Esempio di Vulcanesimo : Le Canarie

Esempio di Vulcanesimo : Le Canarie
Conferenza del 6/03/01
Relatore: Dott. Silvana Lucchesi
Presso il Centro Chantal
Via Perazzo 7
Torino
Prima di affrontare il vulcanesimo nelle isole Canarie , tema del nostro incontro , è opportuno
capire qual è la causa di questo fenomeno rilevabile in molte parti della Terra.
Nel 1912 il geofisico tedesco Alfred Wegener formulò l’ipotesi della deriva dei continenti ,
secondo la quale le terre emerse sarebbero arrivate alla posizione attuale a partire dallo
smembramento di un unico grande blocco ( PANGEA ) , circondato da un vasto oceano. Wegener
pensava che le zolle continentali ( o Sial ) “navigassero” sulla crosta oceanica (Sima) come iceberg
alla deriva e che potessero frammentarsi o entrare in collisione .
Questa idea fu inizialmente contrastata , ma intorno agli anni 60 venne inglobata in una teoria più
vasta : “ la tettonica a zolle ” , basata sulla suddivisione della crosta terrestre in una ventina di zolle
semirigide , i cui margini costituiscono zone di intensa attività tettonica , con terremoti ed eruzioni
vulcaniche ; tali zolle hanno uno spessore medio di 40 chilometri . Il globo terrestre è costituito da
tre gusci concentrici corrispondenti a zone chimicamente e fisicamente diverse : crosta (di tipo
continentale o oceanico) , mantello e nucleo. La crosta continentale è granitica, mentre la crosta
oceanica è basaltica .
La parte esterna (o litosfera) comprende crosta e parte del mantello ed è più rigida della parte del
mantello sottostante (o astenosfera). Tra litosfera e astenosfera esiste una superficie a bassa
viscosità che favorisce lo scorrimento di una parte rispetto all’altra. Le zolle di litosfera quindi
scorrono sulla astenosfera e i continenti vengono trasportati come sassi incastrati in un ghiacciaio!
I margini delle zolle hanno comportamenti diversi : si possono avere margini divergenti e allora si
formano le dorsali oceaniche , oppure margini convergenti , dove si formano le fosse oceaniche ; in
corrispondenza alle dorsali oceaniche le zolle si allontanano una dall’altra , mentre in
corrispondenza alle fosse oceaniche le zolle convergono (zolle di subduzione ). Dalle dorsali
medio-oceaniche fuoriesce materiale fuso , che crea continuamente una nuova crosta oceanica,
spostando lateralmente nei due sensi la dorsale stessa , mentre in corrispondenza delle fosse la
crosta sprofonda e viene riassorbita dal mantello . Per tale fenomeno di fuoriuscita e di successivo
riassorbimento , nessuno degli oceani attuali contiene sedimenti che superano una età di 150 / 200
milioni di anni.
La Pangea iniziò a frammentarsi circa 200 milioni di anni fa , dapprima in due supercontinenti :
Gondwana a sud ( comprendente l’attuale Sud America, Africa, Australia, Antartide e India ) e
Laurasia a nord (comprendente l’attuale Nord America, Europa e gran parte dell’Asia) ;
successivamente si frammentarono i singoli continenti che si dispersero in tutto il globo.
Si è scoperto che la Pangea era a sua volta l’aggregazione di precedenti masse continentali,
frammenti a loro volta di un supercontinente ancora più antico. Quindi risulta evidente che la
frammentazione , la dispersione e la riaggregazione dei supercontinenti è un processo ciclico.
Responsabili dei movimenti delle zolle o placche , sono proprio i fondi oceanici in corrispondenza
delle dorsali , in quanto spingono i continenti stessi . Attualmente il movimento continua con una
velocità di circa 3 cm all’anno . L’oceano Atlantico si sta allargando , mentre l’oceano Pacifico si
restringe ; a causa dello spostamento dell'Africa verso l'Europa , il Mar Mediterraneo si sta
restringendo e finirà per scomparire definitivamente.
L’India , che faceva parte in origine di Gondwana , in seguito si separò dal supercontinente e si
spostò verso nord a velocità insolita (17 cm all’anno) entrando in collisione con l’Asia e
determinando il corrugamento dell’Himalaya , ancora in atto. Questo fenomeno di ciclicità
suggerisce per il futuro un nuovo supercontinente , aggregazione di tutti i continenti attuali!
Attualmente possiamo osservare un inizio del processo di frammentazione continentale nella grande
Rift Valley africana , dalla valle del Giordano e dal Mar Morto , attraverso il Mar Rosso , l’Etiopia
e gran parte dell’Africa orientale. Questo rift è l’inizio di una lacerazione della crosta continentale ,
che darà origine ad un nuovo oceano.
Sul fondo degli oceani , in corrispondenza delle dorsali , si notano profonde zone di frattura
trasversali , che sono chiamate faglie trasformi , e sono generate dalla tensione dovuta ad una
disuguale espansione oceanica. Nei margini trasformi le placche scivolano una accanto all’altra
senza creazione o distruzione della crosta stessa. La maggior parte delle faglie trasformi giace sotto
gli oceani ; una di esse , altamente sismica , emerge dall’Oceano Pacifico : è la faglia di San
Andreas in prossimità di San Francisco , lunga centinaia di chilometri.
In corrispondenza ai margini delle zolle componenti la litosfera lo strato esterno è più debole ; in
questi punti è più facile la risalita di magma e gas lungo le fessurazioni . L’80% del vulcanismo
avviene lungo i margini costruttivi delle dorsali oceaniche , dove si produce continuamente nuova
lava crostacea , determinando la continua espansione dei fondali . Questo vulcanismo prende il
nome di vulcanismo lineare o di spaccatura : attualmente si possono osservare vulcani da
spaccatura in Islanda , dove la dorsale medio-atlantica affiora in superficie , ma è rilevabile su tutti
i continenti ( India centro occidentale , bacino del Paranà in Brasile , Stati Uniti nordoccidentali,
Sud Africa , Isola del Nord in Nuova Zelanda ; in tutte queste località gli affioramenti di grandi
plateau sono testimoni di vulcanismo avvenuto in epoche antiche ).
Il vulcanismo di superficie è meno importante dal punto di vista del volume di magma emesso
anche se coinvolge maggiormente la vita umana . La maggior parte dell’attività vulcanica di
superficie è associata a condotti vulcanici di forma generalmente circolare e raggruppati . Si
osservano due tipologie : vulcani conici e vulcani a scudo . La forma è determinata dal materiale
di eruzione : il vulcano conico con versanti ripidi si forma per eruzione di materiali solidi o
piroclastici di dimensioni varie e la costruzione del cono vulcanico può essere rapidissima . Spesso
sono associati ai materiali piroclastici anche emissioni di lava, dando origine a strati sovrapposti .
Tali emissioni possono avvenire anche dai fianchi del cono stesso per apertura di fessure ( lo
Stromboli , in Italia , è un vulcano a cono ) . Il vulcano a scudo ha di solito una struttura allargata ,
con diametro basale di diverse decine di km , versanti molto dolci (12 ° di inclinazione ) . Il
vulcano a scudo si forma generalmente per successive emissioni di lava basaltica fluida . Anche
questi vulcani possono presentare fessure e sbocchi lungo i fianchi ( in Italia , l’Etna , è un vulcano
di questo tipo).
Anche i vulcani di superficie sono spesso situati lungo margini di zolle in collisione . Quando due
zolle convergono il margine di una si inabissa sotto l’altra con un angolo di 45°, dirigendosi verso il
mantello . Questo fenomeno si chiama moto di subduzione e ha come risultato finale la
reincorporazione nel mantello stesso del materiale costituente la litosfera . Se le zolle in collisione
sono di tipo continentale ed oceanico , va in subduzione la zolla oceanica che è più compatta e più
dura rispetto a quella continentale . La crosta oceanica , fondendosi , produce magma che risale
lungo il piano di subduzione e viene eruttato in superficie , solitamente dal lato interno rispetto al
continente , oppure i sedimenti oceanici vengono incorporati in catene montuose , che di solito si
formano al margine del continente stesso . In questo modo si sono formate estese catene montuose
come le Ande e la Cordigliera nel Nord America . Se questo fenomeno avviene nell’oceano si
formano lunghe catene arcuate di isole vulcaniche ( Giappone e Filippine e in genere l’anello di
fuoco del Pacifico ) .
Dopo aver visto che cosa è capitato alla Terra e quale sarà il suo aspetto futuro , passiamo ora alle
isole Canarie : sono 7 , posizionate nell’oceano Atlantico a 120 km dalle coste del Marocco . Sono
tutte di origine vulcanica e la loro genesi si può far risalire alla presenza della dorsale medioatlantica :
LAS ISLAS DE CANARIAS : NACIDAS DEL FUEGO EN EL AGUA
Dal punto di vista geologico , le più interessanti sono Lanzarote e Fuerteventura , in quanto quasi
totalmente mancanti di vegetazione . Questa caratteristica rende l’approccio e lo studio degli
affioramenti rocciosi molto facile ; non solo : il particolare piano urbanistico , teso a salvaguardare
il patrimonio naturale ( l’isola di Lanzarote è patrimonio Unesco) , ha permesso la conservazione
degli affioramenti stessi . Ma c’è una ragione più importante ancora a favore di queste due isole : a
Fuerteventura affiora lo zoccolo continentale basale , lo stesso che costituisce il basamento del
Marocco e di parte dell’Africa nord-occidentale .
Per quanto riguarda le altre isole , molto importante è Tenerife in cui si trova il cono vulcanico Pico
de Teide , alto 3718 m , e l’intera isola non è altro che l’enorme apparato vulcanico . Probabilmente
fu proprio questo vulcano , visibile perfettamente dalle coste africane in mezzo alle nebbie
dell’oceano che attirò , con il suo mistero , gli antichi abitanti dell’Africa verso le isole. Era
sufficiente affidarsi alle correnti , originate dal caldo vento del deserto ( l’harmattan ) per andare
ad ovest , verso le isole . Così avvenne la colonizzazione da parte dei “ guanci ” ( primi abitatori
dell’isola ) . Da quel momento le Canarie sono sempre state note , forse proprio per la loro
posizione vicino al continente e possibile base per la navigazione nell’oceano . Il faraone Sesostri le
chiamò “Isole dei Beati “ , “ Isole dell’Eternità “ e , secondo gli antichi egizi , ospitavano le anime
degli eroi . Plinio e Tolomeo le conoscevano come “Isole Fortunate “ e ipotizzarono che fossero la
misteriosa Atlantide . Gli arabi, intorno all’anno 1000 , le chiamarono “ khaledat “ (isola che non
scompare).
Il vulcanismo che si riscontra è un’associazione tra vulcanismo stromboliano e vulcanismo
hawaiano , cioè si ritrovano coni circolari costituiti prevalentemente da piroclasti di diverse
dimensioni , talvolta associati a colate laviche basaltiche (vulcanismo stromboliano) e presenza di
colate ad alta viscosità , a scudo (vulcanismo hawaiano).
In particolare a Fuerteventura si incontra un paesaggio tipicamente sahariano, a causa delle grandi
distese sabbiose con alte dune . Nei coni vulcanici più antichi si nota chiaramente il sollevamento o
la subsidenza del livello marino, in quanto si riscontrano alternanze di lava e di piroclasti subaerei ,
che inglobano o si intrudono nei residui di sedimenti del letto oceanico , tipici del fondale africano .
E’ questa la ragione della variazione di colori delle sabbie , variazione che va dal nero , al giallo , al
rosso , all’ocra , e al giallo chiarissimo , quasi bianco dovuto ai residui conchigliari marini
depositati prima del corrugamento e del vulcanismo . A testimonianza del movimento del fondo
sottomarino sono anche le colate laviche subaeree sopra le “ rasas ” cioè le spiagge antiche.
L’isoletta di “ El Lobo” è invece da associarsi al vulcanismo più recente di Lanzarote , in quanto è
un tipico vulcano a cono circolare subaereo come le isolette a nord-ovest di Lanzarote .
Il complesso basale che affiora verso il centro dell’isola di Fuerteventura, è un insieme di rocce
sedimentarie , plutoniche (graniti e sieniti) , subvulcaniche (basalti e trachiti ) , che inglobano
tracce chiarissime del vulcanismo sottomarino . E questo perché tutte le isole Canarie si formarono
per successive eruzioni , prima sottomarine e successivamente subaeree .
L’isola di Lanzarote è , forse , unica al mondo per la sua struttura e configurazione : più di 300
coni vulcanici circolari con un declivio dolce , determinano un paesaggio lunare , che dà all’isola
l’aspetto dell’alba della creazione . Questo paesaggio si riflette sulla natura e gli atteggiamenti sia
degli abitanti che dei turisti : non si fa rumore , ci si muove lentamente , si sente , non l’incombere
della natura , ma la sua sacralità . Quasi che la potenza del fuoco e lo sconvolgimento della terra
non siano nemici dell’uomo , ma suoi alleati ; d’altra parte è proprio a causa del vulcanesimo che
queste isole esistono ! Sembra assurdo , ma gli abitanti sono riusciti , con tenacia e amore per la
terra , a rendere coltivabile quanto era possibile , imparando ad usare i piroclasti vulcanici per
trattenere l’umidità della notte , e le ceneri laviche per fertilizzare il terreno .
Dal punto di visto geologico , si riscontrano a Lanzarote due zone caratteristiche : la parte nord ,
determinata da eruzioni più antiche , e la parte centro sud , molto recente , dove è situato il Parco
del Timanfaya con la Montagna del Fuego .
Nella zona più antica ( al nord ) , le lave si sono in parte trasformate in terreno coltivabile o sono
ricoperte da licheni , e l’aspetto morfologico fa si che il territorio venga denominato “mal pais “ (
lava ad aspetto rugoso) . Uno dei vulcani più antichi (20 milioni di anni ) è quello del Monte
Corona , che presenta una particolarità piuttosto unica : durante una delle ultime eruzioni (circa
3000 anni fa ) , mentre la lava scorreva verso la costa e sotto il mare , si solidificava
immediatamente in superficie, continuando però a scorrere in profondità e determinando una catena
di bolle vulcaniche , di caverne e gallerie tortuose per 6 – 7 km , raggiungendo infine la cima di un
vulcano sottomarino , ad una profondità di 50 metri . La fuoriuscita successiva dei gas ha mantenuto
perfettamente cavo l’interno di questo tubo o canale vulcanico , che oggi sono percorribili , senza
difficoltà , almeno per la parte che è stata aperta al pubblico . Una parte è denominata “Cuevas de
los Verdes ” . La lava del tetto di questo canale presenta conformazioni simili alle stalattiti delle
grotte carsiche , chiamate “ candle like shapes “ o “ estafilites “ , lacrime di lava dovute
all’innalzamento e al successivo abbassamento della lingua lavica mentre scorreva sotto la
superficie solidificata . Nel corso dei millenni le rocce laviche hanno subito alterazioni chimiche ,
che hanno conferito al canale una colorazione varia dal verde al violetto . Lungo il percorso , in
alcuni punti , il tetto , forse per lo spessore limitato delle lave o per la loro fragilità , è crollato
originando i “jameos” o cavità, conche, bolle vulcaniche , visibili in superficie . Il tetto dei tunnel
crolla quando la bolla supera i 20 metri di larghezza o quando scoppiano i gas . La presenza di
jameos in superficie è quindi indicativo della presenza di gallerie vulcaniche e ne indica il percorso
.
Nella storia del popolo di Lanzarote , questo tubo vulcanico è stato più volte usato come rifugio
durante le razzie dei pirati o durante le guerre di colonizzazione.
Nella parte finale del canale , a poche decine di metri dal punto in cui sprofonda nell’oceano , si ha
un altro ingresso al tunnel : lo “Jameos de Agua “, spettacolare per le sue dimensioni . La prima
bolla misura 21 m di altezza , 19 m di larghezza , 62 m di lunghezza . Sul fondo un lago salato
posto sotto il livello del mare ; le acque marine penetrano attraverso le rocce e il livello subisce
delle variazioni a causa delle maree . Un innalzamento del fondo marino , in epoca antica , ha
determinato l’intrappolamento di piccoli crostacei di profondità che hanno trovato un habitat ideale
sul fondo del canale stesso : si tratta di piccoli granchi , bianchi , lunghi 3 cm , con 10 estremità ;
sono ciechi , il che fa pensare che siano animaletti di acque profonde .
A nord ovest dell’isola le antiche colate laviche a scudo sono evidenti nel Mirador del Rio , che
forma un’alta scarpata in vista delle isolette di Graciosa , Montagna Clara e Alegranza di recente
formazione , simili all’isoletta de “El Lobo” di Fuerteventura. La scarpata è determinata dai
fenomeni di erosione ,conoidi di deiezione e successiva deposizione da parte del mare di materiale
sedimentario.
Nella zona centrale dell’isola si incontrano le “case fonde “ (profonde ) dove gli antichi abitanti
preferivano vivere ; consistono in cavità del sottosuolo di origine vulcanica , forse simili ai tunnel ;
altre ampie cavità , dette “ queseras ” , anch’essi probabilmente ampi tunnel vulcanici , erano usati
forse per cerimonie sacre.
Nella zona centro-meridionale dell’isola si ha la zona lavica più recente , corrispondente alle
eruzioni del 1730-36 e del 1824 . Tali eruzioni hanno prodotto molti coni vulcanici distribuiti lungo
una frattura con andamento quasi parallelo alla dorsale atlantica, con direzione ENE-OSO. Le
eruzioni determinarono un grande accumulo di piroclasti intorno alle bocche eruttive. Sotto i
piroclasti si individuano colate laviche più o meno alterate per azioni idrotermali . Il vento ha
modellato in parte i coni stessi ( si nota una asimmetria per i coni che hanno una certa altezza,
quella dove il vento dell’oceano o gli alisei spirano costanti) . Sopra alle distese di ceneri , lapilli ,
piroclasti si notano scorie più grossolane , bombe e fratture di assestamento . Le colate sono
perlopiù alla base dei coni ; talvolta i coni più bassi possono collassare verso l’interno , esponendo
così gli strati dell’edificio vulcanico. Qui si estende per 51 chilometri quadrati il “ Parco del
Timanfaya “ o “Montagna del Fuego “, che comprende la zona in cui la furia distruttrice delle
lave , nelle eruzioni del 1730-36 , cancellò la parte dell’isola più fertile e distrusse molti pueblos .
Durante quegli anni di continue eruzioni si formarono 25 nuovi coni , mentre nel 1824 (ultima
eruzione nelle Canarie) , se ne formarono altri tre : Tao , Tinguaton e Volcan Nuevo del Fuego o
Chinero ( solo quest’ultimo è inserito nel Parco) . Le lave giunsero fino all’oceano, ampliando
l’isola stessa e nell’impatto con l’acqua fredda solidificarono rapidamente dando origine a lave a
forma colonnare ( come in Islanda ) , subito attaccate dalla furia delle onde .
Il 70% del Parco è costituito da un mare di lava , il cui colore nero intenso comincia ad essere
smorzato per la presenza di molte specie di licheni , i primi responsabili della traformazione da lava
sterile a humus. Si nota un numero elevato di coni formati da piroclastici e lapilli ; la loro presenza
è da addebitarsi alle eruzioni avventizie o parassite di un solo edificio vulcanico . Il cono più alto è
quello della Montagna del Fuego , antecedente però alle eruzioni del 1730-36 . I grandi crateri
presenti corrispondono alle fasi esplosive ( caldere ) . Caratteristica è la Caldera Bianca , che deve
la colorazione chiara ad una crosta calcarea di origine idrotermale ; la Caldera Bianca è anteriore
alle eruzioni del 1700 ed è circondata dalle lave nere scaturite dalle bocche della Montagna del
Fuego . Questo fenomeno strutturale prende il nome di islote (isola) , ed è infatti come un’isola in
mezzo all’oceano lavico ; oltre alla Caldera Bianca , sono presenti altri islotes , tra cui l'Islote de
Hilario , corrispondente ala zona ad alta geotermia : qui infatti le colate piroclastiche presentano una
temperatura di 140° ad appena 20 cm di profondità , per salire a 400 ° alla profondità di 6 m .
Questo fenomeno geotermico è da attribuirsi , forse , al fatto che , dopo le ultime eruzioni , la
camera magmatica è salita , in questa zona , a soli 4-5 chilometri di profondità . Questo calore
viene sfruttato attualmente nel ristorante per una griglia naturale posta su un pozzo di 6 metri di
profondità : sulla superficie la temperatura arriva a 300 ° ! Nella lava nera , basaltica della
Montagna del Fuego possiamo trovare in gran quantità un minerale molto bello e appartenente alle
pietre semipreziose : il peridoto o olivina ( impropriamente detto) . Questo minerale è tipico delle
duniti e delle peridotiti , rocce che si formano all’interno del dotto vulcanico , durante il processo di
risalita della lava ; fuoriescono dal cratere durante le eruzioni e danno origine alle bombe
vulcaniche . La lava del Timanfaya è molto ricca di peridotiti e duniti , e il minerale , di colore
verde oliva , è utilizzato in oreficeria. In alcuni punti, dove le colate laviche hanno raggiunto il
mare, è possibile trovare ciottoli e grossi massi di dunite con inclusioni di olivina , e anche la
sabbia nerissima brilla al sole per la gran quantità di cristalli di questo minerale.
Talvolta , anche sulle superfici di piroclasti, si notano dei conetti irregolari : sono fuoriuscite di lava
determinate dalle eruzioni parassite più o meno vicine all’edificio principale ; tali formazioni
prendono il nome di hornitos . Queste formazioni sono presenti anche quando la falda freatica ( o
marina ) è superficiale , come è avvenuto per l’isoletta di “El Lobo “ , in cui gli hornitos si sono
formati per il riscaldamento dell’acqua.
Nel Timanfaya si distinguono tre tipi di colate laviche : colata tipo hawaiano o “pahoehoe “ (a
superficie liscia ) , malpais (a superficie rugosa e aspra ) non transitabile , piroclasti e lapilli di
diverse dimensioni . Si ha anche una lava molto più viscosa , che trasporta grandi blocchi , anche di
colate più antiche . La lava pahoehoe talvolta raffreddandosi determina colate a corda , in quanto
raffredda rapidamente in superficie mentre lo strato sottostante liquido continua a scorrere , facendo
increspare la superficie . Questo tipo di lava è fragile e la superficie può crollare facilmente
originando profonde fessurazioni . Le lave più vischiose talvolta riempiono cavità preesistenti
determinando dei veri e propri laghi di lava .
Nell’ultima eruzione (1824) , nel vulcano Nuovo o Tinguaton si manifestò un evento anomalo :
durante l’eruzione ci fu una violenta esplosione, durante la quale vennero emessi getti di acqua ad
altissima temperatura , che diedero origine a un certo numero di condotti allineati noti come “Cave
del Diavolo” (Cuevas del Diablo) .
Ai limiti del Parco della Montagna del Fuego , lungo la costa, si incontra un’altra manifestazione
vulcanica caratteristica : El Guelfo , un vulcano sottomarino emerso in parte per fenomeni di
subsidenza . Il cratere , in parte eroso , è attualmente occupato da una laguna verdissima , su cui
domina una bancata impressionante di lava nera alternata a strati piroclastici . Questi ultimi , eruttati
in facies sottomarina , hanno subito una stratificazione incrociata e , a causa del rapido
raffreddamento , si sono vetrificati , originando un mixage di colori. La laguna è separata
dall’oceano da una spiaggia nerissima , prodotta dalla erosione delle pareti del cratere .
Della spaventosa eruzione del 1730-36 rimane la testimonianza del parroco di Yaiza , Don Andres
Lorenzo Curbelo :
“ Il primo giorno di settembre dell’anno 1730 , tra le nove e le dieci di sera , si aprì
di colpo la terra vicino a Timanfaya , a due leghe da Yaiza . Nella prima notte si
sollevò una montagna gigantesca dal grembo della terra e dalla cima si elevarono
delle fiamme che arsero ininterrottamente per diciannove giorni (….)
Pochi giorni dopo si aprì una nuova voragine e da essa furiosi fiumi di lava si
gettarono su Timanfaya , Rodeo ed una parte della Mancha Blanca . Avanzando
inizialmente a mulinelli ed alla velocità dell’acqua, poi più densa e pesante come il
miele. Con grandi tuoni la roccia uscì dalla profondità e cambiò il percorso della
lava. Ora non era più diretta verso il nord , ma verso occidente . Raggiunse i paesi
Macetas e Santa Catalina radendoli al suolo . (……) Il 18 ottobre si aprirono
direttamente al di sopra del paese bruciato di Santa Catalina tre nuove voragini da
cui fuoriuscirono nuvole di fumo che si estesero sull’intera isola. Contenevano una
grande quantità di scorie , lapilli e cenere ; cadevano dappertutto gocce di acqua .
Il buio , la cenere e il fumo fecero fuggire più di una volta gli abitanti di Yaiza e
delle zone circostanti (……) . Dieci giorni dopo questa eruzione , nell’intera zona
morì tutto il bestiame . Il vapore puzzolente l’aveva soffocato (……) . Il 16
dicembre la lava cambiò improvvisamente direzione , non dirigendosi più verso il
mare ma verso sud-ovest , bruciò il comune Chuapadero e distrusse
successivamente la fertile pianura di Uga. Qui si fermò e si raffreddò (…..) . Il 25
dicembre la terra tremò violentemente e tre giorni dopo la lava bruciò il paese
Jaretas e distrusse la cappella di San Giovanni “
L A S I S L A S DE C A N A R I A S:
NACIDAS DEL FUEGO
EN EL AGUA