SINOSSI DEL ROMANZO “ IL VANO E LA PARETE “
DI ARDUINO LEONE
Dire che la caratteristica maggiore di questo lavoro si esprime con la parola “ trasgressione “ è
cosa evidente e palpabile.
Innanzitutto le tematiche di fondo. In un momento molto allungato, che dura da almeno vent’anni
ad esser benevoli, in cui domina il cosiddetto “ pensiero unico “, globalizzato e minimale, di basso
costo, divulgativo nelle forme più becere ed apparentemente democratiche, al seguito di un
percorso cognitivo che vede il cortile come luogo deputato alla comunicazione popolare, che il
protagonista di questo romanzo sia intriso e lacerato profondamente dal dissidio esistenza-vita,
che cerchi di trovare un nesso ed un significato nel rapporto creazione-arte, non vi è dubbio:
parliamo di trasgressione bella e buona!
Trasgressive sono alcune descrizioni di organi e rapporti sessuali. Gli uni, femminili, sono analizzati
quasi con anatomica precisione, necessitata da un incubo sognante che attanaglia il sonno del
nostro eroe. Gli altri, in particolare uno, vive e vivono immersi nello scatenarsi di una passione
oltraggiosa al di là di ogni limite, tanto da raggiungere l’obbiettivo che l’autore si era prefisso: il
paradosso senza se e senza ma. E’ tale estremo paradosso a determinare la confessione a viva
voce, straniante e circolare, chiusa nell’animo del protagonista e della coprotagonista, e tuttavia
espressa sonoramente ad un proprio immaginario interlocutore, il sé medesimo che ciascuno di
essi si porta appresso.
E’ nel racconto della ragazza che interviene un’altra trasgressione. E’ il racconto di uno stupro e di
un incesto. Crudo e angosciante il primo, dolcissimo il secondo con il padre. Nel ricordo di quel
rapporto, fortemente voluto e praticato dalla figlia con grande amore e pietà nei confronti del
genitore, s’innerva il turbine di emozioni dilagante nell’animo della madre, che vede il marito
appannaggio della figlia.
Nel prosieguo del romanzo, è sicuramente trasgressivo il linguaggio della coprotagonista. Ella si
esprime come sente, e se sente l’inferno, allora è un florilegio da pattumiera, da bagni pubblici
delle stazioni di periferia. E’ un inferno verbale assai dissonante dalla professione di attrice
teatrale, ma è quello che meglio le consente di sputare il rospo che ha in gola. Questo personaggio
vive in presa diretta con la realtà. Tutto l’opposto del giovane, che con la realtà intrattiene un
rapporto critico, e addirittura lui e lei si parlano.
Infine, come non considerare trasgressivo l’esito finale a cui giunge il protagonista. La pace
trovata, la limpidezza allucinante che lo pervade, al prezzo di una dissociazione tragica e allo
stesso tempo farsesca. E’ un pugno nello stomaco. Egli esiste in quanto pensa, e a colui che vive, il
suo bamboccio, costruisce giochi ed altre amenità che lo sollazzino e lo tengano occupato. In tal
senso la chiusa è illuminante: ha appena finito di assemblare un gran pianeta chiamato Amore. Lui,
il bamboccio, ne avrà da vivere.
Invece, per chiudere ora noi questa breve sinossi del romanzo, affermiamo qui che con tutta
evidenza l’autore de “ Il vano e la parete ” è in totale sintonia con una massima del colombiano
Nicolàs Gòmez Dàvila: “ La prima cosa che uno scrittore inventa è il personaggio che scriverà le sue
opere “. Buona lettura.