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n
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n n Medicina Un gruppo di ricercatori inglesi utilizza le staminali per curare il diabete di tipo 1
Dall’embrione al pancreas
Le nuove cellule producono insulina una volta trasferite nel corpo umano
di Pietro Pierangeli
D
Stile
n
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n
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com
m f p er s on a l@cl a s s . it
all cellule staminali embrionali una possibile solualle
zio
zione per il diabete di tipo I. La lascia intravedere
un gruppo di ricercatori provenienti dall’Università
di Manchester e di Sheffield che, grazie al supporto
Diebetes Research Foundation), ha potuto
della JDRF (Juvenile
(
concentrarsi sulle cellule staminali embrionali e scoprire una
concentrars
nuova tecnica
tecni per indurle a trasformarsi in cellule beta del
La ricerca inglese non è l’unica attiva nel campo
pancreas. L
per la rincorsa alla cura
delle staminali
stami
patologia che sta assumendo sempre
della patolo
dimensioni epidemiche, ma la tecnica
di più dimen
utilizzata è senz’altro una ventata di aria
cellule staminali embrionali sono
fresca. Le ce
le più pure tra le staminali, ossia con una
potenzialità pressoché totale di trasformazione: dalla pelle, al cuore, dal cervello al
pancreas, nessun organo è a loro precluso.
Per questo nei paesi in cui non ci sono
restrizioni al loro utilizzo a fini di ricerca
costituiscono un serbatoio a cui la comunità
scientifica attinge per cercare nuove strade
per fermare ogni tipo di patologia. Manipolando geneticamente le cellule i ricercatori sono riusciti a far
loro produrre un’alta concentrazione di un proteina chiamata
Fattore di trascrizione Pax4 in grado di orientare la trasformazione della cellula indifferenziata in beta del pancreas. «Lasciate a se stesse, senza interventi esterni le cellule staminali in
laboratorio tendono a trasformarsi in neuroni», illustra Karen
Cosgrove responsabile presso la Manchester’s Faculty of Life
Sciences del team di ricerca. «Meno dell’uno per cento delle
staminali embrionali si trasforma in cellule del pancreas produttrici di insulina; la nostra sfida era quindi quella di trovare
un metodo di alzare il più possibile questa percentuale». Secondo i dati della ricerca pubblicati dalla rivista Public Library
of Science (PLoS) il fattore di trascrizione Pax4 spinge il 20%
delle cellule staminali embrionali a trasformarsi in beta cellule
del pancreas con la capacità di produrre insulina una volta
trasferite nel corpo umano. Inoltre gli scienziati, grazie a un
reagente fluorescente, sono riusciti nell’impresa di identificare
all’interno delle staminali quali si fossero trasformate in beta
del pancreas, in grado di produrre insulina, e quali fossero
rimaste indifferenziate. Un passo importante non solo per
effettuare
impianti ad alta concentrazione
ef
di cellule del pancreas vitali e funzionanti
ma
m anche per diminuire i rischi conseguenti
a un impianto di cellule di diverso genere.
«Diversi
esperimenti compiuti negli States
«D
hanno
dimostrato come trapiantare cellule
h
staminali
e cellule già differenziate aust
menta
la probabilità di sviluppare tumori»,
m
afferma
la Cosgrove. La tecnica utilizzata
af
potrà
essere immediatamente utilizzata per
p
offrire
ai gruppi di ricerca internazionali
of
cellule
beta su cui testare nuovi approcci
ce
terapeutici
e, nel lungo periodo, potrebbe
te
offrire
una soluzione non solo per pazienti
of
affetti da diabete gio
giovanile o di tipo I, ma anche per la schiera
ben più numerosa di pazienti che soffrono di diabete di tipo
II e dipendenti da insulina. «Il diabete è ormai una pandemia
di proporzioni mondiali», dichiara Aurora Ketmaier Presidente
Juvenile Diabetes Research Foundation Italia, «che colpisce
almeno 180 milioni di persone nel mondo ed è responsabile,
sempre su scala mondiale, di almeno un decesso su 20. Ma
crediamo fortemente che per il diabete esista una soluzione.
Questa ricerca è la testimonianza del nostro continuo impegno
in questa direzione». (riproduzione riservata)
n n Salute Al centro di implantologia del Galeazzi tempi ridotti e disagi post-operatori minimizzati
Grazie ai nuovi impianti dentali
ritorna il sorriso in poche ore
di Elisa Martelli
U
na riabilitazione esteticofunzionale rapida per chi
funzion
soffre di
d edentulia, ossia
la mancanza totale
o parziale
to
degli elementi dentali.
Per questo
de
scopo è stato appena
inaugurato
ap
il nuovo Centro per la ricerca in
implantologia ora
orale dell’Università
degli studi di Mila
Milano, presso l’Irccs
Istituto ortoped
ortopedico Galeazzi di
Milano dove. «Dopo
«Do un intervento
in anestesia locale
nell’arco di
loc
otto ore o due gi
giorni nei casi particolarmente dif
difficili, il paziente
può tornare a sorridere, parlare
e mangiare», spiega Luca Francetti, professore di malattie odontostomatologiche all’Università
degli studi di Milano e direttore
dell’Istituto Galeazzi. «Sulle viti in
titanio degli impianti, che fungono
da radici dentarie, vengono avvitate protesi provvisorie in resina,
evitando al paziente il disagio di
portare strutture mobili per molti mesi, come si verificava negli
impianti tradizionali», continua
Francetti. Dopo 4-6 mesi, quando
il processo di osteointegrazione
dell’impianto è ultimato, le pro-
tesi vengono sostituite da quelle
definitive. «Un altro vantaggio del
carico immediato in implantologia
orale è l’opportunità di intervenire immediatamente sull’osso disponibile», puntualizza Francetti.
Un’altra possibilità che minimizza
i disagi post-operatori è invece
l’applicazione di una mascherina
chirurgica da inserire nei buchi
applicati fra gengiva e osso, senza l’incisione delle gengive tipica
dell’impianto. «Questo tipo di intervento è però eseguibile solo in
pazienti edentuli che presentano
una buona dose di quota residua
di osso e gengiva, il 20-25% dei
casi», puntualizza Francetti. Gli
impianti hanno una percentuale
di sopravvivenza del 95-98% ma
richiedono una manutenzione
pari a quella dei denti sani per
preservare gengive e osso. Il costo
di un impianto con protesi per
un’arcata completa si aggira intorno ai 12 mila euro. (riproduzione
riservata)
Lampi
nel buio
Quello che è cibo
per un uomo
è veleno per un altro
Lucrezio