Page 1 of 9 Vangelo di Matteo Le testimonianze della Tradizione Le testimonianze della Tradizione sono essenzialmente tre. • Papia, vescovo di Gerapoli (125-130 d.C. ca.), che è riportata da Eusebio il quale l’ha desunta dall’opera in cinque libri “Esegesi dei detti del Signore”: “Matteo dunque ordinò i detti in lingua ebraica e ciascuno interpretò come n’era capace”. o Si attribuisce il vangelo a Matteo, l’apostolo. o Egli ordinò i detti (ta logia). Composizione ordinata con una struttura precisa. È un vero e proprio racconto di fatti e di detti di Gesù. o In lingua ebraica, vale a dire aramaica, la lingua popolare del tempo, dal momento che l’ebraico era lingua liturgica, sconosciuta ai molti. • Ireneo (180 d.C. ca.). Terzo libro dello “Adversos hæreses”. o L’autore è Matteo. o I destinatari sono gli Ebrei. o La lingua è l’aramaico. o Scritto quando Pietro e Paolo predicavano a Roma, in pratica nel 64-67 d.C.. • Origene (prima metà del III sec.): “Così ho ricevuto dalla tradizione che soli sono ammessi dalla Chiesa: per primo fu scritto da Matteo, pubblicano e poi discepolo di Cristo, in lingua ebraica per i credenti che venivano dal giudaismo”. o L’autore è Matteo. o La lingua è l’ebraico. o I destinatari sono i convertiti dall’ebraismo. Possiamo così riassumere i seguenti dati: 1. L’autore è Matteo, già pubblicano e poi discepolo di Cristo. 2. Fu scritto per primo. Page 2 of 9 3. 4. 5. 6. Fu scritto prima del 70, tra il 64 e il 67 d.C.. Fu scritto in lingua aramaica. Fu scritto per gli ebrei e tra gli ebrei. Fu scritto in modo ordinato, si presenta quindi in modo unitario e ben costruito. Mt 9,9: vocazione di Levi - Matteo, che da pubblicano divenne discepolo. Mt 10,2-4: tra gli Apostoli c’è anche Matteo il pubblicano. Egli, quindi, era in grado di scrivere un’opera che avrebbe racchiuso opere e parole di Gesù. Nel vangelo non ci sono dati che confermino che Matteo sia l’autore ma la tradizione è molto antica, quindi è molto probabile che sia attendibile. Ci sono grosse difficoltà per il secondo, il terzo e il quarto dato. Il vangelo di Matteo è uno scritto per i credenti provenienti dal giudaismo ed è un testo ben ordinato. Se noi leggiamo il testo che possediamo, non è possibile sostenere che il vangelo di Matteo è stato scritto per primo, in ebraico e nel 64-67 d.C.. Il testo greco, infatti, non rivela una traduzione semitica, perché è molto scorrevole, senza aramaismi. C’è una dipendenza letteraria e contenutistica dal testo di Marco. Il 95% del materiale di Marco si trova in Matteo. La trama è la stessa. Matteo ricerca sempre chiarezza nell’esposizione: intervento sul testo di Marco per levigarlo, ingentilirlo. Matteo ha uno stile molto solenne. Marco però non è l’unica fonte per Matteo. C’è del materiale in comune a Matteo e a Luca ma non a Marco (Fonte Q) e materiale che è proprio a Matteo. Questa stretta dipendenza mette in dubbio il fatto che Matteo sia stato scritto per primo. È uno scritto d’innegabile maturità teologica e letteraria. Questo induce a non metterlo per primo nella storia dell’evoluzione letteraria, all’inizio di una tradizione. L’ipotesi più logica sembra essere che esisteva un testo di Matteo in aramaico, il quale verosimilmente fu scritto molto presto da Matteo il pubblicano. Questo testo non è quello che conosciamo. Page 3 of 9 Problema della questione sinottica: il testo aramaico di Matteo è contemporaneo o forse è precedente a Marco. Dipendenza tra Marco e Matteo aramaico, tenendo conto però gli ambienti che erano differenti. In questo senso l’attribuzione a Matteo è ammissibile. L’attuale vangelo è un’opera più tardiva, scritta in greco. Forse questo secondo testo è un ampliamento e un arricchimento di quello precedente. In ogni caso, tra Matteo aramaico e Matteo greco, si deve collocare la mediazione del vangelo di Marco. Chi è dunque l’autore del primo vangelo così come noi lo possediamo? Dalla critica interna non giunge alcun dato specifico. La sua personalità s’intravede nell’attività redazionale: mondo giudaico, anch’egli è un ebreo anche se non giudaizzante, interessato alla missione universale del Cristianesimo e in gran contatto con l’attività della Chiesa. Ormai la missione di salvezza deve raggiungere tutta l’umanità. Forse possediamo il suo ritratto discreto in Mt 13,52. Probabilmente è uno scriba sapiente divenuto discepolo del Regno. È in grado di conoscere tutta la continuità tra la tradizione dell’Antico Testamento e la novità portata da Gesù. Luogo di composizione. Il dato tradizionale dell’origine palestinese è confermato. Forse l’origine è Antiochia di Siria, alla cui provincia era annessa la Palestina. Antiochia era il punto d’incontro tra il giudeocristianesimo e il mondo pagano. Questo è conforme al carattere ebreo ma aperto all’universalismo proprio del vangelo di Matteo. In Mt 4,24 si nomina la diffusione della fama di Gesù in Siria, notizia che invece manca in Marco. È un dato singolare. La conferma esterna viene da una certa parentela con gli scritti cristiani provenienti da quella regione. La data di composizione è Page 4 of 9 posteriore di uno o due decenni al 70 d.C.. Quindi il vangelo sarebbe datato verosimilmente tra l’80 e il 90 d.C.. Il primo vangelo detto di Matteo, così come noi lo conosciamo, è stato scritto in greco da un giudeocristiano, probabilmente in Siria e forse ad Antiochia. I destinatari sono forse le comunità della Siria. Siamo dopo il disastro della guerra giudaica con l’inizio della diaspora. Il cristianesimo dopo 50 anni di vita si è staccato dall’ebraismo e si è aperto al mondo. È il tempo degli ultimi scritti dell’epoca apostolica e dei primi di quella postapostolica. Chiesa postgiudaica della Siria e della Palestina. Il vangelo affronta il problema spinoso della validità dell’Antico Testamento con tutte le sue istituzioni, dopo che ormai il vero Israele è la Chiesa. Rapporto tra la legge antica e quella nuova. Apertura al mondo pagano, in cui le comunità cristiane si trovavano immerse, e questo grazie anche alla diaspora. Affrontare in modo corretto, facendosi carico della missione, il mondo pagano. Matteo propone il messaggio evangelico in maniera rinnovata con un’attenzione tipicamente ecclesiale. Verifica della vita della Chiesa in un’epoca nuova. Esiste un carattere giudaico ed ordinato che è confermato dallo scritto stesso. Il vangelo di Matteo ha visto la luce in un ambiente siropalestinese, destinato a lettori d’origine giudaica. Il linguaggio. Ci sono espressioni e termini che il redattore non ritiene di spiegare. Alcune espressioni sono tipicamente giudaiche (ad esempio “Regno dei Cieli” e non “Regno di Dio”, Gerusalemme è chiamata “Città santa”, cfr. Mt 16,17-19; Mt 5,22). Solo in tre casi Matteo fornisce la traduzione: 1,23; 27,33; 27,46. Anche gli usi e i costumi giudaici sono ricordati più volte, in modo da ritenere che siano noti al lettore. La preoccupazione teologica è anch’essa un elemento a carattere Page 5 of 9 giudaico. Ambiente religioso impregnato di fede e cultura giudaica. Richiamo frequente al compimento delle profezie dell’Antico Testamento. Insistenza sul rispetto della legge (cfr. 5,17-19; 12,5). C’è un’attenzione alla missione di Gesù che nella prima fase è riservata al solo Israele (cfr. 10,5; 15,24). Matteo ricorre ad espressioni ricorrenti nel giudaismo per esprimere la nuova realtà del cristianesimo (cfr. 8,11-12). Queste sono espressioni a contenuto teologico, messianico, che rivelano una tinta marcatamente giudaica. L’aspetto ordinato dell’opera. La mente dell’autore del vangelo di Matteo, è una mente ordinatrice: ci sono cinque grandi raccolte di detti o insegnamenti in entità letterarie diverse ed articolate. Mt 5-7: discorso della montagna. Mt 10: discorso apostolico. Mt 13,1-52: discorso in parabole. Mt 18: discorso ecclesiale. Mt 24-25: discorso escatologico (sulle realtà ultime). Attenzione concessa all’insegnamento di Gesù. In Matteo l’azione è un po’ in secondo piano. Questo in marcato contrasto con Marco. È più forte la sottolineatura etica ed ecclesiale. Preferendo l’insegnamento, Matteo dà una tonalità etica ed ecclesiale al suo vangelo. È un vangelo per la catechesi, con una forte attenzione all’agire del cristiano e alla vita della comunità cristiana. Accorgimenti letterari stilistici di Matteo che avvallano l’idea di una mente ordinatrice: uso di parole richiamo, dell’inclusione, di formule fisse (circa quindici), del parallelismo. Serena ricerca della chiarezza nell’esposizione: frasi meno ampie e più ordinate. Le pericopi sono più brevi, molti particolari sono abbandonati. Stile Page 6 of 9 solenne nel presentare la figura di Gesù. La struttura. Non si riesce ad avere un quadro chiaro della struttura di Matteo. Problema della corretta collocazione dei cinque discorsi nella struttura del vangelo. • • • • • • • • • • • • 1-2: vangelo dell’infanzia. 3-4: il Battista e il Messia. 5-7: discorso della montagna. 6-9: opere del Messia (raccolta di dieci miracoli). 10: discorso apostolico o missionario. 11-12: dibattito sul Messia. 13,1-52: discorso in parabole. 13,53-17,27: il Messia, Figlio del Dio vivente. 18: discorso ecclesiale. 19-23: confronto tra il Messia e Israele. 24-25:discorso escatologico. 26-28: passione, morte e resurrezione. C’è un nucleo essenziale, un punto cardine della teologia matteana? Felice combinazione di un messaggio critico d’insegnamento con la preoccupazione pratica e pastorale. Gli autori hanno posto l’accento di volta in volta su uno o l’altro degli aspetti. Preoccupazione teologica su Gesù Cristo, svolta nella storia della salvezza che segna il passaggio da Israele alla Chiesa. Considerare lo scritto come un catechismo con orientamento etico ed ecclesiale. Bisogna mantenere uniti questi due dati, senza scinderli fra loro. Il punto focale è Gesù Cristo che rende presente e attivo fra gli uomini, il Regno di Dio, realizzando il progetto salvifico di Dio, cui è connesso l’impegno di una vita nuova da realizzare in una rete di relazioni comunitarie. La Cristologia di Matteo Page 7 of 9 La Cristologia sta alla base dell’ecclesiologia di Matteo e della sua proposta etica e pastorale. • La persona di Cristo Gesù. In Mt 1,1 si afferma che è il Cristo, figlio di Davide, figlio d’Abramo. Il titolo “figlio di Davide” e “figlio di Abramo” spiegano come Matteo intende il titolo Messia: in Gesù si realizzano tutti i contenuti della figura del Messia nella duplice linea del polo di Israele (Davide) e di tutte le genti (Abramo: cfr. Gn 12). • • Col titolo “Figlio di Davide” era denominato il Messia stesso. Va messo in relazione con tutto il cap. 1, la genealogia e l’annuncio a Giuseppe. Il titolo “figlio di Abramo” va ricollegato con l’universalità (cfr. Mt 2,1-12). “Figlio di Dio”. Secondo Matteo la realtà di figliolanza divina di Gesù non è da scoprire, ma è un dato già acquisito dalla Chiesa che è retroproiettato negli episodi prepasquali. Mt 14,33; 16,16: da intendere alla luce della fede ecclesiale. • Insistenza sulla divinità di Gesù in 1,23; 2,15. (Cfr. Os 11,1). Gesù è presentato ancora come “maestro”. Egli fa conoscere la volontà di Dio e tale volontà è legge per il discepolo. Insegnamento che va messo in pratica e non solo ascoltato. Questo insegnamento è più grande della Torah (Cfr. 5,20). Esso dischiude la parte della vita agli uomini. Quest’insegnamento svela quale è il frutto dell’irrompere nella storia del regno di Dio. È perché in Cristo Gesù si è disvelato il Regno che l’uomo può vivere secondo quella giustizia che Gesù ha rivelato (cfr. 4,17.23). • Il Regno dei Cieli. Non di Dio per riverenza e rispetto al nome impronunziabile. Realizzazione della sovranità di Dio su Israele e tramite Israele su tutto il mondo. Questo era il contenuto dell’attesa messianica, che si realizzava in maniera inedita. Tematica molto frequente (51 volte). È il tema di fondo di tutti e cinque i discorsi, è alla base del Vangelo. Esso è visto sotto il duplice profilo della realtà futura (del Padre) e realtà presente (del Figlio dell’Uomo). Cfr. Mt 13,43; 25,34; 26,25; Page 8 of 9 13,41; 12,28. Nel cap. 13, in particolare, questa tematica è presente attraverso le parabole. Nella crescita esistono entrambi gli aspetti. Realtà che inizialmente è quasi impercettibile, ma che poi si sviluppa fino ad arrivare ad una grande efflorescenza finale. Dialettica tra presente e futuro. • L’attività di Gesù è una germinale e dinamica presenza del Regno, che continua nella vita della Chiesa e che giungerà a realizzarsi nel ritorno glorioso del Figlio dell’Uomo. La realtà presente del Regno continua nella storia grazie all’opera della Chiesa. In Matteo ricorre il termine ekklhsia : cfr. 16,18. Nella Chiesa il Regno è rappresentato e intrapreso (cfr. LG 1,1). La Chiesa enuncia e presenta il Regno, rimanda a lui e lo rende presente. Impegno etico dei discepoli che sono chiamati fratelli. La Chiesa vive in questa tensione tra presente e futuro del Regno: tende all’escatologia in quanto realtà storica. • La nuova legge o la giustizia superiore. Rapporti tra Gesù e la legge. Egli non abolisce la legge, ma la rende più palesemente rivelazione della volontà di Dio, dandone la vera interpretazione essendo da Dio. Gesù rivela, senza rinnegarla, la legge nella sua genuina e radicale completezza. Questo avviene su due versanti, con due attenzioni : • Contro gli antinomisti: ribadire la validità della legge nel Regno di Dio. Esigenze intrinseche al Regno che implicano una condotta intransigente. Cfr. Mt 7,15-21; 7,29; 7,2426; 21,43; 25,31-46. Qui probabilmente c’è uno sfondo ecclesiale, contro un Cristianesimo carismatico che toglie valore all’impegno etico. • Contro l’ipocrisia e il fariseismo. Si mette in guardia di fronte a un modo errato di compiere la legge. Insistere sul senso profondo della legge che è ripresa dal Regno. Cfr. Mt 6,1-18: rimprovero di fronte a quelli che compiono le opere della legge in modo ipocrita. Cfr. Mt 23: i sette guai contro l’ipocrisia, contro l’atteggiamento farisaico. Cfr. Mt 12,1-14 (il sabato); 15,1-20 (la purità legale). L’affermazione principale riguarda il principio ermeneutico della legge stessa. Qual è dunque il Page 9 of 9 rapporto tra Gesù e la legge? Il principio ermeneutico base è quello che è espresso in 5,20 e in 6,33. Matteo mette in rapporto Regno e giustizia, che è superiore a quella degli scribi e dei farisei, perché siamo in una fase nuova della storia della salvezza con il Regno definitivamente inaugurato da Gesù. Il superamento della legge non è nell’abolizione, ma nel perfezionamento (Cfr. Mt 22,34-40). Il compimento è nella perfezione dell’amore verso Dio e verso il prossimo. Misura nuova resa possibile dalla situazione nuova in cui ci si trova: il Regno che è inaugurato. • Il vero Israele. L’Israele storico è una faccia del vero Israele, che appartiene sia all’Antico Testamento sia al Nuovo Testamento. Non è più l’Israele secondo la carne. Nella nuova alleanza è la comunità dei discepoli di Gesù, cui si fa parte mediante la fede. Opposizione con l’Israele storico che non ha credenza in Dio e che non crede in Gesù. Cfr. W. Thrilling, Das wahre Israel, 1958. Cfr. Mt 27,3-10: campo del sangue. Catastrofe del falso Israele che rifiuta il Messia. Cfr. Mt 27, 24-25: il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli. Pilato che si lava le mani. Cfr. Mt 28,15: il popolo di Israele è chiamato: “I Giudei”. Cfr. Mt 21: parabola dei vignaioli omicidi (specie i vv. 41.43). Trasferimento della vigna da dei vignaioli ad altri. Lo stesso avviene con il regno. Un popolo subentra ad un altro portando nuovi frutti. Cfr. Mt 23,34-37: uccisione dei profeti come presagio della morte di Gesù. Cfr. Mt 22,7: distruzione di Gerusalemme.