IL REGNO DI SARDEGNA E CAVOUR Ai moti rivoluzionari del 1848 seguirono condanne di patrioti in Italia e in Europa, in particolare nei territori dell’Impero Austriaco. Il Regno di Sardegna, tuttavia, conservò la Costituzione e il Parlamento, per questo era visto dai patrioti come l’unico stato capace di attuare l’unificazione italiana. Dopo l’abdicazione di Carlo Alberto, re di Piemonte e Sardegna era Vittorio Emanuele II, che era affiancato da un governo moderato presieduto da Massimo d’Azeglio. Veniva favorita la grande borghesia, a discapito di aristocrazia e clero. Nel 1850 diventò ministro dell’agricoltura il conte Camillo Benso di Cavour, che due anni dopo prese il posto di d’Azeglio alla presidenza del consiglio dei ministri. L’obiettivo di Cavour era quello di trasformare il piccolo stato sabaudo in una potenza economica sul modello inglese. Per questo favorì un’economia liberista, abolendo parzialmente i dazi doganali per agevolare il commercio, e sostenne lo sviluppo del settore siderurgico e meccanico (ad esempio le officine Ansaldo di Genova). In questi anni il Regno di Sardegna si dotò della rete ferroviaria più lunga d’Italia e di una serie di importanti infrastrutture, come il traforo del Fréjus tra Francia e Piemonte o un sistema di canali per irrigare le risaie, soprattutto in provincia di Vercelli (Canali Cavour). Lo statista piemontese introdusse inoltre un nuovo sistema fiscale, tassando anche ceti che in precedenza erano privilegiati, e instituì una Banca Nazionale. Dal punto di vista politico, Cavour sosteneva un paese in cui Chiesa e Stato convivessero ma fossero indipendenti (“Libera Chiesa in libero Stato”). Inoltre, anche se era lontano dalle idee repubblicane mazziniane (che del resto erano fallite), Cavour si faceva promotore di un paese indipendente ed unito, perché si rendeva conto che la frammentazione dell’Italia era un freno per il progresso economico del Regno di Sardegna. Per raggiungere questo obiettivo, però, lo stato sabaudo non poteva rimanere isolato: era necessario attirare sull’Italia l’attenzione di tutta l’Europa, per trovare un sostegno internazionale. L’occasione si presentò nel 1855, quando Francia e Inghilterra invitarono il Regno di Sardegna ad allearsi con loro nella Guerra di Crimea, contro la Russia. Nonostante l’opposizione dell’opinione pubblica, contraria alla partecipazione ad un conflitto ritenuto estraneo agli interessi dello stato sabaudo, Cavour decise di inviare delle truppe. Sperava infatti di partecipare ai successivi trattati di pace, per poter discutere della questione italiana con i rappresentanti delle maggiori potenze europee. Come previsto, nel 1856 lo statista piemontese prese parte alla Conferenza di Parigi, dove ottenne l’appoggio dell’ Inghilterra e soprattutto della Francia, guidata da Luigi Napoleone Bonaparte. Quest’ultimo, che nel frattempo, aveva attuato un colpo di stato e si era fatto proclamare imperatore dei francesi col nome di Napoleone III, stipulò con Cavour una vera e propria alleanza militare (accordi di Plombières 1858). Il patto prevedeva che Napoleone III sarebbe intervenuto a fianco dei Savoia qualora fossero stati attaccati dagli austriaci. A guerra ultimata, in caso di vittoria, la Francia avrebbe ottenuto Nizza e Savoia, mentre il Regno di Sardegna avrebbe annesso Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Cavour inoltre progettava la creazione di altri due regni, uno al centro e uno al sud Italia, con l’esclusione del Lazio che doveva rimanere al papa.