IL PUNTO SUL CONTENIMENTO DELLA SPESA PER L’ASSISTENZA FARMACEUTICA.
NOTA ALLE SENTENZE NN. 10017 E 10079 DEL TAR LAZIO
1) Cenni introduttivi 2) Il contenuto delle sentenze 3) La normativa 4) La giurisprudenza 5)
La dottrina 6) Qualche considerazione.
1) Nei commenti giornalistici (ad esempio, Il TAR Lazio boccia nuovamente il ripiano della
spesa ospedaliera 2013: “Calcoli errati e mancata trasparenza”. Accolto il ricorso delle
farmaceutiche, Le news del Sole 24 ore, 24 luglio 2015 - in w.w.w. Federfarma .it), le due sentenze
(n. 10017 e 10079 del 2015) appaiono collegate tra loro.
Ciò è una semplificazione. Si nota, infatti, che la prima ha riguardato, accogliendolo un
ricorso dei distributori farmaceutici (c. d. grossisti) avverso la Determinazione della Agenzia
italiana del farmaco, n. 1238 del 30 ottobre 2014, recante “Ripiano dello sfondamento del tetto
dell’11,35 per cento della spesa farmaceutica territoriale 2013 ai sensi della legge n. 222/07”;
invece, la seconda ha riguardato, pure accogliendolo, un ricorso di una Società produttrice di
farmaci avverso la Determinazione dell’Agenzia italiana del Farmaco (d’ora in poi, AIFA) n. 1239
del 30 ottobre 2014, recante “Ripiano dello sfondamento del tetto del 3,5 per cento della spesa
farmaceutica ospedaliera 2013 ai sensi della legge n. 135/2012”. La prima ha riguardato la spesa per
i farmaci distribuiti nel territorio (spesa farmaceutica territoriale); la seconda, la spesa per i farmaci
distribuiti negli ospedali ai ricoverati, c. d. in patients (spesa farmaceutica ospedaliera). Diversi
sono i ricorrenti; diversi sono gli atti impugnati; diversa è la motivazione delle due sentenze.
A chi anche frettolosamente scorre l’una e l’altra si presenta, però, con evidenza che
entrambe affrontano il tema della spesa pubblica per la assistenza farmaceutica, accogliendo
censure rivolte, non tanto alla impostazione del meccanismo di controllo e contenimento di questa,
quanto alle procedure e alle modalità di calcolo e acquisizione dei dati scelte dalla Amministrazione
(nel caso, l’AIFA) per giungere alle proprie statuizioni, in quanto considerate poco aperte alla
partecipazione degli interessati e al riscontro dei dati da parte di questi. Inoltre, la sentenza n.
10079, pur riguardando la spesa ospedaliera, esprime censure sul modo in cui è stata calcolata una
componente della spesa territoriale e, quindi, finisce per investire anche tale tipo di spesa: accerta,
infatti la indeterminatezza nel calcolo della spesa relativa alla distribuzione dei farmaci ai cittadini
non ricoverati, o direttamente dalle strutture pubbliche, o dalle farmacie per conto di queste ultime
e, cioè, una spesa che, pur realizzata attraverso il canale delle strutture pubbliche, è ascritta
dall’articolo 5 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, conv. in legge 29 novembre 2007, n. 222,
alla spesa farmaceutica territoriale (e, quindi, è da sottrarre alla spesa farmaceutica lorda compiuta
attraverso il canale delle strutture pubbliche, per quantificare al netto la spesa farmaceutica
ospedaliera, direttamente riguardata dalla sentenza n. 10079 e, prima ancora dal ricorso su cui essa è
intervenuta). Ulteriormente, la sentenza n. 10079, presenta una parte della sua motivazione,
dedicata al richiamo della sentenza della Corte costituzionale n. 279 del 2006, che, in realtà,
riguarda la spesa farmaceutica territoriale. Quest’ultimo elemento –la valorizzazione della sentenza
della Corte costituzionale n. 279 del 2006- dà l’idea che i ricorrenti e, poi, il Giudice, hanno
meditatamente scelto di concentrarsi su aspetti del meccanismo di controllo e contenimento della
spesa farmaceutica a carico del Servizio sanitario nazionale strettamente di dettaglio applicativo,
per la volontà di non contestare le statuizioni di principio della sentenza della Corte costituzionale
n. 279, evidentemente considerata al presente ancora valida a sancire in generale la legittimità del
vigente sistema di determinazione della spesa dell’assistenza farmaceutica a carico del Servizio
sanitario nazionale.
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2) Il contenuto della sentenza n. 10017 è di semplice descrizione.
Alcune aziende distributrici di farmaci avevano impugnato la Determinazione dell’AIFA n.
1238 del 30 ottobre 2014, la quale, accertato uno sfondamento del tetto di spesa farmaceutica
territoriale, fissato dalla legge nella percentuale dell’11,35 per cento del finanziamento al Servizio
sanitario nazionale (v, art. 5 del già citato decreto legge n. 159 del 2007 e poi l’art. 15, c. 3 del
decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 135), al fine di ripianare questo,
aveva disposto a carico dei distributori dei farmaci (come dei farmacisti) un sconto a favore del
Sevizio sanitario nazionale (d’ora in poi, SSN) sui farmaci da esso rimborsati, per 6 mesi, dello
0,74 per cento e, a regime, a partire dal 6 maggio 2015, dello 0,64 per cento.
I motivi di ricorso erano numerosi e articolati, espansi dalla contestazione di puntuali
illegittimità nel procedimento, fino alla contestazione della illegittimità costituzionale del
complessivo sistema di controllo e contenimento della spesa per l’assistenza farmaceutica (stabilito
dall’art. 5 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, dall’art. 11, c. 6 del decreto legge 1 luglio 2009,
n. 78, conv. in legge 3 agosto 2009, n. 102 e, infine, dall’ art. 15 del decreto legge 6 luglio 2012, n.
95) e includendo contestazioni sulla inclusione dell’IVA nel calcolo del superamento del tetto e sul
calcolo del superamento del tetto imputabile alla distribuzione dei farmaci ai cittadini nel territorio
compiuta direttamente dalle strutture pubbliche o dalle farmacie, per conto di queste ultime.
Il Giudice, tra tali motivi, ha considerato fondati e assorbenti, da un lato, la mancata
partecipazione dei rappresentanti delle imprese distributrici di farmaci al procedimento che si era
concluso con la fissazione dello sconto dello 0,74 per cento temporaneo per 6 mesi (in quanto
misura a carattere provvedimentale puntuale, da adottarsi con procedimento assoggettato al vincolo
della partecipazione degli interessati, stabilito dall’art. 7 della legge n. 241 del 1990), dall’altro, la
trasformazione da temporanea a permanente della imposizione dello sconto dello 0,64 per cento,
introdotto dalla Determinazione AIFA del 9 febbraio 2007, benché configurata come solo
temporanea dalle disposizioni di legge che l’avevano regolata, in particolare, dall’art. 11, c. 6 del
decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, conv. in legge 30 luglio 2010, n. 122 (tale misura, in quanto
costituente atto generale, era stata considerata immune dalla contestazione della mancata
partecipazione procedimentale).
Il contenuto della sentenza n. 10097 è, invece, di più faticosa descrizione.
Una azienda produttrice di farmaci aveva impugnato la Determinazione dell’AIFA n. 1239
del 30 ottobre 2014, la quale, accertato uno sfondamento del tetto di spesa farmaceutica ospedaliera,
fissato dalla legge nella percentuale del 3,5 per cento del finanziamento al SSN (v. art. 48 del
decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, conv. in legge 24 novembre 2003, n. 326 e art. 15, c. 4 del
decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 135), in applicazione della
disposizione di cui ai c. 7 e 8 dell’art. 15 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, aveva posto a carico
delle aziende farmaceutiche una quota del 50 per cento dell’accertato sfondamento (l’altra è andata
a carico delle Regioni dove si era realizzato lo sfondamento).
Una parte cospicua e prevalente dei motivi di ricorso ha investito le modalità con cui è stato
attuato il sistema di accertamento dello sfondamento del tetto e, quindi operato il ripiano previsto
dalle disposizioni di legge vigenti; un’altra parte ha investito tali ultime disposizioni di censure di
costituzionalità, principalmente per lesione della libertà di iniziativa privata. Si fa una rassegna dei
principali.
Un primo ha censurato la incertezza della spesa farmaceutica ospedaliera che era stata
provocata dalla mancata dimostrazione dei dati analitici relativi alla distribuzione dei farmaci sul
territorio compiuta dalle strutture pubbliche, o direttamente, o attraverso le farmacie (cosiddette
distribuzione diretta e distribuzione per conto). Il Giudice ha statuito che la incertezza di tali dati,
che sono da detrarre dalla spesa complessiva compiuta dalle strutture pubbliche, per poter calcolare
la effettiva spesa farmaceutica netta e, viceversa, la banale indicazione da parte dell’AIFA del solo
dato complessivo nazionale e dei dati aggregati regionali sulle forniture dei diversi farmaci, hanno
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impedito alle aziende farmaceutiche di verificare i dati utilizzati dall’AIFA a sostegno del suo
provvedimento con quelli in proprio possesso (costituiti dalle forniture dello specifico medicinale a
ciascuna struttura).
Un altro ha censurato la mancata utilizzazione (ai fini del monitoraggio della spesa sostenuta
per l’assistenza farmaceutica ospedaliera) del sistema informativo stabilito dal d. m. 15 luglio 2004
e, invece, la utilizzazione della c. d. procedura di espansione, che ha assegnato un valore economico
alle ipotesi di movimentazione dei medicinali risultanti dal sistema di tracciabilità del farmaco non
valorizzate autonomamente dalle aziende farmaceutiche. Il Giudice ha statuito che la procedura
utilizzata (a tacere del suo contrasto con la scelta di una diversa da parte del legislatore) ha
comportato conseguenze negative nei confronti delle aziende che avevano assolto a tutti gli obblighi
di tracciabilità (trovatesi penalizzate e sottoposte a sconti, alla stessa stregua di quelle
inadempienti).
Un terzo ha censurato la mancata detrazione dalla spesa farmaceutica ospedaliera delle
somme restituite dalle aziende farmaceutiche in applicazione di procedure di rimborsabilità
condizionata (relative a farmaci di recente introduzione, la cui rimborsabilità è condizionata alla
successiva dimostrazione della loro efficacia, una volta somministrati). Il Giudice ha accolto anche
questa censura, considerando doveroso da parte dell’AIFA calcolare tali spese.
Un quarto ha censurato la mancata considerazione degli importi corrisposti dalle aziende
farmaceutiche a titolo di pay back (o pagamenti in restituzione, che dir si voglia, corrisposti in
cambio della sospensione di riduzioni del prezzo dei farmaci) dei farmaci di classe A erogati in
ambito ospedaliero. Anche questo è stato accolto.
Un quinto ha censurato la utilizzazione, per la quantificazione della spesa farmaceutica
ospedaliera, del criterio della competenza (anziché quello della cassa, che avrebbe tenuto conto dei
ritardi nei pagamenti delle strutture pubbliche alle aziende farmaceutiche). Il Giudice, però, non ha
accolto tale censura, considerando che almeno una parte del ritardo nella riscossione delle somme
da parte delle aziende farmaceutiche potesse essere addebitata alle stesse aziende.
A parte, come si è anticipato, il ricorso ha lamentato il contrasto tra la normativa a base dei
provvedimenti impugnati e la regola costituzionale del diritto di libertà di iniziativa economica. Il
Giudice ha ravvisato in contrario che il sistema delineato dal legislatore lascia alle aziende
farmaceutiche la possibilità di valutare e orientare l’attività di impresa in relazione alla
individuazione preventiva dei presupposti applicativi e, cioè, i dati relativi alla complessiva spesa
farmaceutica, al tetto individuato ex lege e al budget assegnato a ciascuna azienda. Ha, quindi,
concluso che il sistema rispetta le esigenze imprenditoriali, osservando, in aggiunta, che ogni
azienda può valutare l’opzione se partecipare o meno a questa o a quella fornitura. Per il resto, il
Giudice ha rinviato ampiamente alla sentenza della Corte costituzionale n. 279 del 2006, relativa ad
una previgente misura di sconto gravante sulle aziende farmaceutiche nell’ambito della assistenza
territoriale. In particolare, ha ripreso i passaggi della sentenza che evidenziano come la
quantificazione della misura in percentuale sul prezzo al pubblico (determinato, però, con procedura
pubblicistica) sia idoneo a tenere conto dei costi di produzione e come il produttore abbia la
possibilità di incidere significativamente sulla domanda di farmaci, essendo in grado di
incrementarne il volume con la promozione e la diffusione; pure ha ripreso (senza considerazioni
specifiche) il passaggio di tale sentenza che evidenzia la temporaneità della misura di sconto.
3) Si dà qualche cenno sulla normativa riguardante il contenimento dei costi a carico del
SSN per l’assistenza farmaceutica.
Al riguardo si ricorda che la sentenza n. 10017 appare focalizzata su tre gruppi di
disposizioni: art. 15, c. 3 dell’art. 15 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (conv. in legge 7 agosto
2012, n. 135) sul tetto di spesa per l’assistenza farmaceutica territoriale; art. 5, c. 1, 2 e 3 dell’art. 5
del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159 (conv. in legge 29 novembre 2007, n. 222), sul meccanismo
di ripiano della spesa per l’assistenza farmaceutica territoriale; art. 11, c. 6 del decreto legge 31
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maggio 2010,n. 78 (conv. in legge 30 luglio 2010, n. 122), sulle quote del prezzo dei farmaci di
spettanza dl farmacista, del grossista (e del produttore).
La sentenza n. 10079, invece, appare focalizzata su due gruppi di disposizioni: art. 5, c. 5 del
decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159 (conv. in legge 29 novembre 2007, n. 222), modificato e
integrato dall’art. 15, c. 4, 5 e 6 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (conv. in legge 7 agosto 2012,
n. 135), sul tetto della spesa per l’assistenza farmaceutica ospedaliera; art. 15, c. 7 e 8, sempre del
decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, sul metodo di calcolo della spesa per l’assistenza farmaceutica
ospedaliera e del ripiano dell’eventuale relativo sfondamento.
Per quanto misure di contenimento della spesa farmaceutica si siano registrate da tempo e
già quelle contenute nei commi da 36 a 40 dell’art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per la
parte che riguarda l’assistenza farmaceutica territoriale, siano molto simili a quelle vigneti
riguardate dalle pronunce annotate, può dirsi che l’attuale assetto del sistema di controllo e
contenimento della spesa per l’assistenza farmaceutica si sia delineato a partire dal decreto legge 30
settembre 2003, n. 269 (conv. in legge 24 novembre 2003, n. 326).
In particolare, l’art. 48 di tale decreto legge, oltre a fissare un tetto per l’assistenza
farmaceutica complessiva (comprensivo di quella territoriale e di quella ospedaliera) in misura
percentuale rispetto alla spesa per il SSN, ha istituito l’AIFA come ente di diritto pubblico vigilato
dal Ministeri della salute e dal Ministero dell’economia. L’articolo ha conferito a tale ente diverse
funzioni relative alla disciplina dei farmaci, tra le quali il controllo sul prezzo di questi e sul
mantenimento della spesa per l’assistenza farmaceutica entro i limiti di legge, nonché l’adozione
delle necessarie misure di ripiano (prefigurate dalla normativa primaria). Attualmente l’AIFA ha un
organico di 389 unità, destinate a salire a 630 nel triennio e utilizza risorse per circa 80 milioni di
euro, reperite attraverso trasferimenti dal bilancio dello Stato o tariffe da parte degli operatori
privati (essenzialmente aziende farmaceutiche) che si avvalgono dei suoi servizi (e, quindi, a carico
della fiscalità o della parafiscalità, essendo a quest’ultima riconducibili le menzionate tariffe).
A partire dal decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (conv. in legge 24 novembre 2003, n.
326), art. 48, c. 1, inizia ad essere stabilita una distinzione tra la assistenza farmaceutica territoriale
e quella ospedaliera, pur se tale disposizione aveva stabilito cumulativamente un limite di spesa per
entrambe.
Successivamente il decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159 (conv. in legge 29 novembre 2007,
n. 222) più volte ricordato, al suo articolo 5, ha stabilito una netta distinzione tra la assistenza
farmaceutica territoriale (erogata, cioè, ai cittadini nel territorio) e quella ospedaliera (erogata negli
ospedali) e le relative spese, assegnandone la disciplina a distinti commi (rispettivamente 1 e 5).
Sempre tale articolo, ha con precisione imputato alla assistenza farmaceutica territoriale quella
forma alternativa di distribuzione dei farmaci nel territorio che, autorizzata in via generale dall’art.
8 del decreto legge 18 settembre 2001, n. 347 (conv. in legge 16 novembre 2001, n. 405), si era poi
delineata e affermata (anche ad opera del d. m. 31 luglio 2007) nelle due forme alternative della
distribuzione ad opera delle strutture pubbliche, o direttamente da parte di esse, oppure
materialmente da parte delle farmacie, per conto di esse (c. d. distribuzione diretta e per conto).
Come si è anticipato, l’art. 5 del decreto legge 1 ottobre 2007 n. 159 (conv. in legge 29
novembre 2007, n. 222) ha affermato e precisato il vigente sistema di controllo della spesa
farmaceutica territoriale (e, cioè, lo si ribadisce, la spesa per i farmaci di fascia A a carico del SSN,
perché essenziali o destinati alla cura di malattie croniche, distribuiti ai cittadini per il loro consumo
a domicilio attraverso le farmacie o attraverso le strutture pubbliche). Al suo primo comma ha
imposto a tale spesa un tetto espresso in percentuale del finaziamento statale al SSN (del 14,4 per
cento), successivamente ripetutamente modificato, fino a giungere all’attuale 11,35 per cento,
fissato dall’art. 15 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (conv. in legge 7 agosto 2012, n. 135).
Il meccanismo di controllo del rispetto del tetto e, quindi, di ripiano degli eventuali
sfondamenti è così determinato (v. commi 2 e 3 del citato art. 5 del decreto legge n. 159 del 2007).
Ogni anno l’AIFA attribuisce ad ogni azienda farmaceutica titolare di autorizzazioni alla
immissione in commercio di farmaci, un singolo budget annuale aziendale calcolato sulla base dei
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volumi e dei prezzi della vendita negli ultimi 12 mesi di ogni farmaco al SSN e in ammontare tale
che la somma di tale budget con quelli delle altre aziende corrisponda al volume di spesa destinato
alla spesa farmaceutica territoriale (va ricordato che esiste anche un budget regionale). Merita
ricordare che nella determinazione del budget complessivo si deve tenere conto del valore della
riduzione di spesa derivante dalla decadenza di brevetti, così come degli stanziamenti per i farmaci
innovativi. Se il tetto risulta superato, si attiva la specifica procedura fissata dal c. 3, sempre
dell’art. 5 del decreto legge n. 159 del 2007. Semplificandone al massimo la descrizione, si
rappresenta che si calcola dapprima il disavanzo complessivo (una disciplina specifica è prevista
per i farmaci innovativi) e, quindi, si ricava l’importo del ripiano. Ottenuto questo, lo si ripartisce
tra aziende farmaceutiche, da una parte, e grossisti e farmacisti, dall’altra, in relazione alle loro
quote di spettanza sui prezzi dei medicinali attualmente fissate dall’art. 11 c. 6 del decreto legge 31
maggio 2010, n. 78, conv. in legge 30 luglio 2010, n. 122 e modificato dal decreto legge 29
dicembre 2010, n. 225, conv. in legge 26 febbraio 2011, n. 10, nelle percentuali, rispettivamente,
del 56,65 per cento, del 3 per cento e del 30,35 per cento (per i farmaci che, pur nell’ambito della
assistenza farmaceutica territoriale sono distribuiti dalle strutture pubbliche direttamente o per loro
conto ad opera delle farmacie, la quota di ripiano è posta esclusivamente a carico delle aziende
farmaceutiche). Le modalità di imputazione, e poi di pagamento, sono diverse tra le aziende
farmaceutiche, da una parte, ed i grossisti ed i farmacisti, dall’altra: per la prima, la sottoposizione
al ripiano è selettiva, dal punto di vista, sia soggettivo, sia territoriale, nel senso che esso è dovuto
dalle aziende farmaceutiche in corrispondenza al loro sfondamento del budget (aziendale) assegnato
e in proporzione allo sfondamento del tetto di spesa regionale ed è corrisposto direttamente dalle
aziende farmaceutiche alle regioni (in caso di inadempienze opera una riduzione del prezzo dei
farmaci ancora coperti da brevetti in misura tale da coprire l’importo dovuto maggiorato del 20 per
cento); per i grossisti ed i farmacisti, invece, l’importo da ripianare è distribuito tra tutti sotto forma
di uno sconto percentuale a favore del SSN sul prezzo di tutti i farmaci venduti successivamente. Si
sottolinea che per esigenze esplicative si è semplificato al massimo il meccanismo di ripiano,
invece, configurato dal più volte citato c. 3 dell’art. 5 del decreto legge n. 159 come una complessa
espressione algebrica (puntualmente descritta nell’Allegato 2 della impugnata Determinazione
AIFA n. 1238 del 2014) di soluzione facilmente esposta ad errori, vuoi nel procedimento, vuoi nel
calcolo.
Andando alla Determinazione AIFA n. 1238 del 2014, oggetto del ricorso accolto dalla
sentenza n. 10017, in essa si notano tre dati. Il primo è evidente nel terz’ultimo capoverso della
motivazione, dal quale emerge che la possibilità di presentare osservazioni e di partecipare al
procedimento è stata data alle aziende farmaceutiche e non agli altri soggetti della distribuzione del
farmaco (grossisti e farmacisti). Il secondo è il contrasto tra la configurazione originaria come solo
temporaneo dello sconto dello 0,64 per cento (imposto dalla disposizione temporanea di cui all’art.
1 c. 796, lett. f, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) e, viceversa, la statuizione di “conferma” di
esso, come misura a regime, contenuta nell’art. 2 della Determinazione. Il terzo, di ordine
quantitativo, è il volume dello sfondamento del tetto, e, cioè, in via definitiva di circa 50 milioni
(minore della spesa annua di funzionamento dell’AIFA).
Rappresentato tutto questo sulla assistenza farmaceutica territoriale, continuando sul
contenuto dell’art. 5 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159 (conv. in legge 29 novembre 2007, n.
222) si evidenzia che al comma 5 dello stesso si trova un inizio di disciplina anche della spesa
farmaceutica territoriale, attraverso la fissazione di un tetto in misura percentuale rispetto al
finanziamento statale al SSN(il 2,4 per cento), accompagnata dalla previsione di indeterminate
misure di recupero degli eventuali sfondamenti.
E’, però, nell’art. 5, c. 4-8 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (conv. in legge 7 agosto
2012, n. 135) che la spesa per la assistenza farmaceutica territoriale trova una completa disciplina.
Il c. 4 ridetermina la percentuale del tetto, fissandola nel 3.5 per cento. I c. 5 e 6 stabiliscono
le modalità per calcolare la spesa farmaceutica ospedaliera e in particolare gli aggregati di spesa
che, pur imputati alle strutture pubbliche, sono da detrarre dal volume complessivo della spesa da
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esse realizzata, al fine di ottenere l’importo della spesa farmaceutica ospedaliera netta da
considerare ai fini di eventuali misure generali di contenimento (tra tali aggregati si hanno quello
relativo alla spesa realizzata dalle strutture pubbliche per la assistenza farmaceutica nel territorio, o
direttamente, o attraverso le farmacie, quello relativo alle somme versate dalle aziende
farmaceutiche a fronte della sospensione della riduzione del 5 per cento del prezzo dei farmaci
stabilita con Determinazione AIFA n. 26 del 27 settembre 2006 e quello relativo alle restituzioni
delle aziende a seguito del superamento del limite massimo di spesa fissato per il medicinale o in
applicazione di procedura di rimborsabilità condizionata per i farmaci più innovativi). Nei c. 7 ed 8
si fissa, invece, la disciplina, rispettivamente, sulla ripartizione generale tra aziende farmaceutiche e
regioni del ripiano dell’eventuale sfondamento del tetto e sulla determinazione precisa
dell’eventuale sfondamento del tetto, come del conseguente ripiano.
La prima è semplice da descrivere, nel senso che il ripiano grava per il 50 per cento sulle
aziende farmaceutiche e per l’altro 50 per cento sulle regioni nelle quali si è registrato lo
sfondamento (e solo su queste), la seconda è più complessa (tanto che è precisata in gruppi di
disposizioni ordinati per lettere dell’alfabeto da a a k) ed è articolata nel modo che ora si
schematizza.
In primo luogo, analogamente a quello che è previsto per l’assistenza farmaceutica
territoriale, l’AIFA calcola per ciascuna azienda titolare di autorizzazione alla immissione in
commercio di farmaci (più semplicemente, per ogni azienda farmaceutica), un budget aziendale,
sulla base degli acquisti da parte delle strutture pubbliche negli ultimi mesi e in ammontare tale che
la somma di esso con tutti gli altri corrisponda al volume di spesa destinato all’assistenza
farmaceutica ospedaliera. Merita ricordare che nella determinazione del budget si deve tenere conto
delle riduzioni di spesa derivanti dalla decadenza dei brevetti, come degli stanziamenti per i farmaci
innovativi. Monitorata la spesa per ogni singola azienda e farmaco, l’eventuale accertato disavanzo
è recuperato (come si è detto per la quota del 50 per cento, giacché l’altro 50 per cento è a carico
delle regioni, secondo il dettato del comma 7) in corrispondenza del superamento del budget
aziendale definitivo (per i farmaci innovativi, come per quelli destinati alla cura di malattie rare, c.
d. farmaci orfani, vale una disciplina particolare) e si realizza attraverso versamenti alle regioni. La
considerazione delle regioni tra i soggetti del ripiano si spiega con la circostanza che esse non sono
estranee alla determinazione dei volumi della spesa farmaceutica, in quanto hanno il potere di
influire sui comportamenti delle strutture sanitarie, da esse governate.
Andando alla Determinazione AIFA oggetto del ricorso accolto dalla sentenza n. 10097,
risulta in essa, specialmente nell’Allegato 2, sulla metodologia di ripiano, una estrema complessità
del procedimento seguito ed anche la opinabilità di alcune scelte (ad esempio, i versamenti delle
aziende alle regioni sono stati ripartiti in proporzione al volume degli sfondamenti di tetto registrati
in ciascuno di essi; in questo senso, v. Pare dell’Ufficio legislativo del Ministero della salute 4
settembre 2014, n. prot. 92039, anche se poteva ipotizzarsi il proporzionamento alle quote regionali
di riparto delle disponibilità del SSN). Risalta, inoltre, un disavanzo di 777.217.135 euro, e, cioè, di
importo più che decuplo rispetto a quello della assistenza farmaceutica territoriale.
Si è così esposta la normativa su cui direttamente si basano i provvedimenti e le misure
annullate dalle due sentenze annotate. Sembrano necessarie, però, delle informazioni su altre
componenti normative che la completano e caratterizzano.
Innanzi tutto è da considerare che la sovraesposta normativa sul contenimento della spesa
farmaceutica a carico del SSN si aggiunge ad una non meno articolata normativa sulla fissazione
del prezzo dei farmaci (per non dire di quella della autorizzazione alla distribuzione egli stessi).
Molto schematicamente, al riguardo sui rappresenta che i farmaci si distinguono in 3 categorie, C,
non rimborsati dal SSN, A, a carico del SSN e prescrivibili nel territorio come negli ospedali ed H
rimborsati dal SSN e distribuiti negli ospedali. Per i primi, l’art. 1 del decreto legge 27 maggio
2005, n. 87 (conv. in legge 26 luglio 2005, n. 149) il prezzo è liberamente fissato dai produttori, ma
può essere cambiato solo ogni due anni (ed è comunque “monitorato”dall’AIFA, che l’ente di
governo di tutto il settore farmaceutico). Per gli altri, ai sensi dell’art. 48, c. 33 del decreto legge 30
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settembre 2003, n. 269, conv. in legge 24 novembre 2003, n. 326, il prezzo è determinato attraverso
un processo di contrattazione tra la azienda e l’AIFA (e nel rispetto dei criteri stabiliti dalla
Determinazione CIPE 1 febbraio 2001, n. 3). Questo fa sì che la misura del ripiano degli
sfondamenti dei tetti di spesa farmaceutica e, prima ancora, la misura della fissazione dei budget
aziendali, si sovrappongano ad una penetrante disciplina pubblicistica sul prezzo dei farmaci (al
riguardo va considerato che la contrattazione tra AIFA ed aziende farmaceutiche non assume una
connotazione realmente consensuale, atteso che la offerta dei farmaci da parte delle aziende si
confronta con una domanda detenuta pressoché esclusivamente dalla parte pubblicistica). Su tale
doppio vincolo, v. le perspicue sentenze Cons. Stato, Sez. III agosto 2012, n. 4426 (in Giurisdiz.
amm. , 2012, I, 1281), che sul punto ha confermato TAR Lazio, Sez. III quater, 3 agosto 20111, n.
6491 (per altro conforme a TAR Lazio , Sez. III quater , 9 maggio 2011, n. 3966) e Cons. Stato,
Sez. III, 4 settembre 2012 n. 4674 (in Giurisdiz. amm. 2012, A, 1372), che sul punto ha confermato
TAR Lazio Sez. III quater 3 agosto 2011, n. 6937 e in dottrina le penetranti osservazioni di F.
MASSIMINO, I contratti per i prezzi rimborsabili delle specialità medicinali e gli accordi sul
prezzo e rimborso condizionato, in Sanità pubblica e privata, 2012, n. 4, 5 e ss..
Sempre riguardo il prezzo dei farmaci, si rammenta che ai sensi dell’art. 15 c. 1 del decreto
legge 6 luglio 2012, n. 135 (conv. in legge 7 agosto 2012, n. 135) , sui prezzi dei farmaci a carico
del SSN grava uno sconto del 2,25 per cento a carico delle farmacie e del 4,1 per cento a carico
delle aziende farmaceutiche.
Si rammenta, infine, sempre riguardo il prezzo dei farmaci, che quello per i medicinali di
fascia A ed H acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche coincide con il risultato delle gare di
acquisto o è definito all’esito di trattative dirette con le aziende farmaceutiche.
Sembra poi utile dedicare una considerazione riassuntiva alla categoria dei farmaci
innovativi (ricorrentemente richiamata nella precedente esposizione). L’art. 5, c. 2 del decreto
legge 1 ottobre 2007, n. 159 (conv. in legge 29 novembre 2007, n. 222) ha istituito formalmente tale
categoria, attribuendo all’AIFA il compito di esprimere un parere vincolante rispetto alla
attribuzione della qualifica di medicinale innovativo. Tali farmaci non sono sottoposti ai vincoli
ordinari di budget e beneficano di un fondo di risorse a loro dedicate. In caso di sfondamento del
tetto della spesa farmaceutica territoriale nazionale, se la spesa per i farmaci innovativi supera il
valore del fondo fissato ad inizio dell’anno, questi farmaci non partecipano al ripiano. Lo
sfondamento da ripianare è, invece, ripartito tra tutte le aziende in proporzione ai rispettivi fatturati
dei medicinali non innovativi coperti da brevetto. Analoghe disposizioni valgono riguardo la spesa
farmaceutica ospedaliera (la differenza sta nella quota delle risorse attribuite, che è del 20 per cento
per la spesa territoriale e dell’80 per cento per quella ospedaliera; v. decreto legge n. 159 del 2007,
art. 5 e decreto legge n. 95 del 2012, art. 15). La legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità
2015 ha previsto, poi, la istituzione di un fondo sperimentale destinato al rimborso dei farmaci
innovativi, per un valore complessivo di 1 miliardo di euro (v. art. 1, c. 593). La erogazione del
rimborso per l’acquisto dei farmaci innovativi (secondo la previsione del comma 594 dello stesso
articolo) è regolamentato con decreto ministeriale (di cui il primo è stato emanato nel’agosto di
quest’anno, includente anche il nuovo farmaco per la cura della epatite). La stessa legge, (al comma
595, sempre dell’art. 1) ha introdotto un limite di salvaguardia rispetto ai benefici economici che
derivano dalla qualifica di medicinale innovativo, stabilendo che nel caso in cui il primo, a fronte
della erogazione in regime di assistenza farmaceutica territoriale, eccedesse un fatturato di 300
milioni di euro, l’azienda farmaceutica titolare del medicinale sarebbe chiamata a ripianare il 20 per
cento del valore dello sfondamento.
Si rammenta che in parte analoga è la disciplina dei c. d. farmaci orfani e, cioè, destinati
alla cura della malattie rare, in quanto caratterizzato dalla esclusione della spesa per la loro
somministrazione dai procedimenti ordinari di ripiano.
Una precisazione finale sembra, infine, necessaria sul c. d. pay back in materia di
contenimento della spesa farmaceutica.
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Esso appare, ora, come una specifica misura adottata sulla base della previsione dell’art. 1,
c. 796, lettera g della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (in questo senso, v. il corpo della sentenza n.
10097, laddove il termine è usato per designare la specifica misura disposta da tale articolo, così
come v. la spiegazione sul sito dell’AIFA, in w.w.w.agenzia del farmaco, Il sistema di pay back- La
metodologia del pay back).
Altre volte appare come la misura adottata sulla base delle prescrizioni dell’art. 5 del decreto
legge 1 ottobre 2007, n. 159 (conv. in legge 29 novembre 2007, n. 222) e dall’art. 15 del decreto
legge 6 luglio 2012, n. 95 (conv. in legge 7 agosto 2012, n. 135) e quindi investita dalle sentenze
che si annotano, quale pagamento imposto alle aziende farmaceutiche sul presupposto di uno
scostamento in aumento dalla loro quota pregressa di ricavi (v. in questo senso, Farmaceutica, il
pay back costa alle aziende il doppio di IVA e imposte, redazionale, in w.w.w. aboutpharma, 16
luglio 2015; C ARU, S. COMPAGNUCCI, S. DA EMPOLI, M. R. DELLA PORTA, D.
INTEGLIA e E. MAZZONI, Gli impatti del pay back ospedaliero sul sistema Italia e spunti per una
diversa governance della spesa, in w.w.w. I-com, luglio 2015; Pay back e R § S in farmaceutica, un
punto di vista scettico, redazionale, in w.w.w. Reforming, 21 luglio 2015; N. C. SALERNO, Il TAR
Lazio sul pay back e i contraccolpi sulla governance della spesa farmaceutica (commento a sentenza
n. 4538/2015 del TAR Lazio, in w.w.w. sanità 24- Il sole, 23 aprile 2015)..
Altre volte appare come una tecnica generale (in questo senso, v. ad esempio il Dossier del
Servizio studi della Camera dei deputati, La spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera, in w.w.w.
Camera it. legislatura XVII, 6 marzo 2015).
A chiarimento del primo impiego del termine si precisa che il meccanismo fissato dal’art. 1
c. 796 lettera g della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e meglio specificato dalla Metodologia fissata
dall’AIFA (v. nel sito w.w.w. agenzia del farmaco, La metodologia di calcolo del pay back 5 per
cento 2011), si presenta come sostituzione (su base volontaria da parte delle aziende produttrici)
come sostituzione di un altrimenti previsto sconto del 5 per cento del rimborso del SSN sui farmaci
di fascia A ed H. Allo scopo si è stabilito di individuare tutte le specialità per le quali le aziende
hanno aderito al pay back, di estrarre il dato di consumo dell’anno precedente, di calcolare sul
prezzo al pubblico e sul prezzo massimo di acquisto da parte delle strutture, la riduzione del 5 per
cento, indi di moltiplicare per il dato di consumo tale riduzione e, quindi, ottenere un importo
complessivo da far pagare subito alle aziende aderenti alla procedura, in sostituzione di singole
riduzioni di rimborso per ogni farmaco.
Circa il secondo impiego del termine, non si ha che da rimandare a quanto si è esposto sulle
procedure di ripiano degli sfondamenti di tetto (dell’assistenza farmaceutica sia territoriale, sia
ospedaliera). Preme solo mettere in luce che, in questo caso, l’importo complessivo da far pagare
subito alle aziende è stato quantificato in relazione allo scostamento tra i loro ricavi effettivi e la
loro quota pregressa di ricavi (utilizzata per il calcolo del c. d. budget) sicché, in effetti (come
evidenziato dai contributi di Aboutpharma, Farmaceeutica, il pay back costa alle aziende il doppio
di IA e imposte e di I-Com, Gli impatti del pay back ospedaliero sul sistema Italia e spunti per una
differente governance della spesa) le aziende che hanno di recente immesso nella distribuzione
costosi farmaci nuovi (ma non ammessi al regime privilegiato dei farmaci innovativi), si trovano
penalizzate, in quanto a tali farmaci non corrisponde una quota di mercato pregressa utilizzabile per
il calcolo del budget.
Probabilmente il terzo impiego del termine pay back è il più corretto. Il termine pay back, al
di là dell’impiego enfatizzante della lingua inglese, che lascia pensare a qualcosa di molto specifico,
alla lettera significa “restituzione”. In effetti, di ciò si tratta nei diversi casi presentati e, cioè, di un
pagamento unico anticipato in sostituzione di un prelievo nel tempo sotto forma di singole minori
erogazioni. A riprova della appropriatezza di questo impiego del termine, sta la circostanza che
anche per i dispositivi medici, di recente riguardati da una disciplina di contenimento dei consumi
(v. decreto legge 19 giugno, n. 78, conv. in legge 6 agosto 2015,n. 125) si inizia a parlare di un pay
back evidenziandone le difficoltà applicative a causa della carenza dei dati necessari per i complessi
calcoli caratteristici della procedura di pay back).
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4) Si fornisce ora qualche riferimento di giurisprudenza.
Si considera, infatti, insufficiente limitarsi ai due immediatamente evidenti, costituiti dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 279 del 2006 e dalla diffusamente commentata sentenza del
TAR Lazio, Sez. III quater, 25 marzo 2015, n. 4538, l’una e l’altra collegate direttamente alla (sola)
sentenza n 10079 (quest’ultima, dell’una ha ripreso ampi stralci, dell’altra, citandola espressamente,
ha ricalcato pressoché totalmente in contenuti).
Le due sentenze n. 10017 e n. 10079 sono tra loro collegate e insieme sono collegate a tutto
il complesso della giurisprudenza precedente, così come insieme sono collegate alle nuove
disposizioni sulla spesa per i dispositivi medici, molto simili a quelle che disciplinano i rapporti su
cui le sentenze sono intervenute e che al tempo stesso quasi certamente daranno addito a
contestazioni, quanto meno in ordine alle scelte applicative, con il probabile esito di un
ripensamento complessivo della tecnica dei budget e dei ripiani.
Dopo questa premessa, ci si sofferma sulla sentenza della Corte costituzionale n. 279 del
2006, che aveva riguardato delle misure legislative di contenimento della spesa per l’assistenza
farmaceutica territoriale equivalenti a quelle recate dalla normativa ora vigente (le prime erano di
sconto sul prezzo dei farmaci, le seconde sono di pagamento di un importo complessivo).
Riprendendo quello che già in precedenza si era esposto su tal sentenza, si rappresenta che questa
ha giustificato le misure adottate dal legislatore con la loro temporaneità (e, quindi, tutto da
domandarsi è se questo valga anche al momento presente, nel quale si constata la conservazione di
tali misure per quasi 10 anni) e che il richiamo da parte della sentenza n. 10079, concernente
l’assistenza farmaceutica ospedaliera, vale a dare il segno di un ambito di problemi comuni tra
assistenza farmaceutica ospedaliera e assistenza farmaceutica territoriale (riguardata, l’una dalla
sentenza n. 10079, l’altra, dalla sentenza della Corte). Si ribadisce anche che la sentenza della
Corte, allorché, per giustificare le misure di ripiano, utilizza l’argomento che incidono solo sui
margini di guadagno dei produttori di farmaci, denuncia una confusione tra guadagni e ricavi (cui si
riferiscono, in realtà, le misure di ripiano) ingiustificata in generale e ingiustificata nel caso, a causa
della operatività di un sistema di regolazione del prezzo dei farmaci che, almeno formalmente, non
dà alle aziende produttrici la garanzia di un prefissato margine di utile. Su tale sentenza appaiono
particolarmente perspicui di commenti di L. CASSETTI, Lo sconto imposto ai produttori sul
prezzo dei farmaci tra le misure di contenimento della spesa sanitaria: le incongruenze della
scopertura dei disavanzi regionali, in Giur. cost., 2006, 2883 e ss. e A. Gori, Farmaci rimborsati
dal SSN: legittima l’imposizione dello sconto obbligatorio, in w.w.w. Altalex, luglio 2006.
Si allarga la prospettiva citando le diverse sentenze che negli anni passati sono intervenute a
statuire su piuttosto ricorrenti contestazioni della legittimità costituzionale dei meccanismi di
ripiano della spesa farmaceutica, rappresentati in concreto, dapprima dallo sconto sul prezzo dei
farmaci imposti alle aziende farmaceutiche (e dal relativo pay back) e con riguardo alla assistenza
farmaceutica territoriale, poi, dal ripiano attraverso il pagamento di somme complessive per
sfondamento dei budget aziendali e con riguardo finora alla spesa farmaceutica ospedaliera (ex art.
15 del decreto legge n. 95 del 2012, più volte citato). Con questo si è adombrata la presenza di due
gruppi di sentenze che su di esse hanno statuito (sempre dichiarandoli inammissibili): uno sullo
sconto imposto alla aziende sui prezzi dei farmaci, riguardo la assistenza farmaceutica territoriale,
un altro sul ripiano ex art. 15 del decreto legge n. 95 del 2012, riguardo la assistenza farmaceutica
ospedaliera (sempre nei confronti delle aziende farmaceutiche.
Nel primo si hanno, in primo luogo: Cons. Stato, Sez. III, 10 dicembre 2013, n. 5910 (sul
punto ha confermato TAR Lazio, 28 dicembre 2012, n. 10806) in Giurisdiz. amm., 2013, I, 1026;
Cons. Stato, Sez. III, 17 dicembre 2013, n. 6024 (sul punto ha confermato TAR Lazio, 28 dicembre
2012, n. 10792) in Giurisdiz. amm., 2013, A, 353; Cons. Stato, Sez. III, 18 dicembre 2013, n. 6049
(sul punto ha confermato TAR Lazio, 28 dicembre 2012, n. 10793). Tutte e tre le pronunce –quasi
identiche- riguardano ricorsi di aziende farmaceutiche e, pur riguardanti lo sconto sul prezzo dei
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farmaci, tengono presente il dato della modificazione del quadro normativo considerato dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 279 (proprio per il meccanismo di ripiano degli sfondamenti
di spesa, introdotto dall’art. 5 del più volte citato decreto legge n. 159 del 2007, riguardo la
assistenza farmaceutica territoriale), pur se da ciò non traggono argomento per sollecitare un nuovo
pronunciamento della Corte costituzionale. A parte rispetto a tali 3 sentenze, non per le conclusioni,
ma per una maggiore drasticità di toni nel respingere le censure di costituzionalità (proposte dalle
aziende farmaceutiche) è la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 22 aprile 2014, n. 2006 (che
conferma sul punto TAR Lazio, 21 gennaio, 2013, n. 667). Non si trovano accenti diversi nelle
sentenze di primo grado, né in quelle riguardate dalle quattro sentenze ora citate, né in altre dello
stesso periodo (fine 2012 – inizio 2013) e, cioè, TAR Lazio, Sez. III quater, 13 marzo 2013, n. 2637
e TAR Lazio, Sez. III quater, 29 aprile 2013, n. 4250 (,in Giurisdiz. amm., 2013, II, 762), che pure
concernono ricorsi di aziende farmaceutiche avverso una misura di sconto sul presso dei farmaci,
nell’ambito della assistenza farmaceutica territoriale.
Si va ora al secondo gruppo di sentenze, che concernono tutte ricorsi di aziende
farmaceutiche avverso misure di ripiano dello sfondamento del tetto della spesa per l’assistenza
farmaceutica territoriale (per la precisione, la stessa Determinazione AIFA n. 1239) cui è riferita la
sentenza n. 10079 qui annotata. Esse sono tutte del TAR Lazio. La prima in cui ci si imbatte è la già
citata n. 4538 del 25 febbraio 2015, della Sez. III quater; in questa, però, il Giudice non ha
affrontato la pur posta questione di costituzionalità dell’art. 15 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95
(conv. in legge 7 agosto 2012, n. 135) perché ha dato rilievo alla prospettazione di questa da parte
del ricorrente solo come subordinata ad altre censure (accolte con motivazione che è stata ripresa da
Sez. quater, 9 giugno 2015, n. 8090, che ha dichiarato inammissibile una censura di costituzionalità
costruita anche sulla lesione dell’affidamento). Infine, si ha la sentenza, sempre della Sez. III
quater, 2 luglio 2015, n. 8870, che pure ha dichiarato inammissibile una questione di
costituzionalità (in w.w.w. Federalismi, 2015, n. 71, con commento di F. APERIO BELLO, Sulla
infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 15 del d. l. . 95/2012, conv. nella
l. 135/2012).
La rassegna di giurisprudenza ora compiuta, avente ad oggetto sentenze sulla conformità o
meno a Costituzione delle misure adottate dal legislatore per ripianare gli sfondamenti della spesa
farmaceutica è valsa a presentare larga parte di quelli che possono essere i precedenti più diretti
delle sentenze n. 10017 e 10079. Si aggiunge solo qualche notazione ulteriore.
Circa la prima di queste due sentenze e, cioè, la n. 10017, si rileva che essa ha riguardato
una questione che in precedenza non era stata affrontata dalla giurisprudenza (lo sconto imposto ai
grossisti). Tuttavia si nota che in qualche altra precedente sentenza il Giudice (e prima i ricorrenti,
nel caso le aziende farmaceutiche) si era fatto carico delle considerazioni dei grossisti, poi
concretatesi nel ricorso che ha dato adito alla sentenza n. 10017 (v. ad esempio la già citata sentenza
del Consiglio di Stato n. 6049 del 2013).
Circa la seconda di tali sentenze e, cioè, la n. 10079, possono considerarsi la sentenza n.
4538 del 2015 del TAR Lazio (per la parte sulla violazione delle disposizioni di legge), tra l’altro
oggetto di numerosi commenti, e le nn. 8090 e 8870 del 2015, sempre del TAR Lazio. Sicuramente,
però, la stessa risente di molte delle conclusioni della giurisprudenza circa la conformità a
costituzione del meccanismo di ripiano della spesa farmaceutica territoriale.
Si completa il panorama giurisprudenziale con la citazione di alcune sentenze che, pur non
toccando le stesse questioni di diritto affrontate dalle due che si annotano, recano comunque spunti
interessanti.
Si presentano in primo luogo due sentenze del Consiglio di Stato, sempre della Sez. III,
rispettivamente n. 1025 del 2 marzo 2015 (che ha annullato TAR Lazio n. 6384/2014) e n. 1026 del
2 marzo 2015 (che ha annullato TAR Lazio n. 6387/2014) intervenute sulla scelta di assegnare un
farmaco alla distribuzione esclusiva (e prima ancora all’acquisto esclusivo) da parte delle strutture
pubbliche ed evidenziano il pregiudizio che alle aziende farmaceutiche può venire da questa o
quella scelta amministrativa sulla distribuzione dei farmaci.
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Si ripropongono all’attenzione due sentenze già citate in precedenza, entrambe del Consiglio
di Stato (la n. 6049 del 2013 e la n. 2006 del 2014) che con precisione spiegano il meccanismo del
pay back relativo allo sconto sui farmaci (c. d. primo pay back).
Ancora, si propone all’attenzione la sentenza del TAR Lazio, Sez. III quater, 29 gennaio
2014, n. 115, che ben evidenzia la logica compensativa tra gli sfondamenti di spesa per i vari
farmaci che ispira l’art. 5 del decreto legge n. 95 del 2007 (in Rass. dir. farm., 2014, 351).
Interessante, ancora, è la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 3 giugno 2010, n. 3479 (in
Giurisdiz. amm., 2010, I, 716) sul prezzo dei farmaci.
Infine si richiama la sentenza n. 8870/2015 del TAR Lazio, già citata in precedenza, perché
è interessante un suo passaggio nel quale presenta il ricorrente argomento delle aziende
farmaceutiche, per cui il vigente meccanismo di ripiano degli sfondamenti di spesa penalizza i
farmaci nuovi (non ammessi alla cerchia ristretta dei farmaci innovativi).
5) Si fornisce qualche riferimento di dottrina.
Dal punto di vista giuridico si hanno i contributi di: G. F. FERRARI, e F. MASSIMINO,
Diritto del farmaco, Bari, 2015; M. DEL SIGNORE, la regolazione del prezzo dei farmaci, in
w.w.w. ,Rivista della regolazione e dei mercati, 2014, n. 2; M. IACONO, Le politiche di prezzo e
rimborso dei medicinali per uso umano, Università La Sapienza, Corso di dottorato di ricerca in
Diritto pubblico dell’economia, ciclo XIV, 2013, in w.w.w. padis, uniroma 1.
Tra i rapporti ufficiali, v. Rapporto Osmed 2014, in w.w.w. agenzia del farmaco, luglio
2015.
Sul pay back v. i già citati contributi: Farmaceutica, il pay back costa alle aziende il doppio
di IVA e imposte, redazionale, in w.w.w. aboutpharma, 16 luglio 2015; C ARU, S.
COMPAGNUCCI, S. DA EMPOLI, M. R. DELLA PORTA, D. INTEGLIA e E. MAZZONI, Gli
impatti del pay back ospedaliero sul sistema Italia e spunti per una diversa governance della spesa,
in w.w.w., I-com, luglio 2015; Pay back e R § S in farmaceutica, un punto di vista scettico,
redazionale, in w.w.w. Reforming, 21 luglio 2015; N. C. SALERNO, Il TAR Lazio sul pay back e i
contraccolpi sulla governance della spesa farmaceutica (commento a sentenza n. 4538/2015 del
TAR Lazio, in w.w.w. sanità 24- Il sole, 23 aprile 2015).
Sul rapporto tra spesa farmaceutica territoriale e spesa farmaceutica ospedaliera, v. : C.
RANAUDO, Spesa farmaceutica SSN in calo, Ranaudo: il risparmio è solo teorico,in w.w.w.
farmacista 33, luglio 2015; C. JOMMI, M. OTTO, P. ARMENI, F. COSTA, Farmaci, excursus su
14 anni tra falsa insostenibilità e mix di spesa,in w.w.w. Sanità 24 ore, 14 luglio 2015,
presentaziopne del Rapporto Cergas – Osfar, Bocconi, Report n. 35, 2014, in w.w.w. Cergas –
Osfar , nonché le considerazioni dello stesso presidente dell’AIFA, Luca Pani, nel senso della
unificazione dei canali di spesa farmaceutica in un unico fondo, in w.w.w. Federfarma.it, 23 aprile
2015.
Sui farmaci innovativi, v. G. TRAVERSA, Spesa farmaceutica e armaci davvero
innovativi, in w.w.w. Ricerca pratica, luglio 2015.
6) Qualche considerazione.
Le due sentenze hanno una motivazione riguardante in larga parte i metodi di calcolo della
spesa e in più ridotta parte la questione di costituzionalità delle scelta amministrative in ordine al
contenimento della spesa farmaceutica.
Viene immediato osservare che effettuare una operazione di contenimento della spesa
pubblica, quale quella che politicamente si è scelto di effettuare per la spesa farmaceutica,
attraverso la istituzione di un organismo amministrativo ad hoc e procedure di calcolo di elevata
complessità, quali quelle evidenziate dalle sentenze e dagli allegati ai provvedimenti impugnati,
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sembra una contraddizione. Tale contraddizione si presta ad un giudizio più severo nel momento in
cui si constata che è stato scelto lo stesso metodo per la spesa in dispositivi elettromedicali.
La questione di costituzionalità è stata dichiarata inammissibile. Nulla, però, è detto per il
futuro, perché la tendenza di medio periodo degli interessati è di mettere in discussione la
costituzionalità delle misure di contenimento della spesa farmaceutica via via adottate dal
legislatore e costantemente ispirate da una logica di imposizione di tetti ed è, altresì, evidente che la
adozione di tali misure si protrae ormai da anni, con la conseguenza di essere esposta alle censure di
una Corte costituzionale sempre più propensa a considerare la durata nel tempo degli effetti delle
scelte del legislatore (non importa se compiute con unico atto o con più atti) come un fattore di
aggravamento della eventuale illegittimità di queste (v. da ultima la sentenza n. 178/2015 sul blocco
delle retribuzioni nel pubblico impiego).
Andando a valutare nel complesso, sia le politiche di contenimento della spesa farmaceutica,
sia il contenzioso, sembra che l’accentramento dei poteri in capo all’AIFA, in astratto idoneo a
costituire un fattore di scoraggiamento del contenzioso da parte delle aziende farmaceutiche, in
quanto soggetti di un rapporto continuativo e personalizzato (atteso il loro ridotto numero) con tale
organismo, sia controbilanciato da una notevole mutevolezza, sia della organizzazione dell’AIFA,
sia delle scelte amministrative e politiche concrete in ordine alla spesa farmaceutica (condizione per
altro comune a tutti i settori della pubblica amministrazione, di estrema labilità della continuità
amministrativa), sicché la difesa delle scelte via via compiute è relativamente debole o comunque
non strenuamente impegnata, risultando nel complesso non duratura nel tempo, quale difesa di un
passato in continua formazione e in costante agognato superamento (al riguardo, dal già citato
rapporto Cergas si ha notizia di un tavolo di lavoro per la elaborazione di una revisione del
meccanismo di pay back).
Sicuramente colpiscono la molteplicità di canali e di flussi di spesa, con corrispondenti
diversi regimi e, quindi, la disponibilità per l’apparato pubblico di scelte sulla assegnazione di un
farmaco all’una o all’altra forma di erogazione, territoriale, ospedaliera, o nel territorio da parte
delle strutture pubbliche, con conseguenze diverse, da un lato, sulla remunerazione dei farmaci,
dall’altro, sulla accessibilità da parte dei pazienti (per i quali la erogazione più semplice e con meno
costi di tempo è quella attraverso le farmacie), dall’altro ancora, sulla appropriatezza delle
prescrizioni (essendo vero che le strutture pubbliche sono particolarmente legate alla rigidità dei
protocolli di cura, produttiva spesso di volumi di somministrazione esuberanti e, comunque, decisi a
priori sulla base di astratti piani di cura).
Ancora, colpisce il doppio vincolo che grava sulle aziende farmaceutiche, costituito dal
regime di controllo sui pressi e dai budget di vendita dei farmaci (e, cioè, il budget di spesa
farmaceutica considerato da un altro punto di vista), il che fa pensare ad un settore dell’economia
non formalmente nazionalizzato, ma certo sottoposto ad un controllo amministrativo molto
stringente, caratterizzato dalla mancanza di qualsiasi garanzia di profitti per i produttori, in un
contesto nel quale, mancando strutture pubbliche di ricerca farmacologica, la possibilità pratica di
ricerca è affidata proprio ai profitti (così come, in generale, nel contesto capitalistico e di economia
privata nel quale viviamo, la innovazione tecnologica dipende dagli investimenti delle imprese, a
loro volta resi possibili dai margini di profitto).
Felice Ancora
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