Notizie sulla Guerra d` Indipendenza Americana

Guerra di Indipendenza Americana
Per Guerra di indipendenza americana (o Rivoluzione americana) si intende l'insieme di eventi che per
vent'anni, fra il 1763 e il 1783, vide su fronti opposti la Gran Bretagna e le sue tredici colonie dislocate sulla
costa atlantica dell'America del Nord, a sud del Canada. Alla base del conflitto - che portò il 4 luglio 1776
alla dichiarazione di indipendenza e all'incarico a George Washington di costituire un esercito regolare - vi
erano motivi di ordine economico, politico e militare.
Motivi della rivoluzione
Uno dei sostegni della prosperità dell'impero inglese era il commercio con le colonie nordamericane, dalle
quali la madrepatria importava materie prime a basso costo e dove esportava manufatti, arricchiti da un
alto contenuto di lavoro. Alle colonie era preclusa ogni prospettiva di sviluppo industriale autonomo. Una
legge del 1750 vietava alle colonie di costruire laminatoi, fonderie, acciaierie e in generale fabbriche adibite
alla siderurgia. Fra le tredici colonie atlantiche, sussistevano però anche profondi motivi di divisione. Le
differenze di prospettiva nascevano da differenze strutturali. Da questo punto di vista, le colonie possono
essere distinte in tre gruppi:
nelle quattro colonie del Nord che costituivano la Nuova Inghilterra (New Hampshire, Massachusetts,
Rhode lsland, Connecticut) prevalevano le attività commerciali e industriali: segherie, lavorazione del pesce
conservato fornito dalla pesca molto abbondante, cantieri navali; qui la vita culturale e gli interessi politici
erano particolarmente vivaci, sicché la Nuova Inghilterra ebbe un peso determinante nello svolgimento
della storia americana. nelle quattro colonie del Centro (New York, Pennsylvania, New Jersey, Delaware)
l'attività era molto varia: aziende contadine di modeste proporzioni, attività commerciali riguardanti
soprattutto le pellicce; i coloni di origine inglese costituivano il gruppo più numeroso della popolazione, ma
erano in minoranza rispetto agli Olandesi, Svedesi e Tedeschi presi nel loro complesso.
nelle cinque colonie del Sud (Maryland, Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud, Georgia), nettamente
differenziate da quelle del Nord e del Centro, prevalevano le attività agricole: canna da zucchero, tabacco,
riso e, più tardi, cotone, coltivati in grandi piantagioni con massiccio impiego di schiavi neri, erano le
maggiori fonti di ricchezza del Sud.
Londra esigeva che i sudditi d'America contribuissero al pagamento delle spese dell'impero, ribadiva il
monopolio e il divieto a uno sviluppo industriale autonomo delle colonie e si preoccupava, com'era ovvio,
non tanto dei loro particolari interessi, quanto degli interessi globali dell'impero, ma né da una parte né
dall'altra esisteva una aperta volontà di scontro. Se si giunse alla completa rottura fra le colonie e la
madrepatria, alla dichiarazione d'indipendenza e alla guerra, è perché agivano ragioni profonde e oggettive
da individuare come cause reali della rivoluzione americana però le colonie non si sarebbero potute
sviluppare sino a diventare il primo nucleo degli Stati Uniti d'America, se fossero rimaste inquadrate e
soffocate nell'organizzazione imperiale inglese.
Fin dal 1743, Benjamin Franklin aveva proposto d'inventariare le risorse agricole, minerali, industriali che la
scienza avrebbe permesso di mettere a buon frutto. George Washington per quanto appartenente a una
famiglia di ricchi proprietari di piantagioni della Virginia, aveva esperienza sufficiente per ragionare non nei
termini provinciali del profondo Sud, ma secondo prospettive globali di sviluppo. La guerra dei sette anni
aveva posto fine alla dominazione francese sui territori americani, cosicché i coloni non avevano più quel
bisogno di protezione che era stato uno dei principali motivi di attaccamento alla patria di origine. Ciò li
rendeva più insofferenti dei privilegi che l'Inghilterra si era riservati, che risultavano tanto più odiosi in
quanto la cultura illuministica diffusasi anche oltreoceano, denunciava l’assurdità delle restrizioni frapposte
alla libertà di commercio.
La conclusione della guerra fu per i coloni un'amara delusione: essi si aspettavano che la Louisiana fosse
aperta alla loro libera espansione, mentre una disposizione regia precluse immediatamente questa
possibilità dichiarando che le terre di recente conquista appartenevano all'impero. A ciò si aggiunsero
molteplici iniziative del Parlamento, intese, come abbiamo detto, a imporre anche ai coloni l'obbligo di
contribuire alle spese dell'impero. Si trattava di imposte indirette su generi che, avevano per gli Americani
un'importanza non trascurabile. Le dogane percepite dal governo inglese non erano sufficienti a pagare le
spese dei corpi militari e dei funzionari stanziati in America. D'altra parte i coloni erano abituati a pagare
soltanto le imposte locali. Nel 1765 il governo inglese volle estendere alle colonie una tassa del bollo, già in
vigore nella madrepatria, per la quale ogni uso della carta, nei giornali, nei documenti commerciali, negli
atti legali, eccetera, era sottoposto a un tributo, che veniva pagato mediante l'apposizione di un bollo.
Poiché il consenso dei contribuenti nella determinazione delle imposte era uno dei cardini tradizionali della
libertà inglese, i coloni si rifiutarono di ottemperare alla legge e posero l'alternativa o di poter inviare i
propri rappresentanti in Parlamento, o di essere esonerati da ogni tassa non approvata dai loro
rappresentanti.
Di fronte alla protesta dei coloni, la legge sul bollo fu abrogata, ma fu sostituita con una serie di imposte
indirette su alcune merci (carta, vernici, piombo, tè), che le colonie importavano dall'Inghilterra. La portata
economica di questi provvedimenti era molto limitata, ma con essi il Parlamento intendeva porre una
questione di principio, facendo valere concretamente il suo diritto di tassare tutti i sudditi dell'impero. I
coloni non accettarono l'impostazione del Parlamento e la questione di principio rimase irrisolta, nel 1770
le imposte indirette furono tutte abolite, salvo quella sul tè.
Le prime avvisaglie
Nel 1773 la Compagnia Britannica delle Indie Orientali ottenne dal Parlamento il diritto di vendere in
esclusiva e mediante i suoi stessi agenti il tè ch'essa importava dalla Cina, tagliando fuori gli intermediari
americani che avevano fino allora goduto di un ampio e fruttuoso giro di affari.
I commercianti americani di tè, sostenuti dall'opinione pubblica e dalle organizzazioni popolari dei Figli
della libertà, organizzarono di rimando il boicottaggio delle merci inglesi.
Un boicottaggio che culminò in un episodio particolarmente clamoroso che scatenò la fase acuta del
conflitto: lo scontro fra i coloni americani e le truppe britanniche, specialmente nelle strade della città di
Boston (intorno a quella linea rossa - la red line - che ancor oggi ricorda quegli eventi), fu inevitabile.
La rivolta di quello che è ricordato come "Boston Tea Party" (dicembre 1773), ebbe inizio con l'assalto di un
gruppo di coloni mascherati da indiani ad una nave della Compagnia alla fonda nel porto di Boston, carica di
tè; intendevano protestare contro nuove gabelle ritenute ingiuste. Al grido di Niente tasse senza una
rappresentanza politica una ventina di balle di tè furono gettate a mare. Il moto insurrezionale si concluse
nel sangue, con la morte di una decina di civili, ma segnava un chiaro punto di svolta.
Il governo di Londra bloccò il porto dì Boston e tentò di privare il Massachusetts di ogni autonomia
amministrativa inviando sul posto un gruppo di funzionari inglesi, nominati dal re. In tale situazione, già
molto tesa, subentrò una nuova decisiva ragione di conflitto quando, nel 1774, il Parlamento approvò il
Quebec Act (Legge di Quebec) che assicurava ai sudditi del Canada, di nazionalità francese e di recente
acquisizione, la più ampia libertà religiosa e civile e assegnava al Canada tutti i territori a nord del fiume
Ohio, nei quali i sudditi delle tredici vecchie colonie aspiravano ad espandersi.
Il Quebec Act, subito definito intolerable Act (Legge intollerabile) accelerò il processo di ribellione ormai in
corso. Nelle colonie meridionali i grandi proprietari terrieri, i mercanti, i ricchi professionisti consideravano
il governo inglese come garante della conservazione sociale, ma, specie nel Nord, i lavoratori, il popolo
minuto, i piccoli agricoltori e gli uomini di frontiera abbracciarono la tesi dell'indipendenza. Ciò nondimeno,
un Congresso continentale riunitosi a Philadelphia nell'autunno del 1774, al quale parteciparono i delegati
di tutte le colonie eccetto la Georgia, si limitò a rivendicare l'autonomia amministrativa dei coloni e votò il
boicottaggio sistematico delle merci inglesi, da imporre con la forza anche a quegli Americani che non
l'avessero praticato spontaneamente.
Di secessione, per il momento, non si parlava ancora, anzi Franklin, che si trovava in Inghilterra per tentare
una ragionevole transazione, collaborava alla stesura di un progetto che prevedeva la costituzione di un
impero federale, in cui i singoli paesi avrebbero goduto di larga autonomia pur rimanendo uniti nella
persona del re. La tensione determinata dal boicottaggio costituiva un terreno propiziò al nascere di
incidenti atti a far precipitare la situazione. Nell'aprile del 1775, in occasione di un ordine di confisca di armi
impartito dal comandante militare britannico di Boston, si verificò a Lexington una sparatoria fra i patrioti
americani e le truppe inglesi, dalla quale ebbe inizio la guerra civile.
Guerra d'indipendenza
Anche se nel maggio del 1776 gli insorti riuscirono a costringere gli Inglesi a sgomberare Boston, le loro
truppe erano improvvisate e poco numerose, mancavano di equipaggiamento e di istruzione militare,
inoltre una minoranza significativa della popolazione rimaneva fedele al governo di Londra, sicché la guerra
non era rivolta solo contro un nemico esterno, ma assumeva anche il carattere di una guerra civile in senso
stretto. La speranza dei coloni di ottenere l'appoggio delle popolazioni francesi del Canada fu delusa, ma
l'opinione pubblica internazionale progressista appoggiava la causa dei ribelli. L'appoggio dell'opinione
pubblica europea alla rivoluzione alimentò un certo flusso di volontari i quali, come il francese marchese di
La Fayette, andavano a battersi per la libertà dei coloni, ma in seguito tale appoggio contribuì a facilitare
l'intervento della Francia e di altri stati a fianco degli insorti, anche se i governi si muovevano per ben altri
motivi che non quelli ideali.
Mentre Franklin sì recava in Francia per ottenere aiuti concreti, la responsabilità di organizzare i ribelli era
affidata a George Washington. Nell'ottobre del 1777 una colonna inglese proveniente dal Canada, che
procedeva lungo il fiume Hudson con l'intenzione di accerchiare e isolare gli Stati del Nord, fu battuta a
Saratoga: tale successo non avrebbe potuto evitare la sconfitta finale cui gli insorti erano votati per la loro
inferiorità di mezzi, ma divenne decisivo in quanto dimostrò che gli Americani erano abbastanza risoluti
perché i governi europei se ne potessero fidare. La Francia, che da tempo li sosteneva con l'invio di armi, di
munizioni e di danaro e che attendeva solo l'occasione propizia per vendicare la sconfitta subita nella
guerra dei sette anni, si decise ad intervenire direttamente contro l'Inghilterra (febbraio 1778), seguita
l'anno successivo anche dalla Spagna.
L'intervento della Francia mutò profondamente le sorti della guerra, che divampa ormai anche nel
Mediterraneo, sulle coste dell'Africa e in India. Nel 1780 la situazione della Gran Bretagna divenne anche
più pericolosa, perché non solo essa aveva dichiarato guerra all'Olanda che forniva il suo appoggio agli
insorti, ma pretendeva di ispezionare le navi dei Paesi neutrali per accertare che essi non rifornissero gli
Americani. Questo modo di procedere determinò la reazione di Caterina II di Russia, che rivendicò piena
libertà di navigazione sui mari e promosse una Lega dei Neutri (1781) ostile all'Inghilterra. Alla Lega
aderirono la Danimarca, la Svezia, la Prussia, l'Austria e il Portogallo.
In America: le truppe inglesi bloccate nella penisola di Yarktown dal corpo di spedizione francese e
dall'esercito americano, dovettero capitolare (ottobre 1781). Gli Inglesi stipularono pertanto con gli
Americani e con i loro alleati la Pace di Versailles (3 settembre del 1783) con la quale l'Inghilterra
riconosceva la piena indipendenza degli Stati Uniti e restituiva alla Spagna Minorca e la Florida; la Francia
recuperava alcune delle Antille, in America, e il Senegal, sulle coste dell'Africa occidentale.
Le conseguenze della rivoluzione americana
In Inghilterra, lo scacco subito costrinse Giorgio III a rinunciare al tentativo di far prevalere le prerogative
della corona a scapito del Parlamento. Dopo che anche il Canada era riuscito ad ottenere dalla Gran
Bretagna il diritto all'autogoverno, il processo di emancipazione - sospinto dall'esito della Rivoluzione
Francese - si estese a macchia d'olio. Nell'America Latina, l'esempio statunitense e la presenza concreta
degli Stati Uniti posero le premesse per il movimento indipendentistico che si sviluppò nei primi decenni
dell'Ottocento. Nel 1810, con il coinvolgimento della Spagna nelle Guerre napoleoniche, le colonie spagnole
nelle Americhe cominciarono anch'esse a lottare per l'indipendenza: nello stesso anno il Messico insorse
contro la Spagna, riuscendo però ad ottenere l'indipendenza solo nel 1821. In Francia, la monarchia dei
Borbone aveva contribuito ad innescare un processo di enormi proporzioni che l'avrebbe presto travolta.
Non solo, infatti, le spese sostenute nella guerra accentuarono le difficoltà del bilancio francese, ma la
rivoluzione americana, ispirata a principi democratici illuministici, aveva dato la prova concreta che la
sovranità popolare e il diritto-dovere di resistere a un governo vessatorio non erano semplici utopie dei
filosofi, ma potevano tradursi in realtà come di lì a poco avrebbe confermato la rivoluzione francese. Le
tredici colonie della costa atlantica, conquistando l'indipendenza, prepararono il terreno per
quell'esplosione produttiva del capitalismo che in un secolo e mezzo portò gli Stati Uniti ad affermarsi come
la più grande potenza industriale e imperialistica del mondo.