Direttrice A - formazione e orientamento Buone Prassi & ICT Sezione 1. Donne e ICT: le politiche europee metodologia Sezione 1. Donne e ICT: le politiche europee Il presente lavoro rappresenta un approfondimento tematico della ricerca "Grow Women in Technology" realizzata da Adele Pesce per EnAIP Emilia Romagna nell'ambito del progetto Grow, Rif. PA 0571/RER/00. Per la conduzione della presente ricerca si è proceduto a: § analizzare e studiare i materiali della ricerca Grow § definire i casi di maggiore interesse per innovatività e impatto delle attività realizzate § raccogliere, analizzare e tradurre una documentazione di approfondimento relativamente ai casi definiti § redazione del report di ricerca introduzione Nel presente report è contenuta - in fase introduttiva all'analisi dei casi di buone prassi europee - una sezione relativa al tema della relazione esistente tra le donne e la cultura tecnica. L’analisi delle politiche e degli interventi realizzati in Europa - nello specifico dei paesi di Spagna e Francia - al fine di facilitare l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro in un’ottica qualificante per quanto concerne i settori caratterizzati dalle nuove tecnologie informatiche e della comunicazione ha identificato le buone prassi che hanno sostenuto e promosso l’accesso delle donne a percorsi di studio e di formazione connessi all’ambito delle ICT - Information & Comunication Technology - e che nel contempo erano centrati sullo sviluppo dell’integrazione tra saperi umanistici da un lato e saperi tecnologici e scientifici dall’altro. La formazione e l’educazione rivestono un ruolo di indiscussa importanza nel processo di acquisizione di competenze e saperi necessari per lo svolgimento di quelle professioni, spesso fortemente innovative, che sono nate o si sono modificate a seguito del veloce sviluppo delle nuove tecnologie. Un ulteriore aspetto, centrale per l’identificazione di percorsi di studio efficaci ed efficienti, è la capacità di sviluppare nelle donne un atteggiamento positivo e aperto nei confronti delle nuove tecnologie, capace di superare le eventuali paure o diffidenze, barriere che ostacolano e talora impediscono l’accesso delle donne ai quei settori produttivi caratterizzati da una componente tecnologica e scientifica. 5 Le donne sono di meno, ma non da meno! il sesso del lavoro tecnologico Le donne, dunque, rappresentano ancora una minoranza in termini numerici nei percorsi di studio scientifici e tecnici e di conseguenza rivestono un ruolo inferiore quantitativamente e qualitativamente - anche nelle professioni di tipo tecnologico. Evitando di ricondurre la suddetta situazione a pregiudizi - comunque assai pericolosamente diffusi nelle nostre società - che identificano la causa in una sorta di naturale ostilità e non-predisposizione tutta femminile per la cultura tecnica, vorremmo sottolineare alcuni elementi centrali nell'analisi delle problematiche che si legano a questo tema. Il rischio che altrimenti si corre è quello di blamer les victimes (Cfr. Adele Pesce, Grow Women in Technology report di ricerca), come recitano alcune correnti di studio francese, ovvero di colpevolizzare le stesse vittime. Un atteggiamento che impedisce lo sviluppo di un reale dibattito sulla disuguaglianza di genere esistente all’interno delle organizzazioni e che non consente di individuare le responsabilità dirette o indirette dei diversi attori economici e sociali. Da tempo in Europa si studiano le cause della sottorappresentazione delle donne nei settori tecnologici; ecco alcuni elementi interessanti finora emersi e che abbiamo deciso di esporre sinteticamente per ricostruire un quadro complessivo delle principali tendenze della ricerca contemporanea sul tema. Analisi recenti riconducono la sottorappresentazione delle donne nelle professioni scientifiche alle dimensioni normative e etiche delle comunità professionali in generale e di quelle scientifiche in particolare, dove vige un modello rigidamente maschile; è lo stesso modello maschile a rendere difficoltoso l'inserimento culturale per le donne in questi settori. La divisione sociale e sessuale del lavoro, dunque, valorizza il genere maschile a scapito della componente femminile per le professioni di tipo tecnico e scientifico, ritenute di maggiore prestigio. Le donne, però, faticano ad entrare in questi settori del MdL non per una difficoltà di apprendimento dei saperi tecnico scientifici ma perché il mondo maschile delle professioni tecniche si mostra distante, pieno di pregiudizi e complessivamente ostile nei loro confronti. Le ricerche di tipo empirico condotte in Europa, infatti, mostrano come al successo scolastico, ottenuto dalle ragazze inserite in percorsi formativi tecnici, non corrispondano adeguate opportunità e riconoscimenti in campo lavorativo. Le posizioni professionali loro proposte raramente corrispondono ai livelli di qualificazione tecnica acquisiti. L'individuazione e la presa di coscienza della struttura attuale del mercato del lavoro sono fondamentali per la progettazione di soluzioni realmente efficaci. La disuguaglianza, riscontrata a livello professionale tra uomo e donna, e la debole diversificazione delle occupazioni femminili ad essa correlata, non possono essere risolte attraverso misure prettamente formative che forniscano alle ragazze le competenze "giuste" in presenza di una separazione tra i sessi nella sfera del lavoro che determina l'insorgere di fenomeni di discriminazione nei confronti delle donne. 6 ICT: approcci diversi la tecnologia è uomo - tecnologia nelle scuole delle ragazze Un altro fattore determinate si lega alla struttura dei percorsi educativi e formativi "femminili" - ovvero dove le donne sono per tradizione più presenti - che raramente danno spazio alla componente scientifica e tecnica. La stessa cosa avveniva ed avviene nei lavori tipicamente femminili dove gli aspetti e le mansioni di tipo tecnologico sono ancora oggi tendenzialmente poco riconosciuti e valorizzati. Da qui trae origine l'idea di una tecnologia declinata al maschile, sviluppatasi in relazione al fatto che essa veniva inserita prevalentemente nei percorsi orientati all'ambito industriale - solitamente seguiti dai ragazzi - e rafforzatosi in seguito al permanere di un'assenza di riconoscimento del carattere tecnico di molte occupazioni tradizionalmente femminili. Le occupazioni prevalenti delle donne, infatti, concentrandosi nel terziario, supportano bene lo stereotipo secondo cui i lavori al femminile non sono di tipo tecnico, a dispetto delle recenti evoluzioni tecnologiche che in maniera massiccia hanno investito il settore vedi ad esempio l'utilizzo dell'informatica. La tecnica e l’alta tecnologia, dunque, sono state a lungo identificate con l’industria e l'industria, va da sé, è per antonomasia maschile. Il passaggio logico vede, dunque, una diretta identificazione tra cultura tecnica e genere maschile. Il carattere maschile della tecnologia è, inoltre, strettamente legato all'idea che vede la tecnologia come una costruzione sociale in un determinato contesto tempo spaziale e così la differenza di attitudini delle donne e degli uomini verso la tecnologia, che risulta essere un fenomeno storicamente e socialmente costruito. Questa ipotesi può essere letta in una accezione positiva: se l'attuale caratterizzazione al maschile della dimensione tecnologica del mondo del lavoro è il frutto del percorso sociale e storico portato avanti fino adesso, allora non sussiste alcuna causa intrinseca che impedisca futuri cambiamenti verso una dimensione di maggiori pari opportunità. Le principali correnti di ricerca condotte a livello europeo non rilevano differenze di genere rispetto alle modalità di acquisizione di competenze informatiche e tecnologiche in genere: le ragazze non si mostrano più ansiose e preoccupate rispetto ai propri coetanei maschi nei processi formativi e lavorativi che implicano la gestione delle ICT. Ciò che, invece, fa la differenza sono le aree di applicazione - intese a livello professionale - in cui le tecnologie possono essere inserite. Le ragazze, a differenza dei ragazzi, dunque, sembrano essere più attratte da quelle professioni che gravitano attorno ai settori di cura e sostegno alle persone. Diversi sono anche i valori di riferimento; le donne si mostrano più attente ed aperte alla solidarietà, privilegiando gli aspetti sociali ed umani del contesto lavorativo mentre i ragazzi risultano più ancorati ad un modello professionale che ha il potere e la competizione i suoi principali parametri. 7 ICT: approcci diversi lo stile femminile Una ricerca effettuata in Francia sugli studenti del Politecnico mostra l’influenza di altre variabili. Le ragazze che frequentano le facoltà di ingegneria - la cui percentuale ha raggiunto il 22% ed è in costante aumento - appartengono a classi sociali elevate e provengono da famiglie che spesso hanno una tradizione di studi - prevalentemente al maschile - in settori scientifici e tecnici. La cosa interessante però sta nelle differenti modalità di utilizzo dei saperi tecnici acquisiti: le donne non puntano solo alla carriera, lasciano spazio all'affermazione della loro identità femminile in termini di vita privata e si orientano verso quei lavori che presentano una certa valenza e utilità sociale, umana o anche legata all'arte. Il percorso di apprendimento delle competenze tecnologiche per le donne si intreccia e si muove in parallelo con percorsi più ampi di vita familiare, relazionale e professionale. Lo stesso non avviene per i ragazzi. Secondo le ricerche promosse dalla SPES-DGT, l’ufficio studi della società delle telecomunicazioni francese, le ragazzine mostravano di non amare i videogiochi tanto quanto i maschi. Perché? In realtà non sembravano rifiutare la componente tecnologica del videogioco; quello che le allontanava erano alcuni tratti tipicamente maschili come la guerra, la violenza, la competitività e anche la dimensione solitaria di questa tipologia di gioco. Per verificare ulteriormente i dati emersi sono stati progettati e costruiti dei videogiochi diversi, che non prevedevano la caccia al mostro o la gara di Formula 1, ma che magari proponevano ad un gruppo di bambine, instaurando così una modalità collettiva di gioco, di far raggiungere l'ospedale ad una ragazza ferita gravemente. I risultati dell'esperimento sono stati positivi e in certo modo anticipano ciò che segue. Altre ricerche - sempre francesi - analizzando la componente femminile di una facoltà di ingegneria, hanno evidenziato come alcune tipologie di corsi di laurea fossero più frequentati dalle donne più di altri; il più "femminile" era risultato essere il corso di ingegneria ambientale. Dunque, come nel caso dei videogiochi, le donne non sembrano mostrare avversione verso le tecnologie in sé e sembrano interessarsi a contesti formativi - e conseguentemente lavorativi - scientifici e tecnici qualora si caratterizzino per una valenza di tipo sociale; non a caso ingegneria ambientale si presenta come un indirizzo di laurea più sociale di altri. Emerge, dunque, una sorta di stile femminile nella gestione delle nuove tecnologie, diverso da quello degli uomini, più attento al contesto e alle conseguenze sociale ed etiche dell'utilizzo delle applicazioni ICT. Nella ricerca condotta a livello regionale sulla relazione donne/ICT, realizzata nell'ambito del progetto Grow dalla sociologa Adele Pesce, sono stati intervistati alcuni testimoni significativi dell'Emilia Romagna - donne che ricoprono ruoli di responsabilità in settori professionali altamente tecnologici - cercando di ricostruire e definire le modalità specifiche con cui le donne esercitano la loro professione. Ed è ancora il lato sociale del lavoro ad avere la meglio. 8 lo stile femminile formazione tecnica? valorizzare Le donne, infatti, anche quando vengono da un percorso formativo di tipo strettamente scientifico, mantengono questo approccio femminile. Ecco ad esempio il caso di Francesca Guelfi, responsabile organizzativa di una impresa di servizi di e-business bolognese, la InterValueNet. Dopo una laurea in ingegneria elettronica e un'esperienza molto tecnica alla Andersen Consulting di Milano, sceglie di sviluppare la componente relazionale e sociale del suo lavoro e va ad occupare il ruolo di change manager. Valutare l'impatto delle nuove tecnologie sulle persone all'interno di tipi diversi di organizzazione e definire strumenti di formazione adeguati per far loro affrontare il cambiamento: questo il suo compito. Attualmente si occupa di elaborare strategie di organizzazione aziendale per le imprese finalizzate alla gestione dei cambiamenti legati all'adozione delle nuove tecnologie della ICT, come ad esempio l'e-business. Per accorciare la distanza esistente tra le donne e la tecnologia e dunque tra queste e le opportunità di sviluppo professionale che le ICT offrono, i vari governi europei negli ultimi vent'anni hanno puntato molto - per non dire tutto - sulle capacità risolutive di una formazione tecnicamente adeguata, ottenendo però scarsi risultati. Le donne, infatti, continuavano a preferire percorsi umanistici, snobbando gli sforzi che i loro paesi facevano per orientarle in una direzione alternativa. Per raggiungere una parità numerica tra maschi e femmine relativamente alla partecipazione professionale nei settori tecnologici, per non parlare di una parità in termini di valorizzazione professionale e di carriere, dunque, non bastava forzare le donne dentro contesti educativi e formativi strettamente tecnici e scientifici. I risultati di una ricerca - Chi ha paura delle nuove tecnologie? - condotta dall'Istitut Català de technologia di Barcellona centrata sull'analisi del rapporto donne-tecnologie individuano una buona prassi per una formazione efficace ed efficiente al femminile. Per avvicinare le donne adulte alle nuove tecnologie non è sufficiente progettare e realizzare dei corsi didatticamente attraenti nella prospettiva della differenza di genere; l'innovazione didattica prevede l'attivazione di percorsi di pre-formazione ad hoc, propedeutici alla parte strettamente tecnica e professionalizzante. In questa fase, attraverso esercitazioni, colloqui e giochi di ruolo, le donne riacquistano fiducia nelle loro capacità logico deduttive e nelle loro capacità di astrazione, capacità che sono ricollegate all’apprendimento delle tecnologie e che pregiudizi ancora resistenti portano a ritenere non propriamente femminili. Far emergere le proprie competenze, seguendo un processo di autonoma presa di coscienza delle stesse ed essere in grado di valorizzarle - anche a livello professionale oltre che individuale, è processo di fondamentale importanza per le donne. Spesso, infatti, la capacità tecnico-relazionali che le donne mostrano nei diversi contesti lavorativi, come ad esempio la capacità di mediare, gestire le situazioni conflittuali o l’attenzione e la disponibilità data al pubblico, non vengono riconosciute in quanto né in termini professionali né in termini salariali e vengono attribuite ad una sorta di pazienza e dei gentilezza innate, connaturate all'essere donna. 9 valorizzare una soluzione? le nuove professioni dell'ICT Il non riconoscimento delle competenze messe in atto dalle donne rende pertanto urgente, a monte e a valle di ogni riflessione sul rapporto tra donne e cultura tecnica, una analisi approfondita dei mestieri femminili avente come obiettivo prioritario la valutazione sistematica delle competenze anche tecnologiche che essi richiedono già, e di quelle che richiederanno sempre di più nel futuro, competenze che, fino ad oggi, non sono state prese in considerazione. Secondo le ricerche condotte dal Cnam il College National d’Art et Metier di Parigi, uno dei più importanti centri di formazione francesi collegato all’Inetop - l'Institut National d’Etudes du Travail et d’Orientation Professionnelle, alla tradizionale divisione del lavoro tra i due generi corrisponde una divisione tra percorsi formativi che si traduce in orientamenti scolastici e professionali diversi per i ragazzi e le ragazze. I cambiamenti nel mondo del lavoro per effetto anche delle nuove tecnologie hanno però ridotto le barriere tra lavori esclusivamente maschili e lavori esclusivamente femminili, aprendo uno spazio di possibilità allo sviluppo di percorsi di formazione e di lavori realmente misti. Una soluzione al gap donne-tecnologie viene, dunque, identificata nello sviluppo e nelle trasformazioni di tutta una gamma di professioni che presentano un duplice carattere. Si tratta di lavori tradizionali che sono stati fortemente innovati dall'ingresso e dalle recenti applicazioni tecnologiche oppure di lavori tecnologici legati ad esempio all'area della comunicazione o dell'arte o ancora al mondo del web. In tutti i casi queste nuove professioni hanno bisogno, per il loro corretto svolgimento, sia di competenze scientifiche e tecnologiche sia di saperi e competenze di tipo umanistico. Queste professioni tecnologiche, che si collocano alla confluenza di quelle che Charles P. Snow chiamava le "due culture", consentono l'espressione dei valori sociali relazionali e comunque umani che le donne mettono nella tecnologia. L'intreccio di saperi differenti, dunque, sembra sempre di più attraversare trasversalmente il mondo delle nuove tecnologie, aprendo in tal modo le porte – e di conseguenza le opportunità professionali che il settore comporta – alle ragazze, solitamente e tradizionalmente più legate a percorsi formativi di tipo umanistico e sociale e pertanto maggiormente escluse da contesti lavorativi strettamente tecnici. Se nel passato, infatti, le tecnologie – prevalentemente meccaniche ed elettroniche – reclamavano competenze altamente tecniche, ore le recenti trasformazioni ed evoluzioni della information end communication technology necessita, nelle sue diverse e molteplici applicazioni, dell’apporto di chi detiene qui saperi e competenze legate alla sfera umanistica, sociale e della comunicazione. Le possibilità di sviluppare contesti effettivi di pari opportunità offerte dalle nuove professioni della ICT sono avvalorate anche da tutta una serie di dati riguardanti il mercato del settore. Anche in Italia, come nel resto delle nazioni industrializzate, c'è una consistente richiesta da parte delle diverse imprese e strutture di figure con competenze di ICT; Assinform - l’Associazione nazionale produttori di tecnologie e servizi per l’informazione e la comunicazione - ha stimato nel 2001 per l’Italia una carenza di 112.000 persone competenti in ICT e questo numero sale a 216.000 per l'anno 2002. 10 l'architetta dell'ambiente urbano le pagine gialle La crisi occupazionale non era cosa nuova per l'albo degli architetti spagnoli, e il massiccio ingresso delle donne nella professione aveva messo in allarme gli architetti maschi. Di chi era la colpa? Delle donne, ancora una volta. Era necessario innovare e specializzare la professione, per aprire nuove porte professionali alle donne architetto. Anche il Consiglio Superiore degli architetti, grazie anche ad una presenza femminile non irrilevante al suo interno, rilevò la necessità di valorizzare il contributo che le donne portavano al settore. Grazie all’innesto di nuove competenze legate alle tecnologie ambientali nelle conoscenze architettoniche tradizionali, in Spagna, all’interno di una iniziativa di formazione rivolta ad una utenza femminile è nato un nuovo profilo professionale, quello di architetta/architetto dell’ambiente urbano che beneficia del riconoscimento europeo all’interno dello statuto della professione. Nel 1995, infatti, nell'ambito del programma comunitario Now - New Opportunities for Women - il Consiglio superiore degli architetti, in collaborazione con gli Institut de la Mujer di quattro città spagnole, Malaga, Sevilla, Murcia, Caceres, avvalendosi anche del partenariato trasnazionale con l’ordine degli architetti di Firenze, organizza un corso di formazione; il progetto mira ad offrire possibilità concrete di lavoro e un nuovo tipo di specializzazione a donne architette disoccupate e nel contempo vuole rispondere a un bisogno di pubblica utilità, la protezione dell’ambiente. Il nuovo profilo, oltre rappresentare un positivo intreccio tra competenze differenti, ha anche aperto nuovi sbocchi occupazionali anche in relazione alla forte domanda espressa dalle amministrazioni provinciali e/o regionali spagnole di figure nel campo dell’architettura che sappiano integrare nel loro lavoro i parametri architettonici con quelli ambientali. La commistione e lo scambio paritetico tra competenze appartenenti ad ambiti assolutamente diversi - tecnico da un lato e umanistico dall'altro - che caratterizzano tutta una nuova gamma di professioni ICT è il tema portante della guida "Le pagine gialle delle nuove professioni per le ragazze (e anche per i ragazzi)" che la sociologa Adele Pesce di Bologna ha realizzato per EnAIP Emilia Romagna nell'ambito del progetto GROW - Women in Technology (rif PA 0571/RER/00), un progetto centrato sui temi pari opportunità&tecnologie, ovvero come le ICT possono rappresentare uno strumento di emancipazione in termini professionali per le donne. Le pagine gialle sono consultabili - nella loro versione ridotta per internet sul sito del progetto Portico www.porticodonne.it - oppure possono essere richieste direttamente ad EnAIP ER – www.enaiper.it. Dunque, le Pagine Gialle si rivolge prima di tutto alle ragazze - ma anche ai ragazzi - e offre loro una dettagliata presentazione di quella gamma di nuove professioni modificatesi a seguito delle innovazioni delle ICT. Lo scopo del libro è quello di diffondere informazioni sulle nuove opportunità professionali sviluppatesi appunto in connessione con le evoluzioni delle ICT, sottolineando come esse possano essere usufruite anche - e soprattutto - dalle ragazze, forti delle loro competenze umanistiche. Nel contempo le Pagine gialle sono uno strumento didattico che si rivolge a chi insegnanti, operatrici / operatori della formazione professionale - ha il compito di orientare le giovani generazioni ad inserirsi meglio nei mondo del lavoro. 11 le buone prassi la metodologia Questa sezione è dedicata ad una ricognizione delle politiche istituzionali più significative realizzate in Francia e in Spagna al fine di promuovere l’accesso e la permanenza delle donne nei contesti formativi / educativi e lavorativi caratterizzati da componenti di tipo tecnico e tecnologico. Gli “indicatori” sulla base dei quali sono state scelte gli interventi si basavano sui seguenti aspetti: l’incontro tra donne e nuove tecnologie; l’attenzione nei percorsi formativi e scolastici alle diversità di approccio delle ragazze e dei ragazzi con la cultura tecnica; la rottura delle barriere tra percorsi maschili e percorsi femminili nella messa in atto di “buone pratiche” formative. I settori presi in considerazione sono quelli della formazione / educazione, dell’orientamento e dell’inserimento lavorativo e dentro a questi specifici contesti di azione siamo andate a cercare le esperienze significative che in diversa maniera si sono poste l’obiettivo di avvicinare le donne alle nuove tecnologie. Come? Facilitando il loro avvicinarsi a percorsi di studio di tipo tecnico / scientifico che naturalmente e più facilmente consentono poi di fare un lavoro “tecnologico” oppure sostenendo quel prezioso intreccio di saperi umanistici e competenze tecniche nei diversi contesti educativi e formativi. I macro obiettivi degli interventi analizzati, dunque, si sono legati allo sviluppo di una nuova cultura e prassi tecnologica, al fine di rendere i contesti tecnici più per così dire appetibili e attraenti anche per un’utenza al femminile. Elementi importanti per la gestione di un tale processo di cambiamento sono stati sia l’attenzione data nei percorsi formativi e scolastici alle diversità di genere nell’approccio alla tecnologie e il superamento delle barriere spesso esistenti tra percorsi maschili e percorsi femminili. L’analisi di alcuni casi di buone prassi scelte e presentate in questa ricerca si basa sui risultati di una predente ricerca – “Women in Technology – una ricognizione europea sul rapporto tra donne e cultura tecnica e sull’integrazione tra percorsi maschili e percorsi femminili” realizzata dalla sociologa Adele Pesce nell’ambito del progetto Grow – Women in Technology – Grow through the net (Rif. PA 0571/RER/00), progetto realizzato e gestito da EnAIP Emilia Romagna e finanziato dalla Regione Emilia Romagna nell’ambito dell’Obiettivo 3 – Asse E. Il presente lavoro ha voluto selezionare quelle esperienze che sono state ritenute maggiormente innovative in termini di innovatività e mainstreaming nonché di risultati raggiunti per poi procedere alla raccolta, analisi e presentazione di ulteriori materiali di approfondimento. I materiali raccolti sono presentati come allegato del presente lavoro di ricerca, nella loro lingua originale. 12