I farmaci ipolipidemizzanti nel diabete

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Editoriale
Enzo Manzato
Il Giornale di AMD 2010;13:104-106
I farmaci ipolipidemizzanti
nel diabete
Enzo Manzato
[email protected]
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche
Università di Padova
Parole chiave: diabete, aterosclerosi, colesterolo,
trigliceridi, lipoproteine
Key words: diabetes, atherosclerosis, cholesterol,
triglycerides, lipoproteins
Il Giornale di AMD, 2010;13:104-106
Riassunto
L’uso dei farmaci ipolipidemizzanti anche nei pazienti diabetici va proporzionato all’entità del rischio cardiovascolare. Le
statine riducono gli eventi vascolari attraverso la riduzione del
colesterolo (o grazie a supposti loro effetti pleiotropici). Assieme
alle statine la riduzione dell’assorbimento intestinale del colesterolo con ezetimibe è oggi di grande aiuto nel migliorare il
raggiungimento degli obiettivi terapeutici in pazienti a rischio
particolarmente alto come sono i diabetici. Ulteriori possibilità
terapeutiche sono offerte dall’uso dell’acido nicotinico, che riduce le LDL ed i trigliceridi, incrementa le HDL e riduce Lp(a).
L’uso dell’acido nicotinico è però limitato dal flushing cutaneo
che può oggi essere controllato con l’uso associato di laropiprant,
un antagonista selettivo del recettore 1 della prostaglandina D2.
Summary
Hypolipidemic drugs should be used in diabetic patients according to
their cardiovascular risk. Statins reduce vascular events due to their hypocholesterolemic effect (or to their supposed pleiotropic effects). Ezetimibe may
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improve the cholesterol reduction obtained with statins in patients at high
vascular risk like the diabetic patients. Nicotinic acid may further improve
the lipoprotein distribution through a reduction of LDL and triglycerides,
an increase of HDL and a reduction of Lp(a). Flushing is a side effect of
nicotinic acid which can be controlled with laropiprant, a selective antagonist of the prostaglandin D2 receptor 1.
Il diabete mellito è un importante fattore di rischio
per lo sviluppo e la progressione della malattia cardiovascolare, con un processo aterosclerotico che può interessare i distretti cerebrale, coronarico, aortico e degli arti inferiori. La dislipidemia diabetica ha un ruolo
rilevante nel concorrere a determinare un’accelerata
aterosclerosi ed è spesso presente già all’esordio della
malattia diabetica. La dislipidemia associata al diabete
di tipo 2 è caratterizzata da aumentati trigliceridi plasmatici, bassi livelli di colesterolo delle lipoproteine ad
elevata densità o HDL, e da livelli di colesterolo delle
lipoproteine a bassa densità o LDL non necessariamente
aumentati rispetto ai soggetti non diabetici. Nel diabete
si configura quindi il quadro caratterizzato da un profilo
lipidico tipico anche della iperlipidemia familiare combinata e della sindrome metabolica.
Gli studi epidemiologici hanno rilevato che nei diabetici di tipo 2 i valori lipidici sono dei predittori degli
eventi vascolari (1). Vi è infatti una relazione positiva
tra colesterolo totale e colesterolo LDL ed eventi coronarici; inoltre, è chiaro che il colesterolo HDL costituisce un fattore protettivo nei confronti di tali eventi. In
maniera discordante rispetto alle popolazioni non diabetiche, nei diabetici assumono un ruolo significativo di
fattore di rischio vascolare anche i valori dei trigliceridi
(2).
La terapia ipolipemizzante nei pazienti diabetici non
può prescindere da adeguate misure volte al controllo
del peso corporeo, all’incremento dell’attività fisica, alla
riduzione della quota di grassi saturi e di zuccheri semplici, ponendosi come obbiettivo non solo la riduzione
del colesterolo delle LDL, ma anche dei livelli di trigliceridi, con un aumento delle HDL (3,4).
Non vi è dubbio che per ottenere una riduzione
della colesterolemia è necessario iniziare con modifica-
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zioni degli stili di vita ed in particolare delle abitudini
ali­mentari. A tal proposito va tenuto presente che ottenere una diminuzione della colesterolemia del 10%
deve essere considerato un successo dell’intervento
dietetico e che non si può colpevolizzare inutilmente
un paziente nel caso ciò non si verifichi. Diverso è il
discorso per le ipertrigliceridemie dove molto spesso
l’abolizione dell’alcol o la semplice restrizione calorica
ottengono risultati eclatanti. Ben più difficile è ottenere
un incremento del colesterolo HDL attraverso le modificazioni degli stili di vita, perché viene richiesta una
modificazione (del peso e dell’attività fisica in particolare) costante, significativa e prolungata nel tempo.
Il trattamento farmacologico (in particolare l’uso
delle statine) nel diabete ha dimostrato di ottenere una
riduzione degli eventi cardiovascolari, anche se non bisogna dimenticare che i soggetti diabetici trattati rispetto ai non diabetici presentano un rischio cardiovascolare residuo tale da lasciare comunque questi pazienti
nella categoria ad elevato rischio cardiovascolare (5,6).
I farmaci ipolipemizzanti che hanno dimostrato di
poter ridurre gli eventi vascolari nei pazienti diabetici
sono le statine, l’acido nicotinico ed in parte i fibrati
(5,6,8-10). Le statine costituiscono oggi la classe di farmaci con la più efficace azione sulla riduzione del colesterolo delle LDL. L’efficacia delle diverse statine sulla
riduzione del colesterolo delle LDL è diversa: la fluvastatina a 40 mg, la lovastatina a 10–20 mg, la pravastatina a 20–40 mg, e la simvastatina a 10 mg riducono il
colesterolo LDL del 20–30%; la atorvastatina alla dose
giornaliera di 10 mg, la fluvastatina a 80 mg, la lovastatina a 40–80 mg e la simvastatina a 20 mg lo riducono
di circa un 30–40% (7). Le uniche statine che siano in
grado di ridurre il colesterolo LDL per più del 40% sono
rosuvastatina e atorvastatina al dosaggio giornaliero di
20 mg o più. E’ noto che con un raddoppio della dose di
statina si ottiene un ulteriore calo delle LDL di circa un
6%. Va ricordato inoltre che l’uso delle statine si associa
in genere con un modesto incremento del colesterolo
delle HDL ed una modesta riduzione della trigliceridemia.
Confrontando le diverse molecole di fibrati gli studi hanno dimostrato che non ci sono molte differenze
nell’effetto sui livelli di trigliceridi, con una riduzione
compresa tra 30% e 50%. Diverso invece è l’effetto sul
colesterolo delle HDL, con un aumento compreso tra
2% e 15%, con l’efficacia massima raggiunta dal fenofibrato.
Nei pazienti con segni clinici di malattia cardiovascolare, colesterolo LDL ancora sopra gli obiettivi, elevati trigliceridi e basse HDL può rendersi necessaria una
terapia di combinazione associando le statine ad altri
farmaci ipolipemizzanti per ottenere il raggiungimento
degli obiettivi dei valori lipidici.
Abbastanza recentemente è stato introdotto
nell’uso clinico un inibitore selettivo dell’assorbimento
intestinale del colesterolo, l’ezetimibe, il cui bersaglio
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principale è la proteina di membrana NPC1L1 (11). Il
farmaco viene rapidamente assorbito dalle cellule della mucosa intestinale, nelle quali va incontro ad un
importante processo di glucuronazione. La monoterapia con ezetimibe ottiene una riduzione media della
colesterolemia LDL del 15-20% al dosaggio di 10 mg al
giorno, con un ottimo profilo di tollerabilità. Tuttavia
l’ezetimibe promuove la sintesi di colesterolo epatico,
come effetto compensatorio, per cui la associazione
con una statina ne aumenta l’efficacia terapeutica permettendo di raggiungere più facilmente gli obiettivi
della terapia ipocolesterolemizzante. La doppia inibizione della sintesi epatica di colesterolo con una statina e dell’assorbimento intestinale di colesterolo con
ezetimibe produce un effetto ipocolesterolemizzante
altrimenti ottenibile solo con dosi elevate di alcune
statine e con un maggior rischio di effetti collaterali.
La consapevolezza che, nonostante una ottimale
riduzione del colesterolo LDL grazie all’uso delle statine, permanga ancora una significativa probabilità di
andare incontro ad eventi cardiovascolari ha stimolato
la ricerca di interventi terapeutici (anche farmacologici)
che ulteriormente modificando il metabolismo lipidico
siano in grado di meglio controllare l’evoluzione della
patologia vascolare aterosclerotica. Tra i farmaci modulatori dei lipidi oggetto di tali ricerche vi sono senz’altro
quelli in grado di incrementare il colesterolo delle HDL.
L’acido nicotinico o niacina è una molecola usata nella
terapia delle dislipidemie fin dagli anni ‘50. L’acido nicotinico riduce i livelli di trigliceridi, il colesterolo delle
LDL e i livelli di lipoproteina(a) ed aumenta il colesterolo delle HDL. L’acido nicotinico si è dimostrato in grado
di modificare utilmente anche la stessa patologia aterosclerotica cardiovascolare (12-15).
L’uso dell’acido nicotinico è stato finora limitato dal
suo principale effetto collaterale, che consiste nella vasodilatazione cutanea con arrossamento, in particolare del tronco e del viso. Una nuova molecola, il laropiprant, un antagonista selettivo del recettore 1 della
prostaglandina D2, riduce specificamente questo effetto
collaterale dell’acido nicotinico e ne rende quindi possibile l’uso a dosaggi efficaci (2 grammi al giorno) come
modulatore dei lipidi e con buona tollerabilità (16-18).
Espresso soprattutto nel tessuto adiposo, nella milza
e nei monociti/macrofagi è stato identificato un recettore accoppiato alla proteina G a cui l’acido nicotinico
si lega con alta affinità. L’attivazione di questo recettore inibisce la lipolisi nel tessuto adiposo riducendo la
disponibilità di acidi grassi non esterificati, che sono i
precursori della sintesi epatica di trigliceridi, riducendo quindi la produzione epatica di lipoproteine ricche
in trigliceridi o VLDL e i livelli di trigliceridi circolanti
del 20-50%. Un ulteriore effetto dell’acido nicotinico
sta nella inibizione dell’attività della diacilglicerolo-aciltransferasi-2, un enzima microsomiale degli epatociti
con un ruolo chiave nella sintesi dei trigliceridi. L’acido
nicotinico aumenta la degradazione epatica dell’apo-
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proteina B e diminuisce il numero in circolo delle VLDL
disponibili per la conversione in LDL, ottenendo così
anche una riduzione del colesterolo delle LDL del 2030%. È stato inoltre dimostrato che l’acido nicotinico
stimola il trasferimento del colesterolo mediato dalla
proteina ABCA1 (ATP-binding cassette transporter A1)
dai macrofagi alle HDL, attivando il trasporto inverso
del colesterolo.
L’acido nicotinico è il farmaco oggi disponibile più
efficace nell’aumentare i livelli del colesterolo delle
HDL, in particolare la sottofrazione delle HDL più grandi, le cosiddette HDL2, con un range che va dal 15% al
35%. L’acido nicotinico infine è l’unico farmaco ipolipidemizzante in grado di ridurre i livelli di lipoproteina(a)
del 20-30%. L’acido nicotinico può provocare effetti
collaterali quali l’aumento delle transaminasi, l’aumento della glicemia per riduzione della sensibilità all’insulina e l’aumento dell’acido urico (18).
Conclusioni
Per la prevenzione cardiovascolare nel soggetto
diabetico vanno presi in considerazioni tutti i fattori di
rischio, tenendo peraltro conto non solo che un ruolo
rilevante nel determinare un’accelerata aterosclerosi è
svolto dalla dislipidemia diabetica ma anche che una
adeguata correzione di questa dislipidemia può ottenere importanti benefici sul piano degli eventi cardiovascolari. Le linee guida per la prevenzione della complicanze vascolari nei soggetti diabetici suggeriscono
di mantenere un colesterolo LDL almeno inferiore a
100 mg/dl, i trigliceridi al di sotto di 150 mg/dl ed il
colesterolo HDL sopra 40-50 mg/dl. Oggi questi obiettivi terapeutici sembrano più facilmente raggiungibili
grazie anche ai recenti progressi della terapia farmacologica.
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