CERTAMEN GIANNONIANO DI STORIA: ASPETTI DELLA CIVILTA’
LONGOBARDA DAL VI ALL’XI SECOLO
La storiografia moderna si è allontanata dallo stereotipo gratuito e accidioso dei “barbari”
distruttori di un impero millenario e a posto le fondamenta per una nuova discussione sia sull’età di
transizione tra mondo classico e mondo medioevale che sulle civiltà dei primi regni dell’Alto
Medioevo. Ha iniziato a mostrare curiosità e interesse il sincretismo culturale alla base dei regni
romano-barbarici che vide con Teodorico, re d’Italia dal 493 al 526 d.C, progressivamente
inglobata l’aristocrazia romana nella struttura burocratica ostrogota da cui emersero figure come
Cassiodoro e Boezio,ultimo esponente della patristica romano e ispiratore della Scolastica. Ma ben
presto un nuovo popolo è destinato a reggere le sorti di un’Italia spossata dalla guerra greco-gotica e
da continua epidemie: si tratta dei Longobardi, un piccolo popolo, alcune stime fanno riferimento a
circa centomila persone che presero parse alla discesa in Italia di Alboino nel 568 che, lasciatesi alle
spalle il nomadismo guerriero giunsero a sviluppare un altissimo grado di civiltà che stiamo man
mano scoprendo. La Longobardia Maior, dopo la sconfitta di Desiderio ad opera di Carlo Magno
imperatore dei Franchi nel 774, sarà a sua volta integrata nella civiltà carolingia ponendo le basi
della piattaforma culturale europea mentre la Longobardia Minor resisterà fino all’XI secolo sotto la
spinta dei Normanni guidati da Roberto il Guiscardo. Secondo questa intenzione l’Unesco ha
accettato nel 2008 la candidatura Italiana a Patrimonio Mondiale dell’Umanità della Rete
Langobardorum, un itinerario dei centri di culto e di potere di questa importante civiltà che
cercheremo di analizzare anche rapportandole ai segnali ancora visibili nella storia contemporanea;
la parabola di un popolo giunto alla progressiva elaborazione di un sistema nuovo. Infatti il popolo
scandinavo dei Winlii (Paolo Diacono, Historia Langobardorum liber I,1-8) ha assorbito influssi
culturali di popoli incontrati lungo l’asse nord-sud d’Europa e come afferma il ricercatore Efrem
Zambon, è venuto a configurarsi come compenetrazione tra il sistema di diritto romano, gli schemi
e gli ordinamenti dell’età classica e la crescente diffusione dei principi cristiani, condizione che
può portare a istituire a un efficace parallelismo tra la civiltà longobarda e l’Europa di oggi che
vive un processo analogo tra culture e storie nazionali, la recente apertura all’Europa orientale post
comunista e l’identificazione di una piattaforma ideologica e istituzionale in cui identificarsi .
Zambon definisce tutto ciò come “percorso storico fra identità nazionale, integrazione culturale ed
evoluzione socio-politica”
LINGUA E LEGISLAZIONE
“Sao ke kelle terre, per kelle fini che ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti"
(Capua, marzo 960)
Così inizia il primo documento scritto in volgare italiano: una testimonianza messa agli atti dal
giudice Arechisi nel processo fra l’abbazia di Montecassino, ricostruita nel 951 per volere di papa
Agapito II dopo la distruzione ad opera dei Saraceni nel 883, e il feudatario locale Rodelgrimo
d’Aquino. Questo documento registra l’atto di nascita della lingua volgare italiana; l’indovinello
veronese scritto da un anonimo amanuense in esametri caudati in realtà è in realtà precedente,
tuttavia è considerato dal alcuni studiosi ancora tardo latino volgare: è solo nel placito capuano che
si rinviene a una struttura quasi libera da declinazioni e slegata dalla sintassi latina. Certo, è
presente una determinata varietà dialettica che si configura nella trasposizione in ko della labiovelare u, ma si fa strada la coscienza che il volgare sia lingua autonoma e come tale possa essere
messo agli atti in un processo ufficiale. Tutto ciò avviene nel longobardo ducato di Benevento che
vive la sua ultima fase gloriosa prima del declino e della disfatta ad opera dell’imperatore Enrico II
e dei Normanni; sono gli anni di Pandolfo I Testa di Ferro che divenendo nel 978 anche principe di
Salerno riunificò il ducato che si era diviso nel capitolare del 851. La lingua longobarda è
paradigmatica per comprendere la natura di questa civiltà: idioma germanico, gradualmente si
mescolò al neo-latino delle popolazioni locali italiane conquistate fino ad arrivare al 643, data della
pubblicazione dell’editto di Rotari. Il sovrano ariano redasse infatti il testo in latino e rifacendosi
nel linguaggio giudiziario o a termini longobardi latinizzati o a termini derivati dal Corpus Iuris
Civilis o Iustinianeum, base odierna anche del diritto di molti stati moderni. L’editto di Rotari fu la
prima raccolta di leggi longobarde ed ebbe il merito di coniugare le antiche tradizioni dei popoli
germanici con il diritto romano scritto e segnano anche un importante coscienza e consapevolezza
dell’essere civiltà. Dall’editto di Rotari emerge una società classista in cui tagliare il crine di un
cavallo altrui o rubare degli acini d’uva (corrispondente a una pena pecunaria di 6 soldi) costituisce
un reato maggiore di percuotere, uccidere o far abortire una schiava (pena di 3 soldi), tuttavia
riveste un’importanza fondamentale perché raccoglie tutte le tradizioni giurisdizionali orali
precedenti e le trasporta in forma scritta e inoltre ben ci fa comprendere l’evoluzione e il
multiculturalismo messo in atto dai regni romani-barbarici e dalla società longobarda in primis
condivisibili anche con gli italici sottomessi. L’Editto di Rotari andrà in seguito ad integrarsi con i
nuovi emendamenti di Liutprando nell’VIII secolo, ancora praticati e seguiti nella Bergamasca del
XIII secolo. Ricordiamo infine l’influsso linguistico conservato nell’odierna toponomastica: dalla
stessa etimologia di wald, bosco, derivano in Langobardia minor (ex-ducato di Spoleto) le città di
Gualdo (MC) , Gualdo Cattaneo (PG) e Gualdo Tadino e in Langobardia Minor Goito (Pavia) Godo
(Mantova) Gudo (Milano) . Il termine Fara, unità fondamentale dell’organizzazione sociale e
militare di longobardi, oggi riecheggia nel nome di alcuni paesi come Fara Filiorum Petrii (Chieti).
LA FIGURA FEMMINILE
“Se qualcuno per strada avrà contrastato il passo a una donna o a una fanciulla libera, o l’avrà
oltraggiata, paghi un’ammenda di novecento soldi, per metà al re e per metà al detentore del suo
mundio” (Editto di Rotari, XXVI)
Molto controverso è stato il dibattito critico sulla donna longobarda, sulla luce dell’interpretazione
anche degli stessi documenti: alcuni hanno voluto leggere nel capo XXVI sopra riportato una
condizione di inferiorità della donna, sottoposta al mundio, cioè alla tutela del padre o del marito.
D’altra parte, la pena pecuniaria di queste molestie era indicata in novecento soldi, una cifra
esorbitante, considerando il prezzo di uno schiavo in sette-dodici soldi. Inoltre la tradizione e la
storia longobarda ci presentano figure femminili notevoli ed emancipate, come le donne descritte
da Tacito in Germania 8: Paolo Diacono fa cenno nei capitoli 7-8 del liber I della sua Historia alla
figura di Gambara, madre dei condottieri Ibone e Aione che aveva imposto ai figli di non accettare
la sottomissione e il pagamento di un tributo ai Vandali e avrebbe poi permesso al suo popolo di
vincere la guerra con un astuto espediente . Notevole è anche la figura di Rosmunda, immortalata
anche in una tragedia di Alfieri, figlia di Cunimondo sovrano dei Gepidi ucciso in battaglia da
Alboino, suo futuro sposo, che la costringerà a bere nella coppa ricavata dal teschio del padre.
Rosmunda ucciderà poi il sovrano fuggendo con il funzionario Elmichi. Ma la figura fondamentale
a livello storico fu sicuramente la regina Teodolinda . Secondo il racconto di Diacono (Liber III, 35)
la regina era talmente rimasta nei cuori dei Longobardi alla morte del primo marito Autari al punto
di permetterle di scegliersi liberamente il nuovo marito, il duca di Torino Agilulfo. Si evince
conseguentemente la figura di una donna longobarda emancipata e moderna che condizionò la
storia del suo popolo e lo porterà a una progressiva soluzione anche in campo religioso
nell’ufficiale conversione al cattolicesimo nel 603.
LA RELIGIONE
La basilica di San Michele sul Gargano è il centro più importante del culto micaelico dell’occidente
latino e parte integrante della Rete Langobardorum : il santuario cominciò a gravitare in orbita
longobarda nel VII secolo quando Grimoaldo I duca di Benevento lo difese dall’attacco dei
bizantini: iniziò a crearsi un’importante legame con l’arcangelo dal punto di vista culturale perché
simile e in grado di sovrapporsi alla pagana divinità guerriera Wodan e di garantire con l’ascesa al
trono di Pavia, capitale della Langobardia, nel 662 di Grimoaldo, un elemento culturale di unione
fra la Longobardia Maior e la Minor, costituita dai ducati di Benevento e Spoleto. La conversione
al Cattolicesimo era avvenuta sotto la spinta di Teodolinda e Agilulfo: se la bavara discendente dai
Letingi era sospinta da un vero senso di religiosità, Agilulfo riuscì a riavvicinarsi alla linea del papa
Gregorio Magno scongiurandone un’alleanza con i Franchi: furono restituiti i beni vescovili
espropriati, avviati sforzi per ricomporre lo scisma tricapitolino che divideva il papato dal
patriarcato longobardo di Aquileia che si sarebbe risolto con Ariberto nel 698. Inoltre si incrementò
lo sviluppo del monachesimo: ricordiamo la fondazione di Bobbio ad opera di San Colombano e la
ricostruzione dell’abbazia di Montecassino . Il credo cattolico era già diffuso presso i longobardi
prima della loro discesa in Italia, quando si erano stanziati in Pannonia in accordo a un foedus
hospitalitatis con l’imperatore di Costantinopoli (lo sappiamo da una lettera del vescovo Nicezio di
Treviri a Clotsuinda prima moglie di Alboino) tuttavia restavano ancora accesi gli antichi culti
pagani mai sopiti (Liutprando nel 727 emanerà leggi contro l’idolatria di elementi naturali “piante
che i rustici chiamano sante o fontane adatte a compiere gli incantesimi” , la magia e la antiche
reminiscenze pagane) e alcuni missionari Goti avevano evangelizzato il popolo all’arianesimo, una
dottrina cristologica condannata al primo concilio di Nicea, a cui Alboino e altri sovrani germanici
scelsero di convertirsi come elemento di differenziazione dall’impero seguace della chiesa di Roma.
Di come la religione sia stata un elemento importante culturalmente e anche politicamente per i
longobardi ce ne accorgiamo nella lettura data dal membro dell’Accademia dei Lincei e ordinario di
Lettere e Filosofia Bruno Luiselli alla discesa in Italia : non solo secondo la tradizione e il racconto
del monaco friulano i Longobardi si sarebbero messi in marcia dalla Pannonia il giorno della
Pasqua di Risurrezione del 568, ma esso ci viene ripresentato e riproposto in riferimento alla
tradizione mosaica. Il parallelo di Alboino che sale su una vetta delle Alpi Giulie Friuliane
(Historia Langobardoru, II, 8-10) per contemplare l’Italia è in parallelo all’ascesa di Mosè sul
Monte Nebo per osservare la Palestina dopo le peregrinazioni nel deserto (Deuteronomio 34,1-4).
Una delle prime città ad essere assoggettate e futura capitale del ducato del Friuli fu Cividale,
anch’essa celebrata nella Rete Italia Langobardorum per il Tempietto, oggi Oratorio Santa Maria in
Valle, una delle più importante testimonianza dell’architettura longobarda e che viene a configurarsi
come un sincretismo di elementi di arte classica, carolingia e bizantina con l’arte tradizionale
longobarda. Si può fare riferimento ai panneggi delle veste riccamente decorate delle Sante del
fregio a livello superiore, che hanno un accentuato andamento rettilineo di stilemi bizantini.
CONCLUSIONE : La piattaforma culturale che vide il percorso formativo di unione tra il popolo
longobardo e quello romano non è dissimile nella manifestazione dell’attuale piattaforma culturale
europea dove temi come il multicuralismo e l’integrazioni di popoli sulla base di comune ideali e
radici sono di stringente attualità. Alcuni storici ed enti, come la Civitas friulana e la Longobardia di
Cividale sono arrivare a definire la “Regione Virtuale Europea “Longobardia” soffermandosi sullo
straordinario viaggio della popolazione nordica dei Winlii attravero l’Europa e il loro incontro con
multiformi culture, popoli, tradizioni fino al loro stanziarsi in Italia. Un vero percorso fra identità
nazionale e integrazione culturale che ancora oggi ha da insegnarci. Giustamente il patrimonio
longobardo in Italia ed Europa è degno di essere preservato e tutelato come patrimonio mondiale
dell’Umanità Unesco e vogliamo concludere proprio con questi versi a silloge tratti dal sito ufficiale
di Italia Langobardorum .
“I Longobardi hanno viaggiato,
partendo dalle acque dei mari scandinavi,
giungendo – lungo strade romane –
sino alle acque mediterranee dello Ionio,
incontrando popoli e genti,
assorbendone e trasmettendo usi e tradizioni,
unendo le esperienze germaniche e slave a quelle latine e cristiane,
fondendosi infine con i Franchi
e contribuendo in modo attivo a formare una nuova cultura,
a elaborare il primo concetto di “Europa”,
alla innovativa istituzione dell’Impero cristiano,
al definitivo consolidarsi
del potere religioso e temporale della Chiesa.
Realizzazioni che hanno segnato
i successivi mille anni di Storia”
FONTI E BIBLIOGRAFIA
-“Historia Langobardorum” di Paolo di Varnefrido detto Diacono.
- Intervento di Ettore Albertone, assessore alla Cultura e Identità della Regione Lombardia (20002005) in occasione dell’inaugurazione della mostra “Il futuro dei Longobardi” di Brescia, 2000.
-“Nuove formazioni politiche nel mondo mediterraneo medioevale”. Volume III, a cura di Ottorino
Bertolini
-“Percorso storico fra identità nazionale, integrazione culturale ed evoluzione socio-politica” di
Efrem Zambon