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CAPITOLO QUINTO
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I PAGAMENTI INTERNAZIONALI ED I CAMBI ESTERI
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Sommario: 1. I pagamenti internazionali. - 2. La bilancia dei pagamenti internazionali. - 3. Le sezioni della
bilancia dei pagamenti. - 4. I cambi esteri: concetto e generalità. - 5. I mezzi di pagamento internazionali. - 6.
Cambi liberi e cambi fissi. - 7. Il riequilibrio della bilancia dei pagamenti. - 8. Il meccanismo dei pagamenti
internazionali. - 9. Il sistema monetario europeo. - Le parole dell’economia. - Schema riassuntivo.
se
1. I PAGAMENTI INTERNAZIONALI
Es
Finora, parlando di relazioni economiche internazionali, si è sempre supposto, per
semplicità, che tali relazioni sorgano soltanto in occasione dello scambio di merci; ma, in
realtà, esse riguardano anche altri tipi di transazioni, delle quali si deve tener conto:
— scambio di servizi: si tratta dello scambio dei servizi prodotti da persone appartenenti ad
una nazione e goduti da persone appartenenti ad altre (esempio: servizi di trasporto etc.);
©
— movimenti di capitale, che sono dati da:
— movimenti di risparmio che, per essere investiti più fruttuosamente, tendono ad esser
dirottati da paesi dove il tasso di interesse è più basso ad altri dove tale tasso è maggiore;
— rimesse di emigrati, che risparmiano e spediscono in patria moneta guadagnata
all’estero e non spesa.
ig
ht
Dalla sempre maggiore frequenza e intensità di tali scambi nascono necessariamente, per
i paesi interessati, ragioni reciproche di dare e avere, in virtù delle quali ciascun paese è ora
debitore, ora creditore nei confronti degli altri.
2. LA BILANCIA DEI PAGAMENTI INTERNAZIONALI
C
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La bilancia dei pagamenti costituisce lo strumento con cui si attua la registrazione
sistematica di tutte le transazioni effettuate dagli operatori residenti in un paese con altri
operatori che si trovano al di fuori di esso. Essa dà la visione integrale dei rapporti economici
internazionali, in un dato periodo di tempo, di un determinato paese.
Per operatori devono intendersi gli individui, gli enti e gli istituti internazionali che
effettuano transazioni economiche.
Per individui residenti si intendono i cittadini che vivono permanentemente nel paese in
cui è effettuata la rilevazione.
I cittadini del paese stesso che si trovino all’estero conserveranno o meno la qualifica di
residenti, a seconda che il soggiorno all’estero abbia un carattere temporaneo (come accade
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nel caso del turismo) o implichi lo spostamento del «centro di interessi» (ossia dell’attività
stabile di guadagno e di investimento) all’estero.
Il medesimo principio di «centro di interessi» si applica per decidere se gli stranieri che
vivono nel paese che effettua la rilevazione debbano o meno essere considerati come
residenti.
Le filiazioni di imprese create all’estero, o le società controllate all’estero, sono considerate parti integranti dell’economia in cui operano, non di quella a cui appartiene la società
principale o quella controllante.
Gli istituti internazionali, infine, sono considerati appartenenti ad un’area internazionale
al di fuori del paese in cui sono situati.
3. LE SEZIONI DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI
se
li
Nella redazione della bilancia dei pagamenti si è soliti suddividerla in sezioni secondo lo
schema che segue:
LE QUATTRO SEZIONI DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI
1) Conto corrente
3) Conto finanziario
Investimenti diretti
All’estero
In Italia
2) Conto capitale
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Attività intangibili
Trasferimenti unilaterali
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Servizi
Redditi
Trasferimenti unilaterali
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Merci
Esportazioni
Importazioni
Investimenti di portafoglio
Attività
Passività
Derivati
Altri investimenti
Variazioni riserve ufficiali
4) Errori e omissioni
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La figura riassume gli elementi essenziali della bilancia dei pagamenti.
Una transazione che determina un afflusso di valuta estera (ad esempio, l’esportazione di
beni, i proventi derivanti dal turismo straniero in Italia, le rimesse degli emigranti italiani, gli
interessi su capitali investiti all’estero, gli investimenti stranieri in titoli italiani ecc.)
costituisce un credito o una voce in attivo della bilancia dei pagamenti e viene registrata con
segno positivo.
Inversamente, una transazione che comporta un’uscita di valuta estera (a seguito, ad
esempio, dell’importazione di beni, di spese per il turismo italiano all’estero, di rimesse degli
immigrati stranieri in Italia, di interessi su capitali stranieri investiti in Italia, di investimenti
italiani in titoli esteri ecc.) rappresenta un debito o una voce in passivo della bilancia dei
pagamenti e viene quindi registrata con segno negativo.
La struttura della bilancia dei pagamenti dei paesi che fanno parte della Comunità europea,
è cambiata a partire dal 1999, anno in cui è partita l’ultima fase dell’unione economica e
monetaria.
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Anche l’Italia, in quanto paese membro della CE, dal 1999 si è adeguata alle metodologie
stabilite dalla Banca Centrale Europea (BCE) e dall’EUROSTAT per la compilazione della
bilancia dei pagamenti che a loro volta, applicano i criteri concordati a livello internazionale
con la quinta edizione del Manuale di bilancia dei pagamenti redatto dal Fondo monetario
internazionale (FMI).
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Le componenti della bilancia dei pagamenti sono:
— il conto corrente;
— il conto capitale;
— il conto finanziario;
— errori ed omissioni.
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Il conto corrente è il blocco della bilancia dei pagamenti in cui vengono registrate le
transazioni tra operatori residenti e non residenti di natura non finanziaria. Per operatori
residenti si intendono tutti coloro, anche non cittadini, che vivono permanentemente nel
paese che effettua la rilevazione.
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Es
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Il conto corrente a sua volta si suddivide in:
— merci. Rientrano in questa voce le merci in generale, le merci in lavorazione o lavorazioni,
le riparazioni, le provviste di bordo e l’oro non monetario;
— servizi, che si distinguono a loro volta in trasporti, viaggi e altri (servizi personali e per
il governo, servizi informatici e di informazione, altri servizi per le imprese ecc.);
— redditi. I redditi sono da lavoro quali salari, stipendi ecc., e da capitale quali gli incassi
che si generano dal possesso di attività finanziarie estere e i pagamenti relativi a passività
finanziarie verso non residenti;
— trasferimenti unilaterali correnti. Rappresentano la contropartita di cambiamento della
proprietà di risorse reali (beni, servizi e redditi) e attività finanziarie tra operatori residenti
e non residenti. Infine, i trasferimenti unilaterali correnti possono avere natura pubblica
o privata.
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Se il saldo del conto corrente risulta positivo significa che l’economia del paese in
questione è florida; infatti, in questo caso le esportazioni sono superiori alle importazioni e
ciò implica che il settore produttivo è competitivo cioè riesce a produrre e a vendere a prezzi
competitivi rispetto agli altri paesi. Al contrario un saldo negativo del conto corrente indica
la debolezza dell’apparato produttivo del paese considerato, che con le esportazioni non
riesce a coprire il volume delle importazioni dei beni e servizi.
Nel conto capitale trovano collocazione i trasferimenti unilaterali in conto capitale e le
cosiddette attività intangibili. I trasferimenti unilaterali in conto capitale includono i
trasferimenti di proprietà di beni capitali, i fondi collegati all’acquisto o alla vendita di beni
capitali e la remissione di debiti. Le attività intangibili sono i brevetti, i diritti d’autore e
l’avviamento commerciale; nel conto capitale vengono registrate le variazioni nella proprietà
di tali attività.
Un saldo attivo del conto capitale è indice della buona profittabilità degli investimenti nel
paese considerato. Al contrario nel caso in cui il saldo risulti passivo.
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Nel conto finanziario vengono registrati i movimenti di capitali distinti in:
— investimenti diretti, che attengono alle transazioni iniziali e successive fra gli investitori
e le imprese coinvolte dall’investimento. Ogni investimento diretto viene classificato a
seconda che si tratti di azioni, utili reinvestiti e altre transazioni;
— investimenti di portafoglio. In questa voce vengono registrate le operazioni tra residenti
e non residenti che riguardano titoli azionari e obbligazionari escluse quelle che vengono
registrate negli investimenti diretti e nella voce «derivati»;
— derivati, voce che comprende le transazioni relative a strumenti finanziari complessi, che
conferiscono al possessore il diritto o la facoltà di acquistare o vendere, ad una certa data,
gli strumenti finanziari principali (azioni, titoli di stato e indici di mercato) ai quali sono
collegati;
— altri investimenti. In tale voce sono inclusi i crediti commerciali, i prestiti, i depositi ecc.;
— variazione delle riserve ufficiali, sono costituite dalle attività in valuta diverse dall’euro
e che sono dotate di grande liquidità e commerciabilità.
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Se il saldo del conto finanziario è positivo significa che vi è nel paese una stabilità dei mercati
finanziari e ovviamente dell’economia. L’andamento dei mercati finanziari è, infatti, strettamente legato all’andamento dell’economia di un paese, se essa ha un trend positivo anche i
mercati finanziari la seguiranno. Un saldo negativo implica delle considerazioni opposte.
La voce errori ed omissioni è una voce residua che si riferisce, appunto, ad errori e ad
imprecisioni dovute al cambio tra la moneta dei diversi paesi, o a sfasamenti nella registrazione del conto corrente, del conto finanziario o ad omissioni legate al conto capitale
(mancata registrazione di movimenti di capitali).
Dal punto di vista contabile, la bilancia dei pagamenti presenta un saldo pari a zero, poiché
ogni qual volta vi sono squilibri tra conto corrente e conto capitale (oltre alla voce «errori ed
omissioni») questi danno luogo a variazioni delle riserve ufficiali di pari ammontare.
Dal punto di vista più strettamente economico è però importante tenere sotto controllo questi
squilibri: le informazioni contenute nella bilancia dei pagamenti sono quindi molto importanti
per le autorità di governo e di politica monetaria, ma anche per le banche, le imprese e in generale
tutti gli agenti economici che operano nel campo del commercio e della finanza internazionale.
Squilibri temporanei e non troppo rilevanti della bilancia dei pagamenti sono del tutto
normali per un paese; al contrario, la presenza di persistenti e talvolta cospicui disavanzi della
bilancia dei pagamenti può rappresentare un serio problema che influenza e condiziona anche
le scelte di politica economica da parte del governo.
4. I CAMBI ESTERI: CONCETTO E GENERALITÀ
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I rapporti economici internazionali implicano un problema particolare poiché ogni
nazione ha un proprio ordinamento monetario e le persone viventi in ciascun paese sono solite
compiere scambi di merci e di servizi servendosi della moneta corrente nel paese.
Pertanto, ogni soggetto di rapporti economici internazionali è vivamente interessato al
rapporto in cui la moneta nazionale dell’altro contraente si scambia con la moneta nazionale
propria, ossia al cambio.
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Il corso del cambio è dato dal rapporto con il quale la moneta d’un paese si scambia con
la moneta d’un altro paese.
Si verifica che l’entità del commercio con l’estero influenza il cambio e il livello del
cambio influisce, a sua volta, sull’entità del commercio con l’estero: tra cambio e commercio
internazionale esiste, quindi, interdipendenza.
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5. I MEZZI DI PAGAMENTO INTERNAZIONALI
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Per ogni atto di acquisto di merci prodotte all’estero o di servizi resi da stranieri, occorre
pagare il prezzo pattuito. I mezzi con i quali vengono effettuati tali pagamenti, ossia i mezzi
di pagamento internazionali, sono essenzialmente l’oro e le divise.
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L’oro L’oro è universalmente accettato come mezzo di pagamento in quanto possiede le seguenti caratteristiche:
Es
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— notevole valore intrinseco: da una parte, per la relativa scarsità e, dall’altra, per l’importanza sociale che per
secoli esso ha conferito a chi ne è in possesso;
— divisibilità economica: infatti, se si divide un pezzo d’oro in tante parti, la somma dei valori delle parti è uguale
al valore dell’intero pezzo;
— grado di scarsità non troppo elevato;
— omogeneità: qualunque sia il luogo e il tempo nei quali è stato prodotto, l’oro presenta le stesse caratteristiche
strutturali;
— inalterabilità e durata fisica nel tempo;
— relativa stabilità di valore;
— un valore relativamente alto rispetto al volume (e, quindi, agevole trasportabilità).
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Benché vi siano state sporadiche proposte volte a restituire una centralità all’oro nel sistema monetario
internazionale, così come avveniva nel sistema del gold standard e, in misura minore, nel gold exchange standard,
attualmente vige il totale sganciamento delle valute dall’oro.
Per quanto riguarda, i paesi che hanno adottato, l’euro, parte delle riserve auree delle BCN sono state conferite
alla BCE, responsabile della detenzione e della gestione delle riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri
e di tutte le operazioni valutarie, in particolare di eventuali interventi sui mercati dei cambi.
La BCE ha sottoscritto l’Accordo sull’oro tra le banche centrali (Central Bank Gold Agreement) concluso il
26 settembre 1999 da 15 banche centrali, fra cui quelle appartenenti all’Eurosistema in cui si afferma fra l’altro
che:
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— l’oro continuerà a costituire un elemento importante delle riserve monetarie mondiali;
— le istituzioni firmatarie si impegnano a non effettuare vendite sui mercati, ad eccezione delle vendite già
programmate;
— l’accordo sarà riveduto allo scadere dei cinque anni.
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Per quanto riguarda più specificamente l’Italia, la L. 17-1-2000, n. 7 ha sancito la fine del monopolio dell’oro
da parte dell’UIC ed esteso l’esercizio in via professionale del metallo alle banche ed a soggetti in possesso di
particolari requisiti. Il provvedimento assume notevole rilievo anche perché quello orafo è uno dei settori trainanti
dell’economia italiana. Basti pensare che l’Italia è il primo paese mondiale esportatore di oreficeria.
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Le divise e le valute estere Le divise sono titoli di credito in moneta straniera che costituiscono, entro certi
limiti, mezzi di pagamento internazionale più economici dell’oro.
La disponibilità delle divise sussiste allorché alcuni soggetti economici viventi in un paese, avendo venduto
merci e servizi a soggetti appartenenti ad un altro paese, sono creditori di questi.
Essi possono, perciò, spiccare tratte sui loro debitori per l’ammontare del credito vantato in moneta straniera;
queste tratte, una volta accettate dal trattario, costituiscono titoli esecutivi pagabili in moneta straniera. Tali tratte
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possono essere, poi, acquistate dai connazionali del traente e usate per pagare i loro creditori stranieri che siano
connazionali dei trattari accettanti.
Dalle divise si distinguono le valute estere, costituite dai biglietti e dalle monete emesse da un paese straniero.
Sia le divise che le valute sono oggetto di quotazioni giornaliere sul mercato dei cambi.
6. CAMBI LIBERI E CAMBI FISSI
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Nella sua evoluzione storica, il regime dei cambi ha sempre oscillato tra la volontà dei
governi di mantenere stabili i cambi tra le diverse nazioni (in modo da evitare eccessive
variazioni del tasso di cambio) e la realtà del mercato che impone giornalmente delle
variazioni che rispondono alle esigenze del sistema economico o allo stato delle aspettative
degli operatori finanziari.
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I cambi liberi Si hanno quando i cambi possono oscillare liberamente in base alla
domanda ed alla offerta di valuta.
In questo modo le oscillazioni del cambio e, quindi, del valore della moneta rispetto alle
valute estere, permettono di attuare automaticamente l’equilibrio della bilancia dei pagamenti.
Es
Infatti, in regime di cambi liberi, un deficit della bilancia dei pagamenti (che si registra quando le esportazioni
sono inferiori alle importazioni) si traduce in un aumento del prezzo della valuta estera in termini di moneta
nazionale, la quale subisce un deprezzamento. Ciò comporta una diminuzione delle importazioni, diventate più
costose, e un aumento delle esportazioni che, invece, sono più convenienti: si stabilisce, quindi, un automatico
riequilibrio della bilancia dei pagamenti.
In caso di surplus della bilancia dei pagamenti e di rivalutazione della moneta nazionale, funziona
teoricamente il procedimento inverso.
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Un sistema di cambi liberi comporta, però, l’impossibilità di essere a conoscenza da parte
degli operatori economici del futuro valore dei cambi e ciò può essere causa di freno
all’attività economica con l’estero.
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I cambi fissi Si hanno quando le autorità monetarie stabiliscono una quotazione (parità)
fissa del cambio della moneta rispetto alle valute estere. In tal caso, ogni volta che si verifichi
una discrepanza tra domanda ed offerta di valuta estera, derivante da uno squilibrio della
bilancia dei pagamenti, le autorità devono intervenire variando le riserve valutarie:
— vendendo valute estere (o oro) contro valuta nazionale, nel caso di deficit della bilancia
dei pagamenti;
— acquistando valuta estera (o oro) contro valuta nazionale, in caso di surplus.
Spesso, però, le autorità monetarie sono costrette a modificare il tasso di cambio mediante
svalutazione o rivalutazione della moneta nazionale, in quanto la gravità degli squilibri
richiede un impegno troppo gravoso per le riserve del paese.
Tale sistema presenta il vantaggio di offrire certezze agli operatori economici. Esso però
può provocare gravi distorsioni e, inoltre, può agevolare operazioni speculative.
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7. IL RIEQUILIBRIO DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI
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Nessun paese può tollerare che vi sia un persistente deficit della bilancia dei pagamenti,
in quanto si avrebbe un eccessivo deflusso di ricchezza nazionale verso l’estero, con notevoli
ripercussioni sul livello del reddito nazionale. Se non vi sono interventi diretti da parte delle
autorità centrali (come la svalutazione della moneta nazionale) potrebbero innescarsi
meccanismi automatici che porteranno ad un riequilibrio della bilancia dei pagamenti
attraverso le variazioni di tre variabili fondamentali che influenzano il commercio internazionale (il prezzo dei beni, il cambio ed il reddito nazionale) nonché le variazioni del saggio
d’interesse che influenza il movimento dei capitali.
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Variazioni del prezzo Se un paese presenta una bilancia dei pagamenti in attivo (le
esportazioni superano le importazioni) esso riceve dagli acquirenti esteri valuta come
pagamento dei beni esportati.
Se questa valuta viene convertita in moneta nazionale si ha un aumento della base
monetaria: infatti, un’eccedenza delle esportazioni sulle importazioni è uno dei canali di
creazione della base monetaria.
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Ma, secondo la teoria quantitativa, un aumento della moneta in circolazione ha ripercussione sui prezzi, che tendono ad aumentare. Gli effetti di tale aumento sono:
— una minore concorrenzialità delle merci di un paese sui mercati internazionali;
— una riduzione delle esportazioni;
— un aumento delle importazioni che, in definitiva riporta la bilancia dei pagamenti in
pareggio.
Un processo analogo, ma in senso contrario si verifica nel paese deficitario per effetto
della fuoriuscita iniziale di valuta e della susseguente contrazione della quantità di moneta
e del livello generale dei prezzi.
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Variazioni del cambio Un riequilibrio della bilancia dei pagamenti è ottenibile anche
attraverso variazioni del cambio tra due paesi. In questo caso il meccanismo è molto simile
a quello appena esposto: l’unica differenza è che in questo caso si hanno variazioni del cambio
e non dei prezzi interni.
Se un paese presenta un deficit della bilancia dei pagamenti dovrà provvedere a saldare
il suo debito richiedendo la valuta del paese di cui è creditore. Ma un aumento della
domanda di una moneta, a fronte di un’offerta immutata, ha come conseguenza una
rivalutazione della valuta esterna ed una svalutazione di quella del paese debitore. Questo
avrà come conseguenza una riduzione delle importazioni ed un aumento delle esportazioni
che, oltre a riportare il cambio in parità, indurrà anche ad un riequilibrio della bilancia dei
pagamenti.
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Variazioni del reddito La critica principale di KEYNES rispetto alla formulazione
tradizionale della teoria quantitativa della moneta, evidenziava come, in presenza di risorse
produttive inutilizzate, un aumento delle quantità di moneta in circolazione non comportava
necessariamente un aumento dei prezzi.
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Libro I: Nozioni di economia e politica monetaria
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Partendo da queste osservazioni gli economisti di ispirazione keynesiana proposero un
nuovo modello esplicativo del riequilibrio della bilancia dei pagamenti che tenesse conto dei
movimenti nel livello del reddito nazionale causati dal commercio con l’estero.
Infatti, un avanzo delle esportazioni di un paese che abbia una situazione diversa dal pieno
impiego, provoca un aumento della domanda esterna che determinerà un accrescimento
dell’occupazione e dei redditi corrisposti ai fattori produttivi nelle industrie esportatrici.
L’aumento del reddito in questo settore provocherà una maggiore domanda globale del paese
che sarà rivolta anche verso i prodotti esteri e, di conseguenza, si accresceranno le
importazioni.
Così, l’espandersi del reddito nazionale, provocato originariamente da un’esuberanza
delle esportazioni, comporterà un incremento di importazioni, ed assumerà una funzione
spontaneamente riequilibratrice della bilancia dei pagamenti.
Viceversa, in un paese nel quale sia sorta un’eccedenza delle importazioni sulle esportazioni, ha luogo una diminuzione del reddito nazionale con la conseguenza di una minore
domanda globale del paese considerato. La diminuzione della domanda provocherà una
riduzione delle importazioni e, quindi, anche in questo caso il movimento del reddito
assumerà una funzione riequilibratrice.
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Variazioni del saggio d’interesse Si è detto che una delle componenti della bilancia dei
pagamenti è costituita dalla bilancia dei movimenti di capitale in cui trovano posto i saldi
relativi agli investimenti finanziari ed a quelli diretti. Soprattutto i primi hanno assunto
un’importanza via via maggiore, a causa della sempre più stretta integrazione fra i mercati
finanziari. I movimenti di capitale finanziario sono stimolati, ovviamente, dal differenziale
nel rendimento dei titoli (oltre che dalle aspettative sulla futura rivalutazione della moneta
in cui si investe): se i tassi esterni sono più alti di quelli interni si avrà un deflusso di capitali;
il contrario, ovviamente, avverrà nel caso in cui i tassi interni sono più elevati di quelli
esteri.
Se vi è perfetta mobilità dei capitali, allora i tassi d’interesse interni dovranno essere
allineati a quelli esteri.
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8. IL MECCANISMO DEI PAGAMENTI INTERNAZIONALI
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Il meccanismo dei pagamenti internazionali è direttamente collegato al regime di cambio
di volta in volta adottato dalle autorità monetarie internazionali.
Fino alla conferenza di Bretton Woods, indetta nel 1944, il regime di cambio adottato nei
diversi paesi era direttamente legato al valore dell’oro contenuto in ciascuna valuta, ovvero
vigeva il meccanismo del gold standard.
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Gold standard In regime di gold standard ogni moneta aveva una sua parità metallica
fissa; il valore della moneta corrispondeva, cioè, ad una determinata quantità di oro stabilita
dalle autorità monetarie. La moneta cartacea in circolazione era convertibile, in qualunque
momento, in oro, per cui si rendeva necessaria la corrispondenza tra la quantità di biglietti di
banca in circolazione e le riserve di oro possedute dalla banca centrale.
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Con questo sistema di cambi, ancorato alla quantità di oro, il meccanismo di aggiustamento automatico dei cambi era assicurato dallo scostamento entro i punti dell’oro; dunque esso
risultava essere un regime a cambi fissi.
Dopo la prima guerra mondiale molte nazioni trovarono difficoltà a garantire una diretta
corrispondenza tra la quantità di oro detenuta e la quantità di banconote in circolazione a causa
dell’eccessiva emissione di denaro per il finanziamento delle spese belliche.
Un altro fattore di crisi del sistema del gold standard era dato dalla scarsità di oro in
circolazione, che non riusciva a pareggiare le esigenze del sistema economico.
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Gold exchange standard Negli anni venti, perdurando la scarsità d’oro, alcuni paesi
posero a copertura dei loro biglietti di banca non soltanto l’oro, ma anche riserve composte
da sterline e dollari, dando vita al cosiddetto gold exchange standard. Tuttavia, già nel 1931
l’Inghilterra fu costretta ad abbandonare la convertibilità in oro della sterlina, mentre nel 1934
gli Stati Uniti definirono una parità del dollaro in oro inferiore.
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Bretton Woods Verso la fine della seconda guerra mondiale fu convocata a Bretton
Woods una conferenza monetaria e finanziaria internazionale.
In questa sede fu decisa la creazione del FMI (Fondo monetario internazionale) che aveva
funzioni di vigilanza monetaria e l’incarico di finanziare gli Stati membri che avessero avuto
degli squilibri della bilancia dei pagamenti.
Inoltre, a Bretton Woods fu deciso che ogni moneta dovesse esprimere la propria parità
centrale soltanto verso il dollaro, che rimaneva l’unica moneta ancorata ad una parità rispetto
all’oro; con questo sistema si formalizzò quello che era ormai un dato di fatto: la funzione
centrale, cioè, che la moneta statunitense aveva assunto nella regolazione degli scambi
internazionali.
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Dopo Bretton Woods Il regime di cambi fissi ha dominato la scena per circa un quarto
di secolo, ossia dalla conferenza di Bretton Woods all’agosto del 1971, quando gli USA
decisero di abbandonare la convertibilità del dollaro in oro.
In seguito al fallimento del meccanismo ideato a Bretton Woods i cambi da fissi sono
diventati per lo più fluttuanti.
In verità, i paesi dell’Europa occidentale hanno tentato a più riprese di stabilizzare almeno
i tassi di cambio tra le rispettive monete.
All’inizio del 1979 questi tentativi approdarono alla costituzione di un Sistema monetario
europeo (SME).
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9. IL SISTEMA MONETARIO EUROPEO
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Dopo il fallimento del sistema di Bretton Woods e l’instabilità monetaria che si era venuta
a creare attorno agli anni Settanta, i paesi europei si resero conto della necessità di dotarsi di
strumenti idonei a tenere sotto controllo le fluttuazioni del mercato dei cambi. Un primo
tentativo in questa direzione venne fatto nel 1972 con l’istituzione di quello che venne poi
definito con il termine di serpente monetario: si trattava, nella sostanza, di un sistema di
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cambi semifissi che però ebbe vita breve.
Anche il ritorno ad un sistema di cambi flessibili non fu meno difficoltoso poiché
determinò seri problemi di instabilità dei tassi di cambio altrettanto dannosi per la ripresa e
lo sviluppo economico. Per questa ragione, passate le fasi più difficili della crisi economica,
i paesi europei si accordarono nuovamente dando vita, nel 1978, al Sistema Monetario
Europeo (SME).
Il punto di partenza dello SME era l’ECU (European Currency Unit — unità di conto
europea), costituito da un paniere di monete europee a ciascuna delle quali era assegnato un
peso in base alla diversa importanza economica dei singoli paesi: così, ad esempio, il franco
belga o il fiorino olandese avevano un peso inferiore rispetto alla lira e quest’ultima rispetto
al marco tedesco.
Oltre ad essere la moneta con cui le banche centrali dei paesi aderenti allo SME regolavano
i loro debiti e i loro crediti, l’ECU rappresentava un punto di riferimento comune per i singoli
paesi. Infatti, ogni moneta aveva definito la propria parità centrale rispetto all’ECU e, di
conseguenza, rispetto alle altre monete europee.
Una volta definite queste parità centrali, i paesi membri erano tenuti a difenderle entro
un margine di oscillazione; in origine questo margine era differenziato: per le monete più forti
si ammettevano variazioni del tasso di cambio (all’insù o all’ingiù) al massimo del 2,25%
mentre per le monete più deboli (fra cui la lira) la banda di oscillazione era più ampia (6%
sopra o sotto la parità); nel 1993 la banda di oscillazione è stata infine portata al 15%.
Quando la parità di una moneta non era più sostenibile (ovvero quando la Banca centrale
non era più in grado di contenere le fluttuazioni di un tasso di cambio entro i margini di
oscillazione), le autorità monetarie del Paese la cui moneta era «sotto pressione» potevano
chiedere un riallineamento delle parità bilaterali: in sostanza, si procedeva ad una svalutazione (o rivalutazione, a seconda dei casi) della moneta.
Affinché un sistema di cambi fissi possa mantenersi nel tempo, è essenziale che le
politiche economiche dei diversi paesi, e in particolare la politica monetaria e la gestione del
tasso di interesse, siano sostanzialmente simili o coordinate. Se così non è, si vengono a creare
differenze nei tassi di interesse o nei tassi di inflazione dei vari paesi europei le quali
comportano spostamenti notevoli nei flussi di capitale e provocano oscillazioni dei tassi di
cambio, rendendo necessario un continuo intervento da parte delle banche centrali per cercare
di mantenere la parità.
Tra il 1992 e il 1993, anche lo SME è entrato in una fase di profonda crisi e, seppure
formalmente operante, risultava notevolmente ridimensionato rispetto agli originari obiettivi.
L’esperienza dello SME è comunque terminata con l’adozione della moneta unica
europea (euro) a partire dal 1° gennaio 1999 (data in cui è partita la terza e conclusiva fase
dell’Unione Economica e Monetaria).
A partire dal 1° gennaio 1999 non solo l’euro ha sostituito l’ECU, ma non ha più ragione
d’essere un meccanismo di stabilizzazione dei cambi tra i paesi europei coinvolti.
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Lo SME-2 Il problema della stabilità monetaria si è posto per le monete degli Stati che
non partecipano alla moneta unica, ma che comunque devono garantire una stabilità nel
tempo e rispettare il vincolo della permanenza nello SME per almeno due anni per poter
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Capitolo V: I pagamenti internazionali ed i cambi esteri
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partecipare in futuro all’euro. Per questi motivi nel corso del 1996 furono presentate alcune
proposte per l’istituzione di un meccanismo di cambio tra l’euro e le monete degli Stati non
partecipanti (i cosiddetti paesi outs): lo SME-2.
Il nuovo accordo di cambio, definitivamente approvato nel corso del vertice europeo di
Amsterdam del 16 giugno 1997, ha lo scopo di evitare che le monete non partecipanti all’euro
possano deprezzarsi svantaggiando indirettamente le altre economie, nonché di favorire il
loro graduale avvicinamento alla moneta unica.
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In particolare l’accordo ha stabilito, a partire dal 1999:
— la fissazione di tassi di cambio delle monete non partecipanti rispetto all’euro, con una
banda di oscillazione pari a ± 15%. Tra le monete escluse possono essere stabiliti margini
di oscillazione più ristretti;
— per poter partecipare allo SME-2 (partecipazione che avviene su base volontaria) è
necessario un accordo tra i ministri degli Stati partecipanti all’euro, i ministri e i
governatori degli Stati non partecipanti e la Banca Centrale Europea.
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In definitiva per quanto riguarda i rapporti fra l’euro e le altre valute bisogna distinguere fra:
— monete degli Stati non appartenenti alla Comunità Europea (dollaro americano, yen
giapponese ecc.), in questi casi l’euro (e con esso le monete nazionali europee) fluttuano
liberamente (cambi flessibili);
— monete degli Stati che, benché appartenenti alla Comunità, non partecipano all’euro
(sterlina inglese, corona danese e corona svedese); è solo rispetto a queste monete che può
applicarsi lo SME-2 (regime di cambi amministrati).
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