Capitolo 1 Introduzione Si sa che la carica è riconducibile alla presenza di cariche elementari (protoni ed elettroni), quindi qualunque quantità di carica è un multiplo della carica fondamentale: la carica è quantizzata. La carica elementare è: q ' 1.6 · 10−19 C. Per l’elettromagnetismo classico (macroscopico) si può supporre che la densità di carica sia continua. In questo senso anche parlare di cariche puntiformi non è preciso dal punto di vista fisico, essendo una approssimazione che si effettua quando si considerano distribuzioni di carica di dimensioni trascurabili. 1.1 Sorgenti del Campo Le sorgenti del campo elettromagnetico sono descritte da due quantità: • la densità volumetrica di carica ρE (r̄, t) • la densità di corrente elettrica JE (r̄, t) La densità volumetrica di carica è una funzione della posizione e del tempo e si misura in [ mC3 ], si indica con ρE e descrive quanta carica per unità di volume si trova in una certa zona dello spazio. La quantità di carica q contenuta in una regione di spazio V è Z q(t) = ρE (r̄, t)dV V Trattandosi di un integrale di volume, q non può dipendere dalla posizione ma solo dal tempo, essendo la carica totale presente nel volume. La variabile relativa alla posizione sparisce nell’operazione di integrazione. La densità di corrente elettrica è un campo vettoriale che si indica con J¯E (r̄, t), descrive delle cariche in moto ed è quindi associato alla loro direzione e velocità. L’unità di misura è [ mA2 ]. La corrente elettrica che attraversa una superficie Σ è data dal flusso vettoriale di J¯E (r̄, t) attraverso Σ: Z i(t) = J¯E (r̄, t) ◦ n̂dΣ Σ Mentre le correnti e le quantità di carica sono quantità globali e interessano aree e volumi estesi, le densità di corrente e di carica sono quantità locali. Le grandezze descrittive del campo elettromagnetico sono: • Ē: campo elettrico • H̄: campo magnetico • D̄: induzione elettrica • B̄: induzione magnetica in funzione della posizione individuata dal vettore r̄ e del tempo t. Affichè esista un campo devono essere presenti delle sorgenti di campo costituite da cariche elettriche fisse o in movimento (correnti), anch’esse funzione del tempo e della posizione. Le sorgenti e il campo da esse generato sono vincolate dalle equazioni di Maxwell, leggi sperimentali di validità generale (in ambito macroscopico). Qualunque problema di natura elettromagnetica può essere sempre ricondotto al calcolo dei 4 vettori descrittivi dati i 2 vettori che descrivono le sorgenti. 1 2 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE Esempio Data una regione di spazio nella cui origine è presente una carica puntiforme di valore q0 , l’espressione analitica della densità di carica ρE (r̄, t) è pari a: ∆q(r̄, t) ρE (r̄, t) = lim∆V ⇒0 ∆V dove ∆q è la quantità di carica presente nell’istante t nel volume ∆V di centro r. Nelle regioni esterne all’origine la densità di carica è nulla perché ∆q = 0. Nell’origine è presente una carica puntiforme q0 racchiusa in un punto di volume ∆V = 0. La sua densità è data dalla funzione delta di Dirac, una funzione impulsiva. Quindi, la densità di carica è pari a q0 δ(r̄). Se la carica fosse posizionata in r̄0 , allora la corrispondente densità di carica è q0 δ(r̄ − r̄0 ). Infatti, la funzione delta di Dirac ha la seguente caratteristica: data una funzione f continua in r0 e un volume V contenente r0 , allora: Z f (r̄)δ(r̄ − r̄0 )dV = f (r̄0 ) V se invece il volume V non contiene r0 allora Z f (r̄)δ(r̄ − r̄0 )dV = 0 V perché δ(r̄ − r̄0 ) = 0 per r̄ 6= r̄0 . Per verificare che effettivamente la densità di carica corrispondente ad una carica puntiforme q0 è ρE (r̄, t) = q0 δ(r̄), si può integrare ρE (r̄, t) su un volume V contenente la carica. Z q= q0 δ(r̄)dV = q0 V Se invece si considera un volume V 0 che non contiene una carica Z q= q0 δ(r̄)dV = 0 V0 Esempio Siano q1 , q2 , q3 tre cariche puntiformi con i seguenti valori: q1 = 1C, q2 = −1C, q3 = 2C e siano posizionate alle seguenti coordinate: q1 in (1,0,0), q2 in (2,0,0), q3 in (3/2, 3/2, 0). I vettori posizione sono: r̄1 = x̂, r̄2 = 2x̂, r̄3 = 3/2x̂ + 3/2ŷ. La densità di carica è pari a: ρE (r̄, t) = 1δ(r̄ − r̄1 ) − 1δ(r̄ − r̄2 ) + 2δ(r̄ − r̄3 ) Esempio Sapendo che il campo D̄ generato da una carica puntiforme q0 posta nell’origine è diretto radialmente, l’espressione analitica di D̄ è pari a (in coordinate sferiche): D̄(r̄, t) = D(r̄, t)r̂ Essendo in ambito statico, D̄(r̄, t) = D̄(r̄) e per ragioni di simmetria D̄(r̄) = D(r, ϑ, ϕ)r̂ = D(r)r̂, poiché D non dipende da ϑ e da ϕ. Per la legge di Gauss, il flusso attraverso una qualunque superficie chiusa Σ è pari alla carica contenuta al suo interno. La scelta più comoda consiste nello scegliere una sfera centrata nell’origine e con raggio R. Z Z ointΣ D̄ ◦ n̂dS = ρE dV = q0 δ(r̄)dV = q0 V V la normale n̂ alla sfera punta verso l’esterno e coincide con r̂: n̂ ≡ r̂. La superficie Σ, in coordinate sferiche ha i seguenti parametri: r=R ϑ ∈ [0, π] Σ= ϕ ∈ [0, 2π] essendo dS = R2 sinϑdϑdϕ, il flusso di D̄ è: I Z π Z 2π Z 2 2 D̄ ◦ n̂dS = D(R)r̂ ◦ n̂(R sin ϑ)dϑdϕ = D(R)R 0 Σ 0 = D(R)R2 0 Z Z sin ϑ 0 = π 4πR2 D(R) 0 π Z 2π sin ϑdϑdϕ = 0 2π dϕ = D(R)R2 [− cos ϑ]π0 [ϕ]2π 0 1.2. FORZA DI LORENTZ 3 quindi 4πR2 D(R) = q0 ovvero D(R) = la corrispondente funzione vettoriale è: D̄(r̄) = 1.2 q0 4πR2 q0 r̂ 4π|r̄|2 (1.1) Forza di Lorentz Una particella puntiforme di carica q, immersa in un campo elettromagnetico, è soggetta ad una forza F̄ è pari a: F̄ = q(Ē + v̄ × B̄) (1.2) dove v̄ è la velocità della particella. Un primo contributo alla forza è il termine q Ē, nella stessa direzione del campo elettrico Ē, mentre il secondo contributo pari a v̄ × B̄ è diretto ortogonalmente al piano formato dai vettori v̄ e B̄. È possibile ricavare una espressione analoga per una distribuzione di carica ρE : f¯ = ρE Ē + J¯E × B̄ N dove f¯ è detta densità di forza ed è misurata in m 3 . In regime statico la forza di Lorentz ha delle particolari proprietà, ovvero quando v̄ = 0, poiché non ci sono cariche in moto. Allora la forza si riduce a: F̄ = q Ē Inoltre, si può dimostrare (vedere il capitolo sui potenziali) che: Ē = −∇V quindi si ha F̄ = −q∇V Si considera il lavoro che il campo elettrico compie su una carica. Il lavoro di una forza su un oggetto è definito come: Z ¯ LAB = F̄ ◦ dl (1.3) AB Nel caso elettrostatico si ha: Z ¯ ∇V ◦ dl LAB = −q (1.4) AB l’integrale tra A e B è pari al potenziale calcolato in B sottratto al potenziale calcolato in A: = −q(VB − VA ) = il lavoro, in un campo conservativo, è uguale alla variazione di energia potenziale del corpo da A a B: UB − UA Poiché il potenziale è definito a meno di una costante, si può porre: U , qV Si considera una carica puntiforme fissa q1 e una carica puntiforme q2 in rotazione attorno a q1 lungo una circonferenza di raggio R. Sia q1 = −q2 = q La carica q2 è sottoposta ad una forza centripeta rivolta verso il centro. Usando coordinate polari si ha: f¯c = −fc r̂ inoltre fc = m V2 R La carica q1 ha una densità di carica pari a: ρ1 = qδ(r) allora il potenziale generato da ρ1 è: V1 = 1 4πε0 Z qδ(r) 1 dr0 |r̄ − r̄0 | 4 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE l’integrale è pari al valore della funzione che moltiplica δ calcolata nell’origine r0 ≡ 0: V1 = 1 1 +C q 4πε0 |r̄| La carica q2 è immersa in un campo elettrico associato al potenziale V1 . Scegliendo C = 0 si pone per i punti all’infinito un potenziale nullo. L’energia potenziale di q2 è: U2 = −qV1 = − q2 4πε0 |R| poiché q2 si trova su una circonferenza di raggio R. Si considera la forza elettrostatica a cui è soggetto q2 . Al campo generato da q1 è associata una forza q Ē. Essendo Ē = −∇V1 scegliendo il sistema di coordinate sferiche: 1 q ∂ ∂ ∂ r̂ + (. . . ) + (. . . ) E=− ∂r 4πε0 R ∂ϑ ∂ϕ I termini relativi alle variabili ϑ e ϕ sono nulli, poiché l’espressione dipende solo da r. q ∂ 1 q E= r̂ r̂ = 4πε0 ∂r r 4πε0 R2 La forza è diretta radialmente: F̄ = q2 Ē = −q Ē = − q2 r̂ 4πε0 R uguagliando le espressioni della forza si ha che: m v2 q = R 4πε0 R2 mv 2 = q 4πε0 R L’energia cinetica K è: K= 1 q2 mv 2 = 2 8πε0 R L’energia totale è data dalla somma tra energia cinetica K ed energia potenziale U . E =K +U =− q2 <0 8πε0 R Quindi q2 ha sempre energia negativa. Se si vuole far uscire q2 dalla sua orbita attorno a q1 , è necessario compiere un lavoro positivo. 1.3 Momento angolare Il momento angolare di una particella di massa m con vettore posizione r̄ e velocità v̄ si definisce come: ¯l = r̄ × mv̄ è diretto lungo l’asse z: ¯l = lz ẑ quindi lz = m|v̄||r̄| ¯l = mvRẑ moltiplicando ambo i membri della relazione dell’energia cinetica per mR2 si ha: R2 m2 v 2 = mq 2 R mR = lz2 = q 2 4πε0 4πε0 da cui si ottiene: R= 4πεlz2 q2 m 1.3. MOMENTO ANGOLARE 5 Quando una carica ruota è accelerata, poiché è soggetta ad una forza non nulla e irradia energia elettromagnetica. Secondo la meccanica classica dovrebbe perdere gradualmente energia diminuendo la sua distanza dalla carica centrale fino a collassare su di essa. Verso la fine dell’800 l’atomo di idrogeno era modellato in questo modo. Bohr suppose che il momento angolare fosse quantizzato, ovvero lz = n h con n = 1, 2, . . . 2π dove h ' 6.62 · 10−34 Js Si definisce la costante ~ come: ~, h 2π da cui, la formula diventa lz = n~ Supponendo una tale relazione, anche il valore di R è quantizzato; per un dato valore di n si ha: Rn = 4πε0 ~2 n2 q2 m dove n ∈ N . Essendo quantizzato, il valore di R non può assumere un qualunque valore: per n = 1 si ha R1 = 4πε0 ~2 ' 0.529 · 10−10 m q2 m che è circa il raggio dell’orbita dell’elettrone. Per le orbite successive si ha: Rn = n2 R1 Poiché l’energia E dipende da R, anch’essa è quantizzata: E=− q2 1 n2 8πε0 R1 Anche questa teoria non è completamente valida, ed è stata sostituita dalla meccanica quantistica.