VECCHIE E NUOVE FUNZIONI DELLA TRASCRIZIONE NEL

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VECCHIE E NUOVE FUNZIONI DELLA TRASCRIZIONE
NEL RAPPORTO PROBLEMATICO CON GLI INTERESSI PUBBLICI (*)
1. Trascrizione e interesse pubblico: una premessa. – 2. Funzioni pubblicistiche della
trascrizione. – 3. La funzione servente. – 4. Ipotesi di conflitto: necessità di un
ripensamento.
1.- L’istituto della trascrizione trae le sue origini dall’esigenza di risolvere i conflitti
tra più acquirenti di un medesimo bene, per poter così anzitutto assicurare la
sicurezza della circolazione della proprietà immobiliare 1 e, dunque, incentivare il
credito fondiario.
Sebbene quest’ultimo fine corrisponda a un’esigenza dell’intera collettività e non del
singolo contraente interessato alla trascrizione, gli interessi che il procedimento
pubblicitario è chiamato a perseguire sono stati all’inizio di carattere privatistico.
Nel corso del tempo, tuttavia, il nostro istituto ha svolto funzioni nuove, di stampo più
marcatamente pubblicistico.
In particolare, la trascrizione è utilizzata quale strumento di controllo urbanistico
ovvero per esigenze di pubblica sicurezza, di prevenzione antimafia e repressione degli
illeciti penali e amministrativi, per tutelare i beni culturali e ambientali, per
assicurare il razionale utilizzo dei fondi agricoli ovvero lo sviluppo delle attività
turistiche, ecc. 2 .
Il rapporto tra procedimento pubblicitario e attività amministrativa deve perciò essere
esaminato partendo da una consapevolezza, anzi da un valore non negoziabile:
l’indisponibilità degli interessi pubblici e la loro sovraordinazione rispetto agli
interessi dei singoli.
(*) Testo rielaborato della relazione svolta all’8° convegno nazionale della Società italiana degli studiosi del Diritto
civile -SISDIC su Pubblicità degli atti e delle attività (atti in corso di pubblicazione per i tipi della E.S.I.).
1 Sul fondamento della trascrizione cfr. S. PUGLIATTI, La trascrizione. La pubblicità in generale, in Tratt. dir. civ.
comm., diretto da Cicu e Messineo, Milano, 1957, p. 234 ss.; G. GABRIELLI, Pubblicità legale e circolazione dei
diritto: evoluzione e stato attuale del sistema, in Riv. dir. civ., 1988, p. 425 ss.; N. COVIELLO, Della trascrizione, in P.
FIORE e B. BRUGI (diretto da), Il diritto civile italiano secondo la dottrina e la giurisprudenza, Napoli-Torino, 1924,
p. 5 ss.; M. FRANCESCA, Pubblicità e nuovi strumenti di conoscenza, Napoli, 2003, p. 25 ss.. 2 Per «l’accentuazione della dimensione pubblicistica dell’istituto della trascrizione» e per la puntuale disamina
degli interessi pubblici che la trascrizione è stata nel corso del tempo chiamata a perseguire v. G. PETRELLI,
Pubblicità legale e trascrizione immobiliare tra interessi privati e interessi pubblici, in Rassegna di diritto civile,
2009, p. 689 ss..
Di tendenza legislativa a «creare attraverso la trascrizione un vero e proprio “stato civile” della proprietà
immobiliare» parla poi R. TRIOLA, Della tutela dei diritti. La trascrizione, Torino, 2004, spec. p. 4. Da ciò discende il rifiuto delle “mode” privatistiche che talvolta sembrano ispirare il
legislatore 3 e, soprattutto, delle interpretazioni del quadro normativo – ivi incluso
quello sulla pubblicità – inidonee a tener adeguatamente conto delle peculiarità del
sistema di diritto amministrativo.
Dinanzi alle disposizioni che introducono nuove ipotesi di trascrizione, allora,
l’atteggiamento dell’interprete deve essere disponibile a mettere in discussione i
tradizionali meccanismi di operatività ed effetti del fenomeno pubblicitario in
considerazione della peculiarità degli interessi – ora anche pubblici, come detto – che il
sistema pubblicitario è chiamato a soddisfare.
2.- Con riferimento all’attività amministrativa, il principio di pubblicità compariva già
nel testo originario della legge n. 241/’90, secondo cui quell’attività «persegue i fini
determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, efficacia e di pubblicità
secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che
disciplinano singoli procedimenti» 4 .
In seguito alle modifiche apportate nel 2005, tra i principi generali dell’attività
amministrativa quell’articolo menziona ora – con notevole contributo di confusione 5 –
anche il principio di trasparenza 6 .
Il riferimento è anzitutto all’art. 1-bis, l. n. 241/’90 (introdotto dall’art. 1, l. n. 15/’05), ai sensi del quale – come
noto – «la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di
diritto privato salvo che la legge disponga diversamente».
L’ascrivibilità di questa disposizione alle mode privatistiche risulta ben evidente dall’osservazione di M. GOLA
(L’applicazione delle norme di diritto privato, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell’azione amministrativa,
Milano, 2011, p. 162 ss.), secondo cui la volontà dell’intervento novellatore è «quella di affermare l’agire paritetico
della pubblica amministrazione come criterio normale della sua azione per la soddisfazione degli interessi pubblici,
prospettiva in base alla quale, coerentemente, l’attribuzione di poteri autoritativi deve configurare la situazione
eccezionale, limitata ai casi di effettiva necessità individuati caso per caso, o meglio tipologia per tipologia, secondo
il giudizio dello stesso Legislatore nelle leggi di settore».
Con riferimento a questa previsione cfr.: G. DE MARZO, Attività consensuale e attività autoritativa della p.a., in Urb.
App., 2005, p. 382 ss.; D. DE PRETIS, L’attività contrattuale della p.a. e l’art. 1-bis della legge n. 241 del 1990:
l’attività non autoritativa secondo le regole del diritto privato e il principio di stabilità, in www.giustiziaamministrativa.it; U. DI BENEDETTO, Attività non autoritativa della p.a.: quali regole, quali finalità, quali tutele, in
www.giustizia-amministrativa.it; L. IANNOTTA, L’adozione degli atti non autoritativi secondo il diritto privato, in
Dir. amm., 2006, p. 353 ss.. 4 Art. 1, l. n. 241/’90 nella formulazione originaria. 5 M.R. SPASIANO (I principi di pubblicità, trasparenza e imparzialità, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell’azione
amministrativa, Milano, 2011, p. 83 ss.) ha osservato che la nuova formulazione dell’art. 1-bis cit. fa emergere che i
principi di pubblicità e trasparenza «sottendono concetti distinti, se pur, ovviamente, parzialmente coincidenti» e,
precisamente, «nel più ampio genus del principio di trasparenza che involge il modo stesso di essere
dell’amministrazione, il suo dovere di agire correttamente al di là delle mere prescrizioni imposte dalle norme […],
la species della pubblicità rappresenta un mero stato di fatto dell’atto, dell’organizzazione, del procedimento». 6 Sul principio di trasparenza v.: G. ARENA, Trasparenza amministrativa (voce), in S. Cassese (a cura di), Dizionario
di diritto pubblico, Milano, 2006, p. 5945 ss.; F. MANGANARO, L’evoluzione del principio di trasparenza, in
www.astrid-online.it; R. MARRAMA, La pubblica amministrazione tra trasparenza e riservatezza nell’organizzazione
3
In realtà, un’analisi giurisprudenziale rivela una certa evanescenza e dunque le
scarsissime ricadute di diritto positivo del principio di pubblicità: richiamato pressoché
esclusivamente per le procedure selettive e, soprattutto, per quelle di gara7 .
La dottrina, pure, non va oltre un concetto di «forma indifferenziata di informazione»
distinta dall’accesso, inteso invece come «forma differenziata di conoscenza di atti».
Da questo punto di vista pare rilevare l’art. 26 della medesima l. n. 241/’90, il quale –
inserito nel Capo relativo all’«accesso ai documenti amministrativi» – sancisce l’obbligo
di pubblicazione di determinati provvedimenti.
In particolare, ai sensi di quest’articolo «sono pubblicati, secondo le modalità previste
dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto
che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui
procedimenti di una pubblica amministrazione ovvero nel quale si determina
l’interpretazione di norme giuridiche o si dettano norme per l’applicazione di esse»; e
con la pubblicazione, se integrale, s’intende garantita la libertà di accesso a questi
documenti.
Neppure questa disposizione consente però, com’è evidente, di delineare un regime di
pubblicità cui sottostanno quantomeno i provvedimenti amministrativi nella stessa
enumerati 8 .
Pertanto, si può senz’altro affermare che il diritto procedimentale generale non
stabilisce i principi che presiedono alla pubblicità degli atti e dei provvedimenti, né
fornisce alcun aiuto per risalire agli stessi.
Questa circostanza non deve meravigliare se si considera che, fino all’intervento
novellatore del 2005, il baricentro dell’attenzione del legislatore – in sintonia con la
visione paragiurisdizionale dell’agire amministrativo che aveva ispirato la stesura del
testo della legge n. 241/’90 9 – è stato, per l’appunto, il procedimento.
e nel procedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., 1989, p. 416 ss.; F. MERLONI (a cura di), La trasparenza
amministrativa, Milano, 2008. 7 D’altro canto, l’art. 2, d.lgs. n. 163/’06 (il noto Codice dei contratti pubblici) prevede che «l’affidamento e
l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle
prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l’affidamento
deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza,
proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice». 8 La quale, com’è stato infatti osservato (E. CARLONI, L’obbligo di pubblicazione, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice
dell’azione amministrativa, Milano, 2011, p. 1192 ss.), nel «tenere ferme “le disposizioni previste dai singoli
ordinamenti” impedisce di costruire un comune minimo denominatore del regime di pubblicità cui assoggettare i
documenti in esame». 9 Ci si riferisce ai lavori della Commissione presieduta da Mario Nigro.
Quella Commissione delineò un sistema procedimentale aperto, in cui – come osservato dallo stesso M. NIGRO (Il
procedimento amministrativo fra inerzia legislativa e trasformazioni dell’amministrazione (a proposito di un recente
Più sorprendente risulta invece quella circostanza ove si prenda in considerazione il
quadro legislativo venutosi a delineare a seguito del predetto intervento novellatore.
Con la citata legge n. 15/’05, infatti, il focus del legislatore si è spostato sul
provvedimento, tanto che è stato addirittura inserito un intero Capo 10 dedicato
all’«efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo» e alla «revoca e recesso».
L’inserimento di questo Capo «segna un punto di svolta nella disciplina dell’azione
amministrativa, poiché non si limita a conferire rilevanza al provvedimento, ma ne
afferma la “centralità” a fianco del procedimento nell’ambito dei processi decisionali
pubblici» 11 .
Ai nostri fini rileva – in quanto, come si dirà, foriero di problemi – l’art. 21-bis, l. n.
241/’90, secondo cui «il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati
acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso
effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti
dal codice di procedura civile» 12 ; nessuna ulteriore disposizione si legge sulla
pubblicità degli atti e dei provvedimenti amministrativi.
In definitiva, la citata legge n. 15 – pur rappresentando, come più sopra accennato,
uno dei picchi della privatizzazione del diritto dell’azione amministrativa e pur
dettando la disciplina dell’efficacia del provvedimento – non offre un sistema di regole
sulla
pubblicità
(in
senso
appunto
civilistico)
degli
atti
e
provvedimenti
amministrativi.
È solo la legislazione di settore ad offrire – ai nostri fini – immagini, inevitabilmente
frammentate e scoordinate, dell’attuale punto di evoluzione dell’ordinamento.
disegno di legge), in Il procedimento amministrativo fra riforme legislative e trasformazioni dell’amministrazione, in
F. TRIMARCHI, Milano, 1990, p. 9 ss.) – «la scelta amministrativa non è più monopolio dell’elemento burocratico, ma
diventa prodotto di questo e dell’elemento partecipativo».
In particolare, l’attenzione di quella Commissione fu incentrata sulla fase istruttoria, considerata vero e proprio
“cuore del fenomeno”, lasciando invece in secondo piano la normazione sul provvedimento. 10 Il Capo IV-bis. 11 Così G. GARDINI, L’efficacia dei provvedimenti amministrativi e il tramonto dell’atto amministrativo recettizio “per
natura”, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2011, p. 824 ss.. 12 La norma stabilisce pure che «il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati non avente carattere
sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. I provvedimenti limitativi della sfera
giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci».
Per un commento alla norma de qua v.: G. Gardini, L’efficacia dei provvedimenti amministrativi e il tramonto
dell’atto amministrativo recettizio “per natura” cit.; F. Figorilli, Commento all’art. 21-bis, in N. Paolantonio, A.
Police, A. Zito (a cura di), La pubblica amministrazione e la sua azione, Torino, 2005; F.G. SCOCA, Esistenza,
validità ed efficacia degli atti amministrativi: una lettura critica, in G. Clemente di San Luca (a cura di), La nuova
disciplina dell’attività amministrativa dopo la riforma della legge sul procedimento, Torino, 2005. L’analisi delle diverse fattispecie d’incontro tra il sistema pubblicitario privatistico (id
est, la trascrizione) e quello del diritto amministrativo sembra evocare due possibili
scenari.
In alcuni casi, la trascrizione assume una funzione servente per la realizzazione di
interessi pubblici; in altri casi, invece, il sistema trascrittivo può tradursi – se non
opportunamente temperato – in un vero e proprio ostacolo alla tutela di quegli
interessi.
3.- Nel novero delle ipotesi in cui la trascrizione assume funzione servente possono
farsi rientrare i casi in cui quest’adempimento è richiesto con riferimento a fattispecie
di vincoli urbanistico-edilizi, di erogazione di contributi, di finanziamenti di scopo 13 e,
ora, di vincoli pubblici ex art. 2645-quater cod. civ..
Queste ipotesi – seppur eterogenee – sono riconducibili a due differenti schemi con
riguardo alle modalità secondo cui si strutturano i rapporti tra realizzazione
dell’interesse privato e perseguimento dell’interesse pubblico.
Nel primo schema, riscontrabile soprattutto nei casi di vincoli edilizi, la trascrizione si
atteggia a presupposto stesso per l’adozione del provvedimento, per cui sembra esclusa
in radice una situazione di collisione con la tutela dell’interesse pubblico.
La trascrizione può divenir qui strumento di «meccanica di precisione»: il fenomeno
pubblicitario può operare più volte sullo stesso bene immobile per tutelare altrettanti
interessi pubblici tra loro diversi: per esempio, l’asservimento di uno stesso immobile a
un primo fondo per cessione di cubatura 14 e a un secondo fondo per consentire a
quest’ultimo di raggiungere il lotto minimo di intervento.
Molte di queste fattispecie sono state introdotte dai legislatori regionali. Per una loro puntuale disamina cfr. A.
BRIENZA, La tassatività delle ipotesi di trascrizione: superamento o conferma di un principio, in Riv. dir. civ., 1991,
II, p. 571 ss.; G. PETRELLI, Trascrizione immobiliare e legislazione regionale, in Rivista del notariato, 2009, p. 733
ss.. 14 Si veda ora l’art. 2643, comma 1, lett. 2-bis, cod. civ. (introdotto dall’art. 5, comma 3, d.l. n. 70/’11, poi convertito
con modificazioni in l. n. 106/’11), il quale contempla tra gli atti da rendere pubblici con la trascrizione «i contratti
che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali
o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale».
Sulla cessione di cubatura e sul trasferimento dei diritti edificatori v. S. SCARLATELLI, La c.d. cessione di cubatura.
Problemi e prospettive, in Giustizia civile, 1995, p. 287 ss.; N.A. CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile,
in Rivista del notariato, 2003, p. 1113 ss.; S. DE PAOLIS, Riflessioni in tema di trasferimento di volumetria, in Riv.
giur. edil., 2011, p. 199 ss.; F. GAZZONI, Cessione di cubatura, “volo” e trascrizione, in Giustizia civile, 2012, p. 101
ss.; G. FREZZA, Sulla trascrivibilità della domanda di mediazione e dei ricorsi al Giudice amministrativo, in
Giustizia civile, 2012, p. 511 ss.; G. TRAPANI, I diritti edificatori, in Rivista del notariato, 2012, p. 775 ss.. 13
Questi casi si caratterizzano per un rapporto amministrativo in cui il soggetto privato
è titolare di interessi pretensivi la cui base sostanziale deve essere in rapporto di
compatibilità con l’interesse pubblico.
Nell’esempio fatto, il privato otterrà il titolo abilitativo edilizio solo dopo aver asservito
– trascrivendo il relativo atto di sottomissione – un altro immobile allo scopo di
rispettare le previsioni di piano circa la volumetria realizzabile ovvero il lotto minimo
di intervento; per cui, nel rilasciare il titolo la p.A. verificherà il rispetto degli indici
planovolumetrici
a
seguito
dell’asservimento,
cioè
la
conformità
dell’istanza
edificatoria alle norme di piano.
L’atto di vincolo e la sua trascrizione rilevano allora, in questi casi, solo come atti
endoprocedimentali.
Negli altri casi invece – e qui veniamo al secondo schema, utilizzato per lo più in
materia urbanistica – il privato mantiene la titolarità di un interesse pretensivo, che
si pone in una relazione di strumentalità con la realizzazione dell’interesse pubblico.
Si tratta della categoria dei rapporti a collaborazione necessaria 15 , riguardanti quei
settori dell’attività amministrativa che interferiscono con interessi privati il cui
soddisfacimento coincide con la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalla p.A..
In
queste
ipotesi
c’è
un’oggettiva
convergenza
del
privato
e
dell’autorità
amministrativa su un programma che, comportando impegni reciproci, evidenzia
appunto
la
strumentalità
dell’interesse
privato
rispetto
al
soddisfacimento
dell’interesse pubblico.
È il caso – notissimo – delle convenzioni di lottizzazione, degli accordi di programma 16 ,
etc..: l’atto di vincolo e la sua trascrizione assolvono alla «progressiva creazione di un
vero e proprio “stato civile della proprietà immobiliare”» 17 .
Riecheggia qui la categoria del mitwirkungsbedürftiger Verwaltungsakt di E. FORSTHOFF, Lehrbuch des
Verwaltungsrecht, München und Berlin, X ed., 1973. 16 Disciplinati ora dall’art. 34, d.lgs. n. 267/’00 (Testo unico degli enti locali), ai sensi del quale «per la definizione e
l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione,
l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti
pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o
il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di
intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più soggetti
interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinare i tempi, le modalità, il finanziamento ed
ogni altro connesso adempimento. […] L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della regione, del
presidente della provincia, dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del
presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della
regione. L'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della regione, produce gli effetti della intesa di cui
all'art. 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e
conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso
15
Trasversale a queste due tipologie di casi è l’ambito di applicazione del citato art.
2645-quater cod. civ., introdotto nel 2012 18 , secondo cui «si devono trascrivere, se
hanno per oggetto beni immobili, gli atti di diritto privato, i contratti e gli altri atti di
diritto privato, anche unilaterali, nonché le convenzioni e i contratti con i quali
vengono costituiti a favore dello Stato, della regione, degli altri enti pubblici
territoriali ovvero di enti svolgenti un servizio di interesse pubblico, vincoli di uso
pubblico o comunque ogni altro vincolo a qualsiasi fine richiesto dalle normative
statali e regionali, dagli strumenti urbanistici comunali nonché dai conseguenti
strumenti di pianificazione territoriale e dalle convenzioni urbanistiche a essi
relative».
Questa norma disciplina la trascrizione dei vincoli di natura pubblicistica e ha dato
origine a un acceso dibattito circa gli effetti dell’adempimento ivi previsto.
Sembra doversi escludere che la stessa abbia efficacia costitutiva, poiché il vincolo
nasce nel momento in cui viene riconosciuto con l’atto contrattuale o unilaterale
ovvero con la convenzione.
In altri termini, il vincolo in questione – in quanto destinato a perseguire un interesse
pubblico – non può certo dipendere dall’effettuazione della trascrizione, ma preesiste
all’esecuzione della formalità pubblicitaria.
Allo stesso modo, sempre in considerazione della preordinazione del vincolo alla tutela
di interessi pubblici, pare preferibile escludere anche un’efficacia dichiarativa 19 .
Quest’ultima dovrebbe pertanto assolvere ad una mera funzione notiziale 20 , in
particolare rendendo edotti i terzi, comunque coinvolti nella circolazione di immobili,
del comune interessato. Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco allo
stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza». 17 Così G. PETRELLI (Pubblicità legale e trascrizione immobiliare tra interessi privati e interessi pubblici, cit.) citando
C. MAIORCA, Della trascrizione, in Commentario c.c. D’Amelio, Firenze, 1943, p. 215. 18 Con l’art. 6, comma 5-quaterdecies, d.l. n. 16/’12, convertito con modificazioni dalla l. n. 44/’12. 19 Invece sostenuta da G. PETRELLI, Trascrizione di atti costitutivi di vincoli pubblicistici, in www.gaetanopetrelli.it.
L’A. osserva che «per quanto concerne l’efficacia della trascrizione degli atti costitutivi di vincoli pubblicistici, la
tradizionale e risalente opinione che attribuiva a tale trascrizione natura di pubblicità notizia è stata di recente
superata dall’orientamento, espresso da Corte Cost. 4 dicembre 2009, n. 318, che ha inquadrato la trascrizione dei
vincoli a parcheggio nell’ambito dell’art. 2645 c.c. (con conseguente qualificazione della medesima come pubblicità
dichiarativa, ai sensi dell’art. 2644 c.c.)» e che «tale opinione giurisprudenziale trova la propria giustificazione
sistematica in un’evoluzione normativa che, negli ultimi anni, ha condotto – anche alla luce delle sempre più
pressanti esigenze di competitività e sicurezza dei traffici giuridici, anche nel settore immobiliare – a privilegiare
dette esigenze rispetto ad alcuni interessi pubblicistici un tempo ritenuti prevalenti (si pensi, un esempio per tutti,
all’efficacia di pubblicità dichiarativa ormai riconosciuta alla trascrizione dei vincoli culturali)». Dopo aver ricordato
questa traiettoria evolutiva, Petrelli ritiene che «anche alla trascrizione ex art. 2645-quater c.c. possa essere
riconosciuta valenza di pubblicità dichiarativa, in conformità al suddetto orientamento giurisprudenziale: con la
conseguenza che, in mancanza di trascrizione, il vincolo non è opponibile al terzo acquirente»; e ha poi soggiunto
che questa «conclusione presuppone l’adesione alla tesi interpretativa, che non ritiene necessaria l’espressa
previsione legislativa dell’effetto di opponibilità quale conseguenza della trascrizione (ritenendo che tale efficacia
possa desumersi anche interpretativamente)». dell’esistenza del vincolo, in quanto incidente sul contenuto della proprietà
immobiliare e come tale rientrante tra le limitazioni legali del diritto di proprietà.
In tutte le tipologie di ipotesi sin qui descritte non sembra esserci conflitto tra
successivi acquirenti (di un medesimo bene immobile) da risolvere; l’opponibilità a
terzi del vincolo, in quanto volto a tutelare interessi pubblici, non può che discendere
dalle leggi, dai regolamenti o dagli altri atti amministrativi (ad esempio, uno
strumento urbanistico) che lo prevedono, quale presupposto per il perfezionamento del
procedimento amministrativo; l’omessa trascrizione del vincolo pare rilevare, pertanto,
solo agli eventuali fini risarcitori.
4.- Vi sono tuttavia, come detto, ipotesi in cui la trascrizione può generare ostacoli alla
realizzazione dell’interesse pubblico.
In
queste
ipotesi,
l’Amministrazione
assume
il
ruolo
storico
originale
di
Eingriffsverwaltung, come tale incidente per definizione nella sfera giuridica del
privato, il quale, di conseguenza, è titolare di interessi oppositivi: alla norma o, meglio,
all’interprete spetta risolvere il conflitto tra il potere pubblico – con gli interessi che vi
sono sottesi – e la sfera privata.
Tra queste ipotesi vi è quella del vincolo culturale attualmente 21 previsto dall’art. 15,
d.lgs. n. 42/’04 (Codice dei beni culturali), secondo cui la dichiarazione dell’interesse
culturale del bene «è notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo
della cosa che ne forma oggetto, tramite messo comunale o a mezzo posta
raccomandata con avviso di ricevimento» 22
e, «ove si tratti di cose soggette a
pubblicità immobiliare o mobiliare, il provvedimento di dichiarazione è trascritto, su
richiesta del Soprintendente, nei relativi registri ed ha efficacia nei confronti di ogni
successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo» 23 .
Così pure B. MASTROPIETRO, Il nuovo art. 2645 quater c.c. in materia di trascrizione di vincoli pubblici, in
www.judicium.it, la quale ha sostenuto che «in presenza di vincoli di interesse pubblico e in assenza di un richiamo
alla valenza dichiarativa della trascrizione, non desumibile né dal tenore letterale della norma, né dalla sua
“topografia”, sembra doversi propendere per la configurazione di una pubblicità con funzione notiziale», sicché
«l’art. 2645 quater c.c., quale norma generale in materia di trascrizione, sembra […] prevedere l’adozione della
formalità trascrittiva dei vincoli pubblici su beni immobili, con funzioni di mero ausilio sul piano della pubblicità
notizia, ma non sembra svolgere alcuna funzione sul piano dell’opponibilità dei vincoli». 21 Per la disciplina previgente v. artt. 2, 3 e 5, l. n. 1089/’39, poi artt. 6 e 8, d.lgs. n. 490/’99. 22 Comma 1. 23 Comma 2. 20
È evidente qui lo sforzo del legislatore di operare un bilanciamento tra l’interesse
pubblico alla tutela dei beni culturali e quello alla certezza delle situazioni e dei
rapporti dei privati.
Facendo riferimento all’analoga previsione racchiusa nella l. 1089/’39
24 ,
nel 1954
Sandulli 25 sostenne che la notificazione della dichiarazione di vincolo era componente
«della fattispecie costitutiva di tali speciali effetti», ossia elemento costitutivo del
vincolo; mentre la trascrizione nei pubblici registri esulava da quella fattispecie
costitutiva.
In altri termini, per Sandulli la notifica della dichiarazione aveva natura costitutiva,
la trascrizione assolvendo invece a una funzione di mera pubblicità rafforzativa.
In quella ricostruzione, pertanto, l’opponibilità del vincolo – sia nei confronti degli
aventi diritto all’epoca dell’apposizione dello stesso, sia nei confronti dei successivi
acquirenti del bene – sorge non appena interviene la notificazione (della dichiarazione
dell’interesse culturale), la quale conclude la fattispecie costitutiva.
Notevole è la distanza da questa posizione di alcuni recenti sentenze del Giudice
amministrativo.
S’è infatti sostenuto 26 che «nei confronti di quelli che il secondo comma dell’art. 15 cit.
definisce i “successivi proprietari” del bene culturale, la norma subordina […]
l’efficacia del vincolo alla trascrizione del vincolo stesso nei registri immobiliari».
Questa norma – come, del resto, le citate disposizioni previgenti 27 – s’iscriverebbe,
infatti, «nel solco della funzione tipica della trascrizione, cioè di costituire forma di
pubblicità delle vicende giuridiche concernenti (in specie) i beni immobili e strumento
per la soluzione dei conflitti tra aventi causa dallo stesso dante causa» 28 , sicché
«all’adempimento degli obblighi di pubblicità immobiliare non è […] attribuibile un
24 I citati artt. 2, 3 e 5, l. n. 1089/’39. 25 A.M. SANDULLI, Natura e funzione della notifica e della pubblicità delle cose private d’interesse artistico e storico
qualificato, in Riv. trim. di diritto e procedura civile, 1954, p. 1022 ss.. 26 T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 15 dicembre 2011, n. 1886, in www.leggiditalia.it. 27 Anzitutto gli artt. 2, 3 e 5, l. n. 1089/’39 cit.. 28 Sul punto, il Tar pugliese richiama le seguenti sentenze: T.A.R. Piemonte, Torino, Sezione II, 7 aprile 2008, n.
590; Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 1984, n. 26; Cons. Stato, sez. VI, 9 gennaio 1997, n. 3; Cons. Stato, sez. VI, 16
novembre 2000, n. 6134; Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2002, n. 6067.
Al riguardo v. inoltre Cons. Stato, Sez. VI, 17 maggio 2010, n. 3037 (in www.leggiditalia.it), in cui si legge: «la
notifica del vincolo ha luogo per una sola volta al momento in cui esso viene imposto e non deve essere reiterata nei
confronti di ogni successivo soggetto che subentri nella proprietà del bene. La trascrizione del vincolo nei registri
immobiliari assolve, inoltre, funzione di pubblicità dichiarativa verso i terzi, e non costituisce elemento della
fattispecie provvedimentale dichiarativa del vincolo, la cui validità non resta influenzata dagli adempimenti volti a
garantire il regime di pubblicità. La circostanza che, sul piano temporale, la trascrizione sia avvenuta quando il
soggetto notificato aveva perduto la proprietà del bene, non inficia detto adempimento, che ha il suo presupposto
nell' atto di notifica nei confronti di chi […] al momento del riconoscimento del valore particolarmente importante
del bene, ai sensi della legge n. 1089/1939, era titolare del diritto dominicale». ruolo di elemento costitutivo degli effetti del vincolo (c.d. funzione costitutiva della
trascrizione), ma solo quello di rendere opponibili al terzo (successivo proprietario del
bene) tali effetti, secondo lo schema dell'art. 2644 del codice civile» 29 .
Di conseguenza, il vincolo non può essere opposto a colui che ha acquistato e trascritto
il relativo atto prima della trascrizione del vincolo stesso 30 .
Insomma, secondo l’orientamento in questione – mentre la notificazione dell’atto,
benché costituisca un obbligo per l’amministrazione, pare rivestire una funzione
meramente informativa 31 – la mancata o errata trascrizione del vincolo nei registri
immobiliari sembra rendere questo totalmente inopponibile, e dunque inefficace, nei
confronti del successivo acquirente del bene e ciò anche nel caso in cui questi lo
conoscesse o potesse facilmente conoscerlo 32 .
Peraltro, bisogna verificare l’impatto del citato art. 21-bis, l. n. 241/’90 sulla funzione
(come detto, meramente informativa) sinora riconosciuta alla notificazione.
Infatti, l’applicazione della norma de qua alla dichiarazione d’interesse culturale
renderebbe recettizio questo provvedimento 33 , il quale inizierebbe dunque a dispiegare
i propri effetti nei confronti del destinatario soltanto al momento della comunicazione
allo stesso effettuata.
La notificazione diverrebbe, cioè, elemento costitutivo dell’effetto tipico della
fattispecie e ciò in relazione a tutti i soggetti enumerati dall’art. 15, comma 1 cit., ossia
al proprietario, al possessore e al detentore della cosa.
Ma
l’applicazione
dell’art.
21-bis
cit.
alla
notificazione
della
dichiarazione
dell’interesse culturale porterebbe – come s’è sostenuto 34 – a «un ribaltamento della
ratio sulla base della quale la norma legislativa sulla notificazione del provvedimento
di dichiarazione ha sempre previsto una vasta cerchia di possibili destinatari della
Addirittura di «inefficacia» per «mancata pubblicità e trascrizione nei registri immobiliari» parla la sentenza
T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 28 settembre 2011, n. 4497, in www.leggiditalia.it. 30 T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 15 dicembre 2011, n. 1886 cit.; T.A.R. Puglia, Bari, Sezione II, 15 gennaio 2010, n.
65, in www.giustizia-amministrativa.it. 31 Cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, VI, 13 marzo 2013, n. 1490 (in www.giustizia-amministrativa.it), in cui si
legge che «il provvedimento di imposizione del vincolo non ha natura recettizia, in quanto la notifica in forma
amministrativa ai privati proprietari, possessori o detentori delle cose che presentano interesse culturale […] ha
natura meramente informativa e non svolge una funzione costitutiva del vincolo stesso, che è perfetto
indipendentemente da esso, essendo preordinata esclusivamente a creare nel destinatario di essa la conoscenza
degli obblighi su di lui incombenti». 32 T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. II, 8 settembre 2006, n. 2900, in www.giustizia-amministrativa.it. 33 Una simile natura recettizia della dichiarazione di interesse culturale è stata sostenuta da C. VOLPE, Commento
all’art. 15 del Codice dei bani culturali, in G. Leone e A. Leo Tarasco (a cura di), Commentario al codice dei beni
culturali e del paesaggio, Padova, 2006, p. 189 ss.. 34 J. BERCELLI, Notifica e trascrizione del provvedimento di dichiarazione dell’interesse culturale tra esigenze di
tutela dei beni culturali e principio di certezza dei rapporti sociali, in www.aedon.mulino.it. 29
notificazione stessa», poiché «l’aver indicato nell’art. 15 del Codice tre possibili
destinatari della notificazione si trasformerebbe dall’essere (e voler essere) un
vantaggio per l’amministrazione, in un ostacolo nell’esercizio della funzione di tutela
dei beni culturali».
Tornando, invece, alla trascrizione della dichiarazione d’interesse culturale, il
ricordato orientamento giurisprudenziale che afferma la funzione di pubblicità
dichiarativa della stessa non appare convincente.
Infatti, l’art. 15, comma secondo cit. non richiama espressamente le norme del codice
civile in tema di trascrizione, le quali – è bene ricordarlo – sono state dettate per
risolvere conflitti tra più acquirenti dello stesso bene – dunque per risolvere questioni
di natura privatistica – e non per finalità che garantiscano il perseguimento degli
interessi pubblici, quale quello connesso alla tutela dei beni culturali.
La considerazione della natura pubblica degli interessi in rilievo – dunque il dato non
negoziabile di cui s’è detto all’inizio – rende auspicabile un ripensamento.
La mancata o errata trascrizione della dichiarazione dell’interesse culturale non
dovrebbe infatti mai determinare l’inefficacia del vincolo o la sua inopponibilità ai
successivi acquirenti – e quindi l’impossibilità per la p.A. di esercitare il potere di
prelazione 35 – ma dovrebbe rilevare soltanto in termini di risarcimento dei danni
subiti dall’acquirente in buona fede 36 .
Come noto, la prelazione – oggi disciplinata dagli artt. 60-62 del citato Codice dei beni culturali e del paesaggio –
è un istituto finalizzato a consentire l’acquisizione al patrimonio dello Stato o degli altri Enti territoriali dei beni
culturali, onde garantirne la valorizzazione e la fruizione da parte della collettività.
In particolare, l’art. 60 stabilisce che «il Ministero o, nel caso previsto dall'articolo 62, comma 3, la regione o gli altri
enti pubblici territoriali interessati, hanno facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo
oneroso o conferiti in società, rispettivamente, al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione o al medesimo
valore attribuito nell'atto di conferimento»; il successivo art. 61 prevede poi che «la prelazione è esercitata nel
termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia prevista dall'articolo 59. Nel caso in cui la
denuncia sia stata omessa o presentata tardivamente oppure risulti incompleta, la prelazione è esercitata nel
termine di centottanta giorni dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque
acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa ai sensi dell'articolo 59, comma 4. […] 4. In pendenza del termine
prescritto dal comma 1 l'atto di alienazione rimane condizionato sospensivamente all'esercizio della prelazione e
all'alienante è vietato effettuare la consegna della cosa. Le clausole del contratto di alienazione non vincolano lo
Stato.. Nel caso in cui il Ministero eserciti la prelazione su parte delle cose alienate, l'acquirente ha facoltà di
recedere dal contratto». 36 In proposito, C. ZUCCHELLI (Commento all’art. 13, d.lgs. n. 42/’04, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dei beni
culturali e del paesaggio, Milano, 2012, p. 198 ss.) ha sostenuto che la trascrizione de qua non dovrebbe avere
alcuna rilevanza nei confronti della sostanza della dichiarazione, mentre dovrebbe rivestire una rilevanza
essenziale nei rapporti tra i soggetti privati. In particolare, secondo l’A. «la trascrizione di cui ci stiamo occupando
esplica la sua naturale funzione di rendere opponibile ai terzi i vincoli apposti all’immobile, ma non già perché
l’eventuale inopponibilità incida sul soddisfacimento dell’interesse pubblico (cioè in sintesi faccia venir meno la
dichiarazione), ma perché ciò determini la responsabilità civile del dante causa e, se del caso, anche
dell’amministrazione nei confronti di un terzo non reso edotto della mancata trascrizione e che abbia quindi dato
corso ad un negozio patrimoniale ignorando l’onere reale gravante sulla cosa».
Critica nei confronti della dottrina volta a riconoscere funzione dichiarativa alla trascrizione de qua è B.
MASTROPIETRO, Il nuovo art. 2645 quater c.c. in materia di trascrizione di vincoli pubblici cit., la quale ha addotto
35
La considerazione delle peculiarità del «mondo degli interessi pubblici» deve cioè
sospingere verso soluzioni ermeneutiche più equilibrate, in grado di assicurare il
necessario perseguimento di quegli interessi e, nello stesso tempo, di apprestare una
tutela (eventualmente solo risarcitoria) al terzo acquirente in buona fede.
argomenti di ordine formale e sostanziale che dovrebbero condurre a qualificare la stessa come mera pubblicità
notizia. Più precisamente, sotto il primo profilo, ella ha osservato, facendo esplicito riferimento alla formulazione
dell’art. 15 cit., che «se effettivamente la trascrizione del vincolo avesse funzione dichiarativa, non avrebbe senso il
riferimento ai successivi proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo»; quanto al profilo di ordine sostanziale
ha rimarcato «il rilevante interesse pubblico che giustifica il vincolo culturale come misura limitativa della
proprietà». 
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