Roma: crisi e fine della Repubblica 1. La crisi del sistema repubblicano, il malcontento e la guerra sociale (I sec. a.C.) La crisi agraria e il tentativo dei fratelli Tiberio e Caio Gracco L’economia agricola diffusa nei territori romani era nei secoli iniziali della Repubblica un’economia caratterizzata dalla piccola proprietà, ma con le conquiste territoriali e l’aumento delle ricchezze in mano a pochi, la piccola proprietà venne gradualmente sostituita dalla grande proprietà: nascono le “ville” e soprattutto i “latifondi” e l’agricoltura si trasforma da agricoltura di consumo ad agricoltura di produzione (con colture particolari destinate alla vendita). Il diffondersi del latifondo costrinse molti piccoli proprietari a cedere la proprietà e a cercare nell’urbe (a Roma) una possibilità di sopravvivenza; è in questo periodo che Roma si riempie a dismisura con un proletariato urbano facilmente strumentalizzabile nelle lotte tra fazioni in lotta. Proprio per porre un limite alla diffusione della grande proprietà terriera a danno della piccola proprietà, e per rispondere così al diffuso malcontento, Tiberio Gracco (eletto tribuno della plebe nel 133 a.C.) propose una riforma agraria che poneva un limite alla grandezza del latifondo che poteva essere posseduto da una persona. Il territorio recuperato sarebbe stato distribuito ai nullatenenti. Nonostante le proteste dell’aristocrazia senatoria, la legge venne approvata (Tiberio Gracco venne però ucciso nel 132 a.C.). L’applicazione della legge venne attuato dal fratello di Tiberio, Gaio, che emanò altre leggi a favore della plebe, ma anche lui venne ucciso. La riforma agraria dei due fratelli rispose, almeno in parte, al diffuso malcontento della classe più povera, ma la loro fine tragica dimostra quanto la classe più ricca, legata ai propri privilegi, fosse avversa alle riforme che toccavano i suoi interessi. La netta divisione che si andava così costituendo tra le diverse classi sociali sarà la causa prima delle guerre civili del I sec. a.C. e del futuro avvento della struttura imperiale. La “Guerra sociale” e l’estensione della cittadinanza romana ai popoli italici (90-88 a.C.) Con le prime espansioni territoriali si creò all’interno del territorio governato da Roma una distinzione, indipendente dal censo e dalla classe sociale d’appartenenza, tra quanti erano cittadini romani e quanti non lo erano. Essere cittadini romani comportava una serie di vantaggi notevoli (tra questi la possibilità di ricevere parte delle terre conquistate dall’esercito). I popoli italici alleati (detti “soci” da qui “guerra sociale”) di Roma, che avevano combattuto assieme ai Romani le truppe di Annibale in Italia, durante la seconda guerra punica, facevano sempre più fatica ad accettare la condizione svantaggiosa derivante dalla mancata cittadinanza e iniziarono un movimento di protesta. La protesta degenerò ben presto in scontro armato vero e proprio. Gli scontri tra le popolazioni ribelli e l’esercito si susseguirono per oltre un anno (90-88 a.C), poi i Romani proposero la cittadinanza a quanti fossero passati dalla loro parte: molti decisero di arrendersi e così l’esercito di Roma poté sconfiggere le popolazioni ribelli rimanenti. 2. Dalla Repubblica all’Impero (I sec. a.C.) Le guerre civili Apparentemente il sistema repubblicano era riuscito a ritrovare un proprio equilibrio rispondendo al malcontento mediante la riforma agraria e l’estensione della cittadinanza romana, ma in realtà i motivi della divisione erano ancora presenti nella società romana, soprattutto tra cittadini appartenenti a classi sociali diverse. Lo scontro tra Mario e Silla (89-78 a.C.) Il primo scontro aperto tra cittadini romani si ebbe tra Mario (console vicino alla classe popolare) e Silla (che sosteneva gli interessi della classe aristocratica). La lotta per il potere tra Mario e Silla fu senza esclusione di colpi: mentre Silla era impegnato nella guerra in Asia Minore, Mario fece uccidere tutti i principali sostenitori dell’avversario e ne fece sequestrare i beni; la stessa cosa fece Silla quando, ritornato in Italia, riuscì a battere l’esercito nemico ritornando al potere. Silla addirittura emanò una vera e propria lista di proscrizione, sulla quale erano indicati tutti i suoi nemici, che potevano essere uccisi (in cambio si avrebbe ricevuto un compenso dallo Stato). Circa 5000 persone vennero uccise e i loro beni, una volta confiscati, andarono ad arricchire quanti erano vicini a Silla. Silla rimase al potere solo due anni nei quali cercò di riformare lo Stato per renderlo più stabile, quindi si ritirò a vita privata, morì nel 78 a.C. Pompeo, Crasso, Cesare (il primo triumvirato 60-44 a.C.) Qualche anno dopo, altri due generali divenuti consoli, Pompeo e Crasso, assunsero poteri enormi e tra loro iniziò a nascere invidia e gelosia. Il loro crescente potere venne inizialmente contrastato da Giulio Cesare, ma nel 60 a.C. i tre strinsero un accordo con il quale si impegnavano a dividersi il potere, mantenendo la pace tra loro. Nel 58 a.C. Cesare ottenne un esercito per conquistare la Gallia e dopo alcuni anni di combattimenti ritornò vincitore. Crasso era nel frattempo morto, ma i successi di Cesare suscitarono le invidie del senato e di Pompeo, che lo privò dei suoi poteri. Nel mese di gennaio del 49 a.C., attraversato il fiume Rubicone (al confine tra Gallia Cisalpina e Stato romano), Cesare marciò con il suo esercito verso Roma. Pompeo si spostò allora in Grecia con il proprio esercito e qui avvenne lo scontro decisivo. Sconfitto, Pompeo scappò in Egitto presso la corte di Tolomeo, ma qui venne ucciso. Cesare si spostò quindi in Egitto dove riuscì a imporre Cleopatra (figlia di Tolomeo) quale regina; si trattenne quindi presso di lei per nove mesi e dalla loro unione nacque un figlio (Cesarione). I poteri assunti da Cesare, ora che gli altri due triumviri erano morti, erano enormi: ottenne nel 46 a.C. la dittatura per dieci anni (carica fino ad allora solo temporanea e collegata a gravi emergenze), e nel 44 la trasformò in dittatura a vita. Assunse quindi il titolo di “imperator” e padre della patria, ebbe inoltre facoltà di riprodurre la propria immagine sulle monete e assunse i massimi poteri anche in campo religioso (pontefice massimo). Il senato aveva ormai assunto un atteggiamento servile nei confronti di Cesare e l’instaurarsi di una forma di governo monarchico sembrava ormai vicina quando Cesare venne ucciso (nel marzo del 44 a.C.), per mano di un gruppo di senatori che aveva organizzato una congiura nei suoi confronti. Antonio, Lepido, Ottaviano (il secondo triumvirato 43-31 a.C.) Dopo la morte di Cesare si formò, nel 43 a.C., un secondo triumvirato, anche questo destinato a durare molto poco, costituito da Antonio (guida dei sostenitori di Cesare), Ottaviano (nipote di Cesare e suo erede universale) e Lepido (comandante delle truppe della Gallia transalpina). In nome della memoria di Cesare i tre si accordarono per sopprimere quanti erano stati contrari al dittatore ucciso; si formarono così nuovamente delle liste di proscrizione degli avversari da eliminare e dei beni da incamerare. Nel frattempo Lepido si fece estromettere a vantaggio di Antonio e Ottaviano. I due, dopo aver sconfitto i principali responsabili dell’uccisione di Cesare, decisero di spartirsi il controllo dell’impero: a Ottaviano l’Occidente e ad Antonio l’Oriente. Antonio si unì a Cleopatra, regina d’Egitto, e si avvicinò ai costumi orientali. Proprio su questa debolezza puntò Ottaviano, che voleva eliminare il rivale: convinse l’opinione pubblica e il senato di Roma che Antonio voleva trasferire la capitale ad Alessandria d’Egitto e far diventare Cleopatra regina dell’impero. Si arrivò allo scontro: gli eserciti di Ottaviano, da una parte, e di Antonio e Cleopatra, dall’altra, si scontrarono nella battaglia navale di Azio (vicino alla coste dell’Epiro (oggi Albania), nella penisola balcanica) nel 31 a.C. Ottaviano ne uscì vincitore e Antonio e Cleopatra si uccisero; anche l’Egitto divenne una provincia di Roma. Con la morte di Antonio, Ottaviano era rimasto solo al potere e cominciò da subito una grandiosa opera di riorganizzazione dello Stato romano. Pur non mutando nella forma le istituzioni, diede vita, di fatto, alla trasformazione della Repubblica in Impero.