Contenuto La Casa Principesca a Bolzano Da sede amministrativa di Massimiliano I a Museo di Scienze Naturali a cura di Helmut Stampfer Helmut Stampfer Introduzione Alla fine nord-orientale di via Bottai, il ripido tetto tardo-gotico della Casa Principesca sovrasta ancora gli edifici circostanti, caratterizzando in maniera inconfondibile il profilo del centro storico di Bolzano. Dall’altezza e dalla struttura del tetto si riconosce già da lontano l’importante, per non dire eminente funzione pubblica dell’edificio. Alla sua posizione di riguardo nel contesto urbano non hanno però finora corrisposto un interesse particolare da parte della ricerca, né un sensibile apprezzamento da parte della popolazione. Solo da quando, dieci anni fa, il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige ha aperto i battenti, l’opinione pubblica ha fortunatamente cominciato a prestare maggiore attenzione all’imponente struttura architettonica e alla sua nuova destinazione d’uso. Nella presente pubblicazione Walter Schneider, uno dei maggiori esperti della storia di Bolzano, analizza per la prima volta a fondo, sulla scorta di minuziose indagini, la storia del palazzo. Il fatto che la casa principesca, a differenza delle residenze nobiliari tardogotiche cui è senz’altro comparabile sotto il profilo architettonico, non avesse un nome specifico e che a Bolzano fossero esistite una vecchia e una nuova sede dell’amministrazione territoriale – in epoca bavarese perfino una terza – ha causato inevitabilmente confusione. Grazie a documenti d’archivio inediti, Schneider chiarisce le origini dell’edificio come pure le funzioni ivi svolte e le modifiche effettuate nel corso dei secoli. Le sue osservazioni su Porta Vintler e sui funzionari che risiedevano nel palazzo sono l’esito di un’analisi di ampio respiro e rappresentano un contributo nuovo quanto significativo in termini storico-culturali per la storia della città di Bolzano. Basandosi sulle osservazioni fatte durante i lavori di restauro, pubblicate in sintesi per la prima volta nell’annuario 1989-90 della Soprintendenza ai Beni Culturali, e sui sopralluoghi da lui effettuati, lo storico dell’arte Martin Laimer delinea un quadro interessante della storia dell’edificio. In presenza di un palazzo pubblico di queste dimensioni, solitamente si presuppone che in archivio siano rintracciabili i progetti di costruzione e gli elenchi contabili. Nonostante le accurate ricerche svolte a Bolzano e Innsbruck, a questo riguardo non è emerso niente, se non un progetto di ristrutturazione non datato – probabilmente dei primi del Settecento – conservatosi per caso fra le carte dell’Ordine Teutonico a Bolzano, la cui sede originariamente confinava con la Casa Principesca. Martin Laimer ha sottoposto a un esame critico le scoperte avvenute durante i lavori di ristrutturazione e di modifica, interventi necessari in vista della nuova destinazione d’uso. Anche questi risultati costituiscono un importante tassello per la ricostruzione della storia del palazzo, partendo da un punto di vista diverso. Dall’indagine archeologica effettuata nel corso del restauro è emersa la presenza – come documentato nell’annuario citato – di pavimenti di costruzioni antecedenti e di un focolare della metà del Trecento. Dopo aver elaborato i suoi appunti e analizzato i reperti, pag. 1 Lorenzo Dal Ri, direttore dell’Ufficio Beni Archeologici, fornisce in queste pagine una loro esaustiva valutazione. Particolare interesse rivestono a questo proposito i numerosi frammenti di vetro e ceramica, databili intorno al 1600, che sono stati ritrovati in un pozzo. Un confronto, quanto mai opportuno, con ritrovamenti analoghi provenienti dal convento dei Francescani a Bolzano (2002) e da Castel Presule (2006) getta nuova luce sulla vita quotidiana dell’epoca. Il direttore del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige Vito Zingerle descrive nel suo intervento la nascita del museo e lo sviluppo che ha conosciuto dalla sua inaugurazione nel 1997. L’idea di dedicare all’ex sede principesca dell’amministrazione territoriale di Bolzano una pubblicazione scientifica è maturata in me soprattutto per due ragioni: da un lato la volontà di fare chiarezza sulla complicata storia dell’edificio, dall’altro la mancanza di una documentazione dei restauri effettuati, prevista dalla Carta di Venezia per ogni intervento su un monumento storico. Poiché la conclusione dei lavori risale a parecchio tempo fa, è parso naturale considerare i primi dieci anni di esistenza del museo come (per il momento) l’ultimo capitolo della plurisecolare storia dell’edificio. Così è nata una piacevole collaborazione con il Museo di Scienze Naturali, nella cui collana il volume esce, anche se la Ripartizione Beni Culturali si è fatta carico di più della metà dei costi della pubblicazione. All’impressionante mole di informazioni presentate da Zingerle si aggiunge il contributo di Benno Baumgarten, conservatore del museo, che prende posizione sulla delicata questione dell’utilizzo di un edificio storico come museo di scienze naturali. Con occhio critico egli analizza, muovendo dall’esempio concreto, i vantaggi e gli svantaggi di una sede così ricca di storia. Se a lungo si è creduto che i monumenti costituissero una cornice ideale per i musei e che la destinazione d’uso museale rappresentasse una delle soluzioni più idonee – la migliore in assoluto resta sempre quella per cui essi sono stati costruiti – oggi, in seguito a nuovi concetti museali, emerge invece una nascosta, e talora anche palese, incompatibilità. Più i musei tendono a essere “paesaggi” virtuali, sottratti al luogo e al tempo, in ambienti scarsamente illuminati, più la reale cornice storica è percepita come un handicap. Anche se il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige non ha ancora raggiunto questo livello di confrontazione con l’edificio storico che lo ospita, i punti di attrito vengono indicati e discussi apertamente. I cinque contributi seguono da un lato un approccio storico-culturale e mirano dall’altro a porre in evidenza la ricca attività del museo e le problematiche di una moderna struttura museale ospitata in un palazzo storico. Questo loro duplice orientamento dovrebbe, così mi auguro, incontrare l’interesse di un ampio pubblico di lettori ed esplicare inoltre un effetto di reciproco arricchimento. Da ultimo vorrei qui esprimere un caloroso ringraziamento agli autori che hanno aderito al progetto. Walter Schneider La storia della Casa Principesca a Bolzano (titolo originale: Die Geschichte des Amtshauses im Wandel der Zeiten) La sede di riscossione dei censi fondiari e dei dazi di Massimiliano I d’Asburgo, oggi sede del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige, sorgeva nei pressi di Porta Vintler, la porta di accesso alla città che i signori di Vanga avevano fatto erigere per chiudere a nord le loro due strade (via Bottai e via dei Vanga). Il funzionario addetto alla riscossione dei censi fondiari e dei dazi fungeva da tramite ufficiale fra la sede amministrativa a Innsbruck e i territori meridionali del Tirolo (non pag. 2 solo l’odierno Alto Adige ma anche l’area tirolese del Trentino che comprendeva la Valsugana e Rovereto). Gli articolati lavori di trasformazione del cosiddetto “Haus an der Gloggen” di Porta Vintler interessarono quattro edifici, compresa la bassa abitazione del funzionario contabile della dogana ubicata più a sud, e furono completati nel 1510. L’edificio principale fungeva da sede del funzionario addetto alla riscossione dei censi fondiari e dei dazi e del funzionario contabile che ricopriva anche una funzione di controllo. Il funzionario addetto alla riscossione dei censi fondiari e dei dazi amministrava anche le proprietà del principe nei dintorni di Bolzano, come pure le cantine di Missiano sotto il giudizio di Appiano. Sotto il suo controllo si trovavano i punti di esazione del dazio nella conca di Bolzano (Isarco, Dogana, Talvera e Ponte Adige). Alla dogana di Bolzano i numerosi mercanti del nord dovevano pagare il dazio per il loro vino. L’edificio ospitò anche un deposito di armi. Tra i compiti di questo ufficio vi era anche quello di inviare alla corte di Innsbruck la frutta del sud. Durante il regno bavarese (1805-1810) l’edificio funse da economato e durante il Regno d’Italia napoleonico (1810-1815) da dogana. Nel 1923 lo Stato italiano dichiarò l’edificio di proprietà dello Stato. Il 23 novembre 1973 il complesso architettonico venne smembrato: l’edificio principale con l’adiacente giardino fu adibito a sede del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige, mentre il resto è a tutt’oggi demanio pubblico dello Stato. Martin Laimer Amministrazione e rappresentanza rappresentanza – Storia della cos costruzione della Casa Principesca (titolo originale: Verwaltung und Repräsentation – Ein Beitrag zur Baugeschichte) La casa principesca di Bolzano costituisce uno degli esempi più significativi per quanto riguarda l’architettura profana gotica in Tirolo. Ubicata in cima a via Bottai, sorge nell’angolo nord-orientale del centro storico di Bolzano e, con il suo alto tetto a padiglione, domina sugli altri edifici civili della città. A est era preceduta dall’ampia area della dogana. L’edificio quadrato, a tre piani, ha conservato quasi intatto il suo aspetto tardo-gotico. La disposizione pressoché regolare delle facciate con bovindi angolari e graziosi bovindi poligonali in linea assiale riflette quella degli ambienti interni. L’elemento di collegamento centrale al pianterreno è rappresentato dall’atrio a due navate e cinque arcate. Le sue volte lunettate poggiano su basse colonne di arenaria. Dall’atrio si accede sia ai piani superiori sia agli ambienti delle ali nord e sud. Paralleli architettonici sono rinvenibili nelle residenze nobiliari tirolesi della stessa epoca e nei palazzi della corte a Innsbruck con funzioni di rappresentanza. Tra i modelli cui questa costruzione si è ispirata potrebbe figurare il Palazzo della Dogana di Colma presso Barbiano (Castel Friedburg), ultimato nel 1483 sotto l’arciduca Sigismondo. Nella pianta come nell’articolazione delle facciate esso anticipa il prototipo del palazzo nobiliare rinascimentale. Per quanto non comprovato da fonti documentali, appare evidente che il costruttore provenisse della corte dei Tirolo. Il tetto a padiglione tardo-gotico ricopre tre delle complessive quattro parcelle medievali lunghe e strette su cui si estende l’edificio. Sulle tre parcelle settentrionali sorgeva, secondo Walter Schneider, il cosiddetto “Altes Amtshaus” per la cui costruzione l’arciduca Sigismondo fece acquistare negli anni Ottanta del Quattrocento il “Haus an der Gloggen”. Intorno al 1510 vide la luce il cosiddetto “Neues Amtshaus” ampliato mediante l’annessione della parcella sul lato sud con la casa del funzionario contabile del dazio. L’ordine dei lavori è documentato dalle fasi di costruzioni del tetto. Ad eccezione della cantina nell’angolo nord-occidentale, nel caso delle tre parcelle settentrionali abbiamo a che fare con una costruzione in ampia misura nuova, mentre per quanto riguarda la casa del contabile sul lato sud è stata invece conservata perlopiù la struttura romanica. pag. 3 I due piani superiori rivestivano funzioni di rappresentanza e ricalcano la pianta del pianterreno. Le loro sale centrali ospitavano le diete tirolesi e le sedute della corte deputata a dirimere questioni di diritto curtense. Nel 1551 è menzionata per la prima volta la sala imperiale che, con i suoi 10 metri di larghezza e 24 di lunghezza, è la più prestigiosa sala di rappresentanza degli edifici profani di Bolzano. Nelle ali laterali si trovavano una cappella e gli appartamenti del principe. Il sottotetto, articolato su più piani e provvisto di montacarichi, fungeva da deposito. Con il cambio delle destinazioni d’uso nei secoli XVIII, XIX e XX furono effettuati modifiche e diversi interventi di ristrutturazione. Nel corso di questi lavori, l’atrio al pianterreno fu rimaneggiato e dotato di una nuova scala. La ristrutturazione degli anni Ottanta e Novanta del Novecento ha riportato in ampia misura alla luce l’originaria struttura dell’edificio. Gino Bombonato, Lorenzo Dal Ri Lo scavo archeologico nella Casa Principesca a Bolzano (contributo in italiano) Nel marzo del 1990, in occasione degli ampi restauri dell’“Amtsgebäude” in via Bottai a Bolzano, in vista della realizzazione del Museo di Scienze Naturali, poterono essere intraprese nel piano cantine, ad opera della Soprintendenza ai Beni Culturali di Bolzano, anche alcune indagini di carattere archeologico. Nel corso di tali ricerche si è potuto in particolare riconoscere sotto uno spesso strato di macerie, il pavimento originale dell’edificio cinquecentesco. Le fondamenta del medesimo si sovrappongono a loro volta ai resti di più antichi edifici (del XIII - XIV - XV secolo), citati del resto anche dalle fonti documentali. In particolare, di tale complesso edilizio più antico si sono riconosciuti due orizzonti pavimentali sovrapposti, ciascuno dei quali caratterizzato da tracce di incendio. Tra i reperti mobili prodotti dallo scavo sono da ricordare numerosi frammenti di stufe a olle, e in particolare lastre di rivestimento esterno, talora decorate a bassorilievo con invetriatura di colore verde, talora dipinte in blu su sfondo bianco. Sono riferibili a stufe di diverse epoche ( XVI - XVII e inizi del XVIII secolo) certo un tempo esistenti all’interno dell’Amtsgebäude. Una statuetta di terracotta appartiene alla foggia dei “Risenkruseler”, bambole modellate con sontuosi abiti, diffuse in epoca tardo-gotica nella Germania meridionale. Tra i numerosi reperti numismatici, di particolare rarità un “Kreuzer” o grosso tirolino, coniato prima del 1373. In una cantina sul lato sud-est si è riconosciuta una struttura murata di forma cilindrica, verosimilmente utilizzata in origine come pozzo perdente. Era stata da ultimo colmata mediante uno strato eterogeneo di detriti che conteneva abbondanti manufatti di terracotta, vetro e metallo, misti ad ossa di animali. Particolarmente abbondanti i frammenti di recipienti di vetro, in parte ricomponibili nelle forme originali. Appare per essi possibile una provenienza dalle vetrerie di Trento, diffusamente attestate nel corso del XVI secolo e in quello successivo. Vito Zingerle Zingerle Il Museo di Scienze Naturali a dieci anni dall’apertura (titolo originale: Das Naturmuseum zehn Jahre nach der Eröffnung) Fin dagli anni sessanta il frate francescano Viktor Welponer, deceduto nel 2004, propugnò l’idea di creare un museo di scienze naturali nel cosiddetto “Maximilianisches Amtshaus”, l’edificio storico ubicato nell’angolo nord-orientale del centro storico di Bolzano, non distante dalla sede del convento dei francescani. La donazione alla Provincia pag. 4 Autonoma di Bolzano della ricca collezione dello studioso Georg Gasser legittimò all’inizio degli anni Settanta la richiesta di trovare una sede espositiva idonea. In seguito a notevoli lavori di ristrutturazione, il 7 marzo 1997 fu inaugurato nell’edificio posto sotto tutela il Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige. L’esposizione permanente aprì nell’autunno 1999. Da allora il museo non ha cessato di espandersi, costantemente attento a rendere giustizia ai suoi compiti di istituzione didattica, luogo di conservazione di collezioni e di ricerca. Il Museo di Scienze Naturali è riuscito a imporsi nel panorama dei musei altoatesini e a tessere una fitta rete di rapporti con persone e istituzioni in Italia e all’estero. Benno Baumgarten Aspetti museologici per l’utilizzo di un edificio storico come museo di scienze naturali (titolo originale: Museologische Aspekte zur Nutzung eines historischen Gebäudes als Naturmuseum) I musei di scienze naturali sono strutture complesse che hanno particolari esigenze per quanto concerne l’architettura degli interni. In questo contributo si analizza il rapporto tra un edificio storico e la destinazione d’uso museale nell’intento di documentare, anche grazie a uno sguardo retrospettivo, il grado di esperienza raggiunto dal Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige. All’ubicazione centrale della struttura, alla bellezza del palazzo storico e al conseguente fascino che esercita si contrappongono problemi tecnici quali la mancanza di spazio e la difficoltà di realizzare un impianto climatico idoneo. Nel corso dei suoi primi dieci anni di esistenza il museo non è diventato soltanto un punto di riferimento nell’ambito delle scienze naturali, capace di irradiare il suo prestigio al di là delle frontiere regionali, ma è anche riuscito a espandere notevolmente tutti i suoi ambiti di competenza. Parimenti sono venuti alla luce i limiti intrinseci alla realizzazione di un museo in un palazzo storico, dove non sussistono le condizioni per la realizzazione ottimale di moderni depositi per le collezioni. L’architettura è vincolante anche per quanto riguarda l’attuazione di progetti visionari. Un ampliamento ideale consisterebbe nell’annessione di strutture moderne non lontane dal museo, che consentirebbero a questo di guadagnare spazi e soprattutto condizioni di maggiore sicurezza per le collezioni. pag. 5