Besnoitiosi bovina: descrizione di un nuovo focolaio in Italia centrale

E. Lepri et al. Large Animal Review 2011; 17: 145-150
Besnoitiosi bovina:
descrizione di un nuovo focolaio
in Italia centrale
145
N
E. LEPRI1, G. FILIPPINI2, C. BRACHELENTE1, I. DI MATTEO1,
M. SFORNA1, N. D’AVINO2, P. MANGILI2, E. MANUALI2, R. AGOSTINI3,
L. MECHELLI1, G. VITELLOZZI1
1
Dipartimento di Scienze Biopatologiche ed Igiene delle Produzioni Animali ed Alimentari,
Sezione di Patologia e Igiene Veterinaria, Università degli studi di Perugia
2
Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche
3
ASUR Marche, zona territoriale n. 2, Urbino
RIASSUNTO
La besnoitiosi bovina è una grave malattia parassitaria diffusa in molti paesi europei, sporadicamente segnalata in Italia. Nel
presente lavoro si descrivono tre casi di besnoitiosi bovina in un allevamento dell’Italia centrale; la diagnosi clinica è stata confermata dall’esame istologico di biopsie cutanee. Uno degli animali è stato sottoposto a necroscopia. Le cisti tissutali sono state evidenziate in cute e mucose respiratorie, genitali e oculocongiuntivali. La besnoitiosi rappresenta una malattia emergente
anche nel nostro paese.
PAROLE CHIAVE
Bovino, Besnoitia, besnoitiosi, malattia emergente.
La besnoitiosi (sinonimi globidiosi, anasarca, malattia della
pelle d’elefante) è una malattia protozoaria sostenuta da Besnoitia besnoiti (Apicomplexa, Sarcocystidae). Il ciclo biologico del protozoo non è del tutto chiarito; l’ospite definitivo,
non ancora identificato, sarebbe rappresentato da un carnivoro, probabilmente un felide; il bovino rappresenterebbe un
ospite intermedio, sebbene recenti studi tendano a considerarlo un ospite accidentale, non determinante per la continuazione del ciclo biologico1.
La malattia, seppure raramente fatale, è responsabile di ingenti danni economici negli allevamenti colpiti, dovuti al dimagrimento degli animali, alla sterilità nei maschi e alla diminuzione della produzione lattea.
Clinicamente, dopo un periodo di incubazione di 6-10 giorni, la malattia può attraversare tre fasi successive1.
La prima fase, acuta, ha un decorso di 2-10 giorni, ed è caratterizzata da febbre (41-42° C), fotofobia, epifora, scolo nasale, arresto della ruminazione, anoressia, tachicardia e tachipnea. Le femmine gravide possono abortire. La mancanza di specificità dei segni clinici rende la diagnosi precoce
molto difficile, in quanto la besnoitiosi in fase acuta può essere facilmente confusa con altre malattie infettive acute quali blue tongue o febbre catarrale maligna.
La prima fase può essere seguita da una seconda, della durata di 1-2 settimane, in cui la temperatura risulta normale o
lievemente aumentata ed è presente una linfoadenomegalia
associata ad edema sottocutaneo a carico della testa, delle
parti distali degli arti e declivi del corpo. La cute è calda,
ispessita e dolente, le mammelle congeste con i capezzoli di
colore rosso scuro. Nei maschi si osserva una orchite con do-
Autore per la corrispondenza:
Elvio Lepri ([email protected]).
lore ed infertilità transitoria o permanente. Spesso gli animali sono riluttanti al movimento.
La fase cronica, che si sviluppa a partire dalla 6a-7a settimana
e si protrae per diversi mesi, è caratterizzata dalla formazione
di cisti nel derma, nella sclera e nella lamina propria di vie aeree (cavità nasali, laringe, trachea, grossi bronchi) e genitali
esterni. Le cisti più superficiali (mucosa oculo-congiuntivale
e vulvare) possono essere visibili ad occhio nudo, sebbene
una lente di ingrandimento possa facilitarne l’osservazione.
Esse hanno un diametro di circa mezzo millimetro e possono
contenere circa 200.000 cistozoiti ciascuna. La cute è notevolmente ispessita con ipercheratosi e alopecia. L’appetito risulta conservato, ma gli animali vanno incontro comunque ad
un decadimento progressivo delle condizioni generali fino alla cachessia e, per questo, vengono necessariamente abbattuti. Molti soggetti subiscono cali produttivi importanti, perdendo il loro valore economico e costringendo gli allevatori
alla macellazione; solo alcuni recuperano, seppur lentamente
e parzialmente, le condizioni di nutrizione iniziali.
La besnoitiosi è frequente nell’Africa sub-Sahariana2 e nel
Medio Oriente3. In Europa la malattia è stata descritta fin dal
1884 ed è endemica, in ordine decrescente di frequenza, in
Francia4, Spagna5 e Portogallo6. Un recente rapporto della
European Food Safety Authority definisce la besnoitiosi bovina come una malattia emergente in Europa7, e nuovi dati
epidemiologici confermano l’aumento del numero di casi segnalati con espansione geografica della malattia in alcuni degli Stati membri, tra cui la Germania, ove è stato recentemente descritto un focolaio8 e l’Italia. Nel nostro paese la
malattia è stata segnalata nel 1994 in bovini importati dalla
Francia9 e, recentemente, in un toro Chianino nato e vissuto
in un allevamento dell’Italia centrale10,11 ed in bovini importati nel nord Italia12.
Nelle aree endemiche l’infezione è diffusa nella popolazione
bovina, sebbene la malattia si manifesti raramente. In queste
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realtà epidemiologiche l’applicazione di indagini sierologiche (ELISA, IFAT) può rappresentare uno screening iniziale
per evidenziare soggetti sieropositivi.
In base ai segni clinici, gli animali sieropositivi possono essere divisi in tre classi1: una bassa percentuale di soggetti sieropositivi mostra i tipici segni della malattia; un numero più
consistente presenta lesioni cistiche sclero-congiuntivali; la
maggior parte dei sieropositivi non mostra alcun segno. L’evidenziazione delle cisti non rappresenta quindi un criterio
affidabile e sensibile per l’individuazione dei soggetti parassitati, in quanto solo il 25% degli animali sieropositivi presenta cisti tissutali.
La prevalenza dei casi con espressione clinica della malattia
nelle aree endemiche è dell’1-10%, con una incidenza del 25%, che può raggiungere il 15-20% nelle aree dove la malattia
è emergente1. Tutti gli animali al di sopra dei sei mesi di età
possono presentare segni clinici ma la maggior parte di loro ha
una età compresa tra 2 e 4 anni. La malattia sembra avere un
andamento stagionale, ed i casi clinici si manifestano soprattutto da giugno a settembre; i maschi risultano più suscettibili all’infezione mostrando un tasso di mortalità più elevato1.
Anche le modalità di trasmissione ed i fattori di rischio presentano ancora molti punti oscuri. Le ricerche fin qui condotte non hanno consentito di definire con chiarezza quale
sia l’ospite definitivo di B. besnoiti, ed il ruolo del gatto è stato a più riprese sospettato sebbene mai concretamente dimostrato. Inoltre, la diffusione di oocisti infettanti da parte
di un ospite definitivo non spiegherebbe la notevole diffusione dell’infezione in alcuni allevamenti. Si ritiene quindi
possibile la trasmissione orizzontale tra i bovini, che potrebbe avvenire per via iatrogena (aghi o strumenti chirurgici) o
mediante l’intervento di insetti ematofagi con apparato buccale lacerante, come i membri della famiglia Tabanidae (c.d.
tafani) o Stomoxis calcitrans, la comune mosca cavallina1;
questa osservazione è avvalorata dalla diretta relazione temporale tra attività indoor di questi insetti e diffusione della
malattia13. Altra possibile via di diffusione potrebbe essere
quella transcutanea attraverso il contatto diretto con animali malati recanti soluzioni di continuo della cute; il coinvolgimento imponente delle mucose delle prime vie respiratorie potrebbe testimoniare un ruolo patogenetico di queste
nell’assunzione dell’infezione1.
Il sospetto clinico deve essere confermato da esami diagnostici che comprendono test diretti (citologia per scarificazione da cute e mucose, esame istopatologico di campioni bioptici, PCR) e prove sierologiche indirette come ELISA, IFAT e
Western blot. Queste ultime in particolare vengono impiegate per identificare bovini infetti asintomatici o sub-clinici negli studi di controllo. Tuttavia entrambi gli approcci, indiretto e, ancor più, diretto, presentano forti limitazioni di sensibilità; ad esempio i test ELISA sono basati su antigeni di tachizoiti e non sono quindi in grado di identificare infezioni
croniche asintomatiche.
Per la prevenzione della malattia sono stati sperimentati presidi vaccinali che non si sono dimostrati efficaci e non sono
stati autorizzati nella maggior parte dei paesi. Pertanto la
profilassi è essenzialmente diretta e rivolta alla lotta ai potenziali insetti vettori ed all’identificazione ed eliminazione
degli animali infetti; per questo motivo l’identificazione precoce degli animali sieropositivi o con forme clinicamente
esplicite rappresenta un atto cruciale nel gestire l’epidemiologia dell’infezione14.
Considerato il recente espandersi della malattia e la crescente
preoccupazione destata dalla besnoitiosi nell’allevamento bovino, abbiamo ritenuto interessante segnalare un nuovo focolaio
osservato in un allevamento dell’Italia centrale con l’obiettivo di
descriverne gli aspetti clinico-patologici ed epidemiologici.
MATERIALI E METODI
Le nostre osservazioni si riferiscono a 3 bovine (manze da rimonta), due di razza Limousine e una di razza Chianina, tutte di età compresa tra 13 e 15 mesi, provenienti da una azienda agricola situata nel Comune di Carpegna (PU). Tutti i
soggetti sono nati e vissuti nell’allevamento, costituito da circa 300 capi di cui 130 fattrici Limousine, 20 Chianine ed il
resto rappresentato da vitelli all’ingrasso. L’anamnesi remota
di allevamento riferiva che due anni prima, nella medesima
struttura, fosse stato introdotto un toro Limousine, in seguito riformato in quanto affetto da lesioni del tutto correlabili
alla besnoitiosi bovina. Tutti gli animali venivano sottoposti
a vaccinazione nei confronti del virus della diarrea bovina
(BVDV) e del virus respiratorio sinciziale bovino (BVRS).
I tre soggetti presentavano da diversi mesi lesioni cutanee caratterizzate da ipercheratosi, notevole ispessimento delle pliche cutanee (lichenificazione) e alopecia, particolarmente
gravi ed evidenti a carico della testa, collo (Fig. 1), mammella, regione perianale e perivulvare (Fig. 2). Nella testa le lesioni risultavano particolarmente evidenti a livello di musello e narici e nella regione perioculare e palpebrale, con notevole ispessimento, alopecia, croste ed erosioni gementi una
modesta quantità di liquido siero-emorragico (Fig. 3). Sulla
congiuntiva epibulbare e soprattutto sulla nittitante erano
presenti minute formazioni biancastre rotondeggianti delle
dimensioni di circa mezzo millimetro di diametro, modicamente rilevate (Fig. 4). Queste lesioni, anche se meno evidenti, si osservavano anche a carico della mucosa vulvare. Un
animale (soggetto 1) presentava anche uno scolo nasale ed
oculo-congiuntivale siero-mucoso, linfoadenomegalia dei
linfonodi prescapolari e precrurali, dimagrimento e riluttanza al movimento, mentre gli altri due soggetti non manifestavano segni clinici riferibili alla malattia.
Dal soggetto 1 sono stati inoltre allestiti, per scarificazione,
preparati citologici dalla terza palpebra e dalla mucosa vulvare, successivamente colorati con May-Grunwald Giemsa. Il
soggetto 1, più gravemente coinvolto dalla malattia, è stato
sacrificato con metodo eutanasico e sottoposto ad esame necroscopico presso la Sezione Diagnostica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, mentre gli altri due soggetti (soggetti 2 e 3), in buone condizioni
cliniche, sono stati macellati.
Dal soggetto 1 sono stati prelevati campioni da vari organi e
tessuti tra cui cute, muscolo, SNC, tendini e parenchimi. I
campioni prelevati sono stati fissati in formalina neutra tamponata, processati secondo le metodiche di routine e colorati con ematossilina-eosina e PAS. Frammenti di cute e mucosa nasale sono stati processati per l’esame ultrastrutturale.
RISULTATI
In tutti i casi la diagnosi clinica è stata confermata nei tre
soggetti mediante l’esame microscopico di biopsie cutanee.
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Alla necroscopia le lesioni osservate erano prevalentemente a
carico dell’apparato tegumentario; in sezione di taglio la cute raggiungeva uno spessore variabile da 0,5 a 2 cm nelle aree
maggiormente colpite. I linfonodi prescapolari, precrurali e
mammari erano notevolmente aumentati di volume e consistenza, con un aspetto riconducibile ad una marcata iperplasia reattiva cronica. La mucosa del tratto respiratorio superiore, dal vestibolo delle narici fino alle diramazioni dei grossi bronchi, era iperemica, edematosa e tempestata da una miriade di piccolissime rilevatezze biancastre delle dimensioni
di una capocchia di spillo (Fig. 5). Lesioni simili, seppure in
minor quantità, erano presenti sulla congiuntiva, soprattut-
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to nella porzione della terza palpebra, e a livello della mucosa vulvo-vaginale.
L’esame citologico dei campioni prelevati per scarificazione
dalla mucosa vulvare e oculo-congiutivale consentiva di evidenziare la presenza di numerosi bradizoiti (cistozoiti) falciformi, delle dimensioni di 6-8 µm, con nucleo centrale e ci-
Figura 3 - Bovino 1. Ispessimento della cute nella regione perioculare.
Figura 1 - Bovino 2. Ispessimento della cute che appare sollevata in pliche, evidente soprattutto a carico del collo.
Figura 4 - Bovino 1. Presenza di piccoli nodulini puntiformi biancastri sulla congiuntiva episclerale e congiuntivale (frecce).
Figura 2 - Bovino 1. Ispessimento della cute vulvare con escrescenze cutanee.
Figura 5 - Bovino 1. Mucosa delle cavità nasali tempestata di granuli biancastri, meglio evidenti nel dettaglio (inserto) dopo ingrandimento allo stereomicroscopio (barra 1 mm).
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Besnoitiosi bovina: descrizione di un nuovo focolaio in Italia centrale
toplasma diafano (Fig. 6). L’osservazione a fresco per schiacciamento di frammenti di mucosa respiratoria metteva in
evidenza direttamente la presenza di cisti sferiche del diametro di circa 200 µm (Fig. 7). Le stesse cisti erano ben riconoscibili all’esame istologico di biopsie cutanee e campioni prelevati post-mortem; tali strutture presentavano una sezione
circolare, un diametro di 250-400 µm ed una spessa parete di
circa 10 µm. La parete era costituita da uno strato esterno di
tessuto connettivo ialinizzato, uno strato intermedio formato da cellule multinucleate con nuclei allungati a ridosso della parete ialina e da una sottilissima membrana interna delimitante il vacuolo parassitoforo contenente i bradizoiti. Le
cisti risultavano particolarmente stipate nel derma superficiale e nel connettivo sottomucoso delle prime vie aeree e genitali, dove raggiungevano il numero di circa 30 per campo a
piccolo ingrandimento (Fig. 8). Alcune cisti subepidermiche
più superficiali apparivano degenerate, vuote o necrotiche;
in queste aree si apprezzavano voluminosi aggregati di bradizoiti liberi inclusi tra le lamelle cheratiniche dello strato
corneo (Fig. 9). Le cisti dermiche erano associate ad una reazione infiammatoria cronica mista (linfociti, plasmacellule,
macrofagi ed eosinofili) di intensità variabile; occasionalmente erano presenti anche cellule epitelioidi e cellule giganti multinucleate (Fig. 10).
Figura 6 - Bovino 1. Preparato citologico ottenuto per scarificazione della mucosa congiuntivale, in cui si evidenziano miriadi di
protozoi con la tipica forma “a banana”, citoplasma evanescente e
nucleo eccentrico, frammisti a cellule epiteliali; nel riquadro dettaglio dei protozoi (barra 10 µm). Diff-Quick, 400 x, 1000 x (inserto).
Figura 9 - Bovino 1. Cute. Cisti degenerate nel derma superficiale che si aprono all’esterno attraverso l’epidermide che appare ulcerata; nell’inserto particolare dei bradizoiti liberi nello spessore dello strato corneo. Ematossilina ed eosina, barra 200 µm.
Figura 7 - Bovino 1. Preparato a fresco per schiacciamento della mucosa respiratoria; presenza di numerose cisti sferiche (barra 200 µm).
Figura 10 - Bovino 1. Cisti tissutali circondate da infiltrato linfomonocitario ed eosinofilico con numerose cellule giganti multinucleate. Ematossilina ed eosina, barra 100 µm.
Figura 8 - Bovino 1. Cute. Presenza di numerose cisti tissutali nel
derma superficiale. Ematossilina ed Eosina, barra 200 µm.
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Queste formazioni erano evidenti soltanto a livello della cute e delle mucose oculo-congiuntivali, respiratorie e vaginali, mentre non si osservavano in altri organi e tessuti.
DISCUSSIONE
La besnoitiosi rappresenta una malattia emergente in Italia,
con un carattere che potremmo definire ancora sporadico.
Questa infezione, tuttavia, richiede un adeguato aggiornamento ed una corretta valutazione da parte dei colleghi liberi professionisti che operano sul campo al fine di garantire
l’applicazione di un protocollo diagnostico attento e scrupoloso, anche in aree geografiche in cui la malattia non risulta
segnalata.
Sebbene le lesioni cutanee della besnoitiosi siano fortemente
suggestive nella identificazione della malattia in fase di cronicizzazione, esse risultano all’interno di un modello dermatologico papulo-crostoso e scaglioso, con molti aspetti clinici correlabili ad altre patologie cutanee bovine, quali la rogna
sarcoptica o psoroptica, le tricofitosi, la dermatofilosi, o le
dermatopatie carenziali, che ovviamente rientrano nella prima fase delle diagnosi differenziali. La distribuzione delle lesioni dermatologiche, più gravi in alcune aree (perioculare,
perivulvare, collo, regione perimammaria), potrebbe rappresentare un elemento diagnostico importante che potrebbe
essere anche avvalorato dall’evidenziazione delle cisti a livello delle mucose oculocongiuntivali e vulvare.
Successivamente, l’applicazione di un corretto iter diagnostico consente, nella maggior parte dei casi e in un tempo
relativamente breve, l’evidenziazione diretta del parassita,
consentendo così l’esclusione delle altre malattie dermatologiche considerate e l’emissione di una diagnosi definitiva
di besnoitiosi.
Questa valutazione diretta dell’agente di malattia può essere realizzata con osservazione a fresco delle cisti su prelievi
bioptici di cute o mucose, o attraverso un esame istologico
o citologico. Quest’ultima metodica, in particolare, è semplice e di rapida esecuzione, prevedendo l’utilizzo di alcuni
vetrini, kit di colorazione rapida per citologia (facilmente
reperibili in commercio tipo Diff-Quick) e un microscopio.
L’evidenziazione dei bradizoiti con la tipica morfologia “a
banana” rappresenta un elemento fondamentale per la diagnosi della malattia. Questi risultano piuttosto agevoli da
reperire su campioni ottenuti per scarificazione a livello delle mucose vulvovaginali o oculocongiuntivali, mentre la
stessa operazione condotta a livello della cute, di solito notevolmente ispessita ed ipercheratotica, appare meno efficace e più laboriosa.
Le indagini sierologiche o biomolecolari possono essere utilizzate come test di screening su un elevato numero di animali, ed andrebbero comunque effettuate su tutti gli animali dell’allevamento e sui soggetti venuti a contatto, anche indiretto, con i bovini malati. Sebbene la trasmissione orizzontale del parassita non sia stata ancora definitivamente accertata, gli aspetti epidemiologici della parassitosi sembrerebbero condurre verso questa ipotesi. Il contatto diretto tra animali sani ed animali malati potrebbe favorire il passaggio dagli uni agli altri di protozoi attraverso soluzioni di continuo
della cute, anche in relazione alla localizzazione superficiale
di molte cisti, alcune delle quali evidentemente aperte all’esterno con disseminazione di bradizoiti nell’ambiente. Il gra-
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ve coinvolgimento della mucosa nasale potrebbe indicare un
ruolo della via respiratoria nella diffusione della malattia,
sebbene queste osservazioni, evidentemente speculative, necessiteranno di adeguate conferme parassitologiche.
Altri fattori sono stati chiamati in causa per spiegare l’evoluzione dell’infezione verso la malattia, delineando così la diversa incidenza di sieropositività e segni clinici nei paesi endemici e non. Sebbene lo stato immunitario dei soggetti possa rivestire un ruolo determinante nello sviluppo della malattia, non sono disponibili al momento dati certi a riguardo.
Nel caso da noi osservato, il sospetto clinico, confermato dall’esame istologico, ha consentito di allontanare rapidamente
gli animali affetti dall’allevamento, limitando le possibilità di
trasmissione orizzontale ad altri soggetti. Uno dei tre animali (caso 1), che si trovava nelle condizioni generali peggiori, è
stato eliminato dall’allevamento, mentre i restanti due (caso
2 e 3), in buone condizioni, sono stati macellati, consentendo un parziale recupero del loro valore. Infatti, la besnoitiosi non rappresenta, allo stato attuale delle conoscenze, un rischio per la salute dell’uomo, e questo autorizza il destino
della carcassa al libero consumo dopo l’eliminazione delle
parti parassitate, peraltro non edibili (cute, vie aeree, occhio,
mucose genitali).
Il focolaio descritto è stato osservato in un allevamento del
centro Italia, in una zona non distante da quello precedentemente descritto da Gollnick et al.10; questo dato potrebbe
rappresentare soltanto una coincidenza, ma, più verosimilmente, i due focolai potrebbero essere definiti in un rapporto geografico di indubbia vicinanza, disegnando così una
possibile area di rischio epidemiologico.
I dati anamnestici remoti dell’allevamento in cui sono stati
osservati i tre bovini con besnoitiosi riportano la presenza,
circa due anni prima, di un toro che aveva presentato lesioni
cutanee compatibili con besnoitiosi e che era stato riformato
dall’allevamento in quanto sterile senza essere sottoposto ad
indagini diagnostiche appropriate. Sarebbe verosimile ipotizzare che tale soggetto possa aver rappresentato una prima
via di introduzione del parassita nell’allevamento, con una
contaminazione ambientale o una diffusione orizzontale
dell’infezione, che si sarebbe manifestata come malattia in
forma cronica soltanto due anni più tardi.
In conclusione, riteniamo necessario che anche nel nostro
paese si percepisca la presenza di questa malattia che, seppur
sporadica e geograficamente confinata, potrebbe rappresentare una ulteriore minaccia al patrimonio zootecnico nazionale bovino.
❚ An outbreak of bovine besnoitiosis
in central Italy
SUMMARY
Bovine besnoitiosis is a severe parasitic disease widespread in
many european countries and occasionally reported in Italy.
In the present paper we report three cases of bovine besnoitiosis in a breeding farm in central Italy. Clinical diagnosis
was supported by histopathological examination of skin biopsies from all three animals and whole body in one of them.
Tissue cysts, typical of Besnoitia spp., were observed in skin
and respiratory, oculocongiuntival and genital mucosae. Bovine besnoitiosis can be considered as an emerging disease
also in Italy.
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Besnoitiosi bovina: descrizione di un nuovo focolaio in Italia centrale
KEY WORDS
Bovine, Besnoitia, besnoitiosis, emerging disease.
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