Attività Elettrica del Cuore Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Attività Elettrica del Cuore Marcello Bracale Riferendosi al muscolo cardiaco (miocardio) esso sembra sotto molti aspetti una singola cellula, anche se il microscopio elettronico mostra che il miocardio è costituito di molti elementi indipendenti. In realtà funzionalmente sembra un sincizio. In questo caso le cellule adiacenti formano una connessione elettrica come nel cavo di sufficiente bassa resistenza interna e gli impulsi sono condotti in entrambe le direzioni. Nelle unità sincizie l'eccitazione si diffonde da un punto ad un altro nello stesso modo che all'interno della singola cellula. Riferendosi allora al cavo equivalente prima ricordato, le principali caratteristiche rilevabili sono la costante di tempo τ e la costante di lunghezza . Quando non si raggiunge la soglia di eccitazione si è visto come un impulso viene attenuato e deformato. Ciò significa che in un determinato punto del cavo a distanza x dalla origine la tensione applicata si sarà attenuata secondo la legge. V = Vo exp(-x/ ) (diffusione dell'elettrotono) Nel caso delle fibre di Purkinje vale 2 mm. Nello stesso punto il segnale nel tempo subirà una evoluzione che dipende dalla costante di tempo della membrana. Cioè in un tempo pari a questa costante di tempo, il segnale sarà decaduto dal suo valore iniziale di 1/e τ vale Rm Cm, ove Rm è la resistività in cm2 e Cm in F/cm2. Cioè fisicamente si può dire che la costante di spazio dà una misura sull’estensione spaziale della struttura eccitabile soggetta alla corrente esterna impressa da un elettrodo. La costante di tempo τ è una misura del tempo richiesto per raggiungere le condizioni di regime. Il muscolo cardiaco è fortemente diverso per molti versi da altri muscoli e nervi. Anche se alla base vi sono molti punti in comune quali la genesi del potenziale di azione, il meccanismo di attivazione, il potenziale di riposo ecc. pur tuttavia proprio il potenziale di azione è fortemente diverso nella sua morfologia. Così ad esempio nel caso del cuore e nella parte dei ventricoli, anziché presentare la caratteristica punta, il potenziale di azione si presenta con un tipico “plateau” come è riportato in Fig. la. Fig. 1a Fig. 1b Questo riportato in Fig. la è in generale il segnale prelevato sui ventricoli. Altre volte nel nodo seno atriale, ad esempio, si ha una morfologia ancora diversa (Fig. 1b). Forse la più tipica proprietà del muscolo cardiaco è la sua contrazione spontanea. Poiché lo stato contrattile è controllato dal potenziale di transmembrana, la contrazione ritmica è una conseguenza Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore.doc/GV – Rev 1 Pag. 1 di 20 Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Attività Elettrica del Cuore dell'inizio ritmico degli impulsi. E' convincimento comune che la maggior parte delle cellule cardiache sono intrinsecamente ritmiche. Nel cuore integro, il battito ha inizio in una regione istologicamente specifica (il nodo S-A) a causa che il ritmo intrinseco è il più alto e pertanto sincronizza tutte le altre zone che, isolatamente, avrebbero un ritmo più basso. Quella zona specifica costituisce il “pacemaker”" naturale che presenta le caratteristiche essenziali di avere una instabilità del potenziale diastolico. In Fig. 1b è riportata l'attività elettrica di un singolo pacemaker atriale e di una singola cellula di tessuto atriale. In nodo A-V è un altro pacemaker naturale con un ritmo immediatamente più basso. Se il nodo S-A dovesse venir meno, o la propria frequenza patologicamente dovesse abbassarsi, allora sarebbe il nodo A-V a determinare il ritmo cardiaco. Il processo secondo il quale i nodi S-A e A-V generano impulsi non è completamente chiaro. Una delle ipotesi per spiegare quella instabilità del potenziale diastolico è che le membrane di quelle cellule siano, a riposo, più permeabili al sodio di quanto non lo siano le rimanenti. A causa di una diminuzione della conduttanza del potassio, le cellule pacemaker gradualmente si depolarizzano fino a raggiungere la soglia. L'attività elettrica del cuore ha dunque inizio nel nodo del seno che costituisce il pacemaker naturale. In questo punto il potenziale della cellula subisce nel tempo un continuo innalzamento fino a raggiungere le soglie ed a “sparare”. Dopo un certo tempo di recupero, il processo è ripetuto in quanto nel contempo la zona del nodo S-A si è ripolarizzata. Il ritmo stabilito dal nodo S-A è, come già si è detto sotto il controllo combinato dal vago e dal simpatico. La attività iniziata dunque nel nodo del seno si diffonde attraverso il muscolo degli atri con una velocità di ~1m/sec. Per l’uomo sono necessari ~80m/sec per la completa attivazione degli atri. Dopo questo tempo l'attivazione è giunta al nodo A-V che è l'unica connessione muscolare tra gli arti ed i ventricoli. La velocità di propagazione nel nodo A-V è molto bassa ~0,1m/sec. Dopo questo nodo la velocità di propagazione aumenta a ~2m/sec attraverso i tessuti di conduzione specializzati (fascio di His e fibre di Purkinje) .Come già si è detto il muscolo cardiaco sembra per molti versi essere un’unica cellula, ovvero funzionalmente sembra essere seppure al microscopio elettronico risulta costituito da molti elementi indipendenti. Pag. 2 di 20 Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore doc/GV – Rev 1 Attività Elettrica del Cuore Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Nella figura a lato sono raffigurate le isocrome cioè le zone del miocardio eccitate contemporaneamente. Ad esempio a 20 msec nel complesso QRS una parte dei ventricoli destro e sinistro sono attivate simultaneamente. Intorno ai 30 msec l'attivazione si muove verso la superficie. L’apice del cuore è attivato intorno ai 40 msec. Diciamo subito che considerazioni anatomiche hanno mostrato che il tessuto cardiaco è composto da cellule discrete, ognuna avvolta da membrana cellulare. Se queste membrane hanno un’elevata resistenza elettrica come per altri tessuti, allora non è immediatamente chiaro come il potenziale di azione, iniziato in una cellula, si possa propagare a quelle vicine. Fig. 4 Nelle fibre nervose e muscolari, come si vedrà successivamente, le correnti di tipo solenoidale attraversano la zona attiva e quella immediatamente adiacente in stato di riposo e si richiudono attraverso un circuito daliquido intra ed extracellulare. Il passaggio di queste correnti può Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore.doc/GV – Rev 1 Pag. 3 di 20 Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Attività Elettrica del Cuore depolarizzare le zone adiacenti e quindi si ha una propagazione della perturbazione nel senso che la parte che diviene attiva costituisce sorgente di attivazione per la parte attigua e così via. Per quanto riguarda la cellula cardiaca sorge all'inizio una duplice possibilità di spiegazione: 1) che vi siano queste circolazioni di correnti locali e quindi le successive de polarizzazioni: ma allora in tal caso si dovrebbero avere strutture di membrane o zone di queste membrane con basse resistenze. 2) Oppure che la trasmissione intracellulare non fosse causata da effetti elettrici e relativi accoppiamenti, ma invece da azioni chimiche. La prima idea che sorse per inquadrare il problema fu quella di studiare la diffusione dell’elettrotono. Se tale diffusione non fosse esistita, si sarebbe dovuta escludere la presenza di correnti di depolarizzazione; se invece la diffusione fosse stata messa in luce, essa non avrebbe comprovato l'esistenza di una trasmissione elettrica ma ne avrebbe giustificata, come approccio immediato, l'ipotesi. La questione fu comunque definitivamente chiarita nel 1952 da Weidmann con uno studio teorico e sperimentale sulla diffusione dello stimolo nelle fibre di Purkinje. Da questi studi su ratti fu determinata la: Cm = 12 F/cm2 RM = 2000 cm2 del citoplasma 105 cm Bisogna subito chiarire che tali valori sono suscettibili di cambiamento. Si deve dire che lo studio della diffusione della corrente di elettrotono nel muscolo cardiaco è molto più difficile che non nel caso di fibre nervose muscolari, perché nel caso cardiaco la corrente non si diffonde solo in un'unica direzione e verso, ma in due o tre direzioni, ovvero nell'intero volume. Questo è dunque un ulteriore aspetto di differenziazione della propagazione nelle fibre muscolari cardiache rispetto a quelle nervose e muscolari dello scheletro. Ciò nonostante la base elettrofisiologica che porta al modello di Hodgkin è lo stesso. Per applicare delle formule tecniche e studiare la propagazione dell'attivazione è necessario capire come e dove avviene la depolarizzazione, se, per quello che si è detto prima la struttura muscolare cardiaca sembra essere formata da strutture cellulari avvolte nelle relative membrane è caratterizzata da elevati valori di resistenza. STRUTTURA DEL MUSCOLO CARDIACO Nella Fig.4 è rappresentata una porzione di fibrocellula sezionata e comprendente alcune miofibrille ed un tratto di una stria scalariforme; quest'ultima costituisce il limite tra due fibrocellule contigue, che quindi sono separate da uno spazio chiaro. Si viene cioè ad avere una struttura Il a “mattoni” di dimensioni 100 15 15 che in sezione può essere rappresentata nella Fig.5. Fig. 5 La stria scalariforme è nota anche nella fisiolgia moderna con il nome di “nesso” (nexus). Guardate in scala maggiore, le cellule cardiache non sono uniformemente disposte come nella figura. In realtà esse vengono a costituire dei fasci di cellule vicine tra di loro separate da liquido extracellulare e con i singoli fasci anche essi separati. Il “nesso” ha un cammino tortuoso e può accadere che la Pag. 4 di 20 Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore doc/GV – Rev 1 Attività Elettrica del Cuore Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica membrana del “disco” assuma l'aspetto di una membrana regolare quando corre parallela alle fibrille fra i gradini. Per la sua particolare tortuosità, spessore e lunghezza è proprio al “nesso” che la resistenza diminuisce fortemente e quindi è in quel punto che la corrente intracellulare è trasmessa (Fig.6). A seguito di questo cammino tortuoso nello spazio, significa che la corrente si diffonde in tutte le direzioni da fibrocellula a fibrocellula ma preferenzialmente: nella direzione assiale. Si vede sempre dalla Fig.5 l’andamento della corrente a seguito di una stimolazione nel punto. In realtà si può trascurare completamente la corrente che può passare attraverso la zona della membrana ad alta resistenza. Da qui si comprende subito che vi è una diffusione spaziale delle correnti non uniforme. Quindi queste correnti locali che attraversano il “nesso” sono tali da produrre depolarizzazione delle cellule adiacenti nella stessa maniera con cui l’attività si diffonde lungo la membrana della stessa cellula. Il nesso del disco intercalato è dunque una regione ad alta conduttività elettrica che, permette una sufficiente densità di corrente creata in una certa zona ad essa vicina da una cellula attiva. Da quanto detto appare che la propagazione del potenziale di azione per effetto di correnti locali diviene praticamente possibile. Abbiamo detto che la corrente si diffonde spazialmente, ma preferibilmente lungo l'asse delle fibrocellule. Ciò fu messo in evidenza da Woodbury che prese una sezione di trabecola atriale di ratto(Fig.7) ed iniettando una corrente nell'organo andò a ricavare il contorno isopotenziale e trovò delle ellissi centrate attorno all'origine dove iniettò la corrente e giacenti nel piano perpendicolare all’asse Z, ovvero all’asse delle fibrocellule. Fig. 7 Ciò significa, essendo delle curve chiuse, che il campo potenziale risultante ha un carattere bidimensionale e non tridimensionale. Cioè, essendo Z normale alla superficie considerata che ha dimensioni grandi rispetto allo spesso re stesso, vuol dire che le variazioni di potenziale lungo Z sono trascurabili, ovvero lungo Z si ha un conduttore perfetto. Questo significa che il campo potenziale è una funzione delle coordinate polari , e che può essere caratterizzato come insorgente da un insieme di cellule cardiache connesse dai dischi insieme intercalati. Se questi ultimi hanno un basso valore di resistenza allora il campo potenziale dovrebbe apparire nel suo aspetto globale e grossolano come derivante da una singola cellula piatta dello stesso spessore e con una membrana superiore ed inferiore. Per una tale cellula che giace in mezzo extracellulare di Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore.doc/GV – Rev 1 Pag. 5 di 20 Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Attività Elettrica del Cuore grande estensione con una resistenza esterna di valore trascurabile rispetto a quello intracellulare, si può applicare la legge di Ohm per ottenere un'equazione del cavo in una geometria bidimensionale. Fig. 8 Se lo spessore di queste cellule prime è d, V è il potenziale si transmembra (interna rispetto all'esterno) ed I 1 la corrente totale interna al raggio (positiva se radialmente entrante) e la conduttività del citoplasma si ha: dV = I1() dR() dR()= 1 d 6 2 d quindi considerando che c’è una variabilità nei tempi V = I1 ( ) (1) 2 d Chiamando im la corrente di transmembrana dall’esterno per unità di area che entra quindi secondo la direzione Z perché li sono i dischi si ha che la corrente che entra nella corona circolare 2 d è: im 2 d = d Im (2) Per soddisfare la continuità deve essere I m I 1 cioè I1 im = 2 (3) Quindi dalla 1 si ha facendo la derivata secondo I1 I / 2v 1 2 2 2 d 2d Pag. 6 di 20 quindi Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore doc/GV – Rev 1 Attività Elettrica del Cuore Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica i 2 2 d v 2v m 2 2 2 d 2 d (4) i 2 v 1 v m 2 d (5) Se adoperiamo il circuito equivalente della membrana ad una costante di tempo, allora abbiamo considerato una sola membrana: im v v cm 2 zm t (6) dove Cm è la capacità per unità di area. Sostituendo avremo : v v 2 v 1 v 2 v 2 ( cm ) (v cm rm ) 2 d rm t drm t d rm ponendo e c m rm si ha 2 ( 2 2v 1 v v ) v 0 2 t (7) (8) (9) (10) Si nota che 1/ d è la resistenza di una sezione di citoplasma di larghezza (2) e lunghezza (d) unitaria e spessore d e che chiamiamo r c. Quindi: rm 2rc (11) a regime /t=0 e quindi la (10) diviene : 2 v 1 v v 0 2 2 (12) che è una equazione di Bessel. Dalla (12) si ha moltiplicando per 2 : Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore.doc/GV – Rev 1 Pag. 7 di 20 Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica 2 Attività Elettrica del Cuore 2v v ( )2 0 2 Quindi la soluzione è v( ) AI 0 ( ) BK 0 ( ) guardando l'andamento di I o e Ko si vede che Io per . Quindi per una ragione non limitata si deve porre A = O. Si nota che K o ha una appropriata singolarità a 0 che corrisponde all’assunzione di una sorgente di corrente a quel punto. L'intensità della sorgente è rappresentata da B=Vo. Teoricamente dunque si vede che a regime la tensione di elettrotono è una funzione di r secondo la funzione modificata di Bessel di seconda specie. Nella Fig.9 sono rappresentati gli andamenti teorico sperimentali al variare della distanza radiale dal punto dove è applicata la corrente. La costante di spazio diviene circa 170. Questa asintropia può essere dovuta ai cammini tortuosi seguiti dal flusso di corrente normale all’asse della fibra, se si considera che la corrente intracellulare può fluire solo attraverso i dischi intercalati come mostrato precedentemete. INTRODUZIONE ALL’ E.C.G. Sulle superfici del miocardo si ha una distribuzione istantanea di potenziale che è determinata dalla propagazione attraverso il miocardio di un’onda il cui primo fronte è costituito dalla depolarizzazione delle cellule cardiache interessate, mentre il secondo dalla ripolarizzazione delle stesse. Lo spessore di quest’onda può essere stimato basandosi sul dato di velocità media di propagazione di circa 0,5 m/s per le cellule del miocardio. Se ora prendiamo la curva del potenziale di azione di una cellula cardiaca e ne approssimiamo i contorni con segmenti rettili (Fig. l), constatiamo come il tempo di depolarizzazione della cellula sia sostanzialmente pari a 1 ms. Tale tempo moltiplicato per la velocità di 0,5 m/s, dà una ragione attiva di 500 msec. Così il fronte d'onda di attivazione può essere pensato spesso 500 msec il che corrisponde al coinvolgimento contemporaneo di 5 o più cellule cardiache. Pag. 8 di 20 Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore doc/GV – Rev 1 Attività Elettrica del Cuore Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Sempre osservando l’approssimazione della curva del potenziale ora fatta si vede che la ripolarizzazione della cellula cardiaca inizia con un ritardo di 200 ms. Ciò mostra che è corretto pensa re di considerare solo le cellule interessate dalla fase di depolarizzazione. Ora se si suppone di osservare l’attività elettrica cardiaca a partire da un certo istante t, si constata la presenza di un sottile strato di cellule in fase di depolarizzazione. Congiungendo con una linea queste cellule noi troviamo il fronte di propagazione dell’onda cardiaca a quell’istante. Si può pensare di rappresentare in un modo più sintetico questo fatto nella misura in cui tutte le cellule interessate dal fronte individuato sono in fase di ognuna di esse è in atto un trasporto di cariche elettriche rappresentabili con un momento di dipolo la cui ampiezza è direttamente collegata sia al valore delle correnti in gioco sia alla loro disposizione spaziale. In particolare, la situazione sarà quella mostrata nella Fig.2 nella quale nei vari istanti 0, l, 2, 3 si sono individuati i fronti di propagazione dell'onda. A ciascuno di questi fronti viene associato un vettore P determinato come integrale della densità di corrente Ji estese al volume V, dove V è il volume dell'intero miocardio e le Ji sono le correnti delle cellule che ad un determinato istante si trovano in fase di depolarizzazione. E’ ovvio che i vari vettori non sono contemporanei ma successivi nel tempo ed è evidente che tutti questi vettori non hanno origini in comune. Da ciò viene che l'attività elettrica che abbiamo individuato può essere correttamente rappresentata soltanto riportando i vari momenti di dipolo ciascuno associato al proprio fronte d’onda individuato dall’istante al quale compete. Si può può pensare di introdurre una approssimazione riportando, come nelle figure, i vettori a partire da una stessa origine O, supponendo cioè che tutti i vettori abbiano l’origine in comune. Fissata questa origine è possibile tracciare una linea spaziale inviluppo dei vettori stessi. Tale linea viene percorsa nel tempo dal vettore variabile rappresentativo dell'attività elettrica del cuore. Sulla base di questa linea è possibile introdurre alcuni criteri per individuare sia la situazione di normalità dell’attività elettrica cardiaca che il suo livello patologico. La figura che risulta prende il nome di vettorcardiogramma. Esso è la rappresentazione spaziale del vettore momento di dipolo considerato solo in funzione del tempo e non del punto di applicazione. La curva spaziale inviluppo dei momenti di dipolo rappresenta l’attività elettrica cardiaca a livello del miocardio. L'elettrocardiogramma è la conseguenza a livello toracico dell'attività elettrica predetta. I problemi relativi ECG sono di duplice natura: il primo consiste nello specificare in qualche modo le sorgenti di corrente nel cuore; il secondo è di ottenere potenziali superficiali dovuti all’effettiva sorgente elettrica (cuore) , avendo assunto il corpo come un mezzo normalmente lineare, omogeneo, uniforme ed isotropico. Fig. 2 Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore.doc/GV – Rev 1 Fig. 3 Pag. 9 di 20 Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Attività Elettrica del Cuore Nel primo problema si tratta principalmente di specificare in qualche modo le sorgenti di correnti nel cuore. Come si ricorderà dalla precedente trattazione si è vista una struttura del cuore formata da tanti componenti intercalati. Se ne ricava quindi una configurazione elettrica costituita da numerosi dipoli elementari. Introducendo un momento dipolare per unità di volume m si può pensare, come prima approssimazione, di trovare il vettore somma di tutti gli elementi dipolari m dv cioè formare il vettore p mdv e porre che questo vettore rappresenti elettricamente l’attività del cuore. v Diciamo che questa approssimazione è alla base della attuale clinica cardiografica e vettorcardiografica dove si parla di vettore cardiaco equivalente. In Fig. 3 è rappresentato quanto detto con particolare riferimento al problema elettrocardiografico. I punti A e B sono due puniti arbitrari di osservazione sul tarso, R AB la resistenza tra loro e R T1 e RT2 le resistenze toraciche. A-B rappresenta la tensione scalare nella derivazione riferita ad un elettrodo indifferente. I problemi sono molto grossi. Dal punto di vista ingegneristico si tratta innanzitutto di mettere a punto tecniche di strumentazione e di calcolo che diano la possibilità di eseguire diagnosi differenziali sicure, e principalmente invarianti rispetto all'anatomia del corpo e sensibili solo alle alterazioni cardiache. Questo è dunque il problema immediato. L'altro problema di tipo prevalentemente biofisico è quello di rappresentare adeguatamente la natura del cuore come generatore elettrico e trovare formulazioni matematiche di questo generatore che permettano di essere manipolate. Per affrontare questo problema, bisogna tener presente che di fatto ci sono due realtà che non vanno sottovalutate. La prima basata su una elettrocardiografia tradizionale portata ad accettare un concetto medico e fisiologico comunemente osservato o casualmente compreso e che si tende a far passare in modo acritico sulle considerazioni teoriche. L’altra realtà, per altro anche estremamente pericolosa, di cercare di sviluppare teorie matematiche estremamente eleganti e sofisticate che possono portare a modelli assolutamente non pratici e comunque non utilizzabili in un problema medico immediato. Come in ogni cosa, il giusto probabilmente sta in mezzo e sta a chi lavora in questo campo, cosciente dell’impegno che si assume, di trovare la giusta via basata su una continua verifica critica che scaturisca dalle esigenze pratiche più immediate. DERIVAZIONI CONVENZIONALI La derivazione è una combinazione di almeno due elettrodi, alle volte connessi a resistori-pesi. L’ECG è una registrazione di serie-temporali delle differenze di potenziale sviluppate in uno o più derivazioni. Oggi si tende ad estendere il significato di derivazioni nel senso che è la differenza scalare di potenziale tra due punti non necessariamente connessi a due elettrodi. Una derivazione, che è caratterizzata da n elettrodi attaccati ad n differenti punti del corpo con i potenziali V10, V20,….Vi0, Vn 0 rispetto ad uno di riferimento, può essere rappresentata dalla diffenza di potenziali: n V a1vio (0) i 1 Essa sarà indipendente dal riferimento scelto. Le costanti ai sono generalemte determinate da appropriate reti di resistori e costanti di amplificazione. Nella pratica clinica attuale, un insieme DI queste derivazioni scalari è registrata sequenzialmente così che la coerenza temporale è perduta. Ciò potrebbe essere riottenuto con apparecchi multicanali, ma raramente tale registrazione è eseguita e comunque su un numero di canali limitato per ovvie esigenze pratiche. Riferendosi alla Fig.4 si definiscono le derivazioni standard: VI=Vab Pag. 10 di 20 VII =Vcb VIII=Vca Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore doc/GV – Rev 1 Attività Elettrica del Cuore Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Queste derivazioni sono ridondanti perché dalle conoscenze di due di esse è determinata la terza VI+ VIII= VII (1) Questa relazione può essere rappresenta e spiegata dalle relazioni vettoriali del triangolo equilatero di Einthoven riportati in fig,5 dove l’origine è al centro del triangolo e l’origine di ciascuna derivazione è la proiezione in funzioni di si ritrova confermata la (1). Dalla Fig. 5 si vede dunque che il vettore V contiene tutta l’informazione delle tre derivazioni componenti. La direzione del vettore V disegnata ad istanti caratteristici nel ciclo cardiaco ha significato diagnostico. La elettrocardiografia tradizionale considera 12 derivazioni standard. Oltre alle tre già viste esistono le 6 precordiali e le tre aumentate. Le 6 precordiali e le 3 aumentate involvono il terminale centrale di Wilson che si definisce come il punto elettrico comune o nodo di tre resistori uguali connessi agli elettrodi dei tre arti. Wilson, usò resistori di 5000 e questo valore è adoperato ancora oggi. Wilson necessitava di tali bassi resistori per esigenze del galvanometro con il, quale eseguiva le misure. Oggi, in realtà, non sarebbero necessari quei valori. Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6 Eseguendo in oltre le misure tra i tre arti già indicati e il terminale centrale di Wilson si hanno le VR, VL, VF. Se si esegue la misura tra un terminale disconnesso dal relativo resistore e il punto congiungente i due rimanti resistori si ha un tensione che è 3/2 maggiore della precedente. Cioè ad esempio escludendo il resistore 2 si ha 3 aVL VL 2 come si può dimostrare con l’analisi della rete relativa. Oltre a queste derivazioni aumentate, vi sono 6 precordiali (V1,V2,…V6). Queste ultime due serie di derivazioni sono le cosidette unipolari, per distinguerle da quelle che non usano il terminale centrale e sono le bipolari. Il centrale di Wilson preso come riferimento è alle volte presentato come un punto indifferente o neutro o di zero Ciò dal punto di vista biofisico è un non-senso come si vedrà successivamente. L'idea di avere questo elettrodo indifferente scaturisce dalla esigenza di voler individuare valori locali di potenziali e non differenze. Si ritenne pertanto che assumendo come riferimento un punto nel quale l'attività elettrica fosse la media di quella di punti distanti dalla sorgente cardiaca, si raggiungesse credibilmente un punto elettricamente indifferente. Nelle Fig.7, 8 e 9 sono riportate le precedenti derivazioni. Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore.doc/GV – Rev 1 Pag. 11 di 20 Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Fig. 7 Attività Elettrica del Cuore Fig. 8 Fig. 9 ATTIVITA’ ELETTRICA DEL CUORE Da quanto si è visto precedentemente segue che il contributo di ogni singola unità cellulare può essere assimilato a quello di un dipolo di corrente elementare. Il cuore dunque può essere rappresentato da una distribuzione di momenti dipolari di corrente. Una tale configurazione è sempre valida, anche ricordando la natura anatomica del cuore come un sincizio. Per convincersi di ciò basta pensare che con sempre minore approssimazione, si possono trovare le restanti di un numero sempre maggiore di questi elementi concentrati fino ad arrivare ad un unici vettore. I dipoli di corrente che caratterizzano l’attività elettrofisiologica del cuore sono immersi in tessuti del corpo e quindi è chiaro che le distribuzioni delle correnti e delle tensioni nel e sul corpo dipendono dalle caratteristiche dei tessuti. Si può innanzi tutto dire che il gradiente di potenziale di qualunque punto è proporzionale alla densità di corrente. Il legame lineare è dovuto alla resistività del tessuto. Si è accertato che in un certo campo di frequenza la caratteristica è resistiva, ma i valori sono caratteristici del materiale biologico interessato e possono variare a seconda del punto o dell’istante di conduzione. Cosi, ad esempio, il sangue ne l’immediata vicinanza del cuore, nei ventricoli, nell'aorta e nei grossi vasi ha una conduttività che può essere anche cinque volte maggiore di quella di altri tessuti. I tessuti polmonari presentano conduttività fortemente variabili da uno a cinque negli atti respiratori. Da questo effetto dipende ad esempio la modulazione del ritmo cardiaco, fenomeno che spesso è anche attribuito .alla diversa orientazione del cuore dovuto alle forze meccaniche di espansione dei Pag. 12 di 20 Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore doc/GV – Rev 1 Attività Elettrica del Cuore Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica polmoni. Si deve ricordare che in alcuni tessuti è presente una marcata anisotropia. Ad esempio i muscoli scheletrici attraverso i quali passano le correnti elettrocardiache hanno una conduzione maggiore lungo le fibre che non in direzione ortogonale. Queste sono grosse complicazioni delle quali è difficile tener conto quando si vanno a considerare dei modelli di conduzione. Misure eseguite nel campo delle frequenze audio panno mostrato che alcuni tessuti presentano reattanze capacitive, altri induttive. Comunque, si può ritenere, con sufficiente approssimazione, che il torace in genere presenta caratteristiche resistive nel campo delle centinaia di Hz fino a qualche KHz. Ciò è stato ricavato anche analizzando le deformazioni delle forme d’onda di stimolazione dei pacemakers (di tensione), come risulta dall’analisi corporea superficiale. Il problema elettrocardiografico involve quindi una distribuzione temporalmente variabile di dipoli di corrente in un volume conduttore lineare considerato isotropo. Il problema di determinare i potenziali superficiali sul corpo in relazione alle sorgenti cardiache è complicato proprio dalla natura inomogenea del volume conduttore e della geometria complessa, nel senso che anche assunta una determinata distribuzione della sorgente, il potenziale all’esterno del corpo dipende dalla derivazione secondo cui è determinata. Si vuole qui ricordare che il problema principale dell'elettrocardiografia sia tradizionale che avanzata non è. tanto quello di trovare un modello delle distribuzioni delle sorgenti elettriche dalla conoscenza dei potenziali sulla superficie (problema questo che non ha un'unica soluzione) quanto invece è quello di studiare la condizione del cuore dai potenziali superficiali. Si è già detto che, per l'inomogeneità del volume conduttore, viene ad avere importanza il luogo delle derivazioni e le reciproche direzioni. Prima di definire la sorgente, è necessario pertanto definire il concetto di impedenza di trasferimento o anche di vettore di derivazione. Se si assume una generica derivazione a la relativa differenza di potenziale Va è data da: Va m (5) za d v v ove dv è il volume. elementare del muscolo cardiaco, Z a è il vettore impedenza di trasferimento per unità di lunghezza. Questa espressione trova un logico fondamento nella supposta linearità del mezzo. Si può cioè dire dalla relazione scritta, che la differenza di potenziale misurabile in una certa derivazione è rappresentata dal prodotto scalare del momento della corrente per un vettore che caratterizza le proprietà trasmissive del mezzo da un punto del cuore al collegamento di prelievo. In questo modo la differenza di potenziale misurata in una derivazione ne sembra essere determinata completamente da due fattori: uno totalmente dipendente dalla attività elettrica della sorgente, l’altro completamente dipendente dalle caratteristiche conduttive del mezzo e dalla posizione della derivazione. Il vettore Z che chiaramente dipende dal punto considerato è chiamata “impedenza di trasferimento”. Le variazioni di potenziale nella (5) di Va sono dovute principalmente a variazioni temporali di m proprio a causa dei fenomeni eccitatori cardiaci. E' tacito però che con l’introduzione vettoriale ed il successivo prodotto scalare si ha una grandezza dipendente anche dalla posizione relativa della sorgente (una volta che sia stata definita)e la derivazione. Se ad esempio si assume la configurazione della sorgente come dipolo, è chiaro che, a parità di impedenze, la tensione sarà massima quando la derivazione giace lungo la direzione del dipolo stesso. Nell'ipotesi verificata di linearità, ciò che è stato detto vale anche per derivazioni caratterizzate da più elettrodi. Cioè ricordando la (0) si ha: V= ai Vio = aib m za dv = V m ( z ) dv ai i V Il termine in parentesi è semplicemente l’impedenza risultante associata a tutta la particolare configurazione di prelievo della derivazione esaminata avendo assunto il punto i come riferimento to. Come già si è detto, il problema è di duplice natura uno diretto che tende alla determinazio ne di misure quantitative dei potenziali elettrici nel e sul torso per l'attività elettrica del cuore, cercando di tener conto del generatore cardiaco, delle sue posizioni, delle inomogeneità del corpo, anisotropia e forma. Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore.doc/GV – Rev 1 Pag. 13 di 20 Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Attività Elettrica del Cuore L'altro problema, quello inverso, è di avere dalle misure eseguite sulla superficie corporea informazioni sulla natura e disposizione del generatore o dei generatori. In questo caso il problema è molto più arduo e può anche mancare di univocità. Ciò che interessa conoscere è innanzi tutto il numero finito di parametri che permettono di dare informazioni sullo stato elettrico del cuore. Mentre nel problema diretto è facile separare gli effetti elettrici dagli effetti di inomogeneità, nel processo inverso, ciò non è, in quanto si tratta fondamentalmente di un problema di black-box, che può portare anche a diverse configurazioni di modelli e di distribuzioni di sorgenti interne. Cioè ci si chiede di trovare una distribuzione di sorgenti elettriche che diano luogo a quella distribuzione di potenziali sul corpo. Si tratta dunque di definire il generatore. Già prima si è parlato di m (densità momento di corrente) .Vi sono però anche altre ipotesi che considerano sorgenti multipolari. Uno di questi modelli considera un certo numero di dipoli elementari (20) posti in luoghi anatomicamente definiti ed individuati. L’assenza dell’effetto d’uno di tali dipoli può essere ad esempio dovuto ad una zona di infarto. La localizzazione dei dipoli può variare durante il ciclo cardiaco. Assumendo invece l'ipotesi dipolare, si ritiene che tutta l'attività elettrica del cuore è più o meno adeguatamente rappresentata da un singolo dipolo anatomicamente localizzato in qualche punto scelto in base a considerazioni matematiche, teoriche o puramente intuitive. Il momento dipolare varia in ampiezza e direzione durante il ciclo cardiaco ed è rappresentata dal vettore p M m dv . Segue che per il p di sovrapposizione, la differenza di potenziali in una generica derivazione è data da Vij p Cij ove Cij è il vettore di derivazione. I tre arti forniscono ad esempio: p c 1 p c II “ = 2 p c III “ = 3 che sono ridondanti per la nota legge di Einthoven c1 +c3 =c2. Com'è noto però Einthoven considerava un triangolo equilatero posto sul piano frontale e si parlava di asse elettrico, intendendo l'asse medio cardiaco giacente in questo piano. Prove su modelli compiuti da Burger hanno mostrato che il triangolo non è equilatero, ma scaleno. Segue quindi che il vettore non giace nel piano come sosteneva Einthoven. Inoltre l’informazione prelevabile in un punto del corpo dipende non solo dal generatore bioelettrico, ma anche dalla derivazione. Ciò significa che sarebbe indispensabile conoscere per ogni punto del corpo il vettore di derivazione. seguendo questo approccio Frank ha ritenuto di determinare uno "spazio immagine" costituito sulla base di modelli. La proprietà di questo spazio è quella per cui ogni vettore che congiunge l'origine di riferimento ad un punto della superficie immagine è la derivazione vettoriale monopolare per il corrispondente punto fisico. Il vettore derivazione associato con una qualunque coppia di punti sul corpo può essere trovato dal tracciamento della linea che connette i corrispondenti punti sulla superficie immagine. La tensione della derivazione sarà allora la proiezione del vettore cardiaco p su quella linea. Ovviamente lo spazio immagine che tiene conto delle inomogeneità ed anisotropie del torso umano, presenta una forma completamente diversa da quella anatomica. Come si può comprendere è un approccio alquanto laborioso. I derivazione = COLLEGAMENTI DELLE DERIVAZIONI ORTOGONALI Direttamente associato con cardiaca con una natura vettoriale tridimensionale è la determinazione di almeno tre derivazionizioni elettrocardiografiche indipendenti che diano informazione sulle componenti vettoriali. Sorse subito l’idea di utilizzare tre derivazioni dalle quali fosse possibile ricavare informazioni ciascuna proporzionale ad una ed una sola componente del vettore, anzichè ricorrere a calcoli complessi e poco pratici per ricavare le caratteristiche vettoriali. Naturalmente le difficoltà sono spostate, al campo strumentale vero e proprio, nel senso che è necessario ritrovare Pag. 14 di 20 Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore doc/GV – Rev 1 Attività Elettrica del Cuore Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica delle idoneee configurazioni con resistori di valore opportuno per "pesare" le tensioni prelevate da punti diversi. Da questo "peso" dei valori scaturisce il sistema di derivazioni corrette. Si hanno anche schemi molto complessi che arrivano sino a 100 elettrodi. In tal caso è chiaro che il sistema diviene poco pratico alle informazioni che se ne possono trarre. Schemi pratici ne hanno da 6 a 16 (vedi Fig.10, 11, 12) .Su queste considerazioni si basa la vettorcardiografia, dalla quale comunque si deve tener presente che vi è la possibilità di risalire al tracciato di qualunque derivazione elettrocardiografica (Fig.13). Si ricorda infine la tecnica delle mappe cardiache, che consente di avere una informazione di tipo parallelo da tutta la distribuzione di campo sulla superficie corporea. Da una tale tecnica si ha la conferma di una distribuzione di correnti di origine mutipolari. Anche questa tecnica si presenta interessante specialmente per l'alto contenuto informativo ad essa connesso. . Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore.doc/GV – Rev 1 Pag. 15 di 20 Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Pag. 16 di 20 Attività Elettrica del Cuore Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore doc/GV – Rev 1 Attività Elettrica del Cuore Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica L’ELETTROCARDIOGRAMMA Un tipico segnale “scalare” ECG è riportato in figura 13 In genere quando si riferisce al “ritmo” cardiaco ci si riferisce alla distanza fra due complessi R(=800 msec). 1) L’onda di P corrisponde all’attività atriale. 2) Il complesso QRS è il risultato dell’attività ventricolare 3) L’onda T corrisponde alla ripolarizzazione ventricolare. La ripolarizzazione atriale è mascherata dal complesso QRS. 4) L’intervallo PR è una misura del tempo di conduzione AV. Alterazione di questo tempo mettono in luce una patologia della conduzione. 5) La linea di base è stabilita dal segmento TP dell’onda. Il livello relativo del segmento ST è un’importante misura diagnostica. Segmenti normali ST sono sulla line di base. Slivellamento del segmento rappresentano insufficienza coronarica. 6) L’intervallo QT dà la durata totale della sistole ventricolare. Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore.doc/GV – Rev 1 Pag. 17 di 20 Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Attività Elettrica del Cuore Collegamento per derivazioni bipolari degli arti - Limb bipolar connections Pag. 18 di 20 Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore doc/GV – Rev 1 Attività Elettrica del Cuore Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Collegametni per derivazioni unipolari secondo Goldberger unipolar lead connections Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore.doc/GV – Rev 1 Pag. 19 di 20 Prof. Marcello Bracale Appunti del corso di Elettronica Biomedica Attività Elettrica del Cuore Collegamenti per derivazioni toraciche secondo Wilson – Wilson chest lead connections Pag. 20 di 20 Napoli, 11 Marzo 2002 Rif. Int.: Attività Elettrica del Cuore doc/GV – Rev 1