INFLUENZE PLATONICHE NELL’ONTOLOGIA DI SAN TOMMASO. ARISTOTELISMO MODIFICATO István Gábor Cselényi* È un’evidenza che San Tommaso d’Aquino è un filosofo aristotelico. Noi parliamo giustamente sull’aristotelismo-tomismo. Ma ci sono luoghi dove l’Aquinate trasgredie l’aristotelismo. San Tommaso era così grande folosofo che ha modificato creativmente già anche l’aristotelismo. E qui dobbiamo fare un escorso (excursus) breve. Questo sarà l’escorso primo. Tutti sanno che anche Aristotele stesso è giunto a San Tommaso attraverso la mediazione della filosofia araba (maomettana), così che anche l’influenza di questa filosofia è ravvisabile nelle sue opere, specie nella Summa: il terzo argomento su Dio, ad esempio, che si basa sulla probabilità degli enti, non si ritrova in Aristotele, ma è piuttosto iniziativa di Al-Farabi e di Avicenna, portata avanti da Al-Ghazali: l’assoluta „semplicità” di Dio (ovvero il suo essere non composto)1 – in ragione della unicità di Dio – è uno dei fondamenti della filosofia teologica maomettana.2 Come manca, in Aristotele, la tesi che in Dio essere ed essenza sono identiche, mentre nelle creature l’essenza è ancora mera possibilità, che bisogna slanciare nell’essere,3 poiché il filosofo greco non conosce ancora né creazione né emanazione. Dell’ Avicenna introdusse i concetti di essere necessario e di essere probabile, la tesi che in quest’ultimo siano differenziabili essenza ed ingresso nell’essere, formulata secondo quanto segue: „Postea hoc aliquid connotatur per hoc quod scilicet est unum et existens.”4 („Dunque, questo qualcosa è connotabile dal fatto di essere uno ed esistente.”). Altra questione è che Avicenna non accettò la possibilità che esista una differenza reale tra essenza ed * Universitatea Catolică Péter Pázmány, Piliscsaba, Ungaria. S. Th. I. q. 3, a. 2. 2 NADER, A., „L’influance de la pensée musulmane”, in Tommaso d’Aquino nel suo II Centenario, Roma-Napoli 1974, 66. 3 S. Th. I. q. 3. 4 AVICENNA, Metaphysices compendium, Roma 1962, 28. 1 INFLUENZE PLATONICHE 45 esistenza, poiché riusciva a vedervi soltanto una differenza logica, né ritenne l’esistenza un’entità ed un atto a parte, come é, invece, in San Tommaso.5 Problema dell’essere: domanda dell’uomo moderno Ma c’è un territorio dove San Tommaso – come vedremo – ha specialmente influenze platoniche, e questo è l’ontologia, cioè la teoria dell’essere. E qui dobbiamo fare un escorso, escorso secondo ma molto importante. Che cosa è questa nuova teoria, perchè parliamo su ontologia e non su metafisica? Ecco, nel 1927 appare l’opera del filosofo tedesco Martin Heidegger (1884-1976) intitolata Sein und Zeit (Essere e Tempo). Questo scritto – possiamo affermarlo con certezza – ha rivoluzionato la riflessione filosofica. L’accusa principale mossa alle precedenti filosofie, ivi inclusa quella di San Tommaso d’Aquino6, era dunque di aver dimenticato, trascurato l’essere. Quanto a Tommaso, perchè dice: „Illud quod primum cadit sub apprehensione, est ens.”7 Secondo lo stesso Heidegger al centro della filosofia dovrebbe stare non la metafisica ma l’ontologia e l’oggetto di ciò è non l’ente ma l’essere stesso. Alla sfida lanciata da Heidegger hanno provato a rispondere tre sistemi di pensiero del nostro secolo: il marxismo, l’esistenzialismo ed il neotomismo. Ma il marxismo non ha dato un’ontologia totale, ma soltanto un’ontologia materialista, un monismo e quasi panteismo materialistico.8 Mentre in questo caso l’orizzonte si limita all’essere oggettivo, le filosofie dell’esistenza ci offrono l’altro estremo, poiché si sbilanciano verso il lato soggettivo di esso. Martin Heidegger non parla dell’”ente in genere”, ma soltanto del Dasein, dell’esserci, della temporalità e degli esistenziali (la situazione emotiva, la 5 GIACON, C., „Il contributo originale di S.Tommaso”, in Tommaso d’Aquino nel suo II Centenario, Roma-Napoli 1974, 287. 6 HEIDEGGER, M., Sein und Zeit, Tübingen, 1927, 2, 55-87 7 S.Th. I. q. 5. a. 2, q. 11. a. 2, 4. 8 CSELÉNYI, I. G., La relazione di Dio e del mondo in unità dell’essere in Noetica, critica e metafisica in chiave tomistica, Città del Vaticano 1991, 317-322. 46 ISTVÁN GÁBOR CSELÉNYI comprensione ed il discorso), dunque dell’essere soggettivo, anzi con l’uomo come ente, uno degli enti, ed anche il concetto del „pour-soi” di Jean-Paul Sartre è identico alla soggettività, all’essere soggettivo, all’uomo come ente. Allora le direzioni delle filosofie dell’esistenza non ci offrono ontologia, ma soltanto metafisica. Dunque una analisi più efficace e profonda potrà dimostrare, quanto l’accusa di oblio dell’essere sia valida per quelle nuove correnti filosofiche che si sono affermate utilizzando l’essere come slogan e dicendosene i paladini, in realtà occupandosi solo di una parte di esso e dimenticando nel frattempo l’essere vero e proprio, l’interezza dell’essere e la sua fonte. Quanto al tomismo-neotomismo, negli autori tradizionalisti l’ontologia era soltanto la scienza dell’ente9, ma possiamo e dobbiamo mostrare nel nostro saggio che nel centro della dottrina di San Tommaso stesso sta non l’ente ma l’essere. Possiamo anche dire che l’accusa di Heidegger non è valida per Tommaso stesso ma soltanto per la scolastica tradizionale, anzi l’Aquinate stesso ha elaborato una ontologia, nel senso „postheideggeriano”. Le guide in questo lavoro della revisione sono non le interpretazioni scolastiche, ma i testi stessi originali di Tommaso. Per questo lavoro diviene chiara la grandezza di San Tommaso: ecco la sua dottrina è molto moderna – anzi postmoderna! – ed attuale, anche oggi, giunti al terzo millennio. Su questo tema ho scritto nel mio libro: La revisione dell’essere10 e ho parlato in settembre a Roma nel Congresso Tomistico, con questo titolo: La risposta di Tommaso d’Aquino al problema dell’uomo dei nostri giorni. Adesso compandio l’essenza di questo saggio dall’aspetto nostro tema odierno. Primato dell’essere La questione peremptoria può essere in questa „ontologia 9 Secondo J. DONAT l’ontologia „est autem scientia quaedam, quae speculatur ens in quantum ens et quae huic insunt secundum se (“è quella scienza che esamina l’ente in quanto ente, e quanto vi è naturalmente compreso”)”. DONAT, J., Ontologia, Oenipont, 1963, 14. 10 CSELÉNYI, I. G., La revisione dell’essere, Piliscsaba 2001, 4-21. INFLUENZE PLATONICHE 47 reinterpretata” di Tommaso: come stanno in rapporto ente ed esse. Ascoltiamo la voce di Tommaso: „L’ente proviene dall’atto di esistenza.”11 „L’ente si impone per lo stesso atto di essere.” 12 Quando è cominciata la revisione della dottrina di Tommaso, alcuni autori questo actus essendi l’hanno identificato col concetto dell’esistenza che è soltanto una parte dell’ente nella metafisica scolastica.13 Anche in questa epoca si presentò la possibilità di restringere l’essere ad esistenza, come ha fatto la scolastica. La questione è tanto più interessante, per il fatto che sappiamo che proprio questa identificazione ha portato alla trasformazione terminologica dell’esistenzialismo. Che l’esse sia, in San Tommaso, identico all’existentia, è questione che ancora oggi fa riflettere i ricercatori: secondo John Nijenhuis l’esse ricorre un mezzo milione di volte (!) nell’opera di San Tommaso, existere soltanto quattromila volte, ed infine esse oppure est non sono affatto sostituibili con „existit”.14 Cosa ancora più importante: nelle lingue moderne il verbo essere è per lo più ausiliare (per esempio He is working), mentre nel greco e nel latino può essere ausiliare (per esempio, la copula logica), ma può avere anche valore assoluto, esprimere cioè un’affermazione logica ovvero un contenuto di realtà. Nijenuis argomenta infine che il concetto di esse di San Tommaso non può essere ristretto all’espressione di esistenza, nella stessa maniera in cui ens non è semplicemente existens, ma fruizione dell’essere. Alla stessa conclusione giungono Russel Pannier e Thomas D. Sullivan, autori che ci informano di come ricorra appena 66 volte la parola existentia nelle opere dell’Aquinate, il che li spinge a sottolineare che l’esse abbia un campo assai più ampio 11 Sent. 1, d. 8, q. 1, 1, c, d. 25, 4, c ad 1, 2, d. 37, q. 1, 1, c, d. 25, 4, c ad 1, 2, d. 37, q. 1, 1, c, S.c.G. 1, cap. 25, De veritate q. 1, q. 1, 1, c. 12 v. Sent., dist. VIII, q. 1, a. 1; De veritate q. 1, a. 1. 13 E.g. ELDERS, L., „La connaissance de l’être”, in L’enciclica Aeterni Patris nell’arco di un secolo, Studi Tomistici 10, Città del Vaticano, 1981, 285. 14 NIJENHUIS, J., Ens Described as Being or existent”, in American Catholic Philosophical Quarterly, (ACPQ) Winter 1994, (Vol. LXVIII) 13. 48 ISTVÁN GÁBOR CSELÉNYI dell’existentia15, che si tratti di un concetto ontologico, non ontico o metafisico. Emerge chiaramente, inoltre, come la fonte dell’ens sia effettivamente non semplicemente l’actus essendi nel senso dell’existentia, bensì il concetto che tutto sintetizza, primario di esse: „L’ente è imposto dallo stesso essere.” 16 Il contenuto intimo dell’esse è qui lo stesso è semplicemente existens, ma fruizione dell’essere. Alla stessa conclusio, è, est, non nella sua accezione logica (in quanto verbo ausiliario), ma piuttosto nel contenuto vero, ontologico della parola (=realtà): „Niente ha attualità, se non in quanto è.”17 Il rapporto tra ens ed esse si può determinare con i termini potenza ed atto, e con il fatto che gli esistenti, gli enti sono soltanto frammenti dell’essere, particelle determinate di esso. Il primato dell’essere è evidente anche nel territorio della logica. Come già mostrato da J. B. Lotz, nel giudizio esprimiamo il fatto che qualcosa (la cosa concreta, l’ente, il soggetto) „è”, „sta”18, partecipa dell’essere. La primissima proposizione del giudizio, dunque, si dirige verso l’essere, la forza del giudizio trova nutrimento nell’essere (compreso nell’ente concreto). Tommaso indica in questa maniera (per esprimerci modernamente) il campo di dominio della metafisica e dell’ontologia: l’ens è solo in parte esse, infine solo partecipazione, essere partecipato: „Ogni ente creato è determinato in un certo modo.”19 Dio nel culmine della gerarchia dell’essere Nell’ontologia di Tommaso Dio ha un ruolo centrale come es15 PANNIER, R., SULLIVAN, D., „The Being, existence, and the Future of Thomistic Studies”, in ACPQ Winter 1995, (vol. LXIX) 84. 16 Comm. Met., IV, 1. 2, 533 e 556-558; S.c.G. I. ch. 25. 17 S. Th. I q. 4. a. 1 ad 3. 18 Metz, J.-B., „Christliche Philosophie”, in Lexikon für Theologie und Kirche, V. 3., München 1963. 416. 19 Opusc. 42. INFLUENZE PLATONICHE 49 sere in se sussistente (esse in se subsistens) e come atto puro (actus purus). Dunque, è Dio qui il massimo punto della gerarchia dell’essere20: in questo caso viene adoperata la definizione preferita del filosofo, poiché Dio è l’ipsum esse. Il concetto di essere è riconducibile ai concetti aristotelici di atto, attualità, perfezione, forma, causalità. Ecco infatti un altro passo memorabile: „Ipsum esse est perfectissimum omnium, comparatur enim ad omnia ut actus, nihil enim habet actualitatem, nisi quantum est.” 21 („L’essere stesso è la massima perfezione, ma può essere comparata ad ogni altra cosa come atto, anche se nulla possiede essere attuale, se non in quanto è.”) Quando nella parte I della sua Summa vuole argomentare perché sia „Colui che è” (cf. Iahweh), il nome che maggiormente si confa’ a Dio, dichiara: „Hoc nomen Qui est, est maxime proprium nomen Dei… propter significationem. Non enim significat formam aliquam, sed ipsum esse.”22 („Il nome Colui che è è il nome che meglio si confà a Dio… per il suo significato. Infatti, non esprime alcuna forma, ma l’essere stesso.”) Qui Dio viene di seguito definito „oceano infinito ed illimitato della realtà”, il che può aiutarci a superare sia il materialismo che l’idealismo (che sono ambedue dei sistemi per metà metafisici!). Dio ed il concetto di essere, quindi, si intrecciano a tal punto, nel cuore di San Tommaso, da diventare una cosa sola: „Esse proprie convenit Deo.” 23 („L’essere si confà propriamente a Dio.”) „Esse est prius omni alia participatione et omni alio nomine Dei.” 24 („L’essere è precedente ad ogni altra partecipazione ed ad ogni altro nome di Dio.”) L’essere divino trova altri sinonimi nell’opera dell’Aquinate: 20 Questa gerarchia: esse rei, esse commune ed esse ipsum. S. Th. I.q. 4. a. 1 ad 3. 22 S. Th. I. q. 13, 1. 11. 23 S. Th. I. q. 13, 11, Sent. 1, d. 8, q. 1, 1. De veritate q. 21, 4 ad 7, De po tentia q. 7, 2 ad 7. 24 S. Th. I. q. 5, 2, Sent. 1, d. 8, q. 1, 1, 3, c, De potentia q. 3, 4, c, 8 ad 19, op. 37, De causis lect. 4. 21 50 ISTVÁN GÁBOR CSELÉNYI esse subsistens, esse in se subsistens oppure per se subsistens, dunque l’essere sussistente in se o per sé, il che significa che non ha bisogno di altro veicolo o mallevadore, ma è assoluto in ogni accezione della parola: „Cum esse divinum non sit esse receptum in aliquo, sed ipse sit suum esse subsistens, manifestum est quod ipse Deus sit infinitus et perfectus.”25 („L’essere divino non essendo recepito in altro, ma essendo esso stesso l’essere sussistente, è manifesto che Dio stesso è infinito e perfetto.”) Mentre ogni altra cosa „ab alio movetur”, ovvero è mossa da altro, muta, si slancia nell’essere, Dio non ha bisogno di mallevadore26, è „esse per essentiam”, ovvero „esiste in virtù della propria essenza”. Capita di incontrare anche l’espressione „esse necessarium”27, che oggi ha una sonorità assai moderna. Tra i sinonimi rientra anche quello di „actus purus”: „Essentia divina est actus purus.”28 („L’essenza divina è mero atto.”) „Mero atto”, perché se ritengo effettualità l’atto, esso suggerisce una sorta di stato in luogo statico, appunto, mentre se si tratta di azione, aderisce ad esso l’afrore di sudaticcio legato all’azione umana. Parlerei piuttosto di una forza o di una energia che si slancia nell’essere. Fonti platoniche! E allora dimontrabile, anzi evidente che San Tommaso confessa il primato dell’essere sopra l’ente, primato dell’ontologia sulla metafisica. Ma che sono le fonti di questa ontologia originale? Nella sua ontologia ha piuttosto mutuato – in maniera sorprendente – da Platone e dai neoplatonici: la supremazia sull’ente dell’essere come causa prima, per esempio, è stata apertamente presa dai platonici, anche se nella motivazione della tesi si distacca da essi, che tenevano presenti soltanto enti separati l’uno dal25 S. Th. I. q. 7, a. 1. S. Th. I. q. 2, a. 3. 27 S. Th. I. q. 2, a. 3. 28 S. Th. I. q. 25, 1, c, q. 87, 1, c ad 2, Sent. 2, d. 3, q. 3, 1, c, S.c.G. 4, c. 11. 26 INFLUENZE PLATONICHE 51 l’altro: „Causa Prima, secundum Platonicos quidem, est supra ens, in quantum essentia bonitatis et unitatis, quae est Causa prima, excedit etiam ipsum ens separatum. Sed secundum rei veritatem Causa Prima est supra ens, in quantum est ipsum esse infinitum.”29 (“La Causa Prima, secondo i Platonici, è al di sopra dell’ente, in quanto la Causa Prima, essenza di bontà ed unità, supera lo stesso ente separato. Ma secondo la verità della cosa, la Causa Prima è al di sopra dell’ente, in quanto essa è essere infinito.”) Nel testo è tipicamente platonico il riferimento alla bontà ed all’unità in uno (cf. Hen!), identità che viene presa molto sul serio: „quia cum Deus sit ipsum esse et ipsa essentia bonitatis, quicquid pertinet ad perfectionem bonitatis et esse, totum Ei essentialiter convenit”30 (“essendo Dio l’essere stesso e l’essenza stessa della bontà, tutto quanto pertiene alla perfezione della bontà e dell’essere, conviene essenzialmente a Lui). Tra le fonte platoniche c’è anche colui Dionigi Pseudo-Aeropagita chi è molto accettato nell’università odierne. Tommaso nel suo insegnamento sorprendentemente moderno è mutuato da Dionigi Pseudo-Aeropagita, in un’ottica già propria e peculiare: “Dionysius Deum nominat quandoque ipsum bonum aut superbonum… et similiter supervitam, supersubstantiam…” 31 (“Dionigi nomina di volta in volta Dio come il bene stesso o il superbene… similmente supervita, supersostanza…”) Allora Dio sta sopra dell’ente, bontà, sostenzialità, e tutti i possibili predicati. In questa maniera San Tommaso sembra obiettare con secoli d’anticipo alle critiche heideggeriane, affermando di voler parlare di Dio nient’affatto onticamente, ma ontologicamente. Secondo Joseph Moreau ha sapore platonico anche il fatto che San Tommaso ritenga l’essere divino „perfectio omnium perfectionum”, cui si richiama esplicitamente nella riflessione su Dio presa dalle perfezioni.32 In Platone l’ente figura ancora come „un qualcosa”, l’essere come un „uno”, l’”Unico” (Hen), che è identi29 In Librum de Causis expositio, pr. VI, 1. 6. Ibd. Pr. III, 1, 3. 31 In De Div., Nomm Prem., IIa 32 MOREAU, J., „Le platonisme dans la Somme Theologique”, in Tommaso d’Aquino nel suo VII Centenario, Roma-Napoli 1974, 53. 30 52 ISTVÁN GÁBOR CSELÉNYI co alle altre proprietà trascendentali, e che riveste il concetto di Idea (v. l’idealismo platonico).33 In San Tommaso l’accento cade piuttosto sull’essere: „Ens secundum rationem est prius quam bonum.”34 (“Secondo la ragione l’ente precede il bene.”) Ed è senza dubbio un motivo platonico anche l’identificazione dell’essere divino ed atto puro. E qui siamo di nuovo ad una questione linguistica: mentre in Occidente la potentia indica una recettività piuttosto passiva, il suo precedente terminologico, il Greco, in Platone e platonisti dynamis presuppone un dinamismo, in base al quale la ousia (essenza) stessa è dinamica.35 Come anche un’attività è presupposta dal termine energeia (dall’espressione en-ergo, essere al lavoro). Il concetto di atto in San Tommaso vuole restituire precisamente questo significato, così che l’actus purus può essere inteso anche come attività continua. Dobbiamo aggiungere che atto è una delle parole preferite del filosofo, poiché figura, secondo la Tabula aurea, 1500 volte, secondo 200 diverse accezioni, nelle opere dell’Aquinate. Restando sulle orme di Aristotele, vede nelle cose la duplicità di potenza ed atto; è proprio l’analisi degli enti a portarlo di nuovo a riconoscere che la causa finale può essere, tutto sommato, solo „mero atto”36. Per citare un passo: „Solus Deus, qui est ipsum suum esse, est actus purus et infinitus.”37 („Soltanto Dio, che è esso stesso il proprio essere, è atto puro ed infinito.”) All’immagine del mero atto si deve necessariamente aggiungere quella della „forza che si slancia nell’essere finale”: „Esse ipsum est actus ultimus, participabilis ab omnibus, nihil participans.”38 („L’essere stesso è atto ultimo, di cui può fruire ogni cosa, 33 GIACON, C., op. cit., 281-282. S. Th. I. q. 5, a. 2. 35 RITACCO-GRAZOSO, G., „A Note on Dionysius and St. Thomas”, in: The New Scholasticism, Spring 1989 (vol. LXIII. No. 2) 158. 36 S.Th. I. q. 3, 1, 2; q. 9, 1; q. 12. 1; q. 14, 2 ad 3; q. 25. 1; q. 49, 3 ad 2, q. 50. 2 ad 3; q. 54, a. 1; q. 75, a. 5, ad 4, q. 87, a. 1; q. 89, a. 2, ad 4, q. 90 a 1; q. 115, a. 1. ad 2, I-II-ae q. 49, a. 4; q. 50, a. 6 etc. 37 S. Th. I. q. 50, a. 2, ad 3. 38 De Anima 6, ad 2. 34 INFLUENZE PLATONICHE 53 ma che di nulla partecipa.”) La interpetazione dell’essere divino come attualità oggi può essere ancora più interessante per il fatto che ci libera dal pregiudizio che il tomismo voglia santificare l’irremovibilità. La partecipazione Ma è Tommaso settatore di Platone anche nell’uso della categoria della partecipazione. „Tutte le cose che esistono partecipano dell’essere.” 39 „Quanto ha essere, ed insieme non essere, è esistente per partecipazione”40 – dice Tommaso. Quest’ultima dichiarazione la troviamo immediatamente in apertura, nel capitolo terzo della prima parte della Summa: per l’Aquinate è dunque primissimo assioma, che gli enti siano soltanto partecipazioni. In particolare, l’essere è incapace di avere dell’abbondanza totale di essere, che pure è in sé infinito 41 – e questo costituisce la base della sua celebre riflessione su Dio. Per questo possiamo dire che la profondità intima dell’essere superi infinitamente l’ente (finito). La partecipazione (methexis, participatio), categoria non aristotelica ma platonica, coglie anche la propria e adatta forma grammaticale, appunto ens come participio presente (participium praesens) del verbo sum, esse, fui. Tra gli altri, Vittorio Possenti ha richiamato l’attenzione sul fatto che lo stesso participio derivi dalla locusione partem capit, allo stesso modo della partecipazione. La forma participiale (ens ovvero ciò che è42) esprime dunque come 39 In evang. Joan., Prol., n. 5. S. Th. I.q. 3. 41 ibidem I, 43 42 Comm. Peri Herm., I. l. 5. 71. v. Sent., dist. VIII, q. 1, a. 1: „hoc no men qui est vel ens”, In Met. V. 1. 18., n. 951; XII, l. 1, n. 2416,; S.c.G. II, 54;S. Theol. I. 5, 1., De pot., VIII, a. 2;Net. IV. 1. 1., n.535, 536; De pot. III. a. 8; Met. XI. L. 3, n. 2197;Met. XI. L. 8, n. 2540;Met. VII. L. 4, n. 1331; DE gener. et Corrupt. I. 6. 40 54 ISTVÁN GÁBOR CSELÉNYI l’ente partecipi dell’essere.43 Quanto affermato a proposito dell’ens può essere a giusto diritto inteso come a proposito dell’essere. Viene sottolineato anche da Luigi Bogliolo che: „L’ente in questo saggio è inteso in senso forte, cioè come participio presente del verbo essere, atto di ogni atto, perfezione di ogni perfezione che rende attuale, esistente tutto ciò che esiste. L’ente così inteso coinvolge, necessariamente, l’essere realizzato secondo una determinata misura o essenza. Le parole esistere ed esistente si riferiscono sempre all’ente concretamente attuato dall’atto primo che è appunto l’essere.”44 La forma participiale – forma aggettivale del verbo, ma diremo piuttosto semplicemente l’aggettivale, anzi il nominale – (ens, ente, étant, Seiend, being, létező) si riferisce inequivocabilmente alla forma infinitiva (esse, essere, être, Sein, to be, lenni=lét) ed alla forma verbale (est, è, est, ist, is, van), dove questo infinitivo bene esprime l’infinità ed indefinibilità dell’essere! Come ho già avuto modo di ricordare, l’Aquinate ha fatto propria anche la teoria platonica della partecipazione. 45 L’ente, la sua essenza, la reità (quidditas) sono partecipazione dell’essere. La reità viene definita „participans esse”. La comprensione dell’essenza è invece già capacità fondamentale della ragione umana, così che la stessa conoscenza ci rende partecipi dell’essere. Il processo di partecipazione rende la creatura simile a Dio, forma in noi l’immagine di Dio. L’esemplarità Un altro elemento platonico presente nel pensiero tomistico consiste nel ritenere l’essenza conoscibile delle cose singola idea 43 POSSENTI, V., Il reale concreto è raggiunto atraverso l’universale e l’essere. „’Intellectus’ e intuizione dell’essere”, in Studi tomistici 40, Vaticano 1983. 135. 44 BOGLIOLO, L., „Essere e conoscere”, in Studi tomistici 21, Vaticano 1983. 149. 45 Cf. FABRO, C., Partecipazione e causalità secondo S. Tommaso d’Aquino, Torino, 1960. 100. INFLUENZE PLATONICHE 55 di Dio, nel senso degli exempla delle cose, della causa-esemplare (esemplarismo)46. Nella Summa inoltre è chiaramente dichiarato come, grazie alla mediazione di Sant’Agostino, sia stata mutuata la tesi che l’idea di ogni cosa esista in Dio, e che l’anima conosce in conformità a questo: “Augustinus, in libro LXXXIII Quaest., qu. 46, posuit loco harum idearum, quas Plato ponebat, rationes omnium creaturarum in mente divina existere, secundum quas omnia formantur, et secundum quas etiam anima humana omnia cognoscit.” 47 L’esemplarismo platonico ed agostiniano presuppone una duplice partecipazione: le cose stesse sono partecipazioni, chi conosce partecipa nuovamente dell’essere, cosa che Tommaso ritiene per così dire propria: „Cum ipsa sua essentia /rei/ sit etiam species intelligibilis, ex necessitate sequitur quod ipsum eius intelligere sit eius essentia et eius esse.”48 („Essendo l’essenza stessa /di una cosa/ anche specie intellegibile, da questo discende necessariamente che comprendere qualcosa sia lo stesso che essere essenza ed essere della cosa.”) Ed altrove: „Cum suum esse sit suum intelligere.” 49 („Poiché l’essere proprio è comprendere quanto è proprio.”) Tutto questo potrebbe anche diventare la base concettuale di una sorta di idealismo soggettivo (che investirebbe anche la ragione umana di forza creatrice), ma San Tommaso – quasi presentendo questa sorta di pericolo kantiano, fichtiano o addirittura esistenzialista – lo evita indicando come Dio sia puro atto, mentre la ragione è mescolanza di potenza ed atto (e per questo non ha forza creatrice): „In substantiis vero intellectualibus est compositio ex actu et po46 „Les idées, dira-t-il, qui nous représentent les créatures, ne sont que des perfections de Dieu, qui répondent a ces memes créatures, et qui le représentent.” MALEBRANCHE, Recherche de la Vérité, I 14, 2 (Oevres complétes, I 157). 47 S. Th. I. q. 84, 5. 48 S. Th. I. q. 14, a. 4. 49 S. Th. I. q. 14, a. 5. 56 ISTVÁN GÁBOR CSELÉNYI tentia, non quidem ex materia et forma, sed ex forma et esse participato.”50 („Nelle sostanze intellettuali esiste una combinazione di atto e potenza, non però di materia e forma, ma di forma e di essere partecipato.”) Questa coincidenza ed identità dell’essere e conoscenza da ci un nuovo fondamento a superare il dualismo cartesiana (materialismo ed idealismo): l’essere in se contiene l’essere oggetivo e soggetico. Secondo la trinitologia psicologica, nominata agostiniana-tomista, in Dio, nell’essere assoluto consta il rapporto del Padre e Figlio come relazione del conoscente e conosciuto (quasi Soggetto ed Oggetto), e l’unità di questi ambedue nella persona dello Spirito Santo. Consequenza Le influenze di pensiero vicine e lontane – influenze platoniche ed agostiniane – verificano bene ai nostri occhi, che San Tommaso ha creato, nel proprio pensiero ontologico, qualcosa di unico, probabilmente quanto di più imperituro nella sua eredità spirituale: proprio per questo abbiamo affrontato l’impresa di mettere a confronto la sua teoria dell’essere con i pensieri ontologici moderni, fino a giudicare questi ultimi sulla base dell’insegnamento tomistico. 50 S. Th. I. q. 50, a. 2, ad 3.