Marzo - Aprile 2017 __________________________________________________ Mensile di informazione culturale – Anno V N. 2 – Marzo Aprile 2017 EDITORIALE MARZO – APRILE 2017 Eco dalla stampa, con note. CHE MESI MARZO ED APRILE (è non ancora finito!) “Da inizio anno sono passati mesi densi di importanti avvenimenti: 25 anni da Maastricht 17 febbraio 1992 (vedi articolo a pag.19), ed il 25 marzo sono 60 anni da quando sono state gettate le basi dell'Europa così come la conosciamo oggi. Con la creazione della UE ha avuto inizio il più lungo periodo di pace della storia europea. I trattati di Roma hanno istituito un mercato comune nel quale le persone, i beni, i servizi e i capitali possono circolare liberamente e un impegno comune a creare i presupposti di prosperità e stabilità per i cittadini europei. In occasione di questo anniversario, l'Europa guarda al passato con orgoglio e al futuro con speranza. In questi 60 anni avremmo dovuto costruire un'Unione in grado di promuovere la cooperazione pacifica, il rispetto della dignità umana, la libertà, la democrazia, l'uguaglianza e la solidarietà tra le nazioni e i popoli europei. Considerato l’avanzamento del progetto nel discorso di celebrazione dell’anniversario fra l’altro è stato detto: “Ora sta a noi progettare per l'Europa un futuro migliore e condiviso.” Cioè c’è ancora molto da fare. Il tavolo del 1957 In occasione del discorso a Parigi, nel 1950 l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman espose la sua idea per una nuova forma di cooperazione politica per l'Europa, che avrebbe reso impensabile una guerra tra le nazioni europee. La sua ambizione era creare un'istituzione europea che avrebbe messo in comune e gestito la produzione del carbone e dell'acciaio (CECA). Il trattato che dava vita ad una simile istituzione è stato firmato appena un anno dopo 18 aprile 1951. La proposta di Schuman è considerata l'atto di nascita di quella che nel 1957 divenne l'Unione Europea. Per celebrare la festa dell'Europa, le istituzioni dell'UE apriranno al grande pubblico le porte delle loro sedi il 6 maggio a Bruxelles, il 13 e 14 maggio a Lussemburgo e il 14 maggio a Strasburgo, gli uffici locali dell'UE in Europa e nel resto del mondo stanno organizzando Anno V numero 2 Aut. Tribunale Milano n. 151 del 20/05/2013 organizzano una serie di attività ed eventi per un pubblico di tutte le età. Tutto in ordine parrebbe dai toni dei discorsi a dire il vero retorici dei maggior esponenti europei. Tuttavia il bilancio non è completamente positivo. La prevalenza degli aspetti finanziari hanno ritardato l’avverarsi del sogno, e pertanto sono passati ben 60 anni! Oggi stanno emergendo critiche profonde sul non fatto o mal realizzato, in particolare per l’effettiva unione politica, per una fiscalità ed una giurisprudenza omogenea, un esercito comune, l’affermazione di una identità pur complessa, ma che si fonda sul diritto romano e sulla laicità dello Stato, sul disegno di una Europa dei Popoli. Per non parlare degli obiettivi federali ancora lontani. Forse anziché Federale non potrebbe essere un Europa Confederata? Comunque molto deve cambiare. Leggendo i testi dei discorsi, chiaramente di circostanza, emerge l’incertezza sul futuro. Tutti i 27 Stati membri dell’Unione Europea sono stati chiamati a rinnovare il patto siglato sessant’anni fa in Campidoglio, lo stesso luogo dov’era nata la Comunità Economica Europea e la Comunità Europea dell’energia atomica (Trattato Euratom). Ufficialmente il "Trattato che ha istituito la Comunità Europea dell'Energia Atomica. È stato firmato il 25 marzo 1957 insieme al Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea (Trattato CEE): insieme sono chiamati "Trattati di Roma". «Oggi inizia una nuova fase costituente», ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Jean-Claude Juncker, chiamato anche lui a firmare la nuova Dichiarazione, ha detto: «Noi siamo solo gli umili eredi e ci riuniamo nella stessa sala per ribadire gli intenti dei padri fondatori. Non per nostalgia, ma perché solo uniti potremo all’altezza delle sfide del mondo di oggi, potremo essere un’Europa che non si perde nei dettagli, che non perde la prospettiva. Le sfide di oggi sono più complesse e non paragonabili a quelle dei padri fondatori». Da parte mia ricordo che nel 1951-57 l’Europa era ancora impegnata nella ricostruzione generale economica e politica e non fu del tutto facile, forse c’era un altro spirito nei popoli. Tutti si sono auto incensati, scaricando sui predecessori il lento progresso. Voci di speranza, ma nessun impegno concreto. Intanto aumentano le differenze fra i vari Stati. Alla fine alcuni Stati (Grecia e Polonia), hanno firmato di mala voglia, l’Ungheria ha manifestato una propria posizione critica. Ma anche i paesi del nord non hanno mostrato entusiasmo. Intanto la Gran Bretagna se ne è andata (BREXIT). In varie parti del Mondo c’è la guerra, non v’è soluzione al problema enorme dei migranti, la NATO chiede un maggior impegno militare all’Europa (singoli Stati!), i rapporti con Russia e Turchia stanno incontrando difficoltà di vario genere, la disoccupazione in Italia, Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Grecia ed in altre aree geografiche è altissima. Presto ci saranno elezioni politiche in Francia, Turchia, Gran Bretagna, Germania ed Italia molto incerte nell’esito. Dal fondo della sale giunge una voce tremula: “Speriamo che me la cavo…” Giuseppe Frattini el vòster Giuseppe Frattini I rappresentanti dei 27 Paesi oggi. Anno V numero 2 perseguire quel "paradigma lombardo del fare" che ha fatto grande Milano. Si accolgono nei vari numeri occasioni didattico-informative sempre con un nesso con le quotidiane vicende e tendenze sociali. Troveranno spazio naturalmente interventi di cultura generale con particolare sguardo all’ambito lombardo, a carattere didattico­bibliografico, volti a stimolare eventuali approfondimenti personali dei cortesi " quatter gatt che ghe leggen": storia di Milano, letteratura e lingua milanese, gastronomia, poesia con prevalenza nelle lingue lombarde o di bacino culturale prossimo, cronache di attualità, architettura e storia dell'arte, registrazioni di conferenze in forma di abstract tenute nell'ambito del nostro "Corso annuale di incontri con la cultura milanese e dintorni" a carattere monografico. Saranno anche accolte proposte di temi con specifiche valenze di ricerca e tempo libero. Ci rivolgiamo a tutti, i milanesi di nascita ed adozione, anche a quei borghesi, alla buona, attaccati al concreto, diffidenti o indifferenti ai voli della filosofia, combattuti fra interesse alle cause seconde del corso naturale e gli interessi immediati e visibili, politica effettuale del privato senza speranza. Certo l'attualità potrebbe comportare riferimenti a qualche realtà, nel porre attenzione alle contraddizioni rilevate e ai loro riflessi nelle regolarità ed affinità di accadimento storiche. A proposito: è marzo scatta l’ora legale! Di nuovo panico fra i politici! Niente di nuovo sotto il sole. Giuseppe Frattini La sala degli Orazi e Curiazi del Campidoglio di Roma. NOTIZIE DELL’ULTIMO MOMENTO Il 16 aprile si è tenuto il Referendum: il si ha vinto, di misura. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha sollevato dubbi sulla regolarità del voto. La Turchia si sta allontanando dall’Europa. La maggior parte dei paesi europei tace. Stanno prevalendo le ragioni economiche, ancora una volta! Il Palinsesto della Frusta periodico di lavoro. Il Progetto Editoriale. Dopo ormai venti anni dalla fondazione della Credenza, e dopo un pari percorso editoriale della FRUSTA de SANT AMBROEUS, che da "Notiziario dell'Associazione" si è trasformato il Periodico di informazione e cultura, oggi la redazione ritiene necessario riassumere l'indirizzo scelto nella linea editoriale. Il nostro periodico intende sviluppare una raccolta di articoli divulgativi, impressioni, stati d'animo mossi dell'attualità, registrazione estemporanea di dibattiti concernenti Milano e la Lombardia. Nell’apertura al colloquio con la realtà non ci esimeremo da critiche e riflessioni: le "Frustate del Sur Carera" che sono comunque orientate nella convinzione che le cose debbano sempre potersi migliorare nell’aspirazione di Populismo di Gianfranco Ravasi in "il Sole 24 Ore” del 29 gennaio 2019 Trista gente è quella di un popolo che segue lo sbatter di bandiere e stendardi piuttosto che le idee ben masticate. Quando si sentono ceti politici urlare parole d'ordine a masse adoranti oppure si vede lo sventolio di bandiere agitate da folle, mentre gli altoparlanti lanciano attacchi verbali agli avversari, condendoli di parolacce per sembrare più incisivi e spregiudicati, sarebbe bello far apparire sugli schermi la frase che abbiamo sopra citato. Il lessico rivela che siamo distanti qualche secolo, ma la verità del messaggio pare adatta a oggi. E’ l'implacabile Niccolò Machiavelli che gela con una battuta ogni tentazione populistica e demagogica, tanto di moda in questi tempi e lo fa con un linguaggio così limpido da rendere superfluo e impacciato ogni commento. Lasciamo, allora, ancora la parola a lui nei suoi Scritti di governo, ripulendo solo un po' il suo italiano quattrocinquecentesco. «Cosa da deprecare non è il tempo che si consuma nel confronto. L'errore che non troverà mai rimedio è invece quello di risolvere ogni decisione per applauso». 2 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Il Quarto Stato – Giuseppe Pellizza da Volpedo 1901 Lenin arringa la folla 1917 Un punto di vista con il dovuto rispetto: Con rispetto devono essere lette le citazioni e conclusioni, ben motivate, di Sua Eminenza il Cardinale G. Ravasi. Tuttavia penso che ci possa stare una modesta riflessione strettamente personale. Considerato che siamo in regime democratico è doveroso ascoltare il popolo per cogliere le sue immediate ed urgenti lamentele e richieste che evidenziano come certe scelte politiche non abbiamo centrato l’obiettivo promesso per la salute e felicità degli elettori o non siano state comprese. Se Luigi XVI avesse ascoltato, prima, le lamentele e letti i Cahiers de Doléances e Maria Antonietta non avesse risposto alla fame del popolo, si dice, offrendo brioches! forse avrebbe salvato almeno la sua vita e dei suoi cari e di tanti altri cittadini. Comunque sia ritengo sia utile che l’ascolto e il confronto possano svolgersi sul territorio con assemblee e congressi, in luoghi pubblici. Il politico, che si ritiene dovrebbe essere dotato di ampie visioni progettuali per il bene pubblico, nello svolgimento del suo mandato, deve obbligatoriamente elaborare anche la voce del popolo per guidarla, prendendo i necessari provvedimenti anche al caso seguendo le logiche delle politiche effettuali. Nel rapporto fra politico e popolo gli applausi e l’ondeggiar di bandiere, fanno parte della teatralità della politica, e il segnale non deve essere trascurato, se si vuole guidare le masse popolari ed educarle come in effetti si proponeva a suo tempo un movimento socio-politico russo di fine ottocento: detto Populista. Giuseppe Frattini PER L’INDICE DI QUESTO NUMERO: Vedi PAG.26 La frusta de Sant Ambroeus Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Milano il 20-05-2013 con il n. 151 stampato in proprio Dir. Responsabile/Redattore: Giuseppe Frattini Impaginazione: Massimiliano Frattini Collaboratori: Pierluigi Crola, Silvio Monti, Marcello Carotti, Renato Colombo, Umberto Cavallini, Paolo Colussi, Giuseppe Rossetti, Romano Bracalini Editore Antica Credenza di Sant’Ambrogio Via Rivoli, 4 20121 Milano tel. 02 45487985 Anno V numero 2 EL SUR CARERA L’altra sera sont andaa dal sur Carera per portagh on quaj bigliett a propòsit di palm in piazza del Dòmm. Trii poesii e on bigliett de protesta che m’hinn vegnuu per i man di part di Zibit. Ghjie hoo legiuu d’on fiaa, e lù: “Te dovarisset mettej chi sòtta come se faseva on temp! Ma el Mal de Milza me par de cognosell, paricc temp fa, l’era minga mòrt?” – E mì: “Quel mal de Milza che lù intend l’è mort, ma lè rivaa on alter Mal de Milza che per el moment ghe disi nò chi l’è. I bigliett i faroo mett in su la Frusta de Sant Ambroeus inscì andarann minga perduu e i faroo passà anca su Internet.” – “Molto ben! Fòrsi al dì d’incoeu l’è mej!” sbòtta el Carera. Allora mè car fioeu, con la licenza dì superior e cont i privilegi, tej chì i bigliett! …. Se vedom Giuseppe Frattini Oeu! Tej chi i palm e banan Che hinn verd de lor tutt l’ann Per nòster gust e armònia Ghe voeur paricc de fantasia Òh! Sindigh cont el bon cafè T’hee faa sù pussè del rè Pròpri in front de la Grand Gésa T’hee lassaa fà ona grand scesa Su Alegher , che el pròssim ann Resten de fà anmò i andann...di navili! El Mal de Milza 13 2 2017 A PROPÒSIT DEL VERD FAA CON DI PALM IN PIAZZA DEL DÒMM Ma, oeugg! I palm gh’hann semper menaa gramm a Milan! La reclamm l’è l’anima del commercio, el dis el detto! La propòsta de arred de la Piazza del Dòmm, che l’ha vinciuu el bando e che la preved de mett giò di palm, l’è adree a vess portada a coo. Me domandi: ma quaj hinn staa i alter progett? Saria util ch’el se disa anca ai cittadin, o se po’ nò savell? Consideraa che semm adree a parlà de la Piazza del Dòmm, i cittadin gh’avarien de conoss i impegn ciappaa, i condizion propòst che hann permettuu l’assegnazion. Donca i reson che hann giustificaa la scelta. Disen che giamò a la fin del vòttcent hinn staa piantaa di palmett in Piazza! Effettivament se demm on’oggiada a di fotografii de l’epoca se ved di palmett bass, come se fudessen di sces rar e solitari. Demm donca ona data a la fòto. Sul camp 3 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ gh’eren di militar. Se tegnom present l’età de la fòto, se pò dì che la sia del 1898, quand el rè Umberto I l’ha ordinaa a Bava Beccaris de reprimm i rivòlt de piazza di milanes che protestaven per el prezzi tròpp alt del pan. E el Bava l’ha controllaa sì la protesta, con fusil e canoni, ma l’ha causaa on numer di vittim che s’è mai savuu: i autorità de allora hann dii ch’eren ona centèna i mòrt e circa 400 i ferii. Second la Prefettura, i vittim accerta hinn staa 88, inveci, second el famos cronista e politich repubblican Paolo Valera, i mòrt sarien staa almen 118, e i ferii pussee de 400. Second di testimòni ocular i mòrt hinn staa pussee de 300. El rè l’è staa poeu coppaa a Monza a causa del mazzament di cittadin. Intanta l’Italia l’aveva daa l’inviada a ona campagna militar per sviluppà la soa politica colonialista: “I alter sì, e numm perchè nò…?” Giamò in del 1861 Cavour l’aveva promòss on’iniziativa compagna rivòlta a la Nigeria, ma tutt l’è andaa in fumm de ravioeu. In sèguit, in del 1869, hinn staa compraa di terren in la Baia de Assab, inscì tant per ‘vegh ona “sponda”. Passin passin, in del 1890, l’è “rivada” l’Eritrea, poeu, succcessivament, la Somalia, la Libia, l’Abissinia, l’Etiòpia. Pròppi in quei ann chì l’è diventaa de mòda, per testimonià i conquist in cors, importà i palm, minga per metti in òrt botanich con intent scientifich, ma come arred a scòpo de propaganda politica e poeu, a la fin de la fera, l’era on oeuv foeura del cavagnoeu. Cont el fascismo e l’impero l’obiettiv colonial el s’è rinforzaa, e per testimonià ancamò pussee la conquista de territòri noeuv, l’è vegnuu in ment de fà cress l’usanza di palm che confermaven in manera ciara e netta el splendor noeuv novent e che quei Terr d’Africa eren diventaaa part de l’Italia… Hinn staa miss in tutt’i còst e lagh e anca a Milan, indove prest hinn sparii, giamò in del 1900 gh’eren pù, e hinn pù tornaa. La Soprintendenza l’ha dii: SÌ! E l’offizzi Verde e Arredo Urbano del Comun come el s’è comportaa? Generalment gh’è in vigor la prescrizion che ògni pianta noeuva la gh’ha de vess autorizzada e che la gh’ha de vess del loeugh ò almen ona specie che la se troeuva chì da sécol: rubinii, magnòli, piant de frutta de tanti sòrt ( importat sorattutt a scòpo alimentar come i fasoeu, i patati e piant compagn). E el bambù che l’è staa in passaa piantaa in di giardin? Incoeu l’è considerada ona pianta che la infescia perchè la se riproduss tròpp a svelt come i banann. Se voraria piantà in d’on terren ona specie compagna e dovaria domandà l’autorizzazion, probabilment me darien el duu de picch. Ma se se dovariom debon “mett in fonzion” ancamò i Navili, l’è nò che magara, a on quai spònsor, ghe vegnarà in ment de piantà palm e banann arent i spond faa sù de noeuv? A bon cunt, se pròppi vorariom minga perd on contributt sostanzios, quest el gh’avaria de vess destinaa a alter òper: monument, verd pubblich, arred de la città, urgenz scolastich, camp per i gioeuh, assistenza ai bisognos, rispettando la città e la soa stòria. Donca, a sto propòsit, hoo interpellaa el mè amis, el sciur Carera, ch’el gh’ha ona saviezza e ona memòria secolar, e el m’ha ricordaa che, ai sò temp, i generai portaven per i trionf a Ròma, per celebrà vittòri e conquist, tanti pred de guerra: oggett prezios de tutti i sòrt, òr, piant, frutt, s’ciav incadenaa. Incoeu la palma l’è minga ona preda de guerra, ma el frutt de ona sponsorizzazion, cioè el finanziament e la realizzazion Anno V numero 2 de ona iniziativa a scòpo pubblicitari. Ma, el domanda el Carera: “De chi sarà la preda? Quanti danee l’ha portaa in di cass del Comun? E, i lavorà futur a chi toccarann?” El scior Sindich, per quell che soo dai crònach, l’è minga infolarmaa, al contari, l’è putttòst fregg. Cert i manifestazion organizzaa a favor de l’accoglienza, adess, se trovarien in d’on ambiett adatt; podariom, de soramaròss, suggerì de portà chì, se serviss per fà sentì i milanes d’adozion a cà soa, on quai animalett simpatich: pappagai, scimbiett, on bell giraffin e tanta sabbia ò on poo de savana. Come l’ha dii el Verri ai sò Superior: “Sciori vègni in de Vialter, cari e stimaa Amministrador, con la front in terra e el cù in l’aria per implorà pietà per Milan!” Tutt quell che semm ‘dree a realizzà, purtròpp, el me fa vegnì a ment el colonialismo, i mazzament del Bava B., el fascismo. “Oeu!” l’esclama on cittadin, “a mì me par esageraa el paragon”, ma l’Òmm de Preja fa memòria che el rispett di loeugh e di simbol l’è l’identità del coeur. Scrivuu a dò man, mì, el Mal de Milza, cont el sciur Carera che el parla domà a mì, ma el tegn on oeugg al gatt e vun a la padella! Giuseppe Frattini cont el Mal de Milza MA SEMM A MILAN O A MARRAKECH Milan el me stupiss semper de pù stavòlta gh'hoo de dì in negativ che in giunta ghe sien di turlurù? Mai che faghen quaicòss de positiv anca stavòlta me l'hann fada gròssa hann faa on quaicòss che me mett ingòssa. Chì semm a Milan, Insubria, Lombardia semm nò in del Sahara, marrochitt se gh'emm de fà, femm 'na quai miglioria perchè altriment me giren i fongitt in la piazza del Dòmm, inscì bella m'hann minga miss di palm, pòrca sidella. Se gh'entren stì piant con la città poeu in piazza del Dòmm, pròppi lì forse per i can che gh'andarann a pissà de cert a vedei son restaa sbalordii metti ai giardin pubblich al parch pròppi in piazza alora Sanmarch. Sta a vedè che dess mettarann i cammei cont i palm soluzion appropiada cammei ò dromedari chì i pussee bei? Mettela me sia a l'è 'na gran boiada, l'ha pagaa tutt 'na ditta de caffè dimm el nòmm che da dess bevi el thè. Ma i avarann minga miss per i clandestin? per fagh minga sentì 'l distacch de cà inscì ghe par de vess pussee visin poeu poderann anca sòtta pregà inscì resterann lì al fresch a l'ombria oh! Madonina, Madonina mia. Tì fa finta de nient, de nagòtt Milan l'è diventaa on quarantòtt. Renato Colombo 4 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ SUL REFERENDUM IN TURCHIA QUESTA NON È UNA POSIZIONE POLITICA, MA IL RACCONTO DI FATTI CHE RITENIAMO IMPORTANTI PER L’EUROPA. “Mettiamola sul leggero” : – “Tutti figli di Erdogan” “Il suo ministro degli Esteri (turco) ha appena promesso di portare la guerra santa nel cuore dell'Europa e ora Erdogan il Grande rivela con quale esercito intende invaderci dall'interno. I neonati! Affacciandosi al balcone del proprio ego in una piazza alla peri­ feria di Istanbul, il ducetto del Bosforo ha lanciato un proclama ai giovani turchi (Orfini per una volta non c'entra) in trasferta per manente nelle nostre lande stanche e brizzolate: restate in Europa e moltiplicatevi, fate cinque figli a testa, riempite di sangue ottomano il continente degli infedeli. Una crociata a colpi di biberon che si insinua nella più profonda delle paure occidentali: risvegliarsi minoranza in casa propria. Perché un conflitto combattuto con la bomba demografica sarebbe l'unico perso in partenza. I testi di Erdogan sembrano scritti dal ghost-writer ( noti politici europei così detti populisti? ndr). Nel senso che, appena uno sente certi discorsi, è assalito dall'insana voglia di farsi prestare da Trump un muretto o direttamente una catena montuosa. Nel suo delirio narcisista, Erdogan se ne infischia di come potrà sentirsi una turca incinta a passeggio per le strade di Parigi o di Berlino, adesso che le sue parole l'hanno trasformata nel manifesto vivente dell'invasione islamica. Per fortuna il Sultano sottovaluta l'effetto che i costumi europei esercitano sui suoi sudditi maschi. Circondati dalle nostre implacabili armi di distrazione di massa smartphone, videogiochi, pay tv, già al secondo figlio si accasceranno sul divano. Altro che <<mamma li turchi». A salvarci saranno i padri.” Dalla stampa: di Massimo Gramellini- 18-3-2017 - Il Corriere della Sera. I fatti: una sintesi delle notizie colte da internet: A fine aprile Erdogan affronterà una prova forse più dura del tentato golpe: gli elettori sono chiamati a pronunciarsi su un referendum costituzionale che dovrebbe consegnare tutti i poteri nelle mani del presidente. Anche se la popolarità di Erdogan è altissima, l'esito della consultazione non è così scontato. Il presidente vuole il plebiscito popolare, e ha bisogno (visto che non sempre le elezioni politiche sono state a lui favorevoli quanto avrebbe voluto) anche del voto dei turchi all'estero. Ragione per cui i membri del suo governo hanno cercato di organizzare comizi nei Paesi in cui i turchi sono più presenti. Il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu voleva andare a Rotterdam a tutti i costi. Avrebbe dovuto tenere un comizio pro Erdogan destinato ai concittadini espatriati nei Paesi Bassi in vista del referendum del 16 aprile per aumentare i poteri del presidente. Per questo nonostante il divieto delle autorità olandesi, è salito sull’aereo determinato a portare a termine la sua missione. Ancora poco prima del decollo Cavusoglu Anno V numero 2 aveva detto alla tv turca: «Se il mio permesso di atterraggio verrà negato, le sanzioni contro l’Olanda saranno dure». Ma non c’è stato nulla da fare l’Aja ha vietato il diritto di atterraggio al volo di Stato del ministro degli Esteri. Come anticipato da giorni da un comunicato del governo «non c’erano le condizioni per garantire la sicurezza» visto che i turchi olandesi avevano convocato una massiccia manifestazione. La reazione di Ankara è stata immediata con il presidente Erdogan che, minacciando conseguenze, ha definito gli olandesi «residui nazisti e fascisti». E il premier Binali Yildirim ha rincarato la dose dichiarando che «ora non si può più considerare l’Olanda come un alleato», nonostante i due Paesi facciano entrambi parte della Nato. Ed è così che Ankara totalizza tre crisi diplomatiche in meno di due settimane. A fine febbraio, anche l’Austria aveva definito «inopportuna» una visita di Erdogan se finalizzata alla sua campagna per il referendum. Anche la Germania ha cancellato due degli appuntamenti preelettorali che la diplomazia turca stava organizzando per cercare i consensi dei residenti all’estero. La reazione di Ankara era stata durissima: «La Germania continua a praticare il nazismo, non fa parlare i nostri amici», aveva attaccato il presidente. Nel frattempo è stata chiusa l’ambasciata olandese a Istanbul. Perché tanta opposizione ai comizi orinata da Erdogan? Agli occhi di vari Governi europei Erdogan ha commesso diversi errori, primi fra tutti la svolta autoritaria, repressione violenta delle manifestazioni di Piazza Taksim a Istanbul, mancata soluzione della Questione curda, Violazione della libertà di stampa, Negazionismo del genocidio armeno, Omofobia con repressione violenta, Ambiguità diplomatica. Non solo: non tutti i turchi di Germania sono turchi: un terzo di loro è in realtà curdo, la minoranza che Erdogan ha più di tutte represso nel corso degli ultimi anni e ciò da fastidio ai fini referendari. La Danimarca, ha fatto sapere il primo ministro danese, Lars Lokke Rasmussen, di non aver apprezzato l'atteggiamento che Ankara ha assunto nei confronti dell'Olanda e "segue con grande preoccupazione gli eventi in Turchia, dove i principi democratici sono sotto grave pressione". Così porte chiuse all'emissario di Erdogan che avrebbe dovuto convincere i turchi in Europa, Germania, Austria, Danimarca, Francia a votare 'sì' al referendum costituzionale. Fredda l’accoglienza della Francia che ha lanciato segnali di pace autorizzando un comizio di Cavusoglu, che a Metz ha rincarato la dose: "L'Olanda è la capitale del fascismo", ha detto ai giornalisti. Il suggello della crisi aperta tra l'Aja e Ankara, in seguito alla decisione del governo olandese di accompagnare al confine la ministra turca della Famiglia Fatma Beytul Sayan Kaya impedendole di entrare al consolato. Ecco la crisi in pillole: − Erdogan manda i suoi ministri in Europa a fare campagna tra gli emigrati turchi e curdi per il Sì alla riforma costituzionale. − La Germania rifiuta la visita per non urtare i tanti curdi presenti nel Paese. − L'Olanda e l’Austria chiudono la porta a due ministri turchi per non dare spazio alla propaganda di destra. 5 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ − La Danimarca si schiera con l'Aja dopo le azioni anti-olandesi a Istanbul. − La Francia con freddezza consente al ministro turco di tenere un comizio, pentita? − E l’Italia politica tace! Anno V numero 2 LA “RADETZKY MARSCH”, CHE NON PIACE AI PATRIOTI DEL “BORDELLO ITALIA” – ROMANO BRACALINI Erdoğan incontra il presidente palestinese Abu Abbas nel Palazzo Presidenziale di Ankara con una cerimonia in stile ottomano antico. Un evidente revival di Ottomanismo anti europeo? Ritorno al passato? La Frusta osserva: Che si debba garantire la libertà di opinione, riunione e manifestazione pacifica a tutti è principio consolidato e non discutibile, almeno in Europa, e conquistato col sangue vero. Ma, nel caso specifico, pari libertà doveva essere data anche agli oppositori, o mej a chi la pensa nò compagn de lù, di Erdogan, e da loro non giunge voce. Quindi le iniziative del Governo turco presentano dei lati autoritari ed anti democratici. Questo mi pare un buon motivo per dei necessari chiarimenti. Sic stantibus rebus… per l’ingresso della Turchia in Europa? Pensemegh sora, ma ben, ben. Tant se pò fà liber mercaa istess senza avegh 70/80 milion de turch che pòdarien votà al parlament europeo per la shari’a. A la fin mi ghe tegnaria de restà Cristian! Giuseppe Frattini PS. Il referendum ha avuto esito positivo. L’OCSE soleva dubbi sulla regolarità del voto. Ma, quello che è fatto è fatto. Radetzky in uniforme austriaca su cui spiccano il collare del Toson d'oro austriaco, la Croce dei cannoni e la placca di Gran Croce dell'Ordine di Maria Teresa. Anche quest’anno ho seguito il Concerto di Capodanno da Vienna, conclusosi com’è tradizione con la Marcia di Radetzky. Il concerto della Filarmonica di Vienna, diretto dal maestro Daniel Baremboim, ha avuto ancora una volta la magia di riportare alla mente il mondo calmo e ordinato della Mitteleuropa, di cui fece parte anche il Lombardo-Veneto; un mondo che nostalgicamente contrasta per stile e concezione col “bordello” italiano. Un susseguirsi di emozioni e di immagini che hanno appunto il loro momento culminante nella trascinante “Radetzky Marsch”, diretta argutamente da Baremboim e ritmata entusiasticamente dal pubblico in teatro. Contro la marcia di Radeztky hanno regolarmente protestato ad ogni inizio d’anno i “patrioti” italiani che avrebbero voluto che l’orchestra di Vienna la cancellasse dal suo programma di Capodanno. Il motivo era che la marcia offendeva i sentimenti degli italiani. Niente di più cretino. Al provincialismo si aggiungeva il ridicolo. Sarebbe come abolire le opere “patriottiche” verdiane per non offendere gli austriaci. Se l’identità italiana è debole, o inesistente, non è colpa di Radeztky che sul campo di battaglia sconfisse più volte i vili e fiacchi italiani e Johann Strauss lo celebrò giustamente come il più popolare eroe dell’Impero, dopo il principe Eugenio Radetzky non è stato il mostro descritto dalla propaganda italiana che non ha trovato metodi meno ripugnanti e falsi per denigrare un prode soldato. Nel 1848, allo scoppio delle Cinque Giornate, Radetzky disponeva di un esercito di 16.000 uomini, pochi ma sufficienti a soffocare la rivolta popolare milanese se solo avesse fatto uso dell’artiglieria. Avrebbe potuto farlo, non lo fece perché, disse, non voleva passare per un novello Barbarossa. Uscendo dal Castello la sera della quinta giornata, ossia il 22 marzo, giunto a Porta Romana, sulla strada che lo avrebbe ricondotto nel Quadrilatero, si voltò verso la città che abbandonava giurando che sarebbe presto ritornato. Mantenne la promessa sconfiggendo il debole Carlo Alberto a Custoza e rientrando a Milano ad agosto dello stesso 1848, mentre i borghesi voltagabbana si toglievano il tricolore dal bavero e gridavano “Viva Radetzky”. Non ebbe gli stessi scrupoli morali l’oscuro generale 6 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ piemontese Bava Beccaris, che non s’era distinto in nessuna campagna del risorgimento, il quale nel 1898, esattamente mezzo secolo dopo, prese a cannonate il popolo di Milano, accusato dal capo del governo marchese Di Rudinì, siculo di pelo rosso, di volere la rivoluzione secessionista. Magari. Ma non era vero. Il popolo milanese protestava per le tasse, per il caro pane, per la fame. Non bisognerebbe mai perdere di vista i migliori esempi della storia, come quando nel 1814, sotto i francesi, i milanesi insorsero contro l’oppressione fiscale dando l’assalto al palazzo di Giuseppe Prina, ministro delle finanze, lo massacrarono e lo scaraventarono dalla finestra. Il dominio austriaco ha lasciato tracce profonde nella città, nel costume, nella civiltà dei comportamenti, che col tempo e sotto l’influenza italiana, si sono affievoliti. Le tasse erano gravose ma restavano sul territorio. Venezia rinacque sotto la buona politica territoriale di Vienna. Maria Teresa aveva introdotto il catasto del quale ancora oggi non c’è traccia in gran parte del Sud Italia. Le grandi istituzioni culturali milanesi e lombarde risalgono all’epoca austriaca: il Teatro alla Scala, la Biblioteca di Brera, il Palazzo Reale, la Villa Reale di Monza. Solo dopo la definitiva partenza degli austriaci dalla Lombardia, nel 1859, i milanesi si accorsero di ciò che avevano perduto. Avevano rinunciato alla civile Austria per darsi alla torva e levantina Italietta, famosa in Europa come fedifraga e ladra di terre. Pur ammettendo che nessun popolo ha maggiori diritti di un altro, Carlo Cattaneo riconosceva che se un popolo raggiunge traguardi più avanzati di incivilimento vuol dire che ha caratteri originari che lo distinguono dagli altri. Era il caso dell’Austria. Con l’Austria, prima del 1848, quando poi il Piemonte regio si impadronì della vittoria del popolo milanese, Cattaneo pensava di poter usare il linguaggio della ragione e non quello delle armi, e proponeva si rinunciasse ad ogni progetto insurrezionale per indurre il governo austriaco a concedere le riforme richieste. Restava fermo nel proprio convincimento, contrario alle “opere di violenza”, anche quando erano in gran parte conflitti per la libertà. Era convinto, senza sbagliare, che ai lombardi convenisse più la civilissima Austria che l’Italia della gabola e della truffa. Gli avessero dato retta, la Lombardia e il Veneto, riuniti sotto un unico scettro, avrebbero continuato a far parte dell’Impero e di un patrimonio di civiltà comune. Radetzky appartiene alla storia, legittimamente anche alla nostra. Parlava perfettamente italiano, amava Milano, abitava in via Brisa, una piccola strada che incrocia l’attuale corso Magenta, amava le partite a carte, la buona tavola, le osterie popolari; conviveva con una milanesona, la Giuditta Meregalli, che faceva la stiratrice. Ogni mattina andava a piedi, senza scorta, fino al Castello e all’ingresso i mendicati gli andavano incontro ed egli, uomo di buon cuore, dava un obolo a tutti. Morì nel 1858 e volle restare a Milano, finchè gli avvenimenti politici glie lo consentirono. I suoi resti vennero traslati a Vienna nel 1859, quando la Lombardia, con il solito imbroglio italiano, venne annessa al Piemonte. Leonardo Sciascia diceva che Milano è diversa perché ha avuto Maria Teresa e il dominio austriaco, lo diceva da siciliano; Napoli è quella che è perché ha avuto gli Anno V numero 2 spagnoli e i Borboni. La differenza si vede. Stoffa diversa. Radeztzy era il leale difensore dell’Impero, di gran lunga il più civile e tollerante del nefasto regno d’Italia. Bava Beccaris è stato dimenticato, Radetzki vive nella memoria e nella devozione degli antichi ex sudditi dell’Impero. Romano Braccalini GALATEO A TAVOLA Già Bonvesin de la Riva nella sua opera De magnalibus Urbi Mediolani data1288 aveva sentito l’urgenza e la necessità di dissertare sulle maniere dello stare correttamente e con creanza a tavola, trattato di cui abbiamo discettato in precedenti occasioni dedicando un approfondimento con un nostro Quaderno della Credenza e nel corso di una conferenza tenutasi presso la Biblioteca della Provincia di Milano. Qui riportiamo le: CINQUANTA CORTESIE, ovvero CREANZE DA TAVOLA di Giulio Cesare Croce Edite In Bologna, per Bartolomeo Rossi nel 1609. A distanza di trecento anni il problema del ben stare a tavola educatamente e con rispetto dei convitati era ancora di attualità. Per certi aspetti raccomandazioni purtroppo ancora oggi di attualità. Si è mantenuta l’originaria grafia senza necessità interpretate del testo di per sé chiaro. 1. 2. 3. 4. Padri, che auete figli, e che bramate Ornarli di creanza, e cortesia, Quando a qualche convito gli mandate, Udite (ve ne prego), questa mia Monitione, overo avvertimento, Che del proceder vi darò la via. Cinquanta Gentilezze sono intento Da tavola, mostrarvi, se l’udienza Grata darete al mio ragionamento; Perché chi è mal creato, oltre che senza Biasmo non parte, i convitati assai Offende, com’huom pien di negligenza. Però dunque, figliuol, quando tu andrai A tavola, se sei giusto, et humano, Del pover prima ti ricorderai. E se a sorte darai l’acqua a le mano, Cerca darla con gratia, destramente, Che tu non sij accusato per villano. Ancora ti bisogna haver ben mente Non ti poner nel luoco più onorato, Che non t’incontri qualch’inconveniente. Innanzi ch’il boccone habbi pigliato, Guarda come fan gli altri, e farà bene, S’ aspetti ancora, che ti sia assegnato. 7 Marzo - Aprile 2017 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. _____________________________________ Poi star ben su la vita ti conviene, E non curvo, né storto, e i pié tenere Dritti, che dal suo lato ogn’un gli tiene. Non ti porre appoggiato; né à giacere, Con le braccia, e co’l corpo su la tola, Che daresti da dir a più potere. Guarda di non t’empir troppo la gola, Ma temprati; perché, se ti bisogna Risponder, c’habbi schietta la parola. Parla poco à la mensa, ché vergogna Potresti aver, che spesso nel convito Si dicon cose piene di menzogna. Prima che bevi, fa che tranghiottito Habbi il boccone; e nettati la bocca, Acciò che tu non sij mostrato a dito. E se la sete troppo non ti tocca, Lascia di ber: perché si perde il vino; Oltre che spesso il ragionar s’incocca. Se per sorte colui, che ti è vicino, Non può torre il bicchier senz’il tuo aiuto, Porgigliel tu: ma cerca far pianino. Se ti da bere un qualche dissoluto, Ch’empia troppo la tazza, mi contento, Che la pigli à due man, fin c’hai bevuto, E, similmente, se colui è intento A dar la coppa, e tu non habbi sete, Pigliala, e dalla a un altro ch’io’l consento. Mentre che mangi con le voglie liete, Se giunge un, pur ch’à te non sja maggiore. Non ti mover da mensa, e stà in quiete. Guardati di far strepito, o romore Co’l naso, e fantasia non ti toccasse Di bere il brodo, ch’egli è poco honore. Ancora, se la tosse ti pigliasse, O lo starnuto, cerca di voltarte In fuori, che qualch’un non s’aggravasse. Ancor son obligato d’avvisarte: Di carne, ova, e formaggio non far pane. Ma cerca in ogni cosa moderarte. Mentre, che mangi con tue voglie humane Loda il convito sempre, e no’l biasimare, Come far soglion certe genti vane. E parimente non voler guardare A la scodella d’altri; s’ella è piena Più de la tua, che non si deve fare. A tavola sta sempre con serena Fronte, et u’ donne son, trinciali innante, Che per la tema non mangiano è pena. Cerca d’esser ancor destro, e galante, Co’l toccar gentilmente le vivande; Né tor quel c’ha il compagno tuo davante. Se vuoi ben masticar, mai troppo grande Non tagliar il boccon; ma fallo onesto, E non mangiar da tutte due le bande. E di più di comando e ti protesto: Se v’è sol un bicchier, non vi por drento Pane, over altro, ch’egli è disonesto. Havrai ancora questo avvertimento: A tavola, non dir cosa schivosa, Che porgeresti altrui noia, e scontento. Guardati da parola ingiuriosa: Né poner mai dinanzi al tuo compagno, Tondo brutto, o scodella, o simil cosa. In questo avviso ancor non sparagno 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. Anno V numero 2 Di dirti, che non tocchi gatti, or cani, Che non sta ben, e non v’è guadagno. Habbi avvertenza ancora con le mani Non ti tocar il naso, o in altro loco, Che queste son creanze da vilani. Se brami esser locato fa che poco O nulla a bere il tuo compagno inviti, Perche sforzar altrui non è bel gioco, Per esser più cortese nei conviti, Vo' ch’usi dar tal’hor’ a chi t’è appresso I bocconi più grassi, e saporiti. Quest’anco nel tuo petto avrai impresso Di ricordarti quando un tuo signore Beve, bere a te non è concesso, Ancora ti ricordo havere il core, Di non nettarti i denti con le dita, Ma aspetta stecchi, over quando sei fuore E se qualch’un a ragionar t’invita, A bocca piena non dar mai risposta, Perché la mensa starà più polita. Mala novella mai non sia proposta Da te, ma parla sempre d’allegrezza, Perché l’esser civil poco ti costa. Se vedi nel mangiar qualche bruttezza, Taci, attendi a mangiar allegramente Che l’homo savio tal cosa non prezza. Mentre il compagno beve habbi pur mente Di non chiamarlo, che causar potresti Ch’ei spandesse la coppa facilmente, A tavola conviene haver bei gesti, Nel guardar, nel parlar con le persone Né usar costumi brutti, e disonesti, Fuggi i romor, fuggi la confusione, Tra convitati, e non ti disdegnare Se ben tu conoscesti haver ragione. Le dita sporche mai non ti leccare, Che mostraresti molta vilania, E potresti gli altri far stomacare. E se a tavola dolia, o malattia, Ti venisse per sorte, habbi patienza, Fin che si levi su la compagnia. Se porti piatti in Tavola, o in credenza, Tiene il police sempre sopra l’orlo, Che non havrai di spanderlo temenza Se’l bicchier prendi in man, cerca di torlo Con destrezza che quello a chi lo dai, Prender lo possa tu di poi ritorlo. E quando dai da ber, non empir mai Troppo il bicchier, perché sara più caro A chi lo porgi, e tu più lode havrai Guardati di colmar tropo il cucchiaro Che portesti causar cattivo effetto Nel riceverlo in bocca, i’ te’l fo chiaro. Cerca a la mensa star polito, e netto, Il naso man in man non ti toccare, Ma porta sempre teco il fazzoletto. Ne l’orecchio pianin non ragionare Del tuo vicin ma parla ch’ogn’un t’oda. Per che porresti dar da sospettare Questa sentenza tener ancor per soda, Che s’un può tor la coppa se stesso Di lassar la pigliar convien ch’io loda Se con l’amico mangi, ti confesso Andar bocconeggiando fin ch’ello, 8 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Habbia finito, e levati con esse. 48. Dipoi non riporrai il tuo coltello, Prima de li altri che forse tassato Saresti per villan da questo, o quello, 49. E inanzi, che da mensa sij levato, Tutto divoto, e con pensieri umani, Rende le gratie à Dio che t’ha cibato, 50. Ultimamente: lavati le mani E cerca sempre star netto e polito, Che questa è politia da cristiani. Cerchi di star ogni’un dunque avvertito, Né prenda a scherzo le parole mie Che chi le sprezza al fin sara schernito Queste son le cinquanta cortesie, Ch’io v’ho promesso, e se l’osservarete Trarrete lode per tutte le vie E se tal’hora vi ritrovarete, A convito, o banchetto in compagnia Sempre mai la creanza adoprarete, E come ben da voi gustata sia Quest’ammonicion, direte ancora: “Chi me l’ha data benedetto sia!” Qui faccio fin restare in la buon’hora. IL FINE archivio di: Giuseppe Frattini Giulio Cesare Croce (San Giovanni in Persiceto, 12 marzo 1550 – Bologna, 1º gennaio 1609) scrittore, cantastorie, commediografo ed enigmista italiano. QUARESIMA GIORNI DI MAGRO BREVE STORIA Dopo il carnevale giungerà il periodo Quaresimale, ecco una memoria storica e di prescrizioni previste dalla Chiesa Cattolica. Un buon digiuno correttamente rispettato può essere utile al corpo e all’anima e, se strettissimo, anche al portafogli. L'astinenza dalle carni o giorno di magro è un precetto generale della Chiesa Cattolica che impone di non mangiare carne il venerdì e gli altri giorni proibiti. Il pesce è ammesso durante l'astinenza, per cui il venerdì è il giorno in cui tradizionalmente si consuma pesce nei paesi a maggioranza cattolica. L'astinenza risale a tempi molto antichi, in origine era di più giorni alla settimana poi concentratisi nel venerdì, scelto in considerazione del venerdì di passione. Con la Riforma protestante diventò il segno distintivo tra cattolici e riformati, molto sentito dalla popolazione e riflesso anche nelle commedie di Shakespeare. Le norme, insieme con quelle del digiuno, sono fissate dalla Costituzione Apostolica ''Paenitemini" del Sommo Pontefice Paolo VI del 17 febbraio 1966, e dal Codice di Diritto Canonico (can. 1249 e seguenti), ma possono essere ulteriormente determinate dalle Conferenze Episcopali. Secondo la nonna ecclesiastica (vedi la voce digiuno ecclesiastico) i fedeli diritto latino sono tenuti all'astinenza dalle carni in tutti e singoli i venerdì dell'anno, purché non coincidano con un giorno annoverato tra le solennità dal calendario liturgico della Chiesa cattolica. Il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Anno V numero 2 Santo sono richiesti il digiuno e l'astinenza il Sabato Santo sono solo consigliati. L'obbligo del digiuno s'inizia a 18 anni compiuti (1) e termina a 60 anni incominciati quello dell'astinenza s'inizia a 14 anni compiuti. Tuttavia i fedeli sono dispensati dall'obbligo del digiuno e dell'astinenza in taluni casi. Fino all'inizio del XX secolo la legge dell'astinenza dalle carni proibiva di consumare uova e latticini, oggi non più però oggi è richiesta anche l'astinenza dai cibi e dalle bevande e che ad un prudente giudizio sono da considerarsi troppo ricercati e costosi. L'insieme di queste nonne costituisce il 4° (2) dei cinque precetti generali della Chiesa cattolica (In giorni stabiliti dalla Chiesa astieniti dal mangiare carne e osserva il digiuno). Interrotta per evidenti ragioni pratiche durante la seconda guerra mondiale, è divenuta sempre meno sentita dalla popolazione. La Conferenza episcopale italiana si è adeguata al nuovo clima ed ha ammesso la sostituzione dell'astinenza con una diversa forma di mortificazione in tutti i venerdì dell'anno, esclusi quelli di Quaresima (3) Il primo testo nel quale si mette in scena i cibi di magro e quelli di grasso è francese La bataille de Caresme et de Charnage scritta nel XIII sec. narra la battaglia d'armate contrapposte: da un lato i pesci, dall'altro le car1ti spalleggiate da uova e latticini. I capponi arrosto si scontrano con i naselli, la passera e lo sgombro con la carne di bue, le anguille con le salsicce di maiale. Le verdure militano in entrambi gli schieramenti, dipende da come sono condite: i piselli all'olio di qua, quelli al lardo di là. La minuzia dei dettagli rappresenta in modo vivace le regole alin1entar.i legate al calendario liturgico che la Chiesa impose in Europa fin dal primo Medioevo. Rinunciare ai cibi animali in segno di penitenza da cento a centocinquanta giornate all'anno (es. il venerdì e durame la Quaresima) faceva considerare la carnee cibo d'eccellenza, massimo desiderio alimentare. Nell'immaginario collettivo medioevale il grasso era il valore forte, il 1nagro un semplice surrogato. Pesci e verdure all'olio, ai quali si aggiunsero sul finire del medioevo i latticini (esclusi solo nei giorni di astinenza totale), erano cibi magri dallo status sociale debole subalterno. La diffidenza che ha accompagnato i cibi di magro fino ai giorni nostri trova la sua spiegazione storica nel carattere costrittivo che per lungo tempo è stato associato al loro consumo. La loro subalternità si rispecchiava anche nei remativi di "Imitazione" delle vivande grasse un po' come accade oggi in certi ristoranti vegetariani dove si replicano nei nomi e nelle forme vivande di "carne senza carne", che tradiscono un persistente senso di inferiorità culturale. Un'intera letteratura medievale ironizza sui tentativi delle classi superiori di elaborare prelibatezza da spacciare per pratiche di penitenza: Pietro Abelardo nel XII sec. si chiede quale merito possa esse1vi nel rinunciare alla carne per consumare pesci costosissimi e raffinati. Ciò non toglie che gli obblighi di magro abbiano aperto la strada a nuovi capitoli nella storia dell'alin1entazione. L'esempio più eloquente è quello della pasta, che si fece strada nei ricettari medioevali e rinascimentali proprio come vivanda di magro elaborata in molteplici modi per rispondere agli obblighi liturgici. Quando l'alternativa magro-grasso non fu più all'ordine 9 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Anno V numero 2 del giorno e le ricette di pesce o verdure cominciarono ad emanciparsi dal loro marchio di subalternità (non prima del Sei-Settecento), le esperienze fatte nel tentativo di renderli appetibili, rivelarono la cucina di magro come un prezioso giacimento di eccelsi sapori gastronomici. (Editoriale di Susanna Cutini direttore taccuinistorici.it pubblicato su: “A Tavola- Grande cucina italiana”) La Quaresima segna i giorni che passano dalla fine del Carnevale alla Pasqua. Questo è un periodo nel quale i Cristiani dovrebbero astenersi dai cibi "grassi" per ricordare i quaranta giorni di digiuno di Cristo. Se la costosa carne degli animali terrestri era la regina della categoria proibita il poco dispendioso e umile pesce spiccava nel gruppo dei magri. I lanici1ti per lo più non erano permessi, come i rossi delle uova. Durame il regno di Carlo Magno la trasgressione dei periodi di magro era punita con la pena di morte, e la Chiesa spingeva i fedeli ad osservare il digiuno vietando la vendita di carne ai macellai (salvo al sabato dopo Vespro). Insomma, fino a solo quarant'anni fa in Quaresima era imperativo mangiare di magro. Nella lista dei cibi da portare in tavola una volta esclusi soprattutto i grassi degli animali terrestri, spiccavano pane, polenta, zuppe o minestre di ortaggi, tortelli a base di erbe pesce fresco o conservato. Vero "companatico" della povera gente emblema del periodo era l'umilissima aringa o saracca: arida e secca ma forte di sapore e di odore stuzzicante suffragata economica. Doveva solitamente bastarne una sola per una la famiglia, sia che toccasse affumicata o ravvivata ai ferri nelle case più povere delle nostre montagne la si teneva appesa penzoloni ai legni del soffino, ad altezza d'uomo, per sfregarla sopra il pane perché prendesse un po’ di sapore. Oggi questo tipo di restrizioni sono state spazzate via dalla cultura globale e del sempre pronto. Non c'è più l'abitudine di seguire i precetti religiosi, ma molte delle ricette nate per la Quaresima a base di pesce o legumi, sono diventate preparazioni tradizionali di innegabile bontà e dietetica Anche in questo caso è possibile affermare che il buon senso e l’arte di arrangiarsi ha vinto sulle privazioni imposte dall'alto. SENSO e SCOPO DEL DIGIUNO QUARESIMALE Ricerca di Giuseppe Frattini Più ampie considerazioni nel documento "IL SENSO CRISTIANO DEL DIGIUNO E DELL'ASTINENZA" della Conferenza Episcopale Italiana, 4.10.1994 Note 1. Precedentemente il termine era fissato a 21 anni, così prescrivevano già: Tommaso d’Aquino -Summa Theologiae II-II. 14, e il Catechismo di 2. Pio X 487. Il nuovo termine di 18 anni è stato introdotto con il Codice dii Diritto Canonico del 1983 3. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica figura al 4° posto, nel Catechismo di Pio X figurava al 2° posto 4. Il digiuno quaresimale. 5. 4 Vedi anche “Le proibizioni della Quaresima” su rivista Cucina della Tavola- Accademia Italiana della Cucina Il digiuno quaresimale ha certamente una dimensione fisica, oltre l'astinenza dal cibo, può comprendere altre forme, come la privazione del fumo, di alcuni divertimenti, della televisione. Tutto questo però non è ancora la realtà del digiuno; è solo il segno esterno di una realtà interiore; è un rito che deve rivelare un contenuto salvifico, è il sacramento del santo digiuno. Il digiuno rituale della Quaresima: --è segno del nostro vivere la Parola di Dio. Non digiuna veramente chi non sa nutrirsi della Parola di Dio, sull'esempio di Cristo, che disse: "Mio cibo è fare la volontà del Padre"; --è segno della nostra volontà di espiazione: "Non digiuniamo per la Pasqua, né per la croce, ma per i nostri peccati, ... " afferma san Giovanni Crisostomo; --è segno della nostra astinenza dal peccato: come dice il vescovo sant'Agostino: "Il digiuno veramente grande, quello che impegna tutti gli uomini, è l'astinenza dalle iniquità, dai peccati e dai piaceri illeciti del mondo, ...". In sintesi: la mortificazione del corpo è segno della conversione dello spirito. INDICAZIONI PRATICHE DIGIUNO E DELL’ASTINENZA DEL − il mercoledì delle ceneri e il venerdì santo sono giorni di digiuno dal cibo e di astinenza dalla carne e dai cibi ricercati o costosi. − i venerdì di Quaresima sono giorni di astinenza dalla carne e dai cibi ricercati o costosi. − negli altri venerdì dell’anno, i fedeli possono sostituire l'astinenza dalla carne con altre opere di carattere penitenziale. − al digiuno sono tenuti i fedeli dai diciotto anni compiuti ai sessanta incominciati; all'astinenza dalla carne i fedeli che hanno compiuto i quattordici anni. − anche coloro che non sono tenuti all'osservanza del digiuno, i bambini e i ragazzi, vanno formati al genuino senso della penitenza cristiana. Digiuno ecclesiastico Il digiuno ecclesiastico è il digiuno praticato dai cattolici come forma di penitenza durante alcuni giorni dell'anno (detti appunto giorni penitenziali). Le più recenti norme di questo digiuno sono state scritte da Paolo VI nella Costituzione Apostolica Paenitemini del 17 febbraio 1966, dettagliate nel Codice di Diritto Canonico (can1249 e seguenti), e possono essere ulteriormente determinate dalle Conferenze Episcopali. Le norme riguardo: digiuno e astinenza Attualmente i fedeli cattolici dei vari riti latini sono tenuti contemporaneamente sia al digiuno ecclesiastico che all'astinenza dalla carne due volte l'anno, 10 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ il Mercoledì delle Ceneri(per il rito ambrosiano il primo venerdì di Quaresima) e il Venerdì Santo. Sono tenuti alla sola astinenza dalle carni in tutti e singoli i venerdì dell'anno, purché non coincidano con un giorno annoverato tra le solennità dal calendario liturgico della Chiesa cattolica. L'obbligo del digiuno inizia a 18 anni compiuti[1] e termina a 60 anni incominciati; quello dell'astinenza inizia a 14 anni compiuti. Tuttavia, i fedeli sono dispensati dall'obbligo del digiuno e dell'astinenza in taluni casi. La regola del digiuno obbliga a fare un solo pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po' di cibo al mattino e alla sera, attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate[2]. L'acqua e le medicine sia solide sia liquide si possono assumere liberamente. La regola dell'astinenza dalle carni non proibisce di consumare pesce, uova e latticini, ma proibisce di consumare, oltre alla carne, cibi e bevande che ad un prudente giudizio sono da considerarsi come particolarmente ricercati o costosi. I parroci possono, per giusta causa, dispensare i singoli fedeli o le famiglie dall'osservanza del digiuno e dell'astinenza, o commutarlo con altre opere pie. L'insieme di queste norme costituisce il 4°[3] dei cinque precetti generali della Chiesa ("In giorni stabiliti dalla Chiesa astieniti dal mangiare carne e osserva il digiuno") che ha come fine di garantire ai fedeli il minimo necessario nell'impegno penitenziale (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n° 2041); tuttavia "per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo" (can. 1249 del Codice di Diritto Canonico), specialmente nel tempo penitenziale della Quaresima; i Vescovi italiani hanno suggerito, a tal proposito, nuove forme di penitenza accanto a quelle tradizionali, come l'astensione dal fumo e dalle bevande alcoliche, dalla ricerca di forme smodate di divertimento, dai comportamenti consumistici, il digiuno dalla televisione. Il canone 919 del Codice di Diritto canonico obbliga poi tutti i fedeli che vogliono ricevere l'Eucaristia ad astenersi "per lo spazio di almeno un'ora prima della sacra comunione da qualunque cibo o bevanda, fatta eccezione soltanto per l'acqua e le medicine". In Italia Per l'Italia, la CEI ha emanato nel 1994 la nota pastorale a carattere normativo "Il senso cristiano del digiuno e dell'astinenza"[4]. I Vescovi riuniti nella CEI hanno concesso la facoltà ai singoli fedeli di commutare l'osservanza dell'astinenza in tutti i venerdì che non sono di Quaresima con qualche altra opera di penitenza, di preghiera o di carità, a discrezione del singolo fedele; hanno consigliato inoltre di osservare il digiuno e l'astinenza nel giorno di Sabato Santo fino alla Veglia Pasquale; hanno infine stabilito che ci si può astenere dall'osservanza dell'obbligo della legge del digiuno e dell'astinenza per una ragione giusta, come ad esempio per motivi di salute. Digiuno ecclesiastico nella Chiesa Ortodossa Anno V numero 2 Nella Chiesa ortodossa occorre distinguere due tipi di digiuno: quello Ecclesiastico strettamente detto la cui prescrizione si rivolge a tutti i fedeli e il Digiuno Monastico. Il digiuno ecclesiastico strettamente detto non si applica in "periodi liberi" che sono: la settimana seguente la Pasqua detta "Luminosa", il periodo tra Natale e la Vigilia della Teofania e una settimana precedente il grande digiuno della Grande Quaresima. Al di fuori di questi periodi i fedeli digiunano due volte la settimana ossia il Mercoledì ed il Venerdì. Il Digiuno consiste nel non mangiare al mattino e dopo sesta (mezzogiorno) e astenendosi da ogni cibo di derivazione animale (carne, pesce compreso, uova latte e latticini) nonché dal vino e dalle altre bevande alcoliche e dall'olio d'oliva. Se cade una grande festa del Signore il digiuno è soppresso, se cade una grande festa della Madre di Dio o di Santi particolarmente festeggiati è consentito olio, vino e pesce, se capita la festa di un Santo particolarmente festeggiato ma di livello liturgico inferiore è consentito l'olio e il vino. Qualunque calendario ortodosso contiene queste mitigazioni. Inoltre si digiuna in maniera più mitigata nei 40 giorni che precedono il Natale, nei giorni dalla Domenica dopo pentecoste alla festività degli Apostoli Pietro e Paolo. Invece si digiuna pienamente nella Quaresima che precede la Pasqua, con particolare rigore (il pesce è consentito solo la Domenica delle Palme e la festa dell'Annunciazione e l'olio e il vino solo il sabato e la domenica) e nei giorni dal 1 al 14 agosto - Digiuno della Dormizione della Madre di Dio, con pesce consentito per la festa della Trasfigurazione. Nella pratica il digiuno è seguito dagli ortodossi praticanti specialmente quei due digiuni maggiori della Pasqua e della Dormizione. Tuttavia, dal momento che per gli ortodossi la legislazione ecclesiastica ha carattere pedagogico ed educativo alla vita spirituale più che precettistico non si parla di trasgressione "morale" nel caso della non osservanza e i fedeli che sono impossibilitati ad osservarlo rigorosamente ne parlano col loro padre spirituale che nell'ortodossia ha una parte più importante che in occidente nella vita spirituale dei fedeli osservanti. Nelle Chiese Orientali cosiddette non-calcedonesi (Copti, Armeni, Siri e anche Assiri d'Oriente) i digiuni assomigliano molto a quelli degli ortodossi. Posizione delle Chiese Protestanti Le Chiese protestanti, ad eccezione degli anglicani, rifiutarono le regole che prescrivevano l'obbligatorietà del digiuno nei periodi stabiliti dalla Chiesa cattolica. La riforma protestante concepì il digiuno come una pratica esteriore che non serviva di per sè a guadagnare la salvezza. Martin Lutero riteneva che un cristiano potesse scegliere individualmente di praticare il digiuno come un esercizio spirituale per disciplinare il proprio corpo, ma che il tempo e il modo di digiunare dovesse essere lasciato alla discrezione individuale. La posizione di Lutero è stata accolta dalla maggior parte delle Chiese protestanti, in cui il digiuno è meno popolare rispetto alle altre confessioni cristiane.[5] In genere le Chiese luterane consigliano di effettuare volontariamente di tanto in tanto alcuni giorni di digiuno senza finalità rituali o salutistiche ma con 11 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ finalità spirituali, per distogliere l'attenzione da se stessi e dai propri desideri, associando il digiuno alla preghiera.[6] Alcune comunità consigliano di praticare il digiuno durante il periodo della quaresima, preferibilmente nei giorni di giovedì o venerdì, in ricordo del digiuno che Gesù effettuò per 40 giorni nel deserto all'inizio della sua missione.[7] Per il metodismo il digiuno è considerato un'opera di pietà, che è bene praticare insieme alla preghiera e alle opere di misericordia. Il digiuno va considerato come una disciplina spirituale che aiuta a focalizzare l'attenzione sulla preghiera e su Dio, evitando di cadere nel formalismo (che consiste nel considerarlo come fine a se stesso) e nel legalismo (che consiste nel considerarlo come un mero dovere religioso). Il digiuno non va inoltre praticato per ottenere grazie da Dio, perché è una pratica che serve a cambiare il fedele e non le intenzioni di Dio[8]. Anno V numero 2 Tomba di Azzone Visconti in San Gottardo in Corte, dietro il Palazzo Reale (vedi immagine). Sunto bibliografico di Giuseppe Frattini Note 1. Precedentemente il termine era fissato a 21 anni. Così prescrivevano già Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 147; e il Catechismo di Pio X, 487. Il nuovo termine di 18 anni è stato introdotto con il Codice di Diritto Canonico del 1983. 2. Paenitemini (17 febbraio 1966), Art. III, § 2., su w2.vatican.va. URL consultato il 20 maggio 2015. 3. Nel Catechismo della Chiesa cattolica figura al 4º posto, nel Catechismo di Pio X invece figurava al 2º posto 4. Nota pastorale CEI, "Il senso cristiano del digiuno e dell'astinenza", 1994. 5. J. Gordon Melton, Encyclopedia of Protestantism, Checkmark Books, 2008 6. Prayer: Fasting 7. What is the holiest season in the Church Year? 8. Fasting as a Spiritual Practice SIMBOLI DI MILANO PARTE PRIMA: LO SCUDO Milano, nella sua lunga storia ho avuto quattro simboli: -la scrofa semilanuta -lo scudo crociato -il Biscione -Sant’Ambrogio con la frusta Iniziamo dallo scudo perché è ancora oggi il simbolo ufficiale della città. Le origini Lo scudo di Milano ha il fondo bianco (d’argento in araldica) con una croce rossa. Significa che il Comune di Milano ha partecipato alle Crociate (non diciamolo all’Isis però) e che era di parte guelfa. Se fosse stato un Comune ghibellino avrebbe avuto la croce bianca in campo rosso, come lo scudo dei Savoia che vediamo al centro della Galleria Vittorio Emanuele II, e che molti scambiano per lo stemma di Milano. La più antica immagine che ci resta di questa croce si trova nella Alla fine del 1300, quando Milano diventa capitale del Ducato, sopra lo scudo crociato viene posta la corona ducale con otto fioroni d’oro (vedi immagine commestibile), che continuerà a sormontare lo scudo fino a quando, perso il ducato, Milano diventerà una semplice città del Regno e poi della Repubblica Italiana. Pochi anni dopo, Filippo Maria Visconti, terzo duca di Milano, si inventa un nuovo simbolo da aggiungere allo scudo e alla corona: i “Piumai”. Due piante spuntano dalla corona (si potrebbe anche dire dal “cilindro”): la palma e l’ulivo. Sono piante simboliche che vogliono definire un programma di governo, come la quercia di Ochetto o l’ulivo di Prodi. La palma e l’ulivo, come sa ogni buon cristiano, sono le piante usate per festeggiare l’arrivo di Gesù a Gerusalemma per Pasqua. Con queste piante Gesù viene acclamato Re d’Israele, e forse anche Filippo Maria Visconti con questa immagine mirava a farsi acclamare re, come aveva fatto suo padre Gian Galeazzo e come faranno i successivi duchi sforzeschi che continueranno a usare la corona con le due piante. I Piumai a Santa Maria delle Grazie 12 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Sui muri delle sale e dei cortili del Castello Sforzesco si vedono numerosi stemmi sforzeschi con l’aquila, la corona ducale con palma e ulivo, e con il Biscione che spiegherò nella seconda parte di questo scritto. Nella maggior parte dei casi si tratta di stemmi del Ducato, non del Comune, con l’aquila imperiale al posto della croce. Alcuni di questi stemmi sono originali dell’epoca (1450-1535), altri li ha voluti l’architetto Luca Beltrami, il geniale restauratore del Castello agli inizi del ‘900. Vediamo quello del Comune, affrescato dove c’era la Scuola d’Arte Applicata ora trasferita altrove. Il periodo asburgico Con l’arrivo a Milano degli Spagnoli, trionfa il nuovo stile Barocco che trasforma anche lo stemma della città di Milano. Restano la croce e la corona con palma e ulivo, ma arrivano anche altre piante, cartigli, e cianfrusaglie varie. Molto elegante, a mio avviso, quello disegnato dal Cerano agli inizi del 1600. La palma e l’ulivo, invece di nascere dalla corona, si arrampicano partendo dallo scudo per arricciarsi alla fine alla corona ducale. Più tradizionale, ma sempre in stile barocco, un altro disegno seicentesco che riporta lo stemma di Milano e delle sue sei porte o sestieri, oltre ad altri due simboli della città – la scrofa e sant’Ambrogio – dei quali parleremo nei prossimi numeri della Frusta. Come si vede bene, il Biscione è assente dallo stemma della città, mentre campeggia sicuro nello stemma del ducato. E’ un segno di autonomia, che però finisce con il regno d’Italia napoleonico, quando dal nuovo stemma scompare la corona ducale, la palma e l’ulivo, e resta solo la croce, sormontata questa volta dalla corona turrita di semplice città, dall’aquila e dalla “N” del nuovo padrone Napoleone. C’è però un’interessante novità, che si affermerà nel futuro: una corona dove si alternano foglie di quercia e di alloro. Anno V numero 2 Dimenticavo un particolare importante. Dallo stemma del Cerano fino a quello napoleonico, si affaccia timidamente il caduceo di Mercurio, un nuovo elemento che ha un chiaro significato: i Soldi. Milano ha preso coscienza della sua vocazione economica e ormai preferisce essere ricca piuttosto che potente. I simboli regali – palma e ulivo – scompaiono lasciando il posto a Mercurio, e poi alla quercia e l’alloro, due nuove piante araldiche che significano forza (quercia) e competenza (lauro), gli ingredienti del benessere. L’arrivo della quercia e dell’alloro sullo stemma di Milano, com’è oggi, è tutt’altro che semplice da raccontare. Con il ritorno degli Austriaci, dopo la caduta di Napoleone, lo stemma recupera la corona ducale (senza palma e ulivo) ma conserva l’aquila della sottomissione. Un’aquila asburgica, a due teste, che indica l’appartenenza della città all’Impero d’Austria. Un po’ di piante anonime decorano lo scudo senza aggiungere alcun particolare significato alla “missione” della città. E’ interessante notare che, durante i moti antiaustriaci del 1848, le piante napoleoniche (quercia e alloro) fanno la loro ricomparsa, per esempio nelle monete, con i due rami legati e contrapposti, che rivedremo molto più tardi nel nostro stemma. Va detto anche che questa novità araldica non appare in questo periodo soltanto in Lombardia, ma anche in altri Stati (Roma papale, Napoli borbonica) che vogliono indicare con queste piante la loro opposizione all’oppressione asburgica. 13 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Anno V numero 2 Oggi Con la formazione del Regno d’Italia nel 1861, però, la quercia e l’alloro scompaiono dall’araldica italiana, almeno fino all’avvento del Fascismo. Lo stemma del Comune di Milano, in questi anni (1861-1921) va incontro a una strana vicenda, che non ho potuto chiarire completamente. Accanto alla solita croce compare un secondo scudo che riporta la “scrofa semilanuta” ben nota ai conoscitori della storia di Milano, e che tratteremo ampiamente in un prossimo articolo della Frusta. Entrambi questi scudi sono sormontati dalla città turrita e abbelliti da piante generiche. Possiamo vedere questa strana coppia a Palazzo Marino, nel Palazzo del Giureconsulti oppure nel Cimitero Monumentale (vedi immagine). Tutte decorazioni che risalgono al periodo sopra menzionato. di Paolo Colussi Nell’Era Fascista (1922-1943) gli stemmi comunali vengono rivisti e codificati. Il 19 marzo 1934 nasce ufficialmente lo stemma del Comune di Milano, poi modificato dopo il 1945 e oggi così descritto: “Lo stemma della Città di Milano è araldicamente così descritto: d'argento (bianco) alla croce di rosso, cimato di corona turrita (un cerchio d'oro aperto da otto pusterle), e circondato ai lati nella parte inferiore da fronde verdi di alloro e di quercia annodate con un nastro tricolore.” [Statuto del Comune di Milano, Art. 4, punto 2] Le modifiche rispetto al 1934 riguardano il nastro che diventa tricolore (prima era dorato) e l’abolizione del “capo del littorio” (vedi immagine) che dal 1933 doveva obbligatoriamente sormontare gli stemmi di tutti i comuni italiani. Oggi lo stemma corrente del Comune di Milano ha subito una trasformazione grafica che conserva le caratteristiche essenziali dell’immagine ufficiale, ma che ha una “versione semplificata” senza piante. A quando una nuova versione con le palme? PER RAGIONI DI SPAZIO IL PRESENTE ARTICOLO VERRA’ PRESENTATO IN TRE PUNTATE PER CONSENTIRE AL LETTORE DI POTER FRUIRE DEL TESTO NELL SUA ORGANICITA’. (N.D.R) TERZA PARTE DECLASSAMENTO DELLA LINGUA ITALIANA NELL’UNIONE EUROPEA E AUTOLESIONISMO LINGUISTICO DEGLI ITALIANI – INTRUSIONE LESSICALE ANGLO – AMERICANA NELL’ITALIANO DEL NUOVO SECOLO. Il Frullone, simbolo dell’Accademia della Crusca Non c’è che da sperare in un baby-boom (TG2, ore 13,00 dell’8- 8- ‘05), sul tema dell’esiguità di quelle che saranno le future retribuzioni pensionistiche per gli odierni giovani –massimo 32% dell’ultima retribuzione. In un’intervista a un operatore turistico di castelli e antiche dimore trasformati in alberghi nella rubrica TG ECONOMIA: “…bisogna andare a vendere direttamente le location”. In una lettera di Piero 14 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Ostellino al Corsera del 9-8 05: “Se un columnist del New York Time scrivesse al presidente degli Stati Uniti di interessarsi [dell’acquisto del giornale] l’America… . Dulcis in fundo: trasmissione condotta dal dottor Mirabella del 18-8 -’05, Rai 3 ore 13,00 circa, dedicata agli animali. In fine di trasmissione l’intervista al proprietario di un cane, il quale spiega che lo porta ad effettuare un percorso di agility! Si fanno i conti per una leadership (della coalizione, del partito), si cita il premier, anche nelle più scassate squadrette di calcio giovanile nell’arcipelago calcistico di casa nostra guai a rivolgersi anche al più improvvisato allenatore di turno senza usargli l’appellativo di mister! Sulla stampa abbiamo notizie di una baby-gang e nell’articolo si legge la descrizione di uno di questi baby: “…giovanotto di 16-17 anni, alto 1,85 metri e dal peso di 85 kg”. Alla faccia del baby! Ricorrente è il trinomio feeling, flirt, fan. Il sedicente smemorato presunto pianista che ha commosso le folle internazionali e che si rivelerà una bufala giornalistica estiva è stato indicato come piano-man. Su un quotidiano del 28-8-05 una citazione del ministro Lunari sul tema della sicurezza aerea: “Sulle black list mi hanno frainteso”. Non c’è più settore della politica, della cultura, del giornalismo, della pubblicità – insomma non c’è più settore alcuno- dove non si ricorra a qualche termine o espressione inglese: welfare, establishment, premier leader, lobby, devolution,…fino ad arrivare al più modesto e contingente bed and breakfast al posto di “affittacamere”. In ambito sportivo sono frequenti indoor, offshore, set, match, penalty, corner, goal, round, knock-out, uppercut. Si è allargato a macchia d’olio l’uso dell’espressione staff dirigenziale (sic, che obbrobrio questa trasformazione peggiorativa dell’aggettivo usato fino a qualche tempo fa nell’espressione nostrana “gruppo dirigente”!). Nelle statistiche leggiamo trend e in un saggio troviamo background storico-legislativo e pedagogico-didattico. Nel periodico ALI Giovani del dicembre 2005: “Al Ministero della Salute italiano la LIPU, che fa parte della task force di questo istituto (Birdlife, ndr) …” e ancora: “Assieme a tutti i partner europei di birdlife…”. E quanti racket, standard qualitativi, floppy-disc, harddisc… Su una pagina del quotidiano l’Unità del 27-1105 troviamo time share e time sharing (multiproprietà): “da oggi è possibile convertire la tua multiproprietà o time share permutandola nel nuovo club vacanze GENESIS VACATION CLUB”! E poi: stage (l’inglese però l’ha mediato a sua volta dal francese); gag, escalation, best seller. Al TG1 del 26 12- 05 il conduttore usa l’espressione pit stop al posto di “fermata”. Il Consiglio dei ministri ha approvato a notte fonda il decreto che trasformava gli enti in spa, ne trasferiva la proprietà al Tesoro e stabiliva in tre i componenti i board. Notare che nell’articolo citato la parola inglese non è riportata in italico o virgolettata, ma in caratteri correnti, come fosse una parola del lessico della lingua nazionale. Da un’intervista del Corsera di sabato 31 dicembre 2005 a Francesco Giavazzi, docente in Bocconi e amico del neogovernatore della Banca Anno V numero 2 d’Italia: “Raggiunto l’accordo con il ministro dell’industria Giuseppe Guarino sostenitore di un piano che prevedeva la costituzione di superholdig. Segue la domanda dell’intervistatore: “Il decreto notturno è stato uno shock?” (in realtà la parola era stampata con la grafia francesizzata choc!). Leggiamo sempre più frequentemente holding company (società finanziaria). E ancora a pagina 20 del Corsera citato, ci imbattiamo nel seguente passo da una corrispondenza da New York sul personaggio Lapo Elkann: “Tutti gli occhi erano su Lapo, per aver resuscitato il nome FIAT. Per la sua love story con la più hot delle starlet italiane, per aver illuminato il futuro della sua azienda con la nuova patinata Grande Punto”. Un rappresentante dell’Associazione culturale Roccabrivio nel giugno 2006 informa che nel cortile della rocca ogni sera ci sarà un servizio di happy hour. Mio figlio dice a sua sorella che faranno fifty-fifty con la mancia ricevuta dalla nonna e lei gli risponde con un OK. Al TG1 delle ore 13,30 del 9 gennaio 2006 una dirigente scolastica intervistata si esprime così: “Riprendiamo a studiare un pochino più soft”. Bisogna portare gli stivaletti in pelle anche al mare e ad ogni costo, nonostante la canicola di luglio, se si vuole essere trendy (da un tg del luglio 2006). Il giorno dopo la risoluzione 1701 dell’ONU del 12 agosto 2006 sulla crisi del Libano si leggeva il seguente sottotitolo su un quotidiano nazionale: “Su cessate il fuoco e peacekeeper raggiunta l’unanimità a Palazzo di vetro”. E più avanti, sullo stesso giornale: “Sarà una missione dura, pronti a regole da Peace enforcement”, e due pagine dopo, il titolo del quarto paragrafo di un documento programmatico di politica ecologica: “Una nuova governance delle aree protette”. Al Gr3 delle ore 8,45 di Ferragosto si annuncia una preoccupante crescita in Italia del fenomeno delle baby gang, precisando che sono altra cosa dall’usuale bullismo. Al TG3 delle ore19 del 30-8-06 in un servizio sulla mescolanza etnica si usa l’espressione melting pot. Dulcis in fundo (fra così tanti inglesismi ci sia consentito usare un’espressione latina) dal raduno internazionale di giovani cattolici il 18 e 19 agosto a Colonia nell’estate 2005 per la Giornata mondiale della Gioventù i cronisti di turno dell’avvenimento indicano la folla di giovani con l’espressione papa boys, assegnando alla parola “boys” un’accezione che va oltre l’indicazione del genere maschile. Non c’è più settore, insomma, della politica, del giornalismo, dell’istruzione, dell’amministrazione, della cultura in senso lato dove non si ricorra a qualche termine o espressione anglo-americani. Così sul Tempo dell’8-8-06 in un articolo intitolato “Prodi, una poltrona al giorno: “…lo spoil system del centro sinistra.” Abbiamo aperto la nostra scorribanda nel lessico anglosassone penetrato nella nostra lingua citando il pensiero di Pier Paolo Pasolini. Vogliamo chiudere questo nostro discorso con una domanda che ci fa pensare ancora a questo intellettuale che molto ha dato alla cultura contemporanea ma prematuramente ci ha lasciati: se fosse ancora presente a quale analisi approderebbe in merito a questa massiccia presenza di 15 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ lessico inglese nei più svariati settori della nostra lingua? Ci fermiamo qui nella registrazione delle intrusioni lessicali, consapevoli di esser lungi dall’aver esaurito la rilevazione del fenomeno nella sua interezza. Intanto da queste osservazioni possiamo anche constatare che il lessico inglese è impiegato non soltanto nella lingua scritta di giornalisti e scrittori, ma è ormai abbastanza ampiamente utilizzato pure nella lingua parlata, ancorché in settori specialistici. Questo utilizzo nell’orale è probabilmente indice di una effettiva (e forse anche definitiva?) assimilazione nella koiné. Conseguentemente è lecito chiedersi fino a che punto la lingua italiana potrà continuare a mantenere la propria identità non solo lessicale ma anche strutturale. Riteniamo utile citare, in quanto significativo, ciò che accade, di diverso, nella lingua dei transalpini, dove più forte e storica è la preoccupazione della maggioranza culturale francese di salvaguardare la lingua nazionale da evoluzioni dovute all’intrusione di lessico immigrato. I cugini Francesi hanno già provveduto ad utilizzare parole della loro lingua per sostituire termini inglesi “globalizzati” come pc, aids, globalizzazione, NATO, DNA rispettivamente in ordinateur, SIDA, mondialisation, OTAN e ADN. Perfino la città statunitense di New Orleans in terra francese è rigorosamente indicata in la Nouvelle Orléans! Corrado Augias su la Repubblica del 4 dicembre 2004, rispondendo a una lettera alla sua rubrica su questo tema, raccontava cosa avessero combinato i nostri vicini transalpini che, secondo lui, la loro lingua la prendono sul serio, precisando anche troppo. Hanno addirittura istituito un premio denominato “Prix d’indignité civique” o de la Carpette anglaise. Ebbene quell’accademia si era riunita il 24 novembre e fra i vari premi deliberati c’era quello speciale attribuito a un membro della nomenklatura europea o internazionale per il suo servile contributo alla diffusione della lingua inglese: assegnato in quell’occasione addirittura al presidente della banca centrale europea Jan- Claude Trichet. Aveva osato esporre in inglese la politica della BCE a Strasburgo e dichiarato, al momento di prendere possesso della carica: “I am not a frenchman”. Quale orribile delitto linguistico! Il nostro Augias ammette che forse i francesi esagerano. Concludiamo questa riflessione ponendoci una domanda: a quando il top di iniezioni di lessico inglese nella nostra lingua? Intanto con questo quesito ci accorgiamo che siamo ormai tutti contagiati! Ma forse è utile ancorché doveroso avere coscienza della sua portata. (FINE ARTICOLO) Giuseppe Rossetti STORIA DELLA CARNE ITALIANA IN SCATOLA Come abbiamo visto nel numero precedente della Frusta fu il francese Nicolas Appert ad ideare come conservare il cibo in scatolette. In Italia furono i piemontesi i pionieri della preparazione di questa carne, con il “bue in scatola” elaborato da Lancia per i soldati della guerra in Crimea (1854/6). Anno V numero 2 La prima scatoletta di carne dal sapore e dal colore accettabile vide la luce invece nel 1881 grazie al genio di Pietro Sada gastronomo milanese, che studiò nuovi processi di conservazione per mantenere più a lungo il suo richiestissimo lesso. Per far uscire la carne in scatola di Sada dalla connotazione di strambo prodotto moderno fu necessario un evento di grande risonanza: la trasvolata delle Alpi in mongolfiera organizzata dallo svizzero Gondrand. Così Sada mise a disposizione dell’equipaggio il suo bollito in scatola. Da allora tutti vollero assaggiare quella carne che rappresentava una curiosa modernità simbolo di progresso. Il figlio di Pietro Sada, Gino Alfonso, fondò nel 1923 la Simmenthal dal nome di una valle svizzera. Dalla metà dello scorso secolo la carne in scatola ha identificato un cibo subito pronto, pratico, igienico, poco grasso e neanche troppo costoso, ed oggi è un’alternativa alla carne fresca, soprattutto in estate. Una lattina vuota e senza etichetta del tipo a tre pezzi in latta. La Lattina La lattina è un contenitore a tenuta ermetica non richiudibile costituito con diversi materiali metallici: alluminio o lamiera di ferro stagnata o plastificata. La lamiera di ferro stagnata, detta anche latta, è stato il primo materiale utilizzato e da ciò deriva il nome italiano. Una moderna lattina di birra del tipo a 2 pezzi in alluminio Una moderna lattina di birra del tipo a 2 pezzi in alluminio Storia Alla fine del XVIII secolo l'inglese Bryan Donkin sperimentò l'impiego della latta per la realizzazione di scatole per la conservazione di alimenti[1] e nel 1810 Pierre Durand ne registrò il brevetto [2]. Nello stesso periodo alcuni impresari inglesi introdussero la conservazione di cibi in scatola negli Stati Uniti: Thomas Kensett (nel 1812 a New York) e William Underwood (nel 1817 a Boston) avviarono le prime industrie di conserve alimentari, con scatolette di importazione britannica. Solo nel 1825 lo stesso Thomas Kenset registrò il brevetto negli Stati Uniti[3], e le prime fabbriche di lamiera stagnata furono aperte nel 16 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ 1870 a Cincinnati e Chicago[1]. In Italia la produzione di alimenti conservati in scatole di latta iniziò nel 1856 (Francesco Cirio) a Torino, la produzione fu avviata nel 1890 da Luigi Origoni a Milano[1]. Inizialmente la lattina era principalmente utilizzata per la conservazione di prodotti alimentari se l'elevato costo di produzione rendeva il cibo un lusso fu anche una preziosa risorsa logistica per usi militari per il rifornimento di vettovaglie. Alla metà del XIX secolo iniziò una radicale trasformazione della distribuzione e commercializzazione delle merci alimentari e non, sostituendo la millenaria cessione di prodotto sfuso con prodotti preconfezionati, anche non alimentari. Nel 1957 sono introdotte le prime lattine in alluminio[4], materiale più malleabile con la stessa resistenza alla corrosione della latta ma più leggero ed economico. Questa evoluzione ha eliminato il rischio di migrazione dello stagno negli alimenti. Oggi sono utilizzate scatole in lamiera di acciaio rivestite all’interno con plastica a base di Bisfenolo tuttavia alcuni recenti studi ipotizzano la tossicità di questa famiglia di materie plastiche. Tecnica La lattina è composta da tre pezzi un corpo a sezione cilindrica o rettangolare in lamiera ripiegata chiusa da una saldatura o da aggraffatura, il coperchio ed il fondo sono aggraffati. La lattina di alluminio è composta da due soli pezzi: corpo cilindrico ed fondo si ottengono per imbutitura, il coperchio stampato è aggraffato. Le metodologie di lavorazione dell'alluminio si sono evolute arrivando a costruire contenitori proporzionati, robusti e resistenti capaci di mantenere pressioni elevate impiegando per una lattina da 33 cl. Sono impiegati solo 13 grammi di alluminio. Coperchio con sistema di apertura che rimane con la lattina diffuso dopo il 1980. Anno V numero 2 ciél, che ghe dànn content adrée a giugà a te ghe l'et. E a Milano l'aria può divenire di cristallo e così trasparente da far sembrare la città più prossima ai monti di quanto in realtà non lo sia. Noi la diciamo aria remondìnna, mondata dallo smog, da ogni impurità. Sono giornate così attese e spettacolariche sono celebrate sui giornali con le classiche fotografie prese dall'alto del Duomo: con le guglie in primo piano, i grattacieli, i più umili tetti di tegole e, subito dietro, ecco lì le Alpi sforbiciate nel cielo limpido. E l 'anema d'on meneghin la se deslengua ... 'Me l'è bèll fàss sperluscià 1, dent' per dent', d'on poo de vent: te par quasi de volà! El zif fola in di orècc 2 e poeu el sgura i monumént che te paren sbarlusént 3, luster ciàr come di spécc. El s' ciarìss el panorama fìnna in fond all'orizzont. Salten foeura fìnna i mont: la citàa l'è un "cineràma" ! 4 -Ven sul Dòmm, l'è eccezional, l'è on spettacol de incantà: gh'è la Grigna, el Bianch l'è là! Fàmm vedè... fenomenal ... ma l'è el Ròsa: va a ranà! 5 Ciapparàtt tiress in là; voeuri fà ona fotografia , de quèj bèj de tegnì via!! Coperchio con sistema di apertura che rimane con la lattina diffuso dopo il 1980. Alla fine del XX secolo alla lattina in latta o acciaio è inserita l'apertura a strappo, prima esclusiva delle lattine in alluminio. Le lattine in genare, essendo realizzate in materiali metallici, sono facilmente e proficuamente riciclabili. Bibliografia consigliata: 1. Fausto Masi, Acciaio, Vallardi, Milano, 1956, pp. 112-113. 2. Fausto Masi, Acciaio, Vallardi, Milano, 1956, p. 113. 3. Petroleum week, Volume 9, 1959, p. 82 (Google Books) VENTO DI MARZO a Ricordo di Giorgio Caprotti Il biglietto da visita della primavera è l'aria sottile del mattino ripulita dal vento di marzo, cont i ronden su nel E’ ormai primavera: i campi, giardini e panorami si aprono al veto ed alla trasparenza di marzo. Tutto pare toccato da un nuovo soffio di vita. E lo smog per un po’ è sconfitto. Anche gli stretti e lunghi cortili delle vecchie case dei quartieri popolari sono percorsi dall’aria primaverile. Dall’alto Milano riscopre, quasi per incanto, la suggestiva visione delle Grigne e del Resegone. Panorama verso Alpi 17 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Respirare quell'aria allarga i polmoni, come succhiare una caramella di menta, on slargafiàa, come diciamo noi. Ma si sa anche che "Marz l'è el fioeu d'ona baltròcca: on dì el pioeuv e on dì el fiòcca". Cioè il tempo è mutevole e il vento può farsi d'un tratto freddo e allora ... ciao Ninètta! Comincia un pizzicore nel naso, purisna el nas, e... già on acciùmm ( L’ “etcì" in italiano), ona bèlla stranudada. In meneghino anziché "starnuto" diciamo stranùd, se ne sente meglio l'esplosività, non vi pare? È la premessa di uno di quei raffreddori che i medici definiscono "rinite allergica", e noi ribattezziamo rafreddor allèrgich inserendo quella parola allergica che è divenuta quasi di moda. E in causa sono spesso i pollini, la polverìnna di fior, e i oeucc se fann piangiorent, specie quando andiamo nei prati per cattà l'insalata matta per fare la classica insalata e ciàpp, l'insalata con le uova sode che, servite spaccate in due e posate col tuorlo sul letto verde, sembrano proprio due chiappette sode che tornano a comparire di primavera sotto le gonne, d'un tratto fattesi leggere. Ma nei campi, sulle ramaglie, ci sono anche i lovertìs (leggi "luertis", con la "i" un po' strascicata, stemperata, dice il Cherubini), i fragili germogli rampicanti del luppolo che, nella cottura, perdono la ruvidezza e servono per fare risotti e frittate insaporite di primavera. Al pari delle prime ortiche dolci, ma attenti a non sbagliare perché le altre fànn vegnì sù i bagòttol (l'orticaria) e, gratta che te gratta, per­ ché hìnn bisijént (di un dolore pungente), ci si trova tùtt besinfi e sgarbellàa (tutti gonfi e graf­ fiati). E nell'aria volen i caterinètt (i fiocchi dei pioppi, i pobbi ) imprendibili e che gli osti bruciano coi zoffreghìtt (i fiammiferi di legno) annullandoli. E anche questo fa primavera. Giorgio Caprotti Altra immagine del Monte Rosa NOTE 1) sperluscià = spettinare. Sperlusciàss è anche lo scomporsi i capelli con lo shampoo o lo starnazzare scomponendo il piumaggio come fanno gli uccelli. 2) orècc = orecchie è il plurale maschile di orèggia, che al singolare è femminile 3) sbarlusént = rilucenti. 4) cineràma è termine intruso dal mondo del cinema 5) ranà è lo sgambettare come una rana, per esempio del bambino nel cambio dei pannolini, non l'andare a prendere le rane, a ciappà i rann. LA PIANTA IN FIOR Ricordi di un’osteria milanese Anno V numero 2 indove la comincia la periferia. Trii basei, on ciarin (3) e la pianta in fior. Atmosfera de semplicità e cordialità l’è on paradis di temp andaa. In del local mal miss pròppi nagòtt l’è cambiaa da cent ann e pussee in là (4). Tavolinett piscinitt, tovaj a quadrettin, la stuvetta che ne scalda cont el canon (5) ch’el pirla de chì e de là. Se staon poo strett, in verità, ma quanto cicciarà. La cusina casarenga l’è ona bontà, par de vess pròppi a cà. Ma l’è la gent la soa bellezza: dal legnamee a l’ingegnee, dal trombee al ragionatt, dal maester al tranvier, dal lombard al calabres, dal frances al sudanes. La famiglia cont i fioeu E el nòno cont i nevoditt, ma anca i cagnoeu. Gh’è l’attor improvvisaa, l’architett ch’el fa i cà senza tett, el musicista ch’el fa i canzon de sinistra. El poverett, el bollettari, e queel che in del destin nel ghe cred semper. El balòss e el bolgiron stann semper on poo sui sò. Ma anca el sgalis l’alza tròpp el gombet e la sgalisa che la trira sù on poo tròpp la sòcca. El pòst el gh’è per tucc e chi sta minga al sò pòst … le metten a pòst. Canzon, musica e allegria e a la fin de la serada hinn content e soddisfaa (6) e tornen a cà soa. E questa l’è la canzon de l’osteria Prima che el ciappin se la pòrta via. El Luis Note al testo: (1) Potrebbe andare anche TRANI, dipende da che tipo di osteria si tratta, anche se osteria va meglio perché fa rima con via (2) Ho messo via in fondo invece che all’inizio per conservare la rima con osteria (3) Ricorda il verso de El barbon di Navili (Ma el ciarin d’ona veggia osteria) (4) Sarebbe meglio pussee indree, ma lasciamo in là per licenza poetica (per lasciare l’assonanza: cambiaa/là) (5) Non si capisce che cos’è (6) Non essendo molto usato felice ho usato due sinonimi Gh’è el Gianni, la Pinuccia, gh’è la mama. Là, in quell’osteria (1), in la curta e stretta via (2) 18 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ MAASTRICHT FONDAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA PREMESSE Le contingenti vicende nazionali: le conflittualità politiche all’interno dei partiti, le schermaglie e gli attacchi fra i diversi gruppi politici, il gossip parallelo, l’emergenza sicurezza ed il problema dei rifugiati o meno, un’informazione complessivamente difficilmente indipendente, con un chiasso incredibile, occupano quasi interamente gli spazi dell’informazione e non permettono una ponderata riflessione sulla politica internazionale che risulta molto complessa e la cui comprensione oggi, guardando verso il futuro (prossimo), è di fondamentale importanza. Così rivolgersi anche alla stampa estera permette di fruire di punti di vista diversi, e di cogliere osservazioni che possono essere utili per chiarire qualche domanda e comprendere meglio ciò che si trova nella stampa nazionale, spesso, fra le righe o in articoli scritti per chi “sa”. Qui di seguito la redazione ha ritenuto di proporvi un articolo di recente pubblicazione che mi pare pacato e che ben inquadra lo stato delle cose riguardo la politica europea con spunti chiarificatori ed alcune considerazioni interessanti. Bona lettura! E tenete alta la guardia: un sano spirito critico è l’anima della libertà e ci mantiene vivi. MAASTRICHT MEMORIA PER RINFRESCARSI LA Il trattato nel 1992 lanciava un’esperienza politica: federare degli Stati-nazione. Ricordiamo le sorgenti d’un’ambizione, nel momento in cui l’Unione trema dalle sue basi. Fra la Brexit e le minacce proferite da Donald Trump, la crescita dei populismi e la crisi dei rifugiati, l’Europa non può concentrarsi sulle commemorazioni. A Bruxelles e nelle altre capitali, è dunque con grande discrezione che si dovrà celebrare l’anniversario del trattato di Maastricht firmato Il 7 febbraio 1992 nel cuore di una bella città del sud dei Paesi-Bassi. Questi Anno V numero 2 testo sarà il caposaldo più importante della storia europea col quale fu creata l’Unione europea. All’epoca era immensa l’ambizione. Il progetto estende i poteri del Parlamento di Strasburgo, istituisce la cittadinanza europea, enuncia il principio di trasparenza per tutte le decisioni. A fianco del pilastro comunitario (le politiche dette integrate, per le quali le decisioni sono prese dalle istituzioni comunitarie, come l’agricoltura o ripatite fra l’Unione e gli Stati come la salute pubblica) è instaurato un secondo pilastro (la politica estera e la sicurezza comune con il principio d’una cooperazione sistematica) ed un terzo pilastro gettando le basi di una cooperazione nel campo della giustizia, della polizia e dell’immigrazione. Il testo afferma soprattutto la vocazione e il carattere politico de l’Unione e lancia (2002) la moneta unica l’euro. In questo modo i creatori del trattato vogliono definire un processo, di principio irreversibile, di messa in comune della sovranità monetaria degli Stati, o per lo meno di una parte di loro. Con l’euro l’Europa sino ad allora astratta è avviata a divenire più concreta, materializzata. J. Delors (allora presidente della Commissione che volle fortemente l’euro, quale pegno di stabilità monetaria e successo del mercato unico. Regno Unito e Danimarca fruirono di alcune deroghe. Gli altri accettarono di principio di compiere sforzi di budget per poter aderire all’euro. Questi famosi “criteri di Maastricht” guida della coordinazione delle politiche macroeconomiche e di buon funzionamento della zona euro sono a venticinque anni dopo il bersaglio di numerose critiche. I criteri di stabilità e crescita (1996) stipulano che il deficit pubblico di uno Stato non superi il3% del suo prodotto interno lordo, impediscono un eccessivo tasso di inflazione e di indebitamento. Quasi subito non furono rigorosamente applicati. Il loro carattere, giudicato puramente contabile, è contestato e, anche se la crisi 2007/2008 ha dimostrato la loro relativa pertinenza, sono via via divenuti elementi a favore degli euroscettici ed eurofobi, ed anche questi senza essere avversari del progetto europeo, criticano la gestione burocratica, il suo ultraliberalismo, e la debolezza degli obiettivi sociali. Obiettivi che avevano sedotto numerosi elettori di sinistra nel 1990. Quello che l’anziano ministro Hubert Védrine (v. Savoeur d’Europe,2016) chiama “insurrezione elettorale” del 2005 (il no di Francia e Danimarca al progetto di trattato costituzionale europeo, che in qualche modo ha prolungato Maastricht, trova la sua origine nel trattato originale. Anche se, dove si votò –Francia e Danimarca, gli uomini politici dell’epoca avevano invitato a votare si nel 1992 al referendum sul trattato di Maastricht, molti elettori stimarono che la questione sociale spariva dal progetto comunitario a vantaggio di norme incompatibili con un modello alla francese. L’invito di Delor per cui il sociale doveva restare nel progetto europeo, ma continuando ad essere di competenza nazionale. Gli euroscettici giudicavano ugualmente che l’allargamento, previsto dal trattato (un Consiglio europeo tenutosi a Copenhagen poco dopo la firma del testo aveva affermato la vocazione dei paesi dell’Europa centrale ed orientale ad aderire), avrebbe potuto generare dei movimenti migratori incontrollati. Delors stesso aveva messo in guardia a degli allargamenti troppo grandi e rapidi (v. Philippe Herzog “l’Europe 19 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ après l’Europe “-2002). Dopo Maastricht, ma prima dei testi che ampliavano certe disposizioni del trattato fondatore (Amsterdam 1997, Nizza 2001, Lisbona 2009), il presidente della Commissione prese comunque partito per una Europa allargata e basata sul libero scambio. Quello che, oggi è il bersaglio privilegiato dei populisti di destra e di sinistra, non ha potuto arginare la volontà di ritorno in forza agli Stati-nazione dalla fine degli anni 1990. Questo movimento suona apparentemente la campana a morto del federalismo europeo e degli Stati uniti d’Europa, che solo una minoranza difende ancora apertamente. Delors evocava, lui stesso “una federazione di Stati nazione, ossimoro intelligente che impiegava nel senso abbastanza federale, ma nel quale ogni parola è importante, come Stati e nazioni..” (v. Hubert Védrine- 2016). Un’altra idea di Delors è restata d’attualità: quella d’un Unione che funziona a ritmi diversi. Questo progetto a “cerchi concentrici” questa oggi sembra un’uscita quando le crisi dividono l’Unione in tutti i sensi, che il contesto internazionale è teso di giorno in giorno e che, per mancanza di rilancio, rischia l’implosione. La prospettiva di una ridinamizzazione a partire dagli Stati fondatori, eventualmente raggiunti da qualche altro, sembra a molti come la sola realista. Non potendo avanzare a 28 e un domani a 27 per l’uscita del Regno Unito, l’Unione lavorerebbe per reti, per progetti, appoggiati o meno dall’insieme dei suoi membri. L’opt out, o derogabilità, a certe regole comuni son d’altronde già in applicazione in diversi campi, e l?UE lavora in realtà con dei livelli di integrazione differenti per i suoi membri ( l’eurozona, lo spazio senza passaporto di Schengen, la difesa Europea…). Dal lato del federalismo, si pensa tuttavia che le difficoltà attuali, e in particolare la delitizzazione, vedi la rottura del legame transatlantico che potrebbe provocare la presidenza Trump, mostreranno la necessità di serio balzo in avanti. I più ottimisti sottolineano d’altronde che è sempre in occasione di importanti crisi che, passo a passo, l’Europa si approfondisce e si allarga, camminando verso quello che il politologo Dusan Sidjanski (professore emerito a Ginevra, chiama “ la ricerca di un federalismo inedito”. E’ evidente che gli sconvolgimenti politici maggiori del XX secolo hanno stimolato lo slancio europeo: la guerra fredda ha trascinato il disegno della costruzione comunitaria 1950; la caduta del muro di Berlino e l’implosione dell’URSS hanno permesso di schematizzare l’unione politica 1990. Quanto a Maastricht spiega Jean-Louis Quermonne (Système politique de l’Union européenne 1998), questo trattato non ha stabilito né uno Stato né un governo europeo, ma ha legittimato l’esistenza di un vero “système politique”. Reputate essere secondo la definizione di Delors stesso, un “object politique non Jean-Pierre Stroobants – da: Le Monde, sabato 04/02/2017 – Anno V numero 2 I 12 stati firmatari del trattato Maastricht Firma 7 febbraio 1992 entra in vigore nel 1993 Traduzione Giuseppe Frattini 20 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ IL 23 APRILE SAN GIORGIO A MILANO SI FESTEGGIA LA: PANERADA Antica tradizione che ha radici agricole remote, nei secoli reiterpretato e nel passare dei secoli e l’avvicendarsi delle tradizioni locali e religioni. Presso i romani la festività si chiamava: Parilia. La Panerada alla Credenza: pan de mej e panera! LA PARILIA a ROMA Festività romana Palilia o Parilia erano un'antichissima festa pastorale della religione romana che si celebrava il 21 aprile in onore del numen Pale, a volte descritto come semplice genio, a volte come divinità femminile. Celebrata per purificare le greggi ed i pastori, la festa dei Palilia, insieme alla precedente dei Fordicidia (15 aprile) e la successiva dei Robigalia (25 aprile), faceva parte del trittico di cerimonie religiose agricole nate ancor prima della fondazione della città di Roma, avvenuta nel 753 a.C.[1], anche se per un'altra narrazione[2] questa festività fu stabilità proprio per festeggiare la nascita della città. In età più recente, a partire dal 121 si iniziò a festeggiare nella stessa data anche il giorno della fondazione di Roma, ovvero la festività di Romaia. Anno V numero 2 L'intera descrizione del cerimoniale la troviamo in Ovidio.[3] La festa aveva due forme rituali leggermente dissimili, una urbana (che si svolgeva a Roma) ed una rurale. Ovidio ci dà una descrizione di entrambe in sequenza, cominciando dal rituale della festa in Roma (Fas. IV, 721-781). Nel rito urbano si eseguiva una lustrazione sull'ara di Vesta colla partecipazione della vestale più anziana che vi bruciava profumi e poi vi mescolava cenere di vitello (sacrificato nelle precedenti Fordicidia), sangue di cavallo (il cavallo di destra della biga vincitrice della festa dell'equus October dell'anno precedente) e steli di fave. Nella versione rurale descritta di seguito il pastore spruzzava d'acqua il gregge, scopava l'ovile e lo ornava di fronde. Bruciava poi fronde d'olivo, zolfo, erbe sabine e fronde di lauro stillante d'acqua con fiaccole. Offriva poi latte, miglio e pizze di miglio a Pale. Doveva quindi recitare quattro volte una preghiera (vv. 746-776) in cui si domandava venia a Pale per l'infrazione di interdetti operata dal pastore stesso o dal suo gregge e se ne chiedeva l'intervento per placare le divinità (numi di boschi e fonti) offese per avere: « violato luoghi sacri come alberi, erba di tombe, boschi interdetti; tagliato fronde di boschi sacri; essersi rifugiato col gregge in templi per sfuggire il maltempo; aver turbato laghi e fonti cogli zoccoli degli animali. Visto esseri divini (Fauno, Diana, ninfe ed ogni altro nume dei luoghi selvaggi anche ignoto) obbligandolo con ciò a fuggire. » (Ovidio, Fasti, IV, 746-776.) La preghiera doveva esser recitata rivolti ad Oriente. Poi il pastore doveva lavarsi le mani, bere latte e sapa (bevanda preparata dalla bollitura del vino) ed infine saltare tre volte tra le stoppie incendiate. Ovidio stesso continua esponendoci le molte interpretazioni che gli antichi Romani davano del rituale. Per esempio il valore dato ad acqua e fuoco come i due elementi opposti indispensabili alla vita ed anche efficaci di per sé per la purificazione. I vuoti steli delle fave bruciati significherebbero l'annullamento delle colpe ottenuto tramite il rito. Il valore religioso della festa è quindi di una lustratio. Properzio scrive anche lui delle Parilia.[4] Il fatto che egli accenni alla relativa novità dell'uso di bruciare sangue equino ha portato Dumezil a ritenere che codesto sangue non possa essere quello dell'equus October dell'anno precedente, contro l'opinione della maggior parte degli studiosi. A cura della Credenza Note ^ Plutarco, Vita di Romolo, 12, 2. ^ Dionisio di Alicarnasso, Antichità romane, I, 88, 3. ^ Ovidio, Fasti, IV, 721-782. ^ Properzio, Parilia, IV, 4.73-8. Bibliografia Plutarco, Vita di Romolo. Ovidio, Fasti, IV. Georges Dumezil, La religione romana arcaica trad. it. Rizzoli, 1977, pp. 333–336. 21 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Anno V numero 2 22 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Anno V numero 2 23 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Anno V numero 2 24 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Anno V numero 2 25 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Anno V numero 2 GENTE PARTE IL : XX CONCORSO DI POESIA E PROSA “……PRIMA CHE VEGNA NÒTT” Per informazioni Chiedere copia del Bando a: ANTICA CREDENZA DI SANT’AMBROGIO TEL 328 4412882 – 02 45487985 E.mail: [email protected] INDICE DI QUESTO NUMERO: - Editoriale -60 anni di Comunità Europea - G. Frattini - Populismo di G. Ravasi e punti di vista - G. Fratini - El Sur Carera: Palm a Milan: appunti - el Mal de Milza - Sul Referendum in Turchia: Sultano si o no - AA.VV - Radetzky March e il bordello Italia -R. Bracalini - Galateo a Tavola di Giulio Cesare Croce –G. Frattini -Quaresima dì di magro,senso, scopo, pratiche- AA.VV. - Simboli di Milano: lo Scudo -P. Colussi - Declassamento lingua italiana in Europa -G. Rossetti - Storia della carne in scatola - AA.VV. –G.Frattini - Vento di Marzo -G. Caprotti - La pianta di fior el Luis - Maastricht, trattato a fondamento europeo – AA.VV. - 23 aprle s. Giorgio: La Panerada e la Parilia – Credenza Locandine: Concorsi, Conferenze: -Conferenza ”Questione Lombarda – G. Valditara - 21o Concorso : La Fotografico “Ponti arte 2017” nell’Alto Oltrepò Pavese - 200 Concorso: Prima che vegna nòtt – Antica Credenza di Sant’Ambrogio - Laboratorio ricerca e studio: “Quando un cuoco costava più di un cavallo”- G.C. Valli, AA.VV. - Laboratorio di ricerca su Cacine a sud di Milano sulla via Francigena-G. Rossetti, P.L. Crola - Programma 2016-2017 Corsi e conferenze Antica Credenza di Sant’Ambrogio 26 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Anno V numero 2 27 Marzo - Aprile 2017 _____________________________________ Anno V numero 2 28