RASSEGNE CRITICHE BIBLIOGRAFICHE
IL GIOCO D’AZZARDO NELLA LETTERATURA DELLE DIPENDENZE
di Carlo Vetere
Parole Chiave: Gambling; Gioco patologico; Adolescenti; Internet; Dipendenza; Comportamenti a rischio; Comorbosità; Serotonina; Noradrenalina; Trattamenti farmacologici; Trattamenti comportamentali; Sistemi di limitazione;
Videogiochi.
Premessa
Il DSM-IV definisce il gioco patologico (1) come:
Comportamento persistente e ricorrente di gioco con almeno cinque delle seguenti caratteristiche:
1. Il gioco costituisce una preoccupazione costante (pensieri relativi alle partite passate, pianificazione di nuove
giocate, pensieri continui per procurarsi il denaro);
2. Bisogno di giocare sempre più con somme maggiori per poter provare eccitazione;
3. Tentativi ripetuti, ma senza successo, di controllare, ridurre o cessare il gioco;
4. Agitazione od irritabilità quando si tenta di ridurre o di cessare;
5. Il gioco costituisce una scappatoia per accantonare altri problemi o per attenuare un umore disforico (sensi
di colpa, di ansietà, depressione, impotenza);
6. Dopo aver perduto denaro, si torna a giocare per recuperarlo;
7. Si mente alla famiglia ed ai terapisti e ad altre persone per mascherare l’estensione del coinvolgimento nel
gioco;
8. Si commettono atti legali come la falsificazione, la frode, furti, distrazioni di fondi per procurarsi il denaro;
9. Si mette a rischio o si perde una relazione importante, un’attività lavorativa, una carriera, possibilità di studio, a causa del gioco;
10. Si conta sull’aiuto di altri per risolvere una situazione finanziaria disperata dovuta alle perdite da gioco.
Va esclusa la presenza di un episodio maniacale.
Trattasi, pertanto, di caratteristiche molto vicine a quelle che sono tipiche della dipendenza da sostanze psicoattive.
I test di screening più usati sono:
1. Il South Oaks Gambling Screen (sigla SOGS) basato sul ruolo e sulle graduatorie dei valori fra gioco e denaro
che tuttavia, come riferisce Dickerson (2) ha una bassa specificità in campioni di popolazione nei quali la prevalenza dei giocatori patologici varia dallo 0,5 all’1%. Il rischio di false positività è notevole: 4 su 5.
2. Più recentemente, è stato proposto il NODS, vale a dire il National Opinion Research Center, DSM Screen
for Gambling Problems che si basa sul rilevamento della presenza di almeno 5 fra i sintomi del DSM-IV. La validazione è stata fatta su giocatori d’azzardo noti e controllati che avevano esperienze non compulsive di gioco d’azzardo.
Ma quando si studiano i problemi di gambling negli adolescenti, in genere fra gli studenti delle scuole medie e
superiori come in Quebec (3), si allarga il raggio dei comportamenti a rischio come quelli delle scommesse e del
gioco al video-poker. I questionari succitati non sono sufficienti per individuare precocemente adolescenti giocatori patologici.
In Quebec, la prevalenza dei giocatori adolescenti arriva al 2,6%, con ovvia prevalenza fra i maschi ed un’associazione altrettanto prevedibile con uso di alcol e di droghe, oltre che di tabacco. Nelle ricerche si conferma
l’associazione tra il gambling dei figli e quello dei genitori. Vi sono anche le difficoltà economiche a causa della
perdita di denaro, mentre la perdita di tempo dedicato al gioco riduce la performance scolastica con frequenza di
abbandoni. In quasi la metà dei casi vi sono state o sono presenti idee suicide e non mancano le caratteristiche di
tendenze delinquenziali, ma senza che sembri delinearsi un rapporto con forme di deficit di controllo, disattenzione ed impulsività.
In altre ricerche fra studenti universitari sempre canadesi, si è dimostrata una differenza fra giocatori “patologici” e giocatori “sociali”, attraverso un punteggio elevato ai questionari di Ricerca del Rischio (RTQ) e, soprattutto,
risposte ai test sulla ricerca delle sensazioni (SSS). I giocatori “sociali” sono anche definiti come giocatori “no problem” (4) e potrebbero risultare positivi ai test classici. Negli ultimi anni si è aggiunta un’altra fonte di attrazione
per il giocatore patologico: Internet che, fra l’altro, è accessibile anche ai minori, i quali possono facilmente utilizzare le carte di credito dei genitori (5).
Secondo statistiche newyorchesi, curate da Associazioni dei Consumatori, il 2,4% degli adolescenti in età 1317 anni, presentano difficoltà legate al gioco patologico ed almeno il 14% è a rischio elevato.
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Le ipotesi genetiche e neurobiologiche del gambling
Giova premettere che l’interesse di molte diverse specialità per il gioco patologico dipende, in parte, dall’estensione moderna delle occasioni di “azzardo” essendovi, ovviamente, un rapporto fra aumento delle autorizzazioni
ai casinò, diffusione di videogiochi, di lotterie, di siti Internet per scommesse e sviluppo di comportamenti compulsivi. Il che è tipico di molte situazioni di dipendenza, com’è usuale che vi siano comorbosità per cui il gioco patologico spesso si inserisce in uno spettro di disturbi (6): predomina, nelle ricerche iniziali, l’ipotesi che vi sia un’anormalità nel meccanismo di ricompensa dopaminica. Si sono identificate associazioni con i geni dei recettori dopaminici D1, D2, D3 e D4. Il fatto che ciascuno di questi geni abbia un suo effetto specifico, coincide con la tesi
di una trasmissione ereditaria poligenica di predisposizione nei confronti del gioco patologico. Il quadro dipinto
dai genetisti raggruppa alcolismo, deficit di attenzione, iperattività, narcisismo, disordini della personalità, depressione ciclotimia, disturbi bipolari e tendenza al suicidio.
Sappiamo come i disturbi delle vie di trasmissione dopaminergiche siano stati descritti in modo drammatico dal
libro-esperienza di Oliver Sacks “Risvegli” (Awakenings) fra pazienti in coma a causa di encefaliti virali: il loro trattamento con levodopa ha consentito ai pazienti di muoversi, mentre un dosaggio elevato di levodopa ha provocato la comparsa di fenomeni anormali quali tics, allucinazioni uditive, emotività alterata, aggressività, impulsività,
iperattività, ipersessualità, insonnia, paranoia. Già su reperti patologici di alcolisti si è dimostrata la prevalenza dell’allele A1 del gene del recettore D2; successivamente, su sieri di giocatori patologici (PG), si è reperito l’allele
D2xA1 nel 51% contro il 26% dei controlli, con un crescendo in rapporto con la gravità del coinvolgimento nel
gioco. Certo nei giocatori con comorbosità si avevano percentuali più elevate ma comunque anche fra i PG puri si
era sempre a frequenze dell’allele maggiori rispetto a quelle dei controlli. Va anche rilevato come l’appartenenza
al D2A1 è stata con percentuali quasi eguali fra le varie modalità di gioco (carte, corse, dadi, avvenimenti sportivi).
Dal punto di vista neurobiologico, i recettori D2, D3 e D4 inibiscono il ciclo dell’adenosina monofosfato (AMP)
invece i D1 e D5 stimolano la produzione ciclica di AMP; del resto nel ratto che si auto-somministra cocaina, gli
agonisti D1 inibiscono ulteriori assunzioni mentre gli agonisti dei recettori D2 la stimolano. L’arco dei comportamenti patologici legati alla frequenza del DRDl Dd è di 1 fra 11 omozigoti rispetto ai controlli e vede in relazione
più significativa il PG seguito dall’alcolismo, lo shopping compulsivo, l’abuso di droghe, l’iperfagia compulsiva ed
il fumo. Le conclusioni di Comings (6) sono che non esiste un singolo gene per il PG e che chi possiede fattori genetici e vive in ambienti a rischio non diventa inevitabilmente un giocatore patologico. L’ipotesi dopaminergica è
che un eccessivo rilascio di dopamina nel nucleus accumbens, specie se associato a difetti del lobo frontale, possono portare ad una serie di disordini compulsavi ed impulsivi.
Come spesso accade all’ipotesi dopaminergica si associa quella di una alterazione di altri neurotrasmettitori come il sistema serotoninergico {5-HT) e noradrenergico (NE) (7}. La funzione del 5-HT è tipicamente legata all’iniziazione, inibizione di comportamenti aggressivi, mentre quella del NE è quella di mediare la comparsa e di individuare nuove stimolazioni e nuove avversioni. Interazioni fra 5-HT, NE e DA (dopamina) possono favorire comportamenti impulsivi od addittivi. In particolare l’associazione fra NE e 5-HT può essere collegata con tre gruppi
comportamentali nei PG, vale a dire:
1. Il sistema NE stimola la predisposizione verso le stimolazioni/accensioni che comportano una vulnerabilità
cognitiva e fisiologica.
2. L’iniziazione comportamentale che da avvio al ciclo del gioco sotto l’influenza del 5-HT.
3. La disinibizione comportamentale che resiste nei confronti dell’estinzione (il sistema 5-HT).
Esiste, dal punto di vista sperimentale, il test di risposta alla clonidina, che è un agonista dei recettori alfa-2
adrenergici, che aumenta il rilascio dell’ormone della crescita (GH) attraverso la stimolazione recettoriale per la
via post-sinaptica. Praticamente nei PG si ha un aumento della risposta GH alla clonidina e dal punto di vista comportamentale una disponibilità verso l’azzardo. Questa spinta e questa disponibilità trovano terreno fertile nei soggetti con disfunzione del sistema 5-HT per cui, quando si avvia il ciclo, diventa difficile rinviare od inibire il comportamento di gioco patologico.
L’approccio di farmacoterapia parte proprio da queste sperimentazioni ed ipotesi neurobiologiche alle quali si
aggiunge la constatazione di un aumento della prolattina dopo iniezione di un inibitore parziale del reuptake della
serotonina, la clomipramina (8). Nei PG inoltre, oltre alla diminuzione della dopamina, si ha un aumento dell’acido 3,4 diidrossifenilacetico e dell’acido omovanillico. Sia gli agenti serotoninergici (SRIs) come la clorimipramina,
sia gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRIs) si sono dimostrati efficaci nel trattamento di disturbi
compulsivi come la tricotillomania, l’esibizionismo ed in generale dei disturbi ossessivo-compulsivi (OCD). La fluvoxamina in trials di PG randomizzati con placebo ha ottenuto una riduzione significativa dei punteggi ottenuti
con scale di accertamento dei comportamenti ossessivo-compulsivi (9), con diminuzione dell’urgenza di giocare e
ottenimento di astinenza in 7 su 10. Si tratta di accertare la durata dell’effetto sia attraverso trials randomizzati con
numero di PG elevato, sia tenendo conto del possibile effetto di altri interventi paralleli come quelli dei gruppi di
aiuto-aiuto.
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Vi sono indicazioni “episodiche” di efficacia dei trattamenti con litio, mentre diversi lavori indicano nei tossicodipendenti “storici”, specie di cocaina, un aumento della percentuale di PG o almeno di “probabili” PG; in genere
si impiega il già citato SOGS insieme all’ASI (una scala di gravità per l’addiction) (10) fino a giungere a frequenze
del 24%. Sempre nella stessa serie si rileva l’associazione con comportamenti sessuali a rischio HIV per cui emerge l’opportunità di screening fra i clienti dei Centri di trattamento delle TD.
La figura del giocatore di giochi-video è stata raffigurata da Simon (11) che, come premessa, indica una familiarità con i video-giochi e con l’informatica, il rapporto di colleganza con altri giocatori di video-giochi, la costanza
nell’impegno di fronte al video (per cui non si interrompe un gioco anche quando non si ha alcuna possibilità di
acquisire punteggi sufficienti); si gioca anche quando si ignora la lingua (inglese o tedesco) nella quale le fasi del
gioco sono rappresentate, si gioca anche tutti i giorni fino ad essere capace di giocare per 20-30 ore rubando tempo al sonno ed all’alimentazione. È interessante notare come, mentre in genere chi è appassionato di video-giochi
si identifica con l’eroe o il nemico nella sua interezza, il PG considera solo una parte del corpo (le mani, la testa)
che è quella che gli interessa ai fini della vittoria nel gioco.
Il gioco nella psicoanalisi
Valleur M. e Bucher Ch. (12) hanno realizzato un’ampia rassegna francese sul gioco patologico: si cita naturalmente Freud e la sua analisi, non tanto di singoli giocatori patologici, quanto di uno scrittore come Dostojevski.
Non si tratta di desiderio di guadagnare ad ogni costo, quanto di un comportamento autopunitivo con fasi compulsive di “giocare per giocare” e fasi di rimorso e di auto-flagellazione. II rimorso produce un blocco delle precedenti estromissioni dalla vita normale per cui può aversi un parziale ritorno ad occupazioni normali.
Ma qual è l’origine del senso di colpa? La masturbazione adolescenziale; l’impulso al gioco è analogo a
quello della tricotillomania, della cleptomania e della piromania e chiaramente esiste una netta componente
edipica nei confronti della madre con ambivalenza sempre edipica verso il padre ed il parricidio. La minaccia
di castrazione come punizione per l’odio nei confronti del padre rientra nel concetto di masochismo. Considerando le opere dello psicoanalista americano Edmund Bergler si rileva come il PG, come l’alcolismo, rappresenti una forma di regressione orale che porta ad una nevrosi di base con tentativo di sostituzione dello
sconforto legato alla realtà con un impulso verso il piacere. Si torna ad uno stadio infantile ed alla ribellione
nei confronti dell’autorità genitoriale. Praticamente questa ribellione si traduce in un conflitto con la logica;
alla aggressione incosciente contro l’autorità parentale si contrappone un forte senso di colpa con la perdita
al gioco vissuta come auto-punizione, ma nel contempo con dichiarazione di innocenza in quanto è la riproduzione di una situazione infantile.
Il comportamentismo ed il gioco patologico
Skinner (13) confronta le condotte umane con il meccanismo di apprendimento negli animali per cui da
parte dei proprietari delle case da gioco, dei video-giochi, etc., si attua una politica di rafforzamento contingente imprevedibile in cui il guadagno e la perdita diventano irrilevanti. Chiaramente ha importanza il setting
nel quale ha luogo il gioco con i suoi rituali (in analogia con quanto avviene per le droghe) e quindi l’insieme delle terapie comportamentalistiche insiste sulla necessità di evitare la frequentazione di questi luoghi. Oltre agli approcci pavloviani e skinneriani (cioè teorie dei riflessi condizionati e dei processi di apprendimento)
vi sono le ipotesi degli approcci cognitivi che si basano sul rafforzamento costituito da guadagni iniziali nella
fase adolescenziale, la fase del “big win”, che coincide anche con la presunzione di essere in grado di controllare il gioco. Viene invece spesso a mancare la capacità di valutare la probabilità come espressione matematica. Il giocatore essendo narcisista esalta la propria estroversione e intelligenza, inventando scuse, le più
anacronistiche, per giustificare le ricadute.
Un modello più recente è quello dello stato negativo messo a punto da psichiatri tedeschi (14); si parte dalla
constatazione di una serie di processi dell’evoluzione del genere umano quali:
1. una vestigia di un vantaggio evoluzionistico dei comportamenti a rischio;
2. un proseguimento di cerimonie primitive magico-religiose;
3. un rafforzamento individuale intermittente;
4. la spinta al profitto;
5. la spinta ludica;
6. un conflitto psicodinamico;
7. un fattore di socializzazione, un lubrificante sociale;
8. un generatore di eccitazione e stimolazioni.
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La tesi di Hand (14) è quella di una associazione fra ricerche psicologiche, teorie psicodinamiche, teorie dell’apprendimento, indagini neurobiologiche, in quanto sul piano dei trattamenti si sostiene la coesistenza fra terapie
comportamentali e terapie farmacologiche. Il tutto nel quadro dell’ossessione-impulsiva (OCSD) cioè nella trasformazione di comportamenti normali come l’igiene corporale, il bere, il lavoro, lo shopping in comportamenti eccessivi (sigla BEDS) secondo una progressione.
Nel caso del gioco “sociale” predomina la tendenza a correre rischi con auto-controllo e nello stesso tempo il
piacere dell’eccitazione e della socializzazione. Nel PG invece una vulnerabilità individuale di origine genetica,
biologica o da deficit cognitivi ed emotivi porta a risposte di cattivo adattamento alla situazione del gioco, situazione ambientale oggi costruita secondo modelli di marketing della tentazione. Seguendo il filo di questo ragionamento nel quale il GP viene considerato come un finanziatore inconscio delle Finanze Pubbliche. Coloro che nella
vita quotidiana sono considerati “vincitori” in quanto possiedono redditi cospicui difficilmente diventeranno dei
“perdenti”. Sono invece i perdenti in partenza che continueranno a perdere, perché giocano per vincere, non solo
per motivi finanziari ma anche per conquistare una migliore autostima.
Si diventa dipendenti attraverso il meccanismo di:
a. perdite continue al gioco;
b. auto-immagine del perdente;
c. aumento di uno stato cognitivo emotivo negativo;
d. aumento dell’urgenza di vincere altrimenti la vita diventa insopportabile;
e. elaborazione di teorie matematiche sulla vittoria;
f. impiego di feticci di superstizione;
g. giocare, perdere, giocare di nuovo è un e circolo chiuso.
Nella progressione negativa si descrive:
a. un comportamento pre-suicidale (disperazione, desiderio di morire, provocazioni da parte dell’ambiente sociale (disprezzo)
b. perdita di scopo nella vita suicidio socio - economico con intenzione incosciente di suicidio.
Indiscusso è il predominio delle classificazioni tipo DSM-IV da parte di psichiatri australiani (15) sull’analisi del
meccanismo di autocontrollo dei comportamenti di gioco. Vi sono scale di accertamento sulle scelte nel gioco
(Scale of Gambling Choices - SGC) che in parte coincidono con i risultati del SOGS e che puntano sul concetto di
”rincorrere“ (chasing) cioè di continuare a puntare ed a scommettere sia dopo una serie di perdite sia dopo una
vincita consistente. Si tratta di comportamenti che costituiscono una alterazione del controllo.
Trattasi sempre di esperienze a circolo chiuso nel senso che più un giocatore gioca e più può perdere il controllo, il che porta ad insistere nel gioco. I giocatori professionisti riconoscono questa situazione per cui adottano sistemi quali la richiesta continua della situazione dei propri conti bancari e la limitazione dell’ammontare delle scommesse. Ma se prevale l’atteggiamento negativo si verifica un coinvolgimento assoluto.
Hanno influenza, come già indicato, emozioni negative come la disforia e l’ansietà per cui il ricorso al gioco
rappresenta una scappatoia a fronte della depressione o frustrazione. Ricerche osservazionali dei giocatori delle infernali macchinette mangia-soldi hanno dimostrato come i giocatori disforici ab initio più facilmente persistono
nell’introdurre gettoni anche quando perdono.
Non va trascurato l’effetto “alcol” in quanto coloro che giocano avendo bevuto o bevendo rispetto ai controlli
che non bevono insistono nel gioco anche quando hanno perduto e chiaramente l’alcol riduce le possibilità di auto-controllo. Non si tratta pertanto genericamente di una convergenza di dipendenze fra alcolismo e PG (diagnosi
duale) ma di un effetto diretto anche di modiche dosi di alcol sui meccanismi di auto-controllo.
È importante raccogliere dati sulle condizioni ambientali e personali che spingono al comportamento impulsivo
ed alla perdita di controllo piuttosto che insistere sulla esistenza di fattori di comorbosità. Lo studio dei comportamenti e delle reazioni del giocatore regolare che si diverte, rileva che questo ha stimolazioni psicoattive che gli
fanno superare stati di preoccupazione ed in genere presenta una concezione materialistica della vita con il gioco
che rappresenta un sistema di rinforzo positivo. L’eccitazione del gioco porta all’aumento della frequenza cardiaca
in una situazione di stress ricercato per cui il giocatore si “droga con la propria adrenalina”. Ma come si e visto
nella prima parte se vi sono alterazioni nel sistema della noradrenalina possono aversi passaggi alla modalità di
rinforzo negativo.
Non si tratta tanto di disquisizioni teoriche in quanto alcuni aspetti del trattamento dell’astinenza più o meno
forzata possono condurre ad altre conseguenze, perfino al suicidio.
Proposte di psico-socio terapia
Intanto si deve discutere se il GP avverta il proprio caso come patologico e cerchi aiuto/sostegno. Certo vi sono
le richieste di aiuto da parte dei familiari e le denunce alla magistratura. Certo il GP ha delle ripercussioni fisiche,
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soprattutto legate al disordine dei ritmi biologici e dell’alimentazione, ma diventa raro che chieda un trattamento
psicoterapeutico. Ora, come succede in tutte le dipendenze patologiche, si delinea contrapposizione fra l’astinenza ad orientamento terapeutico e coloro che intendono procedere per gradi ed accontentarsi della riduzione del
danno.
Secondo Hand (14) in tutte le terapie comportamentali l’obiettivo di una brusca astinenza è pericoloso in quanto paradossalmente:
a. nel caso del’iperfagia/bulimia porterebbe alla morte dell’individuo;
b. nel caso dell’ipersessualismo all’estinzione della specie;
c. nel caso dei workalcoholic un danno alla società.
Ci si domanda, sempre secondo il modello comportamentista, se la deprivazione volontaria di qualcosa che è
oggetto di desiderio ed il rinforzo esterno possa determinare un aumento dei sensi di colpa e, quindi, come già indicato, provocare ricadute. Inoltre, il controllo esterno sulle finanze, sugli spostamenti e sulla vita quotidiana del
PG ha effetto controproducente, per non parlare della mozione degli affetti da parte dei familiari, che accentua
l’ambivalenza e le tensioni conflittuali determinando condizioni ideali per la ricaduta.
Lo schema comportamentista di trattamento è il ricovero in quanto determina una separazione netta dall’ambiente, dalla famiglia e dalla stessa realtà esterna (senza TV, giornali, radio) sottolineando il confronto con il ruolo
di “addict” insieme ad altri addicts e con il personale in gran parte costituito da ex-addicts (insistenza sul modello
di malattia con pressione continua).
Si passa quindi alla fase ambulatoriale seguendo tutti i principi dell’auto-aiuto e partendo dal superamento della vergogna di essere un GP all’orgoglio di essere un “giocatore guarito” (in inglese si dice “dry” per analogia alla
situazione dell’ex-alcolista), si passa quindi al rinforzo del sistema di controllo e parziale evitamento dei conflitti
familiari, si continua con il controllo esterno allo scopo di ridurre le conseguenze del basso grado di auto-stima. La
famiglia deve anch’essa assumere uno stile di vita “dry”. Nel trattamento ambulatoriale si punta anche alla separazione delle occasioni di “faccia a faccia” con le problematiche conflittuali familiari che possono costituire fattori di
scatenamento di ricadute (in questa riduzione dei contatti familiari vi sono analogie con le tecniche di trattamento
degli schizofrenici che in famiglia hanno membri con elevate emozioni espresse).
La terapia comportamentale “strategica” inizia con una approfondita intervista sulle motivazioni del PG e di
quelle di persone “importanti”. Quindi insieme al coniuge ed alla famiglia si imposta un modello della patologia
che tiene conto dei tentativi di restrizione della compulsione verso il gioco. Il clou del programma e rappresentato
dall’addestramento a:
a. identificazione delle emozioni anche attraverso sedute “maratona”;
b. identificazione del circolo chiuso;
c. capacità di farcela a fronte delle emozioni e situazioni negative;
d. capacità di affrontare i problemi sociali;
e. capacità di affrontare le perdite;
f. capacità di giocare razionalmente e non seguendo l’istinto e la superstizione;
g. talvolta può essere importante una “prescrizione di stupidità” (lascia il cervello nell’anticamera quando sei
spinto in una sala da gioco), e abbassa il tuo grado di narcisismo.
h. naturalmente se si ha una coppia di giocatori il trattamento va effettuato separatamente perché il coniuge
agisce come rinforzo.
Fondamentalmente il sistema impiegato da Hand (14) è simile a quello dei disturbi ossessivo-compulsivi con la
differenza che per questi ultimi si attuano terapie di desensibilizzazione mediante esposizione ad ambienti e situazioni a rischio; questo perchè l’associazione con inibitori del reuptake della serotonina non è sempre efficace al
contrario di quanto avviene con il GP.
L’educazione alla prevenzione comporta la presentazione dei programmi “a bassa soglia” nelle stesse sale da
gioco e la non richiesta di astensione totale.
L’esperienza di psicoterapie individuali si basa su (12) tutta una serie di tecniche classiche (come la terapia
avversiva con scosse elettriche, quella di desensibilizzazione attraverso l’immaginazione e la ricostruzione cognitiva).
La riduzione del danno comprende misure atte a calmare l’eccitabilità e l’ansietà, il rinforzo della rappresentazione globale della situazione e la canalizzazione dell’enerqia verso obiettivi a lungo termine ed obiettivi
intermedi. Secondo le ben note fasi di pre-contemplazione, contemplazione, desensibilizzazione (dopo relax,
si evocano situazioni di gioco con catarsi e neutralizzazione progressiva) si passa al momento del cambiamento. L’ultima fase è quella del mantenimento nella quale si punta all’accettazione di un gioco “regolare”
ed alla diversificazione degli interessi. Il sistema prevede modesti aiuti farmacologici (ansiolitici e antidepressivi).
Naturalmente come in tutte le terapie della dipendenza vi sono i sostenitori dell’astinenza e quindi della partecipazione a gruppi di auto-aiuto come i Gamblers Anonymous (GA) che rappresentano l’estrapolazione al settore
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GP dei dodici passi classici degli Alcolisti Anonimi dove si deve ammettere di essere impotenti di fronte al gioco e
che solo una potenza a noi superiore potrà consentirci di superare. Vi sono griglie di auto-valutazione che consentono di riaffermare la propria dipendenza patologica.
L’associazione GAM-ANON invece è vicina ai modelli dei gruppi di alcolisti e familiari di alcolisti nel senso
che si prevedono sedute di gruppo con familiari ma sempre secondo un percorso a tappe.
Esistono altre iniziative come SOS Giocatori, attiva in Francia, con offerta di supporto psicologico e giuridico e
presa in carico globale della persona.
Va comunque rilevato che malgrado l’appartenenza del PG ai disturbi mentali catalogati dal DSM-IV, i trattamenti psicoterapeutici e farmacologici dei GP non sono riconosciuti come rimborsabili (5); eppure se la diagnosi è
tempestiva l’insieme dei trattamenti succitati riesce ad arrestare la progressione e, soprattutto, a prevenire oltre a
disastrose situazioni finanziarie anche il suicidio (non per nulla a Las Vegas si ha il più alto tasso di suicidi fra non
residenti).
Negli USA, sempre da Letson (5), alcuni Stati e Municipi come quello di New York in occasione di concessioni
di nuove licenze di sale per giochi d’azzardo si prevede l’utilizzazione di una parte dei proventi fiscali per finanziare programmi preventivi e curativi. Si verifica comunque puntualmente il paradosso di uno Stato che ricava profitti dalle concessioni di case da gioco e deve constatare il successivo aumento non solo dei suicidi ma anche della
bancarotta e degli assegni a vuoto (questi ultimi vengono considerati come un’operazione di salvataggio da parte
di diversi terapeuti). Vanno stigmatizzate le iniziative di prestiti facili da parte degli stessi casino’, mentre la stampa
anche non specializzata, soprattutto in America, ha una rubrica nella quale indica i favoriti alle corse ippiche ed a
quelle dei levrieri.
Va anche nuovamente rilevato come la diffusione di Internet by-passa gran parte delle disposizioni regolamentari per ridurre i danni del gioco d’azzardo (in diversi Paesi, Italia compresa, gli impiegati pubblici teoricamente
non possono avere accesso alle sale da gioco).
Fra le iniziative preventive possono citarsi:
1. L’addestramento degli operatori delle sale da gioco alla individuazione dei GP, l’istituzione di linee verdi di
aiuto per i GP.
2. L’effettiva applicazione del divieto di accesso per i minori, (divieto che viene superato dall’offerta di sale per
ristorazione).
3. L’estensione dei divieti di accesso dei minori a giochi con premi elevati.
4. L’introduzione della raffigurazione dei rischi del gioco d’azzardo nei programmi scolastici ed in quelli rivolti
ai genitori.
5. In Australia (15) un principio di auto-regolamentazione fra i produttori di video-giochi e di macchine mangia-soldi è quello di introdurre un sistema interattivo basato sul consenso informato da parte del giocatore comunicando, ad esempio, quanto finora ha perduto e domandandogli quanto intende ancora spendere. L’accesso ad un
altro gioco può essere condizionato dalla risposta alla domanda.
In conclusione
Il modello della dipendenza applicato al gioco patologico comporta l’introduzione del concetto di fasi: quella
iniziale della “luna di miele” con esaltazione dei guadagni facili, seguita dalla fase di perdite cicliche con ritorno
al gioco per recuperare ma anche per ritrovare emozioni ed infine quella della disperazione che può portare ad atti criminali, al suicidio, alla fuga, al carcere.
Si ha una netta prevalenza maschile come in tutte le dipendenze, in gran parte per fenomeni culturali (oltre che
storicamente per l’accesso riservato ai maschi nei clubs).
Vi sono frequentemente comorbilità con alcolismo e tossicodipendenze ma la base comune è quasi sempre legata al comportamento di ricerca del rischio e delle sensazioni forti.
Non mancano teorie di predisposizione genetica e domina l’ipotesi dopaminica ma anche quella del deficit di
serotonina, tanto è vero che sono stati sperimentati con un certo successo i farmaci inibitori del reuptake della serotonina.
Sempre nel quadro dialettico delle dipendenze predominano le teorie della riduzione del danno con forme di
psicoterapia comportamentale ma anche con ricoveri per 1-3 mesi in isolamento socio-familiare assoluto, seguiti
da trattamenti ambulatoriali. L’affiliazione a gruppi di auto-aiuto presuppone l’astinenza; ma quest’ultima secondo
diversi esperti può dar luogo ad un meccanismo a circolo chiuso per cui riemergono le cause che hanno portato
alla dipendenza e si ha una ricaduta.
Come nel caso dell’alcol e del tabacco si impongono regolamentazioni e divieti, ma rimane il paradosso di Stati i quali guadagnano dalle licenze sul gioco e dai prelievi fiscali e nello stesso tempo si trovano a dover subire le
conseguenze sull’economia e sulla salute mentale.
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RASSEGNE CRITICHE BIBLIOGRAFICHE
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9) Hollander E., De Caria C., Mari E. et al.: Short-term single fluvoxamine treatment of pathological gambling, American Journal Psychiatry, 155: 1781-83, 1998
10) Petry N.: Gambling problems in substance abusers are associated with increased sexual risk behaviors, Addiction, 95: 10891100, 2000
11) Simon V.: La pratique addictive des jeux video. Memoire de DEA de psychopathologie Universitè Toulose, Le Mirail, 1999
12) Valleur M., Bucher Ch.: Le jeu pathologique, Toxibase, 2001
13) Skinner S.F.: Science and human behavior, Appleton Century Croft, N.Y., 1953
14) Hand I.: Pathological gambling: a negative State Model and its implications for behavioral treatment, CNS Spectrums, 3: 5871,1998
15) Baron E., Dickerson M.G.: Alcohol consumption and self control of gambling behavior, Journal of Gambling Studies, 15: 315, 1999
I GENERAL PRATICTIONERS POSSONO FARE DI PIÙ PER IL TRATTAMENTO DEI TOSSICODIPENDENTI?
Kmietowicz Z.: GPs asked to do more for drug misusers, British Medical Journal 324: 501, 2002
Siamo in Inghiterra dove i Servizi anti-droga specializzati sono pochi e con personale insufficiente: il Governo
ha stanziato 273 milioni di euro per i prossimi due anni ed ha istituito una Agenzia Nazionale per il Trattamento
per migliorare la qualità dei Servizi e per rafforzare il ruolo dei medici di base (GP).
In una inchiesta condotta fra 1500 GP nel 70% ha prevalso la tesi che non vi siano le premesse per una conduzione dei trattamenti nell’ambulatorio del GP e sopratutto che fosse difficile stabilire il giusto dosaggio del metadone. Solo un 25% dei GP si sente in grado di gestire un drogato e la maggioranza ritiene che la competenza debba
essere individuata a livello dei Servizi specialistici. Presso questi ultimi la lista media di attesa è di 35 giorni il che
contrasta con le frequenti situazioni di emergenza tipiche della tossicodipendenza.
Questo aspetto dovrebbe indurre a moltiplicare informazione e preparazione dei GP la cui disponibilità come
orari e sedi è generalizzata, visto che in Inghilterra si calcola che vi siano più di 40.000 tossicodipendenti dei quali
la metà sono emersi nell’ultimo quinquennio.
LA PRESCRIZIONE DI EROINA IN OLANDA
Sheldon T.: Netherlands considers prescribing heroin to addicts, British Medical Journal 324:
85, 2002
In Olanda si è vicini alla discussione parlamentare sui risultati di una indagine che ha seguito, in 6 città, 549
eroinomani nel periodo 1998-2001, suddivisi tra un gruppo trattato con eroina e metadone e un gruppo trattato
con solo metadone, per un periodo di 6 o 12 mesi.
Fra coloro che hanno ricevuto eroina e metadone si sono riscontrati miglioramenti delle condizioni fisiche,
mentali e sociali rispetto alle condizioni dei pazienti che ricevevano solo metadone. La percentuale del miglioramento era intorno al 23-25%. Importante appare la riduzione nell’abuso di cocaina, un abuso che in precedenza
era assai diffuso (nel 90% dei casi). Vi è stata anche una diminuzione della criminalità.
Sono però guadagni che si perdono rapidamente, ovvero a distanza di due mesi dalla cessazione della sommi-
63
BOLLETTINO PER LE FARMACODIPENDENZE E L’ALCOOLISMO
XXVI - N. 4/2003
nistrazione accoppiata eroina-metadone. Viene pertanto raccomandata l’estensione della possibilità di prescrizione
dell’eroina su parere congiunto di almeno due sanitari. Per poter estendere il sistema è tuttavia necessario che l’eroina venga reinserita nella Farmacopea e che sia sottoposta ai controlli di qualità.
I pazienti che hanno preso parte alla sperimentazione avevano un’età media di 39 anni ed una anamnesi di
eroina di 16. L’eroina veniva somministrata ambulatorialmente tre volte al giorno, sia per inalazione che per iniezione, sempre sotto controllo medico e con contatti costanti con gli operatori.
Si stimano in 25.000 gli eroinomani olandesi, dei quali 13.000 sono in mantenimento metadonico; nella maggioranza dei casi tale trattamento non viene ritenuto sufficiente in quanto non riduce il tasso di criminalità né quello del poliabuso.
NEGLI USA SI SPERIMENTA IL METADONE SOTTO CONTROLLO DEL MEDICO
King V., Stoller K., Hayes M. et al.: A multicentric randomized evaluation of methadone medical maintenance, Drug and Alcohol Dependence 65: 137-48, 2002
Le restrizioni inevitabili dell’erogazione metadonica presso ambulatori specializzati e la difficoltà di estendere il
sistema di “take home” rendono difficile il proseguimento del mantenimento per quei pazienti che ormai si sono
stabilizzati, hanno un’attività lavorativa e trovano con difficoltà il tempo per recarsi periodicamente al Centro di
trattamento.
Il sistema MMM (Methadone Medical Maintenance) si colloca nel quadro dei rapporti fra pazienti affetti da malattie croniche stabilizzate e medico, con tendenza a ridurre il numero ed i tempi delle visite mediche, provvedendo a sostituirle con contatti intensivi e programmazioni verificabili.
Si discute comunque se sia preferibile concentrare i rapporti con il medico nel suo studio piuttosto che nel Centro di trattamento per tossicodipendenti, proprio per evitare i contatti con i pazienti che sono ancora attivi. Comunque lo schema sperimentato considera un contatto ogni 28 giorni con il medico ed altri operatori nel Centro di
trattamento o nello studio, in confronto con il contatto settimanale con l’ambulatorio.
Il sistema funziona, specie quando si attua una pianificazione a “gradini” che considera anche il controllo del
consumo delle dosi erogate periodicamente. Ove si verificasse un marker di recidiva o di instabilità si procede ad
organizzare un ciclo di visite intensive ed un rafforzamento del counselling.
Qualche difficoltà permane per la conservazione del metadone negli studi medici per motivi di sicurezza.
Comunque, ed è appena il caso di sottolinearlo, il sistema ottiene un grado elevato di soddisfazione, ma, si ripete, riguarda un gruppo minoritario di pazienti che hanno raggiunto una notevole stabilità.
IL RUOLO DEL RAFFORZAMENTO CON INCENTIVAZIONI TIPO VOUCHER MIGLIORA LA
DETOSSIFICAZIONE CON METADONE
Robles E., Stitzer M., Strain E.C. et al.: Voucher-based reinforcement of opiate abstinence during
methadone detoxification, Drug and Alcohol Dependence 65: 179-89, 2002
Negli USA la maggioranza dei tossicodipendenti da eroina, dopo un primo trimestre di mantenimento metadonico, è incoraggiata allo scalaggio per la detossificazione. Il che ha un successo limitato in quanto le ricadute sono
frequenti non appena tornano i sintomi astinenziali.
Come sistema di agevolazione alla “resistenza” ai sintomi astinenziali si è sperimentato quello di fornire voucher, quasi sempre in denaro, tre volte alla settimana, quando cioè i campioni di urina sono negativi. Come controllo si attua un programma di concessione di voucher indipendentemente dai risultati biochimici, basandosi sulla
regolarità della frequenza agli ambulatori.
Lo schema è quello di mantenere il regime metadonico nelle settimane 5-10; alla 11-25esima settimana si inizia lo scalaggio e fino alle settimane 24-26 prosegue la concessione dei voucher, ma si interrompe quella del metadone.
Il risultato è stato favorevole al sistema dei voucher non solo per la riduzione delle ricadute con eroina, ma anche per quella dei consumi di cocaina. Certo viene a confermarsi la maggiore frequenza di uso di eroina nel corso
della detossificazione rispetto al mantenimento. Tuttavia tenendo conto dei trend prevalenti verso trattamenti metadonici brevi, un rafforzamento incentivante l’astinenza da eroina nella fase di detossificazione può essere considerato come un adiuvante importante.
Va rilevato che il programma di detossificazione prevalete negli USA insiste nel contatto fra paziente e Servizi
onde favorire in successione l’accesso alle cure con antagonisti od ai sistemi drug-free.
64
RASSEGNE CRITICHE BIBLIOGRAFICHE
INDICE DI SODDISFAZIONE DEI PAZIENTI IN TRATTAMENTO METADONICO
Perez de los Cobos, Valero S., Haro G.: Development and psychometric properties of the Verona Service Satisfaction Scale for methadone-treated opiod dependent patients, Drug and Alcohol Dependence 68: 209-214, 2002
L’indice di soddisfazione dei soggetti in trattamento metadonico ha una sigla VSSSMT che significa Verona Service Satisfaction Scale for Methadone-Treated opioid dependent patients. È uno strumento basato su 12 items e
sembra essere l’unico strumento convalidato disponibile per accertare il grado di soddisfazione dei tossicodipendenti in trattamento metadonico.
Questa scala è stata applicata a Barcellona su due campioni per un totale di 516 tossicodipendenti in mantenimento. Le parti della scala di soddisfazione che sono state maggiormente convergenti sono state la sezione relativa
agli interventi di base, alle capacità dei servizi sociali e l’apprezzamento delle capacità di lavoro degli psicologi.
RAFFORZAMENTO COMPORTAMENTALE PER SOGGETTI IN MANTENIMENTO METADONICO
Brooner R., Kidorf M.: Using behavioral reinforcement to improve methadone treatment participation, Science and Pratice Prospettive: 38-48, July 2002
I pazienti considerati sono quelli in trattamento metadonico stabilizzato con controlli settimanali delle urine.
Si inizia il primo passo con una sessione di counseling alla settimana, urine settimanali ed aggiustamento della
dose di metadone.
Quindi avviene il passaggio al secondo passo (che dura da 2 a 4 settimane) nel corso del quale oltre al counseling individuale settimanale si tengono almeno 4 sedute di gruppo e si prosegue con i test settimanali sulle urine ed
adeguamento delle dosi di metadone.
Il terzo passo, della durata da 4 ad 8 settimane, è caratterizzata dal fatto che oltre alla seduta individuale settimanale se ne aggiungono almeno 8 di gruppo.
A questo punto si può discutere intorno al processo di detossificazione da metadone che dura 30 giorni (quelli
classici).
SINTESI DEI MOTIVI CHE SPINGONO AD ASSOCIARE PIÙ DROGHE
Kap Keys for Clinicians based on TIP 10: Assessment and treatment of cocaine abusing methadone maintained patients, NCADI, 08 01 2002
Eroina + Alcol
Eroina seguita da alcol
Eroina + Cocaina
Cocaina + Alcol
Cocaina seguita da Alcol
Cocaina seguita da Eroina
Metadone + Alcol
Metadone + Cocaina
Metadone+ Benzodiazepine
Accentuare un high o creare euforia.
Automedicazione della sindrome di astinenza da narcotici.
Speedball per accentuare od alterare l’euforia e l’high da cocaina l’eroina viene
seguita da cocaina. Autocura per l’astinenza da narcotici e/o attenuazione dell’iperstimolazione da cocaina.
Rafforzare l’high e modulare l’iperstimolazione da cocaina.
Ridurre l’ansietà da cocaina e il nervosismo e modulare il crash (funzione di paracadute).
Ridurre l’iperstimolazione e modulare il crash (paracadute).
Creare un high e accelerare il metabolismo.
Moderare l’ansietà ed il nervosismo che sono frequenti con l’uso della cocaina
(paracadute).
Provocare un high accentuando l’azione del metadone.
CARATTERISTICHE DI RITENZIONE NEL TRATTAMENTO CON NALTREXONE
Bartu A., Freeman N., Gawthorne G.: Characteristic, retention and readmission of opioid-dependents clients treated with oral naltrexone, Drugs and Alcohol Review 21: 335-40, 2002
Il naltrexone anche in Australia viene impiegato nel trattamento dei tossicodipendenti da oppioidi; il successo
dell’antagonista è la durata del periodo di ritenzione presso ambulatori pubblici a Perth (981 tossicodipendenti da
65
BOLLETTINO PER LE FARMACODIPENDENZE E L’ALCOOLISMO
XXVI - N. 4/2003
eroina). Il periodo medio di ritenzione è stato di 9 settimane. Fra i fattori favorevoli alla ritenzione va citata l’occupazione e l’avere un punto di riferimento. Anche il passaggio da una istituzione privata agli ambulatori pubblici di
distribuzione del naltrexone si è rivelato un successo con durata di ritenzione superiore alle 10 settimane (contro
le 5,9 della media). Nell’80,8% dei casi vi è stata una sola ammissione nel programma. Appare importante accentuare gli interventi nei confronti dei disoccupati cioè dei soggetti maggiormente a rischio di ricadute. Tuttavia, a distanza di 12 settimane, le percentuali di utenti rimasti in ambulatorio non superano il 25%.
La presenza di un partner che si impegna a seguire il soggetto non sembra decisiva. Il tempo medio di separazione fra la dimissione dal primo periodo di trattamento e l’ammissione ad un secondo ciclo è stato di 15,6 settimane con una lieve riduzione nei successivi rientri. Si suppone che sia il tempo minimo di ritenzione per assicurare una modifica dello stile di vita. Nel trattamento con il naltrexone si dovrebbe considerare un mantenimento di
almeno 6 mesi e vi sono esperienze positive perdurate di 2-3 anni.
ANCORA MORTI PER L’UROD
Ed.: A death following ultrarapid opiate detoxification. The General Medical Council adjudicate
on commercialized detoxification, Addiction 97: 475-77, 2002
Un anestesista inglese che praticava l’UROD è stato radiato dalla professione per un duplice motivo:
1. Condotta non corretta per aver richiesto l’anticipo di 4700 sterline senza aver prima sottoposto il paziente
tossicodipendente a visita medica e tossicologica, lasciando solo a casa il paziente stesso prima dell’UROD e,
quindi, disponibile a procurarsi altra eroina. Il tutto aggravato dal fatto che il decesso del paziente ha avuto luogo
la notte seguente l’UROD senza che nella clinica privata fosse stata prevista una idonea sorveglianza del medesimo al risveglio dall’anestesia.
2. La commercializzazione di una pratica non verificata dall’evidenza. Era infatti stata diffusa una pubblicità
dell’UROD e un medico non può diventare l’azionista di una Società che pratica terapie non convalidate in quanto l’interesse del paziente ha la priorità rispetto a quello del medico.
MANAGEMENT DELL’ASTINENZA DA DROGHE E ALCOL
Kosten Th., O’Connor P.: Management of drug and alcohol with drawal, The New England Journal of Medicine 348: 1786-95, 2003
Tenendo conto della prevalenza dei consumi di stimolanti (in America del Nord si calcola 1 milione di soggetti), eroina (750.000) ed alcol (8,2 milioni), si può prevedere che in un campione di utenti di un Servizio di Medicina di Base il 15% rientri nel gruppo dei consumatori problematici di alcol ed il 5% abbia un’anamnesi di consumo
di droghe.
Sarebbe opportuno che ciascun medico di base abbia conoscenza degli abusi dei propri pazienti (ad es. nel caso di quelli alcolici è sufficiente esaminare il paziente con il CAGE).
Molti sintomi astinenziali nella fase iniziale sono comuni (disforia, insonnia, agitazione, nausea, tachicardia,
ipertensione), ma nella fase successiva possono esservi differenze sostanziali e, soprattutto, effetti diversi degli interventi a seconda della sostanza. Ad esempio la clonidina somministrata ad un soggetto che si presume in astinenza da oppiodi potrebbe mascherare un’astinenza da alcol o da sedativi e provocare convulsioni.
I tre obiettivi principali rimangono:
1. iniziare l’astinenza;
2. ridurre la gravità dei sintomi astinenziali;
3. mantenere il paziente nel trattamento.
Va ricordato che in alcuni dipendenti cronici da eroina con continue ricadute l’obiettivo è il raggiungimento di
una stabilizzazione con farmaci sostitutivi piuttosto che l’astinenza.
Il quadro dell’astinenza da alcol tiene conto di manifestazioni neurobiologiche, vale a dire della riduzione nella
trasmissione dei tracciati dell’acido aminobutirrico tipo A gamma con accentuazione della trasmissione attraverso
il glutammato (N-metil-D-aspartato). Questa alterazione è assai probabilmente alla base degli attacchi convulsivi.
In questi casi il trattamento delle convulsioni con la fenitoina non risulta efficace mentre lo sono le benzodiazepine. Queste ultime agiscono attraverso un processo di tolleranza incrociata con l’etanolo a livello dei recettori
La terapia va parametrata a seconda della sintomatologia ed in particolare dell’intensità della sudorazione, dell’ansietà, del tremore, dell’agitazione dei disturbi uditivi o visivi, della nausea, del vomito, delle alterazioni del tatto, dell’orientamento oltre che della cefalea.Un punteggio iniziale >15 impone l’immediata adozione di misure terapeutiche.
66
RASSEGNE CRITICHE BIBLIOGRAFICHE
La sindrome da astinenza alcolica lasciata a se stessa raggiunge il picco dopo 72 ore dall’ultimo bicchiere. Nei
pazienti con delirium tremens le endovene di benzodiazepine (5-10 mg ripetuti dopo 2-4 ore se vi sono convulsioni) sono le più indicate. In genere finché dura il delirium le BDZ vanno somministrate per almeno 7 giorni; si prolungano nel tempo soprattutto i disturbi del sonno. Sono da utilizzarsi le BDZ a lunga azione che riducono la frequenza sia delle convulsioni sia del delirium. Naturalmente le BDZ sono additive, specie quelle a rapida azione
come il diazepam, l’alprazolam ed il lorazepam, mentre è più difficile che portino a dipendenza le BDZ a meccanismo di azione lento come l’oxazepam, l’alazepam ed il clordiazepossido.
Un tempo veniva impiegato il fenobarbital che, rispetto ad altri barbiturici, anche se ha un basso potenziale di
dipendenza (ma non è sostenuto da prove cliniche controllate), può portare a depressione respiratoria, specie se
associato all’alcol. Vi sono diverse formule di scalaggio.
Il trattamento con fenotiazine, aloperidolo e gli antagonisti alfa-adrenergici come la clonidina hanno un potenziale adiuvante, ma non influenzano la frequenza delle convulsioni e del delirio.
Gli agenti anticonvulsivanti: la carbamazepina è stata usata per decenni e può essere paragonata al fenobarbital
come efficacia avendo anche minori effetti sul SNC pur provocando nausea, vomito e capogiri. Il valproato può ridurre i sintomi astinenziali dell’alcol.
La sindrome astinenziale da oppiacei. Inizialmente assomiglia ad una grave influenza: midriasi, lacrimazione,
rinorrea, pelle d’oca, starnuti, anoressia, nausea, vomito e diarrea. Nei soggetti disidratati e defedati possono aversi
complicanze anche mortali. Tempo di comparsa dei sintomi e loro durata dipendono dall’emivita dell’oppiode. Per
l’eroina il picco si ha nell’arco di 36-72 ore e la durata della fase acuta è di 7-10 giorni; invece per il metadone la
comparsa dei sintomi varia da 72 a 96 ore ma perdura per almeno 14 giorni; sintomatologia e durata dell’astinenza da buprenorfina sono minori.
Il trattamento dell’astinenza da oppiacei viene in genere condotto in costanza di ricovero (negli USA) pur essendovi stati recentemente provvedimenti per il trattamento ambulatoriale con buprenorfina; la clonidina rimane il
farmaco di elezione (0,2 mg.tre volte al giorno) o la lofexidina (idem) per 10 giorni nel caso dell’eroina, per 14 nel
caso del metadone.
Lo scalaggio, se effettuato lentamente con una riduzione del 3% alla settimana, ha migliori possibilità di successo rispetto a quello con un 10% di riduzione settimanale. Si hanno più di frequente forme recidive.
Schemi misti prevedono un trattamento iniziale con la buprenorfina (8 mg. con riduzione graduale) per passare
alla clonidina o alla lofexidina.
La detossificazione ultrarapida consiste nell’associazione fra clonidina e naltrexone con impiego iniziale di
anestesia e di dosaggi di naloxone tali da precipitare la crisi astinenziale. A parte qualche rischio rimane il problema della durata dell’astinenza anche in costanza di terapia antagonista.
L’astinenza da stimolanti (cocaina anfetamine) è caratterizzata da disforia con disturbi del sonno e dell’appetito,
ovvero un quadro simile a quello dei disturbi depressivi. Manifestazioni depressive maggiori si hanno per 8-48 ore,
ma per circa due settimane possono persistere sintomi depressivi sia pure attenuati. Spesso si tratta di abusatori di
alcol ed eroina ed è necessario provvedere al trattamento dei sintomi astinenziali per queste sostanze. Il quadro
acuto è caratterizzato da deliri, pensieri paranoidi e comportamenti compulsivi stereotipati. Nelle forme acute vengono utilizzati sia gli agenti neurolettici sia le BDZ.
Dal punto di vista neurobiologico cocaina ed anfetamine bloccano il sistema del reuptake delle proteine monoaminergiche, il che provoca un accumulo di monoamine sinaptiche; nel caso dei consumatori cronici si ha anche una riduzione dei livelli dei recettori post-sinaptici (quali i recettori D2). Il suggerimento proveniente da ricerche controllate di impiego di agonisti dopaminici diretti quali la bromocriptina ed il pergolide non è risultato utile,
al contrario degli agonisti indiretti come il metilfenidato e l’amantidina.
Se i sintomi depressivi persistono per più di una settimana si richiede l’impiego di un antidepressivo che può
essere proseguito nel corso dell’intero trattamento.
Spesso si tratta di forti fumatori per i quali è opportuno far coincidere il trattamento dell’astinenza da sostanze
con l’applicazione di sistemi di smoking cessation.
QUANTO È IMPORTANTE IL TRATTAMENTO PER OTTENERE L’ASTINENZA NEGLI ALCOLISTI?
Weisner C., Matzger H., Kaskutas L.A.: How important is tretment? One year outcomes of treated and untreated alcohol-dependet individuals, Addiction 98: 901-911, 2003
L’astinenza può essere raggiunta anche al di fuori dell’effetto di trattamenti specifici? 482 soggetti alcol dipendenti sono stati identificati in una contea californiana sia attraverso una indagine generale condotta fra la popolazione sia indagando fra le ammissioni a programmi pubblici e privati di trattamento dell’alcolismo. L’intervista iniziale è stata ripetuta a distanza di un anno per via telefonica.
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BOLLETTINO PER LE FARMACODIPENDENZE E L’ALCOOLISMO
XXVI - N. 4/2003
Il confronto fra i due gruppi, quello non trattato derivante dalla popolazione generale e quello in trattamento,
ha confermato l’efficacia dei trattamenti sia per la maggiore percentuale di astinenti sia per la riduzione dell’uso
problematico della bevande. Far parte di un gruppo con presenza di tossicodipendenti e di forti bevitori con comorbosità psichiatrica risulta dannoso per il trattamento nel senso che è inversamente proporzionale all’astinenza
e all’uso non problematico dell’alcol.
Certo in qualche caso si verifica una guarigione naturale indipendentemente dal trattamento, ma quest’ultimo
in genere funziona e viene ostacolato solo dalla copresenza di problemi psichiatrici. L’importanza della rete sociale induce a prospettare interventi per modificare la rete stessa quando non è sana con strategie del tipo dei 12 passi
laddove è proprio la modifica della qualità dei rapporti interumani e sociali a funzionare.
IL RUOLO DEL NALTREXONE NEL TRATTAMENTO DELL’ALCOL DIPENDENZA
Guardin J., Caso C., Arias F.: A double-blind placebo-controlled study of naltrexone in the treatment of alcohol-dependence disorder: results from a multicentric clinical trial, Alcohol Clinical
and Experimental Research 26: 1381-1387, 2002
Fra le ipotesi che vengono avanzate per interpretare la genesi della dipendenza da alcol non manca quella di
una alterazione nel sistema dei recettori degli oppiacei con particolare riguardo per una accentuazione della sensibilizzazione nei confronti delle ß-endorfine. Comunque le ricerche relative al ruolo dell’antagonista degli oppiacei, il naltrexone, sono state accompagnate da interventi di natura psico-sociale.
È questo il caso di una indagine catalana condotta su 202 soggetti con dipendenza alcolica assegnati per dodici
settimane per randomizzazione e doppio cieco al gruppo trattato con naltrexone o placebo. Nel corso dello studio
solo il 7,9% degli alcolisti sotto naltrexone hanno avuto una ricaduta contro il 18,8%: per ricaduta si intende la
compulsione verso la sbronza (binge) o il perdurare del bere eccessivo per >5 gg.
In realtà la quantità di alcol consumata non è stata diversa fra gruppo trattato e gruppo con placebo ma è sembrata più diluita nel trattato e, cioè senza la concentrazione in poche serate. Non vi sono state differenze nei quadri biochimici dei due gruppi ma gli alcolisti sotto antagonista hanno manifestato dolori addominali e cefalea (effetti già noti per l’impiego dell’antagonista nei dipendenti da oppiacei).
Le differenze statistiche fra i due gruppi non sono state significative ma la quantità media dell’alcol nelle singole bevute è stata inferiore nel gruppo trattato così dicasi per un item importante del CAGE cioè la distanza del primo bicchiere dal risveglio.
VALORE PREDITTIVO DEI CRITERI DIAGNOSTICI DEL DSM-IV PER LA DIPENDENZA ALCOLICA
Schulkit M., Danko G., Smith T.: The five years predictive validity of each of the seven DSM-IV
items for alcohol dependence among alcoholists, Alcohol Clinical Experimental Research, 26:
980-981, 2002
Il valore predittivo di ciascuno dei sette items che fanno parte del DSM-IV per la dipendenza da alcol è stato
oggetto di una indagine prospettica su 642 soggetti di entrambi i sessi arruolati a San Diego nello studio COGA
(Collaborative Study on Genetic and Alcohol) avendo come controllo un gruppo di 516 abusatori, analizzando 11
problematiche alcol-correlate e realizzando un follow-up prospettico di 5 anni.
L’item 3 (“bere di più rispetto a quanto si desidera”) è quello che ha minore valore predittivo nei confronti delle
recidive. Il peso predittivo massimo si ha invece con l’item 6 (“tipologia e gravità dell’astinenza”) e con l’item 7
(“la dipendenza comporta l’abbandono di importanti attività”). Tuttavia non è emersa una “doppietta” di item che
se positivi predicono con gran probabilità l’esito negativo.
TRATTAMENTI PER L’ALCOLISMO
Schmidt L.G.: Advances in the treatment of alcohol dependence, Current Opinion of Psychiatry
15: 255-260, 2002
Per quanto riguarda la terapia dell’alcolismo si confrontano due scuole di pensiero: quelle che promuovono l’astinenza e quelle che condividono la riduzione del danno; queste ultime si basano sul naltrexone. Il secondo farmaco impiegato, l’acamprosato, blocca il bere in negativo ovvero condizionando l’astinenza e quindi richiede un
ambiente astinente.
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RASSEGNE CRITICHE BIBLIOGRAFICHE
Il naltrexone, invece, blocca il rinforzo positivo dell’alcol. Si sta studiando l’associazione naltrexone-acamprosato con antidepressivi. Gli interventi psico-sociali sono sotto esame mentre guadagnano popolarità i trattamenti
cognitivo-comportamentali (CBT) per la prevenzione delle ricadute per le quali è fondamentale valutare correttamente i sintomi premonitori e la forza del senso di colpa per la ricaduta stessa.
METANALISI DEGLI STUDI SUL TRATTAMENTO DELL’ALCOLISMO
Mayer A., Finney J.W., Swearminger, N.Y.: Methodological characteristic and quality of alcohol
treatment outcome studies in 1970-1995 in expanded evaluation, Addiction 97: 253-263, 2002
La qualità dei lavori relativi al trattamento dell’alcolismo è nettamente migliorata secondo un gruppo di analisti
di New York che ha confrontato le ricerche pubblicate negli anni ‘70 con quelle che hanno visto la luce intorno al
1995.
Assegnando un punteggio che ha un massimo di 28,5 alle varie componenti della qualità di una ricerca contro
un 8,2 del 1970 si assegna un 10,6 alle pubblicazioni più recenti. È soprattutto migliorata la presentazione dei dati, il numero di pazienti selezionati ab initio e le cause dell’abbandono. Il follow-up è stato di almeno 12 mesi, ma
dal punto di vista della forza statistica non vi sono stati miglioramenti.
Dal punto di vista della metodologia sembra ovvia la constatazione che le domande dei questionari vanno poste allorquando i pazienti non sono sotto l’effetto dell’alcol. Appare anche importante riportare il numero dei casi
ed approfondire le caratteristiche dei diversi gruppi di drop-out.
69