ERNESTO FREGUGLIA, PITTORE QUASI UMBERTIDESE
di Amedeo Massetti
Il grande quadro a olio con i buoi, che spicca sulla parete dell’ufficio del sindaco, fu dipinto nel
1875 da Ernesto Freguglia. Noto pittore a quel tempo, ma sconosciuto oggi ad Umbertide.
Eppure Freguglia nella nostra città ci visse venticinque anni, trasferendovisi da Roma nel 1874.
Abitò prima in via Cibo, poi in via Petrogalli che allora costeggiava il borgo di San Giovanni ed
infine in via Cavour, al numero 64, dove morì settantaquattrenne l’ultimo giorno del 1899. È
sepolto nel nostro cimitero.
Il bravo artista era nato a Sabbionello di Copparo, nel comune di Ferrara, il 20 dicembre del 1825.
Allievo del pittore ferrarese Guseppe Tamarozzi, aveva studiato alla scuola di disegno e figura
nell’ateneo della sua città. Era stato quindi a Firenze dove lo troviamo nel 1853 tra i vari copisti
degli Uffizi (qui riprodusse un “paesaggio di Jean Baptiste Fierce de Roven”). Si trasferì poi a
Roma, nel 1856, entrando nello studio del pittore e restauratore Alessandro Mantovani, anche lui di
Ferrara (alcuni suoi pregevoli lavori sono nel Palazzo del Quirinale). Negli anni ’60 dell’Ottocento
Freguglia è ancora attivo a Roma dove partecipa all’integrale rifacimento delle decorazioni, tra il
1863 ed il 1867, della chiesa di Santa Lucia del Gonfalone in via dei Banchi Vecchi, insieme a
Salvatore Rotani, sotto la direzione del noto pittore romano Cesare Mariani. Tra il 1870 e il 1876,
collaborò con Alessandro Mantovani nella decorazione della Nuova Loggia Pia in Vaticano, dando
“prova di non comune perizia nel seguire le concezioni raffaellesche”. Nel 1876 offrì in dono un
suo quadro al comune di Ferrara. Espose in questa città nel 1875, nel 1877 e nel 1899. Un paio dei
suoi suggestivi paesaggi di gusto romantico, in sintonia con i canoni della scuola vedutistica
romana, sono nella collezione Scutellari della città estense.
Freguglia è un pittore di un buon livello e le sue opere denotano profonde conoscenze tecniche e un
gusto raffinato che va ben oltre le rappresentazioni di maniera di autori dello suo periodo. Risente
della contemporaneità con il movimento dei macchiaioli anche se, pur indugiando in freschi giochi
di luci e colori, non trascura di usare pennellate precise, creando rappresentazioni quasi
fotografiche.
Il quadro alla parete dell’ufficio del sindaco, cui abbiamo accennato, “Il mercato del bestiame a
Fratta”, oltre ad offrirci uno straordinario documento di vita ottocentesca - l’animato giorno del
mercato - fornisce particolari architettonici dell’antica città oggi scomparsi o trasformati. Sono
diverse infatti le vedute del ponte sulla Reggia e dello spiazzo antistante la Rocca non ancora
livellato con terreno di riporto (un parziale ripristino delle condizioni originarie è stato operato con i
recenti lavori del Parco della Reggia e Piazza del Mercato). Come pure non esiste più l’albergo
posta Guardabassi (a destra della Collegiata) demolito per allargare la strada d’ingresso alla Piazza.
Ed ha infine una diversa struttura il palazzo Mavarelli oggi innalzato anche nell’ala verso il centro
del paese. Ha un grande valore documentale anche l’altro dipinto che conosciamo, appartenente alla
collezione Scagnetti, in cui Ernesto Freguglia raffigura un diverso scorcio di Umbertide. La tela, del
1874, ha il consueto tratto delicato e la ricchezza di particolari propri del pittore e rappresenta lo
scorcio dal lato ovest del castello di Fratta. Al centro del dipinto, sullo spigolo delle mura, si nota il
basamento della torre di difesa crollata nella piena del Tevere del 1610. Sulla parte sinistra si
vedono alcuni particolari architettonici oggi scomparsi. In basso a destra si scorge il canale
artificiale che portava l’acqua della Carpina, dopo essere passata per il Mulinello e la Fornace, ad
azionare il “Mulinaccio” (da poco spazzato via dalla piena) sotto le mura. La zona ha ancora questo
nome. Sono infine rappresentate lavandaie, pescatori e persone al bagno in un’acqua limpidissima.
Ernesto Freguglia, pittore emiliano divenuto umbertidese, amò la nostra città e la scelse per viverci
un quarto di secolo, fino alla morte. Dagli attenti scorci in cui la raffigura, dalla cura che pone ai
più tipici dettagli, traspare un rapporto di calda familiarità.
La piazza del Mercato
Il Tevere presso il Mulinaccio