OTTICA GEOMETRICA L'Ottica Geometrica studia le leggi dei raggi, schematizzandoli in rette geometriche Le leggi dell'ottica geometrica Tutti i fenomeni luminosi trovano rigorosa spiegazione nella teoria elettromagnetica della luce. Tuttavia lo studio della propagazione della luce, considerata come fenomeno elettromagnetico, presenta notevoli difficoltà analitiche. Si impiegano allora metodi approssimati capaci di prevedere l'andamento di quasi tutti i fenomeni che si presentano nella pratica con sufficiente previsione. Questi metodi sono basati su leggi sperimentali scoperte prima della formulazione della teoria elettromagnetica della luce. Fra questi metodi approssimati rientra l'Ottica geometrica, la quale studia il comportamento di fenomeni semplici interpretati mediante leggi di carattere geometrico. L'ottica geometrica è governata da quattro leggi fondamentali: Ø propagazione rettilinea della luce Ø indipendenza dei raggi luminosi Ø riflessione della luce su una superficie speculare Ø rifrazione della luce sulla superficie di separazione fra due mezzi trasparenti. Ø Propagazione rettilinea della luce in un mezzo omogeneo Si rivela molto utile considerare i raggi luminosi come delle semplici rette. Si tratta di un'astrazione matematica, scelta per facilitare i ragionamenti e tale da permettere una chiara rappresentazione dei fenomeni e dei dispositivi sperimentali: le rette geometriche, a differenza dei raggi luminosi, non hanno spessore. Ø Indipendenza dei raggi luminosi Quando due o più raggi si intersecano non si verifica alcuna alterazione di traiettoria o intensità. Ø Riflessione della luce su una superficie speculare Le leggi della riflessione nel linguaggio geometrico sono descritte come segue: 1.Il raggio incidente, il raggio riflesso e la perpendicolare (normale) alla superficie riflettente nel punto d'incidenza, giacciono sul medesimo piano. 2.L'angolo di riflessione è uguale all'angolo di incidenza: i=r. Se il raggio incidente coincide con la normale allo specchio, formando un angolo di incidenza uguale a zero, anche il raggio riflesso forma un angolo di riflessione nullo: coincide con il raggio incidente (incidenza normale). Queste leggi valgono anche se la superficie è curva. In questo caso la normale nel punto d'incidenza è la perpendicolare al piano tangente alla superficie stessa in quel punto. Quando la superficie è sferica la normale in un punto coincide con il raggio della sfera (passante per quel punto) Ø Rifrazione della luce sulla superficie di separazione fra due mezzi trasparenti. Quando un fascio di raggi luminosi incontra la superficie di separazione di due mezzi trasparenti, in parte si riflette e in parte prosegue nel nuovo mezzo. La rifrazione è regolata dalle seguenti leggi: 1.raggio incidente, raggio rifratto e normale nel punto d'incidenza alla superficie di separazione dei due mezzi giacciono sullo stesso piano. 2.Il rapporto tra i seni degli angoli che il raggio incidente ed il raggio rifratto formano con la normale è una costante che dipende dalla natura dei due mezzi, dalle loro condizioni fisiche (temperatura, pressione, stato di aggregazione) e dalla lunghezza d'onda della luce utilizzata. Tale costante è denominata indice di rifrazione del secondo mezzo rispetto al primo. sin (i ) n = sin ( r ' ) 12 Se l'angolo di rifrazione è minore di quello di incidenza si dice che il secondo mezzo (es. acqua) è più rifrangente del primo (es. aria); se invece l'angolo di rifrazione è maggiore di quello d'incidenza, il secondo mezzo è meno rifrangente del primo. In generale i mezzi più densi sono anche più rifrangenti. Può tuttavia avvenire anche il contrario: l'alcol, il petrolio, la benzina, pur essendo meno densi dell'aria sono più rifrangenti di essa. Le leggi della rifrazione, nella forma geometrica, si dicono anche leggi di Cartesio, perché furono pubblicate per la prima volta da Descartes nel 1637, pur essendo state scoperte nel 1615 dall'olandese W. Snell. Angolo limite Dati due mezzi rifrangenti, consideriamo una sorgente di luce in quello meno rifrangente e facciamo variare l'angolo d'incidenza da 0 a 90 gradi. Se l'angolo d'incidenza è zero, anche l'angolo di rifrazione deve essere zero. Se un raggio di luce incontra normalmente la superficie di separazione dei due mezzi, prosegue nella stessa direzione, cioè si rifrange senza deviare. Crescendo l'angolo di incidenza cresce l'angolo di rifrazione, pur mantenendosi sempre minore. Quando l'angolo di incidenza ha raggiunto il valore massimo di 90 gradi, che si ha quando il raggio incidente è radente alla superficie di separazione, anche l'angolo di rifrazione ha raggiunto il valore massimo. Questo valore massimo dell'angolo di rifrazione si chiama angolo limite. L'angolo limite è il valore dell'angolo di rifrazione corrispondente ad un angolo d'incidenza di 90 gradi, quando il raggio passa da un mezzo meno rifrangente ad uno più rifrangente. Riflessione totale Dati due mezzi rifrangenti, consideriamo una sorgente di luce in quello più rifrangente e facciamo variare l'angolo d'incidenza. Finché il raggio incidente è compreso nell'angolo limite se ne trova il raggio rifratto corrispondente nel mezzo meno rifrangente; ma se il raggio incidente è esterno all'angolo limite, non avendosi piu’ il corrispondente raggio rifratto, non uscirà nel mezzo meno rifrangente, ma si rifletterà totalmente come se la superficie di separazione dei due mezzi fosse speculare. Pertanto: un raggio si può sempre rifrangere quando passa da un mezzo ad un altro più rifrangente, ma se l'angolo d'incidenza è superiore all'angolo limite, non si rifrange più ma dà luogo al fenomeno della riflessione totale con le stesse leggi della riflessione. n12 sin ( 90 ) 1 = = sin ( r 'lim ) sin ( r 'lim ) sin ( r ' lim 1 )= n12 Rifrazione attraverso lastre Viene denominato lastra un mezzo trasparente delimitato da facce piane e parallele. Tipicamente le lastrine di vetro su cui si eseguono strisci o preparazioni per osservazione ad esempio al microscopio ottico composto. Un raggio SI, incidendo obliquamente sulla lastra MM', si rifrange secondo II'. Il raggio rifratto II' forma con le normali N e N', tra loro parallele, angoli interni uguali: r=r'. All'uscita nell'aria si dovrà quindi verificare la condizione: i=i'. Pertanto il raggio emergente I'S' è parallelo al raggio incidente SI. Dunque:Un raggio che attraversa una lastra non è deviato dalla sua direzione. Esso è spostato parallelamente a se stesso: lo spostamento è proporzionale allo spessore della lastra e all'angolo d'incidenza. DISPERSIONE DELLA LUCE Il Prisma Ottico Il prisma ottico è un mezzo rifrangente limitato da facce piane non parallele formanti cioè un angolo diedro, detto "angolo del prisma". Sia A l'angolo del prisma e SI un raggio incidente. Quando un raggio proveniente dall'aria incide sul prisma (nel punto d'incidenza I), attraversa un mezzo più rifrangente (vetro), quindi il raggio si avvicina alla normale n1; quando poi giunge nel punto E emerge dal prisma (a meno di superare l'angolo limite) in un mezzo meno rifrangente, l'aria, quindi il raggio si avvicina alla normale n2 lungo la direzione ER. Per effetto delle due rifrazioni il raggio devia verso la base BC. L'angolo formato dal prolungamento del raggio emergente EO con il prolungamento del raggio incidente OF, è detto angolo di deviazione del prisma. Per ogni prisma vi è un angolo minimo di deviazione: si ottiene quando l'angolo d'incidenza e l'angolo di emergenza sono uguali. Uno stesso materiale presenta indici di rifrazione diversi per i vari colori. STRUMENTI OTTICI Ø Riflessione (Specchi piani e sferici) Ø Rifrazione(Lenti, Prismi etc.) Lente: Ø Diottro è Lente ad una sola superfice separante due mezzi di differente indice di rifrazione. Ø Lenti è Insiemi di piu’ diottri Specchi COSTRUZIONE IMMAGINE Ø L’asse ottico di uno specchio e’ individuato dalla retta passante per il fuoco ed il centro di curvatura dello specchio Ø Raggio parallelo all’asse ottico passa per il fuoco. Ø Raggio per il centro di curvatura dello specchio si riflette ripassando verso il centro di curvatura Ø Raggio passante per il fuoco si riflette parallelo all’asse ottico. Le Lenti L’elemento piu’ semplice che divide due mezzi di differenti indici di rifrazione si chiama diottro sferico. Eseguendo lo stesso tipo di ragionamento fatto per il caso degli specchi sferici, questa volta applicato alla rifrazione si ottiene la seguente relazione, che costituisce la formula dei punti coniugati per il diottro sferico: n1 n2 n2 − n1 + = p q R La lente è un mezzo trasparente limitato da due facce ben levigate (diottri) di cui almeno una è curva. Si tratta della più importante applicazione del fenomeno della rifrazione. Secondo la curvatura delle facce, le lenti possono essere: sferiche, cilindriche, paraboliche. La trattazione della rifrazione dei raggi luminosi attraverso una lente risulta, nel caso generale, molto complessa; ci limitiamo al caso particolare delle lenti molto sottili (lo spessore e’ molto piccolo rispetto al raggio di curvatura) e raggi parassiali (quasi paralleli all'asse ottico). Noi ci occuperemo solo delle lenti sferiche, dividendole in due gruppi: convergenti (quelle che fanno convergere un fascio di raggi paralleli) e divergenti (quelle che li fanno divergere). Una lente convergente (più grossa al centro che agli orli) si può pensare ottenuta da una coppia di prismi riuniti per le basi: i raggi emergenti, deviando verso le basi,sono portati a convergere. Una lente divergente (più grossa agli orli che al centro) ricorda una coppia di prismi riuniti per gli spigoli: i raggi emergenti emergono deviando verso le basi. Sia le lenti convergenti che le divergenti si possono classificare in tre tipi: biconvessa, piano-convessa, concavoconvessa ( menisco convergente), biconcava, piano-concava, convesso-concava (menisco divergente). Convergenti: 1) biconvessa, 2) piano-convessa, 3) concavo-convessa Divergenti: 4) biconcava, 5) piano-concava, 6) convesso-concava Si chiama asse ottico principale la retta congiungente i centri delle superfici sferiche che delimitano la lente; nel caso di lenti pianosferiche coincide con la retta passante per il centro della superficie sferica e perpendicolare alla superficie piana. Si chiama asse secondario ogni retta passante per il centro ottico. È denominato centro ottico il punto dell'asse ottico della lente sottile che gode della proprietà di non deviare le radiazioni luminose passanti per esso. Il centro divide il segmento congiungente i centri di curvatura in parti direttamente proporzionali ai raggi. Il fuoco di una lente F1 è il punto dell'asse ottico principale nel quale convergono i raggi di un fascio monocromatico, parallelo al medesimo asse, dopo aver inciso sulla lente. Si chiama distanza focale la distanza del fuoco dal centro della lente.La distanza focale è l'elemento più importante tra le caratteristiche una lente; esso dipende dai raggi di curvatura delle due facce e dall'indice di rifrazione del materiale.Nel caso della lente convergente il fuoco è situato dalla parte opposta rispetto al fascio incidente. La distanza focale è espressa da un numero positivo. Il fuoco delle lenti divergenti è situato dalla stessa parte dalla quale proviene il fascio incidente. Si tratta di un fuoco virtuale: trae origine dal prolungamento dei raggi rifratti uscenti dalla lente. La distanza focale risulta espressa da un numero negativo. Costruzione grafica delle immagini Per costruire graficamente l'immagine di un punto si utilizzano due raggi particolari dei quali è facile prevedere il cammino dopo la rifrazione: 1.il raggio parallelo all'asse ottico: in seguito alla rifrazione passa per il fuoco della lente 2.il raggio che attraversa la lente passando per il suo centro: in seguito alla rifrazione non subisce deviazione. 3.il raggio che passa per il fuoco e’ rifratto dalla lente parallelo all’asse ottico Usando questi raggi a percorso noto è possibile costruire immagini di oggetti estesi individuandone i punti principali. Per le lenti convergenti vale la formula dei punti coniugati 1 1 1 + = p q f 1 1 1 1 1 + = (n −1) − = p q R1 R2 f I raggi di curvatura Ri dei diottri costituenti la lente per convenzione hanno segno + o segno – a seconda che la convessita’ del diottro sia rivolta verso la direzione di provenienza della luce (+) o in direzione opposta (-). Per le lenti divergenti si applica la stessa legge f e q sono espresse da numeri negativi, in quanto l'immagine è sempre virtuale. Potere Diottrico o Potenza di una lente Si definisce potere diottrico o potenza di una lente l’inverso della distanza focale della lente espressa in metri : P = 1 f metri −1 P = m => Diottrie Esempi: f = 20 cm = + 0.2 m P = +5 D f = -20 cm = - 0.2 m P = -5 D