cronogrammi - Aracne editrice

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CRONOGRAMMI
SEZIONE QUARTA
ROSMINIANA
6
Direttori
Paolo Armellini
“Sapienza” Università di Roma
Angelo Arciero
Università degli Studi “Guglielmo Marconi”
Comitato scientifico
Nicola Antonetti
Università di Parma
Maria Sofia Corciulo
“Sapienza” Università di Roma
Francesco Maiolo
Università di Utrecht
Andrej Marga
Università Napoca–Cluji, Romania
Gaspare Mura
Urbaniana, Roma
Philippe Nemo
European School of Management, Parigi
Rocco Pezzimenti
Lumsa, Roma
CRONOGRAMMI
SEZIONE QUARTA
ROSMINIANA
Ispirandosi all’arte di istituire, all’interno di una frase latina, una corrispondenza tra lettere e numeri in grado di rimandare a uno specifico evento
temporale (e, per estensione, alla costruzione di una correlata dimensione
spaziale) la collana “Cronogrammi” intende offrire, a studiosi, personalità
della politica e lettori interessati ai problemi della vita comunitaria, una serie
di monografie, saggi e nuovi strumenti critici aperti a una pluralità di linee
interpretative e dedicati a temi, questioni, figure e correnti del pensiero
politico. La consapevolezza del complesso e, talvolta, controverso rapporto fra verità e storia costituisce, in tale prospettiva, il presupposto di un
approccio critico concepito come una riflessione sul pensiero occidentale
incessantemente attraversato da problemi e situazioni che coinvolgono al
massimo grado la dimensione della politica sia nella sua fattualità empirica,
sia nella sua normatività razionale. Le diverse sfere della convivenza umana
hanno da sempre imposto alla politica di affrontare e risolvere (attraverso
la decisione o la teorizzazione intellettuale) il nesso spesso ambiguo fra la
ragione, il bene comune, l’universalità dei diritti e l’insieme degli interessi
individuali e collettivi. Questo insieme di relazioni ha sollecitato pensatori,
personalità politiche e osservatori sociali a disegnare una pluralità di modi
diversi di regolare l’attività politica, presente sia nella società civile, sia nella
sfera istituzionale, in modo da scorgere un terreno di differenziazione e di
convergenza fra la forza legittima della decisione e la ragione dell’esattezza
legale, tenendo conto della distinzione e a un tempo dell’indissociabilità
dell’astrattezza normativa con la molteplicità degli interessi in gioco nella
ricerca del consenso. Le distinte sfere della noumenicità della giustizia e
della fenomenicità dell’utilità, sempre finalizzate alla felicità della persona
e della comunità, hanno presentato nella storia dell’uomo diversi gradi di
approssimazione e vicinanza che corrispondono anche alla formulazione
dell’estesa quantità di teorie politiche, antiche e moderne. Per questo motivo “Cronogrammi” si propone di offrire un quadro critico, sia dal punto
di vista filologico che ermeneutico, della geostoria del pensiero politico
affrontando i suoi diversi volti ideali, storici e istituzionali.
La sezione “Politica, storia e società” comprende studi e monografie
dedicati all’analisi del percorso dialettico e diacronico di pensatori, correnti
e personalità politiche affermatesi in Occidente, sulla base di una duplice
prospettiva, dell’analisi dottrinale e della concreta realtà storico-politica, che
tenga sempre conto del nesso fra teoria e prassi.
La sezione “Testi e antologia di classici” è dedicata alla pubblicazione
di opere (in particolare inedite o rare), traduzioni e antologie dei grandi
pensatori della storia e delle principali ideologie, corredate da aggiornate
introduzioni e commenti critici di studiosi e specialisti che ne mettano in
rilievo prospettive stimolanti e originali.
La sezione “Protagonisti e correnti del Risorgimento” intende valorizzare, nell’attuale contesto internazionale di studi politici e sociali e a fronte
della mutevolezza delle circostanze storiche, l’idea di una ricorrente centralità di valori, in linea con la presenza nella storia di una philosophia perennis,
che i diversi politici, pensatori e storici (dal Rinascimento al Risorgimento,
dal Barocco all’Illuminismo), hanno espresso nei loro studi insistendo sulla
specificità di una storia italiana mai disgiunta dal contesto europeo.
La sezione “Rosminiana” intende pubblicare studi e ricerche sul pensiero teologico e politico di Antonio Rosmini Serbati e sulla relativa storiografia, che a partire dall’Ottocento e passando per tutto il Novecento, ha
fatto risaltare l’originalità di questo pensatore, la cui fedeltà al cattolicesimo
ha contribuito a rinnovare il nesso fra tradizione e innovazione alla luce
dell’eterno problema del rapporto fra fede e ragione e in vista della difesa
della persona contro ogni forma di dispotismo.
Il bello dell’insieme
Per una educazione enciclopedica
a cura di
Elena Mannucci
Giorgio Salzano
Contributi di
Andrea Annese
Paolo Armellini
Mauro Bontempi
Giovanni Franchi
Giuseppe Ignesti
Oronzo Labarile
Elena Mannucci
Domenico Mariani
Giorgio Salzano
Samuele Francesco Tadini
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 15
00040 Ariccia (RM)
(06) 93781065
isbn 978-88-548-7382-7
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: luglio 2014
Indice
9
Introduzione
Parte I
Uno sguardo d’insieme
17
Ontologia e antropologia allo specchio
Giorgio Salzano
49
La filosofia di Rosmini tra conoscenza, morale e storia
Paolo Armellini
Parte II
Teosofia e Teodicea
79
La novità della Teosofia rosminiana
Samuele Francesco Tadini
95
La Teodicea di Antonio Rosmini
Domenico Mariani
Parte III
Verbo di bellezza
139
Cristo–Verbo nel pensiero estetico rosminiano
Andrea Annese
163
Manzoni rosminiano
Elena Mannucci
Parte IV
Pedagogia
187
Linee di pedagogia rosminiana
Domenico Mariani
205
Educazione e fede
Oronzo Labarile
7
8
Indice
231
Il rinnovamento pedagogico della Chiesa sulla base dei
Santi Padri nel pensiero di Rosmini
Giuseppe Ignesti
255
La libertà di insegnamento
Oronzo Labarile
Parte V
Economia e politica
283
Antonio Rosmini maestro di economia: dall’utilità
all’appagamento
Mauro Bontempi
301
Problemi di etica della cultura in Rosmini
Giovanni Franchi
323
Bibliografia
Il bello dell’insieme
ISBN 978-88-548-7382-7
DOI 10.4399/97888548738271
pp. 9-14 (luglio 2014)
Introduzione
Sono ormai alcuni anni che ci riuniamo come “Amici di Rosmini” a riflettere su questioni filosofico-teologiche, nell’eredità
intellettuale e spirituale del beato Antonio. Due anni fa abbiamo
pubblicato una prima raccolta degli interventi ai nostri incontri
con il titolo di “Briciole di enciclopedia”. Il titolo era la parafrasi del “briciole di filosofia” ben noto ai cultori di Kierkegaard.
L’“enciclopedia” del titolo richiamava la fondamentale preoccupazione di tutta la carriera intellettuale e di scrittore di Rosmini con l’unità del sapere — il suo essere tale per cui tutte le
cose si richiamano l’un l’altra — che fin da ragazzo lo avevano
portato a progettare una enciclopedia cattolica da contrapporre a
quella illuminista. Il “briciole” rappresentava invece una affermazione di umiltà rispetto alle pretese enciclopediche. Proponiamo ora alcune nuove briciole, in cui come sempre l’enfasi
va sul senso dell’insieme che ingenera bellezza.
Più che nel volume precedente, gli interventi qui presentati
si soffermano sull’uso rosminiano del vocabolario dell’essere,
nel quale l’enciclopedia del sapere trova il suo fondamento. Rosmini resta infatti oggi, in seno alla filosofia moderna e contemporanea, il più grande maestro di una cultura dell’essere: intendendo con questo che l’essere è, comunque sia, l’oggetto del
sapere che si qualifica socialmente come cultura; ma anche che
il sapere è operativamente un coltivare, in quel terreno altrimenti selvatico che è la realtà, tutte quelle “cose” di cui abbiamo
cognizione: realtà a cui viene dato comunemente il nome di “essere”.
Volendo raggruppare i diversi contributi in parti, abbiamo
dovuto tenere conto del fatto che un corposo gruppo di essi ri9
10
Introduzione
guardava la “pedagogia”: che è di nuovo un altro modo di dire
la cultura, in quanto sapere che si trasmette di generazione in
generazione. Attorno a questo gruppo dovevamo perciò situare
gli altri disparati interventi, così che ne emergesse, se possibile,
in senso d’insieme. Nell’enciclopedia rosminiana la pedagogia
occupa infatti un posto particolare: senza negare, anzi pur sottolineando l’esistenza di facoltà innate in ogni uomo, Rosmini afferma però che è attraverso l’educazione che si attivano le facoltà di intelligenza e di sensibilità, che permettono
l’acquisizione del sapere ed il suo arricchimento. Ciò avviene
grazie all’autorità di un maestro, il quale alla fin fine, e cioè
all’inizio, non può che essere divino: il Logos che era al principio e che si è fatto carne.
Abbiamo dunque aperto il libro con una prima parte contenente i due contributi di Giorgio Salzano e Paolo Armellini, che
offrono uno “sguardo d’insieme” sul pensiero di Rosmini, che
si estende enciclopedicamente dalle più rarefatte questioni filosofiche alle più corpose realtà sociali, ed è quindi di grande utilità per fare chiarezza sulle controversie odierne. In termini più
specificamente filosofico–teologici, infatti, esse si caratterizzano per l’abbandono nella riflessione antropologica moderna del
vocabolario classico dell’essere; ma, come abbiamo detto, la
peculiarità di Rosmini sta proprio nell’aver recuperato quel vocabolario in seno alla riflessione antropologica, o, viceversa,
nell’aver saputo integrare questa riflessione in quella più antica
che nel vocabolario dell’essere si esprimeva.
Ciò che ha innanzitutto bisogno di essere chiarito, per Salzano, è che cosa intendiamo per antropologia: su che cosa rifletta
un discorso sull’uomo, e quindi se e come una simile riflessione
si differenzi da quella delle epoche passate sull’essere. Il nome
antropologia ha assunto infatti nel corso del Diciannovesimo
Secolo un diverso significato, a seconda che designiamo con
esso i discorsi sull’uomo in generale o la disamina delle testimonianze degli uomini di ogni tempo e di ogni luogo. Mentre
quelli si vogliono filosofici, con questa disamina l’antropologia
è stata qualificata in sociale e culturale. Ma è forse la più filosofica. Armellini sottolinea perciò la connessione nel pensiero ro-
Introduzione
11
sminiano della problematica cognitiva e morale con quella storica – nel senso che il nome storia ha assunto, di designazione
della realtà delle testimonianze degli uomini nel loro complesso. Ed è proprio attraverso le diverse testimonianze, che diventa
peculiare nella riflessione di Rosmini l’individuazione di un
possibile triplice orientamennto dell’essere: tre forme o categorie che egli designa come “essere ideale” o “oggettivo” (quando
il verbo essere è usato come predicato di tutti i predicati), “essere reale” o “soggettivo” (quando esso è usato anche per qualunque soggetto di predicazione), ed “essere morale” (quando attribuendo un predicato a un soggetto indichiamo anche la perfezione a cui questo tende).
Questo triplice orientamento nell’uso del vocabolario
dell’essere, che costituiva la visione d’insieme della prima parte, è fatto oggetto esplicito della trattazione nella seconda parte.
In essa abbiamo pensato di unificare i due contributi ai nostri
incontri specificamente dedicati a “teosofia e teodicea”. Infatti,
come Samuele Francesco Tadini spiega nel suo contributo riguardante la presentazione dell’edizione da lui curata della Teosofia di Rosmini, la novità è rappresentata proprio dalla detta
tripartizione dell’essere.
L’opera presentata è un frammento, già di per sé mastodontico nei suoi sei libri, della “teosofia” progettata da Rosmini,
che doveva dividersi in tre parti, distinte ma strettamente interconnesse, come lo è il triplice senso nell’uso del verbo essere:
“ontologia” (che è tutto quel che ci è pervenuto, ed anch’essa
incompiuta), “cosmologia” e “teologia razionale”. Purtroppo di
queste ultime due parti quasi nulla ci è pervenuto, e dobbiamo
inferirne il possibile contenuto dalla prima parte e dalle altre
opere di Rosmini. In particolare dalla Teodicea, di cui padre
Mariani ci presenta una corposa descrizione. In quest’opera Rosmini tratta della Provvidenza, tema a lui carissimo: e infatti,
dopo i primi due libri, di epoca giovanile, ad essa dedicati, vi
ritorna con il terzo, opera della piena maturità, scritta quando
ormai egli aveva pienamente elaborata la dottrina delle tre forme o categorie dell’essere. C’è un ordine ideale manifestativo di
sapienza — argomenta Rosmini — riscontrabile nella realtà co
12
Introduzione
smica e sociale delle cose, ed esso si lascia riassumere in alcune
leggi, eminentemente rappresentate nella coincidenza di idealità
e realtà nella persona di Gesù Cristo.
Nella parte successiva, la terza, abbiamo incluso due contributi alquanto diversi, ma accomunati dal tema della bellezza. Il
primo, di Andrea Annese, mostra l’importanza di questo tema,
condensato nelle pagine ad esso dedicate nel libro terzo della
Teosofia, nel pensiero complessivo di Rosmini, e come esso si
riporti, appunto, alla persona di Gesù Cristo. Che è perciò in
quanto verbo incarnato – suggeriamo nel titolo di questa parte –
“verbo di bellezza”. Il secondo è dedicato da Elena Mannucci al
Manzoni, che in quanto amico e fervente seguace della filosofia
di Rosmini, prova a riflettere, appunto in termini rosminiani, su
“che cosa fa l’artista quando crea”, e cioè in che cosa consista
quell’invenzione all’origine dell’opera d’arte, che è capace di
suscitare il plauso di chi guarda, ascolta o legge. L’opera di riferimento è il non molto noto dialogo Dell’invenzione, in cui
Manzoni si conforma “filosoficamente” all’insegnamento rosminiano, ma Mannucci sostiene inoltre che anche “artisticamente” Manzoni è pienamente interprete di quella idea di bellezza che Rosmini trae dalla filosofia platonica, sviluppandola
in senso cristiano.
La quarta parte riguarda la pedagogia rosminiana: come abbiamo detto precedentemente, tutti i discorsi di Rosmini, qualunque sia il campo del sapere cui si riferiscono, hanno quel carattere pedagogico di riattivazione del sapere trasmesso dalle
generazioni precedenti, che ha nel Logos creatore il suo autore,
da ultimo manifesto nell’efficacia redentrice della sua incarnazione in Gesù Cristo. È in questa linea che si realizza
l’intervento, come sempre improntato alla massima chiarezza,
del padre Domenico Mariani, il quale prende in esame l’intero
sviluppo del pensiero pedagogico rosminiano, dal suo primo
formarsi fino agli ultimi scritti. L’inquadramento che Oronzo
Labarile ne fa all’interno dei progetti educativi della Chiesa di
oggi, e la sua trattazione dello spinoso problema della libertà di
insegnamento, per Rosmini assolutamente cruciale, si rivelano
una lettura utilissima per tutti coloro che oggi si occupano di
Introduzione
13
scuola e educazione. Infine il contributo di Giuseppe Ignesti,
che prende in considerazione la valenza educativa che ha per
Rosmini il richiamo, tutt’altro che marginale, ai Padri della
Chiesa, dimostra ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno,
la necessità di avvalerci dell’apporto dell’antica sapienza per il
nostro tempo, spesso così distratto e prevenuto nei confronti del
passato.
La quinta ed ultima parte tratta di “politica e economia”,
campi della vita ordinaria di cui tendiamo oggi a parlare come
se fossero separati dal resto delle questioni che si agitano nel
sapere complessivo del nostro tempo, ma a cui con grande impegno si volge l’attenzione pedagogica di Rosmini. Nel suo intervento, Mauro Bontempi mostra che, benché Rosmini non abbia dedicato all’economia un trattato separato, le sue opere morali, politiche e giuridiche, sono piene di notazioni al riguardo
che permettono di ricostruire una visione d’insieme di grande
consistenza e attualità. Il contributo di Giovanni Franchi, infine,
ci reintroduce al tema della cultura che ha fatto da leitmotiv di
questa nostra breve presentazione: egli sottolinea l’importanza
di rimettere in discussione il rapporto tra moralità e cultura, in
particolare riguardo alle questioni politico–religiose che investono il rapporto Stato–Chiesa, segnalando la validità e
l’efficacia della risposta rosminiana rispetto ad altre, pur se
formulate in tempi più recenti.
Un’ultima notazione, prima di licenziare questo volume. Le
nostre riunioni hanno avuto luogo in seno a quella grande eredità di Rosmini che è la congregazione da lui costituita col nome
di Istituto della Carità. Incoraggiate e promosse dall’allora rettore della basilica romana di San Giovanni a Porta Latina, padre
Pierluigi Giroli, sono state tenute sotto gli auspici di padre Domenico Mariani, che ha sempre dato ad esse anche un suo importante contributo. Con nostro dispiacere, ma siamo sicuri con
suo grande gaudio, egli ci ha recentemente lasciati per tornare al
Padre. Gli articoli che figurano in questo volume sono quindi
gli ultimi suoi scritti, e sono per noi tanto più preziosi in quanto
vediamo in essi un suo ultimo lascito di carità intellettuale.
14
Introduzione
A lui, che si trova adesso “nella luce di Dio”, come dice il titolo di una sua recente pubblicazione, vogliamo dedicare questo
libro.
Elena Mannucci e Giorgio Salzano
Roma, 1° Luglio 2014.
PARTE I
UNO SGUARDO D’INSIEME
Il bello dell’insieme
ISBN 978-88-548-7382-7
DOI 10.4399/97888548738272
pp. 17-48 (luglio 2014)
Ontologia e antropologia allo specchio
Giorgio Salzano
1. Aporia: riflessione ontologica o antropologica
Forse vi sono state epoche, o vi sono contesti sociali, in cui vi è
consenso culturale, o, che è lo stesso, religioso, tale che mai una
domanda susciterebbe risposte incerte o contrastanti. Tutti sarebbero, allora, della stessa idea. Qualunque cosa sia la filosofia
se ne potrebbe fare bellamente a meno, poiché si sarebbe tutti
d’accordo. I problemi sorgono quando non è questo il caso; e
sospetto che non lo sia mai del tutto, poiché sempre l’accordo si
rinnova in relazioni sociali nelle quali è in causa la posizione
rispettiva delle parti coinvolte. L’idea che ci facciamo di noi
stessi gli uni in relazione agli altri va dunque sempre riconfermata. Tanto più dunque quando siamo rimessi in causa al divergere delle idee.
Si noti che ho buttato là questa parola idea, come se sapessimo bene cosa sia. Certo la usiamo correntemente, in un senso
che resta però nelle conversazioni quotidiane vago, ed in quanto
tale l’ho usata anche io qui, ma questo senso avrà bisogno di
chiarificazione. Ecco, quando cerchiamo di chiarire cosa intendiamo in ciò che ordinariamente diciamo e facciamo, la domanda se vi sia bisogno di filosofia già trova una risposta, poiché è
qualcosa che c’è bisogno di fare, ed era quello che originariamente ci si propose di fare sotto il suo nome.
Ordinariamente, senza troppo riflettervi, giudichiamo nelle
nostre azioni come stanno le cose con le quali abbiamo a che
fare tra noi. Ma questi giudizi sono anche oggetto di conversazione. E non sempre ci troviamo d’accordo, discutiamo anzi anche accanitamente su come effettivamente stiano le cose: se ad
esempio qualcosa o qualcuno sia buono e giusto. Questo ci pone
17
18
Giorgio Salzano
in una situazione di “aporia”, ovvero in una situazione di indecisione, ad un bivio, incerti sul da farsi. Possiamo anche accapigliarci, oppure discuterne all’infinto, senza raggiungere un accordo. Siamo, in tal caso, incapacitati: la diversità dei giudizi ci
impedisce, privandoci della capacità di fare o dire le cose giuste
nelle diverse circostanze della vita. Ma può anche succedere, ad
un certo punto, che ci rendiamo conto che la ragione del disaccordo non riguarda la cosa o la persona su cui si porta il giudizio, quanto piuttosto il criterio che impieghiamo nel giudicarle.
Se la discussione assume in questo modo una torsione riflessiva, allora siamo già entrati in filosofia.
Di fronte a giudizi diversi, quel che credevamo di sapere è
rimesso in causa. Di questo si tratta dunque quando il discorso
si porta riflessivamente su come giudichiamo le cose: del sapere, che diventa nella riflessione sapere di sapere. Si tratta di saper dire che cosa sia davvero sapere, ed essere quindi capaci di
render conto di ciò che affermiamo di sapere. Ma vi sono stati
storicamente in filosofia due fondamentali orientamenti della
riflessione a questo riguardo: chiamiamoli “ontologico” e “antropologico”.
Una illustrazione provvisoria, introduttiva, della differenza
tra i due orientamenti è data dal nostro uso corrente dell’infinito
sostantivato sapere: nel suo rinviare al participio presente ed al
participio passato1. Il participio passato, saputo, è in effetti poco
usato, ma bene designa quel che si sa, tutto ciò di cui abbiamo
cognizione, o in diversi campi (come quando diciamo ad esempio “il sapere scientifico”), o nel suo complesso. Ma già dire
così, che il sapere è ciò di cui abbiamo cognizione, lo riferisce a
noi: collettivamente, come alla cerchia sociale in cui certe cose
sono date come risapute, ed individualmente, come ho detto, per
la capacità che esse conferiscono ad ognuno di orientarsi nel
1
La connessione espressa dalla differenza tra participio presente e participio passato è rappresentazione linguistica di quella che chiamiamo, con parola
del pensiero medioevale ripresa in particolare da Edmund Husserl, intenzionalità: parola con cui egli richiama l’attenzione sul fatto che qualunque atto psicologico comporta sempre un complemento di specificazione – per cui ad
esempio la coscienza è “coscienza di…”, oppure l’amore è “amore di…”.
Ontologia e antropologia allo specchio
19
mondo. Il participio presente invece, sapiente, ha assunto come
aggettivo e sostantivo un significato molto forte2; ma di per sé
non significa altro che colui che sa: chiunque, perciò, nei limiti
di ciò che sa. E abbiamo già visto che con riferimento al “sapiente” il sapere assume il senso di una capacità: l’esercizio delle facoltà che egli mette in atto. Participio passato e participio
presente fanno riferimento, in altre parole, all’oggetto ed al
soggetto del sapere. L’uso sostantivato dell’infinito oscilla infatti tra l’uno e l’altro, perché è inconcepibile un oggetto di sapere senza il soggetto che sa, e viceversa. In breve, in tutti i nostri atti, noi intendiamo sempre qualcosa – e viceversa, non ha
senso parlare di qualcosa, che non sia intesa da qualcuno.
Che la riflessione sul sapiente si porti su “l’uomo” (anthropos in greco), e sia perciò chiamata “antropologica”, non pare
richieda spiegazioni: tutti sappiamo, o almeno riteniamo di sapere, di che cosa si parli. Che quella sul saputo sia chiamata
“ontologica” richiede invece qualche delucidazione in più. È un
aggettivo che viene dal greco antico, in cui il participio presente
di einai (essere), on, era comunemente usato per nominare genericamente le cose del mondo: ta onta. L’on on, o in latino
ens qua ens – “ente in quanto ente” o “essere in quanto essere”
in italiano – è stato quindi preso, a cominciare da Aristotele,
come oggetto di riflessione in una disciplina a sé, detta “metafisica”, che prendesse in esame che cosa si afferma quando si afferma qualunque cosa, ed identificasse quindi un qualcosa che è
primariamente oggetto di affermazione. Da qui l’aggettivo ontologico, per qualificare la riflessione sul “saputo”, oggetto nel
sapere di possibile affermazione da parte del “sapiente”.
Siamo invece talmente abituati, come ho detto, alla riflessione di tipo antropologico, che, mentre il vocabolario dell’essere è
diventato alieno, per non dire incomprensibile, alla cultura
odierna, il parlare de “l’uomo” non sembra farci problema –
benché poi discutiamo aspramente di ciò che costituisce la sua
2
Chiamiamo sapiente chi tra noi è ci appare dotato di una particolare visione d’insieme, per cui non solo sa sempre cosa fare, ma è anche per noi modello del da farsi.
Giorgio Salzano
20
umanità. Ciò non toglie che in effetti la riflessione si porti in
ogni caso su entrambi i lati del sapere allo stesso tempo, in discorsi che coniugano il “saputo” con il “sapiente”, e viceversa:
quando dall’antichità fino al medioevo la riflessione si volgeva
con il vocabolario dell’essere sull’oggetto del sapere, questo
abbracciava anche il soggetto che sa; e quando con il vocabolario antropologico la riflessione si è volta, in epoca moderna,
primariamente al soggetto del sapere, è sempre però per poter
decidere di ciò che è oggetto di sapere. Più di uno sono stati
quindi i tentativi di speculazione, volti a porre ontologia e antropologia allo specchio (speculum) l’una dell’altra. Ma fra tutti
spicca negli ultimi due secoli quello di Antonio Rosmini.
2. Quale antropologia
Parlare come facciamo correntemente dell’uomo è fonte di insormontabili difficoltà.
Un simile parlare è maturato a partire dal XVII secolo nei
discorsi de homine dei filosofi3, già da allora con pretesa di
scienza. Con essi l’antropologia assumeva quel carattere prevalentemente bio–psicologico che era destinato a mantenere fino
ad oggi. Da una parte “l’uomo” è riguardato come organismo
vivente, alla pari di qualunque altro animale, e rientra così nelle
scienze dette della natura, in quanto scienze dei corpi ai quali la
coscienza è del tutto estranea4; dall’altra è riguardato come
qualcuno che, a differenza di altri organismi viventi, è cosciente
di sé, perciò capace di intendere e di volere, nel far mostra di
quel sapere in cui anche le dette scienze rientrano.
Da qui le insormontabili difficoltà: nello stato odierno del
sapere, il “bio” e lo “psico” sono separati. Nel pretendere di
spiegare tutto il sapere sulla base dell’esercizio delle facoltà
3
On man, on human understanding, on human nature, come recitano famosi titoli inglesi: cfr. l’Essay on human understanding di John Locke, oppure ilTreatise on human nature di David Hume.
4
A voler essere più analitico, dovrei dire che la vita è tanto estranea alla
fisica ed alla chimica quanto la coscienza lo è alla biologia.
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