NICOLETTA OSSANNA CAVADINI | Direttrice m.a.x. museo Chiasso

NICOLETTA OSSANNA CAVADINI
Direttrice m.a.x. museo Chiasso
Dalla libertà dell’artista al concetto grafico: la pubblicità in Seneca *
Seneca a Perugia
L’ambiente magico degli anni venti a Perugia era contraddistinto dalla forte personalità creativa di Gerardo
Dottori che aveva aderito fin dal 1912 al movimento futurista e nel 1923 aveva fatto parlare di sé con la
realizzazione nel nucleo cittadino dell’ardita ambientazione del ristorante L’Altro mondo per l’imprenditore
romano Dario Rossini. Il modello di riferimento era stato il locale Bar Tic Tac allestito tre anni prima nella
capitale da Giacomo Balla e il coevo Cabaret del Diavolo di Fortunato Depero. Nel locale di Perugia – in cui
architettura, pittura e spazialità vennero realizzate su specifico disegno di Dottori – vi fu una continua
partecipazione della frangia futurista capeggiata da Filippo Tommaso Marinetti in primis. Marionette, colori
sgargianti, pittura murale, musica-rumore e automi erano all’ordine del giorno nelle avanguardie culturali
della piccola città umbra che cercava i collegamenti con il mondo più aggiornato dell’epoca. E sarà sempre
Gerardo Dottori a redigere nel 1929 il secondo Manifesto dell’Aeropittura che promulgava una nuova realtà
mossa “dalla necessità di sintetizzare e trasfigurare tutto” ove l’artista ci restituisce una visione del mondo
dall’alto che smaterializza e sintetizza ogni cosa. Il processo della sintesi delle forme è una sensibilità che
viene vieppiù sviluppata in quegli anni e i contatti fra Seneca e Dottori e tutto l’ambiente culturale perugino
lo documentano. È nello stesso 1929 che Dottori da Roma chiede a Seneca l’informazione sulle vincite delle
ultime due coppe della gara automobilistica Perugina. Circolano riviste e contatti internazionali, questi
ultimi mediante le visite effettuate da autorità e intellettuali che vedevano in quegli anni la Perugina un
modello da conoscere. Seneca, nella sua raccolta iniziata in quegli anni, ha importanti riviste di grafica di
ambito europeo che consulta puntualmente (lo testimoniano gli schizzi e i disegni a tergo di alcune pagine
nonché alcune figure ritagliate per riferimento visivo, studi o promemoria); si possono citare: “Die
Reklame”, “Gebrauchsgraphik” pubblicate a Berlino, “Offset-buch-und werbekunst” a Lipsia, tutti i numeri
delle annate dal 1923 all’inizio degli anni trenta, “Domus” a partire dall’anno di fondazione del 1928 e
successivamente le più recenti “Studi Grafici” (1934) e “La pubblicità d’Italia” (del 1940). Egli guarda con
attenzione alla grafica di Leonetto Cappiello, Marcello Nizzoli, Sepo, Cassandre, Franz Glass e Bernard
Bosen, in particolare all’impostazione stereometrica delle figure e alla “solidificazione” delle lettere che
diventano anch’esse elemento di composizione grafica e comunicativa del manifesto. Pur non parlando
tedesco, ma soltanto francese, Seneca guarda molto al mondo mitteleuropeo; da un lato “la tradizione lo
legava a Marcello Dudovich, che era stato suo maestro” come afferma lo stesso Dottori, “ma sentiva che
occorreva liberarsi dallo stantio romanticismo di quel primo cartello […] e dall’accademismo di altri. Gli si
pone così il problema di ricerca di forme nuove quando deve lanciare la più importante manifestazione
sportiva dell’Umbria: la Coppa della Perugina”. E riuscirà incredibilmente a rendere attraverso i segni grafici
il fulmineo movimento della corsa delle auto dell’epoca, di cui Emilio Materassi e Tazio Nuvolari erano i
grandi eroi. Anche lui appassionato di velocità e di motori, acquista un’Alfa Romeo 1750 spider e inizia a
viaggiare per l’Europa: Berlino, Bologna, Milano, Monaco, Londra e Parigi. Gli incontri con il resto
dell’Europa si fanno sempre più frequenti e nel 1928 vince il primo premio alla Mostra Internazionale del
Manifesto di Monaco. Seneca si recò nella città monacense passando per l’Austria, come dimostra il
permesso del passaporto, e nel visitare l’esposizione fu molto sorpreso da alcuni padiglioni come quello
francese, italiano, tedesco e ungherese. Egli commenta su una rivista dell’epoca: “Ognuno di tali cartelli ha
un suo linguaggio e uno spiccato carattere che trae le sue origini dalla storia artistica del suo popolo, dal
suo gusto, dalle tradizioni, dai progressi tecnici della litografia, dalla maggiore o minore sensibilità del
pubblico, dalla maggiore o minore accortezza dei committenti, ad alcuni dei quali è più esatto dire, si deve
il recente progresso nell’affisso d’arte”.
La rivista “Gebrauchsgraphik” all’inizio dell’anno successivo recensisce la sua attività, con un articolo
intitolato Prof. Federico Seneca che tratteggia il suo profilo mettendo in evidenza il segno “dalla linea
robusta e di originale invenzione”. Sono i manifesti di Perugina a essere premiati: in particolare il Pierrot
che tiene amorevolmente fra le braccia una scatola di cioccolatini. Troviamo nel manifesto chiarezza,
dinamismo, simbolismo, segno vigoroso con l’ingrandimento e l’isolamento dell’oggetto pubblicitario uniti
da una profonda conoscenza della matrice mitteleuropea e postcubista. In rapida successione, fra il 1928 e
il 1929, Seneca crea manifesti che rimasero nel novero della grafica del Novecento; ricordiamo in
particolare: Cioccolatini Perugina con la coppia di fidanzatini di color marrone (onde riprendere il colore del
cioccolato) che simbolicamente tengono in mano un cubo che vuole ricordare il dolce pacchetto e con
l’immagine del fattorino che corre a portare le due scatole di cioccolatini.
Al successo della réclame per la ditta Perugina segue l’incarico a Seneca di quella per Buitoni che mantiene
lo stesso criterio creativo.
La critica militante ha acutamente rilevato “l’assoluta mancanza, in tutte le figure disegnate da Seneca, di
un volto: un volto con gli occhi, il naso, le orecchie, la bocca. Ma ognuna ha un cappello, un colore, una
pettinatura speciale. Però pur mancando questi elementi che caratterizzano una fisionomia, le figure di
Seneca esprimono una vitalità eccezionale ed una personalità ben definita”. L’aspetto dell’anonimato,
infatti, rafforza l’aspetto concettuale ossia il non avere un volto identificabile permette alle immagini
pubblicitarie di Seneca di coinvolgere tutto il pubblico che le guarda, e questi divengono immediatamente i
“personaggini di tutti” con una plasticità quasi ieratica capace di esprimere la modernità con principi
profondamente radicati nella classicità delle forme e nella posa degli atteggiamenti. Forma e segno
radicalmente sintetiche Seneca le raggiunge avvicinandosi alla corrente Novecento del “ritorno all’ordine”,
dove le figure con intento iconico riprendono valori di memoria classica e potremmo dire anche metafisica.
Si pensi in particolare alle due donne del manifesto Cacao Perugina, o ancora alla suora della Pastina
Glutinata Buitoni solo per fare qualche esempio.
Quindi se da un lato il grafico marchigiano inizia con un riferimento ancora accademico, si pensi al volto
della donna della Perugina dei primi anni Venti, poi le forme si fanno sempre più imponenti, uniche su un
fondo omogeneo in grado di emergere attraverso la differenziazione di colori contrastanti, seguendo il
principio del personaggio-idea elaborato dal verbo specifico di Cappiello.
Anche la firma dello stesso Seneca, nei primi manifesti del 1913, di chiara composizione, con debito
calligrafico alla Secessione viennese, si trasforma nel corso degli anni venti in un’estrema sintesi: una sorta
di linea orizzontale in cui a fatica si legge “Seneca”.
Un bacio per sorprendere
Basilare risulta la campagna pubblicitaria del Bacio Perugina, nato nel 1922 quasi casualmente, per il
principio di diversificazione del prodotto attuato dalla direzione della fabbrica. A Luisa Spagnoli non
piacevano gli sprechi del cioccolato accumulato durante la lavorazione, e quindi nei momenti liberi decide
di fare delle prove con gli impasti più preziosi (granella di nocciole, pasta morbida di cacao).
Sorprendentemente nei primi mesi del 1922 riesce a ottenere una mescola della giusta consistenza, e
quindi considerato il costo di realizzazione decide di “abbondare” sulla quantità creando un cioccolatino di
più grande formato, costituito da un blocco circolare morbido che veniva irrigidito da una colata di
cioccolato fondente onde permetterne l’incarto. Il racconto, ormai quasi leggenda, ricorda che,
rovesciandosi il barattolo con le nocciole sul tavolo ove venivano fatte le prove di laboratorio e gli assaggi,
una nocciola intera si conficcò sulla pasta morbida non ancora rivestita della colata fondente. Luisa
Spagnoli, che in quel periodo era infastidita dalla campagna – a suo dire sleale – attuata dalla concorrenza,
decise di chiamarlo “cazzotto”, in quanto la forma assunta dal nuovo cioccolatino sembrava proprio quello
di un pugno chiuso. A questo punto sarà il geniale Giovanni Buitoni, appena rientrato da un viaggio, a
decidere di ridenominare quel buonissimo cioccolatino “Bacio”, come racconta nella sua autobiografia,
complice sicuramente il suo “appeal” molto affascinante e la storia d’amore clandestina in corso con Luisa.
Si narra infatti che al rientro del viaggio le scrisse un bigliettino d’amore che lasciò accanto al nuovo
prodotto; lei – per togliersi dall’imbarazzo di fronte al marito – lo avvolse frettolosamente attorno al
cioccolatino facendolo diventare una nuova modalità del packaging. Chi venne incaricato di seguire la
comunicazione, il marchio e l’intera campagna pubblicitaria dei Baci Perugina fu proprio Seneca. Un primo
bozzetto, rimasto allo studio, rivela una scelta dell’immagine ancora impacciata e di bacio fra ragazzini, il
riferimento ai due protagonisti e alla citazione artistica – ad Hayez – avvenne con lo sviluppo dello studio e
la semplificazione dei colori e del messaggio. Notevole è la creazione del lettering della parola “Baci” con la
grande B maiuscola, ripresa poi anche nel successivo manifesto “Banane” di cioccolato, che viene a creare
un arco alla base della figura soprastante. Seneca utilizza in questa fase un realismo analitico che si stacca
leggermente dai modelli finora utilizzati e sembra far pensare ad altre esperienze o ad altre citazioni.
Se analizziamo attentamente, questa affiche è studiata orizzontalmente anziché verticalmente; ciò
dimostra che Seneca ha pensato essenzialmente alla scatola di cioccolatini più che al manifesto, partendo
dalla classica scritta che non manca mai, “Cioccolato Perugina”, che sta alla base del sistema compositivo;
quindi si staglia nel cielo azzurro la coppia di innamorati che si baciano di cui noi non vediamo il volto, il
tutto realizzato in soli due colori: il nero e l’azzurro. Grande visibilità viene affidata alla scritta Baci con il
capolettera maiuscolo e specificamente più voluminoso della scritta stessa onde diventare l’attrazione
visiva che identifica il prodotto.
L’innovazione introdotta da questo cioccolatino, sia dal punto di vista della forma e della qualità intrinseca
che dal punto di vista della visualizzazione e della comunicazione, fu prorompente e arriva indenne ancora
a noi oggi, anche se “arricchita” del cielo stellato fatto negli anni sessanta, con l’avvento della réclame del
Carosello, dal grafico Giovanni Angelini, aspetto questo che tanto aveva fatto arrabbiare il purista Seneca.
La concorrenza cercò di imitare il Bacio Perugina senza riuscirci, e per dimostrare l’epocale scarto
qualitativo, inseriamo a titolo di raffronto la pubblicità uscita sul “Corriere della Sera”, nell’aprile 1922, che
voleva essere concorrenziale al Bacio Perugina, attuata a grandi formati dalla fabbrica di cioccolato Bonatti
di Milano con la mano del suo grafico Spiess. Si notano due giovani, che ritraggono Giulietta e Romeo,
entrambi con in bocca un’unica tavoletta di cioccolato. L’immagine molto rigida e priva dell’aspetto
tipicamente passionale del bacio sembra essere quasi una risposta al riferimento dell’omonimo bacio della
celebre opera di Hayez, che con i due soggetti romantici aveva ripreso la citazione culturale del disegno
elaborato da Seneca. La pubblicità del bacio Perugina era nata per sorprende, incuriosire, affascinare e
coinvolgere il pubblico nell’acquisto. Tutto questo mancava completamente nella pubblicità e nel prodotto
– seppur di ottima qualità – della casa di cioccolato Bonatti, che dopo qualche decennio scomparve dal
mercato.
Lo stesso Seneca si occupa anche dell’esecuzione e ideazione dei primi cartigli del Bacio Perugina e, con la
sua abilità di creatore anche di racconti e slogan, redige i testi dei primi cartigli che riportano frasi del tipo:
“È meglio un bacio oggi che una gallina domani”, oppure “Se puoi baciar la padrona non baciar la serva”,
sempre firmate Seneca. Un aneddoto curioso riporta che nel 1925 un alto prelato scrisse una lettera nella
quale esprimeva tutta la sua meraviglia e il disappunto per il fatto che la Perugina attribuisse al filosofo
romano Seneca frasi del genere. Giovanni Buitoni rispose ironicamente che Seneca, la Perugina lo aveva in
casa! Da quel momento vennero adottate frasi riprese da diversi celebri autori sempre contenenti un
pensiero o un concetto sul bacio. Questo dimostra che Seneca in un primo periodo seguì tutta la parte
pubblicitaria dei suoi progetti assumendo una funzione che oggi definiremmo di copywriter.
Direttore artistico dell’ufficio pubblicità Perugina
Dopo essere stato incaricato direttore dell’ufficio pubblicità della Perugina, segue nel 1925 per Seneca un
analogo ruolo anche per la ditta Buitoni, dell’omonima famiglia. L’ufficio è collocato nel corpo direzionale
dello stabilimento di Perugia a Fontivegge e da un reportage fotografico realizzato nel 1922 sappiamo
anche come era composto: un tavolo da disegno piano, due cavalletti, una scrivania, uno scrittoio, un leggio
per grandi libri e una libreria; al muro si riconosce appeso il primo bozzetto per il Bacio e un calendario
Perugina. Sulla libreria erano anche riposte le diverse riviste europee di suo riferimento e aggiornamento
culturale. Per l’epoca era un ufficio lussuoso e degno di ogni comfort e del tutto paritario all’ufficio
direzionale occupato da Giovanni Buitoni. Gli incarichi per la ditta Perugina si sovrappongono a quelli della
Buitoni ma Seneca riesce a tener testa in modo molto brillante, e proprio a seguito del nuovo incarico –
probabilmente accompagnato da un aumento della retribuzione – si sposa nel dicembre dello stesso 1925
con la bellissima Sofia Santini, donna di nobili origini, e si accasa17 a Perugia.
La creatività accompagnava sempre Seneca e anche con la più difficile missione di fare pubblicità al
pastificio Buitoni egli riuscì sempre a sorprendere. Si pensi al manifesto della fumante pastina glutinata con
la suorina che con grande sussiego sta portando un piatto caldo fumante, o al cuoco che con gesto plateale
sta servendo un piatto di pastina all’uovo, o ancora il volto di bimbo visto da sotto in su con l’idea che le
luci e le ombre si debbano al riverbero del piatto della pastina Buitoni sottostante. Lo studio è
accompagnato dalla fotografia del bambino Luigi Buitoni di sei mesi, figlio di Bruno, che con il suo volto
tondeggiande diede ispirazione al grafico.
È sempre molto difficile ricostruire il ruolo dei grafici nei primi uffici pubblicitari creati nel XX secolo, anche
perché spesso i rapporti diretti fra i committenti non lasciano tracce tangibili. Tuttavia un documento di
recente reperimento, inedito e pubblicato negli apparati di questo catalogo, permette con una certa
precisione di comprendere che alla fine 1929 l’ufficio pubblicità della Perugina-Buitoni era composto, oltre
a Seneca, da un segretario (Minelli) e un disegnatore (Bianconi). Con una lettera autografa Seneca stesso
chiede altri due collaboratori: un dattilografo e un altro disegnatore. Dal documento, stilato per perorare la
specifica richiesta, vengono elencati i ruoli di segretariato (archivio dell’ufficio, registrazioni, diagrammi,
collezione indirizzi, movimento targhette, corrispondenza in risposta, arte amministrativa, circolari
informative, controllo tecnico e amministrativo di grandi contratti con l’affissione, la distribuzione,
segretariato del direttore, disbrigo visite, studio dei prezzi in relazione al rendimento) e anche i ruoli del
disegnatore (esecuzione disegni per giornali, preparazione dei flans, ritaglio e archiviazione, esecuzione
disegni per cliché, aiuto manuale al lavoro di pittura del direttore, esecuzione disegni per imballaggi,
etichette eccetera). Da questo elenco si evince l’importanza dell’ufficio pubblicità che gestiva in toto anche
le uscite delle affissioni e le intere campagne di comunicazione della ditta.
La richiesta per raddoppiare il suo personale d’ufficio, diretta a Giovanni Buitoni, era motivata da una frase
conclusiva molto particolare: “Dirigendo l’organizzazione del mio ufficio così composto, potrò meglio
dedicarmi alla: -parte artistica (disegni intonati all’indole delle Riviste e Giornali, manifesti, confezioni) parte pubblicitaria (creazione di testi, loro impaginazione, contratti e colloqui, disposizioni, posta e
firma)”18. Crediamo che Seneca ottenne quanto richiesto perché nel 1930 entrò alle sue dipendenze un
collaboratore artistico, Giovanni Angelini, che poi divenne il suo successore quando egli lasciò la Perugina
nel 1933.
Non ci è dato sapere il livello di retribuzione di Seneca, che probabilmente variò molto con l’aumentare
degli incarichi. Nei documenti d’archivio si conservano solo le registrazioni a partire dal secondo
dopoguerra (in cui Seneca non è più presente), ma è interessante notare che il livello economico mensile
del direttore dell’ufficio pubblicità è molto simile a quello del direttore Giovanni Buitoni, che peraltro era
poi anche azionista della ditta stessa.
Non sappiamo perché Federico Seneca terminò il suo rapporto lavorativo con la Perugina nel 1933 e decise
di spostarsi a Milano, non volle mai dare spiegazioni su questo passaggio, che probabilmente riteneva uno
sviluppo naturale nel procedere nella sua carriera professionale. Aprire un ufficio in proprio era una tappa
importante e tanto desiderata, inoltre non fu estranea forse la causa dell’entrata in azienda del figlio più
giovane di Luisa Spagnoli, Aldo, che era appassionato di arte figurativa, di fotografia e di musica e aveva
recentemente conseguito il diploma di pianoforte. Giovanni Buitoni l’aveva inserito in azienda con il
compito di occuparsi delle confezioni di lusso, in particolare di seguirne la cromia, e di affiancare l’ufficio
pubblicità19. Il posto vacante di Seneca fu affidato a Giovanni Angelini, di una generazione più giovane, ma
non così ardito sperimentatore quanto Seneca. Nel 1935, un anno dopo l’arrivo a Milano di Seneca, muore
Luisa Spagnoli a seguito di una breve malattia e questi scrisse a Giovanni Buitoni una lettera molto
commovente in cui si comprende la profonda stima che nutriva verso la Spagnoli: “Ho vissuto troppo
tempo vicino a Lei, e Le ho voluto realmente bene: è stata anche con me sempre tanto buona! La sua
scomparsa ha lasciato un solco doloroso nella mia vita, perché non so ricordare il mio passato se non così
com’era, e senza la Signora Luisa, non è più quello”20.
Oramai quel bellissimo momento magico in cui imprenditore, produttore e comunicatore si erano trovati a
condividere il futuro di un’azienda era definitivamente terminato. La Perugina aveva solide basi, la
pubblicità poteva continuare sui binari già tracciati e Seneca desiderava cimentarsi in nuove importanti
avventure professionali.
Perugia, 10 marzo 2017
*Estratto dal testo in catalogo Silvana Editoriale