Varietà Simplettiche
Simone Camosso∗
∗
Address: via dei Ronchi n◦ 14, Envie, e-mail: [email protected]
1
“ In entrambi i casi si è abituati a questa roba ... oppure ci si deve abituare
ad essa ”
Prof. Zworski sulla geometria simplettica
(la citazione sopra può non essere letterale ma riformulata, la fonte non
ricorda bene le congiunzioni originali)
2
1
Spazi Vettoriali Simplettici e Trasformazioni Simplettiche
1.1
Spazi Vettoriali Simplettici
Definizione 1.1 Sia V uno spazio vettoriale reale, un’applicazione α : V ×
V → R è detta bilineare se e solo se è lineare rispetto entrambi gli argomenti.
Definizione 1.2 Sia V uno spazio vettoriale reale, un’applicazione bilineare
α : V × V → R è detta alternante se e solo se per ogni v, w ∈ V si ha che:
α(v, w) = −α(w, v).
Definizione 1.3 Sia V uno spazio vettoriale reale, un’applicazione bilineare
α : V × V → R è detta non degenere se e solo se per ogni v ∈ V esiste w ∈ V
tale che α(v, w) 6= 0.
Definizione 1.4 Uno spazio vettoriale simplettico è una coppia (V, ω) ove
V è uno spazio vettoriale reale e ω : V × V → R è un’applicazione bilineare,
alternante e non degenere.
Sia B una base dello spazio vettoriale V . Sia C la matrice rappresentante
ω nella base B. La matrice C soddisfa la proprietà che C T = −C.
Proposizione 1.5 Sia (V, ω) uno spazio vettoriale simplettico, allora la dimensione di V è pari.
Dimostrazione. Sia C la matrice rappresentante ω nella base B di V .
Sia d la dimensione finita di V . Allora dalla relazione C T = −C possiamo
applicare il determinante, e utilizzando la formula di Binet per i determinanti
segue che:
det (C T ) = (−1)d det (C) 6= 0.
2
Pertanto d deve essere pari.
Proposizione 1.6 Sia (V, ω) uno spazio vettoriale simplettico con dimensione d = 2n (n ≥ 1), allora esiste una base B di V tale per cui la matrice
associata a ω rispetto tale base è della forma:
3
MB (ω) =
0 I
−I 0
,
(1)
dove I è la matrice identità n × n.
Dimostrazione. Scegliamo una base B = {e1 , . . . , en , f1 , . . . , fn } di V tale
per cui si ha che:
ω(ei , ej ) = ω(fi , fj ) = 0,
con i, j = 1, . . . , n, e
ω(ei , fj ) = δij ,
1 se i = j
. Se per
0 se i 6= j
i, j = 1, . . . , n valgono le relazioni sopra, allora la matrice rappresentante ω
risulta essere proprio della forma (1).
2
La base B della proposizione precedente viene detta base simplettica e le
coordinate associate rispettivamente coordinate simplettiche.
0
Esempio 1.7 Consideriamo V = R2n con n ≥ 1. Allora per ogni xy , xy0 ∈
V si può definire la struttura simplettica come:
dove δij è il delta di Kronecker, definito come δij =
0 0
x
x
x
0 I
0
0
T
T
ω
, 0
= x · y − x · y = x ,y
.
−I 0
y
y
y0
(2)
La base canonica di V è quindi una base simplettica.
Esempio 1.8 Sia W un qualsiasi spazio vettoriale reale n-dimensionale.
Allora lo spazio vettoriale V = W ∗ ⊕ W con la struttura definita come:
ω ((β, w), (β 0 , w0 )) = β(w0 ) − β 0 (w),
(3)
è dotato di una struttura simplettica. Se poi B è una base di W allora {B ∗ , B}
è una base simplettica di V .
4
1.2
Spazi Vettoriali Complessi e strutture simplettiche
Supponiamo di avere (V, J) uno spazio vettoriale complesso con struttura
complessa J. Supponiamo di avere un prodotto Hermitiano definito positivo
h : V × V → C. Definiamo le quantità g = <(h) e ω = −=(h) in modo che:
h = g − iω.
(4)
Allora g, ω : V × V → R. Per ogni v, w ∈ V :
i 1h
i
1h
h(v, w) + h(v, w) =
h(w, v) + h(w, v) = g(w, v),
2
2
l’applicazione g risulta essere simmetrica. Inoltre se v 6= 0V si ha che g(v, v) =
h(v, v) > 0, e poichè h(Jv, Jw) = h(v, w) segue che g(Jv, Jw) = g(v, w).
Abbiamo cosı̀ ottenuto un prodotto scalare euclideo. Vediamo adesso di
esaminare l’applicazione bilineare ω. Per ogni v, w ∈ V e per definizione di
ω abbiamo che:
g(v, w) =
i
i
1 h
1 h
h(w, v) − h(w, v) = −ω(w, v),
h(v, w) − h(v, w) = −
2i
2i
ovvero ω è alternante. Inoltre:
ω(v, w) = −
i
[h(v, Jv) − h(Jv, v)] = h(v, v) > 0,
2
quindi è non degenere e risulta essere una struttura simplettica lineare, detta
anche più brevemente forma simplettica.
Possiamo chiederci se vale anche il viceversa. Ovvero se dato un prodotto
scalare euclideo g : V ×V → R che risulta essere J-invariante, risulta possibile
definite h il prodotto Hermitiano e ω la forma simplettica. La risposta alla
domanda è affermativa e basterà definire ω(v, w) = g(Jv, w) e h(v, w) =
g(v, w) − iω(v, w), per ogni v, w ∈ V . Infatti:
ω(v, Jv) =
ω(v, w) = g(Jv, w) = g(w, Jv) = g Jw, J 2 v = −g(Jw, v) = −ω(w, v).
Si verifica agevolmente che il prodotto h risulta essere Hermitiano e
definito positivo.
In modo analogo partendo da ω si può costruire il prodotto scalare g e
h definiti rispettivamente come g(v, w) = ω(v, Jw) e h(v, w) = g(v, w) −
iω(v, w), per ogni v, w ∈ V .
5
1.3
Spazi duali e strutture simplettiche
Sia V uno spazio vettoriale di dimensione r. Sia B = {e1 , . . . , er } una sua
base. Con B ∗ = {e∗1 , . . . , e∗r } denotiamo la base duale. Allora {e∗i ∧ e∗j }i<j
V
è una base di 2 V ∗ ∼
= A2 (V ), dove con A2 (V ) denotiamo lo spazio delle
applicazioni bilineari alternanti su V .
Se α, β ∈ V ∗ allora α ∧ β ∈ A2 (V ) e
(α ∧ β)(v, w) = α(v)β(w) − α(w)β(v).
Pertanto ogni forma ω alternante si può scrivere come:
X
ω=
ωij e∗i ∧ e∗j ,
(5)
i<j
dove con ωij indica ω(ei , ej ).
Osservazione 1.9 Ogni struttura simplettica ω si può descrivere nel modo
precedente. Sia infatti B una base simplettica di (V, ω) allora:
0 I
MB (ω) =
= −J0 = J0T .
−I 0
Per ogni v, w ∈ V definiamo g(v, w) = v T w. Allora:
ω(v, w) = v T J0T w = (J0 v)T w = g(J0 v, w),
e inoltre g (J0 v, J0 w) = v T J0T J0 w = g(v, w), per ogni v, w ∈ V . Osserviamo infine che J0 non è univocamente determinata ma dipende dalla base
simplettica. Se si modifica la base simplettica allora cambia anche J0 .
Osservazione 1.10 Data una forma simplettica ω : V × V → R, con (V, ω)
uno spazio vettoriale simplettico, è possibile considerare la complessificazione di ω definita come ω : V C × V C → C. Dove con V C denotiamo la
complessificazione dello spazio vettoriale V . Scegliamo una base complessa {e1 , . . . , en } di V C e identifichiamo V C ∼
= Cn . Possiamo quindi utilizzare
la base {z1 , . . . , zn , z 1 , . . . , z n } per il duale V C∗ . In tal caso abbiamo che:
X
X
X
ω=
ωij0 zi ∧ zj +
ωij00 zi ∧ z j +
ωij000 z i ∧ z j .
i<j
ij
i>j
Quello che si ottiene è una decomposizione dello spazio:
6
(2,0)
(1,1)
(0,2)
⊕ A2 V C
⊕ A2 V C
.
A2 V C = A2 V C
Si verifica abbastanza agevolmente che ω è J-invariante se e solo se ω ∈
(1,1)
A2 V C
.
1.4
Trasformazioni simplettiche
Supponiamo di avere (V, ω) uno spazio vettoriale simplettico.
Assumiamo
q
n
n
che V = R ⊕ R e per ogni u ∈ V abbiamo che u = p , con q, p ∈ Rn . Su
V abbiamo la forma simplettica ω definita come:
ω(u, u0 ) = p · q 0 − p0 · q,
(6)
0
q
q0
per ogni coppia u = p , u = p0 ∈ V dove con · denotiamo l’ordinario
prodotto scalare di Rn . In termini del prodotto scalare u · u0 = q · q 0 + p · p0 ,
possiamo riscrivere la forma ω come:
ω(u, u0 ) = u0T · (J0 u) ,
dove J0 =
0 I
−I 0
(7)
è la matrice 2n × 2n vista in precedenza.
Definizione 1.11 Una trasformazione lineare T : V → V è simplettica se e
solo se per ogni u, u0 ∈ V si ha che:
ω (T u, T u0 ) = ω(u, u0 ).
(8)
La condizione (8) può essere riscritta come:
T T J0 T u · u0 T = (J0 u) · u0 T ,
dove T T è il trasposto di T rispetto il prodotto scalare ·.
condizione diventa:
T T J0 T = J0 .
Vediamo
sideriamo
il
0
u0 T ·
−1
Pertanto la
(9)
qual’è il significato geometrico di queste trasformazioni. Con0
0T
caso
n
= 1. Allora V = R ⊕ R e ω(u, u ) = u · (J0 u) =
1
u , dove in questo caso I è la matrice identità 1×1. Questo
0
7
“prodotto antisimmetrico” ω rappresenta l’area orientata del parallelogramma generato dai vettori u e u0 . Una matrice M di ordine 2 × 2, preserva
l’area e l’orientazione se e solo se il suo determinante è 1 ovvero se e solo se
vale la condizione (8). Abbiamo pertanto la seguente proposizione.
Proposizione 1.12 Sia (V, ω) uno spazio vettoriale simplettico e T : V → V
una trasformazione lineare simplettica, allora il determinante della matrice
associata a T è uno.
Sia T : V → V una trasformazione lineare simplettica e M la matrice
associata, poichè il determinante di M è diverso da zero, T è invertibile
e la sua inversa T −1 risulta ancora una trasformazione lineare simplettica.
Analogamente si prova che date due trasformazioni lineari simplettiche, la
loro composizione restituisce ancora una trasformazione lineare simplettica.
Pertanto l’insieme di tutte le trasformazioni lineari simplettiche forma un
gruppo, detto gruppo simplettico (di V ) e denotato con Sp(V ).
Osservazione 1.13 Questo tipo di matrici M , nella letteratura fisica, sono
chiamate trasformazioni lineari canoniche. Ad esempio il gruppo Sp(4, R)
delle trasformazioni lineari simplettiche in 4 variabili risulta essere equivalente all’ottica lineare. Per maggiori dettagli riguardo queste analogie consultare
[GS].
2
Varietà Simplettiche
2.1
Varietà Simplettiche ed esempi
Definizione 2.1 Una varietà simplettica è una coppia (M, ω) con M una
varietà differenziabile connessa e ω una 2-forma soddisfacente le seguenti
condizioni:
1) ωm : Tm M × Tm M → R è una forma bilineare alternante non degenere,
o equivalentemente (Tm M, ωm ) è uno spazio vettoriale simplettico;
2) d ω = 0.
P
Esempio 2.2 Ad esempio (R2n , ω0 ) con ω0 = ni=1 d xi ∧ d y i è una varietà
simplettica con spazio tangente coincidente alla varietà.
8
Esempio 2.3 La sfera S ⊆ R3 è una superficie orientata che con ωm (u, v) =
(u ∧ v) · Nm risulta essere una varietà simplettiva, dove Nm è il vettore
tridimensionale normale ad S in m ∈ S.
Esempio 2.4 Sia M una varietà differenzile di dimensione d, consideriamo
il fibrato cotangente T ∗ M di M . Ovvero:
T ∗ M = {(m, α) | m ∈ M, α ∈ Tm∗ M } .
Il fibrato cotangente è una varietà differenziale di dimensione 2d.
Consi1
d
deriamo U ⊆ M un aperto con coordinate locali date da q , . . . , q . Allora
1
d
su
un campo di basi d q , . . . , d q e un campo di basi duali
U abbiamo
∂
, . . . , ∂q∂d
∂q 1
. Per ogni m ∈ M e α ∈ (Tm M )∗ abbiamo che:
α=
d
X
pi dm q i ,
(10)
i=1
per qualche pi ∈ R (con i = 1, . . . , d). Allora la mappa (m, α) 7→ (p, q)
e = π −1 (U ), con π :
fornisce un sistema di coordinate locali per T ∗ M su U
∗
T M → M la proiezione dal fibrato su M . Se definiamo:
ω=
d
X
d pi ∧ d q i ,
(11)
i=1
e.
allora ω risulta essere una struttura simplettica su U
Osservazione 2.5 Su T ∗ M esiste una 1-forma “tautologica” λ. Se (m, α) ∈
T ∗ M , sia ṽ ∈ T(m,α) (T ∗ M ). Possiamo considerare la proiezione d(m,α) π :
T(m,α) (T ∗ M ) → Tm M , che a ṽ associa v ∈ TmM . Allora λ(m,α)
(ṽ) = α(v)
Pd
∂
i
i ∂
ove v = d(m,α) π(ṽ). Se α = i=1 pi dm q e ṽ = a ∂qi + bi ∂pi , allora:
!
X ∂
X
ai p i ,
λ(m,α) = α
ai i =
∂q
i
i
P
i
i
e
dove a = dm q (ṽ). Questo ha come conseguenza che λ = di=1 pi d q i su U
quindi ω = d λ e ω è una forma esatta.
Esempio 2.6 Ogni varietà M bidimensionale, orientata è una varietà simplettica considerando la forma di volume d VM , quest’ultima infatti è per
definizione non degenere ed è chiusa perché la varietà è bidimensionale.
9
2.2
Campi Hamiltoniani e curve integrali
Teorema 2.7 (Darboux-Weinstein) Se (M, ω) è una varietà simplettica
di dimensione 2n, allora ogni suo punto ammette un intorno U in cui sono
definite delle coordinate (q 1 , . . . , q n , p1 , . . . , pn ) tali che:
ω=
n
X
d pi ∧ d q i .
(12)
i=1
Queste coordinate vengono dette coordinate di Darboux.
Osservazione 2.8 Se (M, ω) è una varietà simplettica, poichè ω è non degenere per ogni m ∈ M induce un isomorfismo Tm M ∼
= Tm∗ M . Ovvero per
ogni α ∈ Tm∗ M esiste un unico vα ∈ Tm M tale per cui:
α = ωm (vα , ·).
Sia f ∈ C ∞ (M ), con (M, ω) varietà simplettica. Per l’osservazione
precedente abbiamo che esiste un unico vf campo vettoriale su M tale che:
d f = ω(vf , ·),
ovvero:
dm f = ωm (vf (m), ·),
per ogni m ∈ M . Per ogni f ∈ C ∞ (M ) tale campo vf viene detto campo
Hamiltoniano associato ad f . Troviamo vf in coordinate simplettiche (p, q).
Esprimiamo il differenziale di f nel seguente modo:
d f = ∂p f d p + ∂q f d q,
(13)
applichiamo d f a W = X∂p + Y ∂q , ottenendo cosı̀:
d f (W ) = ∂p f X + ∂q f Y.
Pertanto:
X
X
0 −I
0 I
T
T
d f (W ) = (∂p f , ∂q f )
= (∂p f , ∂q f )
.
I 0
−I 0
Y
Y
T
T
10
0 −I
= (∂p f , ∂q f )
, in questo modo si ha che:
Chiamiamo
I 0
X
0 I
T
d f (W ) = vf
= ω(vf , W ).
−I 0
Y
vfT
T
T
Abbiamo quindi ottenuto che il vettore vf può essere espresso come:
∂p f
∂q f
0 I
vf =
=
.
(14)
−I 0
∂q f
−∂p f
Denoteremo con Γ(T M ) l’insieme dei campi vettoriali su M .
Definizione 2.9 Sia X ∈ Γ(T M ) una curva integrale di X è la mappa
γ : (−ε, +ε) → M tale che:
γ̇(t) = X(γ(t)),
(15)
per ogni t ∈ (−ε, +ε).
Per ogni X ∈ Γ(T M ) si riesce a trovare, almeno localmente, una mappa
Φt : M → M tale che la mappa t 7→ Φt (m) è una curva integrale di X
per ogni m ∈ M e con Φ0 = Id. Se la dimensione di M è r allora avremo
γ = P
(γ1 , . . . , γr ) come curva integrale e il campo X si può scrivere come
X = ri=1 X i ∂x∂ i , dove (x1 , . . . , xr ) sono un sistema di coordinate locali per
M . Avremo quindi un sistema di equazioni del tipo:
γ̇i (t) = X i (γ(t)),
per ogni i = 1, . . . , r e per ogni t ∈ (−ε, +ε).
L’equazione differenziale sulla carta di Darboux associata al campo vettoriale vf = ∂q f ∂p − ∂p f ∂q è:
ṗ(t) = ∂q f
.
(16)
q̇(t) = −∂p f
Le equazioni (16) sono chiamate anche equazioni di Hamilton.
La mappa locale Φt : M → M , definita in precedenza è detta flusso locale
del campo X e soddisfa diverse proprietà che elenchiamo brevemente. Sia X
un campo vettoriale sulla varietà simplettica M . Allora esistono un intorno
aperto U di {0} × M in R × M e un’unica applicazione Φt : U → M liscia
che soddisfa le seguenti proprietà:
11
1) per ogni m ∈ M l’insieme Vm = {t ∈ R | (t, m) ∈ U } è un intervallo
aperto contenente 0;
2) per ogni m ∈ M la curva γ(t, m)Φ : Vm → M definita da γ(t, m)Φ =
Φt (m) è l’unica curva integrale massimale di X uscente da m;
3) per ogni t ∈ R l’insieme Et = {m ∈ M | (t, m) ∈ U } è un aperto di M ;
4) se m ∈ Et , allora m ∈ Et+s se e solo se Φt (m) ∈ Es , in questo caso:
Φs (Φt (m)) = Φt+s (m)
(17)
In particolare Φ0 = Id e Φt : Et → E−t è un diffeomorfismo con inversa
Φ−t ;
5) per ogni (t, m) ∈ U , si ha
dm Φt (X) = XΦt (m) ;
6) per ogni f ∈ C ∞ (M ) e m ∈ M si ha che:
d
Φ f ◦ γ = (Xf )(m).
dt
t=0
(18)
Il campo X viene detto completo se U = R × M , ovvero se tutte le
curve integrali di X sono definite per tutti i tempi. Per dettagli riguardo le
proprietà del flusso locale consultare [AT].
2.3
Le parentesi di Poisson
Definizione 2.10 Siano f, g ∈ C ∞ (M ) a valori reali. La parentesi di Poisson di f e g è data data:
{f, g} = ω (vf , vg ) .
(19)
Le parentesi di Poisson soddisfano le seguenti proprietà:
1) antisimmetria, {f, g} = −{g, f } per ogni f, g ∈ C ∞ (M );
2) regola di Leibniz, {f, gh} = g{f, h} + {f, g}h per ogni f, g ∈ C ∞ (M );
12
3) identità di Jacobi, {f, {g, h}} + {g, {h, f }} + {h, {f, g}} = 0 per ogni
f, g ∈ C ∞ (M ).
Definizione 2.11 Una varietà differenziabile M con l’applicazione R-lineare
{·, ·} : C ∞ (M ) × C ∞ (M ) → C ∞ (M ) descritta come in precedenza è detta
varietà di Poisson.
Definizione 2.12 Siano f, g ∈ C ∞ (M ) se {f, g} = 0 allora f e g si dicono
in evoluzione.
Osservazione 2.13 Se ω è chiusa, allora {·, ·} viene detta parentesi di Lie
su C ∞ (M ) e si denotano con le parentesi [·, ·].
Osservazione 2.14 A causa della regola di Leibniz ogni parentesi di Poisson
è determinata da un bivettore B (tensore antisimmetrico due volte controvariante) attraverso la formula:
X
{f, g} =
B ij ∂i f ∂j g.
(20)
i,j
Esempio 2.15 Si consideri R3 in coordinate q, p, con le parentesi:
{f, g} =
∂f ∂g
∂g ∂f
−
.
∂p ∂q
∂p ∂q
Si verifica direttamente che questa è
B è rappresentato dalla matrice:

0
ij

B = −1
0
(21)
una parentesi di Poisson. Il tensore
ij
2.4

1 0
0 0 .
0 0
La derivata di Lie
In generale data una famiglia a un parametro di diffeomorfismi Φt : M → M ,
per ogni r-forma α ( ovvero dato un elemento di Ωr (M )) possiamo considerare
il “pull-back” (“tirato indietro”) di α tramite Φt , ovvero:
αt = Φ∗t (α).
13
Se poi Φt : M → M è il flusso di un campo vettoriale X, allora definiamo
la derivata di Lie di α lungo X come:
d ∗ (22)
LX (α) = Φt (α) .
dt
t=0
Per ogni campo vettoriale X consideriamo la mappa i(X) : Ωr (M ) →
Ω (M ). Data α una r-forma con i suoi argomenti α = α(·, . . . , ·) la mappa
di contrazione opera nel seguente modo α(·, . . . , ·) 7→ α(X, . . . , ·) restituendo
una r − 1-forma. Se poi α risulta essere alternante, allora per ogni X, Y
campi si ha che:
r−1
i(X)i(Y )α = −i(Y )i(X)α.
Un altro modo per determinare la derivata di Lie è attraverso la seguente
formula di Poincaré.
LX (α) = d (i(X)α) + i(X)d α,
(23)
per ogni X campo vettoriale e α una r-forma. In forma simbolica si può
anche scrivere come:
LX = d ◦ i(X) + i(X) ◦ d.
(24)
Proposizione 2.16 Sia (M, ω) una varietà simplettica e X un campo vettoriale Hamiltoniano, allora LX (ω) = 0.
Dimostrazione.
Per ipotesi X è Hamiltoniano, quindi X = vf per qualche f ∈ C ∞ (M )
reale. Inoltre abbiamo che:
i(vf )ω(w) = ω(vf , w) = d f (w),
per ogni w. Quindi i(vf )ω = d f . Allora per la formula di Poincaré e la
chiusura di ω:
Lvf (ω) = d (i(vf )ω) + i(vf )d ω = d (d ω) = 0.
Pertanto LX (ω) = 0.
La formula (23) su [CDF] viene denominata anche formula di Cartan.
14
2
2.5
Simplettomorfismi
Definizione 2.17 Siano (M, ω) e (N, η) due varietà simplettiche, un simplettomorfismo da (M, ω) → (N, η) è una mappa f : M → N tale che:
1) f è un diffeomorfismo;
2) f ∗ (η) = ω.
Proposizione 2.18 Sia (M, ω) una varietà simplettica, il flusso Φt : M →
M associato ad un campo vettoriale X è un gruppo ad un parametro di
simplettomorfismi se e solo se la 1-forma i(X)ω è chiusa.
Dimostrazione.
Osserviamo che il fatto che il flusso Φt , su una varietà simplettica (M, ω),
sia composto da simplettomorfismi è equivalente alla richiesta che LX ω = 0
per il campo vettoriale X che lo genera. Ora per la formula di Poincaré
LX (ω) = 0 se e solo se d i(X)ω = 0, quindi se e solo se i(X)ω è chiusa.
2
Definizione 2.19 Sia (M, ω) una varietà simplettica, un campo vettoriale
X si dice simplettico se e solo se i(X)ω è chiusa.
Proposizione 2.20 Sia (M, ω) una varietà simplettica (compatta) e X un
campo vettoriale simplettico, allora Φ∗t (ω) = ω.
Dimostrazione.
Il campo X è simplettico quindi d i(X)ω = 0 e X genera un gruppo ad
un parametro di simplettomorfismi Φt : M → M , pertanto per definizione di
simplettomorfismo si ha che Φ∗t (ω) = ω.
2
2.6
Forme di volume
Sia (M, ω) una varietà simplettica. Consideriamo
la n-esima potenza esterna
Vn
n
della forma simplettica ω, ovvero ω = i=1 ω = ω ∧ . . . ∧ ω. Questa risulta
essere una forma di volume e la forma:
ωn
,
n!
15
(25)
è chiamata volume simplettico o volume di Liouville di (M, ω). Se M è
compatta, possiamo integrare su tutta la varietà M e ottenere il suo volume
Vol(M ). Dal fatto che:
Z
ωn
= Vol(M ) > 0,
(26)
M n!
abbiamo che la classe [ω] ∈ H 2 (M, R) è non nulla (per il teorema di Stokes),
come anche le sue potenze [ω k ] = [ω]k ∈ H 2k (M, R). Inoltre varietà compatte
con gruppo di coomologia pari triviale H 2k (M, R) (con k = 0, . . . , n) come le
sfere di dimensione pari S 2n (per n > 1) non possono essere simplettiche.
3
La mappa momento
3.1
Spazi Lagrangiani
Sia (V, ω) uno spazio vettoriale simplettico. Per ogni sottospazio W , denotiamo W ⊥ il sottospazio ortogonale di W relativo a ω cosı̀ che:
W ⊥ = {u | ω(u, w) = 0 ∀w ∈ W } .
In particolare V ⊥ è il nucleo della mappa associata da V a V ∗ . Per ogni
W abbiamo:
dim(W ⊥ ) = dim(V ) − dim(ω(W, ·)),
dove ω(W, ·) è l’immagine di W in V ∗ , tramite la mappa associata V → V ∗ .
Adesso abbiamo che dim(ω(W, ·)) = dim(W ) − dim(W ∩ V ⊥ ). Dal fatto
che W ∩ V ⊥ è il nucleo della mappa W → V ∗ , segue che:
dim(W ) + dim(W ⊥ ) = dim(V ) + dim(W ∩ V ⊥ ).
Definizione 3.1 Un sottospazio W di V è chiamato:
• isotropo se W ⊂ W ⊥ ;
• coisotropo se W ⊥ ⊂ W ;
• lagrangiano se W = W ⊥ .
16
(27)
Proposizione 3.2 Sia (V, ω) uno spazio vettoriale simplettico e W un sottospazio di V . Allora:
1) se W è isotropo si ha che dim(W ) ≤ 12 dim(V ) + dim(V ⊥ ) ;
2) se W è coisotropo si ha che dim(W ) ≥ 21 dim(V ) + dim(V ⊥ ) ;
3) se W è lagrangiano si ha che dim(W ) = 21 dim(V ) + dim(V ⊥ ) .
Dimostrazione. Proviamo ad esempio la 1). Per assunzione W è isotropo,
utilizzando la (27) abbiamo che:
2 dim(W ) = dim(W ) + dim(W ) ≤ dim(W ) + dim(W ⊥ )
= dim(V ) + dim(W ∩ V ⊥ ) ≤ dim(V ) + dim(V ⊥ ).
2
Teorema 3.3 Ogni sottospazio isotropo W di uno spazio vettoriale simplettico (V, ω) è contenuto in un sottospazio lagrangiano. In particolare iniziando con {0} esistono sottospazi lagrangiani e un sottospazio isotropo di V è
lagrangiano se e solo se è un sottospazio isotropo massimale.
Dimostrazione.
Sia W un sottospazio isotropo di V che non è lagrangiano, quindi W ⊂
W ⊥ . Scegliamo qualche u ∈ W ⊥ \ W . Essendo ω antisimmetrica abbiamo
che u ∈ u⊥ . Cioè u ∈ W ⊥ . Ovvero W ⊂ u⊥ . Quindi lo spazio W ⊕ {u} è
isotropo. Procedendo cosı̀ si trova un sottospazio lagrangiano.
2
3.2
Azioni di gruppi di Lie
Sia G un gruppo di Lie. Per ogni g ∈ G abbiamo la moltiplicazione a sinistra
per g e la moltiplicazione a destra per g −1 . Considerando l’azione di G su di
una varietà simplettica (M, ω), abbiamo che:
lg : G × M → M,
è la moltiplicazione a sinistra definita per ogni g ∈ G e m ∈ M come lg (m) =
g · m. Mentre:
17
rg : G × M → M,
è la moltiplicazione a destra per g −1 definita per ogni g ∈ G e m ∈ M come
rg (m) = m · g −1 .
Una forma ω è detta invariante a sinistra se
lg∗ ω = ω,
per ogni g ∈ G. Similmente, un campo vettoriale ξ su G è invariante a
sinistra se:
lg∗ ξ = ξ,
per ogni g ∈ G.
E’ possibile identificare l’insieme dei campi vettoriali sinistro invarianti
con l’algebra di Lie g di G.
Ogni campo vettoriale sinistro invariante genera poi un sottogruppo ad
un parametro di moltiplicazioni a destra, perché sono tutte le moltiplicazioni
destre che commutano con tutte le moltiplicazioni a sinistra. Ogni sottoalgebra h di g definisce una foliazione su G le cui foglie consistono nei coinsiemi
aH, con H il sottogruppo connesso generato da h. Ogni forma differenziale
invariante a sinistra è completamente determinata dal suo valore su campi
vettoriali invarianti a sinistra. Possiamo
quindi identificare lo spazio delle
Vn ∗
n-forme invarianti a sinistra con
g.
Se ω è invariante
a
sinistra
allora
lo è anche d ω, e d induce una mappa
Vn ∗
Vn+1 ∗
lineare d :
g →
g , che con abuso di linguaggio indichiamo con la
stessa notazione.
3.3
Le parentesi di Lie e la Coomologia di Algebre di
Lie
Sia (M, ω) una varietà simplettica.
Definizione 3.4 Dati due campi vettoriali lisci X e Y si definisce la parentesi di Lie [X, Y ] il campo vettoriale liscio tale che:
[X, Y ](f ) = X(Y (f )) − Y (X(f )),
per ogni f ∈ C ∞ (M ).
18
(28)
Osservazione 3.5 In questo contesto è bene vedere i campi vettoriali lisci
come derivazioni, allora X(f ) diventa una funzione liscia che valutata in
un punto m ∈ M restituisce la derivata direzionale di f nel punto m nella
direzione X(m).
In termini del flusso ΦX
t associato al campo vettoriale X, abbiamo che
per ogni m ∈ M :
X
(d ΦX
d
−t )Y (Φt (m)) − Y (m)
X
X
= (d Φ−t )Y (Φt (m)) .
[X, Y ]m = lim
t→0
t
dt
t=0
In termini della derivata di Lie si ha che:
LX Y = [X, Y ].
(29)
Consideriamo ora la formula fondamentale (23)
LX (ω) = d (i(X)ω) + i(X)d ω,
(30)
Supponiamo che ω sia una forma differenziale lineare. Allora i(ξ)ω è una
costante e il primo termine si annulla. Se η è un secondo campo vettoriale
sinistro invariante, allora ω(η) = i(η)ω è di nuovo costante, quindi:
0 = Lξ (ω(η)) = (Lξ (ω))(η) + ω(Lξ (η)),
ovvero
= (i(ξ)d ω)(η) + ω([ξ, η]) = d ω(ξ ∧ η) + ω([ξ, η]).
Pertanto:
d ω(ξ ∧ η) = −ω([ξ, η]),
per ω ∈
V1
(31)
g∗ . Il processo si può iterare e trovare anche l’espressione per
d ω(ξ ∧ η ∧ ζ) = − (ω([ξ, η] ∧ ζ) + ω([ζ, ξ] ∧ η) + ω([η, ζ] ∧ ξ)) ,
V
con tre campi vettoriali di g e ω ∈ 2 g∗ , e cosı̀ via per induzione.
La formula per d coinvolge solamente la struttura di algebra di Lie di g.
Si verifica che d2 = 0 e definendo gli insiemi:
19
B k (g) = d
k−1
^
!
g∗ ,
(32)
e
k
^
g∗ ,
(33)
.
k
Z
(g)
H (g) =
B k (g) ,
(34)
k
Z (g) = Ker(d) ⊂
chiamiamo il quoziente:
k
la k-esima coomologia dell’algebra di Lie g. Più avanti saremo interessati a
H 1 (g) e H 2 (g) per la seguente ragione. Supponiamo di avere una sequenza
esatta di algebre di Lie:
0 → R → f → h → 0,
[R, f ] = 0.
(35)
In altri termini f è estensione centrale di h tramite R. Il caso in cui
siamo interessati è quello in cui h è l’algebra di Lie dei campi Hamiltoniani
e f è una funzione liscia su una qualche varietà. Supponiamo sia dato un
omomorfismo κ : g → h. La domanda è se esiste un omomorfismo λ : g → f
tale per cui ρ ◦ λ = κ, dove ρ : f → h.
Riguardo questo problema [GS] ci fornisce il seguente teorema.
Teorema 3.6 Data una estensione centrale (35) e un omomorfismo κ : g →
h c’è una classe di coomologia ben definita [c] che misura l’ostruzione alla
possibilità di trovare la mappa λ che riveste κ. Questa mappa λ esiste se e
solo se [c] = 0. Se [c] = 0, l’insieme di tutti i possibili λ è parametrizzato da
H 1 (g). In particolare se H 2 (g) = {0} tale mappa λ esiste sempre e se anche
H 1 (g) = 0 è unica.
Osservazione 3.7 Se il gruppo G è compatto, allora per argomenti standard di topologia si dimostra che la media sul gruppo permette di rimpiazzare
un’arbitraria forma con una sinistro invariante nel calcolo della Coomologia
di De Rham di G. Cosı̀ H k (g) è la k-esima coomologia (sui reali) di G. Se
G non è compatto non abbiamo bisogno di questa relazione. Per
se
Vk esempio
k
∗
G è abeliano (quindi anche g lo è), allora δ ≡ 0 cosı̀ H (g) =
(g ), ma G
n
può essere R che non ha omologia.
20
3.4
La mappa momento
Sia G un gruppo di Lie che agisce su di una varietà simplettica (M, ω).
Definizione 3.8 Un’azione µG : G × M → M del gruppo G su M è detta
simplettica se:
µG∗
g ω = ω.
(36)
In altri termini l’azione è simplettica se il gruppo G viene mandato nel
gruppo dei simplettomorfismi di M .
In V
generale data una q-forma Ω su M questa definisce una mappa Ψ :
M → q g∗ data da:
Ψ(m) = µG∗
m Ω,
G
dove µG
m : G → M è definita come µm (g) = g · m. Se inoltre Ω è chiusa allora
anche Ψ lo è per ogni m ∈ M e Ψ : M → Z 2 (g).
Assumiamo in aggiunta che H 1 (g) = H 2 (g) = {0}, allora per ogni m ∈ M
c’è un unico elemento Φ(m) di g∗ , tale per cui:
d Φ(m) = Ψ(m).
(37)
Ovvero c’è un’unica mappa Φ : M → g tale per cui:
d Φ = Ψ.
(38)
E’ possibile essere molto più espliciti con la mappa Φ. L’azione di G su M
definisce un omomorfismo dall’algebra di Lie all’insieme dei campi vettoriali
su M mandando ξ 7→ ξM , che preserva ω ovvero:
LξM ω = 0.
Ma dalla formula di Cartan LξM ω = d i(ξM )ω. Se η è un secondo elemento
dell’algebra di Lie a cui corrisponde ηM , tale per cui:
d i(ηM )ω = 0,
allora
LξM (i(ηM )ω) = i(LξM ηM )ω + i(ηM )LξM ω = i([ηM , ξM ])ω.
21
Inoltre
LξM i(ηM )ω = d i(ξM )i(ηM )ω perché d i(ηM )ω = 0.
Quindi se ζ = [η, ξ] allora i(ξM )ω = d f , dove f = i(ξM )i(ηM )ω. Pertanto
ζM è un campo Hamiltoniano corrispondente alla funzione f . Esaminando la
(31) questo prova che H 1 (g) = {0}, il che è equivalente a [g, g] = g, ovvero
che ogni elemento dell’algebra di Lie è combinazione di elementi della forma
[η, ξ]. Quindi l’asserzione H 1 (g) = {0} implica che c’è un omomorfismo da
g nell’algebra di Lie dei campi vettoriali Hamiltoniani su M . Per il teorema
3.6 c’è un unico omomorfismo λ : g → C ∞ (M ) che manda ξ in fξ per ogni
ξ ∈ g, dove:
i(ξM )ω = d fξ .
La funzione fξ dipende linearmente da ξ, cosı̀ per ogni m ∈ M , possiamo
considerare l’elemento Φ(m) ∈ g∗ dato dall’equazione:
hΦ(m), ξi = fξ (m),
(39)
dove con h·, ·i si indica l’accoppiamento tra g e g∗ . In altri termini:
d hΦ(m), ξi = i(ξM )ω,
(40)
per ogni ξ ∈ g, con Φ : M → g∗ la mappa momento. Indicando con dm Φ :
Tm M → g∗ per ogni m ∈ M , la precedente equazione si può riscrivere come:
hdm Φ(v), ξi = ωm (ξM (m), v),
3.5
∀v ∈ Tm M.
(41)
Proprietà della mappa momento
Vediamo delle formulazioni equivalenti di (41). L’azione di G su M fornisce
una mappa lineare ξ 7→ ξM (m) da g → Tm M , per ogni m ∈ M . La trasposta
di questa mappa è una mappa lineare Tm M ∗ → g∗ . Ma la forma simplettica
permette di identificare Tm M ∗ con Tm M e questo può essere riassunto nella
seguente proposizione.
Proposizione 3.9 dm Φ è la mappa trasposta della mappa di valutazione
val : g → Tm M .
22
Pertanto segue che:
Ker(dm Φ) = gM (m)⊥ ,
dove gM (m) denota il sottospazio di Tm M dei vettori ξM (m). Pertanto segue che G agisce su M transitivamente, cosı̀ gM (m) = Tm M per ogni m, e
Ker(d Φ) = 0 e Φ è una immersione. Segue anche che:
Im(dm Φ)0 = {ξ ∈ g | ξM (m) = 0},
che sono gli elementi dell’algebra di Lie che si annullano quando vengono
valutati in m ∈ M . Tale insieme è l’algebra di Lie del gruppo Gm degli
elementi che fissano m, lo stabilizzatore. Si ha la seguente proposizione.
Proposizione 3.10 dm Φ è surriettiva se e solo se lo stabilizzatore di m è
discreto.
Infine tenendo presente che G agisce su g tramite la rappresentazione
aggiunta e sui campi vettoriali di M tramite l’azione su M , segue che la
mappa di valutazione val(ξ) = ξM (m) è un G-morfismo. Da cui segue che
anche la mappa Φ è un G-morfismo, ovvero:
Φ(g · m) = g · Φ(m),
(42)
per ogni g ∈ G e m ∈ M .
Abbiamo un criterio sufficiente per l’esistenza di un’azione Hamiltoniana
associata ad un’azione simplettica. Se H 1 (M, R) = 0, allora ogni 1-forma
chiusa è esatta. Inoltre ogni campo vettoriale simplettico ξ è Hamiltoniano,
ovvero ogni campo vettoriale simplettico è della forma ξf , dove f è determinata a meno di una costante arbitraria. Se M è compatta, possiamo fissare
la costante richiedendo che:
Z
f ω n = 0,
(43)
M
dove dim(M ) = 2n.
In particolare osserviamo che:
{f1 , f2 }ω n = (Lξf2 f1 )ω n = Lξf2 (f1 ω n ) = d (i(ξf2 )f1 ω n ).
Quindi per il teorema di Stokes:
23
Z
{f1 , f2 }ω n = 0,
M
per ogni paio di funzioni f1 , f2 . In particolare lo spazio delle funzioni per cui
vale (43) è una sottoalgebra, ed è G-invariante.
3.6
Esempi
Esempio 3.11 Consideriamo R2 con la forma simplettica ω = d x ∧ d y =
rd r ∧ d θ. Consideriamo come gruppo di Lie la circonferenza S 1 che agisce
∂
∂
∂
− y ∂x
= ∂θ
. Allora
tramite rotazioni. Il campo che genera l’azione è x ∂y
1
1 2
S1
2
2
Φ = − 2 (x + y ) = 2 r è la mappa momento.
P
In generale su (Cn ≡ R2n , ω) dove ω = ni=1 d xi ∧ d yi , con l’azione di S 1
con
altezze m1 , . . . , mn ∈ Z, ha come generatore il campo vettoriale
Pn rispettive
∂
m
e
mappa
momento:
i ∂θi
i=1
n
1X
Φ (x1 , . . . , xn , y1 , . . . , yn ) = −
mi x2i + yi2 .
2 i=1
S1
Esempio 3.12 Consideriamo il toro S 1 ×S 1 con la forma simplettica indotta
da R2 , e l’azione di S 1 per rotazione sul primo fattore. Questa azione non è
Hamiltoniana. In coordinate periodiche modulo 2π l’equazione della mappa
momento è:
∂
d x ∧ d y = d y,
dΦ = i
∂x
che non ammette soluzioni globalmente periodiche.
3.7
Proprietà della mappa momento
Se il gruppo di Lie G è un toro che agisce su una varietà simplettica e compatta (M, ω) con mappa momento ΦG : M → g∗ . Un risultato importante è
il teorema di convessità di Atiyah, Guillemin e Sternberg.
Teorema 3.13 L’immagine Φ(M ) è un politopo convesso nello spazio vettoriale g∗ .
24
Esplicitamente, l’insieme dei punti fissi ha un numero finito di componenti
e la mappa momento assume valore costante su ogni componente. Se l’insieme dei punti fissi viene denotato con M G , allora l’immagine è l’inviluppo
convesso di questi valori.
Φ(M ) = conv{Φ(p) | p ∈ M G }.
(44)
Un altro risultato connesso a questo è il teorema di connessione.
Teorema 3.14 Gli insiemi di livello Φ−1 (α), con α ∈ g∗ , sono connessi.
Un ultimo risultato è il teorema di stabilità.
Teorema 3.15 Come mappa in Φ(M ), la mappa momento è aperta.
4
4.1
La misura di Duistermaat-Heckman
L’integrale di Duistermaat-Heckman
Sia G un gruppo di Lie connesso e (M, ω, ΦG ) una G-varietà compatta
Hamiltoniana (ovvero l’azione di G su M è Hamiltoniana).
Definizione 4.1 L’integrale di Duistermaat-Heckman è definito come:
Z
eiΦ+ω .
(45)
M
La formula (45) rappresenta un integrale oscillante I : g → C, che scritto
in forma esplicita ha la seguente forma:
Z
n
ξω
,
(46)
I(ξ) =
eiΦ
n!
M
dove n = 21 dim(M ). Si osservi che in questo contesto risulta conveniente
lavorare con la forma differenziale (di grado misto) definita come:
1
1
eω = 1 + ω + ω ∧ ω + ω ∧ ω ∧ ω + . . . ,
2!
3!
R
con la convenzione che M β = 0 se il grado di β è diverso dalla dimensione
di M .
25
4.2
La misura di Duistermaat-Heckman
Si osservi che con la convenzione adottata nel precedente paragrafo la misura di Liouville sarà data dall’integrazione di eω . In particolare abbiamo la
seguente definizione.
Definizione 4.2 La misura di Duistermaat-Heckman su g∗ è il push-forward
(“tirato in avanti”) della misura di Liouville tramite la mappa momento.
Essa viene denotata con DHM .
Passando alla variabile α = ΦG (p),
Z
dM (ξ),
I(−ξ) =
e−ihα,ξi DHM = DH
(47)
α∈g∗
è la trasformata di Fourier della misura di Duistermaat-Heckman.
Tramite il metodo della fase stazionaria, l’integrale di eitϕ è la somma sui
punti critici di ϕ di certe espressioni che dipendono dall’Hessiano di ϕ, più
un termine che decade con t → +∞ velocemente almeno come t−n−1 . Se ω è
simplettica, i punti critici di ϕ = Φξ sono esattamente i punti fissi dell’azione
di G. La scoperta di Duistermaat-Heckman è che in questo caso il termine
di resto risulta identicamente nullo.
4.3
Cobordismo e il teorema di linearizzazione
Definizione 4.3 Siano M0 e M1 due varietà. Un cobordismo tra M0 e M1
è una varietà con bordo W e un diffeomorfismo dall’unione disgiunta di M0
e M1 al bordo di W :
∂W = M0 t M1 .
(48)
Nella teoria ordinaria si considerano varietà compatte altrimenti la teori diventa triviale perché ogni varietà M è non compattamente cobordante
all’insieme vuoto con W = (0, 1] × M .
Un cobordismo equivariante è un cobordismo tra varietà su cui agisce in
modo Hamiltoniano un gruppo di Lie G.
Il più semplice gruppo di azioni su di una varietà è il gruppo delle rappresentazioni lineari. Iniziamo dal caso più semplice e consideriamo l’azione
di un toro con punti fissi isolati su una varietà compatta. Il teorema di
linearizzazione ci dice informalmente che:
26
M∼
G
Tp M,
(49)
p∈M G
dove M G è l’insieme dei punti fissi, Tp M è lo spazio tangente a M in p e ∼
denota la relazione di cobordismo.
Definizione 4.4 Sia η ∈ g un elemento dell’algebra di Lie. Una funzione
Ψ : M → g∗ è detta η-polarizzata se la sua η-componente Ψη : M → R
è propria e limitata dal basso. Viene detta polarizzata se è polarizzata per
qualche η.
Il teorema di linearizzazione vale per varietà con mappe momento ηpolarizzate, per ogni pre-scelta η ∈ g.
Teorema 4.5 (Teorema di linearizzazione Hamiltoniana) Fissiamo G
un toro e un elemento η ∈ g. Sia (M, ω, Φ) una G-varietà Hamiltoniana con
mappa momento Φ che risulta η polarizzata. Allora esiste un cobordismo
Hamiltoniano η-polarizzato:
G
e F ),
(M, ω, Φ) ∼
(N F, ω
eF , Φ
(50)
F ∈π0 (M η )
dove per ogni componente connessa F di M η = {ηM = 0}, il fibrato normale
N F (fibrato normale di M ) è equipaggiato con una 2-forma chiusa invariante
e F che è η-polarizzata. Inoltre il pull-back (“tirato
ω
eF e una mappa momento Φ
e F alla sezione nulla coincidono con il pull-back (“tirato
indietro”) di ω
eF e Φ
indietro”) di ω e Φ a F .
Queste F sono sottovarietà chiuse di M η . Osserviamo che per un generico
η l’insieme M η coincide con l’insieme dei punti fissi M G . Mentre i due insiemi
sono diversi se η stà nello stabilizzatore infinitesimale di un punto in M \
M G , e questi stabilizzatori formano un’unione numerabile di sottospazi propri
dell’algebra di Lie g.
4.4
Azioni lineari del toro
Consideriamo la rappresentazione lineare complessa del toro G parametrizzata da elementi del reticolo Z∗G . Ogni rappresentazione lineare complessa di
G è equivalente alla seguente di G in Cd :
27
eξ : (z1 , . . . , zd ) 7→ e−iα1 (ξ) z1 , . . . , e−iαd (ξ) zd ,
(51)
dove ξ ∈ g e le altezze della rappresentazione −α1 , . . . , −αd sono uniche a
meno di permutazioni.
Osservazione 4.6 La rappresentazione di G su uno spazio vettoriale reale
è isomorfa alla somma diretta di una rappresentazione triviale e una rappresentazione della forma (51), con tutti αj 6= 0. Le altezze adesso sono deter∗
minate a meno di permutazioni e segno. Gli elementi ±αj ∈ (ZG \ {0}) /±1
sono chiamate le altezze reali della rappresentazione.
Le rappresentazioni di G simplettiche sono simili alle rappresentazioni
complesse: ogni spazio vettoriale simplettico con una G-azione lineare simplettica è isomorfo a Cd con la forma simplettica standar e l’azione (51). La
mappa momento di (51) è data da:
d
1X
|zj |2 αj .
Φ(z) = Φ(0) +
2 j=1
(52)
In coordinate polari la forma simplettica standard si può scrivere come:
ω=
d
X
rj d rj ∧ d θj ,
(53)
j=1
con generatori dei campi vettoriali:
ξM = −
d
X
αj (ξ)
j=1
∂
,
∂θj
ξ ∈ g.
Riscriviamo la mappa momento come:
d
1X 2
Φ(r) = Φ(0) +
r αj ,
2 j=1 j
Pd
allora abbiamo che d Φξ =
j=1 (rj d rj )αj (ξ) e nel resto della sezione si
supporrà Φ(0) = 0. L’immagine della mappa momento è il cono:
( d
)
X
C=
sj αj | s = (s1 , . . . , sd ) ∈ Rd+ .
j=1
28
Possiamo riscrivere la mappa momento come la composizione delle mappe
J : Cd → Rd+ e π : Rd+ → g∗ , definite come:
1
J(z1 , . . . , zd ) = (|z1 |2 , . . . , |zd |2 ),
2
(54)
e
π(s) =
d
X
sj αj .
(55)
j=1
Qui l’insieme Rd+ denota l’insieme {s ∈ Rd | sj ≥ 0, j = 1, . . . , d}.
Osserviamo che l’azione (51) è data dall’omomorfismo:
G → (S 1 )d , eξ 7→ eiα1 (ξ) , . . . , eiαd (ξ) ,
(56)
seguita dall’azione:
−1
(a1 , . . . , ad ) : (z1 , . . . , zd ) 7→ a−1
1 z1 , . . . , ad zd .
1 d
La mappa (54)
Pd è la mappa momento per l’azione di (S ) , e la proiezione
∗
R → g , s 7→ j=1 sj αj in (55) è il duale dell’inclusione (56). Per α ∈ C
consideriamo il politopo:
(
)
d
X
∆α = s ∈ Rd+ |
sj αj = α .
(57)
d
j=1
Possiamo definire questi politopi come gli insiemi di livello della mappa
(55), ovvero ∆α = π −1 (α). Diciamo che gli elementi αj di g∗ sono polarizzati
se esiste un vettore η ∈ g tale che αj (η) > 0 per j = 1, . . . , d.
Ecco alcune proprietà equivalenti per gli elementi α1 , . . . , αd di g∗ .
1) Gli αj sono polarizzati.
2) L’inviluppo convesso degli αj non contiene l’origine 0 ∈ g∗ .
3) La proiezione (55) è propria.
4) L’insieme ∆α è compatto per ogni α ∈ g∗ .
5) Per α = 0 si ha che ∆0 = {0}.
29
6) L’insieme ∆α è compatto per qualche α ∈ C.
7) Il cono C è proprio, che significa che non contiene una linea.
Enunciamo infine la seguente proposizione.
Proposizione 4.7 Supponiamo che le αj siano delle altezze polarizzate che
generano Z∗G . Allora la densità della misura di Duistermaat-Heckman su g∗
è la funzione:
α 7→ (2π)d Vol(∆α ).
(58)
∗
La misura è normalizzata in modo che in g∗ il volume di g
4.5
.
Z∗G sia uno.
Lemma della fase stazionaria
Un risultato che gioca un ruolo fondamentale in quasi tutte le aree dell’analisi
semi-classica è il lemma della fase stazionaria.
Lemma 4.8 Sia X una varietà n-dimensionale compatta orientata e f :
X → R una funzione liscia con l’insieme dei punti critici che è una sottovarietà chiusa e l’Hessiano non degenere nella direzione normale. Sia Vol(X)
la forma di volume su X, allora:
t
2π
n2 Z
π
e
X
itf
Vol(X) =
X
p∈C
ei( 4 sign(dp f ))
det
1
2
(d2p
2
eitf (p) + R(t),
(59)
f (ei , ej ))
dove C è l’insieme dei punti critici di f , il resto è di ordine O(t−1 ) e {e1 , . . . , en }
è una base di Tp X per la quale Vol(e1 , . . . , en ) = 1.
Sia G = T un toro r-dimensionale e M una varietà simplettica compatta
di dimensione 2n con forma simplettica ω. Assumiamo che T agisce su M in
modo Hamiltoniano con mappa momento ΦT : M → t∗ . Diciamo che ξ ∈ t è
non degenere se e solo se ξM è nullo solamente nei punti fissi di T .
Teorema 4.9 (Duistermaat-Heckman) Per un elemento ξ ∈ t non den
genere, f = Φξ e Vol(M ) = ωn! si ha che R(t) ≡ 0 nella formula (59).
30
Se p è un punto fisso di T , allora dp eξ è una mappa lineare da Tp M in se
stesso. Gli autovalori della mappa sono tutti di modulo 1, e sono della forma
λj , λj , dove:
λj = eiαj (ξ,p) .
(60)
Applicando il lemma della fase stazionaria si ottiene la formula seguente:
Z
X
eihΦ(p),ξi
1
ihΦ,ξi
Q
,
(61)
e
Vol(M
)
=
n
(2πi)n M
j=1 αj (ξ, p)
T
p∈M
che si può vedere come la trasformata di Fourier della seguente misura:
Z
d
eihΦ,ξi Vol(M ) = Φ
∗ µ(ξ),
M
R
n
dove µ = M ωn! e Φ∗ µ è una misura su t∗ .
5
5.1
La riduzione simplettica
Lo spazio ridotto
Consideriamo (M, ω, Φ) un G-spazio Hamiltoniano per un toro G = T . Ricordiamo che per definizione di mappa momento Φ è G-invariante. Pertanto
G agisce su ogni insieme livello della mappa momento Φ. Si definisce lo
spazio ridotto il quoziente:
−1
Mα = Φ (α) /G .
(62)
Più in generale possiamo considerare lo spazio ridotto con G un gruppo
di Lie che agisce propriamente su M e α nel sottospazio (g∗ )G che rimane
fissato sotto l’azione coaggiunta, in modo che G agisce su Φ−1 (α).
Supponiamo che α sia un valore regolare per g∗ . Allora l’insieme di livello
Φ−1 (α) è una varietà di dimensione dim(M ) − dim(G), per il teorema della
funzione implicita. Anche l’azione di G su Φ−1 (α) è localmente libera. Questo
significa che lo stabilizzatore è discreto, o equivalentemente che:
gp = {ξ ∈ g | ξM (p) = 0},
(63)
è triviale per ogni p. Essendo α un valore regolare, dp Φξ 6= 0 per ogni ξ ∈ g.
Allora da:
31
d Φξ |p = i(ξM )ω|p ,
(64)
vediamo che ξM (p) 6= 0 per ogni ξ ∈ g, che è esattamente ciò che si intende
per azione localmente libera.
Nel caso “speciale” in cui G agisce su Φ−1 (α), Mα è una varietà e Φ−1 (α) →
Mα è un G-fibrato principale.
In particolare, si ha che:
dim(Mα ) = dim(M ) − dim(G),
se α è regolare.
5.2
Il teorema di riduzione simplettica
Definizione 5.1 Consideriamo il quoziente Mα (con α regolare). Assumiamo che G agisce in modo proprio e localmente libero sul quoziente.
Una
forma β su Mα è il pull-back di qualche forma sull’orbifold G Mα se e solo
se β è basica, cioè:
1) β è G-invariante;
2) i(ξMα )β = 0 per tutti gli ξMα (β è orizzontale).
Teorema 5.2 (Riduzione simplettica) Sia (M, ω, Φ) un G-spazio Hamiltoniano. Supponiamo che α ∈ (g∗ )G è un valore regolare per Φ; o più in
generale che l’insieme di livello Φ−1 (α) è una varietà e che G agisce in modo localmente libero. Allora esiste un’unica 2-forma chiusa ωα su Mα tale
−1
per cui π ∗ ωα = i∗ ω, dove π : Φ (α) /G → Mα è la mappa quoziente e
−1
i : Φ (α) /G → M la mappa di inclusione. La forma ridotta ωα è non
degenere su Mα se e solo se la forma ω è non degenere su M nei punti
Φ−1 (α).
Dimostrazione.
La due forma i∗ ω è G-invariante perché ω è G-invariante. E’ orizzontale
perché i(ξM )i∗ ω = d Φξ ◦ i, che è nullo perché Φ è costante su Φ−1 (α). Quindi
i∗ ω è basica, e esiste ωα tale che:
i∗ ω = π ∗ ωα .
32
Proviamo che ωα non è degenere. Osserviamo che lo spazio nullo di ω in
Φ (α) è uguale alla somma dello spazio nullo di ω in M e lo spazio tangente
all’orbita. In altri termini, per m ∈ Φ−1 (α),
−1
{u ∈ Tm Φ−1 (α) | ω(u, v) = 0, ∀v ∈ Tm Φ−1 (α)}
= {u ∈ Tm M | ω(u, v) = 0, ∀v ∈ Tm M } ⊕ {ξM (m) | ξ ∈ g}.
Inoltre un vettore u stà nello spazio nullo di ω in Φ−1 (α) se e solo se la
sua immagine π∗ u in T Mα stà nello spazio nullo di ωα in Mα . Questo implica
che ω è non degenere nei punti di Φ−1 (α) se e solo se ωα è non degenere.
2
Esempio 5.3 Ad esempio possiamo considerare l’azione di S 1 su Cn+1 definita come la moltiplicazione per uno
La mappa momento per la forma
Pnscalare.
1
2
simplettica standard è Φ(z) = 2 i=0 |zi | . L’insieme di livello Φ−1 (α) è la
√
−1
(2n + 1)-sfera in Cn+1 di raggio 2α. Il quoziente Φ (α) /S 1 è lo spazio proiettivo complesso PnC . La forma simplettica ridotta ωα è la forma di
Fubini-Study su PnC .
33
Riferimenti bibliografici
[AT] M.Abate, F.Tovena “Geometria Differenziale”, Springer, (2011).
[GGK] V.Ginzburg, V.Guillemin, Y.Karshon “Moment maps, cobordisms,
and Hamiltonian group actions”, American Mathematical Society.
[GS] V.Guillemin, S.Sternberg “Symplectic techniques in physics”, Cambridge University Press.
[CDF] S.Console, L.Degiovanni, A.Fino “Note di Geometria Simplettica”,
Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica, Quaderno # 39 Maggio 2006.
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