Ripiegamento proteico: dalla Rice University il nuovo metodo di studio I fisici della Rice University hanno scritto un capitolo nuovo riguardante lo studio delle forze che tengono insieme le proteine. La nuova ricerca è sulla copertina del numero del 6 agosto del Journal of Physical Chemistry. Le proteine, come dice il loro stesso nome, derivato dal greco antico proteios, che significa “al primo posto”, sono alla base della vita. Ogni proteina è una serie di aminoacidi associati come un filo di perle. L’ordine degli aminoacidi proviene direttamente dal “progetto” del DNA, ma questo ordine non indica agli scienziati quale struttura tridimensionale esse assumono e perciò quale funzione la proteina è destinata a compiere. Le proteine si ripiegano su se stesse poco dopo essere prodotte (o contestualmente). Questo processo è critico, perché il ripiegamento potenzialmente potrebbe dare diversi risultati, di cui solo uno è quello giusto, quello che renderà funzionale la proteina. Ma che succede se qualcosa va storto? Si ritiene che malattie come il morbo di Alzheimer, la fibrosi cistica, la BSE (il morbo della mucca pazza), una forma ereditaria di enfisema e anche molti tipi di cancro siano il risultato di un processo di folding ovvero di ripiegamento non corretto (misfolding). Quando le proteine non si avvolgono nel modo corretto, esse possono raggrupparsi insieme (aggregarsi). Questi aggregati spesso si accumulano nel cervello, dove si suppone siano la causa dei sintomi del morbo della mucca pazza o del morbo di Alzheimer. Il team di Ching-Hwa Jiang, assistente professore di fisica e astronomia alla Rice, è specializzato nello studio delle forze che tengono insieme i filamenti proteici. Il suo gruppo utilizza un microscopio a forza atomica (AFM). Questo microscopio consiste di una microleva (cantilever) alla cui estremità è montata una punta acuminata (tip), tipicamente composta di silicio o nitruro di silicio che ha raggio di curvatura dell’ordine dei nanometri. La punta viene collocata nelle strette vicinanze della superficie del campione di cui effettua la scansione. La forza di Van der Waals che agisce tra la punta ed il campione provoca una deflessione della microleva (la cui costante elastica è nota). La deflessione è misurata fornendo dati sulla struttura della terziaria e quaternaria della proteina. Il lavoro di Jiang non è l’unico modo per studiare il ripiegamento proteico. Altri gruppi utilizzano sostanze chimiche per determinare l’energia necessaria a dispiegamento delle proteine. “Il metodo che utilizza un denaturante chimico dà informazioni molto accurate sullo stato di “folding” della proteina e compendia i risultati ottenuti con il nostro studio” sostiene Jiang. “Questa è una ricerca fondamentale” ha detto Jiang. “Abbiamo bisogno di rispondere a queste domande per comprendere meglio come le proteine si ripiegano, il che riguarda la salute delle persone, nella speranza di trovare i dati che potrebbero portare a nuove terapie”. La ricerca è stata sponsorizzata dalla National Science Foundation, il National Institutes of Health e la Fondazione Welch. Fonte: Rice University Copyright © - Riproduzione riservata