OMELIA NELLA SOLENNITÀ DELL`EPIFANIA DI

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OMELIA NELLA SOLENNITÀ DELL’EPIFANIA DI N.S.G.C.
Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo M., Lunedì 6 gennaio 2014
Carissimi fratelli e sorelle,
parlando ai Vescovi tedeschi, già nel 2005, Papa Benedetto XVI disse: “Voi stessi,
cari Confratelli, avete affermato […] ‘Noi siamo diventati terra di missione’. Ciò vale
per grandi parti della Germania. – Ma aggiungeva – Per questo ritengo che in tutta
l’Europa, […] dovremmo riflettere seriamente sul modo in cui possiamo realizzare
una vera evangelizzazione, non solo una nuova evangelizzazione, ma spesso una vera
e propria prima evangelizzazione. E il Papa continuava –: Le persone non conoscono
Dio, non conoscono Cristo. Esiste un nuovo paganesimo e non è sufficiente che noi
cerchiamo di conservare il gregge esistente, anche se questo è importante”.
Siamo, dunque, possiamo ben dirlo anche per noi, cari fratelli e sorelle tiburtini, in un
contesto neo-pagano dove “si conservano tuttora molto vive tradizioni di pietà e di
religiosità cristiana, ma – dove – questo patrimonio morale e spirituale rischia oggi di
essere disperso sotto l’impatto di molteplici processi, tra i quali emergono la
secolarizzazione” e, aggiungo io: l’indifferenza, il vivere come se Dio non esistesse
cercando la felicità, l’amore e la gioia – da cui l’uomo è sempre attratto – attraverso
percorsi semplici e immediatamente accessibili ma che spesso, anzi sempre, lasciano
il vuoto, l’amaro in bocca, la delusione e la depressione perché l’uomo fermandosi ad
una ricerca di una felicità fatta prescindendo da Dio suo creatore e salvatore, fatta da
sé, non può e non potrà mai trovare la felicità vera.
Quando l’uomo vuole prescindere da Dio si trova infatti ad essere un orgoglioso
neopagano che banalizza tutto, anche i valori della fede, e cammina su una strada che
porta all’autodistruzione anche di sé stesso. Ricordava l’allora Cardinale Ratzinger in
un bellissimo commento alla Via Crucis al Colosseo del 2005: a volte si abusa del
santo sacramento della presenza di Cristo, lo facciamo entrare nei nostri cuori pieni di
cattiveria e di vuoto. Spesso celebriamo soltanto noi stessi senza renderci conto di
Lui. Spesso la sua Parola viene distorta e abusata. In tante teorie – anche di uomini di
Chiesa e di cristiani – c’è poca fede, tante parole vuote! “Quanta sporcizia – ebbe a
dire allora con frase che tutti ricordiamo – c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro
che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia,
quanta autosufficienza! Quanto poco – continuava – rispettiamo il sacramento della
riconciliazione, nel quale Egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! E
continuando a commentare la medesima Via Crucis, Benedetto XVI, diceva: “Non
serve compiangere a parole e sentimentalmente, le sofferenze di questo mondo,
mentre la nostra vita continua come sempre!”.
Perché, vi chiederete, il Vescovo ha iniziato l’omelia di questa bella e luminosa
solennità dell’Epifania con queste considerazioni un po’ tristi sul nostro cristianesimo
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spesso di superficie? Sul farci riflettere su come siamo dei neo-pagani che vivono
come se Dio non esistesse? Come se la fede fosse una cosa e la vita un’altra?
Logicamente non tutti i cristiani, per grazia di Dio sono così.
Ma in tutti noi, almeno un po’ di neo-paganesimo, di desiderio di vivere come se Dio
non esistesse, di vivere una vita cristiana separata dalla fede: c’è.
E oggi l’ho voluto ricordare perché il Vangelo, la buona notizia è proprio per i
pagani! È proprio per noi se ci scopriamo e sentiamo neo-pagani!
Abbiamo ascoltato il notissimo Vangelo della visita dei Magi a Gesù che è nato per
tutti – ebrei e pagani – a Betlemme di Giudea.
Essi insegnano innanzitutto a noi, un po’ neo-pagani e indifferenti, a riscoprire una
dimensione profonda del nostro cuore che a volte non consideriamo: il desiderio di
Dio! Un desiderio che non coltiviamo ma che c’è … che forse sentiamo in alcuni
momenti ma che ha mosso i Magi, che ha messo in cammino verso la ricerca della
verità questi sapienti che seguono le indicazioni della stella. Guardare le stelle,
stupirsi davanti all’immensità del cielo e cercare di comprenderlo, scrutarne il ritmo e
l’armonia, è l’inizio del sapere umano. I Magi non si accontentano di osservare le
stelle nel loro apparire, permanere e scomparire: per loro la scienza non è – come per
tanti scienziati e uomini e donne di oggi – osservare soltanto ciò che c’è e pensare
che la verità sia ciò che vedo e sperimento, ma anche il chiedersi cosa significa. E
così risalgono a quell’Oriente che è l’origine del sole e della sapienza, della natura e
della cultura. Risalgono a Gerusalemme da dove ha la propria sorgente, secondo la
Scrittura, tutto ciò che Dio ha fatto. I Magi mossi dal desiderio di cercare la verità
giungono nel centro di Israele. Hanno visto una stella, sono andati dietro ad essa con
cuore aperto. Di per sé giungono a Gerusalemme da Erode che era allora il re di
Israele anche se romano e così sentono che c’è altro, che non è lui la verità che
cercano, lui sta in un palazzo a curare i propri interessi, è chiuso nelle sue persuasioni
ed è preoccupato che stia per sorgere un re da Israele, un Messia così come aveva
profetato Isaia. Che stia per entrare nel mondo, come di fatto Cristo è entrato nel
mondo nel Bambino di Betlemme, la Verità. Ed Erode, attaccato alle sue certezze,
vorrebbe distruggere la verità. Non lascia che il desiderio riempia il suo cuore, non sa
come i Magi, mettersi in cammino per cercare il desiderato che appaga ogni anelito di
verità, di gioia e di pace che alberga più o meno consapevolmente nel cuore
dell’uomo.
E così i Magi proseguono il loro cercare e trovano il Bambino che cercavano, ed il
segno che hanno trovato il Dio desiderato è che il loro cuore si riempì di grandissima
gioia!
I Magi, questi pagani, dicevo, seguono il desiderio di incontrare la verità.
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Anche per noi neo-pagani seguire ciò che i nostri cuori racchiudono può condurre
all’incontro che sta alla base di ogni esperienza cristiana, della fede e di ogni
atteggiamento che da essa deve scaturire per la vita.
Il desiderio di Dio, infatti, come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica ma
anche ogni cuore sincero che esamina con purezza sé stesso “è inscritto nel cuore
dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare
a sé l’uomo e soltanto in Dio l’uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza
posa” (n.27).
Ma molti, anche qui, potrebbero obiettarmi: ma io questo desiderio non lo sento più
di tanto. Ebbene questo desiderio può avere diversi nomi: uno di questi è l’amore tra
un uomo e una donna che permette a uno, grazie all’altra, di sperimentare la bellezza
della vita e del reale. E così l’amore mi chiede di mettermi in cammino verso l’altra o
l’altro e decentrarmi da me per ritrovare me stesso e progressivamente questo
cammino mi porterà a sperimentare sempre più ciò che è la fonte dell’amore vero,
l’autore dell’amore che va oltre all’amore di una persona che non è in grado di
saziare il desiderio di amore che c’è nel cuore dell’uomo. E così continuando ad
amare e a domandare cosa c’è dietro a questo amore umano, mi metto in una strada,
in un cammino, in un dinamismo che mi rimanda oltre me stesso per trovarmi di
fronte al mistero di Dio che avvolge l’intera esistenza e sta alla base di ogni autentica
esperienza di amore umano.
Lo stesso dicasi per le esperienze umane dell’amicizia, del bello, dell’amore per la
conoscenza: ogni bene sperimentato dall’uomo protende verso il mistero che avvolge
l’uomo stesso; ogni desiderio che si affaccia al cuore umano si fa eco di un desiderio
fondamentale che non è mai pienamente saziato. Tale desiderio del cuore umano è il
desiderio che sperimentò Sant’Agostino nel suo cuore inquieto che desiderava e
cercava Dio senza trovarlo, è il desiderio del cuore dell’uomo che è un grande
“mendicante di Dio”!
Gli occhi dell’uomo riconoscono gli oggetti quando questi sono illuminati dalla luce.
Da qui l’uomo desidera conoscere la luce stessa, che fa brillare le cose del mondo e
con esse accende il senso della bellezza.
Ebbene, questo è stato il desiderio che ha fatto camminare i Magi verso Gesù e che
deve anche far camminare noi.
Ma ora potremmo chiederci: con quali strumenti i Magi giunsero a Gesù?
Il Vangelo ci dice: la sapienza che guida alla rivelazione e la rivelazione che
manifesta a tutti il Messia di Israele, luce per le genti.
Gesù era già nato al tempo dei Magi. Si trattava di scoprire “dove” lo si può trovare.
Il Salvatore è presente innanzitutto nella stella che raffigura la sapienza, principio di
ogni ricerca. E la stella, la sapienza, porta a Gerusalemme. La sapienza apre alla
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rivelazione e il Salvatore è presente nella Scrittura che fa conoscere in che direzione
cercarlo. Seguendo le sue indicazioni la stella riappare con luce nuova: la ragione è
illuminata dalla rivelazione e ad essa – alla stella che è Cristo – viene condotto chi
cerca. La riprova dell’aver trovato è la gioia che i Magi sperimentano. La gioia indica
con precisione dove si trova la verità cercata. E dove si sperimenta gioia si apre e
offre il proprio tesoro, si adora, si bacia in senso di comunione con Lui, si entra in
comunione con il Dio che l’uomo da sempre cercava e cerca. Nell’adorare, in questo
respirare bocca a bocca con Dio, Dio si dona all’uomo con il Suo amore e l’uomo si
lascia riempire dal Suo amore. E, finalmente, Dio è tutto in tutti!
Carissimi fratelli e sorelle, guidati dai Santi Magi, mettiamoci anche noi in cammino
verso la verità. Sarà un cammino nel buio della notte, dove la stella apparirà e
scomparirà, dove si alterneranno dubbi e certezze, desideri, speranze sotto la guida di
una stella che appare e scompare. Che nel nostro cammino verso Dio non cessino mai
di continuare a cooperare la ricerca dell’intelligenza e la rivelazione, la gioia e
l’adorazione, fino a donare noi stessi a Colui che sicuramente troveremo. Così noi
aprendo gli scrigni delle nostre vite a Lui nasceremo in Lui e Lui in noi.
Sentiamoci sempre dei lontani che desiderano Dio e continuamente si mettono in
cammino verso di Lui per sapere dove è per adorarlo piuttosto che dei vicini che
come Erode non si lasciano mettere in discussione, in cammino verso la verità e non
la trovano pur essendo poco lontana da loro.
E dopo aver desiderato, cercato e trovato Dio in Gesù che è entrato nella nostra storia
e ci riempie di profondissima gioia, diffondiamo questa gioia nel mondo: è il miglior
modo di evangelizzare! Di rendere il nostro mondo indifferente e neo-pagano più
credente!
Se raggiungeremo la gioia vera che è Gesù e che Maria vuole mostrare a noi come
mostrò ai Magi; che possiamo incontrare nella Scrittura che contiene la rivelazione
del Dio con noi e per noi …, allora scaturirà in noi quella sana inquietudine che ci
porterà ad essere più esigenti – a volere un bene più alto, più profondo agli altri – e a
percepire con sempre maggiore chiarezza che nulla di finito può saziare il nostro
cuore. Impareremo così a tendere, disarmati, verso quel bene che non possiamo
costruire o procurarci da soli; a non lasciarci scoraggiare dalla fatica derivante dal
nostro peccato perché la redenzione è ciò che speriamo e desideriamo più
ardentemente e in questo pellegrinaggio-cammino verso il bene supremo ameremo di
più tutti gli uomini, li sentiremo compagni di viaggio, sentiremo compagni di viaggio
anche coloro che non credono, chi è in ricerca, chi si lascia interrogare con sincerità
dal dinamismo del proprio desiderio di verità e di bene e tramite la nostra
testimonianza di gente gioiosa perché ha trovato il Redentore della storia e
dell’umanità e ha cambiato e cambia quotidianamente la vita, favoriremo altri nostri
fratelli e sorelle nel trovare la gioia che cercano e ad adorarla profondamente: quella
gioia che ha un nome: Gesù, il Salvatore di tutti i popoli! Ieri, oggi e sempre. Amen.
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 Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli
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