Guerra di Indipendenza Americana

Guerra di Indipendenza Americana
Per Guerra di indipendenza americana (o Rivoluzione americana) si intende
l'insieme di eventi che per vent'anni, fra il 1763 e il 1783, vide su fronti
opposti la Gran Bretagna e le sue tredici colonie dislocate sulla costa atlantica
dell'America del Nord, a sud del Canada. Alla base del conflitto - che portò il 4
luglio 1776 alla dichiarazione di indipendenza e all'incarico a George
Washington di costituire un esercito regolare - vi erano motivi di ordine
economico, politico e militare.
Con la rivoluzione americana, le tredici colonie inglesi dell'America del
Nord si trasformano in uno Stato indipendente, repubblicano e federale,
fondato sulla sovranità popolare e sui diritti “inalienabili” dell'uomo alla “vita,
alla libertà e alla ricerca della felicità”.
La Dichiarazione di Indipendenza (redatta nel 1776 quando il conflitto è
ancora in corso), insieme al Bill of Rights (Inghilterra, 1689) e alla
Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (Francia, 1789), definisce
un'area atlantica matrice di quella cultura costituzionale e
democratica che segnerà tutto lo spazio europeo.
L'Europa, che ha considerato fino ad allora l'America solo una terra da
conquistare e sfruttare, si trova di fronte ad un'esperienza politica e di
governo dal significato universale; che non ha precedenti nella storia;
che partecipa, se non anticipa, quel processo che alla fine del Settecento
condurrà dall'Europa dell'antico regime a quella degli Stati nazionali e
liberali.
Motivazioni della rivoluzione
Uno dei sostegni della prosperità dell'impero inglese era il commercio con le
colonie nordamericane, dalle quali la madrepatria importava materie prime a
basso costo e dove esportava manufatti, arricchiti da un alto contenuto di
lavoro. Alle colonie era preclusa ogni prospettiva di sviluppo industriale
autonomo. Una legge del 1750 vietava alle colonie di costruire laminatoi,
fonderie, acciaierie e in generale fabbriche adibite alla siderurgia. Fra le
tredici colonie atlantiche, sussistevano però anche profondi motivi di
divisione. Le differenze di prospettiva nascevano da differenze strutturali. Da
questo punto di vista, le colonie possono essere distinte in tre gruppi:
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nelle quattro colonie del Nord che costituivano la Nuova Inghilterra
(New Hampshire, Massachusetts, Rhode lsland, Connecticut)
prevalevano le attività commerciali e industriali: segherie, lavorazione
del pesce conservato fornito dalla pesca molto abbondante, cantieri
navali; qui la vita culturale e gli interessi politici erano particolarmente
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vivaci, sicché la Nuova Inghilterra ebbe un peso determinante nello
svolgimento della storia americana.
nelle quattro colonie del Centro (New York, Pennsylvania, New Jersey,
Delaware) l'attività era molto varia: aziende contadine di modeste
proporzioni, attività commerciali riguardanti soprattutto le pellicce; i
coloni di origine inglese costituivano il gruppo più numeroso della
popolazione, ma erano in minoranza rispetto agli Olandesi, Svedesi e
Tedeschi presi nel loro complesso.
nelle cinque colonie del Sud (Maryland, Virginia, Carolina del Nord,
Carolina del Sud, Georgia), nettamente differenziate da quelle del Nord
e del Centro, prevalevano le attività agricole: canna da zucchero,
tabacco, riso e, più tardi, cotone, coltivati in grandi piantagioni con
massiccio impiego di schiavi neri, erano le maggiori fonti di ricchezza
del Sud.
Londra esigeva che i sudditi d'America contribuissero al pagamento delle
spese dell'impero, ribadiva il monopolio e il divieto a uno sviluppo industriale
autonomo delle colonie e si preoccupava, com'era ovvio, non tanto dei loro
particolari interessi, quanto degli interessi globali dell'impero, ma né da una
parte né dall'altra esisteva una aperta volontà di scontro. Se si giunse alla
completa rottura fra le colonie e la madrepatria, alla dichiarazione
d'indipendenza e alla guerra, è perché agivano ragioni profonde e oggettive da
individuare come cause reali della rivoluzione americana però le colonie non
si sarebbero potute sviluppare sino a diventare il primo nucleo degli Stati
Uniti d'America, se fossero rimaste inquadrate e soffocate nell'organizzazione
imperiale inglese.
Fin dal 1743, Benjamin Franklin aveva proposto d'inventariare le risorse
agricole, minerali, industriali che la scienza avrebbe permesso di mettere a
buon frutto. George Washington per quanto appartenente a una famiglia di
ricchi proprietari di piantagioni della Virginia, aveva esperienza sufficiente
per ragionare non nei termini provinciali del profondo Sud, ma secondo
prospettive globali di sviluppo. La guerra dei sette anni aveva posto fine alla
dominazione francese sui territori americani, cosicché i coloni non avevano
più quel bisogno di protezione che era stato uno dei principali motivi di
attaccamento alla patria di origine. Ciò li rendeva più insofferenti dei privilegi
che l'Inghilterra si era riservati, che risultavano tanto più odiosi in quanto la
cultura illuministica diffusasi anche oltreoceano, denunciava l'assurdità delle
restrizioni frapposte alla libertà di commercio.
La conclusione della guerra fu per i coloni un'amara delusione: essi si
aspettavano che la Louisiana fosse aperta alla loro libera espansione, mentre
una disposizione regia precluse immediatamente questa possibilità
dichiarando che le terre di recente conquista appartenevano all'impero. A ciò
si aggiunsero molteplici iniziative del Parlamento, intese, come abbiamo
detto, a imporre anche ai coloni l'obbligo di contribuire alle spese dell'impero.
Si trattava di imposte indirette su generi che, avevano per gli Americani
un'importanza non trascurabile. Le dogane percepite dal governo inglese non
erano sufficienti a pagare le spese dei corpi militari e dei funzionari stanziati
in America. D'altra parte i coloni erano abituati a pagare soltanto le imposte
locali. Nel 1765 il governo inglese volle estendere alle colonie una tassa del
bollo, già in vigore nella madrepatria, per la quale ogni uso della carta, nei
giornali, nei documenti commerciali, negli atti legali, eccetera, era sottoposto
a un tributo, che veniva pagato mediante l'apposizione di un bollo. Poiché il
consenso dei contribuenti nella determinazione delle imposte era uno dei
cardini tradizionali della libertà inglese, i coloni si rifiutarono di ottemperare
alla legge e posero l'alternativa o di poter inviare i propri rappresentanti in
Parlamento, o di essere esonerati da ogni tassa non approvata dai loro
rappresentanti.
Di fronte alla protesta dei coloni, la legge sul bollo fu abrogata, ma fu
sostituita con una serie di imposte indirette su alcune merci (carta, vernici,
piombo, tè), che le colonie importavano dall'Inghilterra. La portata
economica di questi provvedimenti era molto limitata, ma con essi il
Parlamento intendeva porre una questione di principio, facendo valere
concretamente il suo diritto di tassare tutti i sudditi dell'impero. I coloni non
accettarono l'impostazione del Parlamento e la questione di principio rimase
irrisolta, nel 1770 le imposte indirette furono tutte abolite, salvo quella sul tè.
Guerra d'indipendenza
Anche se nel maggio del 1776 gli insorti riuscirono a costringere gli Inglesi a
sgomberare Boston, le loro truppe erano improvvisate e poco numerose,
mancavano di equipaggiamento e di istruzione militare, inoltre una
minoranza significativa della popolazione rimaneva fedele al governo di
Londra, sicché la guerra non era rivolta solo contro un nemico esterno, ma
assumeva anche il carattere di una guerra civile in senso stretto. La speranza
dei coloni di ottenere l'appoggio delle popolazioni francesi del Canada fu
delusa, ma l'opinione pubblica internazionale progressista appoggiava la
causa dei ribelli. L'appoggio dell'opinione pubblica europea alla rivoluzione
alimentò un certo flusso di volontari i quali, come il francese marchese di La
Fayette, andavano a battersi per la libertà dei coloni, ma in seguito tale
appoggio contribuì a facilitare l'intervento della Francia e di altri stati a fianco
degli insorti, anche se i governi si muovevano per ben altri motivi che non
quelli ideali.
Mentre Franklin sì recava in Francia per ottenere aiuti concreti, la
responsabilità di organizzare i ribelli era affidata a George Washington.
Nell'ottobre del 1777 una colonna inglese proveniente dal Canada, che
procedeva lungo il fiume Hudson con l'intenzione di accerchiare e isolare gli
Stati del Nord, fu battuta a Saratoga: tale successo non avrebbe potuto evitare
la sconfitta finale cui gli insorti erano votati per la loro inferiorità di mezzi,
ma divenne decisivo in quanto dimostrò che gli Americani erano abbastanza
risoluti perché i governi europei se ne potessero fidare. La Francia, che da
tempo li sosteneva con l'invio di armi, di munizioni e di danaro e che
attendeva solo l'occasione propizia per vendicare la sconfitta subita nella
guerra dei sette anni, si decise ad intervenire direttamente contro l'Inghilterra
(febbraio 1778), seguita l'anno successivo anche dalla Spagna.
L'intervento della Francia mutò profondamente le sorti della guerra, che
divampa ormai anche nel Mediterraneo, sulle coste dell'Africa e in India. Nel
1780 la situazione della Gran Bretagna divenne anche più pericolosa, perché
non solo essa aveva dichiarato guerra all'Olanda che forniva il suo appoggio
agli insorti, ma pretendeva di ispezionare le navi dei Paesi neutrali per
accertare che essi non rifornissero gli Americani. Questo modo di procedere
determinò la reazione di Caterina II di Russia, che rivendicò piena libertà di
navigazione sui mari e promosse una Lega dei Neutri (1781) ostile
all'Inghilterra. Alla Lega aderirono la Danimarca, la Svezia, la Prussia,
l'Austria e il Portogallo.
In America: le truppe inglesi bloccate nella penisola di Yorktown dal corpo di
spedizione francese e dall'esercito americano, dovettero capitolare (ottobre
1781). Gli Inglesi stipularono pertanto con gli Americani e con i loro alleati la
Pace di Versailles (3 settembre del 1783) con la quale l'Inghilterra riconosceva
la piena indipendenza degli Stati Uniti e restituiva alla Spagna Minorca e la
Florida; la Francia recuperava alcune delle Antille, in America, e il Senegal,
sulle coste dell'Africa occidentale.
Le conseguenze della rivoluzione americana
In Inghilterra, lo scacco subito costrinse Giorgio III a rinunciare al tentativo
di far prevalere le prerogative della corona a scapito del Parlamento. Dopo
che anche il Canada era riuscito ad ottenere dalla Gran Bretagna il diritto
all'autogoverno, il processo di emancipazione - sospinto dall'esito della
Rivoluzione Francese - si estese a macchia d'olio. Nell'America Latina,
l'esempio statunitense e la presenza concreta degli Stati Uniti posero le
premesse per il movimento indipendentistico che si sviluppò nei primi
decenni dell'Ottocento. Nel 1810, con il coinvolgimento della Spagna nelle
Guerre napoleoniche, le colonie spagnole nelle Americhe cominciarono
anch'esse a lottare per l'indipendenza: nello stesso anno il Messico insorse
contro la Spagna, riuscendo però ad ottenere l'indipendenza solo nel 1821. In
Francia, la monarchia dei Borbone aveva contribuito ad innescare un
processo di enormi proporzioni che l'avrebbe presto travolta. Non solo,
infatti, le spese sostenute nella guerra accentuarono le difficoltà del bilancio
francese, ma la rivoluzione americana, ispirata a principi democratici
illuministici, aveva dato la prova concreta che la sovranità popolare e il
diritto-dovere di resistere a un governo vessatorio non erano semplici utopie
dei filosofi, ma potevano tradursi in realtà come di lì a poco avrebbe
confermato la rivoluzione francese. Le tredici colonie della costa atlantica,
conquistando l'indipendenza, prepararono il terreno per quell'esplosione
produttiva del capitalismo che in un secolo e mezzo portò gli Stati Uniti ad
affermarsi come la più grande potenza industriale e imperialistica del mondo.