: ∆H > 0 e ∆S > 0 (con temperatura sufficientemente
alta affinché il prodotto T∆S sia maggiore di ∆H, ∆H
fattore sfavorevole).
Le reazioni che portano alla liberazione di energia sono
dette esoergoniche, quelle che invece assorbono
energia libera dall’ambiente sono dette endoergoniche.
Scambi energetici in una reazione chimica
La forma di energia più frequentemente scambiata in
una reazione chimica è il calore, quindi si definiscono:
reazioni esotermiche, quelle che avvengono con
liberazione di calore;
reazioni endotermiche, quelle che avvengono con
assorbimento di calore.
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Fattori che influenzano la velocità di reazione
E reagenti
E prodotti
E emessa
Reazione esotermica: l’energia dei prodotti è inferiore
rispetto a quella dei reagenti.
E prodotti
E reagenti
E assorbita
Reazione endotermica: l’energia dei prodotti è
superiore rispetto a quella dei reagenti.
Natura dei reagenti: anche nelle stesse condizioni,
ogni reazione decorre con una sua velocità che dipende
dal grado di reattività dei reagenti.
Temperatura: un aumento di temperatura accelera le
razioni chimiche.
Concentrazione: maggiore è la concentrazione, più
alta è la probabilità che i reagenti si urtino, e quindi
maggiore è la velocità.
V = K[A]a[B]b
Indica che la velocità di una reazione è direttamente
proporzionale al prodotto delle concentrazioni molari
dei reagenti, ognuna elevata al proprio coefficiente
stechiometrico, K è la costante di velocità che dipende
da vari fattori, come ad esempio la temperatura.
Estensione della superficie di contatto: a parità di
massa, quanto maggiore è la suddivisione dei reagenti,
tanto più elevata è la superfici e esposta.
Catalizzatori: questi accelerano la velocità di una
reazione perché abbassando l’energia di attivazione,
consentono ad un maggior numero di molecole di
reagire.
2.EQUILIBRIO CHIMICO
X.LA VELOCITA’ DI REAZIONE E
L’EQUILIBRIO CHIMICO
1.CINETICA CHIMICA
La cinetica chimica si occupa di stabilire in quanto
tempo si realizza una reazione chimica, individuando la
velocità ed i fattori che la regolano.
La velocità di una reazione chimica è definita come l
variazione della concentrazione di un reagente o di un
prodotto, nell’unità di tempo.
∆C
v=
∆t
La teoria delle collisioni afferma che le reazioni si
verificano attraverso urti tre le particelle che sono
numerosissimi, ma non tutti efficaci, infatti affinché si
possano ottenere dei prodotti occorre rompere i legami
preesistenti e formarne dei nuovi. Solo le particelle che
hanno un’energia cinetica sufficientemente elevata, tale
da superare le forze di repulsione tra gli elettroni
periferici, danno luogo a urti efficaci.
Affinché l’urto sia efficace, le particelle devono avere
una giusta direzione per consentire agli atomi di
legarsi. Il valore minimo di energia necessaria alle
particelle per dar luogo ad un urto efficace è detto
energia di attivazione.
Si osserva che le trasformazioni chimiche, dai reagenti
ai prodotti, avvengono attraverso uno stato di
transizione che comporta la formazione di un
complesso attivato corrispondente al livello di energia
più elevato posseduto dalle molecole.
Esistono delle reazioni, dette reversibili, nelle quaeli i
reagenti non si trasformano completamente nei
prodotti, poiché questi ultimi possono ritrasformarsi nei
reagenti.
Si raggiunge l’equilibrio chimico quando le velocità
delle due reazioni si eguagliano. All’equilibrio la
concentrazione delle sostanze resta inalterata.
3.LA COSTANTE DI EQUILIBRIO
All’equilibrio chimico è possibile applicare la legge di
azione di massa:
aA + bB ⇔ cC + d D
[C ] c [ D] d K 1
=
= Keq
[ A] a [ B]b K 2
La costante di equilibrio Keq è caratteristica di una
determinata reazione e varia con la temperatura.
4.IL PRINCIPIO DI LE CHATELIER
In un sistema all’equilibrio, qualsiasi variazione
determina una risposta che tende ad annullare la
sollecitazione apportata, ristabilendo la reazione di
equilibrio.
Effetto della concentrazione: l’aumento della
concentrazione dei reagenti sposta l’equilibrio verso
destra, analogamente la diminuzione dei reagenti lo
sposta verso sinistra. Un ragionamento simile può
essere utilizzato nel caso in cui si apporti un aumento o
una diminuzione della concentrazione dei prodotti, nel
primo caso la reazione si sposta verso sinistra, nel
secondo verso destra.
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2.LA SOLUBILITA’
Effetto della temperatura: un aumento della
temperatura favorisce le reazioni endotermiche e
sfavorisce quelle esotermiche e poiché la costante di
equilibrio varia con la temperatura, essa diminuirà per
le reazioni che avvengono con liberazione di calore ed
aumenterà per quelle che avvengono con assorbimento
di calore.
Effetto della pressione: un aumento di pressione
favorisce le reazioni che avvengono con diminuzione
di volume, perché l’aumento della pressione causa la
diminuzione della distanza intermolecolare.
Per un generico composto ionico AaBb l’equilibrio in
soluzione è:
H2O
AaBb ⇔ aA+b + bB-a
La costante del prodotto di slubilità è:
Kps = [A+b]a[B-a]b
La solubilità dei gas
La solubilità diminuisce all’aumentare della
temperatura.
Legge di Henry: a temperatura costante, la quantità di
un gas che si scioglie in un determinato volume di
liquido è direttamente proporzionale alla pressione del
gas in equilibrio con la soluzione.
XI.EQUILIBRI CHIMICI IN
SOLUZIONE
1.ELETTROLITI E NON ELETTROLITI
Dissociazione
3.ACIDI E BASI
È il processo di dissoluzione che subiscono i
componenti ionici che si sciolgono in acqua perché si
stabiliscono interazioni elettriche tra gli ioni del soluto
e le molecole polari del solvente.
Ionizzazione
Si realizza quando composti con legami covalenti
polari reagiscono con l’acqua che determina la
formazione di ioni che non esistevano nel composto.
Teoria di Arrhenius
ACIDO: sostanza che, in soluzione acquosa, libera uno
o più ioni H+.
BASE: sostanza che, in soluzione acquosa, libera uno o
più ioni OH-.
Dalla reazione di un acido con una base si ottiene un
sale e tale reazione è detta di neutralizzazione.
Teoria di Bronsted-Lowry
Solubilizzazione
È un processo che si verifica quando composti
molecolari si sciolgono in acqua che ne provoca
unicamente la dissoluzione senza formazione di ioni.
Gli elettroliti
Le soluzioni costituite da sostanze (elettroliti) che,
sciolte in acqua, formano ioni, sia per dissociazione
che per ionizzazione, sono dette soluzioni elettrolitiche.
Esistono infatti elettroliti forti che si possono
considerare dissociati completamente, ed elettroliti
deboli che lo fanno solo parzialmente, in relazione al
loro grado di dissociazione che rappresenta la
percentuale di moli dissociate rispetto alle moli totali.
ACIDO: è una sostanza capace di cedere ioni idrogeno
H+ cioè protoni.
BASE: è una sostanza capace di accettare uno ione
idrogeno H+ da un’altra specie chimica.
Poiché un acido, dopo aver ceduto il protone diventa
una base, si parla di coppie coniugate.
L’acqua può comportarsi come donatore di protoni
(acido) o accettore di protoni (base), viene definita una
sostanza anfotera.
Teoria di Lewis
ACIDO: una sostanza capace di accettare una coppia di
elettroni (lone pair).
BASE: una sostanza capace di fornire una coppia di
elettroni.
Di conseguenza le reazione acido-base
Forti (composti ionici e
comporta la formazione di un legame dativo.
molecolari (pochi) ionizzabili)
Elettroliti
Sostanze
solubili in
acqua
Forza degli acidi e delle basi
Deboli (composti
molecolari ionizzabili)
Non elettroliti (sostanze molecolari non ionizzabili)
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Si definisce acido forte un acido che può
considerarsi completamente dissociato in
soluzione acquosa, mentre di definisce acido
debole un acido che, in soluzione acquosa, è
debolmente dissociato.
Il valore della costante di equilibrio ci dà
informazioni sulla forza dell’acido o della
base.
Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Estratto da Compendio di Chimica
[ H + ][CH 3 COO − ]
Keq[ H 2 O] =
= Ka
[CH 3 COOH ]
OH − = Ki ⋅ cs
Ki (idrolisi ) =
Kw
Ka
cs = concentrazione del sale
Ka è detta costante di dissociazione dell’acido.
Acido forte + Base debole
Restano in soluzione un eccesso di ioni H+ che rendono
acida la soluzione.
4.PRODOTTO IONICO DELL’ACQUA
H2O ⇔ H+ + OH-
H + = Ki ⋅ cs
a 25°C
[ H 3 O + ][OH − ]
Keq =
= 3.25 ⋅ 10 −18
2
[ H 2 O]
Ki (idrolisi ) =
Kw
Kb
cs = concentrazione del sale
Acido forte + Base forte
Non si avrà idrolisi e il pH sarà uguale a 7.
Le moli di H2O indissociate si possono considerare
uguali alle moli iniziali che equivalgono a 55.5 m/l
Acido debole + Base debole
Nel caso di un sale formato da un acido debole e da
una base debole la soluzione sarà basica se è più debole
l’acido ed acida se è più debole la base, è quindi
necessario confrontare le costanti di dissociazione (Ka
e Kb).
Keq [H2O]2 = [H3O+][OH-]
Kw = Keq [H2O]2
Kw = 3.25 10-18 (55.5)2 = 1 10-14
Kw = [H+][OH-] = 1 10-14 m/l
7.SISTEMI TAMPONE
Tale costante è detta prodotto ionico dell’acqua.
+
−
[H ] = [OH ] = 1 ⋅ 10
−14
−7
= 1 ⋅ 10 m / l
Una soluzione è neutra quando la concentrazione
molare degli ioni H+ e quella degli ioni OH- sono
uguali a 1 10-7 m/l.
Una soluzione è acida quando la concentrazione
molare degli ioni H+ è maggiore di quella degli ioni
OH-, cioè > di 1 10-7 m/l.
Una soluzione è basica quando la concentrazione
molare degli ioni H+ è minore di quella degli ioni OH-,
cioè < di 1 10-7m/l.
5. Il pH
Per definizione il pH è il logaritmo decimale, cambiato
di segno, della concentrazione molare degli ioni H+.
pH = − log10 [ H + ] = log 10
1
[H + ]
Sono soluzioni capaci di opporsi (“tamponare”) alle
variazioni di pH in seguito all’aggiunta di acidi e di
basi. Un sistema tampone risulta costituito da un acido
debole (o base debole) in presenza di un suo sale con
una base forte (o acido forte).
XII.ELETTROCHIMICA
1.REAZIONI DI OSSIDORIDUZIONE
le trasformazioni chimiche, che comportano il
trasferimento di elettroni tra le specie reagenti, sono
denominate reazioni di ossidoriduzione (redox).
L’ossidazione è quella reazione che avviene per
perdita di elettroni e riduzione quella che avviene per
acquisto di elettroni.
Numero di ossidazione (n.o.)
Il numero di ossidazione è il numero di elettroni che
un atomo impegna nella formazione dei legami di un
composto.
pH + pOH = 14
6.IDROLISI SALINA
Ossidante e riducente
Una reazione tra un sale e l’acqua è detta idrolisi
salina.
In una reazione redox l’elemento che perde elettroni è
detto riducente, mentre quello che acquista elettroni è
detto ossidante. Il riducente è l’elemento che si ossida
ed il suo n.o. aumenta (dai reagenti ai prodotti), mentre
l’ossidante è l’elemento che si riduce ed il suo n.o.
diminuisce.
Talvolta accade che uno stesso elemento nella
medesima reazione si ossida e si riduce, queste
particolari reazioni redox sono dette di dismutazione.
Acido debole + Base forte
L’acido debole tende a riformare acido indissociato
sottraendo ioni H+ dalla soluzione e più precisamente
dalla dissociazione dell’acqua. La base non potrà
riformarsi essendo forte, restano in soluzione un
eccesso di ioni OH- che rendono basica la soluzione.
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Estratto da Compendio di Chimica
potenziale dell’elettrodo a cui avviene la riduzione (E
catodo) e quello e cui si verifica la reazione di
ossidazione (E anodo).
5.ELETTROLISI
2.BILANCIAMENTO DELLE REAZIONI
REDOX
Ci si basa sul fatto che il numero di elettroni acquistato
deve essere uguale a quello perduto.
Bilanciamento delle reazioni redox in soluzione
acquosa
- Individuare se la reazione è acida, basica o neutra.
Trasformare la reazione globale in forma ionica.
- Individuare le specie coinvolte e scrivere le due
semireazioni.
- Bilanciare le cariche aggiungendo , per ogni
semireazione, un numero preciso di elettroni.
- Bilanciare l’idrogeno e l’ossigeno non coinvolti nelle
semireazioni.
- Pareggiare il numero di elettroni.
Si intende, con tale termine, la decomposizione di una
sostanza tramite l’elettricità. Nei fenomeni elettrolitici
si realizza un processo inverso rispetto a quello che
avviene nelle pile.
Nelle celle elettrolitiche gli elettrodi sono di materiale
inerte; l’anodo dove avviene l reazione di ossidazione
è l’elettrodo positivo (anodo = +), mentre al catodo,
dove si verifica la reazione di riduzione, è l’elettrodo
negativo (catodo = +); inoltre è necessario superare un
certo valore di d.d.p. perché inizi un sensibile
passaggio di corrente.
Tale soglia è detta potenziale di decomposizione o di
elettrolisi.
Elettrolisi di una soluzione elettrolitica
Tra le due specie chimiche si riduce quella che presenta
un potenziale di riduzione maggiore.
3.PILE
Una pila, detta anche cella elettrochimica o voltaica, è
un dispositivo formato da due compartimenti
(semipile), ognuno dei quali contiene una lamina
metallica immersa in una soluzione di un sale dello
stesso metallo. Le due lamine sono collegante tramite
un filo metallico.
Le due semipile sono separate da un setto poroso che
permette lo spostamento degli ioni da una zona
all’altra.
Le lamine metalliche rappresentano gli elettrodi delle
pila ai quali si attribuiscono i nomi di anodo (-) e
catodo (+).
All’anodo si verifica l’ossidazione che , liberando
elettroni, rende l’elettrodo negativo, al catodo avviene
invece la riduzione che comporta la cattura di elettroni
e rende l’elettrodo positivo.
Un volmetro segnala il flusso di elettroni dalla specie
che si ossida a quella che si riduce con una differenza
di potenziale (d.d.p.) che è anche indicata come forza
elettromotrice della pila (f.e.m.)
Per rappresentare le pile in modo schematico si scrive a
sinistra l’anodo e a destra il catodo con i loro ioni, una
doppia barra indica il ponte salino.
(semielemento = una coppia di specie chimiche che
differiscono solo per uno o più elettroni)
(-) Zn/Zn++//Cu++/Cu (+)
7.LE LEGGI DELL’ELETTROLISI
Leggi di Faraday
I°Legge
La massa di una sostanza prodotta nelle reazioni di
scarica agli elettrodi è direttamente proporzionale alla
quantità di elettricità che attraversa la cella elettrolitica.
Un faraday (F) rappresenta l’equivalente di elettroni
che è pari al numero di Avogadro N = 6.023 1023
moltiplicato per la carica di un elettrone (1.6 10-19
Coulomb), per cui:
1F = 6.023 1023 x 1.6 10-19 = 96500 C
II°Legge
Le masse delle sostanze prodotte da una stessa quantità
di elettricità sono direttamente proporzionali alle masse
equivalenti delle stesse sostanze.
I°+II°Legge
Quando in una cella di elettrolisi passano 96500
coulomb, ai due elettrodi si trasforma una quantità di
elettrolita pari ad 1 equivalente chimico.
Poiché 1 coulomb rappresenta la quantità di elettricità
fornita da una corrente che ha un’intensità pari ad 1
ampere che passa in un secondo si ha:
C = A . sec
4.POTENZIALI REDOX
Ad ogni reazione è associato un valore E° di potenziale
di riduzione, che è la d.d.p. tra la reazione e la semipila
a idrogeno (S.H.E.) che per convenzione ha potenziale
zero.
Tanto minore è il potenziale di riduzione, tanto minore
sarà la tendenza a ridursi.
I potenziali standard di riduzione si utilizzano per
calcolare la d.d.p. di una pila, che è un valore sempre
positivo e viene calcolato come differenza tra il
XIV.CHIMICA ORGANICA
La chimica organica è anche definita come chimica dei
composti del carbonio.
- La sua configurazione esterna è s2p2 e dovrebbe
quindi formare due legami covalenti, ma ciò si verifica
solo nel monossido di carbonio, poiché nei suoi milioni
di composti risulta ibridato sp (180°), sp2 (120°), sp3
(109°), formando in questo modo sempre quattro
legami.
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Autore Fabrizio Medici + [email protected]
Estratto da Compendio di Chimica
- Può formare legami singoli, doppi e tripli.
- Ha la tendenza alla concatenazione formando catene
lineari (aperte o chiuse) o ramificate.
- Ha un valore di elettronegatività medio (2.5), per
cui forme in genere legami covalenti (poco
polarizzati).
6.IDROCARBURI CICLOALIFATICI
Cicloalcani
I cicloalcani sono alcani a catena carboniosa ripiegata
su se stessa a formare un anello di atomi di C.
I più semplici composti organici sono gli idrocarburi,
detti così perché costituiti da H e C.
SATURI - ALCANI
ALIFATICI
Cicloalcheni
ALCHENI
I cicloalcheni formano un anello di atomi
di C con doppio legame.
7.IDROCARBURI AROMATICI
INSATURI
IDROCARBURI
ALCHINI
Sono idrocarburi a catena ciclica, la
formula di struttura viene indicata con un
cerchio inserito nell’anello.
8.GRUPPI FUNZIONALI
CICLOALIFATICI
I composti organici si suddividono nelle
seguenti classi:
AROMATICI
- C, H
- C, H, O
3.ALCANI (C IBRIDATO sp3)
Sono idrocarburi saturi (legami semplici (covalente
forte di tipo sigma) tra C-C), hanno formula generica:
CnH2n+1
Isomeri
Gli alcani presentano il fenomeno dell’isomeria: gli
isomeri sono due o più composti che, pur avendo la
stessa forma bruta, hanno diversa formula di struttura o
diversa disposizione spaziale degli atomi.
- Strutturale.
- Conformazionale.
Idrocarburi
Alcoli
Eteri
Aldeidi
Chetoni
4.ALCHENI (C IBRIDATO sp2)
Sono idrocarburi insaturi (possiedono uno o più doppi
legami C=C), hanno formula generica:
CnH2n
Isomeri
- Isomeria strutturale; a partire dell’alchene con 4
atomi di C.
- Isomeria posizionale.
- Isomeria geometrica.
Acidi carbossilici
Esteri
- C, H, N
Ammine
5.ALCHINI (C IBRIDATO sp)
Gli alchini sono idrocarburi insaturi (con un triplo
legme C≡C), hanno formula generica:
CnH2n-2
- C, H, N, O
Ammidi
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R – OH
R – O - RI
R
\
C=O
/
H
R
\
C=O
/
RI
R
\
C=O
/
HO
R
\
C=O
/
RIO
RNH2
R2NH
R3N
R
\
C=O
/
H2NO