CAPITOLO VIII I contratti della P.A. Sommario: 1. L’attività ‘pubblica’ di diritto privato. – 2. L’autonomia contrattuale della P.A. ed i limiti alla funzione pubblica. – 3. La classificazione dei contratti pubblici. – 3.1. Profili generali. – 3.2. La nozione di ‘appalto pubblico’. – 3.3. La nozione di ‘concessione pubblica’ e il confine mobile con gli appalti. – 3.4. Le figure di confine tra appalti e concessioni: i partenariati pubblico privato e, in particolare, il contratto di disponibilità e quello di sponsorizzazione. – 4. La formazione del contratto pubblico: l’evidenza pubblica come regola procedimentale ‘storica’ a cavallo tra diritto nazionale e europeo. – 5. L’evidenza pubblica nei contratti passivi di appalti e concessioni. – 5.1. La determina a contrarre. – 5.2. La procedura di affidamento ad evidenza pubblica. – 5.3. Il project financing. – 5.4. Il bando come atto fondamentale della procedura ad evidenza pubblica. – 5.5. L’unicità dell’offerta. – 5.6. Il criterio di selezione della miglior offerta. – 5.7. Le sedute di gara: i profili di pubblicità. – 5.8. La proposta di aggiudicazione. – 5.9. La verifica e l’approvazione della proposta di aggiudicazione. – 5.10. L’aggiudicazione definitiva quale provvedimento conclusivo (non efficace) della fase pubblicistica. – 5.11. L’aggiudicazione definitiva (efficace) e la verifica dei requisiti dell’aggiudicatario. – 5.12. Il confine tra la fase pubblicistica e quella privatistica: il doppio termine dilatorio per la stipula del contratto (stand still). – 5.13. Il termine ‘massimo’ per la stipula del contratto e le situazioni giuridiche soggettive dell’aggiudicatario. – 5.14. L’obbligo di rinnovazione della procedura a seguito di un giudicato di annullamento. – 5.15. Il contratto pubblico. – 6. I concorrenti alle procedure per la stipula dei contratti pubblici. – 6.1. I requisiti di partecipazione. – 6.2. La semplificazione degli oneri formali per la partecipazione a gare pubbliche: la riforma recata dal D.L. n. 90/2014. – 6.3. I raggruppamenti temporanei di imprese. – 6.4. L’avvalimento. – 7. Il riparto di giurisdizione. – 8. Il nuovo processo dei contratti pubblici. – 9. La sorte del contratto in caso di annullamento dell’aggiudicazione fra annullabilità, nullità ed inefficacia: profili sostanziali e questioni di giurisdizione dopo il Codice del processo amministrativo. – 9.1. La sorte del contratto: la via dell’inefficacia scelta dal Codice del processo amministrativo. – 9.2. Tecniche di tutela e inefficacia del contratto. 1. L’attività ‘pubblica’ di diritto privato Costituisce un principio oramai acquisito al nostro ordinamento che le Pubbliche Amministrazioni – per il perseguimento dell’interesse pubblico – possano avvalersi delle forme e dei mezzi di azione e contrattuali propri del diritto privato. Se, infatti, in passato si riteneva che questi ultimi fossero intrinsecamente inidonei al conseguimento di finalità pubblicistiche, in seguito si è progressivamente riconosciuto che le P.A. potessero perseguire l’interesse Capitolo VIII – I contratti della P.A. 519 pubblico anche attraverso lo strumento negoziale privatistico. In questi casi l’Amministrazione agisce su un piano di parità rispetto al privato cittadino e non in veste di organo titolare di poteri autoritativi. L’attività contrattuale della P.A. costituisce una delle espressioni della capacità di diritto privato dell’Amministrazione. Il riconoscimento generale dell’autonomia negoziale della P.A. trova oggi la propria codificazione nell’art. 1, co. 1-bis, della L. 7 agosto 1990, n. 241, come mod. dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15. Si tratta di una norma dall’ambito soggettivo di applicazione di tipo generale. In tal senso depongono la sua collocazione ‘geografico’ nell’ambito della definizione dei principi generali dell’attività amministrativa, nonchè il riferimento generico ivi contenuto alla ‘Pubblica Amministrazione’, così ricomprendendo sia le Amministrazioni tout court sia i soggetti pubblici in generale, senza distinzioni specifiche. Per quanto attiene all’ambito oggettivo, la disposizione in questione costituisce – appunto – il riconoscimento della capacità di diritto privato dell’Amministrazione e di una sua generale potestas contrahendi in passato ricondotta all’art. 11 c.c.: la norma in esame, dunque, tende al riconoscimento del potere dei soggetti pubblici di ricorrere agli strumenti privatistici in alternativa all’utilizzo dello strumento procedimentale e del provvedimento unilaterale. In questo senso, la disposizione è priva di una portata realmente innovativa, codificando il principio di origine pretoria della possibilità (preferenziale, “salvo che la legge disponga diversamente”) per la P.A. di accedere al negozio giuridico di diritto privato come alternativa generale all’esercizio del potere. 2. L’autonomia contrattuale della P.A. ed i limiti alla funzione pubblica La descritta codificazione della capacità negoziale della P.A. costituisce l’effetto di una profonda revisione nella concezione dell’agere amministrativo, determinata dalla consapevolezza dell’idoneità dello strumento privatistico all’attuazione dei fondamentali principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa e dal superamento dell’idea del modulo autoritativo-procedimentale quale strumento esclusivo di realizzazione dell’interesse pubblico. La L. n. 15/2005 sancisce, dunque, il definitivo superamento dell’orientamento tradizionale che considerava l’attività paritetica della P.A. come un’ipotesi derogatoria. Detta impostazione, imperniata sulla “traslazione” ai contratti dei principi della tipicità e della nominatività propri dei provvedimenti amministrativi, è stata progressivamente superata sulla base, da un lato, della tendenza normativa verso la garanzia dell’efficienza della P.A., che richiede necessariamente l’utilizzo di strumenti più elastici; dall’altro, della mancanza, nei contratti, dei caratteri tipici dei provvedimenti, quali l’autoritatività e l’imperatività. In definitiva, dunque, salve le disposizioni esplicitamente derogatorie, l’Amministrazione soggiace in toto ai dettami del Codice Civile e delle regole di diritto comune. Tale conclusione è suffragata sia dall’art. 2, comma 4, del D.lgs. n. 163/2006, secondo cui 520 Parte quarta – L’attività della Pubblica Amministrazione “per quanto non espressamente previsto nel presente Codice, l’attività contrattuale della P.A. si svolge nel rispetto delle disposizioni stabilite dal Codice civile”; sia dall’art. 21-sexies della L. n. 241/1990, anch’esso introdotto dalla legge n. 15/2005, che nella delicata ipotesi del riconoscimento del diritto di recesso in favore della contraente pubblico, stabilisce che, in ossequio al principio civilistico pacta sunt servanda ex artt. 1372 e 1373 c.c., è escluso il diritto di recesso della P.A. dai contratti in assenza di espressa previsione pattizia o di legge. Il riconoscimento dell’autonomia negoziale della P.A. incontra, peraltro, i limiti derivanti dalla soggettività pubblica della stessa: l’attività contrattuale dell’Amministrazione, pertanto, non soggiace solo, al pari di ogni altro soggetto di diritto, al vaglio della meritevolezza degli interessi ex art. 1322 c.c., ma anche al vincolo della funzione istituzionale legislativamente attribuita alla Amministrazione contraente. Il potere di autonomia privata della P.A. deve infatti sempre e comunque esplicarsi nel rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e di tutela del terzo (art. 97 Cost.), nonché dei principi normativi che governano l’azione amministrativa. Si tratta, pertanto, di una autonomia negoziale limitata e funzionale, in quanto i fini dell’agire sono sempre e necessariamente predeterminati dalla legge ed indisponibili al soggetto amministratore (Cons. St., Ad. Plen., 3 giugno 2011, n. 10). Tale principio è stato definitivamente accolto anche nell’ambito del settore dei contratti pubblici. Infatti, oltre ad esser stato sancito nell’ormai abrogato art. 11 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, trova oggi una ulteriore conferma codicistica all’art. 32, comma 2, del d.lgs. 19 aprile 2016, n. 50 recante “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture” (d’ora in avanti anche “Nuovo codice dei contratti pubblici”, “Codice” o “Nuovo Codice”). Prima di procedere con l’esame della disciplina prevista nel Nuovo codice, è necessario premettere che i principi recati dalle direttive comunitarie in materia di appalti sono attuative dell’art. 101 del TFUE e, dunque, applicative di principi generali che sono evidentemente valevoli anche per tipi contrattuali e fattispecie (anche sottosoglia) diverse da quelle concretamente contemplate. Anche per le fattispecie non codificate dalle direttive, infatti, il diritto europeo considera il ricorso all’affidamento diretto, in deroga ai principi di trasparenza e di correttezza, quale evenienza eccezionale. In sostanza, l’obbligo della gara, sia pure in misura più elastica, viene in rilievo quante volte, indipendentemente dal nomen, venga conferita ad un operatore del mercato la possibilità di un’iniziativa economica che possa determinare un vantaggio competitivo. 3. La classificazione dei contratti pubblici 3.1. Profili generali Nel diritto privato, il prototipo del negozio giuridico è costituito dal contratto, ovvero da quell’atto mediante il quale le parti disciplinano liberamente i ri- Capitolo VIII – I contratti della P.A. 521 spettivi interessi, per il reciproco e concorde perseguimento dei propri scopi, secondo un autoregolamento che trova tutela nell’ordinamento giuridico nella misura in cui con quest’ultimo non venga a trovarsi in contrasto (nell’oggetto o nello scopo). Le P.A., nell’esercizio della propria autonomia contrattuale, sono legittimate alla stipulazione non soltanto di contratti di diritto comune, disciplinati dal Codice Civile, ma anche di contratti speciali di diritto privato, regolati da norme civilistiche di specie. Particolare rilievo assumono, poi, i c.d. “contratti ad oggetto pubblico”, che nascono da un intreccio fra contratto e provvedimento nell’ambito di settori aventi rilievo pubblicistico. Un’altra importante differenziazione operata nell’ambito dei contratti della P.A. è quella fra contratti attivi (ossia produttivi di un’entrata per l’Amministrazione) e contratti passivi (produttivi invece di una spesa) attraverso i quali le Amministrazioni si procurano beni e servizi. Questi ultimi sono comunitariamente qualificati come ‘appalti’ (e, in taluni casi, ‘concessioni’) e soggiacciono al Codice dei contratti pubblici, mentre quelli attivi restano tuttora disciplinati dalla Legge di contabilità di Stato contenuta nel R.D. 18 novembre 1923, n. 2440. Nell’ambito del diritto pubblicistico e delle sopra riportate macroclassificazioni, la scelta del Legislatore nazionale – su input di quello europeo – è stata quella di offrire una specifica definizione e una precipua disciplina di una serie di contratti (di natura passiva) inerenti le commesse pubbliche di lavori, servizi e forniture. Così, attraverso una formulazione più snella rispetto alla precedente previsione (v. art. 3 del d.lgs. n. 163/2006), ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. dd), del d.lgs. n. 50/2016 i contratti pubblici, sono definiti come “i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti”. 3.2. La nozione di ‘appalto pubblico’ Il contratto di appalto della P.A. si distingue nettamente dalla nozione civilistica di appalto, che si ricava dall’art. 1655 c.c.. Quest’ultima, infatti, contempla una delimitazione oggettiva, dovendo l’appalto riguardare il compimento di un’opera o di un servizio, ed una delimitazione soggettiva, essendo l’appaltatore un soggetto dotato di una propria organizzazione economica. Esula invece dalla nozione di appalto la disciplina della fornitura di beni già prodotti o che non richiedano una specifica attività realizzativa. La nozione di appalto pubblico, invece, ha ad oggetto la realizzazione di lavori, la prestazione di servizi, nonché la fornitura di beni, a titolo oneroso (art. 3, comma 1, lett. ii), d.lgs. n. 50/2016). Essa comprende pertanto la totalità dei contratti passivi della P.A., che costituiscono la più ampia parte dei contratti della stessa, restandone esclusi i contratti attivi. Sotto il profilo soggettivo, il contratto di appalto evoca una relazione intersoggettiva di tipo sostanziale (e non formale), così come imposto dall’ordinamento europeo: ne deriva che – ad esempio – non c’è instaurazione di un 522 Parte quarta – L’attività della Pubblica Amministrazione rapporto contrattuale, ma di un ‘semplice’ rapporto organico (id est relazione organizzativa) tutte le volte in cui ricorrano i presupposti dell’in house providing. Rispetto al sistema previgente, all’art. 5 del d.lgs. n. 50/2016, è stato espressamente prevista la non applicabilità delle norme del Codice per l’ipotesi dell’in house providing, ossia quando siano soddisfatte le seguenti condizioni: “a) l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; b) oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore di cui trattasi; c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”. In tale ottica, quando si costituisce una società mista per lo svolgimento di un servizio e si opera la scelta del socio privato, va evidenziato come difetti l’elemento dell’alterità, in quanto il contratto societario crea un rapporto organico, caratterizzato dall’appartenenza ad un unico centro di interessi. Non si rientra, dunque, nella nozione comunitaria di appalto e non trova applicazione la disciplina codicistica tout court. Tuttavia, avendo il socio privato un’opportunità di vantaggio economico, si applicano in ogni caso, a livello di principi, le regole di evidenza pubblica, anche se in misura più elastica e meno puntuale. Quanto ai profili di natura oggettiva, come emerge dalla stessa definizione codicistica, l’appalto pubblico è suddivisibile in tre categorie: appalto di lavori, appalto di servizi e appalto di forniture. L’appalto di lavori è la figura che più si avvicina all’istituto civilistico di cui all’art. 1655 c.c. e si concreta nel contratto avente per oggetto l’esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, la progettazione esecutiva e l’esecuzione, oppure l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante o dall’ente aggiudicatore, sulla base del progetto preliminare o definitivo posto a base di gara (art. 3, comma 1, lett. ll) del Codice). L’appalto di forniture, invece, è descritto come un contratto di appalto pubblico tra una o più stazioni appaltanti e uno o più soggetti economici aventi per oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l’acquisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, di prodotti (art. 3, comma 1, lett. tt) del Codice).. Analogamente, l’appalto di servizi è definito come quel contratto di appalto pubblico, diverso dagli appalti pubblici di lavori, avente per oggetto la prestazione dei servizi (art. 3, comma 1, lett. ss), del Codice). Per quel che concerne la controprestazione, la norma è chiara nel ritenere che i contratti di appalto (qualunque ne sia l’oggetto) costituiscano negozi stipulati a titolo oneroso. Capitolo VIII – I contratti della P.A. 523 Secondo l’impostazione più rigorosa, l’onerosità deve essere intesa come previsione di un corrispettivo economico direttamente versato dalla P.A. all’appaltatore, con la conseguenza che, al di fuori di tale ipotesi, non sarebbe necessaria l’osservanza delle procedure di selezione del contraente con evidenza pubblica, salva l’applicabilità dei principi generali che valgono per gli appalti sottosoglia o per i contratti diversi dagli appalti. A tale tesi se ne contrappone una di senso opposto secondo cui l’onerosità dovrebbe essere intesa come onere economico a carico della P.A., rinvenibile anche nelle ipotesi in cui il corrispettivo non sia direttamente erogato dall’Amministrazione, ma venga traslato a valle sulla stessa. Ne consegue, pertanto, che la natura onerosa del contratto può essere esclusa solo per le stipulazioni che non prevedono alcun onere economico né diretto, né indiretto a carico della P.A. (c.d. contratti altruistici). In ogni caso, la soluzione recepita dall’art. 19 del Nuovo codice dei contratti pubblici in merito ai contratti di sponsorizzazione è orientata nel senso di subordinare anche i c.d. contratti completamente gratuiti ai principi generali di correttezza imparzialità e parità di trattamento (quanto meno alla stregua delle regole in tema di procedimento e motivazione ai sensi della legge n. 241/1990), ove la fattispecie contrattuale possa essere di interesse per il mercato. 3.3. La nozione di ‘concessione pubblica’ e il confine mobile con gli appalti Tradizionalmente, si riteneva che il contratto d’appalto fosse un contratto di diritto privato fra una P.A. e un privato appaltatore e che la concessione fosse un mero provvedimento amministrativo, per definizione traslativo di funzioni, potestà, compiti pubblici, caratterizzato da una componente di fiduciarietà nella individuazione del soggetto reputato meritevole, tale da escludere la necessità dell’evidenza pubblica. Questa impostazione a tutt’oggi risulta ormai superata. Se da un lato, la legge n. 241/1990 obbliga sempre la Pubblica Amministrazione a rendere note le ragioni della propria preferenza in presenza di più aspiranti concessionari, l’attuale sistema della contrattualistica pubblica introdotto con le Direttiva 2014/23/UE, prima, e con il Nuovo codice dei contratti pubblici, poi, ha il pregio di delineare una disciplina unitaria ed organica di tale istituto e di prevedere un obbligo generalizzato di evidenzia pubblica per le procedure di aggiudicazione dei contratti di concessione, secondo i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e di pubblicità. La dicotomia fra concessione e contratto è, pertanto, stata messa in crisi – e definitivamente superata – dalla nozione europea di contratto di concessione pubblica, insensibile al dato formale del nomen dell’atto, ed invece attenta al dato sostanziale del vantaggio competitivo che l’azione della P.A. può conferire ad un imprenditore, con la conseguente potenziale lesione della concorrenza. Infatti, confermando l’impostazione accolta all’art. 1 della direttiva n. 2004/18/CE, sia la Direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 che l’art. 3, comma 1, lett. uu) e vv) del d.lgs. n. 50/2016 qualificano le concessione di lavori pubblici, così come quelle di servizi, come contratti a titolo oneroso in virtù le stazioni appaltanti affidano l’esecuzione di lavori o di servizi a fronte di un corrispettivo costituito unicamente dal diritto di gestire le opere o i servizi 524 Parte quarta – L’attività della Pubblica Amministrazione (eventualmente accompagnato da un prezzo), con l’assunzione da parte del concessionario del rischio operativo legato alla gestione. Proprio nell’ottica di delineare più chiaramente le nozioni di appalto e di concessione, la Commissione Europea, con la storica comunicazione interpretativa del 12 aprile 2000, aveva ritenuto che proprio il criterio del diritto di gestione consentisse di individuare alcuni tratti caratteristici della figura contrattuale di natura concessoria. In primo luogo, la gestione implica il trasferimento della relativa responsabilità, che investe sia gli aspetti tecnici che quelli economico-finanziari della gestione. In altri termini, l’alea tecnica, economica e finanziaria relativa alla gestione deve essere trasferita dall’Amministrazione al concessionario: pertanto, se i poteri pubblici sopportano la maggior parte dell’alea (ad esempio garantendo il rimborso dei finanziamenti), l’elemento rischio viene a mancare. In secondo luogo, il diritto di gestione consente al concessionario di percepire proventi dagli utenti (pedaggi, canoni, ecc.) per un determinato periodo di tempo coincidente con la durata della concessione. Di qui, un ulteriore elemento discretivo rispetto all’appalto. Nella concessione, infatti, la parte privata non è remunerata direttamente dalla P.A., ma ottiene da questa il solo diritto di sfruttare l’opera realizzata, tramite la percezione dei relativi proventi da parte dell’utenza. In altre parole, nel vincolo sinallagmatico concedente-concessionario si inserisce un terzo soggetto (l’utente); il quale, usufruendo dell’opera, ne sosterrà, da ultimo, il costo di costruzione, remunerandone la gestione. La Corte di Giustizia, in un’importante sentenza pronunciata proprio su un caso italiano (13 novembre 2008, C-437/07), ha precisato che, per aversi concessione, la gestione dell’opera deve essere diretta: il rapporto concessorio deve rimanere trilaterale (P.A. – concessionario – utenza), non potendo trasformarsi il diritto di gestione in diritto a percepire un canone da parte di altro soggetto terzo che svolga l’attività gestoria, ossia in una sorta di “rendita” (P.A. – concessionario – gestore – utenza). Con sentenza 10 novembre 2011, C-348/10, inoltre, la Corte europea ha affermato che si ha ‘appalto’, e non ‘concessione di servizi’, quando risulta, tra l’altro, che il rischio di esposizione all’alea del mercato non venga assunto in misura rilevante dall’aggiudicatario essendo prevista la compensazione delle perdite del prestatore connesse all’esecuzione del contratto, riguardanti la parte dei costi connessi all’esecuzione dell’appalto di servizi di trasporto pubblico che ecceda gli introiti ottenuti, i costi generati dall’applicazione delle tariffe fissate dal committente, i costi venuti in essere nel caso in cui il committente applichi riduzioni tariffarie a determinate categorie di utenti e i costi connessi all’osservanza dei requisiti di qualità imposti dopo l’inizio della prestazione dei servizi. In definitiva, l’alea del mercato può tradursi nel rischio di concorrenza da parte di altri operatori, nel rischio di uno squilibrio tra domanda e offerta di servizi, nell’insolvenza dei soggetti che devono pagare il prezzo dei servizi forniti, nel rischio di mancata copertura delle spese di gestione mediante le entrate o, ancora, nella responsabilità per danni legati a carenze di servizio. I confini definitori tracciati a livello comunitario hanno trovato consacrazione normativa europea nella nuova Direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione. Tale direttiva, infatti, oltre a riportare ad una unica macrocategoria le concessioni di lavori e di servizi, si conferma la definizione sostanziale di questa tipologia di contratti, così come legislativamente prevista e pretoriamente consolidatasi. Capitolo VIII – I contratti della P.A. 525 Sul piano nazionale, le conclusioni di confine che sono state raggiunte non si discostano dall’interpretazione surriferita. In questa direzione pare, altresì, essersi attestato il disegno di legge delega per il recepimento delle nuove direttive europee attualmente all’esame del Parlamento. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, “le concessioni, nel quadro del diritto comunitario, si distinguono dagli appalti non per il titolo provvedimentale dell’attività, né per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato, (che sarebbe un fenomeno tipico della concessione in una prospettiva coltivata da tradizionali orientamenti dottrinali), né per la loro natura autoritativa o provvedimentale rispetto alla natura contrattuale dell’appalto, ma per il fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato. Quando l’operatore privato si assume i rischi della gestione del servizio, percependone il corrispettivo dall’utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, allora si ha concessione: è la modalità della remunerazione, quindi, il tratto distintivo della concessione dall’appalto di servizi. Così, si avrà concessione quando l’operatore si assuma in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si avrà appalto quando l’onere del servizio stesso venga a gravare sostanzialmente sull’amministrazione” (Cons. St., Ad. Plen., 6 agosto 2013, n. 19; nello stesso senso, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 21 maggio 2014, n. 2624). Infine, come accennato, il nuovo codice dei contratti pubblici, nel delineare una disciplina organica ed unitaria sia per la concessione di lavori che per quella di servizi, ha definitivamente codificato (e confermato) l’elemento “rischio” e il connesso equilibrio economico-finanziario delle concessioni all’art. 165, prevendo infatti che: “nei contratti di concessione come definiti all’articolo 3, comma 1, lettere uu) e vv), la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato. Tali contratti comportano il trasferimento al concessionario del rischio operativo (…) riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull’equilibrio del piano economico finanziario. Le variazioni devono essere, in ogni caso, in grado di incidere significativamente sul valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario”. In aggiunta, occorre evidenziare che, rispetto alla previgente disciplina codicistica, il Nuovo codice ha provveduto a specificare chiaramente che i contratti di concessione si caratterizzano per il fatto che “la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato e che tali contratti comportano il trasferimento al concessionario del rischio operativo” (v. artt. 3, comma 1, lett. zz) e 165, comma 1 del d.lgs. n. 50/2016). Il rischio cui allude l’articolo si riferisce, come evidenziato, alla possibilità che, in condizioni di mercato normali, le variazioni relative ai costi e ricavi oggetto della concessione possano incidere sull’equilibrio del piano economico-finanziario e che impattare significativamente sul valore attuale 526 Parte quarta – L’attività della Pubblica Amministrazione netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi preventivati dal concessionario. 3.4. Le figure di confine tra appalti e concessioni: i partenariati pubblico privato e, in particolare, il contratto di disponibilità e di sponsorizzazione Il confine mobile tra la figura dell’appalto e quella della concessione è stato poi ulteriormente sfumato dall’introduzione del contratto di disponibilità tra quelle forme di partenariato pubblico privato di cui possono avvalersi le Amministrazioni per soddisfare le proprie esigenze negoziali. I partenariati pubblico privati sono infatti un insieme – peraltro assai variegato – di strumenti negoziali, accomunati dalla caratteristica di avere ad oggetto un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore (v. art. 3, comma 1, lett. eee) del Codice). All’art. 3, comma 1, lett. hhh), del Nuovo codice, il contratto di disponibilità viene definito come quel particolare tipo di accordo attraverso il quale sono affidate, a rischio dell’affidatario, “la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. Si intende per messa a disposizione l’onere assunto a proprio rischio dall’affidatario di assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti”. Le prestazioni oggetto del contratto (e la relativa disciplina) si ricavano, infine, dal testo dell’art. 188 del Nuovo codice, secondo cui: “L’affidatario del contratto di disponibilità è retribuito con i seguenti corrispettivi, soggetti ad adeguamento monetario secondo le previsioni del contratto: a) Un canone di disponibilità, da versare soltanto in corrispondenza alla effettiva disponibilità dell’opera (…); b) l’eventuale riconoscimento di un contributo in corso d’opera, comunque non superiore al cinquanta per cento del costo di costruzione dell’opera, in caso di trasferimento della proprietà dell’opera all’amministrazione aggiudicatrice; c) un eventuale prezzo di trasferimento, parametrato, in relazione ai canoni già versati e all’eventuale contributo incorso d’opera di cui alla precedente lettera b), al valore di mercato residuo dell’opera, da corrispondere, al termine del contratto, in caso di trasferimento della proprietà dell’opera all’amministrazione aggiudicatrice”. Pertanto, il privato è tenuto a: 1) costruire l’opera; 2) mettere l’opera a disposizione della P.A.; 3) gestire l’opera. La P.A., dal canto suo, è tenuta a, retribuire il privato corrispondendo: 1) un canone di disponibilità, parametrato all’utilizzo dell’opera; 2) un eventuale contributo nel corso dei lavori di realizzazione della stessa, mai superiore a metà del costo di costruzione; 3) un eventuale prezzo di trasferimento, nel caso in cui decida di acquistarla. 4. La formazione del contratto pubblico: l’evidenza pubblica come regola procedimentale ‘storica’ a cavallo tra diritto nazionale e europeo L’evidenza pubblica definisce il procedimento amministrativo che accompa- Capitolo VIII – I contratti della P.A. 527 gna la conclusione dei contratti delle P.A. e segna, al contempo, la formazione della volontà amministrativa. La procedimentalizzazione dell’attività negoziale dei contraenti di diritto pubblico e dei soggetti a questi equiparati contrassegna uno dei profili di specialità del contratto (passivo) pubblico e risponde all’esigenza di assicurare, anche nell’ambito di un’azione amministrativa che va progressivamente a delinearsi secondo moduli privatistici, il perseguimento dell’interesse pubblico, nonché la par condicio fra le possibili controparti del contraente pubblico. La natura di atti amministrativi funzionali all’interesse pubblico dei contratti, infatti, impedisce una completa libertà di azione di diritto comune e rende necessaria una procedura che esterni le ragioni della congruità della scelta di quel contratto e di quel contraente rispetto all’interesse pubblico, in modo da consentirne il sindacato in relazione alla tutela di quest’ultimo. L’evidenza pubblica è, dunque, un modulo procedimentale applicabile a ciascun tipo contrattuale, qualificato dalla coesistenza di due procedimenti: uno, attinente alla formazione della volontà alla stregua delle norme di diritto comune; l’altro, costituente un vero e proprio procedimento amministrativo, volto ad evidenziare l’interesse pubblico sotteso all’operazione contrattuale. La normativa interna di evidenza pubblica risale agli ordinamenti preunitari e trova una conferma nella Legge di contabilità di Stato (R.D. 18 novembre 1923, n. 2440) e nel relativo Regolamento (R.D. 23 maggio 1924, n. 827). Essa aveva il chiaro intento di tutelare l’interesse della P.A., imponendo una procedura pubblicistica volta ad assicurarle la stipulazione del contratto con il contraente più idoneo e, dunque, il conseguimento della migliore prestazione alle condizioni economicamente più favorevoli. In questo senso l’evidenza pubblica nazionale appariva incentrata sull’interesse della P.A., mentre l’interesse dei contraenti a vedere correttamente valutate le proprie offerte era un interesse solo occasionalmente protetto. Notevolmente differenti sono le finalità perseguite dalle norme di evidenza pubblica europee, le quali si occupano solo del momento della scelta del contraente, dando rilievo centrale alla tutela ed alla valorizzazione della concorrenza, quale principio fondamentale dei Trattati. Essi invero tendono all’attuazione della libertà di circolazione dei servizi, quale libertà di svolgere l’attività di impresa o professionale anche al di fuori del proprio ambito territoriale; nonché della libertà di stabilimento, che non impone il radicamento di un’organizzazione stabile di impresa. Queste libertà resterebbero, tuttavia, puramente virtuali, se poi vi fossero delle discriminazioni tali da precludere o da rendere estremamente gravoso agli imprenditori la partecipazione alle procedure d’appalto. Le norme sulla concorrenza sono, dunque, finalizzate a garantire a tutti gli imprenditori dell’Unione la possibilità di esercitare senza discriminazioni e senza limiti le proprie chances competitive, secondo il principio della “par condicio”, assicurando la lealtà e la trasparenza nella competizione fra le imprese interne degli Stati nazionali. Va, infine, evidenziato che la P.A., in tema di appalti, non è tenuta a provocare la concorrenza, ma solo a rispettarla se essa esiste già: ne consegue, quindi, che non vi è obbligo di gara se non c’è concorrenza, come, ad esempio, in caso di monopolio, in ipotesi di autoproduzione, mediante il modello organizzativo del cd. in house providing, ovvero tramite il ricorso ad una convenzione organizzativa di tipo pubblicistico con altre P.A., ex art. 15 della L. n. 241/1990. 560 Parte quarta – L’attività della Pubblica Amministrazione I CONTRATTI DELLA P.A. contratti attivi vincolo di funzionalizzazione al perseguimento dell’interesse pubblico contratti passivi D.Lgs. n. 50/2016: Codice dei Contratti Pubblici: contratto pubblico: appalto o concessione avente ad oggetto l’acquisizione di servizi o forniture o l’esecuzione di opere o lavori procedura ad evidenza pubblica: tutela della concorrenza delibera a contrarre bando di gara (lex specialis della procedura) sistema di selezione criteri di selezione (modalità di affidamento) procedura aperta offerta economicamente più vantaggiosa (di regola) procedura ristretta ù procedura competitiva con negoziazione e quella negoziata prezzo più basso (eccezione) dialogo competitivo accordi quadro parternariato per l’innovazione Aggiudicazione definitiva (dopo approvazione proposta di aggiudicazione) Contratto (stipula entro 60 giorni e non prima di 35 dalla comunicazione ai controinteressati, dopo approvazione aggiudicazione definitiva e verifica requisiti) Comunicazione ai controinteressati