14 agosto 2015 RICORRENZE di Raffaella Sutter – 14 agosto Il 14 agosto 1956 muore Bertolt Brecht, drammaturgo e regista teatrale tedesco e nasce Marco Martinelli, drammaturgo e regista teatrale italiano E il fantasma di Bertolt Brecht compare sul palco nello spettacolo di Marco Martinelli Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi , ripetendo “Prima il cibo, poi la morale”. E’ uno spettacolo in dialettica con Bertolt Brecht, con il suo fantasma e con il suo testo L’anima buona del Sezuan; la “cattiveria” brechtiana contro la compassione e la “bontà” della Aung San Suu Kyi di Martinelli. Dice Marco Martinelli: “È un dialogo che ho da sempre (con Brecht)… a partire dal fatto che la mia data di nascita coincide con quella della sua morte, 14 agosto 1956. Il mio fascino per il suo teatro nasce nell’adolescenza, quando al liceo la nostra amata professoressa, Bianca Lotito, ce lo insegnava insieme a Majakovskij e ai formalisti russi. Fin da allora è stato un corpo a corpo. Per quanto mi seducesse il Brecht poeta, ne rifiutavo l’armatura ideologica, che mi pareva soffocasse molti suoi testi. Questa Vita agli arresti è anche un dialogo diretto, a lungo rimandato, in un rapporto intenso di odio-amore: il fantasma di Brecht danza con Aung San Suu Kyi sulle note di Kurt Weill, la drammaturgia nel suo andamento per capitoli certamente gli è debitrice, nel finale dello spettacolo ci sono due suoi versi – “Le fatiche delle montagne sono alle nostre spalle / Davanti a noi le fatiche delle pianure” – perfetti per suggellare il lieto fine della liberazione dalla prigionia, ma anche utili a indicare l’inizio, per Aung San Suu Kyi, di una vita politica non meno insidiosa, da donna finalmente libera. È un’eredità che sento da sempre nel nostro teatro, compresa la libertà di utilizzare diversamente il patrimonio che ci è stato consegnato. La tradizione, per non suonare autoritaria, deve saper accettare l’inevitabile, gioioso tradimento.” «C’è qualcosa di scandaloso nella vita di Aung San Suu Kyi: la mitezza d’acciaio, la compassione, la “bontà”, un termine che avrebbe fatto storcere il naso a Bertolt Brecht – leggiamo nelle note al testo Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi di Marco Martinelli – La nostra Vita è anche un dialogo con Brecht, con quella Anima buona del Sezuan che qualche anno fa volevamo mettere in scena. Non lo facemmo allora, e questa Vita ci ha spiegato anni dopo il perché. La “bontà” intesa come la intende Aung San Suu Kyi, e come prima di lei una teoria di combattenti, da Rosa Luxemburg a Simone Weil, da Gandhi a Martin Luther King, da Jean Goss a Aldo Capitini, (più i tanti, innumerevoli “felici molti” di cui ignoriamo il nome), è scandalo in quanto eresia, ovvero, etimologicamente, scelta: si sceglie di non cedere alla violenza che domina il mondo, si sceglie di restare “esseri umani”: nonostante tutto». Bertolt Brecht, nato Eugen Berthold Friedrich Brecht (Augsburg, 10 febbraio 1898 – Berlino, 14 agosto 1956), è stato un drammaturgo, poeta e regista teatrale tedesco, tra i più grandi ed influenti del Novecento. Bertolt Brecht nacque ad Augusta, il 10 febbraio 1898, da Berthold Friedrich Brecht e Sophie Brezing, in una famiglia di recente borghesia; il padre era cattolico, la madre protestante e il giovane Brecht fu educato nella fede di quest’ultima. La fede protestante della madre segnò l’educazione culturale e linguistica del figlio, nella quale la lirica religiosa evangelica e il tedesco di Lutero lasciarono un’impronta decisiva. Il 29 giugno 1900 nacque il fratello Walter, che più tardi diventerà professore di tecnologia cartaria al Politecnico di Darmstadt e nello stesso anno la famiglia si trasferì in una delle case della Fondazione Haindl, costruite qualche anno prima per i dipendenti nel sobborgo di Klancke. Città industriale e commerciale, Augusta si distingueva, oltre che per le sue imprese bancarie, per i tessili, per l’industria dei coloranti e per le cartiere. Il padre era emigrato da Achern, nella Foresta Nera, già nel 1893, e trovò impiego proprio nella cartiera Haindl, di cui, nel 1914, diventò il direttore. Bertolt ebbe un’infanzia poco felice a causa del carattere schivo e di frequenti problemi di salute. Dopo quattro anni di scuola elementare frequentò il Realgymnasium di Augusta. Nel 1913 cominciò a scrivere le prime poesie, tra cui L’albero in fiamme. Tra il 1914 e il 1915 scrisse altri componimenti, imbevuti di patriottismo e di entusiasmo per la guerra e per tutto ciò che è tedesco. Le presentò al giornale di Augusta, il Neueste Nachrichten, e malgrado fossero ancora ingenue, già rivelarono un inconfondibile talento che non sfuggì al redattore Wilhelm Brüstle, che, in un articolo di trentacinque anni successivo, disse di avervi intravisto la stessa aria di novità portata da Baudelaire nella poesia francese. Nel 1916, in un tema in classe sul verso oraziano Dulce et decorum est pro patria mori, Brecht espresse un giudizio negativo sulla morte eroica. L’episodio provocò un piccolo scandalo e Brecht evitò l’espulsione dalla scuola solo grazie all’intervento di un padre benedettino della chiesa di Santo Stefano, amico di famiglia. Scrisse altre poesie, tra cui La leggenda della prostituta EvelinRoe e L’Inno a Dio. Nel 1917 ottenne il cosiddetto Notabitur (diploma d’emergenza concesso anzitempo agli studenti che intendevano arruolarsi) a causa degli eventi bellici. Sempre nel 1917 si iscrisse all’Università di Monaco di Baviera dove frequentò in modo discontinuo le facoltà di scienze naturali, medicina e letteratura, ma fu presto richiamato dal servizio di leva ad Augusta per ricoprire la funzione di infermiere: rimase al fronte però solo un mese. Fu qui che il nazionalismo, già venato di crepe, perse ogni influenza sul giovane Brecht, quando questi vide in quali condizioni erano ridotti i feriti del conflitto. Il cambio di rotta è già visibile con la poesia Die Legende vom toten Soldaten (La leggenda del soldato morto), in cui il Kaiser Guglielmo II, non accettando la prematura scomparsa di un giovane combattente, decide di farlo “risuscitare” per arruolarlo nuovamente mentre il fetore proveniente dal suo corpo viene coperto dall’incenso sparso dal turibolo di un prete. Questo componimento ebbe l’effetto di mettere Brecht sulla lista nera di Hitler nel 1923. Nel 1918, dopo aver partecipato ai funerali di Frank Wedekind a Monaco, dedicò al drammaturgo – grande modello degli anni giovanili (il primo figlio di Brecht fu chiamato Frank in suo onore) – la quartina Alla sepoltura di Wedekind. Dello stesso periodo è la commedia Baal. In seguito Brecht continuò gli studi con scarso interesse, attratto più dal mondo del teatro e della letteratura. In questo periodo conobbe Paula Banholzer che nel 1919 gli diede un figlio, Frank, che morì nel 1943 durante la seconda guerra mondiale sul fronte russo. Scrisse la Canzone per i cavalieri del reparto D. Nel novembre scrisse la poesia la Leggenda del soldato morto. Nel 1918 collaborò come critico teatrale al Tageszeitung della sua città natale, e l’anno successivo fece lo stesso per il giornale socialista Augsburger Volkswille; si avvicinò al movimento spartachista. Il 1º maggio 1920 morì sua madre ed il giorno successivo scrisse la poesia Canzone di mia madre. Si trasferì a Monaco, dove prese alloggio al numero 15 della Akademiestrasse. La città, pur vivendo una situazione storica di reazionarismo esasperato a seguito della fugace esperienza della Repubblica dei consigli Bavarese stroncata dall’estrema destra, offriva molte possibilità culturali, soprattutto nel mondo dello spettacolo. Fu in questo contesto che Brecht entrò nella Lachkeller (La cantina delle risate), gruppo diretto dal celebre cabarettista Karl Valentin, in cui ci si esibiva in spettacoli clowneschi o si cantava. Il lavoro con Valentin influenzò molto le sue opere successive, ma il modello più importante che informò la produzione del periodo è senza dubbio Frank Wedekind, che attaccava la borghesia dando voce a personaggi “maledetti” (si pensi a Lulù) che si vendicavano di un mondo disumanizzato esprimendo una brutale e selvaggia istintualità, in cui la Natura prevaleva sulla civiltà. Bertolt era attratto dalle voci ribelli, da François Villon, ai maudits Rimbaud e Verlaine, a Georg Büchner che con i drammi Woyzeck e Dantons Tod influenzò in modo decisivo il teatro espressionistico tedesco del primo dopoguerra. Il primo Brecht si forgiò in un clima artistico dominato dal dadaismo, dal futurismo, e soprattutto dall’espressionismo. “Ribellione” era la parola d’ordine. Brecht recepì questi stimoli, ma li rielaborò in modo diverso. Non c’era in lui l’illusoria speranza in un mondo migliore, non c’era una neo-umanistica fiducia nell’Uomo, e i suoi toni erano sobri e sommessi, a differenza di quelli altisonanti dell’entourage letterario. «Lo ammetto: io non ho speranza. Il cieco parla di una via di uscita. Io ci vedo. Quando tutti gli errori sono esauriti l’ultimo compagno che ci sta di fronte è il Nulla» (Der Nachgeborene) Le poesie di questi anni hanno come sfondo la fame, la miseria, il degrado, ma in mezzo al “Nulla” Brecht manifesta una sincera pietà per le vittime, per i poveri e gli emarginati. Riesuma la ballata tradizionale con uno stile semplice e diretto, in componimenti ossessionati dal trascorrere delle cose, degli uomini, delle città. Come nel Bateau ivre rimbaudiano, è il fiume l’emblema di questo flusso inarrestabile. Al poeta, trasandato e disincantato, sembra non restare altro che l’annegamento o l’andare alla deriva (Das Schiff, La nave o Ballade von den vielen Schiffen, Ballata su molte navi, lo esemplificano molto bene). Neanche l’esperienza rivoluzionaria appena trascorsa si sottrae alla sua demitizzazione. Brecht sapeva legarsi in amicizie durature, e nel periodo monacense conobbe anche Lion Feuchtwanger, che era già un letterato di fama, e si dimostrò uno dei primi critici appassionati di Brecht. Fu a lui che presentò la sua prima opera teatrale, Spartaco, e il dramma Baal. Il linguaggio di Brecht è profondamente innovatore per il teatro tedesco; agli echi rimbaudiani si aggiunge l’uso della sintassi spezzata dell’autore di Woyzeck, mentre il lessico è diretto e sfiora a tratti il dialetto. In quegli anni Brecht si recò spesso a Berlino costruendo importanti relazioni con persone che gravitavano intorno all’ambiente teatrale. Nel 1922, anno in cui vinse il Premio Kleist per Tamburi nella notte, andò a Berlino dove il 3 novembre sposò l’attrice e cantante d’opera Marianne Zoff, sorella di un suo amico scrittore. Un anno dopo nacque la loro figlia Hanne, divenuta poi nota attrice. Dello stesso periodo è la poesia Del povero Bertolt Brecht. Nel 1923 scrisse il dramma Vita di Edoardo secondo di Inghilterra e conobbe la futura moglie Helene Weigel. Nel 1924 si trasferì definitivamente a Berlino dove lavorò con Carl Zuckmayer come drammaturgo presso il Deutsches Theater, e nel medesimo anno nacque suo figlio Stefan. A novembre conobbe la futura collaboratrice Elisabeth Hauptmann. Nel 1925 scrisse la commedia Un uomo è un uomo. Dal 1926 intrattenne stretti contatti con artisti di tendenza socialista e ciò influenzò molto la sua Weltanschauung. Le sue prime opere furono influenzate dallo studio degli scritti di Hegel e Marx. Nel 1927 uscì il primo libro di poesie Il libro di devozioni domestiche (Hauspostille). Scrisse la tragedia Mahagonny. Collaborò quindi con Erwin Piscator all’interno di un collettivo di un teatro di cui facevano parte anche Tucholsky, Kisch e altri. Il 2 novembre divorziò da Marianne Zoff. Nel 1928 scrisse la commedia L’opera da tre soldi su musica di Kurt Weill che andò in scena il 31 agosto e che divenne il maggior successo teatrale della Repubblica di Weimar. Nel 1929 sposò, in aprile, Helene Weigel. Il 1º maggio assistette ad una manifestazione di operai che venivano maltrattati dalla polizia tedesca. Nel 1930 andò in scena la commedia Ascesa e caduta della città di Mahagonny. Scrisse il dramma didattico La linea di condotta, dove ormai metteva in scena tematiche marxiste. Scrisse il dramma Santa Giovanna dei Macelli e i drammi didattici L’eccezione e la regola e Il consenziente e il dissenziente. A ottobre nasceva la seconda figlia, Barbara. Nel 1931 terminò la sceneggiatura del film Kule Wampe e scrisse il dramma La madre, tratto dal romanzo omonimo di Gor’kij, presentato a Berlino nel 1932. Nel 1932 Brecht andò a Mosca per la rappresentazione di Kule Wampe e qui approfondì la dialettica materialista. Scrisse la commedia Teste tonde e teste a punta. Conobbe Margarete Steffin (Grete). All’inizio del 1933 la rappresentazione de La linea di condotta (Maßnahme) venne interrotta da un’irruzione della polizia e i produttori vennero accusati di alto tradimento. Il 28 febbraio, giorno successivo al rogo del Reichstag, Brecht, insieme alla moglie, il figlio Stefan ed alcuni amici, abbandonò Berlino. Egli al momento dell’avvento al potere di Hitler si trovava ricoverato all’ospedale e, senza neanche passare da casa sua, fece le valigie e fuggì prima a Praga e successivamente a Vienna, Zurigo, e Parigi, dove andava in scena il balletto I sette peccati capitali. Lì venne raggiunto anche da Margarete Steffin. L’amica Karin Michaelis invitò la Weigel a trasferirsi a Skovsbostrand presso Svendborg in Danimarca dove rimase per cinque anni. Nel maggio dello stesso anno i suoi libri vennero messi al rogo. L’esilio fu molto duro, ma in quegli anni produsse le sue opere più note. Viaggiò molto tra Parigi, Londra e New York per rappresentare i suoi testi teatrali. Scrisse numerosi articoli su giornali per rifugiati ed emigranti di Praga, Parigi ed Amsterdam. Ritornato a Parigi, incontrò Margerete Steffin e si accordò con l’editore Willy Munzberg per pubblicare una raccolta di poesie Canzoni, poesie, cori (Lieder, Gedichte, Chore) che fu pubblicata l’anno seguente. In autunno l’attrice danese Ruth Berlau si recò a conoscere Brecht per invitarlo a una lettura nella capitale danese. A dicembre Brecht si trasferì nella casa di Svendborg dove lo raggiunse anche Margerete Steffin. Nel 1934 pubblicò il Romanzo da tre soldi, scrisse il dramma didattico Gli Orazi e i Curiazi e il breve saggio Cinque difficoltà per scrivere la verità. Nel 1935 partecipò a Parigi al Congresso internazionale degli scrittori antifascisti, dove lesse un suo testo per la difesa della cultura e contro il nazismo e per questo motivo venne privato della cittadinanza tedesca. Nel 1936 diresse una rivista pubblicata a Mosca La parola. Nel 1937 scrisse il dramma I fucili di Madre Carrar e nel 1938 Terrore e miseria del Terzo Reich. Nel 1939 lasciò la Danimarca e si recò a Stoccolma in una fattoria nell’isola di Lidingo. Pubblicò il libro di poesie Poesie di Svendborg. Scrisse la tragedia Madre Coraggio e i suoi figli. A questo periodo risale anche Vita di Galileo. Nel 1940 passò dalla Svezia alla Finlandia. Scrisse il dramma La resistibile ascesa di Arturo Ui, ultima opera in collaborazione con Margerete Steffin. Nel 1941 abbandonò anche la Finlandia per recarsi a Mosca dove il 30 maggio morì Margarete Steffin. Quindi, attraversò la Russia, imbarcandosi a Vladivostok per stabilirsi in California. Per cinque anni abitò a Santa Monica, non lontano da Hollywood. Il suo tentativo di entrare nel mondo del cinema non ebbe successo per cui si limitò ad organizzare alcune rappresentazioni per piccoli teatri. In seguito decise di concentrare la sua attenzione sulle sue opere maggiori. Il 9 settembre 1943 a Zurigo esordì Vita di Galileo. Tra il 1942 e il 1945 scrisse il dramma Le visioni di Simona Machard e il dramma Schweyk nella seconda guerra mondiale. Nel 1946 scrisse la seconda redazione della Vita di Galileo. Accusato di avere opinioni comuniste, il 30 ottobre 1947 fu interrogato dalla Commissione per le attività antiamericane. Il giorno successivo, durante la prima di Vita di Galileo a New York, si trasferì a Zurigo, dove rimase per un anno (l’ingresso in Germania gli fu proibito) e mise in scena Antigone di Sofocle tragedia da lui scritta e ispirata a quella sofoclea. Tre anni dopo ottenne la cittadinanza austriaca. Nel 1948 ritornò insieme alla moglie, Helene Weigel, a Berlino Est, dove fondò il teatro Berliner Ensemble che diventò una delle più importanti compagnie teatrali europee e si dedicò soprattutto alla attività di regista. Completò il dramma I giorni della Comune. Nel 1953 compose le poesie Elegie di Buckow e assistette all’insurrezione degli operai di Berlino: da qui scrisse una lettera in cui difendeva il partito comunista, anche se in realtà ne furono pubblicati solo i passaggi relativi all’appoggio dato al Partito e la propria dichiarazione di lealtà mentre nella sostanza il documento era fortemente critico nei confronti della repressione del movimento operaio. Gli anni successivi lo videro impegnarsi molto per il teatro. Alcune rappresentazioni in città europee gli crearono delle tensioni con i vertici del partito SED (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands) e qualche suo pezzo teatrale venne rifiutato. Nel 1956 Brecht era da tempo in cattive condizioni di salute. All’inizio di maggio si era fatto ricoverare all’Ospedale della Charité per curare i postumi di un’influenza da virus. Morì il 14 agosto a causa di un infarto. Secondo la sua volontà, Brecht fu seppellito senza cerimonie nel Cimitero di Dorotheenstadt in Chausseestrasse, che si scorgeva dalle finestre della sua abitazione dove viveva da separato in casa con la moglie. Là giace in un angolo adiacente la strada, di fronte alle tombe di Hegel e di Fichte, sotto una pietra dai contorni irregolari, che porta incise soltanto le lettere del suo nome: Bertolt Brecht. Accanto alla tomba di Brecht ora riposano le persone che gli sono state vicine e che hanno lavorato con lui: la moglie Helene Weigel, Elisabeth Hauptmann, Ruth Berlau, Kurt Engel, Gaspar Neher. A coloro che verranno (Poesia di Bertolt Brecht) Davvero, vivo in tempi bui! La parola innocente è stolta. Una fronte distesa vuol dire insensibilità. Chi ride, la notizia atroce non l’ha saputa ancora. Quali tempi sono questi, quando discorrere d’alberi è quasi un delitto, perchè su troppe stragi comporta silenzio! E l’uomo che ora traversa tranquillo la via mai più potranno raggiungerlo dunque gli amici che sono nell’affanno? È vero: ancora mi guadagno da vivere. Ma, credetemi, è appena un caso. Nulla di quel che fo m’autorizza a sfamarmi. Per caso mi risparmiano. (Basta che il vento giri, e sono perduto). “Mangia e bevi!”, mi dicono: “E sii contento di averne”. Ma come posso io mangiare e bere, quando quel che mangio, a chi ha fame lo strappo, e manca a chi ha sete il mio bicchiere d’acqua? Eppure mangio e bevo. Vorrei anche essere un saggio. Nei libri antichi è scritta la saggezza: lasciar le contese del mondo e il tempo breve senza tema trascorrere. Spogliarsi di violenza, render bene per male, non soddisfare i desideri, anzi dimenticarli, dicono, è saggezza. Tutto questo io non posso: davvero, vivo in tempi bui! Nelle città venni al tempo del disordine, quando la fame regnava. Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte, e mi ribellai insieme a loro. Così il tempo passò che sulla terra m’era stato dato. Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie. Per dormire mi stesi in mezzo agli assassini. Feci all’amore senza badarci e la natura la guardai con impazienza. Così il tempo passò che sulla terra m’era stato dato. Al mio tempo le strade si perdevano nella palude. La parola mi tradiva al carnefice. Poco era in mio potere. Ma i potenti posavano più sicuri senza di me; o lo speravo. Così il tempo passò che sulla terra m’era stato dato. Le forze erano misere. La meta era molto remota. La si poteva scorgere chiaramente, seppure anche per me quasi inattingibile. Così il tempo passò che sulla terra m’era stato dato. Voi che sarete emersi dai gorghi dove fummo travolti pensate quando parlate delle nostre debolezze anche ai tempi bui cui voi siete scampati. Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe, attraverso le guerre di classe, disperati quando solo ingiustizia c’era, e nessuna rivolta. Eppure lo sappiamo: anche l’odio contro la bassezza stravolge il viso. Anche l’ira per l’ingiustizia fa roca la voce. Oh, noi che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza, noi non si potè essere gentili. Ma voi, quando sarà venuta l’ora che all’uomo un aiuto sia l’uomo, pensate a noi con indulgenza. Marco Martinelli (Reggio Emilia, 14 agosto 1956) è un drammaturgo e regista teatrale italiano. Nel 1977 sposa Ermanna Montanari e insieme cominciano il proprio apprendistato teatrale, lavorando fino al 1983 in diversi gruppi, allestendo testi di Samuel Beckett, Georg Buchner, Achille Campanile. Nel 1983 fonda, insieme a Ermanna Montanari, Luigi Dadina e Marcella Nonni, il Teatro delle Albe: opera nella compagnia in qualità di drammaturgo e regista. Tra i primi lavori di Martinelli con le Albe ricordiamo Ruh. Romagna più Africa uguale, Siamo asini o pedanti?, I Refrattari e I ventidue infortuni di Mor Arlecchino, rielaborazione goldoniana che ha avuto molta risonanza in Italia e in Europa, tradotta in diverse lingue, centrata sulla singolare figura di un Arlecchino africano. La critica specializzata e gli studiosi hanno sottolineato “il talento di un regista fra i più intelligenti e originali” (Palazzi), vedendo nella forza espressiva del drammaturgo-regista e nella vitalità delle Albe “un uomo-teatro iperrealista e un collettivo di irriducibili individualità” (Meldolesi); e l’esperienza di “meticciato teatrale” tra attori italiani e senegalesi (da anni componenti stabile della compagnia) è stata definita come “l’ultima riprova che la fabbrica del teatro africano è in Europa, come già ci avevano ammonito Genet e Brook” (Quadri). Nel 1991 è nominato direttore artistico di Ravenna Teatro, “Teatro Stabile di Innovazione”. Nel 1995 vince il Premio Drammaturgia In/Finita, promosso dall’Università di Urbino, con il testo Incantati, una parabola sul gioco del calcio nella periferia romagnola. Nel 1996, in qualità di direttore artistico, ritira per Ravenna Teatro il Premio Ubu “per l’impegno e la ricerca linguistica”, mentre nel 1997 vince il Premio Ubu per la drammaturgia di All’inferno!, un originale affresco da Aristofane prodotto da Ravenna Festival. Infine è del giugno 1999 il Premio Hystrio a lui attribuito per la regia. Nel maggio 2000 esce il libro “Jarry 2000″, edizione Ubulibri, che racconta i lavori, Perhindérion e I Polacchi, ispirati all’opera di Alfred Jarry, che hanno portato le Albe ai vertici della scena italiana. I Polacchi ha ricevuto tre nomination al Premio Ubu1999 (“miglior spettacolo”, “miglior regia”, “miglior attore under 30″), il Premio della giuria al Fadjir International Festival 2002di Teheran, il Golden Laurel 2003 (“miglior regia” a Marco Martinelli e “migliore attrice” a Ermanna Montanari) al Festival Internazionale Mess di Sarajevo. Nel 1999, insieme a Ermanna Montanari, inventa il “Cantiere Orlando”, ricognizione nell’universo dei poemi cavallereschi rinascimentali: in tale contesto cura la regia de L’isola di Alcina di Nevio Spadoni produzione di Ravenna Festival e della Biennale Teatro di Venezia (nomination come “miglior spettacolo” e Premio Ubu alla Montanari quale “miglior attrice” 2000) e le riscritture di Baldus da Teofilo Folengo e di Sogno di una notte di mezza estate da Shakespeare. Nel campo della lirica Marco Martinelli firma la regia de La Locandiera di Pietro Auletta (1997), prodotto da Ravenna Festival e Lucrezia Borgia di Gaetano Donizetti (2001), una produzione del Teatro Comunale di Bologna. Tra il 2003 e il 2004 dirige il corso di nove mesi Epidemie-percorso per la crescita professionale dell’attore, organizzato da Emilia-Romagna Teatro Fondazione e Ravenna Teatro (finanziato dal Fondo Sociale Europeo, dalla Regione EmiliaRomagna e dal Ministero del Lavoro), da cui escono 15 degli attori di Salmagundi, favola patriottica, scritto e diretto dallo stesso Martinelli, che debutta a Mittelfest 2004. Nel febbraio 2005 firma la regia dello spettacolo La Mano, “de profundis rock”, tratto dal romanzo omonimo di Luca Doninelli e coprodotto da Le manège.mons (Belgio) e dai Festival italiani Ravenna Festival e Festival delle colline torinesi. Tra maggio e giugno 2005 Marco Martinelli, insieme ad Ermanna Montanari, Maurizio Lupinelli e Mandiaye N’diaye, è a Chicago per cinque settimane con un intenso programma di spettacoli e laboratori. Cuore del progetto, il lavoro con un gruppo di studenti africani della Senn School, volto all’allestimento di una nuova versione de I Polacchi. Al fianco dei tre attori protagonisti, un coro di dieci adolescenti provenienti dalla Nigeria, dal Sudan, dall’Etiopia, dall’Eritrea, dal Camerun e da Haiti. Il progetto ha visto uniti nel sostegno enti pubblici e privati sia italiani che statunitensi. Nell’ottobre 2005 cura la regia di una “lettura pubblica” del testo di Elsa Morante La canzone degli F.P. e degli I.M., che vede in scena i quattro giovani attori del Teatro delle Albe. Nel novembre 2006 mette in scena due spettacoli: Leben, drammaturgia di Marco Martinelli e Sterminio (Premio Ubu 2007 a Marco Martinelli come “migliore regia”), di Werner Schwab, che insieme costituiscono un dittico sull’ineluttabilità e l’universalità del male. Nel gennaio 2007 è in Senegal, dove lavora insieme a Ermanna Montanari e Mandiaye N’Diaye a una nuova “messa in vita” de I Polacchi, sulla scia dell’esperienza di Chicago. Lo spettacolo Ububuur debutta nel cuore della savana, nel villaggio diDiolKadd, con un coro di Palotini senegalesi. Ububuur viene presentato in prima europea al Festival des Francophonies en Limousin (Francia), che lo ha anche coprodotto, in prima nazionale al Napoli Teatro Festival Italia e a VIE Scena Contemporanea Festival di Modena, nell’autunno 2007. Nel giugno 2008 cura la regia di Rosvita, lettura-concerto in cui Ermanna Montanari torna, dopo diciassette anni, ad affrontare l’opera della monaca-drammaturga sassone del X secolo nel doppio ruolo di interprete – insieme a Cinzia Dezi, Michela Marangoni e Laura Redaelli – e autrice del testo. Nell’ottobre 2008 cura la regia di Stranieri di Antonio Tarantino, nuovo approdo alla drammaturgia contemporanea delTeatro delle Albe. Nel 2009 firma la regia e le luci di Ouverture Alcina, performance vocale di Ermanna Montanari su testo di Nevio Spadoni e musica di Luigi Ceccarelli, spettacolo che riscuote un grande successo di pubblico e critica in occasione delle numerose recite in varie città del mondo: da New York in collaborazione con il Coil Festival e Under the radar festival, a Mosca nell’ambito del Festival internazionale “Stanislavskij Season”, da Tunisi al festival JournéesThéâtrales de Carthage, a Berlino al festival Theater/Teatro a Limoges al Festival desFrancophonies en Limousin. Nel 2010 le Albe si immergono nell’opera di Molière, che vede il debutto di due spettacoli, all’estero in Italia. Dopo una lunga residenza artistica in Belgio debutta a Mons, in Belgio, detto Molière, scritto e diretto da Marco Martinelli, un evento corale che vede in scena una tribù di 40 persone, tra attori professionisti (italiani e belgi), musicisti, studenti del Conservatorio di Mons e adolescenti delle aree di confine tra Francia e Belgio: uno spettacolo inusuale, una vera e propria festa del teatro che coinvolge il teatro e la città che lo accoglie. Lo spettacolo ha visto uniti nella coproduzione e nella tournée le Manège.Mons e la Maison de Culture di Tournai (Belgio) e La Rose desVents Scène Nationale Lille Métropole (Francia). Secondo spettacolo del dittico molieriano, L’Avaro debutta nell’aprile 2010, prodotto da Ravenna Teatro in collaborazione con AMAT (Associazione Marchigiana Attività Teatrali) e ERT (Emilia-Romagna Teatro Fondazione), e vede impegnata l’intera compagnia delle Albe, diretta da Marco Martinelli attorno a un Arpagone, fantasma-burattino del potere, impugnato come un’arma da Ermanna Montanari. Sempre nel 2010 debutta Rumore di acque, testo e regia di Marco Martinelli, un intenso monologo capace di trasfigurare in grottesca e malinconica poesia la cronaca tragica dei barconi alla deriva nel Mediterraneo. Lo spettacolo, ideato insieme a Ermanna Montanari, con l’interpretazione di Alessandro Renda, le musiche originali eseguite dal vivo dai Fratelli Mancuso, spazio-luci-costumi di Ermanna Montanari e Enrico Isola, ottiene il patrocinio di Amnesty International, e il testo Rumore di acque (pubblicato in Italia da Editoria & Spettacolo) suscita un grande interesse anche all’estero: nel 2011 è tradotto in inglese da Tom Simpson e pubblicato prima sulla rivista California Italian Studies, poi da Bordighera Press, New York, 2014; nel 2012 è tradotto in francese da Jean Paul Manganaro e messo in scena dal Theatre Alibi di Bastia. Il testo viene scelto dal progetto Face a Face, e se ne fanno diverse “mise en lecture” nelle Scene Nazionali di Nancy e Marsiglia. Nel 2015 Rodrigo Garcia sceglie ancora questo testo per una “mise en space” a Montpellier, dove Garcia dirige il CDN della città. Nel luglio 2011 all’interno del quarantunesimo festival di Santarcangelo , diretto da Ermanna Montanari, il Teatro delle Albe ha presentato Eresia della felicità, una creazione a cielo aperto sul solco della non-scuola diretta da Martinelli: un plotone gioioso di duecento adolescenti, provenienti da tante città e paesi del mondo, che in maglietta gialla hanno imbracciato i versi crepitanti di Vladimir Majakovskij, scritti quando lui pure era un giovane ribelle, e sentiva la tempesta nell’aria. Nel 2012 debutta Pantani, testo e regia di Martinelli, coproduzione con le.manège di Mons, sulla vita e la tragica vicenda del ciclista Marco Pantani, che vede impegnata tutta la compagnia, l’attore belga Francesco Mormino, il fisarmonicista Simone Zanchini. Nel 2014 debutta Vita agli arresti di Aung San SuuKyi, testo e regia di Martinelli, dove Ermanna Montanari interpreta la leader birmana della non-violenza. Marco Martinelli è fondatore, insieme a Maurizio Lupinelli, della non-scuola del Teatro delle Albe, esperienza teatrale all’interno delle scuole superiori di Ravenna nata nel 1991 e tuttora in atto, che coinvolge ogni anno oltre 400 giovani, e che è divenuta punto di osservazione per molti studiosi ed addetti ai lavori. Nel 2006 la non-scuola è approdata a Napoli trasformandosi in Arrevuoto, un’iniziativa triennale del Teatro Mercadante, diretta da Martinelli, a cura di Roberta Carlotto, per la quale Marco Martinelli ha ricevuto nel 2006 il Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro e il Premio Ubu come progetto speciale. Nel 2007 nasce Punta Corsara, sempre per la direzione artistica di Martinelli, col sostegno della Fondazione Campania Festival, che porta a maturazione la scommessa di un teatro a Scampia. Nel gennaio 2011 è partito il progetto Capusutta, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Lamezia Terme, con Martinelli direttore artistico, che ha visto impegnati il Teatro delle Albe e Punta Corsara in una serie di laboratori teatrali con gli adolescenti lametini. Nel 2015 è scelto a rappresentare l’eccellenza teatrale nel quadro delle manifestazioni per Mons “capitale europea della cultura”, insieme a Joel Pommerat, Wim Vandekeibus, Wadji Mowad, Denis Marleau. Nel luglio 2015 Eresia della felicità, in collaborazione con l’Associazione Olinda e col coinvolgimento di oltre 200 adolescenti italiani e stranieri, è rappresentata a Milano, negli spazi del Castello sforzesco, nell’ ambito del programma ufficiale di “Expo in Città.