DESCRIZIONEDEL PROGETTO A Chernobyl il 26 aprile dell'86, l'esplosione del reattore numero 4, sprigionò 50 tonnellate di materiale radioattivo, una nube tossica si estese su tutta l'Europa: 200 mila chilometri quadrati di territorio furono sorvolati dalla nube radioattiva. L’incidente di Chernobyl ha causato la contaminazione radioattiva dell’ambiente di molte comunità della Regione di Brjansk, nella Russia occidentale vicino all’Ucraina e la Bielorussia. La popolazione ha riportato gravi conseguenze; gli effetti dei danni ambientali nelle comunità colpite continuano a presentarsi sotto forma di problemi per la salute dei loro abitanti, soprattutto per l’aumento dell’incidenza e della mortalità per tumori. Si stima che il numero delle persone pesantemente contaminate in seguito all’incidente sia di più di 5 milioni, attualmente residenti nella zone della Bielorussia, della Russia e dell’Ucraina. Nella Fig. 1 viene rappresentata l’area attorno a Chernobyl e il potenziale radioattivo a cui le popolazioni sono state esposte. Figura 1. La zona contaminata fra Belarus, Russia (Regione di Brjansk) ed Ucraina. Sulla base della carenza di informazioni scientifiche sperimentali sugli effetti sulla salute che radiazioni a dosi anche basse potevano comportare sulla salute, dopo l’incidente di Chernobyl la Provincia di Bologna ed i Comuni del bolognese finanziarono in parte un esperimento a lungo termine su roditori condotto nei laboratori di ricerca del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini. I primi dati, pubblicati di recente, dimostrano che l’esposizione a radiazioni ionizzanti somministrate anche a dosi basse (simulando quindi una popolazione distante anche centinaia di chilometri da un grosso incidente nucleare), nel modello sperimentale utilizzato, comporta un aumento dei tumori maligni totali, in particolare dei tumori cutanei e dei tumori mammari nei due sessi, e dei tumori del pancreas endocrino soprattutto nel sesso maschile. Nel 2006 sul “Journal of Radiology Protection” è stata pubblicata una revisione (Cardis et al. Cancer consequences of the Chernobyl accident: 20 years on) che ha esaminato le conseguenze delle radiazioni sull’incidenza dei tumori nelle tre differenti popolazione esposte: i lavoratori coinvolti nelle operazioni di emergenza, pulizia e contenimento delle aree inquinate totale 600.000 persone gli abitanti evacuati nei mesi successivi all’incidente – circa 116.000 nei mesi immediatamente successivi e 220.000 dopo il 1986 gli abitanti delle aree che non furono evacuati – circa 5 milioni nelle aree della Bielorussia, Ucraina e Russia. L’effetto principale sulla salute è determinato dal notevole aumento, nei 20 anni considerati, del carcinoma della tiroide nelle aree più contaminate a carico soprattutto di coloro che sono stati esposti alle radiazioni durante l’infanzia e l’adolescenza. Nel 1995 l’incidenza di questo tumore fra bambini era di 4 casi su 100.000 in confronto ai 0.03-0.05 casi per 100.000 del periodo antecedente l’incidente. Nel 2000 l’incidenza per la fascia di età 15-18 anni era di 11,3 casi per 100.000. Nel 2002 l’incidenza per la fascia di età 19-34 era di 6,9 casi per 100.000 residenti in Bielorussia. Per quello che riguarda altri tipi di tumore, è stato rilevato un aumento nell’incidenza di carcinoma della mammella fra la popolazione ucraina e bielorussa residente nelle aree contaminate. E’ comunque da rilevare che alcuni tumori solidi hanno una latenza superiore ai 20 anni, ed è quindi ancora presto per trarre delle conclusioni definitive. Sebbene al momento, a parte un aumento rilevante dei tumori della tiroide nelle fasce di popolazione più giovane, non è stato osservato un effetto netto e consolidato sull’incremento dell’incidenza di altri tumori, noi sappiamo che, sulla base di esperienze di altre popolazioni esposte a radiazioni ionizzanti, è atteso un incremento del rischio relativo di tumore che potrebbe riflettersi, considerato l’elevato numero di persone esposte, in un sostanziale incremento del numero assoluto di casi di tumore nei prossimi anni. Facendo seguito a quanto sopra ricordato, l’Istituto Ramazzini, e quindi il Poliambulatorio Oncologico, propone di attuare un programma di sorveglianza oncologica il cui scopo è la diagnosi precoce dei tumori per le donne provenienti dai Paesi dell’est, in particolare da quelli confinanti con l’area di Chernobyl. Il Poliambulatorio si propone quindi come centro di riferimento per quelle donne che attualmente vivono in Italia per motivi di lavoro (badanti, colf, ecc.). Si tratta per lo più di donne che erano o bambine o adolescenti al momento dell’incidente radioattivo, e quindi in età molto suscettibile ai danni da radiazioni. L’Istituto Ramazzini si propone di attuare una campagna di informazione per queste donne a rischio attraverso incontri con associazioni che si occupano di donne immigrate, opinion leaders di comunità, mediatrici impegnate nei servizi socio sanitari. Una volta avviata questa campagna d’informazione, sarà possibile prenotare una visita oncologica generale che comprende: una anamnesi accurata con la raccolta di tutte quelle informazioni sulla storia familiare, sull’attività lavorativa, sugli stili di vita, sulle pregresse patologie; un esame obiettivo e l’esecuzione di esami diagnostici di base (mammografie, ecografie, esami citologici). L’Istituto Ramazzini, ai fini di valutare le dinamiche e l’efficacia dell’intervento, verrà affiancato dall’associazione “Diversa/Mente”, situata nel nostro territorio, e operativa dal 2000 nel settore del sostegno psicologico agli immigrati. Questa associazione, durante il percorso di realizzazione del progetto, valuterà la tipologia e la storia di vita delle utenti (focus sulle percezioni di malattia, sul trauma del disastro, sulla capacità soggettiva di farsi carico della propria salute); subito dopo la visita medica e gli accertamenti, l’associazione intervisterà le pazienti per raccogliere un feed-back immediato sulla prestazione sanitaria ricevuta. Il paziente verrà sostenuto anche nel percorso di approfondimento diagnostico e di terapia dopo il sospetto o la diagnosi di tumore, allo scopo di migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici, specialmente l’aspetto emozionale, sociale e delle relazioni interpersonali. Troppo spesso, infatti, il paziente oncologico ed i familiari si sentono soli di fronte e nei confronti della malattia. La parola tumore crea ansie, paure, angosce difficili da superare per il paziente e per chi gli è vicino. Il Paziente oncologico in generale non sa come affrontare la diagnosi, non sa a chi rivolgersi per gli approfondimenti e per le terapie; questo problema diventa enorme se si tratta di persone che provengono da Paesi stranieri. Per questo motivo è necessario costituire un punto di riferimento per queste donne, sia per la diagnosi precoce che per il follow-up dopo gli interventi terapeutici. Il reclutamento delle pazienti verrà attuato con la collaborazione della cooperativa sociale Casabase di Bologna, attiva nell’assistenza a badanti e colf, e con la collaborazione dell’associazione Diversa/Mente. PERCHE’ PENSI CHE LA BUONA VERNICE DOVREBBE SOSTENERE QUESTO PROGETTO? Gli stranieri residenti nella Provincia di Bologna costituiscono i 10.63% di tutta la polazione. Di questi il 60% è costituito da donne. Di queste donne la maggior parte proviene dalla Romania, seguite dalla Repubblica Moldova e dall’Ucraina. La fascia di età maggiormente rappresentata è di 30-50 anni. L’Istituto Ramazzini vuole porre l’attenzione sul fatto che questo gruppo di donne ha un alto rischio di sviluppare tumori, oltre al fatto che si tratta di donne che non vengono incoraggiate a seguire dei programmi di screening e tantomeno di diagnosi precoce; spesso sono in attesa di permesso di soggiorno, non sono socialmente integrate e neppure le famiglie per le quali prestano servizio comprendono la necessità di controlli medici quando le vedono ancora in salute. Pertanto in molte di queste donne non è possibile diagnosticare una patologia nella sua fase iniziale e spesso, quando viene fatta diagnosi, in molti casi è troppo tardi per effettuare interventi poco aggressivi e risolutivi. Una volta fatta Tutto questo ha un costo sia sociale che economico, che ricade sia sulle donne che sulle famiglie, oltre che sul sistema sanitario nazionale. PERCHE’ PENSI CHE L’ORGANIZZAZIONE CHE RAPPRESENTI, MERITI DI ESSERE SOSTENUTA? L’Istituto Ramazzini è una Cooperativa Sociale Onlus, impegnata da oltre 25 anni nella battaglia contro il cancro e le malattie ambientali e professionali. Fondato nel 1987 dal medico e scienziato Cesare Maltoni, oncologo di fama internazionale e da altre personalità della società civile ed accademica, l’Istituto Ramazzini è oggi una cooperativa sociale Onlus sostenuta da oltre 25.000 soci. “É meglio prevenire che curare” è l’eredità più importante che ci ha lasciato il medico carpigiano Bernardino Ramazzini (1633- 1714), padre della medicina ambientale e del lavoro. Tutti i nostri sforzi e le nostre attività nel campo della lotta contro i tumori e le malattie ambientali sono guidati da questo importante principio: nel Centro di ricerca, nel Poliambulatorio e negli incontri con i cittadini cerchiamo di diffondere la cultura della prevenzione, perché solo attraverso questo strumento al momento è realizzabile una strategia di lotta contro il cancro e altre malattie croniche, correlate all’attuale degrado nell’ambiente di vita e di lavoro.