4 Speciale papa Francesco il primo Angelus ■ DIO PERDONA SEMPRE La misericordia cambia il mondo. Abbraccio dei fedeli in san Pietro Camminiamo INSIEME Messa di inizio ministero petrino del vescovo di Roma Custodire e servire Duecentomila in festa per papa Francesco: “L’amore vince tutto, l’odio e l’invidia sporcano la vita”. E scende dalla jeep per abbracciare un disabile L I l messaggio della Chiesa è quello della misericordia. Nella breve omelia tenuta nella Messa celebrata domenica 17 marzo nella parrocchia di sant’Anna, in Vaticano, papa Francesco, commentando il Vangelo, ha ricordato che «anche noi siamo come il popolo di Israele che da una parte vuole sentire Gesù ma dall’altra parte piace bastonare e condannare gli altri. Ma il messaggio di Gesù è quello della misericordia. Non è facile affidarsi alla misericordia di Dio perché quello è un abisso incomprensibile, tuttavia il Signore mai si stanca di perdonare. Siamo noi che ci stanchiamo nel chiedergli perdono». A mezzogiorno, poi, il Santo Padre ha ritrovato la folla dei fedeli delle grandi occasioni in una piazza che “grazie ai media – ha sottolineato – ha le dimensioni del mondo”. Ha quindi commentato ancora il Vangelo della domenica. Tocca il suo stile fraterno e il suo linguaggio semplice: «Fratelli e sorelle, buongiorno! Dopo il primo incontro di mercoledì scorso, oggi posso rivolgere di nuovo il mio saluto a tutti! E sono felice di farlo di domenica, nel giorno del Signore! Questo è bello è importante per noi cristiani: incontrarci di domenica, salutarci, parlarci come ora qui, nella piazza». E ha ricordato: «Il volto di Dio è quello di un padre misericordioso, che sempre ha pazienza! Avete pensato voi alla pazienza di Dio, la pazienza che Lui ha con ciascuno di noi? Quella è la sua misericordia». A questo punto, ha voluto condividere con i fedeli una lettura che ha fatto, «un libro del card. Kasper sulla misericordia. La parola “misericordia” è il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto». Francesco ha, quindi, raccontato un episodio della sua vita quando appena vescovo in Argentina, durante una Messa, si avvicinò una donna anziana, molto umile. «Nonna – perché da noi, ha detto il Papa, si dice così: ‘nonna’ agli anziani – lei vuole confessarsi?». «Sì», mi ha detto. «Ma se lei non ha peccato». Lei mi ha detto: «Tutti abbiamo peccati». «Ma forse il Signore non li perdona». «Il Signore perdona tutto», ha ribadito sicura. «Ma come lo sa, lei, signora?». «Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe». A quel punto, il papa ha ammesso: «Io ho sentito una voglia di domandarle: “Mi dica, signora, lei ha studiato alla Gregoriana?”, perché quella è la sapienza che dà lo Spirito Santo, la sapienza interiore verso la misericordia di Dio». E ha esortato i presenti a non dimenticare questa parola: «Dio – ha sottolineato il pontefice – mai si stanca di perdonarci, mai. Il problema è che noi ci stanchiamo di chiedere perdono». Di qui l’invito ad essere misericordiosi con tutti. Invochiamo l’intercessione della Madonna che ha avuto nelle sue braccia la misericordia di Dio fatta uomo». E ha concluso l’Angelus rivolgendo un cordiale saluto a tutti i pellegrini e spiegando ancora la scelta del nome Francesco che «rafforza il mio legame spirituale con questa terra, dove, come sapete, sono le origini della mia famiglia». E ha chiarito che «Gesù ci ha chiamato a far parte di una nuova famiglia: la sua Chiesa, in questa famiglia di Dio, camminando insieme sulla via del Vangelo». Infine, ha augurato a tutti «buona domenica e buon pranzo!» suscitando l’applauso fragoroso dei presenti. a Messa di inizio del ministero petrino del vescovo di Roma conserva la sua solennità, pur nella sobrietà voluta dal pontefice. Nell’omelia incentrata sulla figura di Giuseppe l’invito alla responsabilità fondata sulla fiducia in Dio e sull’apertura al suo progetto. E “il ministerio”, con quella “i” in più che caratterizza la cadenza spagnola di papa Francesco, è stato al centro dell’omelia. Quale il potere di Pietro, quale il potere del papa? Il papa ha risposto a questa domanda ribadendo la necessità di non dimenticare mai «che il vero potere è il servizio e che anche il papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce». La pluralità delle lingue utilizzate, la linearità degli abiti liturgici, la normalità di uomo non incastrato nella veste istituzionale, hanno dato il “la” alla volontà di toccare il cuore di tutti, anche dei non cristiani. «Un messaggio che va aldilà dei confini della Chiesa», il commento a conclusione del sermone dei giornalisti televisivi a sottolineare quel discorso “francescano” ed evangelico sul rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in un gioco di relazioni che riguarda tutti. «È il tema del custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei Anno V, Edizione speciale - Marzo 2013 MERCOLEDÌ 13 MARZO ALLE ORE 20.12 L’ANNUNCIO DI GRANDE GIOIA HABEMUS PAPAM: EMINENTISSIMUM AC REVERENDISSIMUM DOMINUM, DOMINUM GEORGIUM MARIUM vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti». La custodia è responsabilità di coloro che occupano un “potere” in ambito economico o sociale, ma anche invito alla cura di se stessi: «Ricordiamo che l’odio – ha aggiunto il papa con tono delicato, amico – l’invidia, la superbia sporcano la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono!». E quella esortazione in più, paterna, che caratterizza i primi passi di questo vescovo di Roma, che lo rende originale nel suo “ministerio”. «Non dobbiamo avere paura della bontà – ha raccomandato il vescovo di Roma con quel plurale che lo rende vicino al popolo – anzi neanche della tenerezza». Le centotrentadue delegazioni provenienti da ogni parte del mondo, sono state salutate dal papa in basilica al termine della Messa. Presenti in piazza trentatrè delegazioni di Chiese e confessioni cristiane e rappresentanti di altre religioni, che sono stati ricevuti dal papa il giorno seguente (mercoledì 20 n.d.r.) nella sala Clementina. Erano, inoltre, presenti alla celebrazione anche delegazioni di musulmani e buddisti. Sabato 16 marzo l’incontro con i giornalisti a Roma per il Conclave Raccontare una Chiesa povera O ltre seimila giornalisti, molti dei quali accompagnati dai propri familiari, hanno gremito sabato 16 marzo l’aula Paolo VI per partecipare all’udienza con papa Francesco. Il pontefice si è rivolto ai giornalisti ringraziando per il lavoro svolto in questo periodo intenso, «iniziato con il sorprendente annuncio del mio venerato predecessore Benedetto XVI»: – «Avete lavorato, eh? Avete lavorato!». Con paterna affabilità, il pontefice ha invitato i giornalisti a conoscere sempre di più la vera natura della Chiesa e le motivazioni spirituali che la guidano e che sono le più autentiche per comprenderla. La Chiesa riconosce il ruolo imprescindibile svolto dai mass-media, per comprendere la storia contemporanea. Gli eventi della storia della Chiesa, per essere ben interpretati, richiedono una spe- Pro-Manuscripto - Stampato in proprio (Non in vendita) cifica ermeneutica: quella della fede. E ha precisato: «Cristo è il Pastore della Chiesa, ma la sua presenza nella storia passa attraverso la libertà degli uomini: tra di essi uno viene scelto per servire come suo vicario, successore dell’apostolo Pietro, ma Cristo è il centro, il riferimento fondamentale, il cuore della Chiesa. Senza di Lui, Pietro e la Chiesa non esisterebbero né avrebbero ragion d’essere. Come ha ripetuto più volte Benedetto XVI, Cristo è presente e guida la sua Chiesa. In tutto quanto è accaduto il prota- gonista è lo Spirito Santo. Egli ha ispirato la decisione di Benedetto XVI per il bene della Chiesa; Egli ha indirizzato nella preghiera e nell’elezione i cardinali». Una vera lezione di giornalismo, quella di papa Francesco; autore anche della migliore “cronaca” di questo intenso periodo della storia della Chiesa e, quindi, del mondo. Dopo aver salutato personalmente alcuni dei giornalisti presenti, papa Francesco, in spagnolo, ha concluso con la benedizione anche se «molti di voi non appartengono alla Chiesa cattolica, altri non sono credenti, ma rispettando la coscienza di ciascuno». La benedizione, a credenti e non, è stata una “lezione magistrale”, impartita dal migliore “Cortile dei Gentili”. Tutto questo, insieme alle parole pronunciate in udienza dal pontefice: «Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!». SANCTÆ ROMANÆ ECCLESIÆ CARDINALEM BERGOGLIO QUI SIBI NOMEN IMPOSUIT FRANCISCUM “PRESO ALLA FINE DEL MONDO” La benedizione “Urbi et Orbi” di papa Francesco Vescovo e popolo: iniziamo il cammino F ratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo... ma siamo qui... Vi ringrazio dell’accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo vescovo: grazie! Prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca. [Recita del Padre Nostro, dell’Ave Maria e del Gloria al Padre] E adesso, incominciamo questo cammino: vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa, che oggi incominciamo e nel quale mi aiuterà il mio cardinale vicario, qui presente, sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella! Adesso vorrei dare la benedizione, ma prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la benedizione per il suo vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me. [In una piazza san Pietro gremita si crea un silenzio totale per la preghiera] Adesso darò la benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. [Benedizione] Fratelli e sorelle, vi lascio. Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto! Ci vediamo presto: domani voglio andare a pregare la Madonna, perché custodisca tutta Roma. Buonanotte e buon riposo! ✎ il comunicato dell’arcivescovo Forte Vicino ai poveri con fede e amore totali È con profonda gratitudine al Signore, con gioia grande e commozione intensa che tutti noi abbiamo appreso dell’elezione a vescovo di Roma dell’arcivescovo di Buenos Aires, il card. Jorge Mario Bergoglio, gesuita, che ha scelto il nome del Poverello di Assisi e Patrono d’Italia, Francesco. Già questo nome è un programma, che rinvia a uno stile di vita semplice, povero, vicino ai poveri, segnato dall’amore alla gente e centrato sull’essenziale della fede e della carità. Francesco ha voluto presentarsi sin dal primo momento per quello che è dal punto di vista teologicamente più corretto: il vescovo della Chiesa di Roma, che per disegno divino presiede nella carità a tutte le Chiese del mondo. Bellissimo e perfino toccante questo suo insistere sul rapporto con la Chiesa locale di cui Dio lo ha voluto vescovo! Non di meno e inseparabile da questo è lo sguardo che viene su di lui dall’orizzonte del mondo intero: è il primo successore di Pietro che viene dall’America Latina, il continente col più alto numero di cattolici, ma anche con situazioni drammatiche di povertà e di disuguaglianza. Tutto ciò fa sperare fondatamente in un ministero di papa Francesco fecondo per la causa di Dio in questo mondo, per la pace e la giustizia fra gli uomini, per un rinnovato slancio dell’impegno di evangelizzazione, per un nuovo impulso all’ecumenismo e al dialogo fra le religioni e fra chi crede e chi non ha il dono della fede. Invito tutti a rendere grazie al Signore per questo meraviglioso dono e a pregare per il nuovo vescovo di Roma con tanta fede e grande amore. Dio doni lunga vita e fruttuosa azione pastorale a Francesco, secondo il cuore di Cristo e la gioia del Vangelo. Bruno Forte, arcivescovo Speciale papa Francesco 2 la biografia del papa Figlio di emigranti piemontesi era arcivescovo di Buenos Aires I l cardinale Jorge Mario Bergoglio, S.I., ora papa Francesco, era arcivescovo di Buenos Aires (Argentina), ordinario per i fedeli di rito orientale residenti in Argentina e sprovvisti di ordinario del proprio rito. È nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936. Ha studiato e si è diplomato come tecnico chimico, ma poi ha scelto il sacerdozio ed è entrato nel seminario di Villa Devoto. L’11 marzo 1958 è passato al noviziato della Compagnia di Gesù, ha compiuto studi umanistici in Cile e nel 1963, di ritorno a Buenos Aires, ha conseguito la laurea in filosofia presso la facoltà di filosofia del collegio massimo «san José» di San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è stato professore di letteratura e di psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fe e nel 1966 ha insegnato le stesse materie nel collegio del Salvatore di Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 ha studiato teologia presso la facoltà di teologia del collegio massimo «san José», di San Miguel, dove ha conseguito la laurea. Il 13 dicembre 1969 è stato ordinato sacerdote. Nel 1970-71 ha compiuto il terzo probandato ad Alcalá de Henares (Spagna) e il 22 aprile 1973 ha fatto la sua professione perpetua. È stato maestro di novizi a Villa Barilari, San Miguel (1972-1973), professore presso la facoltà di teologia, consultore della Provincia e rettore del collegio massimo. Il 31 luglio 1973 è stato eletto provinciale dell’Argentina, incarico che ha esercitato per sei anni. Fra il 1980 e il 1986 è stato rettore del collegio massimo e delle facoltà di filosofia e teologia della stessa Casa e parroco della parrocchia del patriarca san José, nella diocesi di San Miguel. Nel marzo 1986 si è recato in Germania per ultimare la sua tesi dottorale; quindi i superiori lo hanno destinato al collegio del Salvatore, da dove è passato alla chiesa della Compagnia nella città di Cordoba come direttore spirituale e confessore. Il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno dello stesso anno ha ricevuto nella cattedrale di Buenos Aires l’ordinazione episcopale dalle mani del card. Antonio Quarracino, del nunzio apostolico mons. Ubaldo Calabresi e del vescovo di Mercedes-Luján, mons. Emilio Ogñénovich. Il 3 giugno 1997 è stato nominato arcivescovo coadiutore di Buenos Aires e il 28 febbraio 1998 arcivescovo di Buenos Aires per successione, alla morte del cardinale Quarracino. È autore dei libri: «Meditaciones para religiosos» del 1982, «Reflexiones sobre la vida apostólica» del 1986 e «Reflexiones de esperanza» del 1992. È stato ordinario per i fedeli di rito orientale residenti in Argentina che non possono contare su un ordinario del loro rito. Gran cancelliere dell’università cattolica argentina. Relatore generale aggiunto alla 10ª assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi (ottobre 2001). Dal novembre 2005 al novembre 2011 è stato presidente della Conferenza episcopale argentina. Dal beato Giovanni Paolo II creato e pubblicato cardinale nel Concistoro del 21 febbraio 2001, del titolo di san Roberto Bellarmino. Era membro delle Congregazioni per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, per il Clero, per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, del Pontificio Consiglio per la Famiglia, della Pontificia Commissione per l’America Latina. Camminiamo Camminiamo INSIEME La scelta del nome “Francesco” evoca la testimonianza Preghiera e amore P apa Bergoglio è il primo successore di Pietro che ha preso il nome di Francesco. Una scelta considerata notevole e per certi versi sorprendente, perché molto espressivo dello stile di semplicità e testimonianza evangelica, che pure ha trattegiato il suo cammino pastorale incentrato sui valori dell’umiltà, del dialogo, della dignità della persona e del senso di comunità e di fratellanza, già evocati sin dalle prime parole pronunciate dalla Loggia vaticana. «Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa, che oggi incominciamo e nel quale mi aiuterà il mio cardinale vicario, qui presente, sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella». Il nome Francesco, che sembra sia tanto piaciuto ai fedeli in piazza San Pietro, richiama lo stile e l’opera pastorale che lo stesso Bergoglio ha portato avanti, anche nelle vesti di arcivescovo di Buenos Aires. Nella capitale argentina ha dato nuovo impulso alla pastorale nelle fa- velas, cercando ogni soluzione possibile per far sentire a casa loro, nella comunità cristiana, anche i più lontani. La Chiesa - ha ripetuto in più occasioni - deve mostrare il volto della misericordia di Dio. Se la spiritualità di san Francesco d’Assisi è stata certamente uno dei primo riferimenti a colpire i cuori di moltissimi fedeli soprattutto in Italia e in Europa perché esempio di umiltà e totale dedizione a Dio, il nome “Francesco” rievoca anche l’opera di evangelizzazione di Francesco Saverio, missionario gesuita spagnolo vissuto nella seconda metà del ‘500 e proclamato santo nel 1622, che fu contemporaneo di Ignazio di Loyola e tra i primi a seguire le orme del fondatore della Compagnia di Gesù, l’ordine da cui Bergoglio proviene. Per precisione, l’annuncio del cardinale protodiacono, Jean Louis Tauran, non comprendeva il numero della serie del nome Francesco (“primo” n.d.r.) scelto dal nuovo papa perchè essendo il primo non si usa numerarlo. Dal prossimo, invece, entrerà in vigore la numerazione. Il primo giorno del pontificato a santa Maria Maggiore Si è affidato alla Madre C ome ha promesso la sera del 13 marzo nel suo saluto “urbi et orbi”, papa Francesco, la mattina seguente ha pregato la Madonna. È stato il primo gesto della prima mattina da Pontefice. È arrivato nella basilica di santa Maria maggiore e si è raccolto alcuni minuti davanti all’icona di Maria Salus Populi Romae. Con il Papa c’erano il prefetto della Casa pontificia, mons. George Gaenswein, e il vice prefetto Leonardo Sapienza. Una “visita privata” perché papa Francesco è “affezionato” alla basilica. Quando era ancora cardinale, ogni volta che si trovava a Roma era solito andare a pregare nella cappella paolina, dove c’è l’immagine della Madonna salus populi romani. «Siate misericordiosi verso le anime, ne hanno bisogno. Pregate per me». Sono le parole dette da papa Francesco ai padri domenicani penitenziari (chiamati “i confessori del papa”) della basilica maggiore dedicata alla Madonna. Speciale papa Francesco INSIEME La Chiesa e i poveri sono i suoi preferiti H a destato sorpresa l’elezione del card. Bergoglio al soglio pontificio. La fiducia, però deriva dal fatto che conosce i problemi del mondo intero e in particolare quelli della Chiesa latinoamericana. Il card. Bergoglio è sempre stato una persona molto vicina al popolo, ha sempre esortato alla missione e all’evangelizzazione. Una frase importante che ripete spesso è l’invito ad andare nelle “periferie” a proporre Gesù. Di sicuro, in questo momento della Chiesa, darà un contributo significativo alla nuova evangelizzazione in tutto il mondo. È un grande cambiamento per la Chiesa di tutto il mondo. Come ha detto nelle sue prime parole, la Chiesa è andata a cercarlo ai confini della terra, al Sud del mondo. Aprire la porta della Chiesa al Sud del mondo: anche questo è un segnale importante. Ma il nuovo papa saprà tener conto di tutte le realtà. Il suo primo gesto significativo è stata la richiesta di essere benedetto dal popolo. Questo è un suo gesto caratteristico. Chi lo conosce, testimonia che ad ogni incontro, nel momento del congedo, il card. Bergoglio chiedeva di pregare per lui. E lo faceva con chiunque: autorità, giornalisti o gente comune. È una persona molto semplice, di costumi molto austeri. In Argentina era facile incontrarlo in metro, in autobus, che viaggia da so- lo, senza accompagnatori o autisti. Il papa userà una comunicazione molto diretta, un modo di esprimersi semplice. Lavorerà molto con l’idea di essere un discepolo e un missionario, mantenendo la centralità in Gesù e la vocazione alla santità. Allo stesso tempo darà impulso alla missione, per portare questa proposta a tutti gli uomini di buona volontà. Approfondirà il tema della nuova evangelizzazione. Avrà una speciale attenzione per la Chiesa dei poveri e i problemi dell’America Lati- Messaggio di mons. Crociata segretario generale della Cei to il papa ai domenicani - misericordia, misericordia, misericordia. Siate misericordiosi verso le anime, ne hanno bisogno. Pregate per me». Alla fine il pontefice è andato nella sacrestia e ha salutato i dipendenti della basilica. «È stato un incontro con un padre e non con un papa», i commenti dei religiosi confessori della basilica. «Sembrava - hanno aggiunto con tanto affetto - fosse stato sempre papa non era nè imbarazzato, nè intimorito, ma molto sereno». il 19 giugno ■ AD PETRI SEDEM La nostra parrocchia in udienza con l’ostensorio dell’Assunta L a gioia per l’elezione al soglio pontificio del cardinale argentino Bergoglio si è diffusa da Roma fino ai confini della terra. E anche nella nostra comunità questa gioia ha pervaso ogni cuore. Così cresce sempre più l’attesa per l’incontro che una delegazione della nostra parrocchia avrà con papa Francesco il prossimo 19 giugno nell’udienza in piazza san Pietro. Per l’occasione, porteremo al Santo Padre il famoso ostensorio di Nicola da Guardiagrele, che la nostra parrocchia custodisce da seicento anni. Come noto, esso fu realizzato nel 1413 dall’orafo guardiese e donato alla chiesa di Santa Maria da una famiglia di devoti. Per celebrare l’anniversario, il parroco don Rocco ha approntato un ricco programma che prevede appuntamenti culturali e religiosi, dal 7 maggio al 2 dicembre, giorni in cui si celebrano la traslazione delle reliquie e il transito al cielo del patrono san Franco. Il pellegrinaggio a Roma, “ad Petri sedem”, per il quale è stata richiesta alla Casa pontificia la possibilità di mostrare l’ostensorio al Pontefice per la benedizione post-udienza in piazza, rappresenta il cuore e il centro degli eventi dedicati alle celebrazioni del centenario. Oltre alla possibilità di far conoscere a tanti il prezioso tabernacolo e la sua storia, il centenario mira soprattutto, nel corrente Anno della fede, a rimettere Cristo al centro della vita della comunità cristiana attraverso la celebrazione dell’Eucaristia e l’adorazione del ss.mo Sacramento. Per questo, don Rocco, comunicando gli eventi del centenario, ha invitato tutti a vivere questa “ricorrenza particolare” con la preghiera e la più totale disponibilità ad accogliere il Signore nella propria vita. ✎ lo stemma papale Gioia e riconoscenza Misericordia e Cristo al centro iportiamo di seguito il testo del messaggio di monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (Cei), in seguito all’elezione al soglio petrino del cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, che ha scelto come nome Francesco. «Sono a esprimere la gioia e la riconoscenza dell’episcopato e, quindi, dell’intera Chiesa italiana per l’elezione del card. Giorgio Mario Bergoglio a successore di Pietro. Nell’emozione di questo momento, sperimentiamo una volta di più la profondità delle parole di congedo di Benedetto XVI, quando con Guardini ricordava che la Chiesa “non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino, ma una realtà vivente che vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi… eppure che uale motto episcopale, Jorge Mario Bergoglio ha scelto la frase latina del Vangelo di Matteo “Miserando atque eligendo”, che descrive l’atteggiamento di Gesù verso il pubblicano che “guardò con misericordia e lo scelse”. «Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi” (Mt 9,9). Vide non tanto con lo sguardo degli occhi del corpo, quanto con quello della bontà interiore. Vide un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: “Seguimi”». In questo passaggio dell’Homilia 21 di san Beda il Venerabile, proposta nell’Ufficio delle letture il 21 settembre, festa di san Matteo apostolo, è contenuta l’espressione scelta da Bergoglio come motto episcopale. Lo stemma episcopale del nuovo Pontefice, poi, oltre a riportare il motto, ha al centro, su campo blu, il monogramma di Cristo, presentato nella tipica forma grafica dei gesuiti, ordine cui appartiene Bergoglio. In basso, si trovano la stella e il fiore di nardo. La stella simboleggia la Vergine Maria, madre di Cristo e della Chiesa; mentre il fiore di nardo, nella tradizione iconografica ispanica, indica san Giuseppe, patrono della Chiesa universale. R Dopo il silenzio della preghiera papa Francesco, insieme a mons. Emilio Silvestrini, canonico liberiano di santa Maria Maggiore e ai domenicani e ai francescani della basilica, ha intonato il canto mariano “Salve Regina”. Il papa è poi andato a pregare nella cappella realizzata in ricordo di Sisto V, e poi si è fermato davanti alla tomba di san Pio V. Ha voluto salutare uno per uno tutti i presenti e a ognuno ha rivolto alcune parole. «Voi siete i confessori - ha det- na perché i poveri sono i suoi preferiti. Tiene sempre conto di tutti, ma con uno sguardo speciale sui più emarginati, che vengono considerati gli scarti della società. Uno dei grandi problemi del mondo è l’estrema povertà che provoca tante disuguaglianze sociali. Come san Francesco, infine, affronterà le sfide più scomode nella Chiesa, quali gli scandali della pedofilia seguendo la linea di Benedetto XVI di tolleranza zero e, allo stesso tempo, starà attento alle sofferenze delle vittime, con uno sguardo misericordioso sui peccati ma con fermezza sulla giustizia. Sicuramente lavorerà molto sulla selezione dei candidati al sacerdozio, la formazione nei seminari. In sintesi, papa Francesco è un uomo semplice ma forte che ama profondamente Cristo e la Chiesa. Che Dio lo aiuti; noi preghiamo per lui. 3 nella sua natura rimane sempre la stessa, e il suo cuore è Cristo”. Sì, il mistero della Chiesa - corpo vivo, animato dallo Spirito Santo, che vive realmente della forza di Dio - costituisce per tutti noi la ragione e la passione della vita. Un particolare legame unisce la nostra Conferenza al successore di Pietro, vescovo di Roma e nostro primate, e ci fa sentire testimoni privilegiati della missio- ne del Pontefice, nonché destinatari di una sua premura assidua e di un magistero particolarmente sollecito nei nostri confronti. Il nostro statuto ne parla in termini di “speciale sintonia”, rimandando a quella collegialità affettiva ed effettiva tra noi vescovi che ha il suo perno d’autenticità nella comunione con il papa; la stessa sintonia, lo stesso attaccamento alla sede di Pietro, è profondamente avvertito anche da tutte le componenti del nostro popolo. Come ebbe a dire il nostro cardinale presidente in una delle sue prime prolusioni, “il papa ci è particolarmente vicino, e noi siamo con lui una sola voce e un solo cuore”. A sua santità Francesco, ancora con le ultime parole di Benedetto XVI, la Chiesa italiana promette già da subito “incondizionata reverenza ed obbedienza”». Q