Acetazolamide a basse dosi promettente nel

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ACETAZOLAMIDE A BASSE DOSI PROMETTENTE
NEL TRATTAMENTO DELL'IDROCEFALO
NORMOTESO IDIOPATICO
28 marzo 2014
Acetazolamide (ACZ) a basse dosi può ridurre – all’esame RM - le iperintensità di segnale
della sostanza bianca periventricolare (PVH) e migliorare la deambulazione nell’idrocefalo
normoteso idiopatico (iNPH). Lo rilevano alcuni risultati preliminari di uno studio
americano, apparso online su Neurology, che dimostra anche come il volume di PVH,
riflettendo il passaggio transependimale di liquor, possa rappresentare un indicatore RM
di efficacia dell’intervento terapeutico.
«L’iNPH si manifesta come un disturbo progressivo della deambulazione accompagnato
da problemi cognitivi e urinari» ricordano gli autori, coordinati da Noam Alperin, del
Dipartimento di Radiologia dell’Università di Miami (Florida). «La caratteristica
neuroradiologica dell’iNPH è un ampliamento non ostruttivo dei ventricoli cerebrali non
proporzionale all’atrofia cerebrale. Alla RM, in particolare, si notano in molti casi PVH la
cui origine si ipotizza dovuta a un riassorbimento transependimale di liquor ventricolare».
La derivazione del liquido cefalorachidiano mediante drenaggio esterno (shunt)
costituisce attualmente lo standard di cura ed è il solo trattamento noto in grado di ridurre
i sintomi. «In compenso è associato a rischio di morbilità e presenta un tasso di risposta
moderato (50%-80%)» precisano i ricercatori, i quali inoltre sottolineano come attualmente
non esistano farmaci approvati per questa indicazione.
«L’ACZ, impiegata solo a livello aneddotico nell’iNPH, è comunemente usata per altre
problematiche come l’ipertensione endocranica idiopatica, condizione spesso associata ad
alterata omeostasi liquorale» spiegano i ricercatori che, in questo studio, hanno voluto
verificare gli effetti di basse dosi di ACZ sui marcatori volumetrici RM e sugli outcome
clinici di pazienti con iNPH.
A tale scopo, sono stati coinvolti 8 soggetti affetti da iNPH trattati off label con ACZ a
basse dosi (125-375 mg/die). I partecipanti sono stati sottoposti a misure della funzione
deambulatoria e a scansioni RM seriali in cui si è fatto uso di un protocollo di imaging
approvato da un board istituzionale di revisori. Gli esami RM comprendevano immagini
FLAIR (fluid-attenuated inversion recovery) e l’imaging 3D pesato in T1 ad alta
risoluzione. Si è ricorso a metodi automatizzati di analisi per quantificare, in ogni
paziente, le iperintensità della sostanza bianca (WMH) ventricolari globali e i volumi di
PVH prima e durante il trattamento. L’outcome clinico è stato valutato basandosi sui
cambiamenti della deambulazione misurati in modo quantitativo mediante la scala di
Boon.
Cinque degli 8 pazienti hanno risposto positivamente al trattamento, con un
miglioramento mediano della deambulazione di 4 punti alla scala di Boon. In questi
pazienti che hanno seguito il trattamento si è vista una diminuzione significativa del
volume di PVH (-6,1 +/- 1,9 ml; p=0,002). In un paziente la deambulazione è rimasta
immodificata mentre 2 hanno mostrato un peggioramento e sono stati inviati in chirurgia
per impianto di shunt. In questi ultimi 2 pazienti non si è rilevata alcuna riduzione del
volume di PVH. I volumi di WMH non periventricolari e dei ventricoli laterali sono
rimasti sostanzialmente immodificati in tutti i pazienti. «Questi risultati» osservano
Alperin e colleghi «aggiungono nuove prove a sostegno dei benefici già segnalati del
trattamento con ACZ nell’iNPH e dimostrano anche, per la prima volta, che il trattamento
con ACZ può ridurre considerevolmente il volume di PVH, in modo simile alla diversione
del liquor effettuata con successo mediante applicazione di shunt. In entrambi i metodi,
inoltre, la riduzione di PVH si è generalmente associata a un miglioramento della
deambulazione».
«La valutazione volumetrica obiettiva utilizzata nello studio ha dimostrato che, grazie al
trattamento con ACZ a basse dosi, si può ottenere una riduzione di PVH di dimensioni
significative» ribadiscono. «I pazienti responsivi hanno evidenziato in media una
riduzione del 34% del volume di PVH rispetto alle condizioni di base, percentuale da
confrontare a un valore corrispettivo inferiore all’1% nei 2 soggetti non responsivi ad
ACZ». Per di più, aggiungono gli autori, «la maggior parte delle riduzioni di PVH – ossia
21% su un totale di 34% - era stata già ottenuta con una bassa dose iniziale di 125 mg/die
di farmaco. Questo dato è incoraggiante perché un dosaggio ridotto di ACZ diminuisce le
possibilità di effetti avversi quali acidosi metabolica, ipokaliemia, fatica, torpore e calcolosi
renale».
Il diretto collegamento tra il trattamento con ACZ e la riduzione di PVH – argomentano
Alperin e collaboratori – è ulteriormente comprovato dai risultati dei ripetuti studi RM
precedenti all’avvio della terapia con ACZ: i volumi PVH erano immodificati o aumentati
ma non diminuiti e, in particolare, il volume PVH è rimasto immodificato in un paziente
con sintomi lievi e stabili, mentre è aumentato in 2 soggetti con sintomi in aggravamento.
Inoltre il volume ventricolare è aumentato in tutti e 3 questi pazienti prima del trattamento
con ACZ, mentre nel corso di quest’ultimo è rimasto sostanzialmente immodificato.
Quanto alla riduzione del carico WMH, questo si è registrato quasi interamente all’interno
della regione periventricolare. «Un reperto in linea con la riduzione del riassorbimento
transependimale di liquor quale possibile meccanismo di inversione WMH con la
somministrazione di ACZ» spiegano gli autori. «Mentre una riduzione PVH si è
generalmente associata con miglioramento della deambulazione, l’entità di tale riduzione
non è apparsa necessariamente associata con il grado di miglioramento dell’andatura, dato
che la riduzione PVH poteva avvenire in regioni cerebrali non associate con la funzione
deambulatoria».
«Gli incoraggianti risultati ottenuti con ACZ a basse dosi sotto il profilo dell’inversione di
PVH e miglioramento dell’andatura» concludono Alperin e colleghi «giustificano futuri
sforzi per valutare la sicurezza e l’efficacia di ACZ e altri possibili agenti farmacologici per
il trattamento dell’iNPH».
Arturo Zenorini
Alperin N, Oli CJ, Bagci AM, et al. Low-dose acetazolamide reverses periventricular white
matter hyperintensities in iNPH. Neurology, 2014 Mar 14. [Epub ahead of print]
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