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N° 16
Nolan Claire
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Il Ducato di Savoia nel 1300-1400
Nolan Claire
3 aprile 2014
Casa Savoia è una dinastia reale europea attestata sin dalla fine del X secolo nel territorio del Regno di
Borgogna, dove venne infeudata della Contea di Savoia, eretta in Ducato nel XV secolo. Nello stesso
secolo, estintasi la linea legittima dei Lusignano, ottenne la Corona titolare dei regni crociati di Cipro,
Gerusalemme e Armenia, con il conseguente aumento di prestigio presso le corti europee.
Nel XVI secolo circa spostò i suoi interessi territoriali ed economici dalle regioni alpine verso la penisola
italiana (come testimoniato dallo spostamento della capitale del ducato da Chambéry a Torino nel 1563). Agli
inizi del XVIII secolo, a conclusione della guerra di successione spagnola, ottenne l'effettiva dignità regia,
dapprima sul Regno di Sicilia (1713), dopo pochi anni (1720) barattato con quello di Sardegna.
Nel XIX secolo si pose a capo del movimento di unificazione nazionale italiano, che condusse alla
proclamazione del Regno d'Italia il 17 marzo1861. Da questa data, per una ottantina di anni, fino al
cambiamento istituzionale nel giugno del 1946 con l'esilio, la storia della Casa si confonde con quella d'Italia.
La contea di Savoia fu un antico stato preunitario, sorto con Umberto Biancamano (980-1048), considerato il
capostipite della dinastia sabauda in quanto primo personaggio storico definito “Conte“, in un documento del
1003 dal vescovo Oddone di Belley. La geografia della contea era assai vaga, ma comprendeva per lo più
territori nell'attuale Francia, nei dipartimenti di Savoia e Alta Savoia.
Al disgregarsi del regno di Borgogna Umberto Biancamano si schierò dalla parte dell'imperatore Corrado II il
Salico (re di Germania) che lo investì dei titoli di conte di Moriana e della Savoia, ottenendone in premio il
permesso di utilizzare l'aquila imperiale tedesca nel proprio stemma e la contea di Moriana in Val d'Isère.
Questa regione si snoda lungo la valle dell'Arc, da Montmelian, sopra Chambéry, sino al Moncenisio, tra le
rive del lago del Bourget (dove fu creato il mausoleo di famiglia nell'Abbazia di Altacomba), il lago Lemano e
il corso del Rodano.
Ambendo a nuovi territori, fu creato nel 1046 un legame con il Piemonte tramite il matrimonio di suo figlio
Oddone e Adelaide, figlia del Marchese di Torino: l’unione apportava così i territori di Susa e del marchesato
di Torino.
Fu questa una tappa fondamentale per l'ingresso di questo casato in Italia che li avrebbero visti crescere e
diventare duchi di Savoia, poi principi di Piemonte, re di Sardegna ed infine re d'Italia.
Ad Oddone I succedettero in via del tutto nominale Amedeo II e Pietro I, dato che la gestione della contea
restò nelle mani abili della madre Adelaide fino alla sua morte.
Succedettero Umberto II ed Amedeo, che edificò l'abbazia di Altacomba e morì di peste nel ritorno dalla
crociata. Gli succedette il figlio Umberto III, proclamato beato e poi Tommaso I che, nominato vicario
imperiale da Federico II, ristabilì i domini della casata in Piemonte e ampliò i possessi d'oltralpe.
Alla morte di Tommaso I i membri della famiglia, antagonisti da tempo, si divisero i possedimenti: Amedeo IV
mantenne il dominio diretto sui beni con il titolo di conte di Savoia, il fratello Tommaso ricevette le terre di
Piemonte da Avigliana in giù e assunse il titolo di signore di Piemonte.
Ad Amedeo IV succedettero gli zii Pietro II prima e Filippo I poi.
Alla morte di Filippo I (1285), la contea di Savoia fu scossa dai conflitti che sorsero fra i pretendenti alla
successione e durarono per un decennio: prevaleva ancora il concetto che l’eredità dovesse passare al
rappresentante più forte della famiglia, senza il principio della primogenitura o della successione diretta del
defunto. Ci fu così una spartizione del potere fra tre pretendenti: il titolo comitale e la maggior parte dei
domini andarono ad Amedeo V, nipote del defunto, che ottenne il controllo delle vie commerciali attraverso le
Alpi; a suo fratello più giovane, Luigi I di Savoia-Vaud, andarono la regione nord-orientale organizzata nella
Baronia del Vaud ed il paese di Bugey, così egli iniziò la dinastia cadetta dei Savoia-Vaud; infine a Filippo I di
Savoia-Acaia (figlio di Tommaso III, fratello di Amedeo IV) andarono assegnate un terzo delle terre
piemontesi (da lui poi si originerà l'altra casa cadetta dei Savoia-Acaia).
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Nella Casa Savoia ci furono più dinastie, dalla fondazione della
Contea di Savoia nel 1008 troviamo il ramo principale della prima
dinastia, da questo periodo si ha l’inizio alla Branca Comitale. Con
Filippo I (1268-1285) inizia la Branca ducale che durò fino a Carlo
Giovanni Amedeo, sesto Duca di Savoia (1488–1496) per lasciare il
posto alla cosiddetta Branca della Bressa.
Nel periodo di Branca ducale (ovvero Ramo Ducale) troviamo i
massimi esponenti della Contea di Savoia. Il primo di essi è
Amedeo V. Alla morte del padre, avvenuta nel 1259, si ebbe
un'ennesima crisi dello Stato Sabaudo. Il vuoto di potere lasciato
favorì una nuova guerra civile, e non pochi pensavano che il
Piemonte non sarebbe mai stato in grado di ottenere una pace duratura.
Il re Edoardo I d'Inghilterra, consultato per la successione sabauda, si dichiarò favorevole al giovane
Amedeo V, già duca del Chiablese, e già considerato abile diplomatico. Intanto i possedimenti del Conte
Grande crescevano: con una serie di fortunate campagne sottomise Ivrea e il Canavese, che dal tempo di
Arduino I erano rimasti nelle mani dei suoi successori.
Divise i domini sabaudi tenendo per sé la Savoia e le valli di Susa e Aosta. Ai figli di Tommaso III di Savoia
venne concesso il Piemonte, mentre al fratello Ludovico andarono le terre di Vaud. Era la nascita dei due
nuovi rami della dinastia, quello di Piemonte e di Vaud, che comunque non godettero mai di vera
indipendenza e rimasero sempre vassalli di quello principale.
E, per mettere la parola fine al disordine per la successione dinastica, adottò anche in Piemonte la legge
salica, con la quale soltanto i primogeniti maschi potevano aspirare alla successione al trono
Amedeo V ottenne l'ambito titolo di Vicario Imperiale in Italia da Enrico VII.
Amedeo morì nel 1323 e fu sepolto nell'Abbazia di Altacomba; oggi vi sussistono le sole pietre tombali del
conte, quando l’abbazia fu occupata dai giacobini che forzarono la sua tomba e
distrussero i resti, insieme a quelli di altri rappresentanti Savoia.
Gli successe il figlio Edoardo. Figlio di Amedeo V di Savoia e di Sibilla de
Baugé, a vent'anni venne mandato dal padre in Francia con gente armata in
aiuto del re Filippo il Bello contro i Fiamminghi dove, oltre a prove di valore
ebbe la gloria di salvare la persona del re alle prese coi nemici. Breve fu il
regno di Edoardo, quasi sempre in guerra coi suoi nemici. Assalito dal Delfino
del Viennois, dal signore di Faucigny e da altri principi li vinse, ma fu sconfitto
l'anno seguente dal Delfino Ghigo VIII, nella battaglia al castello di Varey nel
Bugey dove poco mancò che non fosse fatto prigioniero. Nel 1328 Edoardo
partecipò alla battaglia di Montecassello, in aiuto di Filippo di Valois. A Parigi, per mediazione della vedova di
Luigi X, la regina di Francia, Clemenza, concluse un nuovo accordo di pace con
il Delfino del Viennois. A Gentilly si ammalò, morì il 4 novembre 1329 e fu sepolto
ad Abbazia di Altacomba. Bello ed aitante, valoroso guerriero, generosissimo
verso i sudditi, si meritò il titolo di Liberale.
Aimone di Savoia detto il Pacifico era il fratello di Edoardo e occupò il trono
Sabaudo non senza contrasti per la pretesa alla corona di Giovanna, unica figlia
del conte Edoardo. Combatté per tre anni contro Ghigo VIII, Delfino di Vienne.
Risorte le ostilità tra Francia ed Inghilterra, egli combatté in Fiandra per i
Francesi in soccorso al re Filippo contro Edoardo III d'Inghilterra, dando valenti
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prove sia come capitano che come negoziatore di pace fra i due monarchi.
Ebbe il nome di Pacifico per la savia amministrazione dei suoi Stati e per le buone leggi emanate.
Morì il 22 giugno 1343 a Montmélian e fu sepolto presso l'Abbazia di Altacomba; oggi vi sussistono le sole
pietre tombali del conte, quando l’abbazia fu occupata dai giacobini che forzarono la sua tomba e distrussero
i resti, insieme a quelli di altri rappresentanti Savoia.
Ad Aimone succedette Amedeo VI, detto anche il Conte Verde. Insieme ad
Amedeo VII è uno dei Conti più ricordati nella storia. Figlio di Aimone e di
Iolanda di Monferrato, Amedeo VI nacque a Chambery il 4 gennaio 1334. I
cugini Luigi II di Vaud e Amedeo III di Ginevra governarono al posto di
Amedeo VI fino a quando non raggiunse la maggior età. Giovane scaltro
ed intraprendente, Amedeo VI partecipò in gioventù a numerosi tornei, nei
quali era solito sfoggiare armi e vessilli di colore verde, tanto che venne
appunto soprannominato Il Conte Verde. Era semplice per i sudditi
riconoscere il loro conte: anche quando salì al trono, continuò a vestirsi
con quel colore.
Amedeo si sposò nel 1355 con Bona di Borbone , figlia di Pietro I di
Borbone e di Isabella di Valois, donna energica e capace, che resse lo
stato nei lunghi periodi in cui il marito si assentava per le guerre, che
videro i Savoia improntarsi specialmente in Italia: Umberto II di Borgogna aveva infatti ceduto il Delfinato di
Vienne, che i Savoia cercavano da tempo di conquistare, alla Francia, avversario davvero troppo potente.
Così, Amedeo VI vide l'unica possibilità di espansione nelle terre italiane. Insieme al Monferrato, che al
tempo conosceva un periodo particolarmente florido, divise le terre angioine della cosiddetta Contea del
Piemonte. Ad una fortunata politica estera in Piemonte dunque, che portò all'annessione di Cuneo, Santhià e
Biella, Amedeo affiancò una saggia politica interna. Riuscì ad assumersi la tutela del figlio del cugino
Giacomo di Savoia-Acaia e di Margherita di Baujeu, Amedeo di Savoia-Acaia, mettendo fine alla ribellione
dello stesso Giacomo.
Sotto il suo governo il Piemonte conobbe un periodo di splendore e di gloria mai visti prima. La fama di
questo valoroso conte valicò i confini italiani: si incontra Amedeo nelle guerre in Oriente, combattendo
Bulgari e Turchi per conto del cugino Giovanni V Paleologo (caduto nelle mani nemiche e liberato), per cui
riconquisterà Gallipoli, in seguito rivendicherà anche il trono dell'impero bizantino. Combatté anche per
l'antipapa Clemente VII, tra l'altro, savoiardo. E insieme alle truppe di Bernabò Visconti, capitanate da
Tommaso Pascalis, fece guerra alle compagnie di ventura inglesi che devastavano città e campagne.
Rinomato in tutta Europa per il suo valore e per la sua saggezza, Amedeo VI funse anche da arbitro nelle
contese delle guerre di allora: decisivo fu il suo intervento nella Guerra di Chioggia tra Genova e Venezia.
Accorso in aiuto del re Luigi II d'Angiò di Napoli, morì di peste a Campobasso il 1º marzo 1383; venne
sepolto nell'Abbazia di Altacomba, ma oggi vi sussistono le sole pietre tombali del conte, quando l’abbazia fu
occupata dai giacobini che forzarono la sua tomba e distrussero i resti, insieme a quelli di altri rappresentanti
Savoia.
Il Conte Verde lasciò un'impronta indelebile nello stato sabaudo. Riportò il Paese ad un ruolo di egemonia,
attraverso importanti campagne militari e una saggia politica. Tuttavia, anche a causa delle imprese militari,
dovette sostenere forti spese, tanto da ricorrere a prestiti da parte di banchieri ebrei, come nel caso, nel
1373, della cifra di 8.000 ducati, ottenuti da Bonaventura Consiglio e socio, che tenevano banco a Forlì,
offrendo come garanzia la sua corona e altri valori. Di questa difficile situazione economica risentirà anche il
successore, Amedeo VII.
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Il suo nome rimane ancora oggi legato al cosiddetto Ordine del Collare, oggi Ordine dell'Annunziata. In
seguito il Collare dell'Annunziata venne attribuito a tutti coloro che avessero reso alti servigi allo stato:
venivano considerati cugini del re.
Ad Amedeo VI gli succedette suo figlio Amedeo VII, soprannominato il
Conte Rosso. Quando salì al potere, lasciò nei primi tempi il potere alla
madre, già abituata a governare lo stato durante le lunghe assenza del
marito per guerre e missioni politiche. (Amedeo VI fu considerato uno dei
maggiori combattenti del suo tempo, e anche il figlio, Amedeo VII, non fu
da meno).
Amedeo salì al trono di uno Stato afflitto da gravi problemi economici: le
continue guerre del padre avevano prosciugato le finanze dello stato, già di
loro natura mai floride. Per ottenere i fondi necessari alle imprese che
meditava dovette faticare non poco.
Già dalla sua ascesa al trono dovette affrontare i riottosi conti del
Canavese e il Monferrato, sempre più potente ed invasivo (aveva negli
anni addietro scacciato i Visconti da Asti e Alba, e ora minacciava apertamente i Savoia). Anche Gian
Galeazzo Visconti preoccupava, ma Amedeo seppe abilmente stipulare un patto di non aggressione, anche
grazie alla moglie di Gian Galeazzo, Bianca di Savoia.
Altre preoccupazioni arrivarono dall'imperatore Venceslao: egli, che nel complicato quadro europeo del
Grande Scisma d'Occidente parteggiava per Urbano VI, intimò al Conte Rosso di abbandonare la causa del
rivale, l'antipapa Clemente VII. Amedeo non poteva piegarsi alla volontà imperiale anche per fattori
economici: Clemente aveva promesso al conte una retribuzione pari a 4000 fiorini sulle decime della Chiesa
in Piemonte. Il Conte Rosso girò intorno all'argomento, e la faccenda si placò. Anche perché l'astuto conte
aveva un progetto ambizioso che lo occupava: Carlo VI di Francia lo aveva chiamato per una guerra contro
gli inglesi: l'intento del folle monarca francese consisteva nello sbarcare direttamente sul suolo inglese.
L'impresa non si fece mai, scoraggiata dal duca di Berry, ma il Conte Rosso ebbe modo di farsi notare
ugualmente nel periodo che passò nell'accampamento francese di Ecluse: perse al gioco somme enormi,
che riottenne a stento e dopo lunghe richieste e suppliche. Ma se andò male con il gioco, gli riuscì almeno di
far fidanzare la figlia del duca di Borgogna con il figlio Amedeo. Parte della dote della giovane, 100.000
fiorini, servì ad estinguere i debiti di gioco.
Tornato dall' Ecluse, Amedeo VII si trovò immischiato nella rivolta cosiddetta dei Tuchini, gruppi di contadini
che, manifestando contro i signori locali, erano protetti dal marchese del Monferrato e dai Visconti. Quando
in aiuto dei monferrini giunse anche il famoso condottiero Facino Cane, Amedeo VII decise che era giunto il
momento di scontrarsi con Gian Galeazzo.
Ma dalle due parti non vennero segnali di voler attaccare per primi: la faccenda si protrasse, Gian Galeazzo
decise di proporre la pace. Motivo della scelta era che la figlia Valentina Visconti avrebbe dovuto fidanzarsi
con il fratello di Carlo VI, e per raggiungerlo avrebbe dovuto attraversare le terre sabaude. Dopo alterne
vicende, Valentina il 1º luglio 1388 entrava nelle terre del Conte Rosso.
Nei suoi progetti, Amedeo VII vedeva un obiettivo fondamentale: il mare. Aveva osservato l'oceano nel
periodo dell'Ecluse, quando Carlo VI cercò inutilmente di attaccare l'Inghilterra. Tornato in patria, si prefissò
come obiettivo la conquista di uno sbocco al mare. Grazie alla presa di Cuneo da parte del Conte Verde,
Amedeo VII riuscì a penetrare in Provenza. Molte terre provenzali erano dei Durazzo-Angiò, che avevano da
anni promesso di restituire le somme impegnate da Amedeo VI nell'impresa in cui morì per difendere il
Regno di Napoli. Quelle somme non furono mai restituite. Il Conte Rosso vedeva nella sua occupazione
armata un riparo del debito. Arrivando infine ad occupare Nizza, lo sbocco al mare da tanto sognato dal
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conte.
Giovanni Grimaldi, nominato gran siniscalco della città di Nizza dai napoletani, si vide costretto a firmare un
atto in cui Nizza veniva ceduta al Piemonte. Amedeo VII entrò in Nizza il 28 settembre1388: dopo le
consuete festività, nominò i Grimaldi come governatori sabaudi della città e signori di vari feudi adiacenti.
Verso la fine di ottobre del 1391 il Conte Rosso fece ritorno a Ripaglia e rivolse la sua attenzione al
Vercellese, dove era in atto una sanguinosa rivolta. Chiese che Gian Galeazzo non intervenisse
ulteriormente nei suoi affari di stato e decise che avrebbe sedato la protesta rapidamente. Ma, durante una
caccia al cinghiale nella tenuta di Ripaglia, Amedeo VII si ferì ad una gamba in seguito ad una caduta da
cavallo; il giorno seguente fu aggredito dal tetano che si manifestò prontamente col trisma e si spense tre
giorni dopo a soli trentadue anni.
Il Conte Rosso lasciò un successore, Amedeo VIII ma le redini dello stato vennero tenute dalla nonna Bona
di Borbone e dalla corte di feudatari. Amedeo VIII succedette al padre. Anch'esso era soprannominato il
Pacifico e fu Conte e poi Duca di Savoia, visto che sotto il suo regno la Casa di Savoia acquisto il titolo di
Ducato. L'infanzia tormentata di Amedeo VIII venne caratterizzata anche da una grave forma di strabismo e
di balbuzie, rivelando presto un carattere introverso e schivo. Affezionatosi alla nonna Bona di Borbone, essa
venne presto allontanata per gli intrighi di palazzo ed egli si ritrovò circondato dai nobili della corte
piemontese che costrinsero pure la madre Bona di Berry a risposarsi in Borgogna senza più rivedere il figlio;
quindi presero il sopravvento gli aderenti al partito borgognone di Filippo II l'Ardito, il quale impose il
matrimonio dell'adolescente con la figlia Maria. Dichiarato maggiorenne e quindi adatto a governare, in
occasione del matrimonio, Amedeo VIII iniziò ad occuparsi delle faccende dello stato soltanto dopo il 1400.
In politica Amedeo dimostrò presto una grande prudenza e flemma che gli valsero il soprannome di Pacifico.
Dopo aver sostenuto i cugini d'Acaja-Piemonte contro i marchesi del Monferrato, egli ottenne la titolarità
della città di Domodossola, ove gli abitanti scontenti del regime visconteo si erano ribellati apertamente.
Riuscì poi ad ottenere dall'imperatore Sigismondo la trasformazione della contea in ducato nel 1416, evento
salutato nel paese con grandi feste. Nel 1430 promulgò gli Statuta Sabaudiæ, un corpus che raccoglieva le
leggi degli stati da lui retti. Negli Statuta si trovano anche le prime disposizioni contro i giudei nei territori
della Savoia, infatti 16 capitoli del primo libro furono dedicati agli ebrei. In essi si prescrivevano i limiti della
tolleranza fissati agli ebrei per abitare nel Ducato di Savoia. Tra i tanti provvedimenti troviamo l’obbligo di
abitare in un luogo separato rispetto ai cristiani e l’obbligo per gli uomini, le donne e i bambini al di sopra dei
sette anni di portare un segno distintivo sulla spalla sinistra.
Eppure, Amedeo era stanco della politica e delle difficoltà che essa comportava: dopo aver portato il ducato
ad una grande floridità, decise di abbandonare tutto e si ritirò nel castello di Ripaglia che divenne una sorta
di eremo e che ospitò anche un priorato da lui stesso finanziato. Sotto il suo regno fu fondata l'Università di
Torino, auspice il principe Ludovico di Savoia-Acaia (1408).
La carriera di Amedeo VIII sembrava essere destinata a terminare con la sua rinuncia al potere a favore del
figlio Ludovico, eppure il suo nome tornò alla ribalta quando i padri conciliari si riunirono a Basilea. Le
controversie col papa Eugenio IV erano decisamente accese e lo tacciavano di simonia ed eresia; il concilio
venne quindi diviso: a Ferrara si riunì il pontefice mentre a Basilea rimasero molti vescovi e cardinali che
dichiararono il papa decaduto il 24 maggio 1438, procedendo all'elezione di un nuovo pontefice. La tiara fu
offerta proprio ad Amedeo VIII che in quei tempi risiedeva ancora nel castello di Ripaglia, sul Lago Lemano.
Il duca non voleva diventare papa, non si considerava un religioso e non s'intendeva di teologia. Tuttavia le
proposte dei conciliari furono tanto adulatorie e petulanti che Amedeo si vide costretto ad accettare il
prestigioso incarico scegliendo il nome di Felice V.
In realtà egli non si recò mai a Roma al soglio pontificio: restò tra la Svizzera e la Savoia concedendo
raramente udienze e conducendo una vita ritirata. Quando morì Eugenio IV e gli successe Nicolò V, egli
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cedette alle richieste del nuovo pontefice romano di abbandonare la tiara e lo scisma terminò nel 1449
quando si dimise spontaneamente «per favorire l'unità dei cristiani», ottenendo in cambio il titolo cardinalizio.
In seguito all'abdicazione da antipapa, nell'autunno del 1434 Amedeo VIII si ritirò nel castello di Ripaille,
accompagnato dalla corte e dai più fidati cavalieri scelti fra coloro che, secondo la regola dell'Ordine
Mauriziano, si distinsero per meriti onorevoli.
Continuò ancora, come già fece in precedenza, a consigliare il figlio Ludovico in politica e morì a in odore di
santità il 6 gennaio 1451. Fu sepolto nello stesso territorio dell'abbazia e secoli dopo le sue ceneri furono
trasferite a Torino insieme a quelle di Amedeo VII, nella Cappella della Sindone.
Amedeo VIII fu colui che unì definitivamente il Piemonte ai domini aviti dopo l'estinzione del ramo di Acaia
(1418) e assunse per primo il titolo di Duca di Savoia (1416).
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SITOGRAFIA:
Aimone, in http://it.wikipedia.org/wiki/Aimone_di_Savoia_(1291-1343)
Amedeo V, in http://it.wikipedia.org/wiki/Amedeo_V_di_Savoia
Amedeo VI, in http://it.wikipedia.org/wiki/Amedeo_VI_di_Savoia
Amedeo VII, in http://it.wikipedia.org/wiki/Amedeo_VII_di_Savoia
Amedeo VIII, in http://it.wikipedia.org/wiki/Amedeo_VIII_di_Savoia
Amedeo VIII e gli ebrei, in http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/reitaly2.htm
Casa Savoia, in http://it.wikipedia.org/wiki/Casa_Savoia
Contea di Savoia, in http://it.wikipedia.org/wiki/Contea_di_Savoia
Edoardo, in http://it.wikipedia.org/wiki/Edoardo_di_Savoia
Savoia, in http://www.treccani.it/enciclopedia/savoia/
Savoia, in http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/reitalia.htm
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