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Il 66% ha dovuto abbandonare il lavoro, e
non mancano i giovanissimi
Soprattutto donne, che senza alcuna retribuzione assistono genitori, partner o
figli
20/04/2016 13:49
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Bologna 20 apr. (AdnKronos Salute) - Quello italiano è un welfare 'fai da te':
sono sempre di più le famiglie che si fanno carico della cura di parenti
bisognosi di assistenza. Se si guarda agli ultimi dati Inps disponibili sulle
richieste di congedo per l'accudimento di familiari sulla base della legge 104, si
vede come in Italia si sia passati dagli oltre 218.700 permessi concessi del
2010 agli oltre 319.800 del 2014 (+46,2%). In particolare, nell'assistenza ad
anziani, disabili, ammalati cronici e soggetti fragili che richiedono una presenza
continuativa, il nostro servizio sanitario può contare sulla forza di oltre 3 milioni e 300 mila persone.
Sono i caregiver familiari, uomini ma soprattutto donne (63,4%) che senza alcuna retribuzione fanno
dell'assistenza a padri e madri (49,6%) o al proprio coniuge-partner (34,1%) la propria professione.
Occupandosi di loro, in media, per circa 18 ore al giorno (7 di cura diretta e 11 di sorveglianza). In
un anno i caregiver italiani prestano assistenza per oltre 7 miliardi di ore, che si traducono in un
risparmio effettivo per il Ssn, in aggiunta agli oltre 10 miliardi che le famiglie pagano annualmente
per lavoro privato di cura e le cosiddette spese 'out of pocket' (spese sanitarie, farmaci,
ausili/attrezzatura e così via) che hanno superato i 33 miliardi annui.Per dare voce a queste
persone, Exposanità - manifestazione italiana dedicata ai temi della salute e dell'assistenza in corso
a Bologna Fiere fino al 21 maggio) - ospiterà il convegno 'Caregiver familiare, risorsa chiave
nell'integrazione sociosanitaria e nella cura a lungo termine', organizzato da Anziani e non solo,
società cooperativa che da oltre 10 anni si batte per i diritti dei caregiver e che ha ispirato la legge
per il riconoscimento del caregiver familiare approvata dalla Regione Emilia Romagna (esempio
sulla cui base sono stati presentati disegni di legge in sei regioni), e più recentemente quella
presentata a Montecitorio a fine marzo. "La legge emiliano-romagnola - commenta Loredana
Ligabue, direttrice della cooperativa Anziani e non solo - sta entrando nella fase attuativa e in
Sardegna, come in altre regioni italiane, si condividono le finalità e si avanzano proposte di legge
per riconoscere il ruolo di chi si prende cura di un proprio caro. E' un bilancio importante che si
arricchisce della presentazione di una proposta di legge quadro. I contenuti dei testi di legge hanno
trovato il sostegno delle molteplici associazioni di volontariato, di patologia e delle organizzazioni
europee come Eurocarers e Coface - prosegue Ligabue - Ora tocca alla politica fare i prossimi
passi". "E' essenziale, oltre al percorso legislativo, continuare l'azione di ascolto e confronto con i
familiari, gli operatori professionali, i volontari, gli enti locali". La necessità della tutela a livello
legislativo del ruolo emerge anche dall'impatto sul lavoro che comporta l'assistenza quotidiana di un
familiare: il 66% dei caregiver ha dovuto abbandonare la propria posizione lavorativa, rimanendo di
conseguenza in media fino a 10 anni fuori dal mercato del lavoro. Si aggira invece sul 10% la
percentuale di chi ha richiesto il part-time o ha dovuto cambiare professione. Una situazione che
diventa drammatica quando la perdita totale del salario o la riduzione delle ore lavorative, in
aggiunta ai costi di cura sempre più elevati, ha ripercussioni dirette sul reddito delle famiglie,
aumentando il rischio di povertà. Altro fattore allarmante, spesso sottovalutato dai caregiver stessi,
è la precarietà dello stato di salute di chi accudisce familiari che necessitano di cure continuative.
Eccessiva responsabilità, forte carico emotivo e stress psicofisico a cui queste figure sono
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sottoposte ogni giorno implicano infatti un'alta eventualità di sviluppo di depressione, ansia,
insonnia e perdite di difese immunitarie. "La tutela e il riconoscimento dei caregiver è tanto più
importante - afferma Marilena Pavarelli, project manager di Exposanità - quando questo ruolo è
ricoperto da giovani e giovanissimi. E in Italia sono 169 mila i ragazzi fra i 15-24 anni che si
occupano quotidianamente di adulti o anziani".Ancora più sorprendente è la presenza di bambini più
piccoli che si ritrovano ad assistere genitori malati o fratelli disabili. Dall'unica indagine esistente in
Italia ad oggi, condotta da Anziani e non solo in un istituto professionale di Carpi, è stato rivelato
che il 21,9% degli studenti ricopre il ruolo di caregiver di un familiare adulto. Essere un giovane
caregiver comporta conseguenze sul rendimento scolastico, sulle relazioni con i coetanei ed espone
anche al rischio di sviluppare malattie: se negli adulti che accudiscono familiari bisognosi è stato
riscontrato il doppio di probabilità di avere problemi di salute, si può arrivare fino al triplo quando si
tratta di ragazzi tra i 18 e 25 anni. "Benché siano situazioni difficili da gestire specialmente per chi è
molto giovane, ci sono anche degli aspetti positivi: le ricerche riportano come l'autostima nelle
proprie capacità e il senso di responsabilità e maturità dei giovani caregiver sia decisamente più
alto dei coetanei -conclude Ligabue - i ragazzi sviluppano anche delle competenze tecniche e
trasversali, che poi possono essere impiegate in campo professionale. Il riconoscimento dell'attività
di chi presta assistenza ha come obiettivo la valorizzazione delle abilità acquisite dai giovani
caregiver, che verrebbero supportati nell’entrata nel mercato del lavoro sia con crediti formativi sia
con percorsi formativi mirati".
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