Rivista svizzera di architettura, ingegneria e urbanistica Schweizerische Zeitschrift für Architektur, Ingenieurwesen und Stadtplanung 2 2017 Progettare in sezione Im Schnitt planen T E S T I T E X T E André Bideau | Lorenzo Giuliani e Christian Hönger | Luca Ortelli P R O G E T T I P R O J E K T E Mario Botta | Buzzi studio d’architettura | giuliani.hönger | Stefanie Hitz | Davide Macullo Architects Regolamenti improntati alla prassi n. 2 aprile Con TEC21, TRACÉS, Archi e la piattaforma comune www.espazium.ch creiamo uno spazio di riflessione sulla cultura della costruzione. 3 VE TRINA 4 INTERNI E DESIGN a cura di Gabriele Neri 7 ACC ADEMIA DI ARCHITE T TUR A A AM a cura di Mercedes Daguerre 12 SCUOL A UNIVERSITARIA PROFES SIONALE SUPSI a cura di Manuel Lüscher 16 DIARIO DELL’ARCHITE T TO a cura di Paolo Fumagalli Progettare in sezione Im Schnitt planen a cura di Debora Bonanomi e Gabriele Neri Dai progettisti per i progettisti! Spazio interdisciplinare, interculturale, specialistico, indipendente e critico. 19 EDITORIALE L A SE ZIONE E IL R AUMPL AN DI LOOS Alberto Caruso 21 L A SEZIONE SOT TO LO SK YLINE André Bideau 28 SEZIONI DI STR ADE, SEZIONI DI EDIFICI Luca Ortelli 33 L A SEZIONE COME STRUMENTO DI PROGE T TA ZIONE Lorenzo Giuliani e Christian Hönger 38 CENTRO PER L’INNOVA ZIONE HILTI, SCHA AN giuliani.hönger 44 EDIFICIO FUORIPORTA, MENDRISIO Mario Botta 50 RESIDENZ A LE STELLE, SOLDUNO Buzzi studio d’architettura 56 TR ASFORMA ZIONE DI UNA CASA STORICA , SALORINO Stefanie Hitz 60 SWIS S HOUSE X XII, PREONZO Davide Macullo Architects Nel prossimo numero: Dal progetto al piano Dello stesso editore: 64 68 70 71 Tracés n.07 Réfection du pont d’Aigremont espazium.ch/traces COMUNIC ATI SIA a cura di Frank Peter Jäger COMUNIC ATI OTIA a cura di Daniele Graber LIBRI a cura di Mercedes Daguerre CONCORSI TI a cura di Teresa Volponi Tec21 n.12 Hamburger Himmelsstürmer espazium.ch/tec21 «Umsicht – Regards – Sguardi 2017» La SIA premia sei opere esemplari e lungimiranti. espazium.ch/archi In copertina: Mario Botta, Edificio Fuoriporta, Mendrisio. Foto Enrico Cano Aree Giochi & Arredo Urbano www.gtsm.ch · [email protected] · Tel. 044 461 11 30 www.espazium.ch KWC ZOE kwc.ch 3 VE TRINA Vetrina 1. Design classico tecnologia avanzata per gli edifici www.feller.ch La linea di design classica STANDARDdue di Feller è perfetta per la tipica architettura svizzera minimalista e dalla forte personalità. Si adatta agli edifici nuovi e anche alle ristrutturazioni. In particolare anche agli edifici storici sottoposti a tutela del patrimonio naturale o artistico, come ad esempio Villa Planta del Bündner Kunstmuseum. Lì è stato installato un sistema per edifici KNX con cui è possibile comandare singolarmente o in modo automatico luci, avvolgibili e finestre sul tetto nelle stanze degli uffici, anche tramite app. www.feller.ch/ standarddue ┌ 1 1. Feller AG Bergstrasse 70 8810 Horgen [email protected] t. +41 44 728 77 77 f. +41 44 728 72 99 ceramiche mosaici pietre naturali pietre artificiali consulenza • vendita • lavorazione • posa esperienza passione tecnologia 4 INTERNI E DE SIGN Architetture viste in sezione Gabriele Neri In linea con il tema approfondito in questo numero di «Archi», abbiamo deciso di dare spazio a un’esperienza didattica svolta in Ticino durante lo scorso semestre alla SUPSI (corso di laurea in Architettura), che ha avuto come punto focale proprio l’analisi della sezione come strumento indispensabile per la comprensione e la creazione del progetto di architettura. L’interesse non è però solo didattico o tecnico. Partendo da questioni rappresentative e costruttive, questa esperienza – che guarda a simili ricerche svolte in altri atenei negli scorsi anni – punta infatti a sviluppare e promuovere la conoscenza culturale dell’architettura contemporanea ticinese, come ci spiegano Giuseppe Rossi e Stefano Zerbi, responsabili del laboratorio. Archi: Com’è nata l’idea di dedicare l’intero semestre allo studio della sezione? Giuseppe Rossi e Stefano Zerbi: Lo spunto è stato il progetto di ricerca «Details. Architecture seen in section» diretto da Marco Pogacnik negli anni scorsi (cfr. www.detailsinsection.org) e presentato alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2014, il cui risultato è il ridisegno di sezioni costruttive in scala 1:10 di architetture eloquenti contemporanee e moderne. Questo progetto è andato recentemente in mostra anche a Lucerna (Hochschule Luzern, 3-21 marzo 2017). Partendo da questo riferimento, per il Laboratorio di Costruzione del primo semestre di Bachelor del corso di laurea in Architettura della SUPSI si è deciso di sviluppare con gli studenti il tema delle architetture viste in sezione e della centralità della sezione costruttiva nella definizione materica e del carattere di un edificio. Tale approccio all’architettura ha permesso di definire sia l’inquadramento teorico sia quello didattico del corso. Per il primo, si è ripreso il rapporto tra struttura, involucro e spazio trattato da Giovanni Fanelli e Roberto Gargiani nella loro Storia dell’architettura contemporanea (Laterza, 1998). Si sono così introdotti alcuni concetti fondamentali della storia della costruzione, come la teoria del rivestimento o la supremazia della struttura. Per quanto riguarda l’inquadramento didattico, si è scelto di circoscrivere l’ambito delle analisi al tema dell’abitazione costruita in muratura e della copertura a falda. Perché questa delimitazione? Tale scelta dipende da due motivazioni. In primo luogo, tali tipologie costruttive risultano essere in sintonia con quanto gli studenti svilupperanno in altri corsi, e poi perché queste tecniche appartengono alla tradizione del Cantone Ticino. Si è tentato quindi di mostrare agli studenti degli esempi che potessero costituire una base per una storia materiale della costruzione nel nostro Cantone. In aggiunta, ricorrere al disegno in sezione permette di indagare «quelle parti dell’organismo architettonico in cui la facciata si relaziona al tetto, la finestra al muro o la parete al controsoffitto», come recitava il manifesto della mostra alla Biennale di Architettura di Venezia del 2014. Come è stata affrontata l’analisi? Quale metodo per l’analisi si è scelto di attingere direttamente alle sezioni costruttive originali fornite dagli archi- 1 2 3 4 5 6 vi o dai progettisti stessi. Queste sono state ridisegnate integralmente dai docenti al fine di ottenere un risultato grafico omogeneo. Il ridisegno collettivo in classe con gli studenti ha seguito una scomposizione tettonica e cantieristica, partendo dalle fondazioni e lo zoccolo, l’elevazione e i solai, per terminare con la copertura. Queste fasi hanno permesso non solo l’approfondimento costruttivo e materico delle scelte operate dai progettisti, ma anche l’analisi statica elementare dei sistemi strutturali. I particolari costruttivi sono stati situati nel periodo storico dell’opera e, in alcuni casi, la loro attualizzazione è stata discussa con gli studenti. Quali sono i casi studio che avete selezionato? I casi di studio affrontati durante il semestre d’autunno 2016 sono stati scelti al fine di evidenziare – nell’ambito 5 Casa Müller, Morcote, 2003. Markus Wespi con Jérôme de Meuron architetti 1-2 Sezione di dettaglio della gronda e sezione longitudinale della copertura a falde 3-4 Sezione di dettaglio e vista assonometrica (assonometria isometrica) di un’apertura con serramento fisso 5-6 Sezione di dettaglio e vista assonometrica (assonometria isometrica) dell’incastro della soletta in calcestruzzo armato nella muratura omogenea composta in mattoni di cotto alveolare intermedio e mattoni di cotto faccia vista esterno ed interno 7 8 9 10 11 Casa Prada, Ambri, 1985. Pietro Boschetti architetto Vista assonometrica di un architrave in BKS armato Vista assonometrica dell’appoggio del solaio sulla mensola prefabbricata di calcestruzzo armato Sezione di un’apertura con serramento apribile e vista assonometrica di un architrave in BKS armato Vista laterale e pianta dell’appoggio del solaio sulla mensola prefabbricata di calcestruzzo armato Sezione di dettaglio della doppia muratura perimetrale in mattoni BKS faccia vista esterno ed interno; zoccolo di calcestruzzo armato; solai di legno; copertura a falde INTERNI E DE SIGN dell’architettura ticinese – due figure considerate quali «maestri», un materiale e un tema contemporaneo. Nel primo caso, sono state scelte le figure di Franco Ponti e Rino Tami, i quali durante la loro carriera hanno affrontato il tema dell’abitazione in muratura con tetto a falde in modo esemplare. Il materiale scelto è il mattone di cemento conosciuto con l’acronimo di BKS, perché costituisce un periodo storico dell’architettura ticinese ben definito. Esso ha permesso di introdurre figure quali Pietro Boschetti e i fratelli Moro. Per il tema contemporaneo si è scelto quello della costruzione massiccia con riferimento all’opera degli architetti Wespi & de Meuron. In conclusione, con l’introduzione della rappresentazione dell’edificio attraverso le sezioni costruttive sin dal primo semestre, questo metodo diventa un filo conduttore nell’ambito dei Laboratori di costruzione, perché già utilizzato anche nei semestri successivi. Si introduce quindi un metodo per sintetizzare la complessità dell’organismo costruito che permette una lettura simultanea di più livelli d’approfondimento: uno strumento indispensabile all’architetto e costruttore per misurare le conseguenze delle proprie scelte architettoniche, costruttive, statiche e materiche. Inoltre, queste esperienze e il patrimonio che le sezioni formeranno sono volti a costituire uno spaccato della storia della costruzione del Canton Ticino; un supporto non solo per descrivere, ma soprattutto per progettare il futuro di questi edifici nel rispetto della loro sostanza. 7 8 9 10 11 Stile impeccabile. STANDARDdue unisce design tradizionale e tecnica innovativa. Valori che non cambiano: dal passato al presente e al futuro Gli interruttori e le prese dell'assortimento Standard di Feller entusiasmano ancora oggi grazie alla loro identità inconfondibile. Per questo abbiamo equipaggiato per il futuro questo grande classico, dotandolo di molte funzioni moderne. Allo stesso modo del sistema bus KNX. In questo modo gli amanti della linea classica hanno la possibilità di integrare la tecnica per edifici con uno stile impeccabile. www.feller.ch/standarddue 7 ACC ADEMIA DI ARCHITE T T UR A A AM Insegnare la sostenibilità Andrea Roscetti L’architetto e professore Muck Petzet, nell’ambito delle attività della cattedra di Progettazione Sostenibile recentemente istituita all’Accademia di architettura di Mendrisio, ha dato inizio a un percorso di scambio di concetti e riflessioni sul tema dell’insegnamento della sostenibilità. Il simposio Teaching Sustainability rappresenta la prima attività in questo ambito; intrapresa nell’ottobre dello scorso anno, è stato un momento di scambio tra i diversi attori presenti nel campo dell’insegnamento dell’architettura e del design sostenibile. Il simposio è nato rispondendo alla domanda: «come possiamo insegnare una materia che appare essere più un atteggiamento che una scienza?» In tutte le scuole universitarie, e in special modo nelle facoltà di architettura, sono state create cattedre e corsi per l’insegnamento del design e dell’architettura sostenibile, sia in risposta alle crescenti sfide e richieste di sviluppare nuova architettura sostenibile, sia per definire le modalità di sviluppo verso un futuro più sostenibile per gli edifici esistenti, per il tessuto e per le infrastrutture urbane. I «professori della sostenibilità» invitati stanno sviluppando presso le proprie istituzioni dei programmi di insegnamento che tentano di definire un campo che risulta esteso, aperto e con confini relativamente indefiniti. Questa discussione ha coinvolto attivamente scuole, istituzioni e docenti con una notevole esperienza nell’insegnamento dell’architettura che riguarda gli edifici efficienti e a basso consumo, coinvolgendo anche professori di nuova nomina – anche appartenenti a campi adiacenti. Con Muck Petzet abbiamo verificato i risultati della due giorni di presentazioni, discussioni e dialoghi, che hanno mostrato differenti approcci e atteggiamenti, ospitando personalità provenienti da tutto il mondo. Andrea Roscetti: Prof. Petzet, potrebbe spiegare nel dettaglio gli intenti di questo evento? Muck Petzet: L’input di base è una mia necessità personale. La mia esperienza di insegnamento in questo campo è iniziata in un periodo relativamente recente e sono molto interessato a ciò che sta accadendo nel resto del mondo. Desidero imparare dalle esperienze de- 1 1 Manifesto del simposio Teaching Sustainability gli altri. Tutti parlano di sostenibilità, ma nessuno sembra avere una panoramica chiara e completa su ciò che realmente è e potrebbe essere. Al momento non ci sono molte attività di scambio culturale in questo campo tra scuole o altre istituzioni. Abbiamo probabilmente una letteratura veramente ampia in materia ma c’è carenza in merito a che cosa realmente significhi la sostenibilità per gli architetti, e a come insegnarla e quali siano i diversi approcci ad essa. Questo simposio va inteso come un primo passo per raccogliere e confrontare approcci diversi nell’insegnamento – cio che penso è che in questo tema ci siano da un lato eccessive semplificazioni e dall’altro estreme complessità. È una situazione strana. Pensando all’insegnamento della sostenibilità nell’architettura dapprima si percepisce un’immagine molto semplice e chiara: efficienza negli edifici, edifici green, sistemi o elementi di facciata smart per gli edifici. Dalla mia esperienza di architetto, però, credo ci siano molti più elementi da tenere in considerazione e da analizzare – di fatto si tratta di un ambito molto complesso e interessante che coinvolge anche i comportamenti umani, gli aspetti economici, l’analisi nel ciclo di vita ma anche le caratteristiche fondamentali tipiche degli oggetti architettonici quali la longevità, la funzionalità, la creazione di benessere – il tutto a un livello realmente basilare. Credo che sia necessario guardare oltre il quadro ben definito dell’efficienza: quali sono realmente la responsabilità degli architetti nella nostra epoca? L’altra questione è rappresentata dal fatto che la sostenibilità è un concetto talmente olistico da essere praticamente nebuloso. Tutto può essere incluso in questo vasto campo. Non mi è quindi ancora molto chiaro quali siano i contenuti da offrire ai nostri studenti. L’iniziativa rappresentata dal simposio tenutosi all’Accademia è un primo tentativo di ricerca di una valida metodologia di insegnamento, tramite il confronto tra differenti approcci. Desideravamo una discussione aperta su come fare, come provare ad aprire e attivare le menti degli studenti a contenuti che riteniamo «utili» ma anche spesso «noiosi» e che spesso appaiono essere una mera necessità legale e una distrazione rispetto alla progettazione architettonica. A mio parere è sempre stato chiaro che sia cruciale insegnare non solo il «come» ma anche il «perché» della sostenibilità. Insegnare un’attitudine – ma 8 ACC ADEMIA DI ARCHITE T T UR A A AM come? Sembrerebbe praticamente impossibile… Possiamo seguire regole, leggi, sistemi di certificazione, ma se gli architetti non sono in grado di sentire l’attitudine il tutto ha poco senso. Per risvegliare questa sensibilità negli studenti e chiarire il fatto che la sostenibilità può essere connessa con i principi base del pensiero architettonico, è necessario a mio parere sviluppare approcci metodologici che creino connessioni tra i temi classici dell’architettura e il pensiero sostenibile. Ero curioso di vedere come stanno lavorando diversi docenti in giro per il mondo – e sono sorpreso che la nostra cattedra sia una delle poche interessate a un approccio più teorico… lavorando sull’attitudine stessa. Praticamente tutti i docenti invitati stanno invece seguendo un approccio molto pragmatico, orientato al progetto, molto vicino alla realtà. Probabilmente è il dubbio personale riguardante la validità delle convenzioni che riguardano la progettazione sostenibile che mi ha spinto a mettere in discussione i luoghi comuni e i principi sin dall’inizio della programmazione dei miei corsi: gli studenti, nel mio primo corso, hanno sviluppato un loro proprio sistema di certificazione della sostenibilità, una certificazione «fai da te». Riguardo l’approccio, il coinvolgimento di differenti attori che provengono da settori molto diversi, anche al di fuori della progettazione architettonica, fornisce un reale valore aggiunto alle attività didattiche? Certamente il coinvolgimento di differenti figure nel processo educativo è un plusvalore. Alcuni anni fa la stessa Accademia organizzava gli atelier orizzontali, coinvolgendo colleghi dei differenti ambiti didattici nel processo di progettazione. Una soluzione simile dev’essere stata un’ottima modalità di integrazione dell’insegnamento per tematiche complesse come la sostenibilità. Credo che sia fondamentale far comprendere agli studenti, già durante il loro ciclo formativo, che fare architettura oggi è un’attività di squadra, ma per lavorare con successo con questi specialisti è necessario comprendere leggi e relazioni semplici – abbandonare i propri timori, l’eccessivo rispetto, ma anche la frequente negazione delle complesse necessità attuali. Il nostro obiettivo è quello di consentire agli studenti di diventare non solo progettisti ma, come veri e propri architetti, essere leader di un processo complesso in cui per non essere messi in scacco dagli esperti e giocare quindi autonomamente è necessaria una grande esperienza. Quali sono stati i risultati più evidenti del simposio: approcci, contenuti, discussioni? Che cosa le ha insegnato quest’esperienza? Aver tutti questi interventi differenti tra loro, con opinioni personali e discussioni così ricche, è stato per me un dono e un piacere allo stesso tempo. Ho imparato molto – e il simposio stesso mi ha posto nuove domande in merito a ciò che stiamo facendo attualmente a Mendrisio. È giusto porre tutte queste domande a livello teorico? Non dovremmo essere più pragmatici e orientati al progetto? Penso che la densità della discussione si rifletta nei contenuti del blog che abbiamo creato per l’occasione. Dato che anche gli studenti dei suoi corsi sono stati coinvolti nel simposio, ha ricevuto spunti interessanti da quest’ulteriore interazione? Certamente. Mi sono piaciute in particolare le interviste che gli studenti hanno fatto agli ospiti. In esse sono emersi pensieri realmente personali e in alcuni casi conclusioni più profonde rispetto a quanto presentato al pubblico presente nell’aula del simposio. Credo che invitare tutte queste personalità con una tale esperienza – in alcuni casi BAZZI 210x132_Layout 1 10.05.16 10.37 Pagina 1 Piastrelle Mosaici Pietre naturali Arredo bagno dal 1908 ... il valore del dettaglio bazzi.ch 9 Questa discussione potrebbe includere anche gli atelier di progettazione? come crede sia possibile integrare maggiormente le attività nel campo della sostenibilità nelle attività didattiche più legate alla pratica? Una forte base teorica è fondamentale per rendere i futuri architetti realmente attivi nel campo della sostenibilità, ma senza applicazione pratica queste conoscenze restano teoriche e quindi spesso poco utili. Noi già proviamo a combinare lezioni teoriche con applicazioni pratiche. Con 120 studenti nel corso bachelor (di secondo anno) è praticamente impossibile lavorare individualmente su questioni pratiche di progettazione, date le condizioni e la mancanza di tempo a disposizione. Proviamo a fornire delle opportunità di applicazione delle nozioni teoriche all’interno dei task che assegniamo – che sono il più possibile in stretta relazione con il tema di progetto proposto dagli atelier dell’anno di corso frequentato dagli studenti. Ad esempio quest’anno gli studenti del secondo anno hanno sviluppato la propria certificazione fai da te utilizzando il risultato del loro stesso lavoro di atelier di progettazione – alla fine certificando il proprio progetto. Nei corsi del master (quarto e quinto anno) cerchiamo di sviluppare un modello più orientato al progetto e sperimentale – ma seguendo sempre lo schema di lezioni teoriche associate a task. Questa modalità a mio parere rappresenta un approccio valido per combinare le lezioni teoriche ex cathedra e il lavoro svolto negli atelier di progettazione – che nella nostra scuola è particolarmente importante. Rimane in ogni caso la difficoltà ad introdurre le nozioni teoriche, in questo campo complesso, in un ambiente scolastico in cui è posta un’attenzione particolare ai corsi di progettazione, e in un semestre di breve durata. Integrare le basi della progettazione sostenibile direttamente nel lavoro dei laboratori di progettazione significa molte volte influenzare e modificare l’approccio al progetto da parte degli studenti: non vogliamo questo, dato che pensiamo che la libertà e le differenze nei diversi atelier di progetto sia cruciale per l’Accademia. Con i nostri corsi intendiamo solo aiutare gli studenti a svi- luppare principi generali che guidino il loro lavoro durante la carriera scolastica e successivamente lavorativa. Un evento come il simposio, dedicato esclusivamente a questioni didattiche, è una «prima». Come evolverà quest’esperienza? A mio parere è stata un’attività di successo e molto promettente: i contenuti molto densi, la forma molto aperta e le opportunità di scambio hanno entusiasmato gli ospiti. Mi piacerebbe organizzare un secondo evento simile. Abbiamo anche chiesto agli intervenuti di suggerirci quali siano le mancanze in termini di programma e di contenuto. All’interno del nostro blog www.sustainabledesignblog.tumblr.com proviamo a condividere i contenuti e cerchiamo di creare una comunità che integri i partecipanti passati e futuri. Sono fermamente convinto che dobbiamo – e possiamo – ridefinire che cosa sia la sostenibilità in architettura. Il simposio è stato un ottimo supporto e un passo per farlo. Nella mia terra natale, la Germania, c’è una certa fissazione per il risparmio energetico e per la massima efficienza possibile. Nonostante questi rappresentino solo una minima parte di un approccio realmente sostenibile all’archi- La nuova forma. Finestre per tetti piani VELUX con vetro curvo atibile Comp dotti o con pr per la X U VEL one dal i protez re e calo e l dal so La nuova forma impedisce l’accumulo di acqua piovana sul vetro. La nuova forma consente un’installazione sul tetto con un angolo di inclinazione fino allo 0°. Finestre per tetti piani VELUX con vetro curvo. Disponibile in otto diverse dimensioni. Adatta a tutte le esigenze e a qualsiasi stanza. Getta le basi per una nuova tipologia di finestra per tetti piani. Oggetti BIM VELUX e ulteriori informazioni all’indirizzo velux.ch/vetrocurvo ACC ADEMIA DI ARCHITE T T UR A A AM lunga una vita – abbia suscitato reazioni e favorito il coinvolgimento degli studenti. Credo che durante il simposio gli studenti abbiano percepito fortemente ciò che provo a insegnare durante i mei corsi: un’attitudine alla responsabilità e all’integrazione. ACC ADEMIA DI ARCHITE T T UR A A AM 10 tettura, la sostenibilità è identificata principalmente dalle leggi sull’efficienza e dalle regole che come architetti siamo tenuti a seguire. Ciò è principalmente dovuto alle strategie diversive dell’industria delle costruzioni, che deve assicurarsi una crescita continua… ma in ogni caso è una corrente di pensiero forte e inconscia. Credo che in particolar modo i pionieri del movimento dell’architettura sostenibile – molto rappresentato nel simposio – possano fornire una visione di un mondo molto differente, probabilmente non più attuale ma potenzialmente valido, in cui gli architetti come Buckminster Fuller sfidavano il mondo industriale. Architetti convinti che il loro ruolo non era quello di seguire le regole, ma di crearle. Sono rimasto impressionato dalle basi teoriche che Ben Eli ha mostrato grazie alla sua «formula mondiale» della sostenibilità, dai Vale che hanno mostrato la loro costanza e coerenza nel vivere e insegnare una vita realmente sostenibile, nonostante i forti dubbi riguardanti il successo dei propri insegnamenti: «abbiamo realmente salvato il mondo?». Ci sono state molte cose che mi hanno colpito e dalle diverse storie, dai differenti background e culture di provenienza, è stato possibile percepire un forte coinvolgimento e un interesse comune. FERTILITY DEMAND ON RESOURCES BIRTH GROWTH RATE POPULATION CARRYING CAPACITY ACTIVITY BY PRODUCT GENERATION DEATH 2 MORTALITY TECHNOLOGY 2 Sostenibilità: definizione di Michael Ben-Eli in The Sustainability Laboratory, www.sustainabilitylabs.org Che cosa è mancato nel simposio e che cosa manca nel mondo (piccolo) della sostenibilità? Per questo primo evento abbiamo provato a focalizzarci sugli architetti che insegnano agli studenti di architettura nelle università. Credo ci siano molte attività interessanti che si sviluppano all’esterno di questa cerchia – abbiamo avuto un assaggio di questo grazie alla presentazione di Rotor – ma penso che dovremmo progredire ulteriormente. Siamo partiti dagli architetti e dai docenti, adesso è il momento di allargare la nostra visuale. Iconic design in style NE 360° App W ARWA-CITYPLUS Ampie superfici, perfezione formale, materiali d’eccellenza: arwa-cityplus, icona dello stile urbano, si conquista anche gli spazi cucina con una qualità impeccabile e la funzionalità intelligente ECO+. Disponibile con bocca orientabile o doccetta estraibile. www.arwa.ch Il garante nella Costruzione in legno. Il marchio di qualità Holzbau Plus simbolizza un azienda gestita in modo esemplare. La costruzione in legno di ottima qualità è il resultato di una cultura aziendale in cui nel centro si trova l’essere umano. Ne sono il garante. Christian Pagnamenta, Aurelio Pagnamenta SA, Barbengo www.holzbau-plus.ch Rigips® Rigips® Habito Costruire in muratura appartiene al passato. La nuova dimensione di pareti a secco perfette sotto ogni aspetto. Da oggi c’è Rigips® Habito: la lastra di nuova concezione che apre prospettive inedite per la realizzazione di spazi robusti, confortevoli e versatili, che si monta con facilità e velocità e alla quale basta avvitare i carichi pesanti senza l’uso di trapano e tasselli. La lastra che convince a 360 gradi! www.rigips.ch SCUOL A UNIVERSITARIA PROF E S SIONALE SUPSI 12 La sezione: uno strumento didattico Dario Galimberti Architetto. Responsabile del corso di laurea in Architettura Nell’affollato atrio della Postsparkasse di Vienna, edificio costruito tra il 1904 e il 1912 da Otto Wagner, l’attrazione del recente viaggio di studio – con gli studenti del primo anno del corso di laurea in Architettura della SUPSI – non erano le vetrinette d’acciaio inossidabile e vetro opale, o le sobrie greche nere sulla struttura perlacea, e tantomeno i marmi lucidi dei banconi, ma un accattivante disegno appeso all’entrata. Una sezione costruttiva dell’intero edificio. Un disegno preciso, minuzioso, dove nulla pareva fosse stato trascurato dall’abile disegnatore. Ogni parte sezionata e in vista, dell’imponente costruzione, era stata rappresentata con un’incredibile dovizia di particolari. Con la curiosità con cui si osserva un’anamorfosi o fors’anche una scala di Escher, quel disegno meritava la stessa attenzione e concentrazione. Particolari inediti e inaspettati mai sarebbero emersi, se non perché mete di linee astruse da inseguire tra i vari livelli. Delle rappresentazioni grafiche della realtà in genere e in particolare dell’architettura, la sezione è di certo il metodo più misterioso. Tutti hanno utilizzato – magari in maniera istintiva – la pianta, l’alzato, la prospettiva o l’assonometria, per rappresentare di volta in volta usuali fatti della quotidianità, come un percorso stradale, lo schema di un appartamento, un oggetto e così via: giammai una sezione. La sezione è uno strumento decisamente professionale, non ha nulla di 2 1 istintivo e la sua comprensione non è da tutti. In essa sono celati i punti cardini di un edificio e di un qualsiasi oggetto realizzato o che s’intende costruire. A volte non è definita da una linea retta che taglia la pianta, ma da un segmento indomito che si sposta nello spazio alla ricerca delle complessità di quanto stiamo elaborando, perché sono quelli gli ostacoli che dobbiamo e vogliamo indagare. La sezione è dunque uno degli strumenti per eccellenza della professione, indispensabile per l’esecuzione e la messa in cantiere di quanto immaginato e progettato nello studio, e di riflesso è uno degli strumenti basilari nell’inse- 3 gnamento sia del progetto e sia dell’elaborazione costruttiva. Il corso di laurea in Architettura della SUPSI inizia – almeno per molti che vogliono accedere al primo anno bachelor – con la costruzione di una sezione. Date le piante, i prospetti e alcune immagini: disegnare la sezione. Superata la meccanicità delle proiezioni ortogonali, le future matricole si confrontano con il complesso tema della comprensione dello spazio e degli elementi che lo compongono; che s’intersecano, si sovrappongono, si annidano, s’intravvedono e si nascondono. Si raffrontano poi con la profondità, gli spessori, le altezze, le di- 4 stanze e le vicinanze. Alla fine dell’esercizio, se ne avranno le capacità, comprenderanno l’oggetto analizzato, così come le parti che l’hanno generato. Se da un lato la sezione è uno strumento indispensabile per esplorare e comprendere lo spazio dell’architettura, dall’altro, allo stesso modo, è un efficace dispositivo per sviscerare quei particolari tecnici necessari alla costruzione dell’idea. Il numero 14 della rivista «Element», pubblicata dall’Association suisse des fabricants de briques et tuilles all’inizio degli anni settanta, trattava la sezione costruttiva da un originale punto di vista, con un risultato didattico e divulgativo non indifferente. Su una sezione di progetto, in scala minima, erano evidenziati i nodi principali. Attraverso degli usuali occhielli circolari numerati, che fungevano da riferimento, erano rappresentati i particolari costruttivi. Fin qui niente di speciale, salvo che, oltre al dettaglio completo, vi erano le immagini di vere e proprie tomografie degli elementi reali, come se fossero stati tagliati da una gigantesca motosega. Dunque un disegno di progetto, un particolare costruttivo e il medesimo eseguito al vero con i materiali effettivi: per qualunque neofita una visione illuminante. Nel frattempo la rivista «Element» non è più stata pubblicata, e quell’introvabile numero, anche se non aggiornato allo stato dell’arte, rimane tuttora uno strumento didattico eccezionale. In diverse occasioni l’«Element» numero 14 è stato ispiratore di compiti mirati, come ad esempio l’esercizio citato di seguito e svolto al primo anno bachelor. Utilizzando dei rotoli di carta da pacco, gli studenti dovevano eseguire dei disegni in scala al vero, focalizzandosi su una sezione dell’involucro di un edificio a un piano. Con differenti tecniche di rappresentazione: matita, china, pennarelli ecc., ogni studente ha eseguito il compito assegnatogli, con- frontandosi con le dimensioni reali delle parti. In un secondo momento i disegni sono stati appesi alle pareti in modo tale che lo zero della tavola corrispondesse al piano di calpestio dell’atelier. Davanti a quella coreografia dazebao di colore marrone, si è potuto effettuare una prima verifica architettonico-funzionale, scandagliando gli elementi non facilmente controllabili quando rappresentati in scala, come ad esempio: l’altezza di una traversa; di un parapetto; di uno zoccolino; o la posizione di una soglia; la grandezza di una finestra; la sporgenza di una gronda e così via. Si sono poi esaminati i dettagli, dapprima sulla rappresentazione grafica, per verificare se le linee rappresentative delle parti e dei materiali corrispondessero a un’ipotetica e realistica figurazione della fase costruttiva: questione non discutibile ed esente da bluff nella scala al vero. Sul modello realistico, infine, si è poi verificato l’effetto tridimensionale del lavoro svolto. In altre occasioni l’apprendimento è avvenuto tramite lo studio di casi. Attraverso le sezioni di edifici significativi e la puntuale esplosione dei pezzi che compongono l’insieme, si è riusciti a definire un percorso coerente e logico, che dimostra come la costruzione sia parte essenziale e inscindibile dell’architettura. Così come gli strumenti da disegno, le tecniche di rappresentazione del progetto si evolvono e si adattano ai nuovi mezzi. I sistemi digitali ci sorprendono giorno dopo giorno e algoritmi sempre più performanti esaminano lo spazio e l’astratta nuvola di punti che lo riempie. Forse l’elaborazione tridimensionale e il design computazionale, o la progettazione generativa fatta da macchine pensanti – che secondo il MIT saranno in grado di creare modelli unici che oltrepasseranno il pensiero umano – o chissà cos’altro ancora, soppianteranno questo antico metodo di raffigurazione che, da Imhotep in poi, ci ha fatto comprendere e amare l’architettura. 1-4 Estratti da: Numero 14 della rivista «Element», pubblicata dall’Association suisse des fabricants de briques et tuilles. 5-6 Esercizio studenti AR1, docente architetto Marta Monti. Foto Architettura SUPSI 7 Tesi, laureando Matteo Zendralli, docente architetto Emanuele Sauerwein. Foto Architettura SUPSI 7 SCUOL A UNIVERSITARIA PROF E S SIONALE SUPSI 13 5 6 Pietra, legno, metallo, acqua e fuoco. Voglia di natura nella cucina. TICINO MADE Valori puri dell’autentica tradizione Svizzera Valeurs pures de l’authentique tradition Suisse Echte Werte original Schweizer Tradition Pure value of authentic Swiss tradition Vibor SA Via ai Cioss, 6593 Cadenazzo (CH) www.vibor.ch [email protected] Tel. +41 (0)91 851 97 30 orari apertura: Lu - Ve: 8.00 - 12.00 / 13.30 - 18.00 Sa + fuori orario: su appuntamento DIARIO DELL’ARCHITE T TO 16 Milo Navone, l’ultimo degli «organici» Paolo Fumagalli Un omaggio a Milo Navone Con la morte di Milo Navone (Torino, 11 marzo 1933 - Viganello, 5 gennaio 2017) scompare l’ultimo architetto che fu tra i protagonisti di quel movimento apparso all’inizio degli anni Sessanta in Ticino: l’architettura organica. Un movimento che ha attraversato tutto il Novecento a fianco – o forse è più corretto dire in opposizione – all’altro movimento del Moderno, quello dell’architettura razionalista. Due movimenti, due modi di pensare l’architettura che allora caratterizzarono – e qualificarono direi – le ricerche e i dibattiti durante l’intero secolo, attraversando in diagonale le Avanguardie e sintetizzandosi in numerosi saggi, tra cui quelli pubblicati alla fine degli anni Trenta e Quaranta. Entrambi, il movimento razionalista e quello organico, hanno quindi radici che affondano nell’inizio del secolo e che – con un abuso di sintesi – hanno avuto soprattutto due protagonisti. Da un lato Le Corbusier (1887 - 1965), svizzero ma parigino di adozione, architetto, pittore, ricercatore, teorico e saggista del razionalismo. Il movimento organico ha invece in Frank Lloyd Wright, nato negli Stati Uniti, nel Wisconsin nel 1867, e morto a Phoenix nell’Arizona a 92 anni, il suo protagonista, architetto, designer, saggista. Due origini quindi profondamente diverse, così come la cultura in cui sono nati e dentro cui sono vissuti: quella europea di Le Corbusier, a contatto e in un intreccio con gli architetti e le avanguardie artistiche della Parigi di allora; quella 1 dell’America profonda di Wright, più chiusa, più individualista, vicino ad architetti e artisti e scrittori della Chicago di allora. Personalità e culture quindi differenti tra loro, così come la loro architettura. Ma entrambi protagonisti dalla forte personalità, entrambi infaticabili ricercatori e innovatori, entrambi promotori e coinvolti in ricerche sui materiali e sui metodi costruttivi. L’architettura organica di Wright Frank Lloyd Wright, sul finire dell’Ottocento, con la realizzazione di una serie di case unifamiliari a Chicago e nella vicina Oak Park, inizia un vero e proprio laboratorio progettuale. Dentro il quale passo dopo passo si ancorano quei principi progettuali che sono specifici della sua architettura domestica e del movimento organico. La comunione con la natura, architettura e natura in simbiosi, l’edificio è integrato nella natura. La casa è un luogo di rifugio per l’individuo, è introversa verso un centro, il camino: quale oggetto simbolico del cuore della casa. Ma gli spazi non sono introversi, e proprio dal suo centro (il camino) nasce un’ininterrotta continuità spaziale dilatata in orizzontale, modellata dalla dinamica dei muri interni, che va oltre i limiti dell’edificio, e complici i lunghi tetti e i loro spioventi questa continuità spaziale coinvolge le terrazze esterne, e nell’ideale wrightiano si estende ben oltre il giardino, nel paesaggio. Il tutto controllato, comunque, dall’ordine compositivo della geometria e dall’attenzione per i materiali costruttivi: la pietra, il mattone a vista, il legno. Questa è – raccontata brevemente – l’architettura organica relativa all’abitazione, che Wright svilupperà ulteriormente, fino a quello che è ritenuto il suo capolavoro e senz’altro il suo edificio più conosciuto: casa Kaufmann (1936) a Bear 2 Run in Pennsylvania, più nota come la Casa sulla cascata. Negli anni successivi realizza anche opere di maggior respiro, tra cui occorre citare almeno due edifici: il Museo Guggenheim (1959) a New York e quello che è il suo capolavoro, l’Amministrazione (1939) e i Laboratori (1950) della Johnson & Johnson a Racine nel Wisconsin. Dove le straordinarie qualità spaziali interne si saldano alle ondulate volumetrie esterne, e dove mattoni faccia a vista, passerelle incluse in tubi di vetro e alti pilastri a fungo confermano l’abilità e l’interesse di Wright per i materiali e la costruzione. 1-2 Case di vacanza sull’isola Vulcano nelle Eolie, facciata e pianta della casa grande. Fonte Archivio Architetti ticinesi 3 Case di vacanze sull’isola Vulcano nelle Eolie, pianta della casa piccola. Fonte Archivio Architetti Ticinesi 4-5 Case di vacanza sull’isola Vulcano nelle Eolie: fronte e pianta delle 10 case previste. Fonte Archivio Architetti Ticinesi 3 DIARIO DELL’ARCHITE T TO 17 4 L’architettura di Wright viene conosciuta in Europa nel 1910 specie per il successo della mostra a Berlino e il relativo catalogo Ausgeführte Bauten und Entwürfe. In anni più recenti, si tenne una mostra su Frank Lloyd Wright nel 1952 a Zurigo, preceduta da due conferenze dello stesso Wright nel 1950 e nel 1951. Milo Navone Milo Navone arriva a Lugano da Torino – dove è nato nel 1933 e ha conseguito il diploma di geometra nel 1954 – e nel 1955 entra nello studio di architettura di Tita Carloni e Luigi Camenisch, dove ri- mane fino alla fine d’aprile del 1956, lavorando agli esecutivi dell’Albergo Arizona e ad altri progetti. Rientra poi in Italia per gli obblighi militari e compie poi lunghi soggiorni di studio a Roma, Napoli, Parigi. Rientra in Ticino nel 1960 e lavora nello studio di Rino Tami per due anni, e dal 1962 al 1968 nello studio di Alex Huber. Navone è poi assunto nello studio di Leonardo Mosso, a Torino, dove si occupa dei progetti di Alvar Aalto che Mosso è chiamato a realizzare in Italia, e in particolare il Centro civico di Dronero. Il 1° agosto del 1969 Milo Navone si associa con Franco Ponti – che conobbe quando lavorò da Carloni – fondando lo studio Ponti e Navone, con cui negli anni successivi realizza la maggior parte delle sue opere. Quando si associa con Ponti, Navone ha alle spalle un’esperienza di lavoro straordinaria: lavorare in quei due decenni da Carloni, e poi da Tami, e ancora da Huber e infine da Mosso significa immergersi nelle discussioni, nei dibattiti e confronti attorno all’architettura di quel periodo, anni di straordinaria energia e vitalità. Il 1968 è una data che dice qualcosa, in questo senso. 5 DIARIO DELL’ARCHITE T TO 18 Nello studio Ponti e Navone nascono importanti progetti, di cui molti giungono a realizzazione, come – per citarne alcuni – casa Tettamanti a Castagnola (1971) e casa Tognola a Breganzona (1972) oggi sfigurata, come la magnifica casa Boillat a Vezia (1972), e poi casa Masoni ad Arogno (1975), casa Marchi a Porza (1973), casa Maurino a Biasca (1975), casa Cattaneo ad Aldesago (1976) e la casa dello stesso Navone a Viganello (1976). Architetture sensibili alla cultura e al contesto locale, tutte declinate nell’organicità dell’architettura domestica le cui radici affondano nei concetti di Wright. Architetture con la pietra a dettare gli elementi fondanti il progetto, e il legno a esprimere le facciate e ad avvolgere gli spazi interni. E il legno ancora per gli arredi fissi interni – parti costituenti il progetto. E tutto con straordinaria cura dei dettagli e sapere del costruire. Il 31 maggio 1979 si scioglie il sodalizio professionale con Franco Ponti, e Navone avvia un’attività indipendente, prima a Lugano, poi a Viganello. Dove muore, nella casa che ha costruito per sé e la sua famiglia, il 5 gennaio 2017. Nelle Eolie, sull’isola Vulcano Un progetto che Milo Navone, quando ancora era associato a Ponti, sviluppò nel 1975, e che deriva da una sua iniziativa e va ascritto in gran parte alla sua mano, è quello delle case di vacanza sull’isola Vulcano, nelle Eolie. Mai realizzato, del progetto rimangono i magnifici disegni, dalla pianta e facciate dell’insieme delle 10 case previste – cinque per lato in una disposizione a L – alle piante e sezioni e facciate delle due tipologie abitative, l’una più ridotta per ospitare fino a quattro persone, l’altra con una superficie più generosa, per otto persone. Emergono dal progetto con estrema chiarezza i temi propri dell’architettura organica, così come privilegiata da Navone – in tandem con Ponti. È un progetto di grande valore, dire che è esemplare è la parola giusta: per il concetto che lo sorregge, per l’idea spaziale che contiene. Il muro ne è il protagonista: è massiccio, in pietra, dove la pietra non è solo il radicamento dell’edificio al suolo, ma è ben di più. Perché è proprio il muro nelle sue diverse declinazioni che determina il progetto, ne è l’ossatura, l’impalcatura, fissa l’ordine geometrico attorno a cui tutto si svolge. È un progetto costruito sul minimalismo concettuale, quello di due muri a U e quattro pilastri (nella casa piccola), oppure di due muri a U, due pilastri e quattro frammenti murari (in quella grande). Con sopra un tetto. Fatto, il progetto è concluso. Dentro questo minimalismo concettuale si nasconde l’idea spaziale: se i muri a U avvolgono al loro interno l’intimità del singolo, essi definiscono anche (nell’edificio maggiore) un unico spazio che si estende fino ai due estremi, un «corridoio spaziale» che attraversa l’intera abitazione, che spalanca l’interno verso l’esterno, verso i due lati opposti, verso il portico e la terrazza e il paesaggio, e il mare lontano. Le utopie sono oramai tramontate da un pezzo Oggi non si discute più di razionalismo o di architettura organica, il tempo delle teorie e delle visioni e delle utopie è oramai tramontato da un pezzo. E poi, l’architettura organica, così come intesa allora, è scomparsa. E probabilmente oggi non avrebbe nemmeno più senso discutere dei temi di allora, di razionale e organico. I temi oggi sono – o dovrebbero essere – altri. Perché quella natura, Meno preoccupazioni per i lavoratori indipendenti L’assicurazione per imprenditori della Suva tutela i lavoratori indipendenti dalle conseguenze economiche di eventuali infortuni sul lavoro, malattie professionali o infortuni nel tempo libero. Tra l’altro, la copertura assicurativa può essere estesa anche ai familiari che lavorano nell’azienda senza percepire uno stipendio soggetto ai contributi AVS. Per maggiori informazioni visitate il sito www.suva.ch/afi. o e n ti v prev n u 0 te iede 8 820 82 Rich 4 8 0 a ll o quel paesaggio dentro il quale le architetture dovevano confrontarsi o immergersi, non esiste più. Non solo i dintorni, non solo la valle, ma anche il monte lontano sono antropizzati, nulla è più naturale. O forse anche allora la natura naturale non esisteva, era solo dentro di noi. Alberto Caruso La sezione è la rappresentazione ottenuta secando il manufatto progettato con un piano verticale. Anche la pianta è ottenuta secando il medesimo manufatto, con un piano orizzontale. Ma essa non è considerata oggi alla stessa stregua della sezione. Mentre la sezione è lo strumento per indagare e descrivere la sostanza costruttiva degli edifici, è lo strumento adottato e utilizzato da coloro che si occupano della cultura e dell’esecuzione della costruzione, la pianta ha invece un valore più universale, è una modalità di rappresentare e comunicare la forma degli spazi conosciuta e compresa da tutti. Quando è tale, è espressa in termini sommari, sintetici, che non riproducono la complessità delle parti costruttive secate. La pianta offerta ai clienti dalle società immobiliari viene letta e assume senso perché è integrata dal disegno degli arredi, gli unici elementi in grado di fornire la misura e di prefigurare la sensazione degli spazi. Tuttavia, tutte le più importanti definizioni di pianta, che leggiamo nei racconti della storia dell’architettura, prevedono una relazione di necessità con la sezione, senza la quale la pianta perde grande parte della sua sostanza rappresentativa. Quando la cultura della costruzione era una cultura unitaria, prima della separazione avvenuta nel XIX secolo tra le conoscenze tecniche e quelle estetiche, pianta e sezione erano due aspetti della medesima rappresentazione. Ne I quattro libri dell’architettura di Andrea Palladio, la pianta dei fabbricati descritti è accoppiata a un fronte e a una sezione, tracciata secando il fabbricato nella parte spazialmente più significativa. I protagonisti del movimento moderno, fin dal suo inizio, hanno sostenuto la necessità di ricostruire l’unità delle conoscenze nella concezione del progetto di architettura. Come sostiene anche Luca Ortelli nel testo che ospitiamo, è con il Raumplan di Adolf Loos che il progetto diventa progetto di spazio, e la pianta e la sezione riacquistano assoluta necessità vicendevole: «Quando a Stoccarda cercai di partecipare all’esposizione con una mia casa, mi fu decisamente negato. Avrei avuto qualcosa da mostrare, cioè un’abitazione i cui locali fossero distribuiti nello spazio e non sul piano, come è stato fatto finora sovrapponendo un appartamento all’altro. Grazie a questa soluzione, avrei consentito all’umanità di risparmiare parecchio tempo e lavoro sulla via del progresso…». Nei progetti loosiani più significativi, si rompe la meccanica sovrapposizione condominiale degli alloggi e la terza dimensione si impone, attraverso la rappresentazione di pianta e sezione. Sarà poi con Le Corbusier che la sezione verticale diventa protagonista anche del progetto urbano, quando il suolo della città viene pensato a strati, su più livelli, come nelle visioni e nei progetti di seguito raccontati da André Bideau. Progettare in sezione è la chiave, in questo numero di Archi, per illustrare architetture recenti, a cominciare da quelle degli zurighesi Giuliani e Hönger, che hanno fatto della sezione verticale il centro della loro poetica architettonica già dall’eccellente Fachhochschule Sihlhof, del 2003. Tra i progetti pubblicati, l’edificio di Mario Botta ospita la doppia altezza del suo studio, utilizzando la complessa planivolumetria per realizzare lo spazio urbano di ingresso al nucleo di Mendrisio, mentre i piccoli edifici di Stefanie Hitz e di Davide Macullo sono validi esercizi di fluidità spaziale. Ci interessa, infine, trasmettere ai lettori qualche riflessione sulla residenza a Solduno di Buzzi Architetti, che ci sembra un’interpretazione aggiornata del Raumplan loosiano. Facendo le dovute proporzioni tra la potenza espressiva delle esemplari modulazioni spaziali della casa di Tristan Tzara di Loos e l’effetto della compressione ed estensione provocate dai piccoli dislivelli degli alloggi di Solduno, bisogna riconoscere a questo progetto il coraggio di avere rotto il criterio aggregativo degli alloggi, che il mercato e i costumi costruttivi hanno consolidato da decenni. L’esperimento ha il merito di aprire, nel vivace Laboratorio Ticino, una ricerca stimolante sull’abitazione borghese e sulla densità urbana. Nel contempo, osserviamo come il rivestimento in pannelli di mattoni di cotto, proposto dallo studio locarnese che ha fatto della sperimentazione la cifra del suo lavoro, ci lascia invece perplessi sulla direzione della ricerca, che ci sembra contrasti con il rigore dell’ispirazione loosiana. Come osservava l’allievo e biografo di Loos Heinrich Kulka, gli spazi a seconda del loro scopo hanno dimensioni diverse ma anche altezze diverse e «…Loos riesce così, con gli stessi strumenti edilizi a creare più superficie abitabile, perché in questo modo ospita nello stesso cubo, tra gli stessi muri esterni, più spazi». La novità della ricerca loosiana è l’affermazione della parsimonia dei mezzi sia economici che espressivi. EDITORIALE PROGE T TARE IN SE ZIONE 19 La sezione e il Raumplan di Loos «Prima di Kant, l’umanità non poteva ancora pensare nello spazio e gli architetti erano costretti a fare il gabinetto alto quanto il salone. Soltanto dividendo tutto in due potevano ottenere locali più bassi. E come un giorno l’uomo riuscirà a giocare a scacchi su un cubo, così anche gli altri architetti risolveranno il problema della pianta nello spazio». Adolf Loos, 1929 1 EDITORIALE PROGE T TARE IN SE ZIONE 20 Der Schnitt und der Raumplan von Loos Alberto Caruso «Vor Immanuel Kant konnte die menschheit noch nicht im raum denken, und die architekten waren gezwungen, die toilette so hoch zu machen wie den saal. Nur durch die teilung in die hälfte konnten sie niedrige räume gewinnen. Und wie es einmal der menschheit gelingen wird, im kubus schach zu spielen, so werden auch die anderen architekten künftig den grundriß im raume lösen». Adolf Loos, 1929 Der Schnitt ist die Darstellung, die man erhält, wenn man das Bauvorhaben vertikal durchschneidet. Auch der Grundriss wird nach dem gleichen Prinzip erstellt, wenn man das Bauvorhaben horizontal teilt. Doch dem Grundriss kommt heute nicht die gleiche Bedeutung zu wie dem Schnitt. Mit dem Schnitt wird die Bausubstanz eines Gebäudes untersucht und beschrieben – er ist das Instrument derjenigen, die sich mit der Kultur und der Ausführung des Baus befassen. Der Grundriss hat dagegen einen allgemeingültigeren Wert. Mit ihm wird die bekannte und für alle verständliche Form der Räume dargestellt und kommuniziert. Wenn er diesem Zwecke dient, dann ist er so kurz und knapp dargestellt, dass die Komplexität der Bauteile, durch die sich der Schnitt zieht, nicht wiedergegeben wird. Der Grundriss richtet sich an die Kunden von Immobilienunternehmen. Seine Bedeutung und sein Verständnis gehen auf die Tatsache zurück, dass er durch die Zeichnung der Einrichtungsgegenstände vervollständigt wird. Dies sind die einzigen Elemente, die dem Betrachter ein Gefühl für die Grössenverhältnisse und die Wahrnehmung des Raums geben können. Alle wichtigen Definitionen des Grundrisses, die wir in der Architekturgeschichte lesen, erfordern jedoch eine Beziehung zum Schnitt, ohne den der Grundriss einen Grossteil seiner Aussagekraft verliert. Als die Kultur des Bauens noch eine einheitliche Kultur war, also vor der im 19. Jahrhundert erfolgten Trennung zwischen technischem und ästhetischem Wissen, waren der Grundriss und der Schnitt zwei Aspekte der gleichen Darstellung. In den Vier Büchern der Architektur von Andrea Palladio wird der Grundriss der beschriebenen Gebäude mit einer Front und einem Schnitt kombiniert, der das Gebäude an der räumlich bedeutungsvollsten Stelle durchteilt. 2 Die wichtigsten Vertreter des Neuen Bauens waren von Anfang an der Auffassung, dass dieses Wissen bei der Konzeption von architektonischen Vorhaben wieder vereint werden muss. Auch Luca Ortelli bestätigt in dem in diesem Heft abgedruckten Text, dass der Entwurf mit dem Raumplan von Adolf Loos zum Raumprojekt wird und Grundriss und Schnitt eine Beziehung der absoluten gegenseitigen Notwendigkeit eingehen: «Denn als ich es in Stuttgart versuchte, auch ein haus ausstellen zu dürfen, wurde mir dies rundweg abgeschlagen. Ich hätte etwas auszustellen gehabt, nämlich die lösung einer einteilung der wohnzimmer im raum, nicht in der fläche, wie es stockwerk um stockwerk bisher geschah. Ich hätte durch diese erfindung der menschheit viel arbeit und zeit in ihrer entwicklung erspart.» In den wichtigsten Projekten von Loos wird mit der mechanischen Übereinander-Anordnung der Wohnungen gebrochen. Eine dritte Dimension behauptet sich dank der Darstellung durch Grundriss und Schnitt. Mit Le Corbusier erobert der vertikale Schnitt auch im städtebaulichen Vorhaben eine führende Rolle, wenn der Boden der Stadt wie in den in diesem Heft von André Bideau erzählten Visionen und Projekten schichtweise auf mehreren Ebenen gedacht wird. Entwerfen im Querschnitt ist der Blickwinkel, aus dem wir in diesem Archi-Heft jüngere Bauvorhaben betrachten, angefangen bei denen der Zürcher Giuliani und Hönger, die den vertikalen Schnitt bereits seit der herausragenden Fachhochschule Sihlhof aus dem Jahr 2003 zum Inhalt ihrer architektonischen Poetik gemacht haben. Unter den veröffentlichten Bauten zeichnet sich das Gebäude von Mario Botta durch die doppelte Höhe des Studios aus, wobei der komplexe Massenplan genutzt wird, um den städtischen Raum am Ortseingang von Mendrisio zu gestalten, während die kleinen Gebäude von Stefanie Hitz und Davide Macullo gute Übungen für räumliche Kontinuität sind. Weiterhin möchten wir mit unseren Lesern einige Gedanken über das Wohnhaus in Solduno von Buzzi Architetti teilen, das als aktuelle Interpretation des Raumplans von Loos daherkommt. Rückt man die Ausdruckskraft der vorbildhaften räumlichen Modulation des von Loos entworfenen Hauses von Tristan Tzara und die Wirkung von Kompression und Ausweitung durch die kleinen Höhenunterschiede der Wohnungen in Solduno ins richtige Verhältnis, muss man anerkennen, dass dieses Projekt den Mut hatte, mit dem aggregierenden Kriterium der Wohnungen zu brechen, die der Markt und die Baugewohnheiten seit Jahrzehnten konsolidiert hatten. Das Experiment öffnet im lebhaften Labor Tessin eine spannende Debatte über den bürgerlichen Wohnraum und die urbane Dichte. Gleichzeitig stellen wir fest, dass die Backsteinplattenverkleidung des Büros aus Locarno, das für seine experimentelle Arbeit bekannt ist, uns über die Stossrichtung der Suche im Unklaren lässt, die im Gegensatz zu dem strengen Ansatz nach Loos zu stehen scheint. Heinrich Kulka, Schüler und Biograf von Loos, stellt fest, dass Räume je nach Zweck nicht nur unterschiedliche Grössen, sondern auch unterschiedliche Höhen haben und «… es Loos so gelingt, mit den gleichen baulichen Instrumenten mehr Wohnraum zu schaffen, denn auf diese Weise entsteht in dem gleichen Würfel, innerhalb der gleichen Aussenmauern, mehr Raum». Die Neuheit der Suche von Loos ist das Sich-Behaupten der wirtschaftlichen und formsprachlichen Sparsamkeit der Mittel. 1 Adolf Loos, Casa Tzara, Parigi 1926. Fonte renatosantoro2015.wordpress.com 2 Adolf Loos, Casa Tzara, Parigi 1926. Sezione. Fonte urbipedia.org PROGE T TARE IN SE ZIONE 21 La sezione sotto lo skyline L’urbanistica stratificata della Défense André Bideau Storico e teorico dell’architettura, professore all’Accademia di architettura di Mendrisio e alla Harvard Graduate School of Design L’urbanistica viene concepita innanzitutto in termini di piani e volumi, programmazione, zonizzazione e circolazione. Meno evidente appare il ruolo di motore della forma urbana rivestito dalla sezione architettonica, la quale ha un carattere discreto e quasi nascosto, lontano se non addirittura opposto alla concezione del progetto architettonico convenzionale. Quando si considera il rapporto tra sezione e città, si è costretti a pensare a spazi nascosti, a infrastrutture di servizio o a sistemi obsoleti – ruderi, reti di strutture abbandonate o ormai superflue – che nonostante tutto possono avere una loro rilevanza e rappresentare persino un’eroica impresa ingegneristica, ma che per un caso del destino o un mutamento della pubblica opinione non vengono mai ultimati o risultano compromessi. Ne è un esempio il mondo sotterraneo della Zürich Hauptbahnhof, dove la stazione di una linea della metropolitana e la galleria di una futura arteria stradale hanno assunto entrambe una funzione diversa da quella progettata. Il livello del suolo cittadino diventa quasi una barriera posta dal caso in una stratificazione funzionale in cui la sezione verticale solleva la questione di cosa si voglia rendere visibile e cosa invece debba rimanere nascosto. La sezione urbana regola questo rapporto nella stessa misura in cui cela la sovrapposizione di attività dell’ambito civico. Tale organizzazione evidenzia il tema della contrapposizione tra ciò che è nascosto e ciò che è presentabile: delle modalità con cui le eredità architettoniche sono soggette a severi protocolli di conservazione. E questi ultimi rimandano spesso a un atto drastico di sventramento che fa dell’architettura un’espressione di arte civica al di sopra delle infrastrutture sotterranee. L’infrastruttura dalla tradizione Beaux-Arts al superblock La città nuova di Antonio Sant’Elia (1914) celebrava l’integrazione verticale in un nodo infrastrutturale di tipo monumentale che riuniva ferrovia, aeroporto e traffico veicolare; le sue prospettive disegnavano un’architettura fortemente stimolata da un apparato circolatorio e davano risalto formale al collegamento tra le varie componenti funzionali. Non si può disgiungere la visione di Sant’Elia da quell’evento sensazionale che fu la realizzazione del Grand Central Terminal, ultimato l’anno prima a New York e divenuto famoso grazie alle prospettive del progetto pubblicate in tutto il mondo. Con l’avvento della trazione elettrica la New York 1 Stazione della Linea A della RER nel 1969 poco dopo l’inaugurazione. Fonte archivio Defacto, La Défense 1 PROGE T TARE IN SE ZIONE 22 Central Railroad cominciò a trasformare il loro punto di arrivo. La grandiosa tettoia venne sostituita da una struttura sotterranea che portò un considerevole incremento del traffico passeggeri. Si costruì poi un super-isolato orizzontale di 44 banchine disposte su due livelli, al di sopra dei quali la compagnia ferroviaria ebbe l’opportunità di attuare una vasta operazione immobiliare: il complesso sorto in Park Avenue sopra ad una megastruttura d’acciaio nascosta, primo esempio di sfruttamento dello spazio aereo nella storia dell’urbanistica, abbracciava la futura sede dell’Hotel Waldorf-Astoria, palazzi di uffici, un grande ufficio postale e, al centro, una serie di spazi pubblici in stile Beaux-Arts dedicati ai passeggeri. Il cosiddetto «corpo» della stazione, caratterizzato da un atrio grandioso, mediava abilmente fra il sottosuolo elettrificato e la movimentata città in superficie, nell’area che all’indomani della prima guerra mondiale sarebbe diventata «Midtown Manhattan». Il Grand Central Terminal progettato da Warren & Wetmore simboleggiò l’arrivo della rete ferroviaria continentale nella sconfinata scacchiera urbana. L’ingresso trionfale di 42nd Street era – ed è tuttora, miracolosamente – un point-de-vue unico, affine alle moderne porte cittadine che Napoleone III aveva voluto creare nella Parigi del Secondo Impero ristrutturando le stazioni ferroviarie. La massiccia riorganizzazione del paesaggio urbano operata a Manhattan tramite l’impresa immobiliare privata era di fatto piuttosto simile all’opera di rinnovo intrapresa un secolo prima dal barone Haussmann. La capitale francese occupa in effetti una posizione di spicco nella tradizione del rifacimento cittadino incentrato sulla sezione architettonica. La mappatura catastale di Parigi, avviata nel 1853 dopo la nomina di Haussmann a prefetto della città, fu la premessa che preparò la via a un ripensamento dell’organizzazione urbana in termini di sistemi infrastrutturali sovrapposti. Ciò consentì di estendere al sottosuolo i cosiddetti grands travaux attraverso vasti interventi per la fornitura di acqua potabile, gas e fognature. Le gallerie a volta della rete fognaria anticipavano quelle di un altro sistema di vitale importanza per la capitale francese, il sistema della ferrovia metropolitana, inaugurato alla vigilia della Éxposition Universelle del 1900: non a caso, le gallerie delle prime linee del métro parigino hanno la stessa sezione della volta costruita sopra Canal St. Martin negli anni Sessanta dell’Ottocento. I sistemi infrastrutturali sotterranei lasciarono campo libero a un processo di estetizzazione della superficie fondato su un caratteristico coordinamento delle altezze degli edifici. Così come le geometrie altamente formalizzate della pianta urbana, anche la sezione verticale fu essenziale per ripensare Parigi come una moderna entità reticolare. Con Haussmann, l’intervento urbanistico si basò sulla logica della zonizzazione e dell’igienizzazione e i costruttori poterono contare sulla presenza stratificata di infrastrutture per i loro imponenti progetti edilizi. I grands travaux favorirono la nascita di un rapporto fra la tecnocrazia del settore pubblico e il settore privato. A un secolo di distanza, il coordinamento fra intervento statale ed edilizia privata è tornato a concretizzarsi nel progetto della Défense, incontro di modernità e tecnocrazia, esportate dal centro di Parigi alla sua periferia occidentale con la fondazione di un quartiere di uffici e di attività commerciali: un quartiere nato per decreto, che nel proprio skyline dà una dimostrazione del potere del mondo imprenditoriale francese, da sempre in intima relazione con lo Stato. 2 3 4 5 PROGE T TARE IN SE ZIONE 23 Meno nota dei suoi grattacieli è la condizione del suolo da cui La Défense dipende.1 Le torri di uffici, che configurano un superblock (superisolato) con un’immensa piazza pedonale, sono sostenute da una complessa sezione infrastrutturale. L’organizzazione assiale prende le mosse da un piano di sviluppo del 1964 ed è un incrocio fra lo scenario urbano stile Beaux-Arts e le astrazioni della Carta d’Atene. In sostanza, il superblock postbellico rappresenta la crosta che ricopre vari sistemi circolatori strategicamente raggruppati tra Parigi e la sua vasta periferia; ma pur essendo in pratica un edificio multipiano, in quanto manufatto esso resta invisibile. Questo basamento del centro direzionale, vetrina della Francia, è stato alimentato con investimenti pubblici ogni volta che una crisi economica minacciava di bloccarne i lavori. Si può dire che il plinto lineare che lo organizza sia un «monumento continuo». Intorno alla sua sezione estrusa, le torri si innalzano come elementi di uno scenario architettonico che possono essere fiorenti ma anche in decadenza, com’è accaduto per alcune torri di uffici della prima generazione, che sono state sostituite o sventrate fino a risultare irriconoscibili. Un’immagine nuova per la cultura degli affari L’allungamento dello storico asse est-ovest della capitale francese era già stato l’obiettivo di un concorso indetto nel 1931 per collegare Nanterre a Porte Maillot con un boulevard che arrivasse fino a St. Germain.2 L’idea di una porta trionfale nella zona ovest di Parigi fu rivisitata all’inizio degli anni Cinquanta con considerazioni analoghe a quelle che a Roma avevano ispirato la creazione dell’EUR per coniugare un’esposizione universale con un centro direzionale e culturale. L’instabilità politica della Quarta Repubblica e la guerra d’Algeria indussero però ad abbandonare entrambi i progetti.3 Alla fine del decennio, tuttavia, lo sviluppo edilizio compì un salto qualitativo che ha portato all’ideazione di un puro quartiere d’uffici il cui massimo potenziale fosse assicurato da una pianificazione tecnocratica del sito. L’esteso superblock lineare così concepito si focalizzava sull’accesso e sulla distribuzione dei pendolari all’interno di una struttura orizzontale integrata. Sopra l’articolato piano orizzontale, il progetto prevedeva la realizzazione di una serie ripetitiva di torri d’uffici su entrambi i lati della piazza pedonale. Dal punto di vista estetico, le torri si allontanavano drasticamente dal tessuto architettonico della capitale francese, rimasta inviolata dalla seconda guerra mondiale e dunque ancora caratterizzata per lo più da palazzi commerciali ottocenteschi. L’immeuble haussmanniano era denso e verticalmente integrato, e si differenziava nel rapporto con la strada parigina. Tuttavia, la sua mancanza di flessibilità fu vista come antitetica rispetto al carattere fordista di un quartiere monofunzionale occupato da uffici. L’eleganza commerciale della strada uniformata di Haussmann si trasferiva adesso a un’architettura di spazi aperti fedele ai principi dell’International Style. La Défense, con le sue sedi societarie torreggianti sopra una spina infrastrutturale, aspirava appunto all’apertura. Considerato il tessuto suburbano esistente, ciò significava un tipo di urbanistica «copia-incolla» affine agli innesti che avevano contraddistinto molti interventi di Haussmann: facciate di boulevard applicate come un sottile strato di modernità sopra quartieri sgradevoli alla vista. Una conseguenza tipica dei tagli chirurgici operati a Parigi su immobili degradati o semi-urbani è stata una prima forma di gentrificazione, che ha spinto altrove ampi segmenti della popolazione. Ma cos’è stato eliminato via via che il superblock della Défense prendeva forma? Agli inizi degli anni Sessanta era ancora ben visibile il 6 7 2 Antonio Sant’Elia, La città nuova (1914). Fonte Luciano Caramel e Alberto Longatti, Antonio Sant’Elia. L’opera completa, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1987 3 Warren & Wetmore / Reed & Stem: Grand Central Terminal, New York (1903-1913), disegno della sezione. Fonte «Scientific American», 7 dicembre 1912 4 Il Canale St. Martin racchiuso da una volta (1860-62). Fonte Jean Des Cars e Pierre Pinon, Paris-Haussmann: «le pari d’Haussmann», Éd. du Pavillon de l’Arsenal, Paris 1991 5 Puteaux e Courbevoie durante i lavori di costruzione del superblock e dell’anello stradale della Défense, con a sinistra il palazzo del CNIT (1971). Fonte archivio Defacto, La Défense 6 Edifici da demolire e torre in costruzione da cui è visibile il futuro livello del suolo (1967). Fonte Paris-la Défense, Métropole européenne des affaires, Editions du Moniteur, Parigi 1987 7 Bidonville nelle vicinanze del Rond Point de la Défense, sullo sfondo il palazzo del CNIT, fine anni Cinquanta. Fonte archivio Defacto, La Défense Rond Point con la statua di Louis Barrias del 1883 che commemorava l’assedio di Parigi del 1870, e la difesa della città da cui il centro direzionale ha preso il nome. Come si nota da immagini aeree, tuttavia, adiacenti alla rotonda si trovavano realtà dimensionali assolutamente disparate: un tessuto suburbano eterogeneo caratterizzato da padiglioni, botteghe, piccole fabbriche, cimiteri, caseggiati e bidonville che durante la guerra d’indipendenza dell’Algeria divennero i più grandi insediamenti informali del paese. A seguito del conflitto civile, tanti profughi giunti nella madrepatria avevano cercato rifugio nella periferia scarsamente regolamentata della capitale e un’area del genere era sorta fra Nanterre e Courbevoie, nelle immediate vicinanze del Rond Point de La Défense. La crisi algerina non solo diede il via a una consistente migrazione che interessa tuttora la periferia urbana francese: spianò anche la strada a riforme istituzionali che riformularono il rapporto fra Parigi e i suoi sobborghi con interventi infrastrutturali varati nella Quinta Repubblica del generale De Gaulle.4 Quest’ultimo salì al potere nell’ottobre del 1958, PROGE T TARE IN SE ZIONE 24 quando un fallito colpo di stato militare ad Algeri rese inevitabile la riduzione delle ostilità. La costituzione redatta in seguito dal nuovo governo sancì la nascita della Quinta Repubblica, che diede rinnovato vigore allo Stato centrale. In questo processo di consolidamento rientrava la creazione dell’EPAD, l’Etablissment public pour l’aménagement de La Défense, un ente pubblico che aveva l’autorità di confiscare e rivendere proprietà fondiarie lungo il futuro asse della Défense. Istituito per aggirare strategicamente le amministrazioni di Nanterre, Courbevoie e Puteaux, l’EPAD ha svolto un ruolo essenziale nell’opera di persuasione che ha portato varie società francesi a trasferire alla Défense la propria sede centrale.5 L’ente, che aveva pieno controllo dell’apparato pubblico, ha unito in una imponente operazione svariate imprese del settore immobiliare privato. E grazie a questo più potente strumento di programmazione è stato possibile esportare da Parigi ai sobborghi la tradizione dell’assainissment, cioè della riqualificazione urbana su grande scala. Per attirare gli investimenti privati verso luoghi specifici, sotto la Quinta Repubblica sono stati adottati metodi nuovi di intervento statale in cui il progetto, per mezzo della sezione verticale, risultava essenziale. Ciò è avvenuto non solo nella periferia, ma anche in progetti di risanamento come quelli della stazione di Montparnasse o del Front de Seine, iniziative coordinate di vaste proporzioni nelle quali è stato sempre introdotto il superblock sopraelevato. Questi progetti, che prevedevano la sovrapposizione di un suolo artificiale sul territorio urbano, adeguavano all’epoca attuale l’eredità lasciata dalla Carta d’Atene. Il piano di sviluppo della Défense messo a punto nel 1964 da Camelot, De Mailly e Zehrfuss stabiliva la separazione fra traffico veicolare e traffico pedonale, declassando con ciò le vie locali esistenti. Sotto la piazza pubblica il superblock raggruppava un terminal degli autobus, un parcheggio, una stazione della RER (Réseau express régional) e – in seguito – del métro, come pure l’arteria che collega Parigi alla sua periferia ovest e, al di là di questa, alla Normandia. La piattaforma, congiungendo queste infrastrutture, mette in relazione La Défense con la dimensione regionale e con quella nazionale. Collegamenti sottotraccia La creazione di un centro direzionale è stata strategica ai fini della riorganizzazione dell’Île-de-France. Insieme alle villes nouvelles, all’aeroporto di Roissy e alla nuova rete ferroviaria pendolare della RER, La Défense occupava un posto di rilievo nel piano di sviluppo regionale varato dal governo francese nel 1965, che a sua volta ha portato allo sventramento dell’area di Les Halles nel centro di Parigi, per far posto al nodo sotterraneo di tutte le future linee della RER. La stazione di Châtelet-Les Halles, interrata a notevole profondità sotto gli ex mercati generali, è stata collegata al cuore della città tramite un centro commerciale multipiano sopra il quale sarebbero dovuti sorgere alti palazzi di uffici. Ma a seguito di un intervento presidenziale e della recessione che ha colpito il paese alla metà degli anni Settanta, il previsto sfruttamento edilizio dello spazio aereo sopra il centro commerciale di Les Halles ha ceduto il posto alla realizzazione di un parco pubblico. Ultimati nel 1977, il Forum des Halles e la sottostante stazione di treni pendolari sono diventati il punto d’accesso alla capitale per molti abitanti della periferia diseredata. In quanto nodo centrale di interscambio per l’intero sistema della RER, Châtelet-Les Halles ha fatto conoscere ai parigini un sottosuolo infrastrutturale radicalmente modernizzato, del quale La Défense rappresentava il polo occidentale. Qui l’infrastruttura ferroviaria ha partorito un segno urbano 8 9 visibile, via via che lungo il superblock sono sorti edifici multipiano sempre più numerosi. Ma in entrambi i siti si è delineato un rapporto problematico tra infrastruttura dei trasporti, progettazione commerciale e ambito pedonale di superficie. Parecchi tentativi sono stati fatti per vivacizzare lo spazio civico fantasma che fino al 1971 era stato occupato dal mercato coperto di Victor Baltard, ultimo dei quali il progetto Canopée concepito da Patrick Berger e Jacques Anziutti, inaugurato un anno fa.6 Analogamente, l’assenza di un sistema di attività compromette il superblock della Défense a livello identitario: gli spazi ferroviari, metropolitani e commerciali che si estendono a strati sotto l’immenso spazio aperto del quartiere non contribuiscono granché ad animare la piazza pedonale sopraelevata. Proprio a causa della sezione sopraelevata, il superblock dà le spalle agli adiacenti quartieri di Nanterre, Puteaux e Courbevoie e questa segregazione, tanto verticale quanto orizzontale, viene accentuata dall’anello stradale che gira intorno al quartiere di uffici, scaricando impiegati e consegne nella cavernosa sottostruttura individuata dalla sezione stessa. Mentre la rinascita sotterranea del Grand Central Terminal ha favorito la formazione di una grandiosa di- 8 Planimetria risalente alla fase iniziale, con il CNIT da poco ultimato (1958): si conservano il Rond Point de la Défense e l’Avenue du Général de Gaulle, mentre il superblock rialzato è ancora di là da venire. Fonte archivio Defacto, La Défense 9 Robert Camelot, Jean de Maillu, Bernard Zehrfuss: progetto di massima approvato della Défense con grattacieli lungo il superblock rialzato (1964). Fonte archivio Defacto, La Défense 10 Il futuro centro commerciale parigino del Forum Les Halles con la stazione di interscambio della RER. Fonte archivio Defacto, La Défense 11 Sezione trasversale della piattaforma rialzata del superblock. Fonte archivio Defacto, La Défense 12 Piattaforma pedonale rialzata con l’Immeuble Esso al centro (Jacques Gréber, 1963). Fonte archivio Defacto, La Défense PROGE T TARE IN SE ZIONE 25 mensione civica nel Midtown di Manhattan, il superblock della Défense ha avuto effetti ambivalenti. Paradossale è stata l’eclissi di due delle sue primissime strutture: l’elevazione artificiale del suolo ha compromesso infatti le sorti del palazzo delle esposizioni con copertura a volta del CNIT, il Centre des nouvelles industries et technologies (Bernard Zehrfuss, Robert Camelot, 1959), e del palazzo di uffici dell’Immeuble Esso (Jacques Gréber, 1963). Questi due edifici trasparenti erano stati ultimati prima che fosse varato il piano di sviluppo del 1964 e si rapportavano dunque al livello del suolo esistente; la zona pedonale rialzata di 6 metri ha però sommerso visivamente entrambi. La sede della Esso, primo edificio francese con curtain wall e risposta alla Lever House di S.O.M., è stata circondata da un fossato profondo 7 metri con funzione di parcheggio, uno spazio per cui si è reso necessario costruire un ingombrante ponte pedonale che collegasse l’Immeuble con la piazza sopraelevata. Nel 1971 il muro cieco che cingeva il superblock, ribattezzato «muro del pianto» dai dipendenti della Esso,7 è stato trasformato in una incisione monumentale dall’artista Vincent Guiro. Ma già all’inizio degli anni Novanta la Esso aveva venduto il complesso a un costruttore che successivamente lo ha demolito. Con l’evolversi del contesto in cui era sorto, anche il CNIT è diventato obsoleto. Ideato negli anni Cinquanta con l’ambizione di sbaragliare la cupola rivale del Grand Palais sugli Champs Elysées, questo spazio spettacolare non ospitava più fiere commerciali già negli anni Ottanta; la sua sezione e le sue attività hanno dunque subito una metamorfosi, tant’è che oggi il salone con la volta triangolare funge essenzialmente da accesso sotterraneo all’adiacente centro commerciale Quatre Temps. La parte superiore della cupola è stata invece colonizzata dall’Hilton Paris La Défense a partire dal 1988. Si sta lavorando per potenziare la sezione verticale del complesso in vista dell’inaugurazione della fu- 10 11 12 PROGE T TARE IN SE ZIONE 26 tura linea E della RER e della sua stazione La Défense, prevista per il 2020; la linea passerà direttamente sotto il CNIT e sfrutterà l’immagine simbolo della sua cupola. Il tratto più profondo dell’infrastruttura ferroviaria andrà a incrementare la connettività della Défense su scala internazionale, poiché la linea E della RER stabilirà un collegamento diretto con i treni Eurostar in partenza dalla Gare du Nord per Londra e Bruxelles. Con l’aumento costante degli elementi infrastrutturali calati nelle profondità della Défense, il superblock sembra sempre più una copertura che uno spazio urbano. Pur nella sua monumentalità, appare in qualche modo un residuato, popolato di elementi scultorei e paesaggistici ma privo di una sua vera funzione. La Défense, omaggio tardivo alla Carta d’Atene, ha facilitato l’evolversi di un’ipertrofia urbana: non solo il suolo estruso ha soffocato il CNIT e l’Immeuble Esso, ma le torri inserite successivamente nel superblock si sono imposte sempre più come volumi immobiliari autonomi, accentuando con la propria introversione l’indeterminatezza dello spazio esterno. Un incubatore L’isolamento fisico della Défense si replica in un isolamento discorsivo, perché l’architettura degli uffici non ha mai ricevuto grandi attenzioni da parte del discorso architettonico francese. Dallo stile Beaux-Arts e dall’International Style al postmodernismo e al neomodernismo, La Défense è sempre stata un terreno di prova deideologizzato per le modernità intercambiabili legate al capitale finanziario. E, incoraggiata dal governo francese e dal suo ente EPAD, è diventata un incubatore di sistemi ibridi di gestione di progetti e di investimenti immobiliari come la «partnership pubblico-privato».8 Nel 1969 Jean Millier, da poco nominato direttore dell’EPAD, ha portato alcuni architetti e promotori immobiliari francesi a fare un viaggio negli Stati Uniti, allora modello di interazione fra mondo dell’architettura e imprenditoria. Il grand tour comprendeva visite al Peachtree Center di John Portman ad Atlanta e alle sedi newyorkesi degli studi S.O.M., Pei & Cossutta, Harrison & Abramowitz 13 13 Ieoh Ming Pei, Araldo Cossutta, progetto per torri gemelle di uffici della Tête Défense (1971), futuro sito della Grande Arche de la Défense realizzato nel 1984-1989 su progetto dell’architetto Johann Otto von Spreckelsen. Fonte Paris-la Défense, Métropole européenne des affaires, Editions du Moniteur, Parigi 1987 14-18 Percorsi pedonali e veicolari su diversi livelli nel superblock. Gennaio 2016. Foto André Bideau 14 15 16 17 Negli anni successivi al viaggio del ’69 negli Stati Uniti, a ovest di Parigi si è andata disegnando uno skyline metropolitano a dispetto delle proteste dell’opinione pubblica, contraria alla foresta di torri sorta sul Grand Axe. Quando poi, alla metà degli anni Settanta, ha avuto inizio la recessione, l’EPAD, sostenuto dai successivi governi della Quinta Repubblica, ha assunto un ruolo sempre più attivo di intermediazione immobiliare. All’epoca, tuttavia, la dinamica accelerata del packaging stava ormai prendendo le distanze dall’unità formale voluta da Camelot, De Mailly e Zehrfuss nel piano di sviluppo. Le società che da Parigi si trasferivano alla Défense esigevano che le loro nuove sedi avessero una propria individualità e singolarità e hanno dunque optato per un monumentalismo da mercato libero. Ma lo spazio esistente fra questi manufatti non ha mai avuto un vero significato di spazio civico. Le opere d’arte pubblica di Yacoov Agam e Joan Miró o il faraonico «Arche de La Défense» costruito durante il mandato del presidente François Mitterrand – di fatto, un palazzo di uffici governativi in incognito – non sono riusciti a contrastare il campo di forze nascoste nella sezione del superblock. La crosta pedonalizzata, pur integrando l’ambito pubblico, mina alla base la vita urbana. Guarda caso, pare che i grandi manager francesi non vogliano pranzare alla Défense e preferiscano il tradizionalismo culinario della sofisticata Neuilly. Traduzione di Scriptum Der Schnitt unter der Skyline Städtebau wird hauptsächlich über Masse, Nutzung, Zonierung und Erschliessung gedacht. Weniger zentral erscheint der Vertikalschnitt, der oft im Verborgenen als Treiber auf die Stadtform einwirkt. Gleichzeitig sorgt der Schnitt dafür, dass Programme hermetisch voneinander getrennt werden oder unsichtbar bleiben – man denke an den Zürcher Hauptbahnhof und seine komplexe Stapelung von Nutzungen. Hier bildet das Nullniveau der Strasse die Grenze, unterhalb derer sich die Infrastrukturen und Kommerzflächen des Verkehrsknotenpunkts frei ausbreiten. Dieser hypertrophe Querschnitt ist die Folge absoluter Zentraliät in beengten Verhältnissen. Dort, wo er von Anfang an gewollt wurde, schafft er die konzeptionelle Voraussetzung für einen radikal verdichteten Städtebau – so etwa im New Yorker Ensemble des Grand Central Terminal oder im Entwurf der Città Nuova von Antonio Sant’ Elia. Über Tiefbahnhöfen türmen sich jeweils grossartig urbane Kompositionen auf. Beide stammen aus den Jahren umittelbar vor dem Ersten Weltkrieg und zelebrieren Mobilität und Monumentalität. Dieser Beitrag diskutiert ein halbes Jahrhundert später den Fall von La Défense unter dem Aspekt des Vertikalschnitts. Das vom französischen Staat gewollte Pariser Büroviertel wird ebenfalls von einem Infrastrukturstrang befruchtet, über dem sich seine Skyline entfaltet. Hochhäuser säumen eine langgestreckte Plattform, in der S- und U-Bahnen sowie der Autoverkehr gebündelt sind. Ganz im Sinn klassisch moderner Funktionstrennung ist das Dach des Sockels dem Fussgänger vorbehalten. In der Planung, Implementierung und Fortentwicklung dieser Schnittlösung treten die klassischen Züge der französischen Planungskultur hervor. Doch erweist sich der künstliche Stadtboden bis heute als Hypothek für La Défense: Innen weitläufig, nach aussen hermetisch, reproduziert der Superblock weder die Dichte der Haussmann’schen noch der amerikanischen Geschäftsstadt. (Zusammenfassung des Autors) Note 1 Dai materiali forniti dagli archivi di Defacto, sono emersi dati preziosi sulle prime opere edilizie della Défense e lo sviluppo del centro direzionale. Un ringraziamento speciale va a Johan Huynh-Tan e Jean-Marc Lefevre di Defacto. 2 COFER Comité Français pour l’Expansion et le Rayonnement International de Paris-La Défense (a cura di), Paris - La Défense métropole européenne des affaires, Editions du Moniteur, Paris 1987, p. 28. 3 Virginie Lefebvre, Paris - ville moderne. Maine-Montparnasse et La Défense, 1950-1975, Editions Norma, Paris 2003, p. 162. 4 Kristin Ross, Fast Cars, Clean Bodies. Decolonization and the Reordering of French Culture, The MIT Press, Cambridge (Mass.) 1995, pp. 150-153. 5 Lefebvre 2003, p.166. 6 A questo proposito vedi: Françoise Fromonot, La Campagne des Halles. Les nouveaux malheurs de Paris, La fabrique éditions, Paris 2005. 7 Pierre Chabard, Virginie Picon-Lefebvre (a cura di), La Défense, Editions Parenthèses, Paris 2012, p. 33. 8 COFER 1987, p.76. 9 Chabard, Picon-Lefebvre 2012, pp. 25-27. 18 PROGE T TARE IN SE ZIONE 27 e Philip Johnson, i quali tutti – eccezion fatta per Johnson e Portman – hanno ricevuto ben presto una commessa per La Défense.9 A New York il cerchio si è chiuso con i progetti di superisolati ai quali aveva contribuito Wallace K. Harrison. Il Rockefeller Center e il Lincoln Center, insieme all’Empire State Plaza di Albany, erano tutti manifestazioni di un’eredità compositiva che abbracciava Beaux-Arts, Art Déco e un modernismo contemporaneo fondato su una versione diluita dei princìpi enunciati nella Carta d’Atene. Il complesso monumentale ideato da Harrison per il governatore Nelson Rockefeller ad Albany, capitale dello stato di New York, rivela una straordinaria somiglianza con La Défense: in entrambi i casi è presente un superblock pedonale sopraelevato in cui la sezione è riservata a passeggiate e infrastrutture e sulla piazza lineare si affacciano una serie di grattacieli. La corrisponenza tardo-moderna appare già nel 1971 nelle torri gemelle progettate di Ieoh Ming Pei con l’associato Araldo Cossutta per Tète Défense. Dieci anni dopo, sullo stesso asse parigino, Pei porterà il suo accademismo al disegno del Grand Louvre. PROGE T TARE IN SE ZIONE 28 Sezioni di strade, sezioni di edifici Luca Ortelli Architetto, professore ordinario all’EPFL Alcuni manuali di urbanistica di fine Ottocento, e in particolare quello di Stübben,1 affrontano con rigore il problema della costruzione della grande città offrendo un repertorio di immagini che fa largo uso della sezione come strumento analitico e progettuale. Nel manuale di Stübben (la cui prima edizione risale al 1890) si trova una serie di sezioni stradali (Straßen Querprofil) di molte città europee che restituiscono un panorama articolato della cultura urbanistica dell’epoca. Animato da un’autentica passione tassonomica, Stübben illustra le strade di molte città europee: Berlino, Bruxelles, Strasburgo, Stoccarda, Budapest, Copenaghen, Milano, Zurigo, Ginevra, per citarne solo alcune. Le strade delle città prese in considerazione sono rappresentate facendo ricorso alla sezione trasversale che costituisce lo strumento che permette il più alto grado di comparabilità degli oltre 100 esempi scelti. La grafica essenziale e l’utilizzo della stessa scala metrica rendono questo repertorio particolarmente utile e efficace. Naturalmente, fra gli esempi illustrati da Stübben, figura anche Parigi con una decina di sezioni stradali, tutte relative ai grandi boulevards della ville lumière. Queste arterie costituiscono il segno più immediatamente tangibile degli interventi voluti da Napoleone III e messi in pratica dal barone Haussmann. La loro presenza è rinforzata dagli edifici che le bordano e che furono interpreti delle aspirazioni degli abitanti della nuova Parigi adattando alcuni schemi degli hôtels particuliers alla forma che diventerà tipica della casa di affitto o immeuble de rapport. Il testo che accompagna l’illustrazione del Magasin pittoresque 2 qui riprodotta descrive le funzioni dei vari locali e le occupazioni degli abitanti. «Questo disegno è la sezione di una casa situata in un quartiere ricco […] Un ascensore indica che ci troviamo nella nuova Parigi. Al piano terreno, un caffè dove le persone si accalcano: c’è più di un fannullone, ma ci sono anche dei commercianti, degli industriali che si danno appuntamento per discutere dei loro affari. 1 2 PROGE T TARE IN SE ZIONE 29 Al mezzanino un ristorante. Il primo piano ci mostra l’interno di una modista elegante. Al secondo, un personaggio serio ascolta due visitatori che sembrano discutere con vivacità: si tratterà, a vostro piacimento, dello studio di un ausiliario di giustizia, di un avvocato o di un notaio. Ed ecco, al terzo piano, un sarto alla moda. Al quarto, un professore dimostra qualche teorema di geometria a dei giovani che stanno preparandosi all’ingresso al Politecnico o alla Scuola Centrale. Il quinto piano è diviso in due abitazioni: da una parte la cameretta di un’operaia con dei fiori su un piccolo balcone; dall’altra l’alloggio di un domestico». Questa illustrazione, con il testo che la accompagna, rende conto della tipica organizzazione degli edifici haussmanniani e fornisce un ritratto della vita quotidiana della capitale francese sotto il Secondo Impero e durante la Terza Repubblica. La rappresentazione accurata degli spazi interni rende la sezione perfettamente comprensibile, più di quanto lo sarebbe una pianta in cui gli arredi fossero disegnati con la stessa precisione. La pianta – sezione orizzontale – presenta infatti qualche difficoltà supplementare per essere «decifrata» dai non addetti ai lavori, priva com’è dell’immediatezza dei quadretti animati che compaiono nella sezione in questione. In Espèces d’espaces, Georges Perec ha raccontato che nella moltitudine delle fonti da cui è nato il romanzo La vie mode d’emploi figura anche un disegno di Saul Steinberg. «J’imagine un immeuble parisien dont la façade a été enlevée […] de telle sorte que, du rez-de-chaussée aux mansardes, toutes les pièces qui se trouvent en façade soient instantanément et simultanément visibles. Le roman - dont le titre est La vie, mode d’emploi - se borne […] à décrire les pièces ainsi dévoilées et les activités qui s’y déroulent, le tout selon des processus formels […] Les sources de ce projet sont multiples. L’une d’entre elles est un dessin de Saul Steinberg, paru dans The Art of Living en 1952…»3 Il disegno di Steinberg si rifà esplicitamente a un tipo di rappresentazione in voga alla fine dell’Ottocento. Si tratta di illustrazioni di carattere popolare che mostrano gli interni delle case d’affitto parigine, mettendo in risalto la «stratificazione» sociale che le caratterizzava. Lo stesso tipo di rappresentazione veniva utilizzato per pubblicizzare il grado di comfort che quegli stessi edifici offrivano agli abitanti, particolarmente per quanto riguarda gli impianti idraulici o di riscaldamento. Il carattere «utilitario» della sezione rende la rappresentazione di facile comprensione a un pubblico allargato. Questa «facilità di accesso» è sostenuta dalla possibilità di mostrare diversi interni domestici simultaneamente. In questo senso, le sezioni parigine sono più efficaci delle prospettive delle Zimmerbilder, più realistiche e più ricche di dettagli ma incapaci di offrire la visione simultanea di numerose stanze e dunque prive della dimensione «narrativa» che scaturisce dalle sezioni degli immeubles de rapport. Non è dunque un caso che Perec abbia subìto il fascino del disegno di Steinberg e che l’edizione tascabile del suo romanzo porti in copertina una di queste rappresentazioni. La sezione come strumento di concezione e rappresentazione dell’architettura diviene in questo caso accessibile grazie all’integrazione di due codici diversi. Il primo è quello astratto che consiste nel rappresentare gli elementi costruttivi dell’edificio come apparirebbero se lo stesso venisse «tagliato» secondo un piano verticale, il secondo è di tipo figurativo e consiste nel presentare gli interni che il «taglio» ha reso visibili, con gli arredi, gli elementi decorativi e i personaggi che consentono di descrivere o immaginare la vita che si svolge all’interno dell’edificio. 3 1 Sezioni trasversali di strade di Berlino e di Königsberg Hermann Josef Stübben, Der Städtebau, Alfred Kröner Verlag, Stuttgart, 1907 (seconda edizione), p. 89 2 Tissandier et Gilbert, Paris qui travaille, Le Magasin pittoresque, Série II, Tome Premier, 1883, p. 384 3 Illustrazione di Saul Steinberg The Art of Living, 1952 Naturalmente l’uso della sezione finalizzato a rivelare l’interno di un edificio possiede una tradizione disciplinare prima di divenire strumento di comunicazione popolare come nel caso degli esempi parigini. Come detto, questi disegni si riferiscono agli immeubles de rapport che si moltiplicavano in quegli anni a Parigi, in relazione con gli interventi haussmanniani. Per quanto riguarda la progettazione e l’esecuzione di edifici di questo tipo, la sezione, intesa come strumento tecnico, riveste un’importanza limitata. Infatti, al di là delle variazioni dell’altezza dei diversi piani, gli immeubles de rapport sono rigidamente codificati nella loro composizione verticale: piano terreno e mezzanino (entresol) ad uso commerciale, piano nobile seguito da altri piani di abitazione, ultimo piano e sottotetto per lo più occupati da appartamenti più piccoli e destinati alle camere dei domestici. La stratificazione sociale che ne deriva risulta, nella realtà dei fatti, meno evidente di come appare nei disegni di cui abbiamo parlato. In ogni caso, nella progettazione di questi edifici, l’organizzazione della pianta riveste un’importanza molto maggiore rispetto alla sezione. Le numerose pubblicazioni che illustrano questo tipo di edifici si limitano infatti a presentare le piante, il fronte su strada ed eventualmente qualche elemento decorativo. La qualità dell’immeuble de rapport derivava dalla capacità dell’architetto di «annullare» le deformazioni geometriche prodotte dagli interventi haussmanniani producendo la tipica enfilade di locali rappresentativi quanto più possibile regolari e controllati. Questa capacità specifica, detta «art du rachat», che consisteva nell’assorbire le irregolarità geometriche all’interno dei locali di servizio, giustifica l’importanza della pianta, a scapito della sezione. PROGE T TARE IN SE ZIONE 30 L’illustrazione di copertina del romanzo di Perec,4 realizzata da un illustratore caricaturista noto con lo pseudonimo di Bertall, presenta, non senza tenerezza ironica, «cinque piani di vita parigina». Le scenette rappresentate nei vari locali mostrano le diverse condizioni in cui le case d’affitto venivano abitate, dal grande appartamento borghese alla fredda soffitta occupata da artisti e famiglie operaie. Nonostante l’accuratezza di alcuni dettagli tecnici come la canna fumaria o il profilo delle modanature di facciata, lo scopo principale di questo disegno non ha nulla a che fare con l’architettura: da un punto di vista tecnico/costruttivo, questa casa «non può esistere» (l’accostamento di appartamenti diversi e la posizione del vano scala determinano l’impossibilità che gli spazi rappresentati siano effettivamente distribuiti). La sezione è qui utilizzata per quella sua speciale capacità di rappresentare simultaneamente le situazioni più diverse e offrire al lettore tredici «quadri» che, nel loro insieme corrispondono a uno spaccato della società dell’epoca. In questo caso lo spaccato riunisce, all’interno di una cornice grafica verosimile, diverse scene di vita quotidiana e proprio l’intrecciarsi delle storie degli abitanti sarà l’elemento chiave del romanzo di Perec che dell’immeuble de rapport costituisce una sorta di radiografia poetica. Si noti poi che l’espressione «spaccato», utilizzata per indicare la restituzione sintetica di una realtà più o meno complessa deriva dallo «spaccato» architettonico che altro non è che una sezione. La vignetta di Bertall, pubblicata nel 1845, anticipa di un secolo le sinistre sezioni «dal vero» prodotte in molte città europee dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, restituendo al termine «spaccato» il significato di azione forzosa, in questo caso violenta, che ne costituisce la radice. 4 5 In tutta l’Europa, gli eventi bellici hanno mostrato edifici i cui interni, drammaticamente messi a nudo, offrivano «l’immagine di quelle case sventrate dove tra le macerie rimanevano ferme le sezioni dei locali familiari con i colori sbiaditi delle tappezzerie, i lavandini sospesi nel vuoto, il groviglio delle canne, la disfatta intimità dei luoghi» descritte, fra gli altri, da Aldo Rossi.5 Poché Nell’architettura neoclassica tedesca o nella tradizione Beaux-Arts, la sezione come strumento progettuale risulta più adeguata, se non necessaria, agli edifici pubblici – i teatri, in questo senso, ne costituiscono l’esempio più esplicito. La sezione viene utilizzata per illustrare le qualità spaziali interne piuttosto che per fini tecnici. L’unica eccezione riguarda le carpenterie dei tetti che vi sono rappresentate con dovizia di particolari, mentre gli elementi murari e i solai sono in genere indicati come elementi omogenei, senza attributi particolari, secondo le convenzioni del «poché». Jacques Lucan ha scritto che la parola «poché» indicava, in ambito Beaux-Arts, «ciò che non necessitava di essere esplicitato con precisione, in quanto privo di dimensione teorica particolare».6 Questo procedimento, che si applica tanto alle piante che alle sezioni, era reso possibile dalle pratiche costruttive correnti e dalla natura stessa della muratura intesa come «massa» i cui unici connotati degni di interesse erano le modanature e i rilievi e la loro partecipazione alla definizione dello spazio interno o dell’articolazione dei fronti. Va però ricordato il fatto che il poché è attualmente praticato non solo come tecnica di rappresentazione ma anche come illustrazione della dimensione concettuale su cui si fonda il progetto. Anche se gli esempi citati da Lucan si riferiscono principalmente alle piante di celebri edifici contemporanei, le sue riflessioni possono applicarsi anche alle sezioni (anche se, in realtà, è curioso che la maggior parte di coloro che si sono occupati di poché si siano concentrati a studiare questo procedimento in riferimento esclusivo alla pianta). Per verificare l’importanza e la forza espressiva del poché nelle sezioni, basti pensare a quelle elaborate da Peter Zumthor per il Kolumba Museum di Colonia nelle quali le installazioni tecniche e gli elementi costruttivi sono campiti in nero, in perfetta continuità con il suolo o con l’edificio adiacente. Il risultato, coerentemente con la poetica di Zumthor, è un disegno in cui vengono esaltate le qualità delle sale espositive come vere e proprie «cavità», riproponendo una definizione di spazio descritta da Giedion7 e decisamente opposta alla nozione di assemblaggio che caratterizza molta architettura contemporanea. Nei progetti sette-ottocenteschi, la sezione possiede un ruolo importante come strumento di comunicazione, PROGE T TARE IN SE ZIONE 31 spesso accompagnata da vedute prospettiche. Nei confronti di queste ultime, la sezione architettonica rappresenta l’edificio progettato con maggior precisione, offrendo la possibilità di misurarne i diversi elementi, a differenza delle rappresentazioni «popolari» viste all’inizio di questo scritto. Le sezioni con interno sono utilizzate nel caso di edifici pubblici e, nell’architettura domestica, sono riservate a dimore prestigiose, presentando spesso un unico ambiente o a una sequenza limitata di spazi. Per la qualità grafica e architettonica, nella vasta produzione del XVIII e XIX secolo, oltre alla vasta produzione Beaux-Arts, si possono citare, fra gli altri, Weinbrenner e Klenze, senza dimenticare Schinkel, ma anche Quarenghi o Fossati, questi ultimi attivi in Russia, a dimostrazione del fatto che questo tipo di rappresentazione è di fatto internazionale e possiede il valore di un vero e proprio codice espressivo condiviso. Non è dunque sorprendente ritrovare queste belle sezioni in tutti i Paesi europei, compresi quelli più lontani dai centri di elaborazione dei nuovi canoni architettonici. Fra questi figura la Svezia, caratterizzata, fin dall’inizio del XVII secolo, da una cultura decisamente cosmopolita e dalla presenza di architetti stranieri di prestigio, fortemente voluta da diversi sovrani. Nicodemus Tessin il giovane (1654-1728), autore del Palazzo Reale di Stoccolma, aveva visitato la Francia, l’Inghilterra e l’Italia prima di assumere importanti incarichi in patria. Il suo lavoro incarna il passaggio, o meglio l’ibridazione, di tematiche e motivi barocchi con i nascenti stilemi neoclassici. Fra i suoi progetti, ce n’è uno che colpisce proprio per il modo in cui viene elaborata la sezione. Si tratta del progetto di un edificio per spettacoli equestri dedicato a Carlo XII e datato 1713. Oltre alle qualità del progetto, la sezione longitudinale presenta un particolare «inquietante». Fra i personaggi che animano il disegno facendone un vero e proprio quadro animato, alcu- ni, seduti sulle gradinate disposte intorno all’invaso, sporgono le gambe al di là del piano di sezione, altri vi spingono le vesti. In altri termini, questi personaggi «invadono» lo spazio virtuale che si immagina speculare a quello rappresentato e che, per convenzione, non deve e non può far parte della figurazione architettonica. È difficile trovare una più efficace illustrazione dell’artificio concettuale che ogni sezione comporta. L’effetto – si potrebbe dire – è «magrittiano» e ci invita a riflettere sullo statuto della rappresentazione architettonica, scardinandone le convenzioni. Non mancano certo gli esempi di affreschi in cui i personaggi si pongono al di qua degli elementi architettonici dipinti per produrre l’effetto di una maggiore profondità spaziale ma nel caso della sezione di Tessin, la finalità non è il trompe l’œil. Il registro, in questo caso, non è dettato dalla volontà di aumentare il realismo della rappresentazione ma è piuttosto di ordine concettuale. Strumento concettuale Al di là di questo esempio estremo, la sezione come strumento progettuale e di rappresentazione rivela sempre un aspetto concettuale che può trascendere i limiti della verosimiglianza. La tecnica del poché ne è la dimostrazione in quanto possibilità di restituire criticamente gli elementi del progetto rendendone più evidenti alcuni a scapito di altri. La sezione ha vocazione analitica e descrittiva, ma in senso completamente diverso rispetto a una prospettiva o a una rappresentazione pittorica e questo suo carattere la allontana dal realismo stucchevole dei rendering oggi in voga. Per alcuni architetti, la sezione – sia essa verticale o orizzontale – è lo strumento più adeguato alla comprensione e alla concezione dell’architettura. Per altri si tratterà piuttosto della visione sintetica offerta dalla prospettiva o dall’assonometria anche se è chiaro che, in fase di realizzazione, pianta e sezione occupano un ruolo fondamentale e irrinunciabile. 4 Bertall, Coupe d’une maison parisienne le 1er janvier 1845 – Cinq étages du monde parisien «L’Illustration, Journal universel», n. 98, vol. 4, 11 gennaio 1845, p. 293 5 Friedrich Weinbrenner, Torre gotica, Erbprinzengarten, Karlsruhe, 1802-1803 Friedrich Weinbrenner 1766-1826. Architektur und Städtebau des Klassizismus, Michael Imhof Verlag, Petersberg 2015, p. 369 6 Nicodemus Tessin il Giovane, Progetto per un Carosello, Stoccolma, 1713 Ragnar Josephson, Tessin. Förra delen, Sveriges Allmänna Konstförenings publikation XXXVIII, P. A. Norstedt & Söner, Stockholm 1930, tav. 186 7 Nicodemus Tessin il Giovane, Progetto per un Carosello, Stoccolma, 1713 (particolare) ibidem, tav. 187 6 7 PROGE T TARE IN SE ZIONE 32 8 9 In alcuni casi la concezione dell’opera sarebbe impensabile senza il ricorso sistematico alla sezione come strumento progettuale. Uno degli esempi più noti è il cosiddetto Raumplan di Adolf Loos. Le case Moller, Rufer e Moissi mostrano con apparente semplicità lo «scheletro» della costruzione con i cambiamenti di livello delle solette che rendono possibile la caratteristica articolazione volumetrica loosiana. La semplicità è solo apparente come ben sa chiunque abbia provato a combinare mentalmente tutti i «tagli inferti» all’oggetto architettonico o, in altre parole, a dare coerenza logica e spaziale a piante e sezioni. L’altra ragione che rende emblematico il caso di Loos è l’utilizzo della sezione verticale come strumento di comprensione e aggiustamento non solo degli spazi interni e delle loro relazioni ma anche del rapporto dell’edificio con il suolo. Si veda, a tale proposito, la sezione della casa per Tristan Tzara. Qui è evidente che la concezione generale del progetto prende le mosse dal confronto diretto con le condizioni morfologiche del terreno e questo, potremmo dire, è un aspetto che caratterizza l’architettura del XX secolo. Ovviamente, anche in passato il rapporto tra edificio e suolo ha occupato una posizione di fondamentale importanza, ma senza diventare «tema di progetto». Le sostruzioni pur necessarie alla realizzazione di innumerevoli edifici rinascimentali o neoclassici, per rimanere nell’ambito delle presenti osservazioni, non costituivano un fenomeno meritevole di essere mostrato e spiegato «in quanto privo di dimensione teorica particolare». In altri termini si potrebbe dire che è come se tutte le opere di preparazione del terreno finalizzate a renderlo più propizio all’edificazione venissero sistematicamente «inghiottite» da una sorta di invisibile… poché. 8 Adolf Loos, Studi per Casa Tzara, Parigi, 1925 Burkhardt Rukschcio, Roland Schachel, Adolf Loos. Leben und Werk, Residenz Verlag, Salzburg - Wien 1982, p. 311 9 Adolf Loos, Sezioni di Casa Moissi, Venezia, 1923-1924. Heinrich Kulka (a cura di), Adolf Loos. Das Werk des Architekten, Löcker Verlag, Wien 1979, ill. 170, 171 (facsimile dell’edizione pubblicata da Anton Schroll & Co, Wien 1931) Schnitte von Strassen, Schnitte von Gebäuden Der Schnitt ist ein unverzichtbares Darstellungselement für jedes Bauvorhaben, aber auch ein herausragendes Mittel zur Erstellung, Kontrolle und Konzeption des Bauwerks. Im Gegensatz zu dem, was im Grundriss darstellt werden kann, bietet der Schnitt einen höheren Realismus und ermöglicht eine Illustration der Innenräume, die durch Figuren und Personen mit einer Geschichte belebt werden können. In diesem Sinn kann der Schnitt auch zu einem Mittel der Darstellung für die Öffentlichkeit werden wie im Fall der Schnitte, die das Pariser Leben nach der Umgestaltung durch Haussmann darstellen. Diese Visionen – realistisch und irreal zugleich – sowie die ineinander verwobenen Lebensgeschichten waren eine der Inspirationsquellen des Romans «La vie mode d’emploi» («Das Leben Gebrauchsanweisung») von Georges Perec. In der Tradition der schönen Künsten wird der Schnitt regelmässig, aber ohne jedes bauliche Detail verwendet. Die sogenannte Poché-Technik hatte andere Zielsetzungen als die technische Illustration. Auch in diesem Fall konzentriert sich der Schnitt auf die internen räumlichen Aspekte und auf die Baukörper des dargestellten Gebäudes. In einigen Fällen ist der Schnitt jedoch das bevorzugte Mittel für den architektonischen Entwurf. Das beste Beispiel dafür ist die Architektur von Adolf Loos. Sein berühmter Raumplan wäre undenkbar ohne eine sorgfältige Untersuchung der Beziehungen zwischen den einzelnen Räumen, aus denen das Gebäude besteht. Jeder, der schon einmal versucht hat, im Geist alle dem Architekturobjekt «zugefügten Schnitte» zu kombinieren oder, in anderen Worten, Grundrissen und Schnitten logische und räumliche Kohärenz zu verleihen, weiss, dass die Schnitte von Loos einfacher erscheinen als sie tatsächlich sind. PROGE T TARE IN SE ZIONE 33 La sezione come strumento di progettazione Lorenzo Giuliani e Christian Hönger Architetti, titolari dello studio giuliani.hönger La sovrapposizione di piani e la moltiplicazione delle superfici utili vanta una lunga e variegata tradizione nello sviluppo dell’architettura. Già nel XIX secolo la necessaria densificazione delle città condusse tra le altre cose all’ideazione dell’ascensore e allo sviluppo di nuove soluzioni portanti in calcestruzzo e acciaio. Negli ultimi decenni, il rapido aumento della popolazione, la consapevolezza della scarsità di risorse energetiche a livello globale e la progressiva economizzazione della costruzione hanno contribuito ulteriormente allo sviluppo di edifici molto grandi e compatti. In considerazione di tali circostanze, la rinuncia a superfici utili negli edifici per consentire l’inserimento di corti interne, spazi vuoti o cavità diventa sempre più difficile. Eppure, negli spazi della città densificata e nelle corti interne degli edifici, il vuoto aveva un ruolo fondamentale per il necessario apporto d’aria, l’igiene, l’agognata luce naturale e la possibilità di scambi sociali. Proprio questi spazi lasciati consapevolmente liberi e la loro configurazione spaziale rappresentano paradossalmente un’importante base e garanzia di qualità architettonica.1 Nelle discussioni quotidiane fra non addetti ai lavori, sugli annunci immobiliari dei giornali così come sulla stampa di settore, l’architettura viene percepita e commentata principalmente attraverso viste frontali e piante schematiche. Contemporaneamente, a noi professionisti è chiaro che una pianta è al tempo stesso una sezione orizzontale, sebbene spesso l’unica sezione a essere percepita come tale è quella verticale. Nella nostra esperienza, per contro, la sezione verticale può fungere altrettanto bene da chiarimento e illustrazione del progetto per il committente o da strumento di comunicazione e coordinamento fra i progettisti. Anche nella formazione nel campo dell’architettura l’enorme e molteplice potenziale della sezione quale strumento di conoscenza e progettazione 2 viene in parte trascurato. In molti dei nostri progetti, a diversi livelli di scala e per diversi compiti ci è regolarmente utile quale mezzo per l’elaborazione delle qualità architettoniche. Anche qui ci riferiamo alla triade topologia, tipologia e tettonica tracciata in maniera illuminante da Kenneth Frampton.3 Topologia Assieme ad altri strumenti di lavoro, la sezione di un corpo di fabbrica ci serve anche come ricerca per la conoscenza dello spazio urbano e del contesto, nonché per l’individuazione di possibili nuove disposizioni degli stessi. Posizione, geometria e volume del corpo di fabbrica assumono un ruolo decisivo per creare riferimenti comprensibili alle strutture urbane esistenti. Nella nostra esperienza, le forme di certi edifici servono spesso a trovare un rapporto equilibrato fra integrazione nel contesto e consapevole distacco locale, come dimostra in maniera esemplare il progetto della scuola universitaria professionale di Sihlhof. In considerazione dell’estensione limitata dell’articolo, ci limitiamo di seguito alle questioni legate a tipologia e tettonica.4 1 PROGE T TARE IN SE ZIONE 34 Tipologia La sezione quale strumento di progettazione rimanda alla magnifica occasione di sviluppare nuove successioni, rapporti e figure spaziali senza trascurare l’ampio bacino di archetipi esistenti. Nonostante l’enorme quantità di edifici, nella storia dell’architettura le nuove combinazioni spaziali in sezione sono piuttosto rare rispetto alle combinazioni in pianta. Nel primo modernismo classico, Adolf Loos aveva già introdotto il principio del Raumplan come esemplare compenetrazione in sezioni di spazi sfalsati ma tra loro collegati. Nel 1925, con lo spazio abitativo a due piani con galleria, Le Corbusier sviluppò nel Pavillon de l’Esprit Nouveau anche un esempio caratteristico e pluricitato che in seguito gli servì da modulo per l’Unité d’Habitation del 1947 a Marsiglia. Claude Parent proponeva nel suo manifesto Vivre à l’Oblique del 1970 un abitare su piani inclinati collegati come un unico continuum spaziale. Il collegamento diretto di spazi archetipici nella tradizione architettonica premoderna delle Beaux-Arts – come ad esempio nel caso dell’Opéra Garnier di Parigi del 1875 (Fig. 2) o della Public Library di New York curata da Carrère e Hastings nel 1911 (Fig. 1) – fu tuttavia negato nella moderna ricezione dell’architettura. Nell’odierna prospettiva postmoderna ci riferiamo però meno al repertorio stilistico quanto piuttosto alle soluzioni spaziali allora introdotte.5 A tal proposito risulta molto significativa specialmente la rappresentazione storica dello spazio, in cui la sezione vera e propria dei livelli costruttivi veniva lasciata bianca e quindi non tematizzata, mentre per contro la vista della delimitazione degli spazi raffigurata con notevole atmosfera e ricchezza di dettaglio. Nelle rappresentazioni in sezione scelte penetra una luce che illustra plasticamente gli spazi interni e la loro configurazione. Nel quadro dei nostri progetti la sezione assume spesso un ruolo determinante. In quanto strumento di proget- 1 Carrère e Hastings, biblioteca pubblica, New-York City 1911 2 Charles Garnier, Teatro dell’Opera, Parigi 1861, sezione trasversale 1861 3 giuliani.hönger, Fachhochschule Sihlhof, Zurigo 2003, Sezione del modello 4 giuliani.hönger, Fachhochschule Sihlhof, Zurigo 2003. Foto Walter Mair 5 giuliani.hönger, Schlotterbeck Areal, Zurigo giugno 2016. Foto David Willen 6 giuliani.hönger, Schlotterbeck Areal, Zurigo giugno 2016. Foto David Willen 7 giuliani.hönger, Schlotterbeck Areal, sezione trasversale 8 giuliani.hönger, Schlotterbeck Areal, sezione longitudinale 9 giuliani.hönger, Schlotterbeck Areal, sezione trasversale 10 Auguste Choisy, Terme di Caracalla, Parigi 1873 11 giuliani.hönger, Fachhochschule Sihlhof, Zurigo 2003, sezione costruttiva tazione contraddistingue i piani più di ogni cosa e spesso quale forma di rappresentazione li caratterizza addirittura nel modo migliore. Sulla scorta di queste considerazioni abbiamo scelto di trattare sinteticamente a titolo di esempio tre casi che illustrano alcuni aspetti di questa variegata tematica. Alle due costruzioni esposte nel dettaglio (il centro residenziale e commerciale Schlotterbeck a Zurigo e il Centro per l’innovazione Hilti di Schaan) aggiungiamo la scuola universitaria professionale Sihlhof di Zurigo che rappresenta per noi un progetto chiave per quanto riguarda il tema della sezione (Fig. 3). Tutti e tre questi esempi sono accomunati dal fatto che il concetto di spazio e quello di sezione sono stati collegati anche con una specifica idea di struttura portante. 6 In considerazione della posizione centrale e nell’ottica della creazione di valore aggiunto, il terreno sui cui sorge la scuola universitaria professionale Sihlhof richiedeva il massimo grado di sfruttamento possibile. Siccome la profondità di costruzione di 40 metri è eccessiva per un’illuminazione naturale, all’interno è venuto a crearsi quasi automaticamente un vuoto non illuminato e non previsto dal programma. Dal momento che le scuole presentano spesso un cortile quale luogo di incontro e identità, ciascuna delle due scuole universitarie professionali inserite dispongono di un cortile interno illuminato da un lucernario. A causa della suddivisione – richiesta dalle norme sulla costruzione – del complesso volume del manto, in sezione le due corti sono sfalsate l’una rispetto all’altra, così da creare due elementi che si toccano ma formano un’unica coerente figura spaziale (Fig. 4). Quest’ultima comporta un ripiegamento dell’area pubblica verso l’interno, con un parallelo spostamento del confine degli spazi d’uso privato dall’ingresso fino alle porte interne. La figura spaziale scultorea e priva di pilastri è realizzata come struttura portante tridimensionale a dischi in calcestruzzo a vista. Jacques Lucan ha definito lo spazio come espace texturé,7 in cui elementi portanti e non portanti, alto 2 3 4 7.03.17 PROGE T TARE IN SE ZIONE 35 5 6 revidiert e basso si confondono generando una leggero senso di vertigine nonostante l’imponente massa circostante. Rispetto alla scuola universitaria professionale Sihlhof, nel caso del Centro per l’innovazione Hilti di Schaan è la grande officina sperimentale al centro dell’edificio a fungere da figura spaziale su cui si basa la riconoscibilità dell’intervento, che rappresenta lo spazio dalle dimensioni maggiori nonché il cuore della struttura. Essa incarna al tempo stesso l’idea di 7 8 innovazione e la cultura aziendale improntata alla comunica9 zione della ditta Hilti.8 La sezione consente non solo l’accesso della luce zenitale attraverso grandi finestre, ma anche la struzione a rampa virtualmente innalzata fino a 40 metri, somassima interazione fra l’officina sperimentale e i laboratori praelevando poi l’officina di un piano e l’estremità meridiocircostanti, le altre officine, gli uffici e le zone di comunicazionale di quattro. Contrariamente ai due esempi precedenti, il ne sulle passerelle longitudinali e trasversali. L’assenza di concetto di sezione consiste qui prevalentemente nel precipilastri in questo spazio, quasi incredibile, e il conseguente so gioco di incastri e interconnessioni fra struttura nuova e senso di sospensione delle passerelle interne sono resi pospreesistente, nonché nella penetrazione dell’illuminazione sibili dall’ampia campata fino a 24 metri (v. presentazione del naturale fino alla parte inferiore del corpo dell’edificio attraprogetto IC Hilti) realizzata mediante travi reticolari. verso pozzi di luce. Nell’edificio dell’officina i pilastri a fungo Il terzo progetto – il centro residenziale e commerciale 0 5 10 esistenti sono stati mantenuti e messi in risalto quali elemenSchlotterbeck a Zurigo (Figg. 5-9) – consiste principalmenti plastici te in un edificio a uso residenziale basato su un’efficiente ed Schlotterbeckareal, Zürich 1:500 portanti nelle zone di collegamento e negli apparPublikationspläne gezeichnet giuliani.hönger jk jku sz Datum 07.03.17 revidiert architekten eth-bsa-sia, Zürich tamenti. La sopraelevazione grava solo marginalmente sulla economica sovrapposizione di superfici abitative. Richiecostruzione preesistente salvo che nel caso della struttura dendo circa 110 appartamenti, presentava un margine ridotmeridionale, sorretta ora da due nuovi pilastri e dalla nuova to per quanto riguarda la realizzazione di spazi a più piani facciata rivolta a sud. Anche la nuova costruzione a torre non rispetto ai due esempi descritti in precedenza. L’intervento grava sulla sostanza storica, perché la costruzione a fungo comprende inoltre la trasformazione e ampliamento di una a struttura portante spaziale scarica le forze verso le fondaprecedente autofficina Citroën, realizzata nel 1951 dagli menta in modo autoportante nell’occhio vuoto della rampa architetti Suter e Suter e ora in parte sottoposta a vincolo. e sfiora la parete esterna della rampa solo con una fascia di L’impronta originaria è stata ripresa con precisione e la co- 0 5 10 giuliani.hönger a PROGE T TARE IN SE ZIONE 36 vetro che funge da giunzione perimetrale. Le rampe originariamente destinate alle autovetture verranno mantenute modificandone evidentemente la destinazione d’uso: nella zona inferiore diventeranno posteggi per biciclette, mentre in quella superiore si trasformeranno in un affascinante spazio commerciale con pedane applicate dove lavorare. Tettonica Mentre per quanto riguarda lo sviluppo tipologico delle sezioni sono importanti aspetti come il vuoto degli spazi, la modellazione attraverso la luce naturale e il potenziale in termini di relazioni, la sezione tettonica rivela la stratificazione dei materiali e la struttura dei confini spaziali interni ed esterni. Alle nostre latitudini, gli attuali modi costruttivi sono oggi contraddistinti da una disomogenea pluralità di livelli. Procedendo dall’interno verso l’esterno si alternano strati portanti, isolanti e protettivi che emergono nella cosiddetta stratigrafia.9 La discussione su forma esterna (artistica) e nucleo interno10 si veste così di una nuova e diversa attualità, visto che interni ed esterni non sono più identici dal punto di vista costruttivo. Mentre differiscono molto a livello tipologico, i progetti qui illustrati presentano molte più affinità nella concezione della tettonica. Costruzione e modellazione dei dettagli non sono discipline isolate in nessuno dei progetti, ma servono a tradurre i concetti spaziali e la loro risultante architettonica. Nonostante complesse successioni di livelli, i tre progetti cercano un’espressione omogenea e corporea verso l’esterno e si sottraggono a un’articolazione eccessivamente pronunciata delle stratificazioni. In particolare, la stratigrafia non è nella nostra concezione la mera somma degli spessori dei vari strati, ma riflette consapevolmente scala e proporzioni dell’edificio nel suo complesso. Con i suoi elementi tridimensionali prefiniti in pietra artificiale per i livelli di facciate e tetti, la scuola universita- 10 ria professionale Sihlhof si presenta come una figura scolpita e levigata da un blocco monolitico. La facciata è composta dalla griglia degli elementi in pietra artificiale e dalle finestre di grande formato, leggermente sfalsate a seguire gli spazi interni. Quasi come doppie finestre a livello, hanno l’effetto di cassette di vetro inserite e producono complessivamente una tessitura o pattern in leggero movimento.11 Con le sue fasce di diversa altezza in pietra artificiale colorata e le fasce scure delle finestre, il Centro per l’innovazione Hilti di Schaan appare come un blocco massiccio a rilievi orizzontali, ma di notte le finestre offrono una visuale 4 1 Facciata - Elemento in calcestruzzo levigato prefabbricato 120 mm - Elemento di ripartizione dei carichi 30 mm - Isolamento termico con velo vetro 120 mm - Calcestruzzo armato - Intonaco di fondo - Lisciatura in gesso - Carta da parati in fibra di vetro - Dispersione 2 - 3 Finestra a due luci Serramento in alluminio Anta apribile Vetro anteposto esterno Intercapedine di ventilazione Protezione solare Vetrocamera isolante interna 3 Terrazza - Elemento in calcestruzzo levigato prefabbricato 100 mm - Sottofondo in ghiaietto in pendenza - Foglio di protezione - Isolamento termico 100 mm - Impermeabilizzazione bituminosa 10 mm - Soletta in calcestruzzo armato 300 mm 4 - 1 2 Tetto piano Inverdimento estensivo 100 mm Strato di protezione 8 mm Isolamento termico 120 mm Impermeabilizzazione bituminosa 10 mm Soletta in calcestruzzo armato 270 mm 11 1 : 70 1 Fassade Betonelement vorfabriziert, geschliffen 120 mm Entspannungsschicht 30 mm Wärmedämmung 2 Verbundfenster Aluminiumfenster Fensterflügel öffenbar Vorverglasung aussen Hinterlüftung 3 Terrasse Betonelement vorfabriziert, geschliffen 100 mm Splittbett im Gefälle Schutzvlies 4 Flachdach Extensive Begrünung 100 mm Schutzmatte 8 mm Wärmedämmumg 120 mm Bitumenabdichtung 10 mm Note 1 Come esempio opposto si potrebbe citare l’area della Città murata di Kowloon demolita nel 1994. In questa «città dell’oscurità» si registrava nel 1987 la maggiore densità demografica al mondo: 1,3 milioni di abitanti per chilometro quadrato. 2 «La sezione trasversale quale strumento di comprensione di situazioni complesse non è una mia invenzione. Questo metodo di indagine è uno stratagemma sperimentato da tempo che permette di studiare praticamente qualsiasi cosa, dagli insetti alle regioni geografiche. L’essenza della sezione trasversale consiste nel fatto che ci obbliga al confronto con cambiamenti e differenze, che altrimenti nella vita quotidiana non percepiremmo affatto. La sua forza quale strumento esplicativo sta nella capacità di rivelare gli aspetti affini e contrapposti, di rimandare a un accostamento che attrae la nostra attenzione e pone la sfida dell’analisi. Le sezioni trasversali non sono necessariamente linee rette, e nemmeno assolutamente la prima sezione eseguita. Per dispiegare l’effetto rivelatore sono imprescindibili riflessione e gioia di sperimentare nella 3 4 5 6 Questa modalità di rappresentazione mostra la sezione più significativa del progetto con un grado di dettaglio 1:10 a cui viene per così dire sottratta l’aria o l’intero contenuto dello spazio. Ciò rende possibile e raffigura un paradosso interessante e contemporaneo: la forma individuale del progetto diventa riconoscibile da lontano sulla base della sezione complessiva ancora leggibile, i singoli dettagli rimangono localizzati e localizzabili con precisione nel progetto e al tempo stesso la costruzione può essere studiata da vicino con precisione e nel dettaglio senza perdere la visione d’insieme. I dettagli sono raffigurati come di consueto in base alla raccomandazione SIA 400 Elaborazione dei piani nell’edilizia, ma non sono riportate quote e denominazioni. Nonostante le informazioni tecniche e costruttive vengano mantenute, questa rappresentazione in sezione genera una nuova, significativa e polivalente rappresentazione dell’edificio. Traduzione di Andrea Bertocchi, editing Matteo Trentini Der Schnitt als Entwurfsinstrument Die Stapelung von Geschossen und die Vermehrung von Nutzflächen hat in der Architekturentwicklung eine lange und vielfältige Tradition. Die bewussten Aussparungen innerhalb der Gebäudemasse und ihre räumliche Ausgestaltung bedeuten eine wichtige Grundlage zur Sicherung von architektonischer Qualität. Das enorme und differenzierte Potenzial des Schnitts als Erkenntnis- und Entwurfsinstrument hilft uns in vielen unserer Projekte als Mittel zur Erarbeitung architektonischer Qualitäten. Topologie: Aus dem Schnitt durch den Kontext entwickelte mehrdeutige Gebäudeformen dienen oft dazu, ein ausgewogenes Verhältnis zwischen Eingliederung und bewusster örtlicher Absetzung zu finden, wie das Projekt der Fachhochschule Sihlhof exemplarisch zeigt. Typologie: Der Schnitt als Entwurfsinstrument verweist auf die Gelegenheit, neue Raumfolgen, Raumbeziehungen und Raumfiguren zu entwickeln, ohne den grossen Fundus an räumlichen Archetypen ausser Acht zu lassen. Die direkte Koppelung archetypischer Räume in der vormodernen Architekturtradition der Beaux-Arts ist hinsichtlich der entwickelten Raumfiguren sowie der Darstellungsformen heute interessant. Tektonik:Der tektonische Schnitt entblösst die Materialschichtung und den Aufbau der inneren und äusseren Raumgrenzen. Konstruktion und Detailgestaltung sind bei den vorgestellten eigenen Projekten keine isolierten Disziplinen, sondern dienen der Übersetzung der räumlichen Konzepte und den beabsichtigten architektonischen Erscheinungen. (Zusammenfassung des Autors) scelta della linea di taglio», Grady Clay, Mit Vesalius, Geddes und Jackson Amerika durchqueren: Der Querschnitt als Lerninstrument, in Brigitte Franzen, Stefanie Krebs (a cura di), Landschaftstheorie. Texte der Cultural Landscape Studies, Verlag der Buchhandlung Walther König, Köln 2005, pp. 178-202. Kenneth Frampton, Grundlagen der Architektur – Studien zur Kultur des Tektonischen, MünchenStuttgart 1993, p. 6. Il tema è trattato ampiamente in giuliani.hönger Architekten Zürich, Schnittwerk, gta Verlag, Zürich 2010. In proposito si veda Arthur Drexler, The Architecture of the Ecole des Beaux-Arts, The Museum of Modern Art, New York 1977. Questa architettura ha influenzato notevolmente anche Louis I. Kahn. In proposito si veda Kenneth Frampton, Louis Kahn and the French Connection, in Louis Kahn. The Power of Architecture, Vitra Design Museum, Weil am Rhein 2012, pp. 115-132. A proposito si veda anche: Heinz Wirz (a cura di), Starke Räume, Giuliani Hönger, EPFL 2013-2015, Quart Verlag, Luzern 2016. 7 Jacques Lucan, Masse und Textur, in giuliani.hönger – dreidimensional, gta Verlag, Zürich 2006, p. 11; Lucan utilizza il concetto anche in riferimento alla scuola di Olgiati a Paspels, cfr. Jacques Lucan, Textured spatiality and frozen chaos, in Valerio Olgiati, G. Gili, Barcellona 2006 8 Il principio guida formulato dall’azienda recitava: «Hilti crea uno spazio in grado di fornire ispirazioni a team eccellenti che lavorano con passione a straordinarie innovazioni». 9 Heinz Ronner, Wand. Der Schichtenriss – Ein Hilfsmittel, «Kontext 75», ETH Zürich, aprile 1987, p. 12. 10 Carl Bötticher, Die Tektonik der Hellenen, Ferdinand Riegel, Potsdam 1852, vol. 1, p. XV. 11 Lucan 2006, p. 9. 12 giuliani.hönger Architekten Zürich, Schnittwerk, gta Verlag, Zürich 2010. 13 Per i nuovi progetti illustrati, questa rappresentazione non è stata ancora elaborata o aggiornata. PROGE T TARE IN SE ZIONE 37 priva di ostacoli sull’immensa profondità degli interni. Le altezze differenziate delle fasce corrispondono agli spessori delle solette (impiantistica e davanzale compresi) e conferiscono al corpo dell’edificio un ritmo sottile. La facciata è realizzata in elementi in pietra artificiale prefiniti a forma di U profondi 45 cm che conferiscono all’edificio l’auspicata plasticità, nonché da finestrature standard che soddisfano tutti i requisiti tecnici. All’interno, le fasce delle finestre dei piani superiori sono l’espressione dell’organizzazione aperta e flessibile degli uffici e si aprono verso il panorama grandioso, quasi infinito, sull’antistante catena montuosa. Nel caso del centro residenziale e commerciale Schlotterbeck l’espressione si basa sulla familiare affinità e sul sottile distacco tra struttura preesistente e nuova costruzione. Sia nella finestratura che nella scelta dei materiali nascono diversi riferimenti e contrapposizioni. Attraverso la disposizione alternata delle logge viene sottolineata e comunicata all’esterno la rotazione delle rampe, così come le paratie portanti della torre. Per motivi di peso, la sopraelevazione sull’edificio dell’autofficina è stata rivestita con elementi di calcestruzzo rinforzato con fibra di vetro, mentre la nuova torre è stata rivestita con elementi curvi in pietra artificiale. Le consuete rappresentazioni costruttive, che servono soprattutto a illustrare la struttura degli strati e a guidare i lavori di costruzione, hanno un carattere prevalentemente tecnico. In quest’ottica, la tavola esecutiva cerca di raffigurare globalmente il progetto complessivo attraverso piante e sezioni, mentre le sezioni di dettaglio illustrano strutture puntuali e giunti attraverso degli ingrandimenti. Raffigurazioni straordinarie ai fini della comprensione della costruzione dal punto di vista spaziale sono i disegni dell’architetto Auguste Choisy che, con le proprie assonometrie, riassume nel libro L’art de bâtir chez les romains del 1873 le opere edili in un’unica immagine con pianta, vista e sezione (Fig. 10). È interessante che mostri le costruzioni antiche dal basso al fine di poterne illustrare la specificità di archi e solai, nonché il relativo effetto spaziale. Il suo allievo Auguste Perret applicò poi tale rappresentazione assonometrica alla modernità e alle corrispondenti opere. Nella nostra esposizione Schnittwerk presso la Galerie Aedes di Berlino nel 2010, sulla base di quattro progetti abbiamo sviluppato un nostro personale modo di rappresentare la costruzione in sezione.12 Il principio riprende qui la sezione trasversale della scuola universitaria professionale Sihlhof (Fig. 11).13 PROGE T TARE IN SE ZIONE 38 giuliani.hönger foto Walter Mair Centro per l’innovazione Hilti, Schaan ┌ Committenza: Hilti Aktiengesellschaft, Schaan Architettura: giuliani.hönger AG, Zurigo Collaboratori: M. Künzler (capo progetto dal 2010), T. Hochstrasser (capo progetto fino al 2009), M. Bircher, I. Bucher, I. Bürgin, M. Hartmann, R. Heeb, C. Maag, M. Sailer, S. Schneider, L. Sonderegger, T. Ziegler Ingegneria civile: Dr. Schwartz Consulting, Zug; Wenaweser + Partner Bauingenieure, Schaan Progetto impianti RVCS Sytek AG, Binningen (coordinamento, progetto impianti elettrici); Aicher, De Martin, Zweng AG, Zürich (climatizzazione); tib Technik im Bau AG, Luzern (sanitario) Progetto facciate: kp Fassadentechnik, Aadorf (dal 2010), Feroplan Engineering, Zürich (fino al 2009) Fisica della costruzione, acustica ambientale: BAKUS Bauphysik & Akustik, Zurigo Illuminazione: Reflexion, Zurigo Management: Caretta+Weidmann Baumanagement, Zurigo Pianificazione e gestione: Rapp-OTB, Basilea (dal 2011), Resoplan, Brugg (fino al 2011) Visualizzazione: maaars architektur visualisierungen Architettura del paesaggio: Hager Landschaftsarchitektur, Zürich Fotografia: Walter Mair, Basilea Date: concorso 2008, progetto e realizzazione 2008-2014 Pianificazione energetica: BAKUS Bauphysik & Akustik, Zurigo Standard energetico: Requisiti standard minimo di legge Tipologia edificio: Nuova costruzione amministrativa (uffici e laboratori di ricerca) Superficie (Ae): 31’000 mq (SIA416) Modalità produzione calore: Teleriscaldamento esistente Hilti Campus, distribuzione con soffitti riscaldanti e raffrescanti Acqua calda: Teleriscaldamento esistente Hilti Campus Generazione elettricità: Media tensione dalla rete di distribuzione, trasformatore nell’edificio I luoghi di lavoro di colletti bianchi e tute blu non si sviluppano nello stesso modo, ma sono inseriti esplicitamente in una struttura unitaria e sotto lo stesso tetto, in locali che obbediscono agli stessi principi e sono realizzati con la stessa cura. Tutto ciò risponde a una cultura aziendale che si colloca consapevolmente nella tradizione dell’ex officina di lavorazione del ferro e tiene alto il valore del lavoro artigianale. Il fatto che la caffetteria all’ultimo piano venga utilizzata congiuntamente da tutti ne è una conseguenza quasi ovvia. Si percepisce nettamente che qui la costruzione industriale non è intesa solo come mero fattore di costo della produzione, bensì al tempo stesso come un contributo in chiave di marketing, ma anche e soprattutto come un investimento nella qualità dei posti di lavoro e nell’identità dell’azienda. Naturalmente, l’architettura si rivolge poi anche ai visitatori. Questi ultimi vengono sorpresi dalla facciata inverdita e colpiti dalla hall di ingresso che esalta in maniera drammatica l’elemento verticale e trasforma in una virtù la necessità di dover salire fino alla reception. Questa raffinata architettura si rivolge tuttavia soprattutto al personale, per il quale crea – in un contesto senza pretese – un luogo piacevole e stimolante con cui potersi identificare. Centro per l’innovazione Hilti, Schaan Il Centro per l’innovazione Hilti segue una strategia per la quale il tema principale non è la differenziazione di un sistema aperto, quanto piuttosto un sistema che parte da si- tuazioni spaziali diverse e specifiche riunendole in un insieme compatto. Un sistema che può essere descritto come un tipo di sezione che garantisce una certa flessibilità, ma che prende le mosse dalla differenza. Unità e vicinanza nascono qui da collegamenti spaziali e solo in un secondo momento dall’affinità di atmosfera. La struttura portante, che anche in questo luogo assume un ruolo di caratterizzazione dello spazio, è ben differenziata ma mantiene nello stesso tempo un riferimento all’ordinamento spaziale. Alla base del concorso di architettura vi era un programma accuratamente elaborato. In collaborazione con il Fraunhofer Institute for Industrial Engineering (IAO) era stato infatti esaminato – sistematicamente e già in anticipo – il modo in cui si svolgevano i processi di sviluppo alla Hilti e l’aspetto che avrebbe dovuto avere l’ambiente di lavoro, a sua volta collegato con spazi dedicati all’innovazione, alla formazione e con una terrazza riparata sul tetto. Tutte le aree comuni sono realizzate come ponti in senso spaziale e figurato, ma anche sotto il profilo costruttivo. Si estendono sopra all’ampia officina sperimentale che costituisce il cuore della struttura ed è circondata su tre lati da uffici, mentre il quarto è stato lasciato libero per futuri ampliamenti. In questo spazio centrale vengono testate le soluzioni precedentemente elaborate nei locali circostanti, ed è qui che sorgono le questioni che dovranno successivamente essere risolte negli spazi a fianco o sovrastanti. L’esigenza di ridurre le distanze viene quindi soddisfatta in maniera esem- plare. Più importante ancora è tuttavia il fatto che con le sue compenetrazioni e la sua chiarezza tipologica l’edificio trovi un’impressionante forma simbolica per il tipo di collaborazione postulato. Attraversando la «fabbrica del pensiero» degli ingegneri, la luce penetra direttamente nell’officina. Nonostante le proprie dimensioni, la costruzione cerca in ogni modo di generare un’atmosfera di partecipazione all’insieme. Lo spazio centrale dedicato ai test è circondato da un anello aperto di officine e laboratori, sopra ai quali sono collocati uffici dai quali lo sguardo si getta su tutto l’ampio locale. Al centro si estende in verticale verso il piano di ingresso e ricevimento in modo da sviluppare anche qui una presenza forte. Da questa posizione elevata gli ospiti interni, e più raramente anche esterni, ottengono una visuale delimitata sull’attività sperimentale, possono entrare in contatto con il personale nel grande auditorium o nelle sale conferenza, nel bar o nel foyer, e possono all’occorrenza essere condotti direttamente in basso per una dimostrazione. Il piano più alto copre infine l’intera officina centrale. Ciononostante, anche in questo caso viene mantenuta una relazione: non solo attraverso i lucernari nelle corti, ma anche e soprattutto mediante la forte presenza della struttura portante al centro dell’edificio. Con la sua massiccia materialità, lo scheletro in acciaio apertamente visibile e tangibile ricorda in ogni momento che ci si trova in una costruzione a ponte, sopra lo spazio che è stato visto entrando nell’edificio. PROGE T TARE IN SE ZIONE 40 1 0 5 10 20 2 Foto Karin Gauch e Fabien Schwartz PROGE T TARE IN SE ZIONE 41 0 0 5 5 3 10 10 Innovations_Zentrum_Hilti Ebene 3 Publikationspläne 1 2 3 4 5 gezeichnet aa 1:500 Datum 05.09.16 revidiert giuliani.hönger architekten eth-bsa-sia, Zürich 0 5 4 10 0 5 5 10 Assonometria della struttura Sezione del modello Pianta terzo piano Pianta secondo piano Sezione longitudinale Disegni giuliani.hönger 0 5 10 Innovations_Zentrum_Hilti Ebene 2 Publikationspläne gezeichnet aa Datum 05.09.16 revidiert 1:500 giuliani.hönger architekten eth-bsa-sia, Zürich Pluralità nell’unità Gli spazi, come da programma, hanno un carattere variegato. Le aree semiaperte del piano di ingresso sono contraddistinte da pavimento in pietra e soffitti in gesso profilati attraverso dei fregi, gli uffici presentano moquette e soffitti aperti con campi bianchi deputati all’acustica, alla climatizzazione e all’illuminazione, mentre le zone intermedie hanno pavimenti in legno e gli stessi elementi a soffitto, che qui tuttavia sono disposti in maniera più fitta. Nonostante questa differenziazione, anche la configurazione degli spazi interni contribuisce all’unità. Com’è naturale, il campo di test dell’officina sperimentale è accuratamente e fisicamente separato dal resto: qui in fondo si sottopongono vari elementi a sollecitazioni fino al loro cedimento, si simulano terremoti e si svolgono altri esperimenti decisamente violenti. Grazie ai pavimenti chiari in calcestruzzo così come alle pareti e ai soffitti lisci, la realizzazione è comunque simile a quella di tutti gli altri locali. Viceversa, anche negli uffici c’è un tocco dell’atmosfera da officina dato dai pilastri in calcestruzzo a vista, così come da impianti e soffitti grezzi mantenuti a vista in alcuni punti. Le zone comuni, infine, sono collegate agli uffici per mezzo dei soffitti e il carattere domestico di pavimenti in legno ed elementi d’arredo trova il suo contraltare nella possanza nuda e cruda del massiccio scheletro di acciaio. Solamente nelle aree di rappresentanza del piano di ingresso la costruzione appare completamente rilassata. Dove si lavora in maniera innovativa ci sono frizioni e contrasti leggeri ma continui, chiaramente ben calcolati. Specificità e tipicità Collocata nel punto di transizione verso la pianura del Reno, con la sua ampia volumetria suddivisa sul piano orizzontale la costruzione si inserisce con precisione nel suo ambiente. I parapetti neri a fascia, fortemente sporgenti, sottolineano il peso della costruzione, i cui possenti elementi in calcestruzzo dimostrano per inciso l’efficacia dei sistemi di fissaggio che vengono sviluppati all’interno della stessa. Attraverso il rinnovamento dell’edificio centrale, posto più in alto sull’altro lato della strada principale, l’orizzontalità del Centro per l’innovazione è stata recentemente arricchita di un vigoroso aspetto verticale. Guardando da lontano si potrebbe quasi avere l’impressione che si tratti di un basamento per la sede centrale del gruppo e gli edifici di produzione a essa collegati. Un’immagine dall’elevato valore simbolico. Dr. Martin Tschanz, architetto e docente alla ZHAW di Zurigo Traduzione di Andrea Bertocchi PROGE T TARE IN SE ZIONE 44 Mario Botta foto Enrico Cano Edificio Fuoriporta, Mendrisio ┌ Committenza: Mario Botta, Mendrisio Architettura: Mario Botta, Mendrisio Collaboratori: T. Botta, F. Bellini, M. Pelli, N. Salvadè Ingegneria civile: Brenni Engineering SA, Mendrisio Progetto impianti RVCS: IFEC Ingegneria SA, Rivera Progetto impianti elettrici: Elettroconsulenze Solcà SA, Mendrisio Fotografia: Enrico Cano, Como Date: progetto 2005 realizzazione 2007-2011 Pianificazione energetica: IFEC Ingegneria SA Superficie (Ae): 4’092 mq Modalità produzione calore: L’energia calorica necessaria al riscaldamento dell’acqua calda sanitaria e al riscaldamento dell’intero stabile è generata da un sistema bivalente alternativo composto da una pompa di calore polivalente aria-acqua posata sulla copertura dell’edificio e da una caldaia a gas ubicata nella centrale termica al P-1.La resa del calore in ambiente avviene principalmente tramite convettori a pavimento e pavimenti radianti. Nei locali alti sono previsti anche isole radianti utilizzate sia per il riscaldamento che per il raffrescamento degli spazi Acqua calda: Supporto caldaia a gas, incluso apporto solare termico (installati 12 pannelli solari termici sulla copertura) Generazione elettricità: Superficie netta, potenza, rendimento e produzione Requisito primario involucro dell’edificio: Qh = 114 MJ/m2a (Qh,limite=170 MJ/m2a) Fedele alla convinzione che ogni singolo progetto può trasformare una «parte di città» in quanto elemento generatore di nuovi spazi collettivi, l’intervento architettonico rappresenta un tassello di una proposta urbanistica di più ampio respiro che cerca la riqualificazione dell’area novecentesca cresciuta attorno al nucleo, zona strategica nel futuro assetto di Mendrisio. L’edificio si trova, infatti, tra le pendici della collina dove è cresciuto il centro storico, a sud, e la pianura di San Martino attraversata dalle infrastrutture del traffico, a nord – autostrada, ferrovia e strada cantonale. Si può quindi affermare che il nuovo manufatto contribuisce a definire un limite – una nuova porta urbana – tra il tessuto edilizio del borgo e il piano dei traffici e della campagna sottostanti. Per evidenziare questa condizione si sviluppa una tipologia a L con il lato lungo verso valle, parallelo alla strada che conduce alla stazione ferroviaria, e quello corto allineato su via Zorzi, che sale verso il centro storico. La volumetria, completamente rivestita in conci di travertino giordano a corsi orizzontali e segnata dai profilati di ferro nero dei serramenti, è articolata dalle due testate che segnano gli ingressi alle estremità. Il nuovo studio d’architettura di Mario Botta occupa l’intero piano terra dell’ala allungata mentre i volumi edilizi ai piani superiori sono adibiti a residenze o a uffici. Si presenta quindi come un lungo parallelepipedo a doppia altezza, con un doppio affaccio (nord-sud) ritmato da alte finestre. Come sempre accade nelle opere dell’architetto ticinese, noto interprete della migliore tradizione del moderno, la definizione degli interni è parte inscindibile del progetto architettonico complessivo e quindi, in questo caso, esprime con coerenza il suo modo di lavorare. Richiamandosi alla nozione di «bottega», il rapporto tra maestro e discepolo va nutrito pazientemente giorno per giorno alla scoperta PROGE T TARE IN SE ZIONE 45 dei preziosi segreti del mestiere, per cui ogni postazione si concepisce come una cella. Non a caso è una luce quasi monacale che scandisce lo spazio – filtrando dall’esterno tramite ante metalliche traforate – e caratterizza l’ambiente produttivo dell’atelier. L’uso del computer non fa che potenziare una metodologia professionale ormai collaudata, dagli schizzi iniziali ai dettagli di cantiere, rielaborando soluzioni sempre più calibrate in cui la tecnica e i materiali concorrono a configurare e consolidare l’idea portante del progetto. I suoi oggetti di design – testimonianze di una ricerca ludica e continua sulla logica costruttiva della forma – galleggiano in questa atmosfera silenziosa, particolarmente adatta alla riflessione che richiede ogni atto creativo. MD MARIO BOTTA ARCHITETTO EDIFICIO "FUORIPORTA", NUOVO UFFICIO MARIO BOTTA A MENDRISIO 2005 - 2010 SITUAZIONE 1 1 2 3 4 Sezione longitudinale Pianta quarto livello Pianta secondo livello Pianta livello zero 2 3 0 5 10 20 4 PROGE T TARE IN SE ZIONE 47 PROGE T TARE IN SE ZIONE 48 5 Sezione trasversale 6 Stralcio della sezione longitudinale Disegni studio d’architettura Mario Botta G A B C D E F 5 6 0 1 2 4 PROGE T TARE IN SE ZIONE 49 PROGE T TARE IN SE ZIONE 50 Buzzi studio d’architettura foto Marcelo Villada Ortiz Residenza le Stelle, Solduno ┌ Committenza: Anastasi ingegneria SA, Locarno Architettura: Buzzi studio d’architettura, Locarno Collaboratori: M. Comaschi, M. Inches, D. Scardua, L. Nocerino, M. Martinelli Ingegneria civile: Anastasi ingegneria SA, Locarno Fotografia: Marcelo Villada Ortiz, Bellinzona; Tessa Donati, Locarno Date: progetto 2006-2010 realizzazione 2012-2015 Pianificazione energetica: IFEC Ingegneria SA Standard energetico: Rispetta normative RuEn Tipologia edificio: Nuovo complesso residenziale Superficie (Ae): 3’062 mq Modalità produzione calore: Pompa di calore aria-acqua Acqua calda: Termopompa I tre edifici sorgono in un luogo di transizione ai bordi del sobborgo di Solduno a Locarno, tra una strada di quartiere e un ripido pendio verso il fiume Maggia. Il complesso aperto si orienta all’urbanizzazione delle ville borghesi del vicinato. Lungo la strada l’edificio orizzontale con appartamenti in affitto e un piano terreno commerciale crea un fronte urbano, un indirizzo e un moderato spazio pubblico adatto al quartiere. Verso il delta si elevano due snelle torrette condominiali in cui si è ideato un solo appartamento per piano secondo la tipologia milanese della villa a piani. Le piante variano di piano in piano grazie alla sezione con tre differenti altezze interne (cucina intima 2.31 m, camere 2.62 m e salone borghese 2.93 m). Gli appartamenti e i loro spazi s’incastrano tra loro innescando un dialogo individuale con la corte interna, il vicinato e il paesaggio fluviale. Come un tulle le facciate aderiscono ai corpi di fabbrica. La facciata ondulata in mattoni è stata fissata e sospesa a mensole indipendenti dalla struttura in cemento armato isolata esternamente. Gli elementi incollati e accastellati da un robot in orditura aperta creano l’effetto di una parete continua dal quale sono tagliate le aperture rettangolari che incorniciano le finestre. Rispetto alle finestre le aperture sono parzialmente sfasate e realizzate senza orlo ai bordi. La trama ricorda le pareti delle stalle lombarde, riprese da Rino Tami a metà anni Cinquanta in numerosi edifici residenziali e nell’adiacente casa Beretta del 1962. Il disegno a patchwork e l’irregolarità della parete ondulata nascono da un confronto progettuale con le tolleranze di cantiere e la produzione digitale. La facciata si compone di un assemblaggio casuale di sette elementi tridimensionali – «pixel patchwork» – dall’effetto bugnato in mattoni ROB-brick di argilla del Giura, appositamente prodotti per questo edificio che si adattano alle tolleranze e alle differenti misure della costruzione. Il progetto e le sue premesse. Ville e palazzine Sono nato in questo quartiere e quindi lo conosco bene. Il progetto si è ispirato al carattere delle ville borghesi d’inizio Novecento che sorgevano in questo quartiere. Le loro facciate ecclettiche, i generosi spazi interni e i giardini aperti che le circondavano sono stati reinterpretati nel progetto. Anche gli edifici in mattone sorti alla fine del XX secolo segnano il carattere di questo quartiere, in particolare l’edificio contiguo dell’architetto Tami. Queste due premesse storiche hanno ispirato il progetto che ne diventa una combinazione. A B C Un complesso aperto Sia il carattere architettonico che la disposizione degli edifici integrano il complesso nel tessuto del quartiere di Solduno. L’edificio di Tami, il parco fluviale del delta della Maggia e i giardini interni del vicinato diventano le quinte della corte interna. Se su via Varenna l’edificio risulta molto urbano, quando si attraversa la corte si scopre un altro mondo, aperto sul fiume, immerso nel verde del delta. Grazie alla loro intelligente disposizione tutti e tre gli edifici godono la vista dello scenario sul delta e il lago Maggiore. La tipologia interna variabile e le tre altezze interne regalano una forte individualità a ogni appartamento e ricordano il carattere generoso delle ville borghesi. Anche i loggiati diventano dei giardini d’inverno, una stanza all’aperto aperta sul panorama fluviale. Ordine e disordine Abbiamo creato una grande varietà architettonica usando pochi elementi, che si ripetono, allo scopo di realizzare un’unità espressiva a un costo razionale. Grazie alla mancanza di qualsiasi allineamento di facciata la costruzione ha potuto essere realizzata in maniera veloce ed economica. PROGE T TARE IN SE ZIONE 52 1 2 1 2 3 4 5 6 7 Sezione longitudinale blocco B Sezione trasversale blocco B e C Pianta sesto livello Pianta quinto e terzo livello Pianta quarto livello Pianta secondo livello Pianta primo livello 3 0 1 5 10 Foto Tessa Donati 4 5 6 7 PROGE T TARE IN SE ZIONE 54 La filosofia di progetto. Tradizione e innovazione La nostra architettura non è mimesi o una mera copia del passato, ma ne è un’interpretazione contemporanea. Si nutre del substrato urbano, dell’atmosfera del luogo in cui sorge, così da diventarne un nuovo tassello adeguato alla sua specificità. Progettare un edificio che si radica nel contesto e non un oggetto alieno contribuisce a combattere la crescente banalizzazione del paesaggio costruito, riconcilia passato e presente. Solo così l’edificio diventa parte della città, ne stimola il rinnovamento e la continuità, divenendo un contributo non solo privato ma pubblico alla vita di tutti giorni per chi vi abita. I processi e le tecnologie innovative della costruzione che utilizziamo per interpretare le qualità formali e materiali del luogo esistente radicano la nostra architettura non solo nel luogo ma anche nel tempo in cui nasce. Un architetto deve usare i mezzi della sua epoca, anzi possibilmente contribuire con modestia all’evoluzione della pratica del mestiere. Anche il tempo è in fondo un luogo nel quale l’architetto s’inserisce: oggi dobbiamo rispondere a nuove esigenze ecologiche sociali ed economiche che rappresentano una sfida che si rinnova di giorno in giorno, e che richiede adeguati mezzi e conoscenze sempre nuove. 8 0 8 Dettaglio sezione Testo Francesco Buzzi Disegni Buzzi studio d’architettura 0 1 2 4 0.5 1m PROGE T TARE IN SE ZIONE 56 Stefanie Hitz foto Marcelo Villada Ortiz Trasformazione di una casa storica, Salorino ┌ Committenza: Stefanie Hitz e Matteo Vegetti, Salorino Architettura: Stefanie Hitz, Salorino con Luca Mostarda, Atelier Nido, Mendrisio Ingegneria civile: Borlini & Zanini SA, Pambio Noranco Pianificazione energetica: IFEC Ingegneria SA, Rivera Geomatica (scan 3d): Lehmann Visconti Sagl, Melano Fotografia: Marcelo Villada Ortiz, Bellinzona Date: progetto 2014 realizzazione prima fase 2015, seconda fase 2017 Il progetto consiste nella trasformazione di una casa del 1719, situata al limite superiore del nucleo storico del paese di Salorino, in un’abitazione per una famiglia di tre persone, con uno studio, giardino e ampio terrazzo. Il paese è collocato su un ripido pendio esposto a sud, ai piedi del Monte Generoso. Il sito offre una visuale aperta e panoramica verso Mendrisio e le Alpi italiane. L’orografia, caratterizzata da versanti molto scoscesi, presenta vigneti terrazzati, corsi d’acqua e strisce boschive selvatiche. Questo paesaggio condiziona la conformazione urbanistico-spaziale del piccolo borgo, quasi «aggrappato» alla montagna. I volumi delle case sono accatastati e sovrapposti l’uno all’altro: infatti la sezione, dalla cantina della casa sottostante a quella del progetto fino al tetto, si sviluppa su un’altezza di cinque piani, e le facciate sud e ovest della cantina e del piano terra sono integrate nell’insieme dei volumi circostanti. Per le condizioni generali dell’edificio si è adottata una strategia di ricostruzione completa degli interni, mantenendo però la volumetria storica, salvo un piccolo rialzamento del tetto. All’interno l’edificio è stato completamente smantellato e ricostruito. La sfida progettuale è consistita nel far corrispondere l’esigenza di nuovi spazi interni con la conformazione originale delle facciate. Si trattava in sostanza di sviluppare una sequenza armoniosa di spazi in funzione dell’uso, e soprattutto in funzione della luce e delle viste. L’ordine spaziale è pensato in base a una forte gerarchia tra spazi privati e spazi comuni. Gli spazi comuni formano un tutt’uno, un gioco di volumi che segue lo sviluppo delle aperture e delle viste per formare una specie di torre di luce. Il percorso genera così uno spazio fortemente ascensionale. Una delle principali difficoltà del cantiere è stata l’impervia accessibilità al sito. Le piccole vie del nucleo non consentivano infatti il lavoro con mezzi tradizionali quali camion e gru. Si è pertanto optato per un tipo di costruzione non tradizionale, con elementi prefabbricati in legno, relativamente leggeri e montabili con l’elicottero. Tutta la struttura portante è realizzata in elementi in legno multistrato a strati prodotti su misura, e progettati sulle basi di una scansione 3d dell’edificio esistente. Il sistema statico, semplice ed efficace, rispecchia la gerarchia spaziale. Simile a una casa di carte capovolta, la struttura portante è incrociata tra i piani. Due grandi elementi-trave attraversano per la lunghezza lo spazio del sottotetto in cima alla casa. Ad essi sono appesi il pavimento del piano-tetto e le quattro pareti trave che determinano la divisione delle stanze al primo piano. Queste quattro pareti portano a loro volta il soffitto dello spazio libero del piano terra. Gli sforzi vengono trasmessi tra i singoli elementi in legno e scaricati ai muri perimetrali in sasso per mezzo di elementi metallici appositamente realizzati. Per una maggiore economia spaziale in sezione, le solette in legno dello spessore di 12 cm fungono da soffitto e da pavimento allo stesso tempo. Gli impianti sono integrati in appositi vani verticali e la distribuzione orizzontale avviene all’interno dei mobili fissi generanti gli spazi. Gli elementi in legno dei pavimenti e delle pareti sono trattati con pitture a cera bianche diversamente coprenti. Le pareti perimetrali in sasso sono invece coperte con un intonaco semplice e una pittura bianca a base di calce. Il pavimento al piano terra è un getto a base di gesso sigillato con delle resine. La casa assume così una parvenza molto semplice, internamente ed esternamente, per integrarsi bene nel paesaggio circostante. 0 1 2 5 1 0 1 2 5 2 4 5 PROGE T TARE IN SE ZIONE 58 PROGE T TARE IN SE ZIONE 59 6 0 1 2 5 0 1 1 2 3 4 5 6 3 5 10 Pianta piano secondo Pianta piano primo Pianta piano terra Sezione prospettica trasversale Sezione prospettica longitudinale Esploso degli elementi prefabbricati in legno lamellare ed elementi metallici Testo e disegni Stefanie Hitz PROGE T TARE IN SE ZIONE 60 Davide Macullo Architects foto Alexandre Zveiger Swiss House XXII, Preonzo ┌ Committenza: Ivan Figura, Preonzo Architettura: Davide Macullo Architects, Lugano Ingegneria civile: Bonalumi & Ferrari, Giubiasco Fotografia: Alexandre Zveiger, Lugano Date: progetto 2012-2014, realizzazione 2013-2015 Pianificazione energetica: Bonalumi & Ferrari, Giubiasco Standard energetico: Requisiti standard minimo di legge Tipologia edificio: Costruzione nuova /riuso, casa unifamiliare Superficie (Ae): 125 mq; superficie involucro: facciate 280 mq, tetto 120 mq Fattore di forma: 2.93 Modalità produzione calore: Termopompa aria-acqua alimentazione elettrica Generazione elettricità: Valvola entrata 25 A, Potenza 18 Kw Il terreno su cui sorge l’edificio si situa nella parte pianeggiante del paese di Preonzo, tra l’autostrada e la strada cantonale, ai margini della zona agricola, dove costruzioni in pietra, rimembranze dell’epoca contadina, contraddistinguono la campagna intorno. Ora lentamente le nuove «villette» del tessuto residenziale erodono queste terre, cancellando la memoria storica in esse contenute. Il progetto fa tesoro di questa significativa presenza del passato, trasformando e ampliando uno di questi manufatti. Per soddisfare le nuove esigenze abitative della famiglia, la superficie abitabile è stata maggiorata, aggiungendo al rustico esistente due volumi che per forma e dimensione dialogano con il primo, stabilendo un nuovo equilibrio senza però alterarne la scala. Gli edifici agricoli tradizionali, generalmente di due piani e con tetto a falde, sono in pietra a vista o rasapietra, con scale esterne che portano al livello del fienile. Erano di supporto al lavoro nei campi e all’allevamento del bestiame. Dalla planimetria si nota che sono orientati a sud, a differenza delle nuove costruzioni che seguono invece la geometria delle strade. Questi nuovi tracciati segnano la campagna e si distinguono per l’andamento perfettamente rettilineo in seguito alla bonifica del piano, terreno alluvionale del fiume Ticino. Il progetto si allinea alle due direzioni come un ventaglio: dal manufatto esistente, i due volumi addizionali ruotano fino a posizionarsi perpendicolarmente rispetto alla strada di quartiere. Così come i volumi, anche la copertura è frastagliata: potrebbero sembrare al primo sguardo tre tetti tradizionali a due falde, invece sono il risultato di un gioco di coperture inclinate, di superfici piegate. Una volta entrati, lo sguardo coglierà perfettamente la loro configurazione. Al piano terra, quello che era il rustico ospita ora il soggiorno che si sviluppa su tutta l’altezza, esaltandone il volume e la qualità delle proporzioni. Le funzioni restanti dell’abitazione sono aree aperte o flessibili. Dall’ingresso al soggiorno, passando dalla zona pranzo e cucina fino allo studio, lo spazio è libero e continuo non solo sul piano orizzontale, ma anche su quello verticale: pur avendo un disegno preciso, gli ambienti fluiscono in quelli accanto permettendo di offrire una percezione di maggiore ampiezza all’abitazione, seppure essa rimanga di modeste dimensioni. Per ammirare al meglio il paesaggio della Riviera, le finestre sono state ritagliate a diverse altezze: dallo stesso locale si possono vedere contemporaneamente l’antico monastero benedettino di Santa Maria Assunta sopra Claro, inerpicato a mezza montagna, i fabbricati caratteristici della zona agricola e le cime delle montagne circostanti. Le aperture sul fronte est sono due per porzione di facciata, ampie e poste in diagonale tra di loro: quella a livello del suolo si riflette sulla pavimentazione esterna. Gli sguinci esaltano la plasticità dell’insieme ottenuto grazie al trattamento omogeneo delle superfici. Le strutture portanti, incluse quelle del rustico, sono interamente isolate e intonacate in color grigio; la copertura è rivestita in carta catramata ardesiata anch’essa di colore grigio, ma di tonalità più chiara. L’edificio è stato isolato esternamente per rientrare negli standard energetici di base e ottenere una coibentazione ottimale. La sistemazione esterna prevede un accesso veicolare e parcheggio in terra battuta, un’area verde e delle superfici minerali in ghiaia in corrispondenza delle aperture sul fronte principale. DB 1 PROGE T TARE IN SE ZIONE 62 1 2 3 4 5 6 Prospettive dello sviluppo della copertura Sezione trasversale Pianta piano tetto Pianta piano primo Pianta piano terra Sezione trasversale di dettaglio Disegni Davide Macullo Architects 2 3 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Soggiorno Cucina - Pranzo Toilette Camere ospiti Portico - Entrata Bagno Vano tecnico Camera Studio 8 6 9 4 4 5 2 3 7 1 5 0 1 5 10 0 1 2 4 6 PROGE T TARE IN SE ZIONE 63 64 COMUNIC ATI Regolamenti improntati alla prassi Garanzia di imparzialità, un tema ricorrente Rudolf Vogt Architetto PF SIA FAS e presidente della commissione concorsi SIA [email protected] In Svizzera i bandi di concorso concernono un contesto relativamente contenuto, e la cerchia di specialisti competenti è piuttosto ristretta. Di conseguenza, le commissioni incaricate si trovano spesso a dover decidere se l’uno o l’altro progettista abbia o no il diritto di partecipare o se l’uno o l’altro membro giurato sia o no imparziale. Davanti al giudice, l’accusato è noto sin dal principio, mentre i membri del tribunale (giudici e cancellieri) sono definiti solo in un secondo momento. I membri verso cui sussiste un sospetto di parzialità sono ricusati. Quando è indetto un bando di concorso, specialmente nel caso di una procedura libera, tale regolamentazione va applicata in modo analogo, ma invertendo l’ordine. In altre parole: prima sono designati i membri della giuria e poi, con la revoca dell’anonimato, è rivelato anche il nome dei partecipanti. Per evitare casi di parzialità durante i concorsi, sono dunque i concorrenti a doversi ritirare e non i membri giurati. Nei regolamenti SIA 142 dei concorsi d’architettura e d’ingegneria e SIA 143 dei mandati di studio paralleli sono definite le situazioni in cui i partecipanti hanno l’obbligo di ritirarsi. Si legge che al concorso non può partecipare: chi ha un rapporto di impiego con il committente, un membro della giuria o un esperto; chi è parente stretto di un membro della giuria o di un esperto, oppure chi ha un rapporto di dipendenza professionale o è in associazione professionale con loro, oppure chi ha partecipato alla preparazione del concorso. Tali motivi sono spiegati nel dettaglio nella direttiva SIA 142i-202i «Prevenzione e motivi di ricusazione» (cfr. infobox al termine). I seguenti esempi mostrano chiaramente quanto complesse possano essere le questioni che concernono la parzialità e le ricusazioni. Discussione durante una riunione di giuria: per prendere la decisione giusta, è fondamentale poter formulare una valutazione imparziale. Foto Beat Schweizer Quando si prepara un concorso si tratta soprattutto di decidere se un dato progettista possa o no partecipare. Mentre durante la procedura stessa spesso sorge la domanda se i singoli giurati siano veramente imparziali. Legami di parentela Un progettista nella tecnica della costruzione, che chiameremo X, partecipa a un concorso come membro di un team, con a capo un architetto. Come menzionato nel programma di concorso, il fratello di X è un esperto di fisica della costruzione e interviene durante l’esame preliminare, in veste di esperto. La giuria decide di raccomandare il progetto in cui c’è anche X. All’apertura delle buste risulta però che X e l’esperto sono parenti stretti. In situazioni come queste il regolamento e la direttiva SIA parlano chiaro: X non avrebbe dovuto partecipare al concorso. In tal caso la commissione concorsi considera prioritario il principio di proporzionalità rispetto all’interpretazione ferrea del regolamento, e raccomanda all’ente banditore di considerare comunque il progetto in questione per le tappe successive. Ciò soprattutto in ragione del fatto che la commissione dubita che la giuria, nel prendere la sua decisione, si sia fatta condizionare in modo preponderante dal legame di parentela esistente, tanto più che le due persone interessate rivestono un ruolo di secondo piano nella procedura: X è infatti membro di un team e suo fratello un esaminatore preliminare. Legami professionali Nel seguente esempio, il docente A (direttore in un istituto di una SUP) par- tecipa a un concorso in veste di membro giurato. Il suo collega B, anche lui docente presso lo stesso istituto, vuole prendere parte al concorso. Purtroppo però le disposizioni fissate nel programma di concorso non sono chiare, i regolamenti SIA non sono menzionati per iscritto in modo vincolante, bensì ci si limita a fare riferimento alla direttiva SIA 142i-202i. Sul piano giuridico sorgono vari interrogativi. Quali disposizioni legali vigono? Che significato ha il rimando a una direttiva se il regolamento non è fissato in modo vincolante? La commissione concorsi prende posizione e giunge alla conclusione che la situazione lascia presupporre un conflitto di interessi. Si raccomanda dunque che il docente B non partecipi al concorso di progettazione o, in caso contrario, che venga escluso dalla procedura. Studi preliminari L’ultimo esempio illustra un caso diverso. L’architetto A è membro della commissione urbanistica che ha valutato in modo negativo e respinto il progetto presentato dall’architetto B. Su raccomandazione della commissione menzionata, la committenza decide di non chiedere a B una rielaborazione del progetto e lancia invece un bando di concorso. Il committente vuole sapere se è possibile designare quali membri giurati sia l’architetto A sia l’architetto B, senza che vi sia un rischio di parzialità. Per la commissione concorsi è chiaro che la precedente implicazione di entrambi gli architetti non rappresenta alcun problema, è tuttavia decisivo stabilire se l’imparzialità di giurati ed esperti possa in qualche modo essere influenzata dalle circostanze de- ┌ ┌ Regolamenti improntati alla prassi: il concetto di parzialità Questa serie verte su un tema a cui si fa riferimento nei regolamenti SIA 142, 143 e 144. Il testo attuale si riferisce all’articolo 12.2 del regolamento SIA 142 dei concorsi d’architettura e d’ingegneria che definisce i motivi di ricusazione e parzialità. L’articolo 12.2 sancisce chi abbia il diritto di partecipare a un concorso e per quale motivo. Sempre su questo tema complesso esiste una direttiva che chiarisce le basi giuridiche e contempla numerosi esempi in materia. Le direttive della commissione SIA 142/143 sono scaricabili gratuitamente su www.sia.ch/142i. A voir − Architecture Romande Petit Guide 2015–2016 228 pp., brossura; 18.70 franchi (membri e studenti, al momento dell’ordinazione indicare la propria affiliazione SIA). Inviare l’ordinazione a: Segretariato SIA Vaud; [email protected]. Nelle librerie della Svizzera romanda: in vendita a 22.00 franchi. Di più su: www.vd.sia.ch/avoir 1 Caserma intercomunale di Bernex-Confignon (GE). progettata dallo studio bunq architectes. Foto David Gagnebin de Bons 2 Sala polivalente a Sâles (FR), progettata dallo studio Acarchitectes. Foto Thomas Jantscher Nuove opere realizzate nella Svizzera romanda Frank Peter Jäger Redattore responsabile Pagine SIA [email protected] La sezione vodese della SIA ha pubblicato la 3a edizione di «A voir», una guida tascabile sul panorama architettonico-ingegneristico contemporaneo della Svizzera romanda. La guida tascabile presenta circa un centinaio di opere realizzate tra il 2015 e il 2016 in diversi cantoni francofoni. I progetti architettonici e ingegneristici illustrati sono tutti, come ben suggerisce il titolo, assolutamente «da vedere». La presentazione di ciascuna opera occupa una doppia pagina, con una breve descrizione, immagini, planimetrie e sezioni. Il ventaglio è ampio e sfaccettato, spazia da nuovi ponti a (e soprattutto) case d’abitazione, edifici pubblici, ma anche 65 «A voir» stabili commerciali e industriali. La mini guida illustra anche una dozzina di trasformazioni e risanamenti di monumenti storici e si presenta in un attraente layout di forma quadrata. La sala polivalente raffigurata nella foto è opera dello studio Alexandre Clerc Architectes (Acarchitectes), si trova ai margini di Sâles, un paesino del Cantone di Friburgo, ed è stata progettata per completare la preesistente palestra. Oltre a diverse opere vodesi, il libretto presenta anche ben 37 progetti realizzati nel Cantone di Ginevra. Tra questi la caserma intercomunale di Bernex et Confignon (nell’immagine), realizzata nel comune ginevrino di Bernex dallo studio d’architettura bunq Architectes. L’edificio è composto da una serie di fasce trasversali che si adattano in modo sfalsato alla geometria della parcella, di forma stretta. Questa particolare morfologia permette alla luce di entrare naturalmente e diffondersi in tutto l’edificio. Il volume e le facciate cambiano in funzione del contesto. Da un lato gli elementi che compongono la costruzione richiamano la generosità di forme dei vicini stabili industriali; dall’altro si declinano in una successione di volumi di misura più contenuta. COMUNIC ATI scritte. In questo caso no. Al contrario, il fatto che entrambi gli architetti abbiano già delle conoscenze preliminari sul progetto è persino vantaggioso ai fini dei dibattiti che intratterrà la giuria. A prescindere dalle disposizioni legali, dai corrispettivi regolamenti e dalla direttiva SIA, ecco quindi che la questione della parzialità non può definirsi una scienza esatta. Ciascun caso presenta le proprie peculiarità, e spesso ogni situazione va valutata ex novo. La commissione concorsi prende posizione, ma non può predire la decisione dei tribunali. Oltre alle disposizioni legali vigenti in materia e ai regolamenti SIA vanno considerati anche altri principi giuridici, tra questi il principio di proporzionalità. 66 COMUNIC ATI Partner importanti della politica societaria Michael Schmid Arch. ETHZ, contitolare dello studio Büro B, presidente del gruppo professionale Architettura SIA [email protected] Un bilancio intermedio, dopo quattro anni in veste di presidente del gruppo professionale Architettura: benché in quest’arco di tempo si sia compiuto un grande lavoro, il BGA è ancora troppo poco conosciuto. Il gruppo professionale Architettura (BGA) SIA ha una struttura molto ben organizzata. Il Consiglio del gruppo riunisce 25 membri, provenienti da diverse regioni della Svizzera e attivi in diversi ambiti professionali. Il BGA partecipa all’Assemblea dei delegati con 19 rappresentanti, vale a dire circa un quarto dei votanti, da qui il ruolo chiave che esso svolge nella politica societaria. I membri sono presenti anche in seno alle organizzazioni partner, tra cui Bauenschweiz, Conference suisse des architectes CSA, Runder Tisch Baukultur, Piattaforma Direzione Lavori ecc., e difendono attivamente gli interessi della SIA. Conferenza «LowTec – NoTec» I progetti promossi dal BGA completano in modo mirato l’ampio ventaglio di proposte SIA, offrendo svariate attività su questioni professionali specifiche. La Giornata BGA ha luogo a cadenza biennale e offre la possibilità di discutere di argomenti attuali e nel contempo intessere e ampliare la rete di contatti. La conferenza di quest’autunno, organizzata in collaborazione con il gruppo professionale Tecnica (BGT), verterà sul tema «LowTec – NoTec». Si parlerà della portata della tecnicizzazione nel ramo della costruzione e di diverse possibili soluzioni alternative. Tra gli altri progetti vi sono le «Linee guida per i committenti», un documento che mira a illustrare, con spiegazioni e documenti di facile comprensione, le peculiarità che contraddistinguono le varie procedure di aggiudicazione. La documentazione è pensata innanzitutto come strumento ausiliario rivolto ai rappresentanti dei piccoli comuni che non hanno grande dimestichezza nel ramo. In collaborazione con la Piattaforma Direzione lavori è stato elaborato in questi ultimi due anni il profilo di competenze del direttore lavori, attualmente in consultazione. Il prossimo passo sarà quello di stilare un profilo di competenze anche per la professione dell’architetto. Il progetto ha già preso il via, in collaborazione con la Conférence suisse des architectes (CSA). Futuri colleghi La premiazione dei lavori di master più meritevoli, realizzati presso i due Politecnici di Zurigo e Losanna e l’Accademia di architettura di Mendrisio, è curata dall’associazione di specialisti Architetti e cultura (A&C), con il sostegno del BGA. L’evento offre ai laureandi una prima occasione per conoscere i loro futuri colleghi. L’idea è quella di coinvolgere i laureandi delle scuole universitarie e rendere onore al loro impegno anche con il conferimento di premi SIA. Un concetto al proposito è attualmente in fase di elaborazione e dal 2018 dovrebbe concretizzarsi. Seguiamo con attenzione gli attuali sviluppi sul tema BIM. In questo contesto siamo chiamati a riflettere sulle responsabilità e ad analizzare con impegno e cautela non soltanto gli strumenti ausiliari sul metodo, ma anche le implicazioni del BIM in materia di onorari e di possibili slittamenti di prestazioni tra progettisti o fasi progettuali. Con «Svizzera 2050», la SIA ha avviato un grande progetto, un progetto importante per il nostro Paese. Adesso si tratta di definirne meglio i contorni. Il BGA desidera contribuire alla riuscita dell’iniziativa, accompagnando il processo in modo critico e impegnandosi con progetti parziali. Struttura duale In occasione dell’Assemblea dei delegati 2015 si è discusso approfonditamente dell’efficacia attribuita ai gruppi professionali. Nel frattempo si è migliorata in modo sensato e proficuo la collaborazione tra il Comitato SIA, l’Ufficio amministrativo e i gruppi stessi. Il lavoro in seno ai gruppi professionali è ora coordinato e riflettuto in modo più mirato, attraverso una pianificazione dinamica. Sono fermamente convinto che in questo modo il lavoro dei gruppi potrà essere sostanzialmente ottimizzato, rafforzando ulteriormente l’efficacia dell’impegno profuso nel promuovere ciascuna disciplina. Tra i membri tuttavia le nostre attività non suscitano ancora la risonanza sperata. Al momento c’è ancora poca consapevolezza sull’importanza del nostro lavoro, sul ruolo chiave rivestito dai gruppi professionali e sul valore della struttura duale della Società. Tale dualità prevede che in seno all’Assemblea Michael Schmid. Foto Michael Mathis dei delegati i rappresentanti delle sezioni e dei quattro gruppi professionali siano equamente rappresentati. È sicuramente opportuno fornire maggiori informazioni al proposito. Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che si impegnano per portare avanti il prezioso lavoro fornito dal gruppo professionale Architettura. ┌ Rilevamento salariale SIA 2017 Quest’anno la SIA condurrà nuovamente, in collaborazione con le proprie associazioni partner, un rilevamento dei salari nel settore della progettazione. Contenuti principali – Calcolatore salariale per effettuare confronti tenendo conto dell’ambito di specializzazione, della fascia di età e delle qualifiche – Rilevamento salariale in base al sesso – Salari per praticanti e neolaureati Nell’ultimo rilevamento, risalente al 2015, ai fini della valutazione sono stati trasmessi dati relativi a un totale di 10’355 salari, con una somma salariale complessiva di 1,036 miliardi di franchi. A inizio maggio, tutti i membri affiliati alla SIA in qualità di ditta e tutti i membri delle associazioni partner (FAS, FSAP, fsai, FSU, IGS, svu-asep, SITC e usic) riceveranno un’e-mail per partecipare al rilevamento. Maggiori informazioni www.benchmarking.sia.ch ┌ Fattura per la quota di adesione SIA: d’ora in poi via e-mail A fine febbraio avete ricevuto la fattura per il versamento della quota di adesione 2017. In passato, le nostre fatture vi sono sempre pervenute per posta. D’ora in poi, per ottimizzare le procedure contabili, abbiamo deciso di passare progressivamente a una gestione digitale della contabilità. A partire da questo momento, la fattura per la quota di adesione e le altre fatture per i servizi SIA vi saranno pertanto recapitate per via elettronica, in formato PDF. Michel Kaeppeli Arch. ETH, Responsabile del Servizio Regolamenti SIA* [email protected] La Commissione centrale per i regolamenti si rafforza, con l’acquisizione di un nuovo membro, delegato della Comunità d’interessi dei committenti professionali privati (IPB), e dichiara di voler intensificare i rapporti intrattenuti con le sezioni. In occasione dell’ultima seduta del 2016, la Commissione centrale per i regolamenti (ZO) ha accolto tra le proprie fila Oliver Paasch, delegato della Comunità d’interessi dei committenti professionali privati (IPB). È stato così possibile, dopo un periodo di interruzione, riunire di nuovo attorno a uno stesso tavolo i protagonisti coinvolti nel processo di progettazione. Inoltre Ruedi Vogt, presidente della commissione SIA 142/143, ha annunciato le proprie dimissioni a partire dall’estate 2017. La ZO ha preso atto a malincuore della sua decisione, ma ringrazia Ruedi Vogt per il grande impegno profuso nel garantire in Svizzera procedure di aggiudicazione eque e di elevata qualità. La famiglia delle norme sul rincaro è completa All’inizio del 2017, ormai scaduto il termine di ricorso, è stata pubblicata anche la norma SIA 125, l’ultima nata nella famiglia delle norme sul rincaro. Ora le norme SIA che concernono il rincaro coprono tutti gli abituali metodi di calcolo. Ecco la famiglia al completo: – SIA 121 Verrechnung der Preisänderungen mit dem Objekt-Index-Verfahren (OIV) / Facturation des variations de 67 prix par la méthode de l’indice spécifique d’ouvrage (MIS) – SIA 122 Variazioni dei prezzi: Calcolo secondo il metodo parametrico – SIA 123 Variazioni dei prezzi: Calcolo secondo il metodo dell’indice dei costi di produzione (ICP sulla base dei modelli di costo CPN) – SIA 124 Variazioni dei prezzi: Calcolo secondo il metodo di computo e verifica delle quantità – SIA 125 Preisänderungen infolge Teuerung für Leistungen der General- und Totalunternehmer – SIA 126 Variazioni dei prezzi: Calcolo secondo il metodo parametrico per le prestazioni di progettazione Per quanto concerne la norma SIA 121, si è deciso, su richiesta della commissione competente, di interrompere ufficialmente il progetto di revisione, già avviato. Tra due o tre anni i membri della commissione valuteranno se la nuova norma SIA 123 è ormai convalidata e se la SIA 121 (2003) potrà essere ritirata. Chi è responsabile? Nello sviluppo del catalogo delle norme si tiene già conto della digitalizzazione. La ZO tuttavia ha constatato che, come già menzionato nei precedenti rapporti, è necessario definire con maggiore chiarezza le responsabilità. A inizio anno, si è pertanto fatto il punto della situazione per sapere quali organi si stiano già occupando direttamente di alcuni aspetti della digitalizzazione e in che modo si potrebbe ottimizzare la loro collaborazione. In tale contesto riveste un’importanza di primo piano la commissione SIA 112, responsabile del modello in fasi. Coinvolgimento di tutti i gruppi interessati Per essere ancor meglio informata sulla situazione dei progettisti nelle diverse regioni linguistiche, la ZO ha intensificato il dialogo con i rappresentanti delle sezioni. Dai riscontri ottenuti risulta che i regolamenti andrebbero struttura- ti in modo più pratico, soprattutto in vista delle prossime revisioni. Nel 2017, oltre agli scambi con le sezioni della Svizzera romanda, si intensificherà il dialogo anche con la sezione ticinese, che parteciperà alla seduta della ZO in programma a Bellinzona. Tuttavia non si è semplificato soltanto lo scambio con le associazioni esterne. Si sta lavorando con impegno anche in materia di regolamenti, affinché tra le diverse commissioni e discipline le informazioni possano circolare meglio. In tal senso, il 3 novembre 2016, la commissione ZO ha organizzato una cena conviviale a cui hanno preso parte circa cento persone provenienti dalle diverse commissioni. In un’atmosfera rilassata, i partecipanti hanno avuto modo di incontrare i membri di commissioni affini e conoscere meglio i vari ambiti di attività. Tempo di commiati Con la conclusione di questo rapporto è giunto per me anche il momento dei commiati. Quando leggerete queste righe sarò già partito per un viaggio intorno al mondo, durante il quale seguirò anche una formazione continua. Colgo l’occasione per augurare a Daniela Ziswiler che prenderà le redini del servizio Regolamenti in veste di responsabile, un ottimo inizio, successo e tante soddisfazioni. Non da ultimo, desidero rivolgermi ai miei colleghi, al Comitato direttivo e al Comitato SIA e ringraziare tutti per la buona collaborazione intrattenuta. E per concludere ringrazio di cuore i membri delle commissioni, e in particolare Erich Offermann, presidente della ZO, per l’immenso impegno profuso nel far evolvere le basi di collaborazione e comprensione tra progettisti e committenti, basi che rappresentano le fondamenta per una fiorente cultura della costruzione. * Nuova responsabile dal 1° aprile 2017: Daniela Ziswiler, arch. dipl. PF/SIA Doghe di alta qualità in alluminio con forazione Metalon Metalit: Il nostro livello è sempre alto! Riscaldare, camuffare – raffreddare, assorbire. Da più di 20 anni produciamo controsoffitti metallici della migliore qualità. Metalit Metallbauelemente AG, CH-6233 Büron Sistematicità e versatilità COMUNIC ATI La digitalizzazione è in programma 68 COMUNIC ATI La necessità di regole interne al gruppo mandatario Daniele Graber Consulente giuridico OTIA L’approccio interdisciplinare rappresenta una realtà consolidata pure nel settore della costruzione. Per gli architetti e gli ingegneri lavorare in una comunità di lavoro, già a partire dalla fase di concorso di progetto, non è una novità. Sempre più i committenti propongono dei concorsi per gruppi mandatari. Capita però molto raramente che i membri di un consorzio regolino in modo preciso la loro collaborazione durante la partecipazione al concorso. Nella fase di esecuzione del contratto (progettazione, appalto e realizzazione), i progettisti hanno per contro maggiore dimestichezza con le regole contrattuali applicabili ai consorzi. La SIA mette a disposizione da molti anni uno specifico formulario contrattuale e le relative condizioni generali contrattuali. Con la revisione del 2014 dei Regolamenti per le prestazioni e gli onorari, la SIA ha rivisto l’insieme dei formulari contrattuali. La relazione contrattuale tra i membri di un consorzio è ora definita dal formulario contrattuale SIA 1001/2 Contratto di società per gruppo mandatario (scaricabile dal sito www.sia.ch/it/servizi/sianorm/contratti). Esso non è però stato pensato per la fase di concorso. Già a partire dal momento in cui, ad esempio, un architetto, un ingegnere civile e un ingegnere impiantista si iscrivono come gruppo a un concorso di progetto, essi costituiscono automaticamente un consorzio. Dal punto di vista giuridico, essi formano una società semplice, ai sensi dell’art. 530 CO e seg., che nella pratica è denominata consorzio, gruppo mandatario o comunità di lavoro, nozioni considerate come dei sinonimi. Le regole del Codice delle obbligazioni per la società semplice sono troppo generiche per soddisfare le particolarità della partecipazione a un concorso di progetto. Le regole fissate nel formulario contrattuale SIA 1001/2 sono per contro troppo complesse. Di conseguenza, i membri del gruppo mandatario do- vrebbero definire in una specifica convenzione come intendono regolare nel caso concreto il loro rapporto di collaborazione durante la fase di concorso. Di regola, il gruppo mandatario deve fornire al committente l’atto di costituzione del consorzio. Non esistono dei formulari prestampati in merito. Ogni gruppo mandatario allestisce la propria dichiarazione, indicando sovente unicamente i nominativi dei membri del consorzio. Per evitare litigi a fine concorso, che non di rado si trascinano per molti mesi, se non addirittura anni dopo la fine del concorso, risulta sensato stabilire al momento della formazione del consorzio con l’iscrizione al concorso, un minimo di regole interne che definiscono la collaborazione. Su iniziativa di OTIA, la SIA centrale sta analizzando la possibilità di pubblicare un modello di convenzione per gruppo mandatario, specifico per la fase di partecipazione a un concorso di progetto. In sintesi, oltre a elencare i membri del gruppo mandatario, la convenzione tratta i principali aspetti da regolare, segnatamente la partecipazione ai costi del concorso, la ripartizione dei premi, Il prestatore di servizi globale. Implenia ragiona e costruisce per la vita. Con piacere. www.implenia.com 69 Legge federale sui diritti d’autore. Tale presunzione non è assoluta, visto che la qualità di coautore dipende dell’effettivo contributo fornito. Il fatto di aver partecipato unicamente all’elaborazione delle tavole o di altri elementi consegnati al committente non è sufficiente. Per essere considerato coautore, e quindi beneficiare dei diritti d’autore legati al progetto consegnato, il membro del consorzio deve aver fornito delle idee e dei concetti fondamentali per il progetto del consorzio. La convenzione è concepita come un aiuto concreto e semplice ai progettisti e rappresenta una proposta di regole che deve essere adattata in ogni caso alle particolarità dello specifico concorso. La definizione di regole chiare e precise al momento dell’iscrizione al concorso permette una partecipazione più motivante e costruttiva, a beneficio di tutti i membri del consorzio e, non da ultimo, a favore di una sana cultura del concorso. ┌ Per maggiori informazioni [email protected] COMUNIC ATI acquisti e indennizzi in caso di procedura selettiva e concorsi a più fasi, i diritti d’autore (compresa l’utilizzazione dell’elaborato consegnato al committente), l’organizzazione interna, l’anonimato, i conflitti d’interesse e l’assicurazione responsabilità professionale. La partecipazione al concorso comporta una serie di costi che sono in minima parte coperti da eventuali premi o indennizzi. Definire preliminarmente la chiave di ripartizione di tali costi risulta quindi necessario per evitare discussioni inutili, considerando che ogni membro interviene a grado differente. Di regola, l’architetto è chiamato a fornire la prestazione principale, seguito dall’ingegnere civile e infine dagli altri progettisti. Generalmente, ogni membro si assume i propri costi per il tempo impiegato nell’elaborazione del progetto. Nel caso in cui il consorzio ottenesse un premio e un indennizzo, la convenzione proposta da OTIA prevedere la definizione di una chiave di ripartizione dell’importo ricevuto dal committente. La convenzione regola pure i diritti d’autore, elemento fondamentale per i progettisti. Di principio, i progettisti che figurano nella busta d’autore sono considerati dei coautori, giusta l’art. 7 della LIBRI 70 Libri Mercedes Daguerre Kenneth Frampton L’altro Movimento Moderno a cura di Ludovica Molo Silvana Editoriale, 2015 Risultato di un ciclo di lezioni tenute da Frampton presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio tra il 1998 e il 2001, il volume presenta una serie di architetti la cui produzione risulta divergente dal canone ufficiale del cosiddetto «Movimento Moderno» (teorizzato da Nikolaus Pevsner nel 1936 e pubblicizzato in America dalle precoci tesi di Henry-Russell Hitchcock e Philip Johnson in Lo Stile Internazionale), la cui costruzione storiografica è stata messa in crisi fin dagli anni Settanta, basti ricordare lo smontaggio critico operato da Tafuri e Dal Co in Architettura contemporanea (1976) o la precisa storicizzazione del fenomeno realizzata da Scalvini e Sandri in L’immagine storiografica dell’architettura contemporanea da Platz a Giedion (1984). All’interno di questo orizzonte storiografico – troppo stretto per accogliere la varietà e com- Fulvio Irace Storie d’interni. L’architettura dello spazio domestico moderno Carocci editore, Roma 2015 plessità delle molteplici ricerche progettuali sorte nel mondo al di fuori dall’ortodossia sancita dai CIAM il secolo scorso –, l’intenzione dell’autore è quella di compensare tale semplificazione. Da ciò deriva l’ipotesi sostenuta nell’introduzione: «vale a dire che se da una parte certe opere possono essere comprese nella categoria di un astrattismo generico, dall’altra rivelano ciascuna una sottile declinazione in risposta al contesto nel quale si situano, nonostante in tutte si ricorra al dogma del tetto piano, accompagnato da un sistema strutturale in acciaio o cemento armato e da ampie superfici vetrate». Così, il titolo del volume rammenta una certa ambiguità: «mentre cerca di riaffermare la validità del progetto moderno, la qualificazione di questa modernità con l’aggettivo “altro” intende portare l’attenzione su una differenza importantissima rispetto ai paradigmi dell’architettura moderna recepiti sino ad oggi». Il libro è strutturato in diciotto capitoli secondo un doppio criterio: quello della relativa marginalità dei protagonisti rispetto alla linea portante dei maestri (e quindi architetture come espressione di un regionalismo che risponde alle condizioni locali) e quello per cui l’opera scelta possa ritenersi una «formulazione programmatica del nuovo», focalizzando un’ampia varietà di temi progettuali alle più diverse scale in un arco temporale di quarant’anni. Dopo un breve profilo biografico dell’architetto selezionato, ogni sezione indaga un edificio considerato esemplare – alcuni più noti come la Maison de Verre (1932) di Pierre Chareau o la Casa Kaufmann (1946) di Richard Neutra, i Freibad Allenmoos (1939) di Haefeli & Moser, il Municipio di Aarhus (1942) di Arne Jacobsen o la Hochschule für Gestaltung (1955) di Max Bill, altri meno come l’Aeroporto di Kastrup del danese Vilhelm Lauritzen, il Golf Club di Tokyo (1932) di Antonin Raymond o il Padiglione cecoslovacco dell’Esposizione inter- AA.VV. Architettura Movimenti e tendenze dal XIX secolo a oggi Skira, Milano 2015 nazionale di Parigi del 1936 di Jaromír Krejcar – affiancando al testo un esauriente corredo iconografico nella scia di antologie pionieristiche come quella di Alfred Roth (Die Neue Architektur, 1940) per quanto riguarda la sistematicità e ricercatezza della documentazione grafica. Non sfugge tuttavia lo scopo operativo dell’analisi di Frampton, da critico militante, quando precisa: «Ho elaborato quindi il tema di una modernità “altra” (…) perché vorrei che questa raccolta, altrimenti apparentemente arbitraria, venisse letta come la chiave di un approccio alternativo che, invece di aspirare all’astrazione universale, sia, al contrario, articolato ed espressivo, e che per questo lasci un’eredità che paia tuttora praticabile, non solo come opzione sintattica ma anche come essenza di una tradizione liberatrice». Sebbene circoscritta a un esercizio didattico di grande interesse nella scelta degli autori e delle opere, la monografia – proprio perché costretta nel rigido schema imposto da un paradigma scandito da categorie ormai considerate anacronistiche nel dibattito storiografico internazionale più avvertito – risulta palesemente insufficiente per moltiplicare i punti di vista e dare conto anche solo sommariamente della varietà di problematiche, dinamiche produttive e strategie linguistiche con cui la modernità si è manifestata durante il Novecento nei più diversi scenari geografici. AA.VV. Visionäre der Moderne Paul Scheerbart, Bruno Taut, Paul Goesch Scheidegger & Spiess, Zürich 2016 ┌ Servizio ai lettori Avete la possibilità di ordinare i libri recensiti all’indirizzo [email protected] (Buchstämpfli, Berna), indicando il titolo dell’opera, il vostro nome e cognome, l’indirizzo di fatturazione e quello di consegna. Riceverete quanto richiesto entro 3/5 giorni lavorativi con la fattura e la cedola di versamento. Buchstämpfli fattura un importo forfettario di Fr. 8.50 per invio + imballaggio. Francesco Della Casa Bien sûr, Chicago Furor, Genève 2016 CONCORSI 71 Concorsi espazium.ch/archi/concorsi Restauro di Villa Cristina, ampliamento e ristrutturazione della cantina del vino e sistemazione paesaggistica Mezzana Ampliamento Ospedale Civico Lugano Fondazione Rinaldi, Ampliamento Istituto Miralago Brissago Dicembre 2016 Febbraio 2017 1. R/P «Canone Inverso» IpoStudio Architetti, Firenze 2. R/P «Simbiosi» Itten + Brechbühl, Lugano 3. R/P «Rochade» Baumschlager Eberle, Zurigo e Studio Inches Architettura, Locarno 4. R/P «Belvedere» SAM Architekten und Partner, Zurigo e Colombo + Casiraghi, Lugano 1. R/P «Piazzetta Miralago» Architetti Bianchi Clerici, Lugano 2. R/P «Pendirone» Michele Arnaboldi architetti, Locarno 3. R/P «La città invisibile» Homa architetti, Muralto 4. R/P «Pane e Tulipani» Roberto Briccola architetto, Giubiasco Ottobre 2016 1. R/P «Stanza» José Maria Sanchez Garcia Architetti, Mendrisio e Madrid 2. R/P «Ricucitura» Durisch + Nolli Architetti, Lugano 3. R/P «Il profumo del mosto selvatico» Remo Leuzinger Architetto, Lugano 4. R/P ex aequo «Barbatella» Buletti Fumagalli Del Fedele Bernardi Architetti, Lugano 4. R/P ex aequo «Merlot Doc» Lorenzo Felder Architetto, Lugano 4. R/P ex aequo «La pergola di Buddha» CDL ARGE Gellera & Tropeano – ACT Accossato Trentin Architetti, Minusio 4. R/P ex aequo «La memoria è sempre in movimento» CDL Trümpy Bianchini – Caruso Mainardi, Riva San Vitale 4. R/P ex aequo «yo-yo» CDL Architetti Tibiletti Associati – Bello e Yurdakul Architects, Lugano 4. R/P ex aequo «Tracce» CDL Guilermo Vazquez Consuegra SLP – Davide Olivieri Architetto – Arquitectura Agronomia SLP, Siviglia 4. R/P ex aequo «Cristina allo specchio» Jachen Könz Architetto, Lugano R rango P premio A acquisto 2ANN3 I La sicurezza di essere ben consigliati. • Sistemi di segnalazione scasso • aggressione • sorveglianza video • controllo accessi • rivelazione incendi • spegnimento incendi Securiton SA Succursale Ticino Tel. +41 91 605 59 05 www.securiton.ch Una società del Gruppo Securitas Svizzera 2 2017 Archi rivista svizzera di architettura, ingegneria e urbanistica Fondata nel 1998, esce sei volte all’anno. ISSN 1422-5417 tiratura REMP diffusa: 2918 copie, di cui 2759 vendute via Cantonale 15, 6900 Lugano tel. +41 91 921 44 55 [email protected] www.espazium.ch Direttore Alberto Caruso AC Coordinamento editoriale Stefano Milan SM Assistenti al coordinamento Mercedes Daguerre MD Teresa Volponi TV Redazione Debora Bonanomi DB Andrea Casiraghi ANC Laura Ceriolo LC Piero Conconi PC Gabriele Neri GN Manuel Lüscher ML Andrea Pedrazzini AP Andrea Roscetti AR Enrico Sassi ES Stefano Tibiletti ST Graziella Zannone Milan GZM Redazione online Valeria Crescenzi VC La riproduzione, anche parziale, di immagini e testi, è possibile solo con l’autorizzazione scritta dell’editore e con la citazione della fonte. 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