SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015 RELAZIONE DEL PRESIDENTE LUCIANA SAVAGNONE PALERMO, PALAZZO STERI, 28 FEBBRAIO 2015 CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015 RELAZIONE DEL PRESIDENTE LUCIANA SAVAGNONE UDIENZA DEL 28 FEBBRAIO 2015 PALERMO PALAZZO STERI - SALA MAGNA Saluti In apertura di questa cerimonia desidero porgere un deferente ossequio al nostro Presidente della Repubblica, primo Presidente siciliano, Sergio Mattarella, certa che il prossimo settennio troverà in Lui un garante dei principi costituzionali sui quali si fonda il nostro paese. Saluto calorosamente gli intervenuti, autorità religiose, politiche, militari, amministrative, accademiche, rappresentanti delle diverse magistrature, delle Istituzioni, rappresentanti del foro, il Procuratore Generale della Corte dei conti, i rappresentanti del Consiglio di presidenza e dell'Associazione magistrati e tutti coloro che hanno voluto partecipare a questa cerimonia di Inaugurazione dell'anno giudiziario 2015, ringraziandoli per la qualificata e numerosa presenza. Un particolare saluto voglio indirizzare al Presidente Guido Carlino, che ha diretto più che egregiamente, fino al dicembre scorso, questa Procura regionale e che ora ha assunto il prestigioso incarico di Presidente della Sezione giurisdizionale di Venezia. Gli rivolgo i migliori auguri e lo ringrazio per l’equilibrio e la dedizione con cui ha sempre svolto il suo lavoro. Anche quest’anno usufruiamo dell’ospitalità offertaci in questa prestigiosa e splendida sala dal Magnifico Rettore dell’università di Palermo, prof. Roberto Lagalla, e di ciò gli siamo particolarmente grati. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 5 Premessa Nell’anno 2014 questa Sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha pronunciato condanne per il risarcimento del danno erariale provocato da amministratori, pubblici dipendenti, percettori di contributi pubblici, per un importo complessivo di oltre 39 milioni di euro. Sono state emesse anche parecchie sentenze di assoluzione, conseguenti alla ritenuta mancanza da parte del collegio giudicante, degli elementi fondanti la responsabilità amministrativa, e, spesso, pur in presenza di un accertato pregiudizio economico, nonostante il lavoro infaticabile reso dai colleghi della Procura regionale, non si è riusciti ad addebitare a nessun responsabile le conseguenze dannose subite dall’erario. Le difficoltà oggettive nell’individuazione degli autori di un danno erariale, dovute alla farraginosità delle procedure di spesa ed alla estrema parcellizzazione dei compiti a ciascuno affidati, si aggiungono agli ostacoli, ben noti, posti dalle disposizioni legislative in materia, che non facilitano certo il compito dei giudici contabili. Si pensi, ad esempio, alle disposizioni in materia di riparto di giurisdizione, che impediscono a questo giudice di conoscere dei danni causati da amministratori di società partecipate, alle ipotesi di nullità dell’azione previste dal D.L. n. 78/2009, convertito nella legge n. 102/2009, alla sottrazione della conoscibilità del danno all’immagine, se non in ipotesi delittuose specifiche ed espressamente individuate, ed alle norme sulla prescrizione, principalmente a quelle relative alla sua decorrenza ed al regime giuridico degli atti interruttivi. Ostacoli all’esercizio tempestivo delle azioni risarcitorie in difesa delle pubbliche risorse da parte della Corte dei conti sono frapposti dalla stessa amministrazione, che sembra non accorgersi di chi, agendo al suo interno, sperpera, sottrae denaro, spende male. C’è da chiedersi come sia possibile che impiegati infedeli possano, per lunghissimi periodi di tempo, depredare pubbliche risorse senza essere mai smascherati, come è accaduto, ad esempio, (ma vi sono stati decine di giudizi analoghi), per un direttore dei servizi amministrativi di un Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 7 istituto professionale che si è appropriato di oltre 700.000 euro, senza che la mancanza di provvista di denaro fosse stata mai avvertita all’interno della scuola; ovvero nel caso di un medico che per anni, circa sei, ha fatto acquistare all’azienda sanitaria presso cui prestava servizio prodotti e merci, di cui si appropriava per rivenderli, non una ma più volte, alla stessa azienda sanitaria a mezzo di una ditta compiacente. E’ evidente, allora, che, per una sana politica di gestione, la prima attività da svolgere all’interno della pubblica amministrazione deve essere di prevenzione, attraverso una semplificazione delle procedure, e, successivamente, di attento controllo e monitoraggio dei meccanismi di spesa, da esercitare da parte degli organi posti al vertice, che dovrebbero, in ogni momento, avere consapevolezza di come, perché e quanto si spende. Le medesime considerazioni valgono anche con riferimento alle azioni di contrasto al fenomeno della corruzione, spesso agevolata dall’eccessiva burocratizzazione dell’attività amministrativa, nemica della trasparenza, che impone troppi passaggi procedimentali ed impedisce l’immediatezza di percezione dell’uso delle risorse economiche. Dal nostro osservatorio, che certamente è un osservatorio privilegiato passando sotto i nostri occhi gli atti di intere procedure di spesa ed in genere di utilizzo del denaro pubblico, ci accorgiamo, inoltre, che molte delle condotte tenute da pubblici amministratori e dipendenti, anche se produttive di danno per le pubbliche risorse, non arrivano a questo giudice né potranno mai essere sottoposte alla sua valutazione. Il perseguimento dell’efficienza e dell’economicità dell’azione amministrativa è, infatti, come è noto, demandato al sindacato giurisdizionale della Corte dei conti solo nella sua fase “patologica” quando, con dolo o colpa grave, un soggetto legato da un rapporto di servizio con l’amministrazione arrechi all’erario un danno quantificabile in denaro, mentre la fase della spesa che potremmo chiamare “fisiologica” sfugge all’esame di questo giudice. Non c’è bisogno di sottolineare, in proposito, che la più alta espressione di uno stato democratico è il principio, peraltro costituzionalmente garantito, in base al quale gli amministratori devono potere essere liberi di scegliere gli obiettivi da Pag. 8 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 raggiungere come di svolgere le proprie funzioni con la discrezionalità che il perseguimento di tali obiettivi impone, tuttavia, sempre più spesso, i risultati delle scelte effettuate non sono felici. Per questo motivo l’attività sanzionata dal giudice contabile non rappresenta che una piccola parte del complessivo depauperamento delle risorse economiche del Paese, costituito, quale immediata conseguenza del mancato raggiungimento di scopi prefissati, da sprechi e da inutile spendita di denaro, così come dalla mancata acquisizione di possibili ulteriori risorse. Tutto ciò che impoverisce le casse dell’erario è da qualificare danno erariale, ma se causato da scelte politiche improvvide e non soddisfacenti, indirizzate al perseguimento di scopi diversi dal bene pubblico, ovvero da improvvisi cambi di obiettivi da perseguire, conseguenti a loro volta alla repentina sostituzione dei vertici dell’amministrazione, di esso è molto difficile che gli amministratori pubblici ne possano rispondere in sede giudiziaria, mentre ne devono rendere conto al cittadino, siciliano, palermitano, o di qualunque altra regione e città, assumendosi la responsabilità politica di una errata conduzione della c.d. “cosa pubblica”. Leggendo sulla stampa la notizia del crollo del famigerato viadotto della strada Palermo-Agrigento, indipendentemente dal merito della vicenda e dall’auspicabile accertamento delle responsabilità sull’accaduto, le sole parole “inaugurato a Natale e crollato a Capodanno” hanno compendiato e rappresentato, purtroppo, l’immagine oggi della Sicilia. La Sicilia dei proclami, dei trionfalismi, delle iniziative, contrapposta alla Sicilia dell’improvvisazione, della mancanza di professionalità, della incapacità di una progettualità portata a termine con successo. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 9 Le sentenze della Corte Costituzionale Nell’anno 2014 la Corte Costituzionale ha emesso due sentenze in materia pensionistica la n. 208 del 16 luglio 2014 e la n. 227 del 26 settembre 2014. La prima di esse è stata pronunciata risolvendo una questione di legittimità costituzionale sollevata dalla terza sezione centrale d'appello della Corte dei conti, che dubitava della costituzionalità dell’art. 204 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), in riferimento agli artt. 3, 36, primo comma, 38, secondo comma, e 97 della Costituzione, nella parte in cui non consente la revoca o la modifica del provvedimento definitivo di liquidazione del trattamento pensionistico anche nel caso di errore di diritto. Il rimettente riteneva, anzitutto, ingiustificata, in violazione dell’art. 3 Costituzione, la differenziazione tra l’ipotesi in cui il provvedimento fosse affetto da un errore di percezione di un dato di fatto della realtà o di calcolo, da quella in cui l'errore riguardasse la norma da applicare o la sua interpretazione. Veniva, inoltre, denunciata la violazione degli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Costituzione, in quanto il trattamento di quiescenza del lavoratore, quale retribuzione differita, dovrebbe essere proporzionato alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, mentre l'esclusione dell'errore di diritto dai motivi che consentono la revoca o la modifica del provvedimento pensionistico definitivo, sancendone la sostanziale intangibilità anche nel caso in cui sia illegittimo, altererebbe il rapporto di adeguatezza e proporzionalità al lavoro prestato. Infine, l’art. 204 citato sarebbe stato in contrasto con l’art. 97 Cost., in quanto, non consentendo di intervenire sul provvedimento definitivo, conseguirebbe l'effetto di consolidare, per il futuro, l'indebito arricchimento del percipiente, in contrasto con il principio di buon andamento e legalità dell'azione amministrativa. Nella pronuncia in esame, preliminarmente, la Corte costituzionale ha sottolineato che, secondo il diritto vivente, solo nella fase di liquidazione definitiva del trattamento pensionistico opera il principio, espresso dalla norma Pag. 10 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 della cui legittimità costituzionale dubita il rimettente, dell'intangibilità del trattamento pensionistico frutto di errore di diritto. Ciò premesso, ha dichiarato non fondata la questione con riferimento all’art. 3 Cost., mancando il presupposto dell’applicazione del principio di uguaglianza, protetto dalla norma costituzionale solo in presenza di situazioni sostanzialmente identiche disciplinate in modo ingiustificatamente diverso. Nella norma denunciata, invece, l'oggettività e l'immediatezza che caratterizzano la rilevazione degli errori di fatto e di calcolo, che consentono la revoca del trattamento pensionistico, differiscono in modo sostanziale dai connotati del giudizio che accompagna la valutazione della violazione, falsa applicazione o erronea interpretazione di una norma, non godendo la percezione dell'errore di diritto della medesima immediatezza dell’errore di fatto o di calcolo. In tal modo la revoca o la rettifica eventualmente adottate, entrano più facilmente in contrasto con il convincimento indotto nel pensionato dalla già intervenuta applicazione, in senso diverso e per lui più favorevole, della norma oggetto di reinterpretazione. Viene, dunque, in rilievo il principio dell'affidamento: non solo l'esclusione dell'errore di diritto dalle ipotesi di revoca non trasmoda in un regolamento irrazionale ed arbitrario delle correlate situazioni sostanziali dello Stato e del pensionato, ma è funzionale all'esigenza di garantire la sicurezza giuridica, con particolare riguardo alle aspettative del dipendente collocato a riposo. Le considerazioni svolte sono servite, altresì, a scrutinare le censure formulate in riferimento all’art. 97 Cost. avendo affermato, in proposito, la Corte Costituzionale che il mero ripristino della legalità dell'azione amministrativa ancorché finalizzato a conseguire minori oneri finanziari per l'Erario - non può prevalere sulla tutela della situazione del pensionato con modalità temporali illimitate. Infine, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 204 è stata ritenuta ugualmente non fondata in riferimento agli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., in quanto i ricordati principi di proporzionalità e di adeguatezza del trattamento pensionistico rispetto al lavoro prestato, lasciano alla discrezionalità del legislatore la possibilità di apportare correttivi di dettaglio che - senza intaccare i suddetti criteri con riferimento alla disciplina complessiva del Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 11 trattamento pensionistico - siano giustificati da esigenze meritevoli di considerazione, attraverso un bilanciamento del complesso dei valori e degli interessi costituzionali coinvolti. Con la successiva sentenza sopra menzionata, la 227 del 26 settembre 2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 774 e 776, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione medesima, sollevata dalla Sezione giurisdizionale d'appello per la Regione siciliana. In proposito la Corte, dopo avere ricordato di essere stata chiamata più volte a scrutinare la legittimità costituzionale della citata normativa, pervenendo sempre a pronunzie di non fondatezza delle questioni (ex multis, n. 1 del 2011; n. 228 del 2010 e n. 74 del 2008), ha ripercorso l’iter argomentativo della sua sentenza n. 1 del 2011, ribadendo, infine, che le norme denunciate sono effettivamente interpretative, assumendo come referente un orientamento giurisprudenziale presente, seppur minoritario, così da scegliere, "in definitiva, uno dei possibili significati della norma interpretata". Circa l'ulteriore sviluppo, in tema di art. 6 della CEDU, della giurisprudenza della Corte EDU, nei termini contenuti nella sentenza citata dal giudice remittente (causa Agrati ed altri contro Italia del 7 giugno 2011), la Corte ha negato che nella ordinanza di rimessione fosse stato chiarito, se non con un assunto meramente assertivo, quale incidenza avrebbe il nuovo sviluppo giurisprudenziale rispetto all'assetto normativo precedente, sostenendo che la motivazione sul punto sarebbe stata essenziale, considerato che le normative oggetto della sentenza n. 1 del 2011 e della citata pronunzia della Corte EDU sono differenti. Peraltro, secondo la Corte Costituzionale, la regola di diritto adottata dalla Corte EDU («Se in linea di principio, il legislatore può regolamentare in materia civile, mediante nuove disposizioni retroattive, i diritti derivanti da leggi già vigenti, il principio della preminenza del diritto e la nozione di equo processo sancito dall'art. 6 ostano, salvo che per ragioni imperative di interesse generale, all'ingerenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia allo scopo di Pag. 12 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 influenzare la risoluzione di una controversia. L'esigenza della parità delle armi comporta l'obbligo di offrire ad ogni parte una ragionevole possibilità di presentare il suo caso, in condizioni che non comportino un sostanziale svantaggio rispetto alla controparte») era già stato oggetto di esame da parte della stessa Corte costituzionale, sempre con riferimento a norme interpretative aventi efficacia retroattiva e concernenti la materia previdenziale, e, in proposito era stato affermato (vedi sentenze n. 15 del 2012 e n. 257 del 2011), che, anche secondo la detta regola, sussiste lo spazio per un intervento del legislatore con efficacia retroattiva. La questione, dunque, non avendo il rimettente addotto nuove argomentazioni a sostegno delle censure già esaminate dalla Corte, è stata dichiarata nel suo complesso manifestamente infondata. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 13 Questioni relative al riparto di giurisdizione e di competenze in materia di spese sostenute dai Gruppi consiliari Una trattazione a parte merita la problematica relativa al controllo ed in genere alla sindacabilità delle c.d. spese della politica ed in particolare di quelle sostenute dai gruppi consiliari regionali. Di essa verrà trattato solo l’aspetto relativo allo stato della giurisprudenza in merito alla complessa ripartizione delle competenze, non avendo ancora questa Sezione giurisdizionale emesso alcuna pronuncia di merito in giudizi di responsabilità amministrativa. E’ noto che il decreto legge n. 174 del 2012, convertito nella legge n. 213 del 2012, all’art. 1, comma 9, ha previsto che ciascun gruppo consiliare approva un rendiconto di esercizio annuale, strutturato secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. In esso devono essere evidenziate, in apposite voci, le risorse trasferite al gruppo dal consiglio regionale, con indicazione del titolo del trasferimento, nonchè le misure adottate per consentire la tracciabilità dei pagamenti effettuati. Secondo la formulazione originaria della norma, prima che fosse incisa dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 39 del 2014, il rendiconto, dopo essere stato trasmesso da ciascun gruppo consiliare al presidente del consiglio regionale, che a sua volta lo trasmette al presidente della regione, è inviato, entro sessanta giorni dalla chiusura dell'esercizio, alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti che, entro trenta giorni dal ricevimento, deve pronunciarsi sulla regolarità dello stesso, con apposita delibera, in mancanza della quale il rendiconto si intende comunque approvato. Qualora la competente sezione regionale di controllo riscontri che il rendiconto non è conforme alle prescrizioni, entro trenta giorni, trasmette al presidente della regione una comunicazione affinchè si provveda alla relativa regolarizzazione. La comunicazione ritorna al presidente del consiglio regionale Pag. 14 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 per i successivi adempimenti da parte del gruppo consiliare interessato e sospende il decorso del termine per la pronuncia della sezione. Nel caso in cui il gruppo non provveda alla regolarizzazione entro il termine fissato, decade, per l'anno in corso, dal diritto all'erogazione di risorse da parte del consiglio regionale, con l'obbligo di restituire le somme ricevute a carico del bilancio del consiglio regionale e non rendicontate. Con la sentenza 26 febbraio - 6 marzo 2014, n. 39, la Corte Costituzionale, pronunciandosi su tre ricorsi con cui le Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Sardegna e la Provincia autonoma di Trento avevano promosso questioni di legittimità costituzionale relative a diverse disposizioni del decreto legge sopra citato, ha sostanzialmente attestato la conformità alla Costituzione del sistema sopra delineato. Premessa, infatti, la sussistenza dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea, cui si riconnette essenzialmente la normativa nazionale sul “patto di stabilità interno”, il quale coinvolge Regioni ed enti locali nella realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, i controlli affidati alla Corte dei conti sono stati definiti strumentali al rispetto degli obblighi che lo Stato ha assunto nei confronti dell’Unione europea in ordine alle politiche di bilancio. Peraltro, fissando il decreto legge principi fondamentali in materia di «coordinamento della finanza pubblica» – funzionali anche ad assicurare il rispetto del parametro dell’unità economica della Repubblica e a prevenire squilibri di bilancio – le norme relative sono state ritenute applicabili anche alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome. Ciò posto, la disposizione censurata contenuta nell’art. 1, comma 9, è stata dichiarata non lesiva, alla luce della giurisprudenza della Corte, dei parametri costituzionali e statutari invocati dalle ricorrenti, posti a presidio dell’autonomia regionale, di cui il consiglio costituisce la principale espressione rappresentativa. Con riferimento, invece, al meccanismo di raccolta dati, di invio e ritrasmissione dei rendiconti, la Corte Costituzionale, affermato che al legislatore statale non è consentito individuare l’organo della Regione titolare di determinate funzioni, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 10, nella parte in cui prevede il coinvolgimento del Presidente della Giunta, sia nella Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 15 procedura relativa alla trasmissione dei rendiconti alla competente sezione regionale di controllo sia nella procedura relativa alla trasmissione delle delibere sugli effettuati controlli. Sulla base delle medesime considerazioni, è stata affermata l’illegittimità costituzionale del comma 11, primo periodo, nella parte in cui individua il “presidente della regione”, anziché il “presidente del consiglio regionale”, quale destinatario della comunicazione finalizzata a provvedere alla regolarizzazione del rendiconto di esercizio del gruppo consiliare, nella considerazione che le fonti di autonomia e i parametri statutari, nonché le norme dei regolamenti consiliari, individuano nel Presidente del Consiglio regionale l’unico organo legittimato alla rappresentanza dell’assemblea elettiva, tra l’altro, quale garante dell’autonomia consiliare. Circa le conseguenze previste dalla norma in caso di accertate irregolarità in esito ai controlli sui rendiconti, mentre l’obbligo di restituzione è stato ritenuto espressione di principi generali delle norme di contabilità e strettamente correlato al dovere di dare conto delle modalità di impiego del denaro pubblico, in conformità alle regole di gestione dei fondi e alla loro attinenza alle funzioni istituzionali svolte dai gruppi consiliari, non altrettanto si è affermato per la prevista sanzione di decadenza dal diritto all’erogazione di risorse da parte del consiglio regionale. Secondo la Consulta, infatti, la norma censurata introduce una misura repressiva di indiscutibile carattere sanzionatorio che consegue ex lege, senza neppure consentire che la Corte dei conti possa graduare la sanzione stessa in ragione del vizio riscontrato nel rendiconto, né che gli organi controllati possano adottare misure correttive. Ciò non consentirebbe di preservare quella necessaria separazione tra funzione di controllo e attività amministrativa degli enti sottoposti al controllo che la giurisprudenza della stessa Corte Costituzionale ha posto a fondamento della conformità a Costituzione delle norme istitutive dei controlli. Tra l’altro ha affermato la Corte che, con l’introduzione di una sanzione preclusiva di qualsiasi finanziamento, si correrebbe il rischio di compromettere le funzioni pubbliche affidate ai gruppi consiliari, pregiudicando il fisiologico funzionamento dell’assemblea regionale stessa, anche in ragione di marginali irregolarità contabili, pur in assenza di un utilizzo scorretto dei contributi Pag. 16 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 assegnati, con la conseguente lesione dei parametri costituzionali posti dagli artt. 117 e 119 a presidio dell’autonomia legislativa e finanziaria delle Regioni. Infine, la Corte Costituzionale ha affermato l’infondatezza della censura relativa all’incostituzionalità per la mancata previsione di idonei strumenti di tutela giurisdizionale contro la comunicazione di irregolarità (comma 11) e la delibera di non regolarità (comma 12), sostenendo che l’eventuale pregiudizio immediato e diretto arrecato alle posizioni giuridiche soggettive non può che determinare la facoltà dei soggetti controllati di ricorrere agli ordinari strumenti di tutela giurisdizionale previsti dall’ordinamento in base alle fondamentali garanzie costituzionali previste dagli artt. 24 e 113 Cost.. In ossequio a tale rilievo, il legislatore, volendo perfezionare il sistema, ha modificato il comma 12 del citato art. 1, introducendo la previsione espressa di una impugnazione, dinanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione, delle delibere emesse dalla Sezione regionale di controllo (art. 33, comma 2, lett. a), n.3) D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 116). La Consulta si è di nuovo occupata della questione relativa all’esame dei rendiconti dei gruppi consiliari con la sentenza del 15 maggio 2014, n. 130, emessa nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti a seguito delle deliberazioni della Corte dei conti, sezione delle autonomie, sezione di controllo per l'Emilia-Romagna, sezione di controllo per il Veneto, sezione di controllo per il Piemonte, che avevano ritenuto potersi esercitare l’attività di controllo prevista dal decreto legge n. 174, anche con riferimento all’utilizzo dei fondi assegnati ai gruppi consiliari nell’anno 2012. Con il ricorso proposto, le regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte lamentavano che, in violazione della loro autonomia legislativa, statutaria, organizzativa e contabile, la Corte dei conti avesse esercitato un potere non ancora attribuito dalla legge, non potendo il sistema delineato dal D.L. n. 174 del 2012 operare se non a partire dall'anno 2013, dopo l'entrata in vigore dei criteri individuati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepiti con d.P.C.m. 21 dicembre 2012. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 17 La questione è stata ritenuta pienamente fondata, affermando la Consulta che la norma detta una disciplina del controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari completa, non frazionabile e comunque esercitabile solo secondo i criteri previsti nelle linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato solo il 21 dicembre 2012 ed entrato in vigore il 17 febbraio dell'anno seguente. Il dettato normativo configura, dunque, il potere in esame come condizionato alla previa individuazione dei criteri per il suo esercizio e ciò sull'evidente presupposto della loro indispensabilità, anche perché, assumendo come parametro, la conformità del rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza, il controllo deve ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse all'autonomia politica dei gruppi, nei limiti del mandato istituzionale, come già affermato nella sentenza 39 del 2014, sopra esaminata. In definitiva, la Corte Costituzionale ha annullato le deliberazioni emesse dalla Corte dei conti, sezione delle autonomie e Sezioni regionali di controllo per l'EmiliaRomagna, per il Veneto e per il Piemonte aventi ad oggetto l’attività di controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari resi per l’anno 2012. In materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice contabile sulle domande risarcitorie, conseguenti all’asserito illegittimo utilizzo dei contributi mensili erogati a un gruppo consiliare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate con l’ordinanza 31 ottobre 2014, n. 23257. La fattispecie riguardava una citazione, davanti alla Sezione giurisdizionale per il Friuli- Venezia Giulia della Corte dei conti, emessa dal Procuratore contabile nei confronti del presidente di un gruppo consiliare presso il consiglio regionale, di cui chiedeva la condanna al risarcimento, in favore della Regione, del danno erariale determinato dell'illecita gestione dei contributi mensili erogati nell’anno 2011 al gruppo consiliare di appartenenza. In questa pronuncia, la Suprema Corte, individuata la natura giuridica dei gruppi consiliari ed indicate le norme che ne disciplinano il funzionamento, ha ribadito che la giurisdizione della Corte dei conti viene a radicarsi in funzione, non della qualità dell'agente, ma della natura delle risorse utilizzate e della Pag. 18 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 predeterminazione dello scopo attraverso di esse perseguito, per cui è necessaria, ma anche sufficiente, l'allegazione di una ipotesi di responsabilità oggettivamente riconducibile allo schema del "rapporto servizio" del suo preteso autore. Nella fattispecie, l'affermazione della giurisdizione contabile trova adeguata giustificazione nell'avvenuta prospettazione di un pregiudizio connesso ad una condotta idonea a frustrare la coerenza dell'utilizzazione dei contributi pubblici erogati con gli specifici vincoli ad essi impressi dalla legge. Confutando le argomentazioni difensive sollevate dai ricorrenti, le Sezioni Unite hanno escluso che la giurisdizione contabile possa ritenersi messa in discussione in funzione delle prerogative costituzionali, a tutela dell'autonomia del consiglio regionale, riconosciute dal combinato disposto dell’art. 122, comma 4, cost. e dalle norme di ciascuno Statuto speciale. Ha osservato, in proposito, la Corte che è già il puro dato letterale ad escludere ogni possibilità di estendere l'evocata prerogativa d'insindacabilità, testualmente riferita alle opinioni espresse e ai voti dati nell'esercizio delle funzioni e, dunque, solo alle più elevate funzioni di rappresentanza politica del consiglio regionale, alla gestione dei contributi erogati ai "gruppi" presso i consigli regionali, che a quel novero ristretto di più elevate funzioni certamente non appartiene. La sentenza, oltre a statuire sulla giurisdizione del giudice contabile, delinea anche un importante profilo circa il contenuto della responsabilità azionata, individuando il sindacato del giudice contabile in un esame della coerenza dell'utilizzazione dei contributi pubblici erogati con gli specifici vincoli ad essi impressi dalla legge. Vincoli che sono predefiniti dettagliatamente dalle norme in materia, con un esplicito, esclusivo asservimento a finalità istituzionali del consiglio regionale e non a quelle delle associazioni partitiche o, tanto meno, alle esigenze personali di ciascun componente. Si è, invece, ancora in attesa di una pronuncia da parte delle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione circa la sussistenza o meno della giurisdizione della Corte dei conti in merito ai giudizi di responsabilità per la illecita gestione dei fondi accreditati dal Parlamento in favore di partiti politici a titolo di contributo per le spese elettorali. La Suprema Corte, infatti, con l’ordinanza n. 20572 del 30 settembre 2014, emessa nel regolamento di giurisdizione proposto Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 19 nell’ambito del giudizio di responsabilità amministrativa instaurato nei confronti del tesoriere del partito politico "Democrazia è Libertà - La Margherita", non ha emesso alcuna pronuncia di merito, ma ha rinviato la causa a nuovo ruolo, richiedendo una relazione di approfondimento all'Ufficio del Massimario sulla natura sia dei partiti politici che dei contributi ad essi erogati dallo Stato per le spese elettorali. Un altro aspetto della questione riguarda la sussistenza o meno dell’obbligo, da parte dei gruppi consiliari, di presentare il conto giudiziale e la compatibilità di tale tipologia giudizio con i nuovi strumenti di controllo dei rendiconti resi dagli stessi gruppi, introdotti con il citato D.L. n. 174 . In merito, sono stati instaurati dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione giudizi per regolamento di giurisdizione a seguito di ricorsi, proposti da alcuni presidenti di gruppi consiliari del Consiglio regionale della Regione Toscana per il triennio 2010-2012, avverso i decreti con i quali la Sezione giurisdizionale aveva assegnato il termine per il deposito "dei conti giudiziali relativi alla gestione dei fondi pubblici regionali integranti il contributo previsto dalla L.R. n. 60 del 2000, accreditati nel corso della 9^ legislatura regionale per gli anni 2010-2011-2012". La Corte di Cassazione, con 7 ordinanze aventi uguale contenuto (Cass. civ. Sez. Unite, Ordd. n. 27152, n. 27151, n. 27150, n. 27149, n. 27148, , n. 27147, n. 27146, del 2014), premesso che la Regione Toscana aveva sollevato dinanzi alla Corte costituzionale conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, chiedendo che fosse dichiarato che non spetta alla Corte dei conti richiedere il conto giudiziale dei gruppi consiliari, ha ritenuto opportuno, in ragione della sostanziale identità di oggetto del giudizio e di quello per conflitto di attribuzione, rinviare la causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia della Corte costituzionale. Il quesito circa l’attivabilità del giudizio di conto relativamente alla gestione dei fondi pubblici erogati ai Gruppi consiliari regionali, alla luce delle nuove disposizioni dettate dall’articolo 1, commi 9 e seguenti, del d.l. n. 174/2012, è stato, comunque, affrontato e risolto con la sentenza n. 30/2014/QM delle Sezioni Riunite della Corte dei conti. Nella pronuncia, le Sezioni Riunite, hanno anzitutto richiamato i principi Pag. 20 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 contenuti nella sentenza 39 della Corte Costituzionale, nella quale il Giudice delle leggi aveva espressamente affermato che il rendiconto delle spese dei Gruppi consiliari costituisce parte necessaria del rendiconto regionale, e che il sindacato delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti deve ritenersi meramente documentale. Ciò posto, in considerazione della netta distinzione, rilevabile anche dal dato normativo, fra l’obbligo di rendere il conto giudiziale e l’obbligo di rendere il conto nei confronti della propria amministrazione da parte dei “funzionari delegati a pagare spese sopra aperture di credito” le Sezioni Riunite hanno ritenuto, in applicazione del principio di non duplicazione e conseguente alternatività dei controlli della Corte, che deve essere escluso l’obbligo della resa del conto giudiziale per “i funzionari delegati a pagare spese sopra aperture di credito” i quali sono tenuti a rendere i loro conti ai sensi dell’art. 60 della legge di contabilità generale dello Stato n. 2440/1923, e, cioè, i rendiconti amministrativi nei confronti della propria amministrazione. Alla luce di tale principio, è stato affermato che, pur allorquando questi rendiconti amministrativi siano assoggettati al controllo della Corte dei conti, come ora quelli dei gruppi consiliari da parte delle Sezioni regionali di controllo, gli stessi non possono essere anche oggetto di un giudizio di conto, dovendo ritenersi che i conti resi all’interno della propria amministrazione, quali subconti amministrativi, non possano essere autonomamente oggetto di un giudizio di conto, in quanto rifluenti (e ad esso allegati) nel rendiconto consuntivo annuale, già assoggettato al controllo della Corte. Sulla scorta di tali considerazioni hanno dato una soluzione al quesito mediante l’enunciazione del seguente principio di diritto: “non è attivabile il giudizio di conto nei confronti dei Presidenti dei Gruppi consiliari regionali relativamente alla gestione dei fondi pubblici erogati secondo le norme regionali attuative della legge 6 dicembre 1973, n. 853”. Nella pronuncia viene, infine, ribadito che i presidenti e i consiglieri componenti dei Gruppi consiliari regionali sono comunque soggetti alla responsabilità amministrativa e contabile per il danno cagionato alle finanze regionali per l’illecita utilizzazione dei fondi destinati al gruppo. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 21 Per completezza di esposizione, in materia di gruppi consiliari devono, infine, essere menzionate le sentenze emesse dalle Sezioni Riunite in speciale composizione in sede di impugnazione delle deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo, dopo la previsione espressa di un sindacato giurisdizionale su di esse introdotta dal legislatore del 2014 (art. 33, comma 2, lett. a), n.3) del D.L. 24 giugno 2014, 91, convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 116). Di tali decisioni, che hanno investito il merito degli obblighi restitutori già accertati dalle Sezioni regionali attraverso l’esame documentale dei rendiconti, occorre ancora studiare la portata, al fine di conciliare il nuovo sistema di tale tipologia di controllo, con il tradizionale giudizio di responsabilità amministrativa, da sempre previsto e ritenuto necessario per assicurare la tutela delle pubbliche risorse, dovendosi assolutamente evitare interferenze tra i vari piani di giudizio e sovrapposizioni di pronunce. Pag. 22 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Sentenze della Corte di Cassazione in materia di giurisdizione Contabile In materia di concessione di contributi pubblici, la Cassazione ha confermato l’orientamento giurisprudenziale circa la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 03-02-2014, n. 2287), affermando che il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostato dalla qualità del soggetto alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato, cui siano erogati fondi pubblici, per sue scelte incida negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla P.A., alla cui realizzazione esso è chiamato a partecipare con l'atto di concessione del contributo, e la incidenza sia tale da poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, esso realizza un danno per l'ente pubblico - anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano così come concretizzato ed approvato dall'ente pubblico con il concorso dello stesso imprenditore - di cui deve rispondere davanti al giudice contabile. Con particolare riferimento ai fondi destinati alla formazione professionale è stata ritenuta suscettibile di recare un danno patrimoniale all'ente pubblico erogatore, non soltanto la distrazione dei fondi ma anche la loro cattiva utilizzazione, che si verifica nel caso di realizzazione di corsi, non rispondenti ai requisiti previsti ed imposti dall’ente erogatore del finanziamento, che così viene ad essere privato delle utilità che sarebbero derivate da un corretto uso dei fondi (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 26-11-2014, n. 25138). Anche l'amministratore di una società privata destinataria di fondi pubblici, del quale si prospetti una condotta di dolosa appropriazione dei finanziamenti, è soggetto alla responsabilità per danno erariale e alla giurisdizione della Corte dei conti ( Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 13-02-2014, n. 3310), atteso che la società beneficiarla dell'erogazione concorre alla realizzazione del programma della P.A., instaurando con questa un rapporto di servizio, sicché la responsabilità Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 23 amministrativa attinge anche coloro che intrattengano con la società un rapporto organico. Tra le pronunce emesse dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice contabile, le più significative, anche quest’anno, riguardano le società partecipate. Ha trovato conferma l’orientamento giurisprudenziale, più volte espresso dalle Sezioni Unite, in ordine alla giurisdizione sull'azione di risarcimento del danno subito da una società a partecipazione pubblica per effetto di condotte illecite dei dipendenti della quale può conoscere il solo giudice ordinario, in quanto l'autonomia patrimoniale della società stessa esclude ogni rapporto di servizio tra agente ed ente pubblico danneggiato e impedisce di configurare come erariali le perdite che restano esclusivamente della società, che è regolata, nel caso, come ogni altro soggetto sovrapersonale di diritto privato (Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 07-01-2014, n. 71; Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 12-02-2014, n. 3201; Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 10-03-2014, n. 5491; Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 2603-2014, n. 7177; Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 11-07-2014, n. 15943; Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 24-10-2014, n. 22608; Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 24-10-2014, n. 22609). L’indirizzo giurisprudenziale è stato anche motivato dalla necessità di approntare una definitiva soluzione alle problematiche relative alle interferenze e sovrapposizioni tra le azioni sociali, previste e disciplinate dagli artt. 2395 e 2476, sesto comma, c.c., e l’azione di responsabilità amministrativa, mirando l’una e l’altra, in definitiva, al medesimo risultato. Viene, altresì, riaffermato nelle decisioni indicate il principio secondo cui, solo qualora ci si trovi in presenza di quel particolare fenomeno giuridico che va sotto il nome di società "in house providing", sulla base della direttiva 2006/123/CE e delle indicazioni della Corte di Giustizia Europea recepite in ambito nazionale, la Corte dei conti ha giurisdizione sull'azione di responsabilità esercitata dalla Procura quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per i danni da essi cagionati al patrimonio di una società "in house", così dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi enti possano Pag. 24 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici. Tali requisiti, come è stato precisato, devono sussistere contemporaneamente e devono tutti trovare il loro fondamento in precise e non derogabili disposizioni dello statuto sociale ed, ancora, occorre verificarne la sussistenza con riferimento al momento della causazione del danno erariale, a nulla rilevando che, per successivi mutamenti normativi, l'ente danneggiato abbia mutato natura (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 10-03-2014, n. 5491). All'interno di siffatto quadro generale, sono state, nondimeno, individuate situazioni particolari connesse alla natura speciale dello statuto legale di talune società partecipate da enti pubblici. Ciò era già accaduto in relazione alla Rai Radio televisione italiana s.p.a., per la quale era stato ritenuto che spettasse alla Corte dei conti la giurisdizione sulle azioni di risarcimento del danno cagionato da componenti del consiglio d'amministrazione e da dipendenti, perché, nonostante la veste di società per azioni, essa ha natura sostanziale di ente pubblico, con uno statuto assoggettato a regole legali in forza delle quali è designata direttamente dalla legge quale concessionaria dell'essenziale servizio pubblico radiotelevisivo, sottoposta a penetranti poteri di vigilanza da parte di un'apposita commissione parlamentare, destinataria di un canone d'abbonamento avente natura di imposta, compresa tra gli enti sottoposti al controllo della Corte dei conti, nonché tenuta all'osservanza delle procedure di evidenza pubblica nell'affidamento degli appalti (cfr. Sez. un n. 27092/2009). E ad analoga conclusione, sempre per ragioni attinenti al suo speciale statuto legale, si era pervenuti anche quanto all'Enav s.p.a. (cfr. Sez. un. n. 5032/2010). Nello stesso filone giurisprudenziale si inserisce la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 15594 del 9 luglio 2014, che fa rientrare, nel novero dei soggetti ai quali detta giurisdizione si estende, l'ANAS s.p.a., nel presupposto che la sua trasformazione in società per azioni non ne abbia modificato gli essenziali connotati pubblicistici, essendosi tradotta nella mera adozione di una formula organizzativa corrispondente a quella della società Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 25 azionaria. Deporrebbe in questo senso, anzitutto, la genesi stessa dell'Anas s.p.a., direttamente derivante da un atto normativo e non, come è naturale in società di diritto privato, da un atto negoziale, ancorché posto in essere dalla pubblica amministrazione in forza della capacità di agire iure privatorum che ad essa compete. Sotto questo profilo appare quindi lecito adoperare, a tal proposito, la definizione di "società legale": società che, perciò stesso, si pone su un piano diverso dal fenomeno negoziale previsto e disciplinato dal codice civile, ancorché possa mutuarne, per espressa previsione di legge, una o più caratteristiche. Non meno indicativa è la circostanza che il suo statuto e le eventuali successive modificazioni di esso debbano essere approvati con decreto ministeriale e che, sempre con decreto ministeriale, sia determinato il capitale sociale, al quale, i residui passivi spettanti all'Anas, sono conferiti mediante un atto amministrativo del competente ministero. Da tutto ciò discende, quindi, secondo la Corte di Cassazione, la necessità di riconoscere la giurisdizione della Corte dei conti nel giudizio di responsabilità instaurato dalla Procura nei confronti degli organi e dei funzionari, per i danni inferti al patrimonio della medesima società. Nella particolare ipotesi descritta, relativa alle c.d. società legali, con riferimento alle problematiche relative alle interferenze e sovrapposizioni tra le azioni sociali, previste e disciplinate dal codice civile, e l’azione di responsabilità amministrativa, la Cassazione ha ritenuto che l'esperibilità di tale ultima azione non sia ostacolata dalla possibilità di promuovere l'ordinaria azione civilistica, poiché la giurisdizione civile e quella contabile sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, sicché il rapporto tra le due azioni si pone in termini di alternatività anziché di esclusività, dando luogo a questioni non di giurisdizione ma di proponibilità della domanda. Tale ultima affermazione suscita qualche perplessità, giacché, come è stato osservato, non è chiaro perché per dette società, aventi un regime giuridico speciale, non sussista il problema del coordinamento tra l'azione sociale di responsabilità e quella erariale che invece sussiste per le altre società a capitale pubblico o misto, visto che, trattandosi di un problema sostanziale, esso si pone Pag. 26 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 per il fatto stesso della coesistenza delle due azioni. In ultima analisi, cioè, se le azioni civili e contabile sono, come affermato dalla Corte di Cassazione in tale sentenza, "reciprocamente indipendenti", lo sono con riferimento a tutte società "pubbliche”, senza che possano sussistere interferenze e sovrapposizioni tra esse. Quello che è certo a proposito delle società in mano pubblica, è che un reale risanamento dei conti dello Stato deve necessariamente passare attraverso una totale revisione dei criteri relativi alla costituzione, al finanziamento ed al funzionamento delle partecipate. Si tratta, infatti, di quello che è stato definito “un esercito” di società, che costano allo Stato circa ventisei miliardi all’anno, i cui organi ed amministratori utilizzano il denaro pubblico con modalità per nulla trasparenti, anzi spesso disinvolte e non rispettose delle regole della buona amministrazione, i quali, mancando un organo pubblico che agisca nei loro confronti, finiscono per non incorrere in nessuna conseguenza patrimoniale per i danni arrecati al patrimonio della società stessa e di riflesso del socio pubblico. Invece, sebbene uno dei compiti prefissatisi dal governo nazionale, come peraltro da quello regionale, fosse quello di ridurne drasticamente il numero, nessun passo decisivo in tal senso è stato mai effettuato. Non è stata neppure emanata nei loro confronti una disciplina giuridica a sé stante, mentre le disposizioni che le regolano sono frutto di frammentarie e disorganiche norme sparse nell'ordinamento, spesso qualificate quali deroghe alla disciplina generale, sia pure con ampio ambito di applicazione: è evidente, quindi, come affermato dal rapporto redatto da Confindustria a marzo del 2014, che il fenomeno delle partecipate è fuori controllo, mentre dal suo riordino potrebbero derivarne importanti risorse. Alla luce della complessità giuridica del tema e della sua incidenza sociopolitica, qualora si volesse, almeno, assicurare la sottoposizione al giudizio di responsabilità contabile gli amministratori di una società a capitale pubblico, occorrerebbe una previsione normativa che eccezionalmente lo stabilisca, così da superare lo scoglio relativo alla distinzione tra ente pubblico partecipante e società di capitali partecipata, e quindi alla differente titolarità dei rispettivi patrimoni. E’ certo, infatti, che solamente attraverso un’azione esercitata da un organo pubblico, neutrale ed indipendente che obbligatoriamente agisca a tutela Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 27 dell’erario, come il Procuratore della Corte dei conti, verrebbe assicurata una reale difesa delle pubbliche risorse utilizzate da tali tipi di società, considerata l’improbabilità che il rappresentante del socio pubblico agisca attraverso le ordinarie azioni sociali previste dal codice civile contro i componenti del c.d.a. della partecipata da lui stesso nominati. La Corte di Cassazione nell’anno 2014 si è occupata anche della giurisdizione in materia di contenzioso pensionistico. In particolare, con la pronuncia n. 4325 del 2014 (Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 24-02-2014, n. 4325), ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui è devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti non soltanto la domanda di accertamento della causa di servizio, proposta unitamente alla conseguente domanda di condanna dell'ente al pagamento del trattamento pensionistico, ma anche la sola domanda di mero accertamento della causa di servizio, quale presupposto del trattamento pensionistico privilegiato, atteso il carattere esclusivo di tale giurisdizione, affidata al criterio di collegamento costituito dalla "materia", non incidendo assolutamente la circostanza che il ricorrente fosse ancora in servizio attivo. Ugualmente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 17-04-2014, n. 8929) hanno affermato che, in conseguenza del carattere esclusivo della giurisdizione della Corte dei conti, in essa sono comprese tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca elemento identificativo del petitum sostanziale e, quindi, tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, nonché, pur in costanza di lavoro, ogni diritto relativo al rapporto pensionistico. E' stata, invece, devoluta al giudice del rapporto di lavoro (Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 13-03-2014, n. 5806) e non al giudice contabile, la giurisdizione sulla domanda, avanzata dal coniuge superstite, di attribuzione della indennità integrativa speciale sulla pensione di reversibilità, avendo essa carattere integrativo del trattamento obbligatorio, in quanto derivante da un Fondo di previdenza interno all'INPDAP (ex gestione ENPAS) e dunque, a suo tempo, di corresponsione dovuta dall'ente pubblico datore di lavoro, non trattandosi di mera pensione obbligatoria a carico dello Stato. Pag. 28 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Le sentenze delle Sezioni Riunite della Corte dei conti Nell’anno 2014 le Sezioni Riunite della Corte dei conti hanno emesso la maggior parte delle pronunce, giudicando nella Speciale composizione di cui all’art. 243 quater, comma 5, d.lgs. n. 267/2000, in materia di controllo. Con riferimento alle pronunce relative alle spese dei gruppi consiliari, le sentenze e le ordinanze che a ciò si riferiscono sono analizzate nella parte di questa relazione dedicata all’esame di tali problematiche. Nell’ambito del settore giurisdizione, era stata rimesso dalla Sezione III centrale d’appello la soluzione del seguente quesito: “se, nell’ipotesi in cui sia stata dichiarata la ripetibilità dell’indebito pensionistico, l’Istituto previdenziale possa recuperare l’intera somma – al lordo dell’imposta trattenuta e versata all’Erario in qualità di sostituto d’imposta - ovvero solo l’importo effettivamente, materialmente pagato al pensionato». Con la sentenza n. 22/2014/QM, le Sezioni riunite hanno dichiarato inammissibile la questione di massima per difetto di rilevanza, mancando una pronuncia, anche non definitiva da parte della Sezione d’appello remittente circa l’eccezione sollevata dall’INPS di violazione del divieto di domande nuove in appello posto dall’art. 345, comma 1, c.p.c. proprio con riferimento alla domanda stessa sulla ripetibilità dell’indebito al netto o meno delle ritenute. Con l’ordinanza n. 12, le Sezioni Riunite si sono nuovamente occupate della questione relativa alla impugnabilità dinanzi ad esse delle ordinanze di sospensione emesse nei giudizi di responsabilità amministrativa, confermando, in via preliminare, sia l’orientamento giurisprudenziale relativo alla loro competenza, sia quello dell’ammissibilità del regolamento nei giudizi dinanzi alla Corte dei conti, in forza di un’interpretazione costituzionalmente orientata del combinato disposto dell’art. 42 c.p.c. e dell’art. 26 R.D. 1038/1933. Anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso perché proposto avverso una ordinanza di sospensione “discrezionale” del processo, è stata rigettata. In proposito le Sezioni Riunite hanno osservato che la giurisprudenza della Corte di Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 29 Cassazione, dopo alcune oscillazioni, ha ritenuto contraria ai principi costituzionali e quindi illegittima la “sospensione facoltativa”, intesa come stasi sine die del processo, disposta discrezionalmente dal giudice al di fuori delle ipotesi legislativamente previste. Questo, ovviamente, non esclude che il giudice, nell’esercizio dei suoi poteri istruttori, anche officiosi (artt. 14-15 R.D. 1038/1933), possa disporre l’acquisizione di informazioni o documenti desumibili da altri processi (in specie penali) per una più avvisata decisione, costituendo ciò, infatti, normale esercizio della funzione istruttoria. Qualificata così l’ordinanza impugnata emessa, non in funzione di un’attività istruttoria, ma quale provvedimento diretto esclusivamente a sospendere il giudizio al di fuori delle ipotesi di stasi del processo espressamente previste dalla legge, il regolamento di competenza, in applicazione estensiva dell’art.295 c.p.c, è stato ritenuto del tutto ammissibile. Nel merito, il ricorso è stato riconosciuto fondato, nella considerazione che nessuna applicazione poteva avere nella fattispecie il disposto dell’art. 296 c.p.c., al quale peraltro il giudice non aveva assolutamente fatto riferimento nel sospendere il processo, non sussistendone i presupposti (in particolare il consenso delle parti), né esistevano i presupposti della sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c. . Pag. 30 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Attività della Sezione Organico Nel corso dell’anno 2014 la Sezione, con un organico fissato in n. 13 magistrati più 1 Presidente (vedi delibera n. 190 del 5 giugno 2006), si è avvalsa del lavoro dei seguenti magistrati: 1) i colleghi Giuseppe Colavecchio, Roberto Rizzi, Adriana Parlato, Igina Maio, Maria Rita Micci, Giuseppe Grasso e Paolo Gargiulo hanno avuto una assegnazione continuativa dal 1 gennaio 2014; 2) la collega Giuseppa Cernigliaro è stata trasferita a domanda presso questa Sezione giurisdizionale, con decorrenza 8 gennaio 2014; 3) i colleghi Vincenzo Lo Presti e Guido Petrigni hanno svolto l’attività giudicante in questa Sezione fino al 31 gennaio e con decorrenza 1° febbraio 2014 sono stati trasferiti a domanda presso la locale Sezione giurisdizionale d’appello; 4) il collega Antonio Nenna, ha svolto l’attività giudicante in questa Sezione fino al 7 gennaio 2014 e con decorrenza dall’8 gennaio è stato trasferito presso la Procura regionale dell’Emilia Romagna, mantenendo l’assegnazione aggiuntiva presso questa Sezione, solo per la trattazione del contenzioso pensionistico, fino al’8 luglio 2014,; 5) il collega Sergio Vaccarino, in servizio presso la Sezione regionale del controllo, ha avuto la proroga per un anno, fino al 9 maggio 2015, dell’assegnazione in aggiuntiva presso questa Sezione. In definitiva per il 2015 il numero dei magistrati in servizio è di appena 8 unità, con una scopertura di cinque, pari al 38%, superiore al tasso di scopertura medio rilevato per gli altri uffici. Sarebbe necessario, pertanto, incrementare l’organico almeno di due magistrati a tempo pieno, oltre a rinnovare l’assegnazione aggiuntiva al collega Vaccarino, che con massima disponibilità e solerzia svolge un carico di lavoro quasi corrispondente a quello dei magistrati a tempo pieno. In relazione al personale amministrativo, nel corso dell’anno 2014 questo Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 31 Presidente, ritenuto improcrastinabile iniziare concretamente l’esame dei conti giudiziali, in conformità, peraltro, alle esigenze prospettate dai vertici dell’Istituto, ha apportato decisive modifiche alle tipologie di attività finora espletate dal personale amministrativo della Sezione. E’ stato necessario, così, procedere ad una riorganizzazione dei servizi, destinando maggiori risorse al settore conti giudiziali, attraverso l’assegnazione ad esso di una gran parte del personale. In particolare i dipendenti aventi la qualifica di revisore contabile, che fino alla fine dell’anno 2013 avevano fatto parte delle segreterie delle pensioni, sono stati assegnati all’esame dei conti giudiziali. Sono anche state implementate le segreterie, operando una divisione tra conti erariali e conti degli enti locali, per pervenire ad una definizione più celere della presa in carico e dei compiti relativi alle estinzioni. In definitiva, il personale amministrativo in servizio al 1° gennaio 2014, composto da n. 44 unità, è stato così assegnato: - n. 11 al settore pensionistico; - n. 5 al settore responsabilità; - n. 18 all’ufficio conti giudiziali; - n. 8 al servizio affari generali; - n. 2 all’ufficio copie. Nel corso dell’anno 2014 un impiegato è stato collocato a riposo e uno trasferito ad altro ufficio. Pag. 32 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Giudizi di responsabilità e giudizi di conto La giacenza iniziale al 1° gennaio 2014 dei giudizi pendenti ammontava a 73 giudizi responsabilità, 179 giudizi di conto, 26 giudizi ad istanza di parte, 223 istanze per resa di conto. Nel corso dell’anno sono pervenuti: 119 giudizi di responsabilità, 3 di conto, 3 ad istanza di parte, 4 ricorsi per la concessione di provvedimenti di sequestro, 1 istanza di correzione di errore materiale. Sono stati definiti 128 giudizi di responsabilità, 16 di conto, 4 ad istanza di parte, 4 provvedimenti d’urgenza. La giacenza finale dei giudizi alla data del 1 gennaio 2015 ammonta a 64 di responsabilità, 166 di conto, 25 ad istanza di parte, 216 per resa di conto. Nel corso dell’anno 2014 si sono tenute 38 udienze pubbliche per la trattazione dei giudizi di responsabilità amministrativa e dei giudizi di conto. Sono stati iscritti a ruolo 181 giudizi di responsabilità, dei quali ne sono stati discussi 142, mentre 39 sono stati rinviati. Sono stati, altresì, iscritti a ruolo 16 giudizi di conto, di cui 15 sono stati discussi e 1 è stato rinviato. Tra quelli discussi, sono stati definiti con sentenza 124 giudizi di responsabilità e 16 giudizi di conto, mentre per 25 giudizi di responsabilità è stata emessa ordinanza. Sono state pronunciate 75 sentenze e 4 ordinanze di condanna in materia di responsabilità, di cui 33 in favore dell’erario statale, 33 in favore di enti locali, 6 in favore delle ASP, 2 in favore dell’INPS ed 1 in favore del Consorzio ASI. Sono state emesse, altresì, 4 sentenze di condanna in giudizi di conto e 37 sentenze di assoluzione in materia di responsabilità, mentre con altra tipologia di sentenza sono stati definiti 12 giudizi di responsabilità e 12 di conto. L’importo complessivo delle condanne è stato pari ad € 39.670.384,76, oltre il doppio dell’anno 2013. Le udienze in Camera di consiglio sono state 3 ed in esse sono stati definiti anche 7 ricorsi per resa di conto. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 33 Sono stati esperiti 12 procedimenti monitori, ai sensi dell’art. 55 del R.D. n. 1214/1934, 4 dei quali sono stati accettati dai destinatari. Su ricorso della Procura regionale sono stati richiesti al Presidente n. 4 provvedimenti cautelari di sequestro, ai sensi dell’art. 5, l. n.19/1994, di cui 3 autorizzati e 1 concesso dal giudice designato. Non sono stati presentati reclami. E’ stata proposta n. 1 istanza di autorizzazione al dissequestro di beni immobili, accolta con decreto. I ricorsi ad istanza di parte pendenti al 1° gennaio 2014 erano 26, nel corso dell’anno ne sono stati depositati 3 e ne sono stati definiti 4. La pendenza riguarda i ricorsi proposti dalla Montepaschi Serit, ex società di riscossione, che non ha più interesse alla loro definizione. I tempi di deposito delle sentenze sono sempre rientrati in quelli previsti dalle leggi e dalle direttive impartite dall’organo di autogoverno. Circa le questioni di cui questa Sezione si è occupata, parecchie decisioni sono state emanate in materia di contributi comunitari. Si è trattato quasi sempre di sentenze di condanna, per importi considerevoli, ma che tuttavia difficilmente saranno di ristoro alle pubbliche finanze, in quanto di solito le risorse comunitarie sono già state sperperate e le condanne vengono emesse nei confronti di società fantasma e spesso già fallite (1137/2014) o di soggetti altrettanto nullatenenti: si tratta di casi in cui il giudice contabile arriva troppo tardi. Nel complesso meccanismo della concessione del finanziamento e prima della definitiva erogazione delle risorse economiche, che proprio per consentire un monitoraggio costante dell’attività del soggetto beneficiario vengono corrisposte in più tranches, occorrerebbe intensificare le verifiche, al cui esito deve essere condizionata via via l'assegnazione delle somme. Nel corso della procedura di concessione del beneficio economico, inoltre, nella quale sono coinvolti una pluralità agenti, un ruolo di primo piano viene rivestito dalla Banca concessionaria. Quest’ultima dovrebbe svolgere “adempimenti tecnici ed amministrativi” che le consentano di rilevare le “significative anomalie inficianti la possibilità per l’impresa, ammessa a fruire dell’agevolazione, di ottenere il pagamento delle quote in cui quell’agevolazione era frazionata”. In difetto di tali adempimenti anche l’istituto Pag. 34 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 bancario potrebbe incorrere come è già accaduto (v. sentenza 763/2012) in un’ipotesi di responsabilità amministrativa, per non avere adeguatamente vigilato. Un’altra anomalia in questi giudizi è la scelta, da parte dell’organo inquirente, di agire per l’accertamento della responsabilità pur se l’Amministrazione danneggiata ha già ottenuto un titolo esecutivo dal quale potere avere soddisfazione del proprio credito. Ciò, come è stato più volte rilevato, non sempre rappresenta un vantaggio per il pubblico erario, soprattutto nell’ipotesi, in concreto già verificatasi, in cui, in presenza della domanda risarcitoria proposta, il giudice neghi il risarcimento ritenendo assenti i presupposti di fatto o di diritto necessari per pervenire ad una pronuncia di condanna (sentenza n. 517/2014) ovvero dichiari la prescrizione del credito per l’esercizio tardivo dell’azione (sentenza n.1227/2014). In tutti questi casi, il privato potrebbe fornirsi di ulteriori ragioni per contestare il titolo esecutivo già formatosi in altra sede, indebolendo la difesa dell’amministrazione. Deve, infine, considerarsi che una volta che il Pubblico ministero contabile abbia, a sua volta, ottenuto un titolo esecutivo in favore dell’amministrazione danneggiata attraverso una sentenza di condanna definitiva, non potrà fare altro che iscrivere a ruolo la somma da recuperare, come, peraltro, già provveduto da parte della stessa amministrazione in forza del titolo esecutivo già in suo possesso. Trattasi, quindi, di un’attività non solo defatigante, ma inutile, che, peraltro, costringe il privato a difendersi su più fronti giurisdizionali, infrangendo così anche le regole del giusto processo. Nonostante le perplessità sopra manifestate, questa Sezione si è adeguata alla giurisprudenza della locale Sezione di appello secondo cui, invece, “il diritto di natura risarcitoria che il procuratore regionale attiva con l’esercizio dell’azione di responsabilità pur traendo origine dai medesimi fatti, non è identificabile né del tutto sovrapponibile con il diritto di credito che l’amministrazione danneggiata può direttamente ed autonomamente esercitare nei confronti dello stesso soggetto autore del fatto dannoso”. Tuttavia, nelle sentenze in cui viene pronunciata l’assoluzione totale o parziale del convenuto, l’organo giudicante ha avuto cura di precisare che l’esito del giudizio non può pregiudicare le iniziative recuperatorie da parte dell’amministrazione concedente (vedi per tutte la sentenza n. 517/2014). Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 35 In materia di erogazione di risorse pubbliche a favore di soggetti privati finalizzata alla realizzazione di un programma della pubblica amministrazione, è stata, comunque, ribadita dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione l’affermazione della giurisdizione del giudice contabile (vedi Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 03-02-2014, n. 2287). Si configura, pertanto, il danno erariale nel rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice di un contributo ed i soggetti privati che dispongano della somma in maniera difforme da quella preventivata ovvero, ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione. Non solo la distrazione di fondi ma anche il loro cattivo utilizzo è suscettibile di recare un danno patrimoniale all'ente pubblico, dal momento che esso viene ad essere privato delle utilità che sarebbero derivate da un corretto uso dei fondi. E’ stato, altresì, riaffermato dalla Cassazione (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 13-02-2014, n. 3310) che anche l'amministratore di una società privata destinataria di fondi pubblici è soggetto alla responsabilità per danno erariale e alla giurisdizione della Corte dei conti, atteso che la società beneficiarla dell'erogazione concorre alla realizzazione del programma della P.A., instaurando con questa un rapporto di servizio, sicchè la responsabilità amministrativa attinge ugualmente coloro che intrattengano con la società un rapporto organico. In questa ottica, nella sentenza n. 1267 del 2014 è stato affermato che la sussistenza di un’obbligazione sociale non esclude ma si aggiunge all’obbligazione da fatto illecito degli amministratori e dei soci; parimenti, la responsabilità amministrativo-contabile della società non esclude, ma si affianca alla responsabilità amministrativo-contabile di chi abbia agito in nome e per conto di essa. Anche con la sentenza n. 1227/2014 sono stati condannati la società ed il suo amministratore per l’indebita percezione, mediante attività fraudolente, di un finanziamento pubblico, concesso in base alla legge n. 488/92, e per non avere realizzato il progetto al quale il finanziamento era finalizzato. Analogamente, la frustrazione dell’obiettivo pubblico, cagionato da una condotta equivoca della società e dei suoi organi amministrativi. è stato a base delle condanne contenute nelle sentenze 1225 e 1375. Anche in materia di contributi agricoli concessi dall’Agea è stata più volte Pag. 36 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 emessa sentenza di condanna alla restituzione delle somme per la mancanza da parte dei richiedenti dei requisiti richiesti dalla legge. Nella maggior parte dei casi si è trattato di allevatori o coltivatori che avevano dichiarato la disponibilità di terreni dei quali, in realtà, non avevano titoli idonei a giustificare la conduzione (vedi sentenze nn. 1273, 1115, 969, 1021, 938, 839, 838, 490). In altre ipotesi, sussistevano impedimenti di natura soggettiva per i beneficiari, come essere stati sottoposti a misura di prevenzione e non riabilitati (fra le altre, sentenza n. 355/2014). Anche nell’anno 2014 la Sezione si è occupata di giudizi concernenti l’illegittima attribuzione di incarichi a soggetti esterni all’amministrazione, o in qualità di esperti degli organi di vertice degli enti locali, ovvero di consulenti. Nonostante le disposizioni normative che hanno imposto drastici limiti alla esternalizzazione di servizi e compiti, amministratori e dirigenti hanno continuato a sprecare le pubbliche risorse attraverso il ricorso, senza che vi fossero i presupposti previsti dalle leggi in materia e senza alcuna giustificazione di raggiungimento di fini istituzionali, a professionalità esterne all’amministrazione. Sono così state pronunciate numerose sentenze di condanna a carico di Sindaci che hanno utilizzato la figura dell’esperto per lo svolgimento di compiti spettanti al personale in servizio, aggirando così di fatto il patto di stabilità (n. 951/2014) e, comunque, in totale assenza dei necessari presupposti (nn. 1153/2014, 802/2014). Un settore dei più discussi in cui sono state pronunciate significative condanne è quello della formazione professionale, per le enormi risorse stanziate, necessarie per fare fronte alle spese di decine e decine di enti che in tale comparto esistono ed operano. Ho sempre ritenuto che costituisca una grave anomalia del sistema la eccessiva spendita di soldi pubblici, non tanto e non solo per formare lavoratori, ma per sostenere finanziariamente gli enti: in definitiva, sembrerebbe trattarsi di una spesa fine a se stessa che rischia di trasformare lo scopo del settore, originariamente unicamente formativo, in uno scopo “parassistenziale”. La maggior parte delle condanne in questione sono state emesse nei confronti di enti di formazione, ritenuti responsabili di danno erariale per avere Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 37 sottratto o distratto i finanziamenti dal fine per cui erano stati concessi o per la mancata restituzione all’amministrazione erogatrice delle somme non ammesse a discarico (sentenze n. 1208/2014, n. 1204/2014, n. 736/2014). Con la sentenza n. 401/2014, invece, il danno erariale è stato posto a carico degli amministratori regionali per avere concesso integrazioni finanziarie, concomitanti e successive, alla definizione dei progetti ammessi al PROF 2007. La Sezione ha affermato il principio secondo cui la consistenza del finanziamento determinata nel PROF costituisce una soglia non superabile, indipendentemente dalla tipologia delle spese che, successivamente, l’ente di formazione si sarebbe trovato a dovere affrontare. Questo giudice contabile ha proceduto in base al principio espresso sul punto dalla Corte costituzionale, che, proprio nel scrutinare la legittimità costituzionale di norme regionali concernenti i rapporti tra Regione Siciliana ed enti di formazione, ha escluso la possibilità di un ribaltamento sull’Amministrazione del carico retributivo gravante sugli enti che si avvalgono del personale cui deve applicarsi il contratto collettivo, non potendo ritenersi la medesima Amministrazione gravata di obblighi assistenziali nei confronti degli operatori della formazione. Le integrazioni economiche più volte concesse agli enti di formazione nell’ambito del P.R.O.F. 2007, pari complessivamente quasi a 5 milioni di euro, sono, quindi, state qualificate danno erariale da risarcire in favore della Regione siciliana. Al di là dell’ingentissimo importo della condanna, avverso la quale, peraltro, è stato proposto ricorso in appello ancora da definire, lascia perplessi la sottovalutazione della sua portata proprio da parte di chi non solo dovrebbe curarne l’esecuzione, ma anche mettere ordine in un settore martoriato da scelte improvvide. L’affermazione resa agli organi di stampa, secondo cui “le sentenze della Corte dei conti hanno lo stesso valore di una sanzione amministrativa”, trascura di considerare che, chi emette sentenze e condanna, è un giudice e ciò fa solo dopo un’attenta valutazione dell’elemento soggettivo della responsabilità. Nella specie, la Sezione giurisdizionale aveva qualificato “le condotte del dirigente e del funzionario del servizio programmazione, la condotta del responsabile del Servizio Rendicontazione, le condotte dei dirigenti generali, degli Assessori e del Presidente pro tempore, una macroscopica manifestazione di Pag. 38 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 disinteresse per l’oculata gestione delle risorse pubbliche”. Come negli anni passati, anche nell’anno 2014 è stata più volte affrontata la problematica relativa alla risarcibilità del danno all’immagine subito dall’Amministrazione, in conseguenza della commissione dei reati definitivamente accertati con sentenza penale irrevocabile di condanna, pronunciata nei confronti di dipendenti per i delitti contro la pubblica amministrazione, previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, ai sensi dell’art. 17, comma 30-ter, della L. n. 102/2009, come modificato dalla L. n. 141/2009. La espressa individuazione di una categoria di delitti, ha determinato la declaratoria di inammissibilità (sentenza n. 654/2014) della domanda risarcitoria per il danno all’immagine, correlata ad una condanna per millantato credito, truffa e minaccia posti in essere dal convenuto, non rientrando tali reati tra quelli previsti dalla norma. Non si è, infatti, ritenuta possibile un’estensione della tutela risarcitoria del danno all’immagine ad altre tipologie di reati non contemplati, avuto anche riguardo a quanto affermato dalla Corte costituzionale (ordinanze nn. 219, 220 e 221, depositate il 21 luglio 2011), secondo cui “la scelta di non estendere l’azione risarcitoria anche in presenza di condotte non costituenti reato, ovvero costituenti un reato diverso da quelli espressamente previsti, può essere considerata non manifestamente irragionevole”. Le pronunce di condanna per il risarcimento della lesione di immagine subita dalle amministrazioni sono state emesse nei confronti di componenti delle forze dell’ordine, maresciallo dei Carabinieri (sentenza n. 961/2014) e dirigente della Polizia postale (sentenza n. 950/2014), consiglieri e amministratori comunali (sentenze nn. 931/2014, 539/2014, 317/2014) Sindaco e componenti di una Giunta comunale (sentenza n. 306/2014). Nell’ambito dell’Amministrazione sanitaria la tipologia più frequente di giudizi instaurati nei confronti degli operatori delle Aziende è costituita da recuperi di somme pagate a titolo di risarcimento a soggetti privati danneggiati da errori sanitari commessi da medici in occasione dell’esercizio della professione. In questi casi si tratta quasi sempre di ipotesi di danno indiretto, in quanto il giudice contabile viene chiamato quando già il soggetto danneggiato è stato Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 39 risarcito dall’Azienda, al fine di accertare la fondatezza dell’azione di rivalsa esercitata dal Procuratore regionale. E’ stato, così, ritenuto comportamento gravemente negligente per tutta una equipe chirurgica (sentenza n. 382/2014) la dimenticanza all’interno dell’addome della paziente di tessuti di garza utilizzati nel corso di un intervento chirurgico, così come è stata riconosciuta la colpa professionale del medico operatore che, con inescusabile imperizia, non sarebbe riuscito ad evitare la lesione dei nervi ricorrenziali e delle paratiroidi in esito ad una operazione di tiroidectomia (sentenza n. 936/2014). Diversa tipologia di danno è quello provocato da un medico, primario del laboratorio di analisi di un’azienda sanitaria, che per sei lunghi anni, attraverso un articolato meccanismo truffaldino, ha gravemente compromesso le casse dell’amministrazione di appartenenza per acquisti di prodotti non giustificati dal reale fabbisogno dell’ente. Egli, infatti, si appropriava di strumenti diagnostici nonché di reagenti di laboratorio, di cui aveva la disponibilità in ragione del suo ufficio, e dopo averli opportunamente rietichettati e confezionati li rimetteva in commercio, con l’ausilio di società compiacenti, rivendendoli allo stesso presidio sanitario dove prestava servizio, per poi riappropriarsene e rimetterli nuovamente in circolazione (sentenza n. 1067/2014). Le fattispecie di responsabilità concernenti l’appropriazione di denaro da parte di pubblici dipendenti si sono moltiplicate, forse agevolate dall’uso degli strumenti informatici che consentono, a chi si fornisca di dispositivi idonei, di dirottare somme più facilmente, mascherandone la destinazione. In proposito è stata emessa una pronuncia di condanna in favore dell’INPS per un danno provocato da un impiegato che, attraverso i terminali che aveva in uso per ragioni d’ufficio, in numerose occasioni, inseriva come beneficiari d’importi arretrati di trattamenti pensionistici soggetti non legittimati, oppure faceva artatamente figurare questi ultimi quali delegati alla riscossione da parte di quegli eredi che avevano formulato istanze per ottenere il pagamento delle somme spettanti ai rispettivi danti causa (sentenza n. 1292/2014). Con modalità analoghe, ma molto più sofisticate, la Regione siciliana ha subito una truffa da parte di un dipendente infedele, il quale attraverso una falsificazione sistematica dei mandati, sia informatici che cartacei, aveva disposto Pag. 40 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 l’accredito di somme, anziché sui conti correnti dei legittimi titolari dei diritti di credito da soddisfare, sul conto corrente del funzionario o di suoi prestanome. In tale fattispecie, il Collegio, ritenuto che la truffa non si sarebbe potuta verificare qualora gli altri dipendenti coinvolti avessero esercitato le funzioni loro assegnate con la doverosa solerzia ed attenzione, ha esteso la condanna anche a chi non aveva custodito il dispositivo informatico ed ai dipendenti dell’Ufficio di ragioneria che non avevano adeguatamente vigilato. Fattispecie dello stesso tenore hanno riguardato, un direttore dei servizi generali amministrativi di un istituto professionale che si era per anni appropriato di somme di denaro, provocando un danno di euro 705.493,95 (sentenza n. 1125/2014); il responsabile dell’ufficio contravvenzioni della polizia municipale che aveva omesso il riversamento alla tesoreria comunale delle sanzioni amministrative riscosse (sentenza n. 963/2014); un assistente amministrativo scolastico incaricato della gestione dei “cedolini paga,” che si era attribuito, negli anni dal 2008 al 2010, differenze stipendiali non dovute (sentenza n.793/2014); ufficiali giudiziari con responsabilità di gestione della cassa presso l’U.N.E.P. di Catania, per un ammanco di oltre 110 mila euro (sentenze nn. 453/2014 e 915/2014); funzionario di un comune che fingeva di pagare indennità di esproprio sulla base di documentazione falsa appositamente predisposta (sentenza n. 204/2014). Una fattispecie particolare di responsabilità ha riguardato il danno derivato alla Regione Siciliana ed ai Comuni di Taormina, Siracusa, Castelvetrano, Calatafimi, Segesta e Marsala per effetto del mancato versamento in Tesoreria, da parte della società concessionaria del servizio, delle somme riscosse per la vendita dei biglietti di accesso ai siti archeologici (sentenza n. 596/2014). Preliminarmente, ai fini della affermazione della giurisdizione di questa Corte, è stata richiamata la legge 25 marzo 1997, n. 78, che nel sopprimere la tassa d'ingresso per l'accesso a monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità dello Stato, prevista dal regio decreto 11 giugno 1885, n. 3191, stabilì che tale accesso fosse consentito dietro pagamento di un biglietto e che gli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti d'ingresso fossero destinati a specifiche finalità pubblicistiche (interventi pubblici per la ristrutturazione e l’adeguamento di siti Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 41 culturali – art. 3, comma 1, della legge 27 giugno 1985, n. 332, come sostituito dall'articolo 5 della legge 29 dicembre 1990, n. 431). Con decreto del Ministro dei beni culturali 11 dicembre 1997 n. 507, vennero ulteriormente precisati i criteri per la determinazione del prezzo dei biglietti di accesso, per l’emissione, la distribuzione, la vendita e la verifica dei biglietti, prevedendo che l’eventuale gestore privato trattenesse per sé esclusivamente l’aggio remunerativo degli oneri di riscossione. La Regione siciliana, con legge n. 10/1999, recepì tale decreto, prevedendo le modalità di adeguamento delle tariffe di ingresso. L’anzidetta normativa evidenzia, pertanto, che il gestore agisce in nome e per conto della pubblica amministrazione, titolare del denaro riscosso, che la determinazione del prezzo del biglietto (tariffa) soggiace ad una disciplina pubblicistica e che gli introiti sono acquisiti con vincolo di specifica destinazione (vedasi anche il D. Lgs. n. 42/2004, art. 115). Alla luce di tale normativa, l’affidamento di servizi che l’amministrazione avrebbe potuto direttamente svolgere nell’espletamento di specifiche funzioni istituzionali e l’assunzione dell’obbligo di riversamento nelle casse regionali delle somme riscosse per la vendita dei biglietti per l’accesso alle aree archeologiche, integra un rapporto di servizio tra la Regione siciliana e la società concessionaria, in base al quale si configura la sussistenza della giurisdizione contabile. Ha ritenuto, altresì, il Collegio che il rapporto di servizio si configuri anche nei confronti dei Comuni presso cui insistono le aree archeologiche, dovendo parte delle somme riscosse essere versate ai Comuni di Taormina, Siracusa, Castelvetrano, Calatafimi Segesta e Marsala. Calcolato l’importo del danno in relazione alle somme introitate e mai riversate, la società è stata condannata, in definitiva, a pagare alla regione siciliana la somma di € 16.032.328,09. Pag. 42 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Giudizi di pensione Il carico dei giudizi pendenti all’inizio dell’anno 2014 ammontava a 3.180 ricorsi. A seguito di una ricognizione e revisione degli archivi, è stato rideterminato in 2.383, di cui 2.048 civili, 300 militari e 35 di guerra. Nel corso dell’anno giudiziario ne sono pervenuti 596, di cui 534 civili, 59 militari e 3 di guerra. Dal secondo semestre del 2015, le udienze monocratiche dei magistrati assegnati alla Sezione sono state ridotte ad una mensile, sia per il minore carico di contenzioso sia per consentire ai magistrati di dedicarsi all’esame dei conti giudiziali. Le udienze pensionistiche sono state complessivamente n. 134 e nella fissazione dei giudizi i giudici unici hanno seguito l’ordine del ruolo, con correttivi riguardanti l’età del ricorrente e le sue condizioni di salute. Per le istanze cautelari, la camera di consiglio fissata per il relativo esame, di norma, è quella più prossima, compatibilmente con la salvaguardia dei termini processuali. Sono stati decisi 1.290 ricorsi, di cui 1.111 civili, 162 militari e 17 di guerra. Tra questi, 445 sono stati definiti con sentenze di accoglimento, 622 con sentenze di rigetto, 92 con sentenze di estinzione e 127 con altra tipologia di pronunce. Alla data del 31 dicembre 2014 risultano ancora pendenti 1.689 ricorsi di cui 1.471 di pensioni civili, 197 di pensioni militari e 21 di pensioni di guerra. Con riferimento ai giudizi per equa riparazione, che hanno riguardato soltanto il contenzioso pensionistico, sono state prese in carico 40 richieste di deduzioni da parte dell’Avvocatura dello Stato che sono state tutte evase. Come risulta dai dati numerici sopra riportati, il carico delle pendenze è quasi del tutto esaurito, essendosi ridotto ad un arretrato praticamente fisiologico, quasi corrispondente alle sopravvenienze dei nuovi ricorsi, anche se il settore relativo al contenzioso pensionistico merita sempre un attento monitoraggio. In materia procedurale una importante pronuncia attinente alla presentazione del ricorso, è stata emessa in materia di notifica a mezzo di posta elettronica certificata. Con la sentenza n. 1207/2014 è stata dichiarata l’inammissibilità del Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 43 ricorso, proposto personalmente dalla parte, trasmesso via posta elettronica certificata. Secondo il GUP, infatti, della notificazione con modalità telematica a mezzo di posta elettronica certificata, prevista dall’art. 3 bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53, può avvalersi esclusivamente «l’avvocato (…) munito di procura alle liti a norma dell'articolo 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell'ordine nel cui albo è iscritto dell'articolo 7 della a norma (medesima) legge» (art. 1, comma 1), utilizzando esclusivamente l’indirizzo di posta elettronica certificata «risultante da pubblici elenchi». Dunque, la ricorrente, agendo personalmente, non poteva avvalersi della posta elettronica certificata per notificare l’atto introduttivo del giudizio, difettando radicalmente tutte le condizioni alla cui ricorrenza è subordinata la possibilità di ricorrere alla modalità di notificazione alternativa a quella disciplinata dagli artt. 137 e ss. cpc. Anche quest’anno, tra le tematiche maggiormente ricorrenti in materia pensionistica, si segnalano quelle relative agli indebiti pensionistici ed ai limiti della recuperabilità delle somme percepite indebitamente. In proposito, nonostante fosse stata sollevata dalla terza sezione centrale d'appello della Corte dei conti, questione di illegittimità costituzionale dell’art. 204 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), in riferimento agli artt. 3, 36, primo comma, 38, secondo comma, e 97 della Costituzione, nella parte in cui non consente la revoca o la modifica del provvedimento definitivo di liquidazione del trattamento pensionistico anche nel caso di errore di diritto, nessuna ordinanza di sospensione dei giudizi per la pendenza della questione è stata adottata dai Giudici Unici di questa Sezione. In materia di recuperi di indebiti pensionistici, è stato accolto il ricorso promosso avverso un provvedimento di rideterminazione di un trattamento di reversibilità per superamento dei limiti di cumulabilità con altri redditi del beneficiario, previsti dalla Tab F. della L. 8/8/1995, n. 335 (Sent. 46/2014 del 10/1/2014). Il Giudice ha ritenuto meritevole di considerazione la circostanza che l’Ente previdenziale era in possesso delle informazioni per far luogo alla verifica dei limiti di cumulabilità dei redditi, atteso che il parametro reddituale che aveva Pag. 44 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 determinato il superamento della soglia stabilita nella Tab F e, conseguentemente, comportato la spettanza di una minore percentuale delle pensioni di reversibilità, era costituito dagli importi percepiti a titolo di pensione diretta. Contestualizzando l’obbligo di comunicazione a carico del percettore di pensione nel mutato scenario della disciplina dell’azione amministrativa delineato dall’art. 18 della L. 241/1990, poiché l’Ente resistente era l’erogatore dei due trattamenti di pensione che concorrevano a determinare il reddito dell’odierna ricorrente, il GUP ha ritenuto che il medesimo Ente aveva o avrebbe dovuto avere, per dovere d’ufficio, conoscenza di atti, fatti, qualità e stati soggettivi relativi al beneficiario e rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina sul cumulo dei redditi di cui alla Tab F della L. 335/1995. Pertanto disponendo delle informazioni necessarie, avrebbe dovuto far luogo autonomamente all’applicazione della disciplina sul cumulo dei redditi. In materia di determinazione degli emolumenti che compongono il trattamento di quiescenza è stato affermato (sentenza n. 681/2014) che le disposizioni dell’articolo 67 del dpr n.1092/1973 - che disciplinano le modalità di calcolo del trattamento pensionistico privilegiato spettante al militare, distinguendo in base all’anzianità dallo stesso posseduta - sono state dettate in un contesto normativo in cui le pensioni erano calcolate sulla base del solo metodo retributivo. Tale circostanza, tuttavia, non autorizza l’operatore del diritto ad interpretazioni addittive, quali quella avanzata nel ricorso in esame, secondo la quale, per le pensioni calcolate con il sistema misto, dovrebbe trovare applicazione il secondo comma dell’art.67, dpr n.1092/1973, non per il calcolo del trattamento pensionistico privilegiato tout court, ma soltanto per il calcolo della cd. quota A, da aggiungere poi alle quote B e C. Una simile lettura della legge sarebbe irrazionale ed in evidente contrasto con la ratio della riforma pensionistica degli anni novanta, perché finirebbe con l’introdurre un trattamento di maggior favore per coloro ai quali spetta un trattamento pensionistico calcolato con il sistema cd. Misto e determinando, inoltre, un beneficio in misura vieppiù maggiore per coloro che vantano una minore anzianità alla data del 31.12.1992, rispetto a coloro che hanno assunto servizio in epoca più remota. Con riferimento alla disciplina giuridica pensionistica dei dipendenti Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 45 regionali, non è stata riconosciuta (sentenza n. 1309/2014) meritevole di accoglimento la domanda del dipendente regionale, assunto successivamente alla entrata in vigore dell’art. 10 della L.R. n. 21/1986, che ha esteso il regime previdenziale statale a tutti i dipendenti regionali, mantenendo in vita il precedente regime previdenziale disciplinato dalla L.r. n. 2/1962 unicamente per i dipendenti già in servizio, volta ad ottenere il riscatto del periodo di studi universitari secondo i parametri più favorevoli previsti dall’art. 77 della l.r. n. 41/1985. Il riferimento al regime previdenziale statale contenuto nell’art. 10 della l.r. n. 21/1986 deve essere necessariamente inteso come comprensivo anche della normativa relativa al riscatto del periodo di studi a fini previdenziali. Diverse pronunce adottate dalla sezione nell’anno trascorso hanno riguardato ricorsi in materia pensionistica proposti al fine di ottenere la restituzione del c.d. “contributo di solidarietà”, gravante sui trattamenti di quiescenza in forza di quanto stabilito dall’art. 18, comma 22 bis, del decreto n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, oggetto di restituzione solo parziale da parte dell’Inps. Dopo la pronuncia da parte della Corte Costituzionale della sentenza n. 116/2013, adottata a seguito delle ordinanze di rimessione delle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti per la Campania e per il Lazio, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di tale disposizione, ritenuta in contrasto con gli articoli gli articoli 3 e 53 della Carta fondamentale, l’INPS provvedeva a restituire solo la sorte capitale della somma. I giudici di questa Sezione (cfr. sentenza n. 874 del 10 luglio 2014 e sentenze n. 1047,1048, 1049 del 24 luglio 2014) hanno stabilito, invece, che gli importi in questione dovevano essere restituiti maggiorati degli interessi legali e dell’importo differenziale della rivalutazione, secondo il criterio dell’assorbimento, poiché le decurtazioni, seppure inizialmente sostenute da un adeguato supporto normativo, erano da considerarsi ab origine illegittime a seguito della menzionata declaratoria di incostituzionalità della Corte costituzionale, avente, come è noto, effetto retroattivo. In definitiva, essendo stati erogati ratei di pensione in misura minore rispetto al dovuto, dovevano trovare applicazione le norme riguardanti i crediti di natura previdenziale (in senso conforme vd. le pronunce della Sezione Lazio nn. 113, 355 e 581 del 2014; nn. 37, Pag. 46 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 42 e 43 del 2014 della Sezione Piemonte; n. 94 della Sezione Emilia Romagna n. 94/2014; n. 86/2014 della Sezione Sardegna; di segno opposto le soluzioni elaborate dalla Sezione Campania nella sentenza n. 676/2014 e dalla Sezione Trentino Alto Adige Sede di Bolzano n. 27/2013). Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 47 Conti giudiziali Alla data del 1 gennaio 2014 i conti giudiziali depositati presso la Sezione erano 40.116, di questi 13.842 erano conti dello Stato, 21.837 conti degli enti locali, 4.437 conti delle aziende sanitarie. Nel corso dell’anno sono stati presi in carico 4.596 conti, di cui 766 dello Stato, 3.432 degli enti locali, 398 delle aziende sanitarie. Durante l’anno sono state depositate dai magistrati 3.807 relazioni, che hanno comportato il discarico con decreto presidenziale di 194 conti, la definizione con sentenza di 12 conti e la declaratoria di estinzione per 3.447, con un incremento percentuale per quanto riguarda i decreti di estinzione del 827%. Alla data del 1.1.2015 risultano pendenti 41.059 conti, di cui 13.824 riguardanti lo Stato, 22.813 gli Enti locali, 4.422 le Aziende sanitarie. Per sollecitare la presentazione dei conti da parte degli enti locali, nel mese di luglio dello scorso anno, questo Presidente ha predisposto l’invio, tramite PEC, a tutti i comuni della Regione Sicilia, di una informativa sui criteri da osservare in relazione alle modalità e ai tempi di presentazione dei conti giudiziali alla Sezione da parte di tesorieri e agenti contabili. Alcuni (pochi) comuni hanno adempiuto all’obbligo, secondo le indicazioni impartite, ma la maggior parte di essi non ha dato alcun riscontro alla nota inviata. Per questi ultimi si è provveduto a fare la dovuta segnalazione alla procura regionale, in modo da instaurare, nei confronti dei contabili inadempienti, il giudizio per resa di conto, cui seguirà, in caso di ulteriore inosservanza degli obblighi, l’irrogazione delle sanzioni a loro carico e la compilazione d’ufficio del conto. Ma anche gli enti locali che hanno risposto alla richiesta, quasi mai hanno compilato il conto secondo il modello previsto dalle norme in materia (dlgs n. 267/2000 e DPR n. 196/ 1994) o hanno allegato al conto la corretta documentazione. Di conseguenza si è reso necessario, in sede di revisione, richiedere integrazioni della documentazione mancante e chiarimenti in merito ai dati riportati nei conti. I tempi di revisione, nonostante tutte le richieste istruttorie e le risposte dei comuni si svolgano con l’uso quasi esclusivo della PEC, si sono, Pag. 48 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 così, rallentati, come dimostra il dato relativo alle istruttorie iniziate, circa 200, e non ancora concluse . Per rendere maggiormente veloce ed efficiente il settore, dal mese di giugno 2014 è stato attivato ed è operativo il programma SIRECO che permette, a cura dello stesso ente locale, di collegarsi al sito WWW.CORTECONTI.IT e di trasmettere per via telematica, dopo una procedura di registrazione, il conto giudiziale secondo le indicazioni impartite dal programma. L’utilizzo del programma SIRECO permette di ridurre i tempi di presentazione del conto, nel rispetto della finalità di dematerializzazione cui la P.A. tende e che coinvolge tutti i settori, e di ottimizzare i contenuti dell’invio dei conti giudiziali e dei relativi allegati riducendo, le eventuali e al momento numerose, richieste di documentazione e di conseguenza, i tempi di revisione. Per incentivare l’utilizzo di SIRECO è nelle intenzioni della Sezione inviare una comunicazione ai comuni, tramite PEC, relativamente alla possibilità di utilizzare tale programma, scandendo i tempi di invio, secondo un ordine che farà riferimento al numero di abitanti di ciascun comune. Per assolvere all’esigenza di gestire nell’ambito della Segreteria della Sezione - Servizio Conti Giudiziali il flusso di lavoro relativo all’assegnazione ed all’esame dei conti dai singoli magistrati al revisore contabile, è stata realizzata una mini “app”. A seguito di incontri fra il responsabile del Servizio Conti e il funzionario Informatico della DGSIA CUS, sig. Francesco Fortino, è stato stilato un documento sulle necessità applicative, procedendo successivamente dopo una breve analisi dei requisiti alla progettazione della mini app Sharepoint. In sintesi è stato analizzato il flusso di lavoro con le varie fasi di entry data, è stato richiesto il supporto del Cus per la gestione avanzata dei permessi di accesso agli elementi “Conti Giudiziali” e sono stati eseguiti test sulla procedura e messa in esercizio. Il progetto, a costo zero e realizzato a mezzo delle risorse interne all’amministrazione, serve principalmente alla gestione flusso magistrato – revisore ed è strutturato principalmente su due fasi di lavoro. La prima cosiddetta di data entry prevede l’inserimento dei conti ad opera del personale delle segreterie dei conti giudiziali che caricano sul programma i Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 49 conti assegnati ai singoli magistrati e contestualmente ai revisori. La seconda fase prevede un utilizzo esclusivo degli elementi riferiti ai conti ad opera dei revisori e dei magistrati, permettendo a questi ultimi di visualizzare cronologicamente gli stadi dell’esame del conto e di scambiare le informazioni con il revisore. La Mini App, in virtù dei requisiti richiesti, consente una visualizzazione globale esclusivamente al Presidente e al Funzionario responsabile del Servizio. Per il magistrato titolare del conto nonché per il revisore i permessi di accesso in modalità di visualizzazione e modifica dei dati vengono assegnati in automatico dal flusso di lavoro, da ciò ne consegue che entrambe le categorie potranno accedere esclusivamente ai conti attribuiti nella fase iniziale del caricamento dei dati. La gestione flusso magistrati prevede oltre all’inserimento dei metadati l’associazione di uno o più file all’elemento conto giudiziale. L’adozione della suddetta mini-app, nel rispetto dell’uso dell’applicativo primario SISP permette, sfruttando le caratteristiche avanzate di sharepoint, non soltanto una gestione fluida dei metadati associati a documenti in formato digitale, ma anche l’accesso alla procedura dall’esterno pur mantenendo elevati standards di sicurezza. Come già in questa relazione evidenziato, per fare fronte alle esigenze del settore, è stato necessario procedere ad una riorganizzazione dei servizi, destinando maggiori risorse umane al settore, attraverso l’assegnazione ad esso di un maggior numero di personale, sia di segreteria, per accelerare le procedure di presa in carico, che di revisione, per l’esame nel merito dei conti stessi. L’ingentissimo numero di conti, tuttavia, dimostra l’assoluta insufficienza del personale amministrativo assegnato al loro esame, nonostante la competenza e la dedizione della responsabile del settore, dott.ssa Claudia Chiarello, e di tutto il personale addetto alla revisione ed alle segreterie. Tra l’altro, il numero dei conti da esaminare è certamente destinato ad aumentare per avere questa Sezione attivato nei confronti di una molteplicità di contabili il procedimento per la fissazione del termine per la resa del conto, nonché per le nuove tipologie di agenti contabili che attraverso attività istruttorie Pag. 50 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 mirate vengono via via individuate. Tra le questioni emerse in corso di istruttoria, per quanto riguarda il settore relativo ai conti dello Stato, dall’esame dei conti depositati dagli UVAC (uffici veterinari per gli adempimenti comunitari), è emerso che soltanto dal 2013 il Ministero della salute ha dato disposizioni per il rispetto del principio dell’alterità tra soggetto controllore e soggetto controllato, ai fini della parificazione delle scritture dell’agente contabile. Su tali conti - aventi una struttura complessa, perché relativi a più attività che comportano riscossione di somme di pertinenza sia dello Stato che della Regione e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale - sono state espletate indagini istruttorie, attinenti sia al contenuto specifico del conto e della documentazione giustificativa da allegare, sia a profili più generali. In particolare, poiché alcuni conti sono stati sottoscritti e presentati da persona diversa dal contabile, si è ritenuto di chiedere alla Sezione di valutare se il giudizio possa considerarsi correttamente instaurato sin dalla data di presentazione del conto, anche ai fini della decorrenza del termine di estinzione, se vi sia corresponsabilità dell’agente contabile uscente e di quello subentrante e se occorra acquisire la sottoscrizione del conto da parte dell’agente contabile uscente. Nel corso dell’esame dei conti giudiziali relativi all’attività di rilascio dei passaporti, è stato rilevato che i conti pervengono con notevole ritardo, in parte addebitabile al contabile, in parte all’Ufficio centrale di bilancio incaricato dell’apposizione del visto di regolarità amministrativo- contabile. I ritardi sono stati spiegati con le difficoltà presenti nella compilazione del conto, che rendono necessarie correzioni di ufficio, perché, pur essendo il modello unitario, deve essere compilato in modo differente per la parte relativa al rilascio dei passaporti elettronici e per la parte relativa al rilascio dei passaporti collettivi; questo in quanto il contabile ha maneggio di denaro soltanto nel secondo caso. Con riferimento ai conti della Motorizzazione civile, si è rilevato che nella compilazione del modello DGM 125 (relativo alla cessione di targhe) non viene data evidenza all’attività di cessione di targhe effettuata tramite STA (studi di consulenza automobilistica). Ne consegue che non è possibile diversificare il numero di targhe scaricate dal contabile dal numero di targhe effettivamente Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 51 rilasciate all’utenza per l’immatricolazione e che si rende necessario acquisire documentazione integrativa al fine di poter verificare che i versamenti effettuati dall’utenza, pur non corrispondenti al valore discaricato dal contabile, siano congruenti rispetto al valore delle targhe effettivamente cedute. Nell’esame dei conti relativi alla gestione degli stampati ceduti a pagamento, per i quali l’utente procede al versamento del dovuto su apposito conto corrente allegando la relativa attestazione alla domanda di rilascio (targhe di circolazione, passaporti, patenti nautiche, etc.), è emerso che, sulla base di apposite circolari emesse dalla Ragioneria generale del Stato, le amministrazioni si sono orientate nel senso di non allegare al conto le attestazioni di versamento degli importi pagati dagli utenti, ma di apporre a tergo del conto giudiziale una dichiarazione sostitutiva. Laddove si è ritenuto di chiedere tale documentazione giustificativa al fine di poter verificare la corrispondenza tra le somme indicate nel conto e le somme effettivamente versate nelle casse erariali, le amministrazioni stanno manifestando difficoltà nel reperire la documentazione o nell’ottenere, in alternativa, conferma degli incassi da parte dei soggetti incaricati della gestione dei rapporti di conto corrente. Nelle istruttorie relative alla posizione degli agenti contabili degli enti locali, si è rilevato che non sempre vengono utilizzati i modelli di cui al dpr n.194/96 e che, anche laddove tali modelli sono utilizzati, non sempre il grado di informazione che forniscono è sufficiente. In particolare, tale considerazione vale per il modello 21, adoperato per rendicontare attività di natura diversa; la circostanza poi che tale modello non preveda la compilazione di un quadro riassuntivo dei pagamenti effettuati con sistemi diversi dal contante, rende necessario in ogni caso una ulteriore istruttoria per poter quadrare le risultanze del conto con le voci del conto del tesoriere. In alcuni conti oggetto di istruttoria, sempre relativi agli enti locali, si è rilevato che il dettato dell’articolo 153, comma 7, del decreto legislativo n. 267/2000 è stato interpretato nei regolamenti comunali in senso estensivo del ruolo dell’economo. La locuzione “di non rilevante ammontare” riferita alle spese economali, infatti, è stata intesa dai Comuni nel senso che sia necessario prevedere un tetto (per singola spesa e/o per ammontare complessivo mensile), ma Pag. 52 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 fissandolo liberamente: ciò ha determinato alle gestioni degli economi di raggiungere importi totali rilevanti. Atteso che manca un parametro di sicuro riferimento per tali quantificazioni, si è ritenuto che la circostanza non condizioni gli esiti del giudizio di conto, ma, per la sua rilevanza, la si è evidenziata nelle relazioni finali. Approfondimenti sono in corso anche con riguardo alla classificazione delle spese economali, poiché non sempre i regolamenti appaiono in linea con gli approdi della giurisprudenza di questa Corte (ad esempio, in materia di spese di rappresentanza). L’importanza del giudizio di conto per la sua natura e quale strumento necessario per il controllo del corretto utilizzo dei flussi di denaro, costituisce anche l’occasione per la stessa Corte per venire a conoscenza di fatti, atti o procedure irregolari, relative a entrate e a spese, che possono innestare successivi e ed eventuali giudizi di responsabilità amministrativa. In questa ottica è importante che l’esame del conto non si limiti al profilo della mera correttezza nella computazione di somme, ma occorre anche verificare la correttezza sostanziale di quelle spese che pur rientrando nei margini di manovra del contabile, non hanno tuttavia stretta pertinenza con la sua attività In definitiva l’esame di un conto deve riguardare non solo la veridicità e la corrispondenza dei dati numerici, ma anche l’accertamento dell’osservanza delle disposizioni contenute nelle fonti di affidamento, in modo che venga verificato il rispetto del limite posto dalle norme nell’utilizzo del denaro, la cui destinazione deve tendere al soddisfacimento dell’interesse pubblico da perseguire con criteri di efficienza, efficacia ed economicità. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 53 Conclusioni Concludo questa relazione sull’attività della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Regione Sicilia nell’anno 2014, formulando un profondo ringraziamento ai colleghi del mio ufficio, con i quali ho collaborato. Si tratta di magistrati di alto valore, per merito dei quali è stata smaltita una grande mole di lavoro, con risultati di indubbia qualità. Siamo anche stati supportati da personale amministrativo di eccellenza, che ha saputo affrontare, con responsabilità e spirito di sacrificio, il lavoro e tutti i nuovi impegni che questa Sezione ha mandato avanti. Un sentito ringraziamento devo anche rivolgere ai colleghi della Procura regionale, motore di gran parte della nostra attività, per la serietà e l’equilibrio con cui assolvono le loro funzioni, così come ai rappresentanti dell’Avvocatura e del libero foro, che con professionalità, lealtà e correttezza garantiscono lo svolgimento di un processo giusto ed imparziale. Stima e gratitudine devo esprimere nei confronti del Collegio medico legale, prezioso collaboratore della funzione giudicante in materia pensionistica. Ringrazio, infine, il Presidente ed i colleghi della Sezione del controllo, che svolgono un lavoro diverso ma uguale: diverso nei contenuti, per la specificità delle loro funzioni, ma uguale per l’autonomia e l’indipendenza con cui tutti noi magistrati operiamo, assoggettati solo alla legge. Credo fermamente che le nostre rispettive attività, complementari l’una all’altra, se bene esercitate, potrebbero fungere da baluardo contro la cattiva amministrazione. Grazie, infine, agli organi di stampa la cui presenza dimostra l’attenzione sempre avuta per l’attività della Corte e, come sempre, grazie anche a tutti voi intervenuti per la pazienza dimostrata nell’ascoltare. A questo punto invito il Signor Procuratore Regionale a svolgere la sua relazione. Pag. 54 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 RASSEGNA DECISIONI 2014 RASSEGNA DECISIONI 2014 RESPONSABILITA’ Sentenza n. 305/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Colavecchio La formulazione letterale dell’art. 2901 c.c., ove è previsto espressamente che il creditore possa esercitare l’azione revocatoria “anche se il credito è soggetto a condizione o a termine” nonché l’inclusione della disposizione normativa in questione nel capo V del titolo III del libro VI del codice civile, rubricato “dei mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale”, comporta che per l’esperimento dell’azione revocatoria è sufficiente l’esistenza di una ragione di credito ancorché sottoposta ad accertamento giudiziale. Sentenza n. 539/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Colavecchio La quantificazione del danno in via equitativa, effettuata ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c., è subordinata alla condizione che sia obiettivamente impossibile o particolarmente difficile per il pubblico ministero contabile provare il danno nel suo preciso ammontare e, tuttavia, l’attore pubblico non è esonerato dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto a sua disposizione affinché l’esercizio del potere equitativo sia il più possibile volto a colmare solo le lacune insuperabili nell’iter della determinazione dell’equivalente pecuniario del danno stesso. Sentenza n. 647/2014 - Presidente f.f. Est. G. Colavecchio L’assoluzione di un dipendente di un ente locale al quale sia stato imputato il danno connesso al pagamento di sanzioni per l’omesso versamento periodico dell’i.v.a., non rientrando tale adempimento nei compiti di sua spettanza come evincibile dal regolamento di organizzazione degli uffici, non può che comportare automaticamente anche l’assoluzione di colui che (nella specie direttore generale) sia stato citato in giudizio solo per avere omesso di effettuare la necessaria vigilanza sull’operato del primo. Sentenza n. 764/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Colavecchio Uno dei presupposti del danno indiretto è costituito dal passaggio in giudicato della sentenza dalla quale è scaturito l’esborso da parte dell’amministrazione; solo in tale momento il danno assume i necessari caratteri della certezza e dell’attualità poiché nell’ipotesi contraria la decisione potrebbe essere suscettibile di riforma nei successivi gradi di giudizio, con obbligo di restituzione di quanto già corrisposto; eventuali provvedimenti emanati prima del passaggio in giudicato della sentenza hanno, conseguentemente, carattere meramente provvisorio e sono dettati dalla necessità di adeguarsi alle statuizioni immediatamente esecutive del giudice pena l’attivazione di ulteriori contenziosi con aggravio di costi; del resto, sarebbe contrario a ragioni di economicità processuale emettere una sentenza da parte della Corte dei conti su un presupposto di fatto incerto perché assumerebbe anch’essa i caratteri della provvisorietà, con ulteriore aggravio di costi e di spendita di attività per elidere gli effetti di eventuali operazioni di esecuzione, anche forzata nel caso di mancato adempimento spontaneo, poste in essere nelle more della formazione del giudicato civile. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 57 Sentenza n. 927/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Colavecchio Il principio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c. consente al giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e ponendo a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti; tale ricerca è permessa nei limiti del rispetto dell’art. 112 c.p.c. che regola il diverso principio di “corrispondenza tra chiesto e pronunciato”, con la conseguenza che non è consentito al giudice pronunziarsi oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e sono rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato (Nel caso concreto il Collegio ha condannato per violazione dell’art. 65 del d.p.r. n. 3/1957 e non per violazione dell’art. 53 del decreto legislativo n. 165/2001, come prospettato dal pubblico ministero, un dipendente dell’Università degli Studi di Palermo, poi licenziato, che a seguito di vincita di un concorso pubblico ha prestato contemporaneamente servizio anche presso la Regione Siciliana, con danno a carico di quest’ultima amministrazione per violazione del principio di esclusività della prestazione lavorativa). Sentenza n. 142/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi In un giudizio concernente un’ipotesi di danno erariale, asseritamente patito dal Ministero dell’Interno, connesso all’esborso dal medesimo sostenuto per dare provvisoria esecuzione ad una sentenza con la quale, in primo grado, era stata definita una vertenza promossa per il risarcimento delle lesioni subite da un soggetto all’esito di un rocambolesco inseguimento condotto da personale della Polizia di Stato, il Collegio ha ritenuto che il pagamento non integrasse un danno erariale connotato dal carattere della certezza, indispensabile affinché lo stesso potesse essere utilmente posto a fondamento di una richiesta risarcitoria innanzi al Giudice contabile. L’ipotizzato nocumento, ritenuto sussumibile nella categoria del danno erariale indiretto ed avente antecedente causale remoto nella condotta asseritamente antigiuridica degli Agenti di Polizia intervenuti nel fermo del fuggitivo e quello prossimo nel pagamento dell’obbligazione pecuniaria generata all’esito di un giudizio di primo grado celebrato innanzi al G.O. (condanna al risarcimento del danno in primo grado dell’Amministrazione), sebbene astrattamente ipotizzabile - valorizzando la materialità dell’operazione incidente sul pubblico erario, in coerenza con i principi affermati dalle SS. RR. di questa Corte con la Sent. 14/QM/2011 – è stato ritenuto non provvisto del carattere della definitività. In altri termini, in presenza di situazioni fluide, teoricamente suscettibili di evolvere in modo impronosticabile, il pagamento che l’Amministrazione, per scelta o per obbligo (come nel caso di sentenze provvisoriamente esecutive), ponga in essere, presenta già, nella realtà fenomenica, l’attitudine a deteriorare il patrimonio pubblico e, conseguentemente, a diventare elemento costitutivo della fattispecie della responsabilità amministrativa. Nella prospettiva processuale, però, per ritenere sussistente un danno indiretto, come quello azionato nella fattispecie, non è sufficiente la constatazione della esecuzione di un provvisorio adempimento, ma occorre che quest’ultimo rappresenti l’esecuzione di un’obbligazione definitiva. Al di là delle pur rilevanti ragioni di economia Pag. 58 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 processuale (che sembrerebbero sconsigliare l’avvio di azioni di tutela che potrebbero condurre a risultati incoerenti con gli assetti definitivi della vicenda), infatti, prima del consolidamento dell’obbligazione, il pagamento è comunque redimibile, di esistenza e consistenza incerti, potendo subire, all’esito delle fisiologiche dinamiche cui è soggetto il relativo accertamento, ogni possibile sorte. Dunque, è stato ritenuto che solo a conclusione della vertenza giudiziaria (passaggio in giudicato della sentenza o transazione con la quale le parti pongono fine alla lite) si potrà valutare l’esistenza del danno erariale ed, eventualmente, apprezzarne la misura: esclusivamente dopo quel momento, cioè, si avranno a disposizione gli indispensabili elementi di conoscenza per valutare, innanzitutto, se vi è un danno e, secondariamente, di quale entità esso sia. Sentenza n. 167/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi Sussiste la responsabilità amministrativa – per un danno quantificato in € 17.509,68 connessa alla erogazione, da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, della retribuzione per un incarico di lavoro a tempo determinato ad un soggetto che aveva ottenuto l’inserimento nella graduatoria permanente del personale ATA di cui all’art. 554 del D.Lgs. 297/1994 dichiarando titoli di servizio risultati in parte falsi. Sentenza n. 204/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi Sussiste la responsabilità amministrativa – per un danno quantificato in € 130.434,69 - del dipendente del Comune di Carlentini connessa agli indebiti pagamenti, posti in essere sulla base di documentazione materialmente e ideologicamente falsa, a beneficio del coniuge, con l’apparente motivazione di pagare indennità di esproprio, in realtà, non spettanti. Sentenza n. 493/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi Nel giudizio concernente un’ipotesi di danno erariale, patito dal Comune di Palma di Montechiaro, connesso al pagamento di un importo significativamente maggiore di quello dovuto per ottemperare alle statuizioni di condanna contenute in una sentenza passata in giudicato non è configurabile la condotta gravemente colposa in capo al funzionario dell’Ente locale che aveva effettuato il calcolo della somma da liquidare. Sebbene l’errore di calcolo compiuto dal funzionario che ha eseguito i conteggi per dare esecuzione alle statuizioni giudiziali assistite da forza di giudicato, abbia costituito l’antecedente fattuale su cui si è innestata la sequenza procedurale esitata con il pagamento di consistenza superiore al dovuto e che in diversi passaggi procedurali (espressione dei pareri richiesti per il tipo di adempimento in corso di realizzazione) un più scrupoloso esercizio delle funzioni di volta in volta esercitate avrebbe potuto portare alla tempestiva rilevazione dell’errore di calcolo e, conseguentemente, ad evitare l’inutile esborso di denaro, la valorizzazione della situazione contingente nella quale ha avuto luogo l’errato computo del debito dell’Ente nascente dalla sentenza ha indotto il Collegio ad escludere che la negligenza dell’agente abbia raggiunto quella soglia di significativa intensità richiesta dalla legge per la configurazione della responsabilità amministrativa. L’errore, ancorché grossolano ed evitabile con l’ordinaria diligenza, nello specifico contesto, è stato, quindi, ritenuto scusabile. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 59 Sentenza n. 503/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi Il giudizio, finalizzato a verificare la fondatezza della pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente due distinte ipotesi di responsabilità amministrativa che presentavano, quale elemento unificante e giustificativo dell’unicità dell’azione, la circostanza che l’asserito danno erariale era stato patito dallo stesso Ente (Comune di Vittoria) alle dipendenze del quale i soggetti ritenuti responsabili operavano nella veste di dirigenti, è stato ritenuto in parte fondato ed in parte inammissibile. Il Collegio ha reputato integrante gli estremi della responsabilità amministrativa la condotta del Dirigente del Settore Territorio ed Urbanistica dell’Ente locale che aveva conferito retroattivamente un incarico di posizione organizzativa e, conseguentemente, ravvisato sussistente un nocumento economico pari alla retribuzione di posizione e di risultato corrisposte per il periodo che precedeva il pertinente provvedimento di conferimento. Il medesimo Organo, invece, ha ritenuto inammissibile la porzione di controversia, promossa nei confronti del Direttore Generale dell’Ente locale, riguardante il massiccio ricorso all’istituto dell’incarico ad interim per assicurare la continuità di strutture che, nello specifico contesto organizzativo, avrebbero dovuto essere accorpate o riunite con uffici deputati a compiti omogenei, constatando la sostanziale perdita di continuità tra contenuto dell'invito e l’architettura finale impressa all’azione di responsabilità, con radicale mutamento sia della causa petendi che del petitum. Sentenza n. 517/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi È infondata la pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente un’ipotesi di danno erariale, patito dall’AGEA, connesso all’erogazione di premi per il sostegno e l'orientamento delle attività agricole previsti dal Reg. CE 1782/2003. Nonostante nella vicenda ricorressero criticità sotto il profilo della disponibilità di titoli idonei ad attribuire la disponibilità di superfici destinate al pascolo (ove si consideri che all’estensione dei terreni per i quali sussiste una titolata disponibilità è commisurato l’ammontare dell’aiuto), le pur rilevanti deviazioni rispetto alle prescrizioni della disciplina di settore, idonee sul piano oggettivo ad integrare a pregiudicare la spettanza degli aiuti e, conseguentemente, a qualificare come indebite le percezioni degli stessi, è stata esclusa la ricorrenza della colpa grave. Nel valutare lo scostamento del comportamento concreto, rispetto ad un modello di condotta specifico e pertinente, il Collegio ha ritenuto non poter prescindere dalla considerazione del patrimonio di cognizioni di base, informazioni ed esperienze dell’agente, tarando la prevedibilità ed evitabilità dell’evento sulle circostanze concrete, in cui la singola fattispecie si collocava. La valorizzazione di peculiari aspetti (è apparsa meritevole di considerazione, fra l’altro, la tipologia di attività svolta, la continuità nel tempo della stessa ed il suo esercizio in un ambito territoriale nel quale l’allevatore era radicato, nonché la qualità di modesto allevatore del percettore dei contributi, ricavabile dal numero degli animali allevati e dall’esiguo volume d’affari generato dall’impresa agricola) ha indotto il Collegio a non attribuire rilievo assorbente alle carenze formali dei titoli abilitanti alla fruizione dei terreni per il pascolo. Pag. 60 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Sentenza n. 713/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi Sussiste la responsabilità amministrativa per un danno erariale, patito dal Consorzio ASI di Agrigento, a carico del Dirigente responsabile dell’unità contabile dell’Ente, connesso al pagamento, asseritamente illecito, alla Cassa Nazionale Forense, di oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi riguardanti il Presidente del Consorzio. E’ stato ritenuto che i consorzi ASI non hanno la stessa natura dei consorzi fra enti locali, con la conseguenza che i componenti degli organi dei consorzi ASI non rientrano nella categoria degli amministratori locali e nei loro confronti non può trovare applicazione la speciale disciplina del pertinente status di cui alla LR 30/2000. La rilevata impossibilità di ricomprendere il Consorzio ASI nell’ambito di applicazione delle citate norme ha indotto il Collegio a ritenere indebiti i versamenti alla CNF dei contributi a beneficio del Presidente del medesimo consorzio. L’esborso sostenuto dall’Ente per tale scopo è stato ritenuto integrante un danno erariale causalmente riconducibile alla censurabile condotta gestoria, gravemente colposa, del convenuto, all’epoca dei fatti responsabile del settore amministrativo-contabile del Consorzio, cui competeva la preliminare verifica della sostenibilità della spesa e, esitato positivamente tale accertamento pregiudiziale, la corretta modulazione della spesa medesima. Tali già compromesse soluzioni gestorie sono risultate ulteriormente deteriorate dal fatto che gli esborsi sono stati sostenuti in periodi in cui il Consorzio, non avendo approvato i relativi bilanci di previsione, era in regime di gestione provvisoria e, perciò, abilitato ad effettuare solo le spese indifferibili ed urgenti. In definitiva, il Collegio ha ritenuto che, in un segmento dell’azione amministrativa particolarmente delicato qual è quello della spesa, vi sono state reiterate condotte caratterizzate da indifferenza per il contesto normativo di riferimento (al fine di valutare la fattibilità dell’esborso) e totale noncuranza dei fondamentali passaggi procedurali attraverso i quali ciascun flusso finanziario in uscita deve obbligatoriamente incanalarsi, dando prevalenza all’esigenza di esaudire la richiesta del Presidente del consorzio. Sentenza n. 714/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi Sussiste la responsabilità del Dirigente dell’Amministrazione regionale per aver colposamente ritardato l’attuazione della nuova pianta organica delle farmacie del Comune di Palermo non intraprendendo quelle iniziative che avrebbero consentito ad un farmacista di esercitare l’attività farmaceutica nell’ambito territoriale assegnatogli. Il danno è pari all’esborso sostenuto dalla Regione Siciliana per ottemperare alla condanna del Giudice Amministrativo a risarcire i danni patiti al farmacista cui era stato precluso il trasferimento nella nuova sede assegnatagli in esito al pertinente concorso, a causa dalla permanenza, nell’ambito territoriale assegnato in esclusiva, di altra farmacia decentrata in altra zona. Il Collegio ha ritenuto che il Dirigente, pur avendo la possibilità di ricorrere a mezzi di reazione che avrebbero consentito di attuare celermente l’assetto degli esercizi farmaceutici delineato con i decreti assessoriali, aveva colposamente omesso di impiegare strumenti risolutivi della situazione generata dal mancato trasferimento della sede farmaceutica, generando l’antecedente causale diretto ed immediato dell’esborso sostenuto dall’Amministrazione regionale per ottemperare alla statuizione giudiziale di condanna a risarcire il danno patito dal farmacista, che non aveva potuto operare nella sede assegnatagli. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 61 Sentenza n. 729/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi È infondata la pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente un’ipotesi di danno erariale, patito dall’AGEA, connesso all’erogazione di premi per il sostegno e l'orientamento delle attività agricole previsti dal Reg. CE 1782/2003. Nonostante nella vicenda ricorressero criticità sotto il profilo della disponibilità di titoli idonei ad attribuire la disponibilità di superfici destinate al pascolo (ove si consideri che all’estensione dei terreni per i quali sussiste una titolata disponibilità è commisurato l’ammontare dell’aiuto), le pur rilevanti deviazioni rispetto alle prescrizioni della disciplina di settore, idonee sul piano oggettivo ad integrare a pregiudicare la spettanza degli aiuti e, conseguentemente, a qualificare come indebite le percezioni degli stessi, è stata esclusa la ricorrenza della colpa grave. Nel valutare lo scostamento del comportamento concreto, rispetto ad un modello di condotta specifico e pertinente, il Collegio ha ritenuto non poter prescindere dalla considerazione del patrimonio di cognizioni di base, informazioni ed esperienze dell’agente, tarando la prevedibilità ed evitabilità dell’evento sulle circostanze concrete, in cui la singola fattispecie si collocava. La valorizzazione di peculiari aspetti ha indotto il Collegio a non attribuire rilievo assorbente alle carenze formali dei titoli abilitanti alla fruizione dei terreni per il pascolo. Sentenza n. 926/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi È infondata la pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente un’ipotesi di danno erariale, patito dal Comune di Acireale, connesso al pagamento delle spese di funzionamento di un collegio arbitrale, a comporre il quale era stato designato un soggetto che non presentava le caratteristiche stabilite nella convenzione d’arbitrato (non era stato scelto, cioè, «tra gli avvocati dello Stato o tra i componenti dell’Ufficio legislativo e legale della regione con qualifica di avvocato») ed imputato alla condotta gravemente colposa del funzionario dell’Ente locale che aveva proceduto alla nomina dell’arbitro. In particolare, premesso che non è ravvisabile una relazione necessariamente biunivoca tra non conformità dell’azione amministrativa ai parametri che la governano e dannosità per l’erario delle condotte che presentino scostamenti rispetto alle prescrizioni che ne regolano lo svolgimento, il Collegio, pur rilevando che l’arbitro scelto dall’Amministrazione non possedeva i requisiti per essere designato, ha ritenuto che tale profilo non avesse inficiato la decisione arbitrale alterandone l’efficacia. In altri termini, quella designazione, non avendo avuto ripercussioni sul lodo arbitrale, non avendone compromesso l’attitudine a definire la controversia sorta sulla liquidazione dei compensi professionali, ha finito per rappresentare una circostanza sostanzialmente neutra, non in grado di generare alcun tipo di pregiudizio per l’Ente. Sicché le spese di funzionamento del collegio arbitrale di cui il Comune era stato condannato a sostenere l’onere (pari a due terzi dell’intero) non hanno rappresentato «un esborso ingiustificato» costituendo normale remunerazione per il giudizio privato concluso con un lodo immune da vizi e, come tale, idoneo a comporre la vertenza Sentenza n. 1079/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi È infondata la pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente un’ipotesi di danno Pag. 62 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 erariale causalmente riconducibile alla condotta gravemente colposa di un agente della Polizia di Stato che, fuori dal servizio, allo scopo di arrestare la fuga di tre criminali che avevano appena commesso una rapina, esplodendo numerosi colpi di pistola, ha arrecato accidentalmente lesioni gravi ad una persona estranea ai fatti, colpita di rimbalzo, a notevole distanza dal luogo di svolgimento dei fatti, da un proiettile vagante che aveva mancato il bersaglio. In relazione a tale fatto, il Ministero dell’Interno, quale soggetto civilmente responsabile della condotta dell’agente condannato per il reato di lesioni colpose, aveva erogato, in ottemperanza al giudicato formatosi sulla pronuncia del giudice civile di primo grado, un cospicuo risarcimento. L’azione, che ha assunto i connotati della rivalsa nei confronti dell’autore della condotta dannosa per la quale l’Amministrazione di appartenenza ha sopporto i pertinenti oneri risarcitori, è risultata irreggimentata fra due giudicati: da un lato, quello penale che, formatosi in esito ad un procedimento ordinario, ha una portata condizionante circa i profili della condotta del convenuto che hanno formato oggetto di accertamento in quella sede. Dall’altro, quello civile, riguardante la sussistenza e la consistenza del danno, maturato all’esito di un processo celebrato anche con il coinvolgimento del soggetto evocato nel presente giudizio. Dunque, gli esiti degli apprezzamenti compiuti negli indicati plessi giudiziari hanno costituito dati non ulteriormente sindacabili. Sicché, i residui profili suscettibili di apprezzamento sono risultati quelli del grado di intensità della colpa che ha caratterizzato la condotta illecita e della congruità della porzione del danno che la Procura agente ha ritenuto di porre a carico del responsabile (3%). Invero, per ciò che attiene al primo profilo, il Collegio ha ritenuto la valutazione compiuta in sede penale sull’elemento soggettivo dell’agente è sostanzialmente neutra nel giudizio contabile nel senso che essa si è arrestata alla constatazione della sussistenza della colpa senza ulteriori, esplicite specificazioni sul grado della stessa. Procedendo ad una autonoma indagine circa il livello di intensità della colpa, il Collegio, pur rilevando che era stata definitivamente esclusa la sussistenza di cause scriminanti la condotta penalmente rilevante, ha considerato che le circostanze in cui aveva avuto luogo la reazione alla condotta criminosa inducevano ad escludere che la condotta fosse stata macroscopicamente negligente e imprudente: il fatto che l’intervento del poliziotto ebbe luogo in un momento (orario in cui gli esercizi commerciali stavano per terminare l’orario di apertura, in un giorno infrasettimanale di un mese invernale) in cui era remota la possibilità di danni collaterali, la mancanza di prossimità di soggetti estranei, il fatto che il soggetto poi sfortunatamente colpito non era comunque sulla traiettoria di tiro nonché la considerazione che in epoca immediatamente precedente erano state commesse, nella medesima zona, violente azioni criminose, sono stati ritenuti elementi che, all’elaborazione istantanea richiesta dalla rapida evoluzione della rapina, rendevano quel tipo di reazione non assolutamente scriteriata e sconsiderata. In definitiva, quella condotta non è apparsa connotata da un livello di colpa di significativa intensità, tale da raggiungere la soglia della gravità. Sentenza n. 654/2014 - Presidente L. Savagnone Est. G. Cernigliaro Va dichiarata inammissibile la domanda risarcitoria per il danno all’immagine proposta dal Pubblico Ministero, correlata ai reati di millantato credito, truffa e minaccia (di cui Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 63 agli artt. 346 c.2, 640 e 612 del codice penale) posti in essere dal convenuto, non rientrando tali reati tra i delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale. L’art. 17, comma 30-ter del d.l. n. 78 del 2009 stabilisce infatti un rinvio univoco e diretto ai soli casi “previsti” dall’art. 7 della legge n. 97 del 2001, ove sono esclusivamente richiamati “i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale” . Non si ritiene pertanto possibile un’estensione della tutela risarcitoria del danno all’immagine ad altre tipologie di reati non espressamente contemplate dalla norma di riferimento, avuto anche riguardo a quanto affermato dalla Corte costituzionale (ordinanze nn. 219, 220 e 221, depositate il 21 luglio 2011), secondo cui “la scelta di non estendere l’azione risarcitoria anche in presenza di condotte non costituenti reato, ovvero costituenti un reato diverso da quelli espressamente previsti, può essere considerata non manifestamente irragionevole”. Sentenza n. 936/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Cernigliaro Nell’intervento chirurgico di tiroidectomia totale la lesione dei nervi ricorrenziali si configura come un’evenienza rara, indice di imperizia o negligenza nell’esecuzione delle manovre chirurgiche, tanto meno giustificabile qualora il convenuto sia un chirurgo di primissimo piano e di conclamata fama universitaria. La colpa professionale del medico operatore consiste nell’avere omesso l’accorgimento di seguire attentamente i nervi ricorrenti per tutto il loro decorso (localizzandoli, visualizzandoli ed isolandoli) durante l’esecuzione dell’intervento al fine di prevenirne la lesione e ciò in assenza anomalie anatomiche o complicanze di sorta che possano far presumere una particolare complessità dell’intervento. Sentenza n. 1027/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Cernigliaro Il danno erariale “indiretto” derivato dal risarcimento liquidato al vincitore di un concorso per professore associato mai assunto, è conseguenza esclusiva delle deliberazioni assunte dal Consiglio della Facoltà. Esso va quindi riferito ai componenti dell’organo collegiale che hanno concorso all’adozione di quelle delibere. Dal ripartendo importo globale delle quote riconducibili ai membri del Consiglio di Facoltà che hanno concorso all’adozione delle deliberazioni produttive di danno erariale vanno scomputate sia le quote addebitate ai componenti che hanno votato in modo difforme, sia le quote relative ai soggetti che non sono stati evocati in giudizio. Sentenza. n. 1358/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Cernigliaro Il comportamento dell’insegnante, consistente nell’avere accettato di custodire le quote versate dai genitori per il viaggio scolastico di istruzione, comporta l’assunzione di una specifica responsabilità come agente contabile di fatto con la materiale ingerenza nell’attività tipica dell’agente contabile, data dalla riscossione di somme di spettanza dell’Amministrazione pubblica di appartenenza. Sentenza n. 1425/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Cernigliaro Non si ritiene sussistente la colpa grave dell’agente per la riscossione, convenuto per l’avvenuta prescrizione del tributo a seguito della sentenza del Giudice tributario che ha Pag. 64 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 dichiarato inesistente la notifica della cartella, qualora la suddetta notificazione sia avvenuta, a mente dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973, mediante invio diretto dell’atto tramite raccomandata con avviso di ricevimento. In questo caso la notifica si perfeziona con la ricezione da parte del destinatario alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità che venga redatta apposita relata di notifica, in quanto l’accertamento circa la coincidenza del destinatario col soggetto cui la cartella viene materialmente consegnata è di competenza esclusiva dell’ufficiale postale che lo attesta con l’avviso di ricevimento della raccomandata, assistito dell’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. E’ quindi pienamente valida la notifica della cartella effettuata a mezzo posta con consegna all’ufficiale postale a cura dell’agente per la riscossione e non solo da parte dei soggetti indicati nel primo comma del citato art. 26 del D.P.R. n. 602/1973 (ufficiali della riscossione, altri soggetti abilitati dal concessionario nella forme previste dalla legge, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale). Sentenza n. 152/2014 - Pres. L. Savagnone Est. A. Parlato Nel caso di fattispecie caratterizzate da un contestuale invito a dedurre rivolto a una pluralità di presunti responsabili solo avuto riguardo alle difese presentate da ciascuno di essi, ovvero allo spirare del termine per l’esercizio delle facoltà di difesa preprocessuale da parte di tutti gli invitati, l’attore pubblico ha davanti a se una visione unitaria e completa della vicenda, alla luce del quale ponderare l’esercizio dell’azione contabile (cfr. la sentenza delle Sezioni Riunite n.1/2005/QM). Le date da prendere come riferimento per valutare la tempestività degli adempimenti a carico del procuratore vanno individuate nel dies a quo del perfezionamento per l’interessato dell’ultima notifica e in quello ad quem del deposito della citazione. Qualora il termine complessivo di centoventi giorni, risultante dall’applicazione dell’art. 5, primo comma, del D.L. n.453/1993, convertito nella legge n.19/1994 e modificato dalla legge 639/196, sia stato superato, l’azione del procuratore deve essere dichiarata improcedibile nei confronti del convenuto che abbia ritualmente eccepito l’intempestivo esercizio della medesima. Gli effetti dell’eccezione non si trasmettono al convenuto che non l’abbia autonomamente sollevata, dal momento che la sua proposizione costituisce l’esercizio discrezionale un potere dispositivo intestato alla parte (cfr. la sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2007). Nei giudizi concernenti la valutazione di comportamenti connotati da dolo, per i quali la chiamata in giudizio è stata avanzata dal pubblico ministero con il vincolo della solidarietà tra i convenuti, a termini dell’articolo 1, comma 1- quinquies, della legge 14 n. 20/1994, nel testo modificato dalla legge n. 639 del 1996, deve tenersi conto dell’espansione dell’effetto interruttivo della prescrizione scaturente dalla tempestiva notifica dell’atto di messa in mora, propagatosi nei confronti del coobbligato solidale, secondo quanto previsto dell’art.1310, comma 1, del codice di civile. Sentenza n. 931/2014 - Pres. L. Savagnone Est. A.Parlato Nelle fattispecie riguardanti il danno all’immagine, la presenza di una sentenza definitiva di condanna per uno dei delitti contro la Pubblica Amministrazione previsti nel Capo I del Titolo II del libro secondo del codice penale costituisce, ai sensi dell’art. 17, comma 30 ter, del decreto legge 1° luglio 2009 n. 78, convertito con modifiche nella legge 3 agosto 2009 n. 102, un mero presupposto per la promuovibilità del giudizio di responsabilità Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 65 amministrativa; la valutazione affidata al giudice contabile non comporta una rimeditazione della correttezza della decisione penale, riguardando, invece, l’accertamento della sussistenza di un effettivo nocumento arrecato al prestigio dell’amministrazione e la congruità della stima del danno da risarcire. Il legislatore, per mezzo dell’art. 1, comma 62, della legge 6 novembre 2012 n. 190, ha stabilito una presunzione iuris tantum della misura del danno risarcibile senza, tuttavia, definire o disciplinare organicamente la figura di danno in questione: deve, pertanto, considerarsi ancora valida e attuale la ricostruzione di origine pretoria della categoria di danno in questione, oggetto di compiuta disamina nella pronuncia n. 1/QM/2011 Sezioni Riunite. Il comma 1-sexies, di recente inserito dalla disposizione richiamata nell’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, attesa la sua natura sostanziale riguarda solo le fattispecie si siano realizzate dopo l’entrata dopo l’entrata in vigore della norma non esplicando efficacia retroattiva L’indicazione dell’utilità illecitamente percepita quale unità di misura del pregiudizio da ristorare mal si attaglia comunque a fattispecie di abuso, apparendo modellata sull’ipotesi di fatti concussivi o corruttivi. Sentenza n. 1026/2014 - Pres. L. Savagnone Est. A.Parlato L’adesione da parte del concessionario della riscossione alla sanatoria fiscale di cui all’art.1, comma 426, della legge 30 dicembre 2004, n. 31, non determina nell’ambito del giudizio contabile la cessazione della materia del contendere. L’aver aderito alla sanatoria non può, infatti, sollevare il concessionario dall’eventuale responsabilità derivante dall’aver reso inesigibile la relativa pretesa fiscale, trattandosi di un’ipotesi estranea ai casi contemplati negli articoli 47-53 del D.lgs n.112 del 1999 (cfr. il decreto Ministeriale 7 febbraio 2006, n. 112 e l’art.1 comma 154 della legge n. 244 del 2007). L’art. 25 del D.P.R. 602/73, nella sua originaria formulazione, assegnava al concessionario il termine dell’“ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di consegna del ruolo” per la notifica della cartella al contribuente. (cfr., per le successive versioni del testo, l’art. 1, comma 1, lettera b, D.lgs 27 aprile 2001, n. 193 che ha disposto la cancellazione di un termine per la notifica, poi reintrodotto, con specifica menzione della decadenza per l’ipotesi della sua violazione, dall’art. 1 comma 417, lettera c, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dall’art. 1, comma 5 ter, lettera a, n. 2 del D.L. 17 giugno 2005, n.106, convertito dalla legge 2005, n. 106). Il termine in questione ha natura perentoria (cfr. la decisione della Corte Costituzionale n. 28/2005 e la sentenza n.19544/2011 della V Sezione della Corte di Cassazione) pertanto il ritardo nella notifica della cartella deve considerarsi l’antecedente causale del danno patito dall’erario conseguente al vittorioso ricorso alla giustizia tributaria da parte del contribuente. Anche l’elemento soggettivo necessario a configurare la responsabilità amministrativa della società convenuta, che imprudentemente ha confidato nel carattere ordinatorio del termine previsto da una norma alla cui conoscenza e osservanza era tenuta in ragione dell’attività professionale svolta, raggiunge la soglia d’intensità normativamente richiesta. Sentenza n. 1208/2014 - Pres. L. Savagnone Est. A.Parlato Nei giudizi riguardanti ipotesi di danno erariale attinenti l’utilizzo di una parte del budget Pag. 66 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 assegnato per la realizzazione di un progetto formativo per fini diversi dalle voci indicate nel programma approvato dall’amministrazione, e la contestazione non riguardi la regolare esecuzione dell’attività finanziata, bensì il limitato aspetto dello storno di una parte delle risorse assegnate per far fronte ai costi del personale, fatte transitare dall’ente di formazione fra le provviste impiegate per coprire le spese di gestione, la valutazione del Collegio non si arresta alla eventuale inosservanza di prescrizioni formali o procedurali, quali la proposizione di una preventiva richiesta di autorizzazione allo storno ovvero il limite percentuale entro il quale lo stesso poteva essere effettuato, ma ha, invece, ad oggetto il dato sostanziale della rispondenza dell’utilizzo dei fondi alla realizzazione del progetto per cui erano stati assegnati, ovvero, così come sostenuto dal pubblico ministero, quello del loro eventuale sviamento dalla finalità che ne aveva giustificato l’erogazione. Rileva l’esame in concreto della rendicontazione, in base al quale la significativa lievitazione delle spese di gestione non appare ragionevolmente ricondotta all’esecuzione dell’iniziativa finanziata, data la crescita esponenziale ed inspiegabile di alcune voci di costo. Sentenza n. 490/2014 - Pres. L. Savagnone Est. I. Maio Sono pienamente utilizzabili nel processo contabile le prove assunte in sede penale, anche se non in dibattimento, in quanto al processo contabile non sono applicabili i commi 3 e 4 dell’art.111 della Costituzione, stante il rinvio esplicito dell’art. 26 del regolamento di procedura alle norme del processo civile (cfr., ex multis, Sezione III, 10 settembre 2003, n.392; Sezione I, 16 giugno 2003, n.210). Poiché il processo contabile si modella su quello civile, il principio del giusto processo applicabile a questa giurisdizione si declina nei termini del disposto del comma 2 dell’articolo 111 della Costituzione: non è, quindi, necessario che la prova si formi nel contraddittorio tra le parti come è richiesto che avvenga nel processo penale, ma è sufficiente che il materiale probatorio raccolto nel fascicolo processuale sia oggetto del contraddittorio, anche se differito, condotto in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale e secondo le modalità proprie della giurisdizione contabile. Sentenza n. 560/2014 - Pres L. Savagnone Est. I. Maio E’ infondata l’eccezione di decadenza dall’azione di responsabilità, sollevata sul presupposto dell’estensione analogica della disposizione dettata dall’art.7 della legge n.117/88 per l’esercizio dell’azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato all’azione di responsabilità instaurata dal Pubblico Ministero contabile a seguito della comunicazione del decreto della Corte di appello di accoglimento della domanda di equa riparazione, prevista dall’articolo 5 della legge n. 89/2001. Non vi è, infatti, sovrapposizione dei rimedi della legge n. 89/2001 (cd. Legge Pinto) con i rimedi concessi al cittadino nell’ipotesi di “denegata o ritardata giustizia” di cui all’art.3 della legge n.117/88, da cui pure consegue il diritto del cittadino al risarcimento del danno, poiché i due rimedi restano nettamente distinti nei presupposti, nella natura e nelle conseguenze che da essi derivano. Sentenza n. 951/2014 - Pres. L. Savagnone Est. I. Maio E’ infondata l’eccezione di nullità degli atti del processo contabile motivata in funzione Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 67 della presunta illegittimità dell’attività di verifica amministrativo – contabile condotta dalla Ragioneria generale dello Stato presso un’amministrazione comunale siciliana: poiché il legislatore ha condizionato l’avvio dell’attività istruttoria della Procura erariale alla sussistenza di una “notizia di danno specifica e concreta” (art.17, comma 30-ter, decreto-legge n.78/2009 convertito in legge n.102/2009), ciò che viene in rilievo, al fine della valutazione dell’eventuale nullità dell’azione di responsabilità, sono i requisiti del “mero dato cognitivo”, la qualità, cioè, dell’informazione da cui ha preso avvio l’attività istruttoria e non eventuali requisiti dell’atto formale con il quale tale informazione è stata veicolata (cfr, Sezioni riunite, sentenza n.12/2011/QM). Sentenza n. 1225/2014 - Pres. L. Savagnone Est. I. Maio Laddove la contestazione di responsabilità amministrativa riguarda la condotta del beneficiario del contributo pubblico, l’illegittimità degli atti dallo stesso compiuti non viene in rilievo ex se, ma in quanto idonea a compromettere il corretto e proficuo utilizzo del denaro pubblico per finalità di interesse generale. Conseguentemente, deve ritenersi che l’obiettivo del finanziamento pubblico sia compromesso da una condotta equivoca della società e dei suoi organi amministrativi che abbiano sì provveduto ad un intervento di ristrutturazione aziendale, ma di natura diversa da quella descritta in sede progettuale, circostanza alla quale si aggiunge il compimento di una pluralità di irregolarità nella documentazione presentata ai fini dell’erogazione delle successive tranches di contributo, tanto da indurre incertezza sulla tempistica di realizzazione dell’intervento, sul corretto svolgimento delle dinamiche sociali e sull’effettività dell’apporto di mezzi propri al progetto ed alla società. Sentenza n. 675/2014 - Pres. L. Savagnone Est: M.R. Micci Spetta alla Corte dei conti la giurisdizione sulla domanda avanzata dagli eredi al fine di sentir dichiarata inefficace nei loro riguardi la sentenza di condanna emessa nei confronti del de cuius per il danno da quest’ultimo causato all’amministrazione di appartenenza ed il relativo giudizio instaurato, ex art. 58 del RD 1038/1933, dagli eredi medesimi merita accoglimento, qualora non ricorrano i presupposti previsti dall’art. 1, comma 1, L. 20/1994. Occorre precisare, infatti, che la vicenda di che trattasi non ha ad oggetto la legittimità di un titolo esecutivo, bensì la possibilità di esigere, nei confronti degli eredi, il quantum di danno erariale da risarcire, già accertato con sentenza irrevocabile, dopo il decesso di colui che è risultato essere l’autore del danno. Il procedimento instaurato ad istanza degli eredi, pertanto, non può considerarsi come giudizio proposto contro gli atti di esecuzione, bensì come giudizio di cognizione diretto a verificare l’esistenza dei presupposti di cui all’art. 1 comma 1 L 20/1994 che consentono di agire contro gli eredi a seguito del decesso del soggetto danneggiante. Detta ultima previsione normativa, infatti, ha un’efficacia precettiva di carattere generale, non circoscritta alla fase dell’azione giudiziaria. Ne deriva che, il passaggio in giudicato della eventuale sentenza di condanna, non altera i connotati strutturali dell’obbligazione risarcitoria, soggetta ai particolari limiti di legge in tema di trasmissibilità agli eredi. L’obbligazione che segue il riconoscimento della responsabilità amministrativa, infatti, risente delle peculiarità che connotano la procedura apprestata per il suo accertamento, rimanendone imprescindibilmente caratterizzata. Sicché, il decesso del responsabile è un fatto rilevante, non solo se si verifica prima o durante il giudizio in cui si controverte in ordine alla responsabilità Pag. 68 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 amministrativa, ma anche quando sia successivo rispetto alla maturazione di un giudicato di condanna; la trasmissibilità agli eredi dell’obbligazione derivante dalla responsabilità contabile si verifica, pur sempre, solo nei casi in cui il comportamento sanzionato abbia arrecato non solo un danno all’erario ma abbia prodotto anche un illecito arricchimento del dante causa ed il conseguente indebito arricchimento degli eredi. La limitata trasmissibilità agli eredi del debito risarcitorio, anche se accertato con sentenza della Corte dei conti passata in giudicato, pertanto, trova la sua giustificazione nel carattere strettamente personale della responsabilità amministrativa, dalla quale quel debito trae origine e prescinde del tutto dalla circostanza che l’accertamento inerente a quella obbligazione sia o meno divenuto definitivo. Sentenza n. 736/2014 - Pres. L. Savagnone Est. M.R. Micci Qualora l’attività di formazione professionale, per il cui svolgimento il finanziamento è stato erogato, sia svolta, a seguito di una convenzione stipulata tra due enti, da un soggetto diverso da quello che ha beneficiato del finanziamento medesimo, senza il consenso dell’amministrazione erogatrice, la valutazione di tale irregolarità esula dall’esame della Corte dei conti. Il Collegio , infatti, è chiamato solo a valutare se dalla irregolare esecuzione del contratto sia derivato un danno erariale per la distrazione e/o sottrazione delle pubbliche risorse.. Il mancato impiego delle risorse ricevute secondo le prescrizioni preventivamente determinate, infatti, deve essere letto di volta in volta dai giudici contabili alla luce dei principi che regolano la responsabilità amministrativa, non essendo sufficiente affermare, al fine di addivenire ad una sentenza di condanna da parte dei giudici contabili, l’astratta violazione delle prescrizioni preventivamente determinate, ma occorre che il Pubblico Ministero offra la prova del danno realmente realizzatosi. Nel caso di specie, essendo stata l’attività di formazione svolta dall’ente nazionale anziché da quello provinciale, beneficiario del contributo, costituisce danno erariale l’insieme di quelle voci di spesa che non sarebbero state affrontate se il progetto fosse stato svolto dall’ente provinciale medesimo. L’attività dei docenti, in senso stretto, intesa come remunerazione delle ore – lavoro dagli stessi impegnate nel progetto, invece, non può essere considerata “danno” perché, seppur formalmente non riconducibile all’ente beneficiario del contributo, ha, di fatto, garantito la realizzazione del pubblico interesse. Sentenza n. 1324/2014 - Pres. L. Savagnone Est. M.R. Micci Deve essere dichiarata inammissibile la domanda, formulata dal convenuto assolto nel merito nel giudizio di responsabilità innanzi alla Corte dei conti, volta ad ottenere l’ottemperanza della statuizione relativa alla liquidazione delle spese poste a carico dell’amministrazione di appartenenza ai sensi dell’art. 3, comma 2 bis, D.L. 543/1993 convertito in L. 639/1996, così come interpretato dall’art. 10-bis, comma 10, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248. Con l’impianto normativo di che trattasi, infatti, viene, affidato al Collegio il compito di liquidare, ossia di determinare nel quantum, le spese che il dipendente, assolto dalla domanda risarcitoria proposta nei suoi confronti, ha sostenuto per la sua difesa dinanzi alla Corte dei conti, ferma restando la disciplina giuridica relativa ai rapporti tra professionista e cliente e tra dipendente ed amministrazione di appartenenza. La liquidazione delle spese effettuata dal giudice contabile in questa fattispecie, pertanto, nulla ha a che vedere con il sistema delle spese previsto e disciplinato dal codice di Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 69 procedura civile, e non c’è alcuna possibilità di condannare l’amministrazione alla rifusione delle spese, nè, tantomeno, di eseguire forzatamente la decisione contenente la statuizione sulle spese. In definitiva, le disposizioni legislative citate attribuiscono al giudice soltanto il compito di liquidare, ossia di quantificare, le spese del giudizio, determinando, secondo il valore della causa ed in relazione alle disposizioni ed ai parametri previsti nelle tariffe professionali, l’ammontare delle spese vive, dei diritti e degli onorari spettanti ai difensori. Spetterà, poi, al convenuto assolto, ottenere, nelle forme ordinarie, il rimborso dall’Amministrazione di appartenenza di quanto liquidato al professionista. Sent. n. 355 /2014 - Pres. f.f. Colavecchio Est. Gargiulo Nel rapporto procedimentale concernente l’erogazione di contributi pubblici con finalizzazione determinata, il dovere di assicurare la completezza e la regolarità della documentazione prodotta all’amministrazione per ottenere il beneficio va ritenuto sussistente, in capo al soggetto compartecipe fattivo del programma di attività varato dalla pubblica amministrazione, oltre che come onere, in vista della soddisfazione dell’interesse di chi è destinato a trarne vantaggio, pure come obbligo, atteso che la sua violazione può costituire, anche in ragione del fatto che le risorse sono naturalmente limitate, causa di attività amministrativa inutile o dannosa. Sent. n. 372/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo In tema di individuazione dell’amministrazione danneggiata, non rientrando tale profilo nel perimetro di applicazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’articolo 112 c.p.c., ben può il Collegio, ovviamente nei limiti del prospettato danno, indicare quale beneficiario della condanna un soggetto diverso o cumulare, a quello reputato danneggiato, soggetti ulteriori che risultino aver subito parte del pregiudizio ascritto al convenuto (Corte dei conti, Sez. giur. Sicilia, sent. n. 3018 del 10 ottobre 2013), atteso che il Procuratore presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti non agisce mai nel nome e nell'interesse della singola amministrazione, che assume essere stata in concreto danneggiata dal comportamento dei propri amministratori e dipendenti, bensì, e sempre, a tutela delle pubbliche risorse che, a suo avviso, hanno subito un depauperamento a seguito del loro comportamento doloso o gravemente colposo (Corte dei conti, Sez. II app., sent. n. 52 del 20 marzo 2007). In tema di danno indiretto, il pluriennale dibattito riguardante l’individuazione del fatto al quale ricondurre l’attribuzione al predetto danno dei caratteri di concretezza e attualità è approdato (Corte dei conti, Sezioni Riunite, sent. n. 14/2011/QM del 5 settembre 2011) alla conclusione secondo cui il danno indiretto diviene concreto e attuale con la “emissione del titolo di pagamento al terzo danneggiato”. Tale conclusione presuppone, tuttavia, come evidenziato con la stessa sentenza, il perfezionamento definitivo dell’obbligazione risarcitoria, che diviene concreta e attuale dal “momento del passaggio in giudicato della sentenza di condanna in favore del terzo danneggiato” (ibidem), sicché, nel caso di pagamento avvenuto per l’esecuzione della sentenza civile di primo grado, essendo questa provvisoriamente esecutiva (articolo 282 c.p.c.), il danno indiretto diviene concreto e attuale con il successivo passaggio in giudicato della pronuncia di condanna. Pag. 70 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Sent. n. 622/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo La giurisdizione di responsabilità amministrativa - sostanzialmente finalizzata ad assicurare la tutela delle ragioni dell’ente che ha subito il pregiudizio, ponendo definitivamente il relativo peso economico a carico del soggetto che, secondo le regole proprie di tale giurisdizione, è riconosciuto responsabile del danno erariale – è indipendente dalla tutela restitutoria, attivabile nelle varie forme che l’ordinamento mette a disposizione, e si esercita senza pregiudizio per questa: la tutela restitutoria, infatti, è sostanzialmente finalizzata, sul presupposto del solo fatto oggettivo dell’indebita erogazione di pubbliche risorse e senza che eventuali profili di responsabilità assumano rilevanza alcuna, a ricondurre la situazione patrimoniale dell’ente erogante e del soggetto beneficiario allo stato in cui le stesse si trovavano prima dell’attribuzione ritenuta ingiustificata. Sicché, in buona sostanza, nel caso di percezione di pubbliche risorse oggettivamente indebita, ben può accadere, ad esempio, che, a fronte di una sentenza di assoluzione per mancanza del nesso di causalità tra la condotta ascritta al convenuto e il danno ovvero per mancanza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, l’ente danneggiato possa recuperare, a carico del soggetto pur ritenuto esente da responsabilità amministrativa, l’indebita erogazione di cui si tratta, sulla base di un titolo ottenuto in sede di tutela restitutoria. Sent. n. 802 /2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo L'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria, prevista dall’articolo 151, comma 4 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (corrispondente all’articolo 55, comma 5 della legge n. 142 del 1990) per i provvedimenti che comportano impegni di spesa, presuppone, oltre, ovviamente, a tutte le verifiche rientranti nella contabilità pubblica in senso stretto, come tali trasversalmente attinenti a ogni tipo di procedimento, un controllo formale dell’atto, limitato all’esteriore constatazione dell’esistenza dello stesso, della rilevabilità del soggetto emittente, della sua sottoscrizione e del contenuto, finalizzato alla verifica della sussistenza del potere di emanarlo, dello scopo e della sua corrispondenza, anche teleologica, allo stanziamento sul quale va a incidere, restando ragionevolmente escluse da tale dovere, se non emergono difetti macroscopici (ad esempio: l’eventuale nomina di un esperto del sindaco per la riforma del processo civile, trattandosi di materia palesemente estranea alle attribuzioni degli enti locali; il difetto assoluto di motivazione, tale da impedire completamente la rilevabilità delle ragioni che hanno determinato la decisione, etc.), le verifiche concernenti il merito delle scelte effettuate. Sent. n. 1016/2014 - Pres. f.f. Colavecchio Est. Gargiulo In tema di utilizzo di documentazione falsa per l’acquisizione di contributi pubblici con finalizzazione determinata, nel caso di fatture emesse a fronte di operazioni soggettivamente inesistenti, evidentemente finalizzata a creare una situazione di apparenza diversa da quella reale, in presenza di precisi e concordanti indizi rivelatori di quest’ultima, all’avvenuta riscossione degli assegni con i quali è avvenuto il pagamento delle fatture in parola può solo riconoscersi la funzione di ulteriore tassello del mosaico rappresentativo di quell’apparenza, dovendosi ragionevolmente ritenere che l’accordo dissimulato, che necessariamente sta sullo sfondo, abbia diversamente regolato, nella sostanza e nelle modalità, gli effettivi spostamenti patrimoniali. Le risorse pubbliche così Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 71 erogate - derivanti, a loro volta, dal sistema delle entrate pubbliche – sono andate evidentemente a ristorare un sacrificio finanziario non effettivamente sopportato dalla convenuta o da questa sopportato, in una determinata misura, conferendo le proprie risorse in un circuito economico in tutto o in parte avulso da quel sistema di entrate pubbliche (come nel caso dei cd. “acquisti in nero”) o, comunque, contrastante con le regole. Ciò costituisce danno erariale indipendentemente dall’effettiva realizzazione degli investimenti per i quali il contributo pubblico è stato concesso, poiché ciò che, in ultima analisi, va ritenuto, nella sostanza, un travaso di risorse da un sistema lecito - quale è per definizione quello della finanza pubblica - a un circuito economico in tutto o in parte illecito, rappresenta per il primo, comunque, una perdita. Nel caso di indebita percezione di una sola parte del contributo pubblico con finalizzazione determinata, per la quantificazione del danno deve aversi riguardo alla soglia di irregolarità – individuabile sulla base della disciplina di settore - al di sotto della quale permane, comunque, l’interesse dell’amministrazione alla realizzazione regolare della parte residua del programma, sicché, ove l’indebita erogazione non superi quella soglia, il danno sarà pari a quell’importo e non sarà commisurato all’intero contributo concesso. Sent. n. 1044/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo Nel caso di rilascio di titoli edilizi a fronte del pagamento di oneri di urbanizzazione calcolati in misura inferiore rispetto a quella dovuta, il Collegio – che non ignora l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, nel caso di mancata entrata, il pregiudizio erariale si attualizza non con l’omessa prestazione della somma dovuta, ma con la perdita del relativo credito, vale a dire con la perdita del diritto ad ottenere la prestazione stessa, poiché ciò che attualizza il pregiudizio è la definitiva inesigibilità della prestazione, come avviene in ipotesi di intervenuta prescrizione, la quale segna in concreto la diminuzione patrimoniale che costituisce l’essenza del danno erariale (Corte dei conti, Sez. giur. Umbria, sent. n. 34 del 14 marzo 2014; Sez. I App., sent. n. 796 dell’8 ottobre 2013; Sez. giur. Sicilia, sent. n. 2967 del 30 ottobre 2012; Sez. III App., sent. n. 369 del 21 maggio 2012) – ritiene che il danno da mancata entrata (che, nel caso concreto, è un danno da mancato accertamento dell’entrata) sia cosa diversa dal danno da mancata fruttuosa attivazione dei rimedi disponibili per far fronte alla mancata entrata (la cui responsabilità potrebbe anche essere imputata, per competenza, a soggetti diversi) e che, avuto riguardo al caso di specie, mentre è quest’ultimo quello legato alla definitiva inesigibilità della prestazione, il primo diviene concreto e attuale già nel momento in cui l’accertamento erroneo sortisce gli effetti che avrebbe comunque sortito se fosse stato corretto, vale a dire il rilascio del titolo edilizio, sicché l’evento dannoso non è costituito dalla sola erronea quantificazione degli oneri di urbanizzazione, ma dal rilascio del titolo edilizio sebbene il pagamento di tali oneri sia avvenuto in misura ridotta. Appare, infatti, evidente che la posizione creditoria del comune nel momento in cui l’effettiva acquisizione dell’entrata condiziona il rilascio del titolo edilizio è, di fatto, più solida rispetto al momento in cui l’ente debba far valere le proprie ragioni a fronte dell’opera già realizzata, anche perché “l’omissione della riscossione comporta danno all’amministrazione, sotto il profilo dei maggiori rischi di perdere il credito, del danno derivante dalla mancata disponibilità della somma nell’esercizio di riferimento e della perdita del potere di acquisto della somma stessa col passare del tempo” (Corte dei conti, Pag. 72 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Sez. III App., sent. n. 184 del 5 marzo 2012). Sent. n. 1230/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo Il direttore generale di una provincia, pur essendo investito di compiti e funzioni che valgono a conferirgli una posizione differenziata rispetto a quella degli altri dirigenti, è esso stesso un dirigente (in questi termini, Cass. civ., SS.UU., sent. n. 13538 del 12 giugno 2006). Tenendo conto di tale qualificazione, deve, evidentemente, escludersi che la previsione normativa secondo cui il rapporto di lavoro con il direttore generale è costituito con contratto di diritto privato consenta di ritenere quel rapporto completamente avulso dagli istituti che disciplinano la dirigenza pubblica, poiché la pubblica amministrazione, anche quando agisce in qualità di parte contrattuale, non può mai prescindere dall’immanenza dell’interesse pubblico sullo sfondo di ogni attività di questa - incluse quelle riguardanti la costituzione e la gestione di un rapporto di lavoro privatizzato - e, dunque, a differenza del soggetto sostanzialmente privato, che agisce per il perseguimento del proprio interesse, non è mai libera. Deve, pertanto, escludersi che, nella disciplina della costituzione del rapporto con il direttore generale, al presidente della provincia “sarebbe stato intestato un vero e proprio potere assoluto per cui il limite fra le opzioni da privilegiare in relazione al pubblico interesse e quelle assolutamente svincolate dall’indicato fondamentale parametro, e quindi arbitrarie, non sarebbe ipotizzabile” (Corte dei conti, Sez. III App., sent. n. 287 del 19 aprile 2010). Stando così le cose, deve ritenersi che il fondamentale il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, sancito dal citato articolo 24, comma 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001, si applichi anche al direttore generale dell’ente locale, nominato ai sensi del citato articolo 108 del citato decreto legislativo n. 267 del 2000 (Corte dei conti, Sez. I App., sent. n. 652 del 13 settembre 2013; Sez. giur. Toscana, sent. n. 11 del 2 febbraio 2011; Sez. giur. Puglia, sent. n. 593 del 29 settembre 2010; Sez. giur Veneto, sent. n. 614 del 2008, cit.; Sez. giur. Lombardia, sent. n. 145 del 1° marzo 2006). La conformità della condotta contestata a un precedente parere reso dall’avvocatura dell’ente non esclude, di per sé sola, la colpa grave dell’agente, poiché, da un lato, il risultato di una singola attività consultiva, peraltro interna, non può, in alcun modo, essere sintomatica della sussistenza di incertezze tali da rendere scusabile l’adesione a un orientamento non corretto, come può, talvolta, ipotizzarsi nel ben diverso caso di contrasti giurisprudenziali; dall’altro, sarebbe, invero, singolare riconoscere automaticamente questa idoneità a un parere interno, laddove, per ottenere lo stesso effetto rispetto al ben diverso caso del controllo della Corte dei conti, il legislatore ha avvertito l’esigenza di introdurre nell’ordinamento una norma recante l’espressa previsione secondo cui “In ogni caso è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dall’emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo” (secondo periodo del comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 20 del 1994, introdotto dall’articolo 17, comma 30-quater, lettera “a” del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, inserito dalla relativa legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102, modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera “c”, n. “1” del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141). Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 73 Sent. n. 1426/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo Sotto il profilo squisitamente oggettivo, non vi è differenza alcuna tra agire senza previo invito a dedurre e agire, ancorché per mero errore, ritenendo inesistenti deduzioni, invece, tempestivamente presentate, atteso che, se è vero che il necessario “esame valutativo delle deduzioni dell’invitato” può “anche essere espresso dal P.R. in modo sintetico od essere persino implicito nel fatto stesso che viene emesso l'atto di citazione” (Corte dei conti, Sezioni riunite, sent. n. 7 del 16 febbraio 1998), è pur vero che, sussistendo, nell’atto di citazione, l’affermazione secondo cui l’interessato “non ha chiesto di essere sentito né ha presentato deduzioni in merito”, è certo che tale esame valutativo, sebbene possibile, non vi è stato e che l’invito a dedurre è stato, così, totalmente privato della duplice funzione a esso riconosciuta, vale a dire quella “di consentire all'invitato di svolgere le proprie argomentazioni al fine di evitare la citazione in giudizio e di garantire nel contempo la massima possibile completezza istruttoria” (Corte dei conti, Sezioni riunite, sent. n. 7 del 1998, cit.). Conseguentemente, l’atto di citazione va dichiarato inammissibile. Sent. n. 1013/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo Il nesso di causalità tra la condotta dell’agente - che, nell’esecuzione di servizi di polizia stradale per mezzo di posti di controllo, omette di contestare, pur sussistendo le condizioni per l’applicazione delle sanzioni pecuniarie previste, violazioni del codice della strada - e il danno da mancato accertamento della corrispondente entrata, sussiste nella misura del “minimo fissato dalle singole norme”, “ridotta del 30 per cento”. La verosimile conseguenza di ciascun mancato accertamento delle avvenute violazioni del codice della strada è, infatti, la mancata acquisizione dell’entrata solo nella predetta misura, poiché – tenendo conto del fatto che: ai sensi del primo periodo del comma 1 dell’articolo 202 del codice della strada, “Per le violazioni per le quali il presente codice stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria, ferma restando l'applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme” e che il secondo periodo prevede che “Tale somma è ridotta del 30 per cento se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione”; lo stesso codice, dopo aver contemplato il ricorso al prefetto avverso l’accertamento delle sanzioni di cui si tratta (articolo 203, comma 1), dispone che questi, se ritiene fondato l'accertamento, adotta “ordinanza motivata con la quale ingiunge il pagamento di una somma determinata, nel limite non inferiore al doppio del minimo edittale per ogni singola violazione” (articolo 204, comma 1), fermo restando che “Qualora nei termini previsti non sia stato proposto ricorso e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta, il verbale, in deroga alle disposizioni di cui all'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della sanzione amministrativa edittale e per le spese di procedimento” (articolo 203, comma 3); l’articolo 204-bis prevede, poi, l’alternativo ricorso giurisdizionale in opposizione al giudice di pace, che, secondo l’articolo 7, comma 11 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150, “Con la sentenza che rigetta l'opposizione” … “determina l'importo della sanzione in una misura compresa tra il minimo e il massimo edittale stabilito dalla legge per la violazione accertata” - l’eventuale percorso che può condurre all’acquisizione dell’entrata in misura maggiore dipende da fattori causali estranei alla signoria Pag. 74 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 dell’agente medesimo (mancato spontaneo pagamento, da parte del trasgressore, entro il quinto o il sessantesimo giorno dalla contestazione o dalla notificazione; mancata proposizione di ricorso; provvedimento del prefetto o sentenza del giudice di pace). PENSIONI Sentenza n. 1413/2014 - GUP Colavecchio La pensione di reversibilità deve essere riconosciuta al coniuge legalmente separato anche nel caso in cui al momento del decesso del dante causa quest’ultimo non era tenuto a versare alcun assegno di mantenimento; ne consegue che in presenza di un coniuge separato avente i requisiti per ottenere la pensione di reversibilità, il coniuge nei confronti del quale è stata pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio e titolare di assegno “divorzile” non può vantare alcun diritto ad ottenere l’intera pensione di reversibilità, dovendo trovare applicazione quanto disposto dal comma 3 dell’art. 9 della legge n. 898/1970. Sent. n. 46/2014 - GUP Rizzi È stato ritenuto fondato il ricorso promosso avverso un provvedimento di recupero di un indebito derivante dalla rideterminazione di un trattamento pensionistico di reversibilità tenendo conto dei limiti di cumulabilità con altri redditi del beneficiario, previsti dalla Tab F. della L. 8/8/1995, n. 335 Il Giudice ha ritenuto, impregiudicati i principi affermati dalle SS.RR. con la sent. 4/2008/QM (secondo cui il «mancato assolvimento degli obblighi di comunicazione normativamente imposti non può creare alcun legittimo affidamento del percettore stesso nella giustezza del trattamento percepito, e non può dunque comportare qualificata tutela in caso di percezione di indebito per superamento dei limiti di reddito in questione»), meritevole di considerazione la circostanza che l’Ente previdenziale era in possesso delle informazioni per far luogo alla verifica dei limiti di cumulabilità dei redditi, atteso che il parametro reddituale che aveva determinato il superamento della soglia stabilita nella Tab F e, conseguentemente, comportato la spettanza di una minore percentuale delle pensioni di reversibilità, era costituito dagli importi percepiti a titolo di pensione diretta. Contestualizzando l’obbligo di comunicazione a carico del percettore di pensione nel mutato scenario della disciplina dell’azione amministrativa delineato dall’art. 18 della L. 241/1990, poiché l’Ente resistente era l’erogatore dei due trattamenti di pensione che concorrevano a determinare il reddito dell’odierna ricorrente, il medesimo Ente aveva o avrebbe dovuto avere, per dovere d’ufficio, conoscenza di atti, fatti, qualità e stati soggettivi relativi al beneficiario e rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina sul cumulo dei redditi di cui alla Tab F della L. 335/1995. Pertanto disponendo delle informazioni necessarie, avrebbe dovuto far luogo autonomamente all’applicazione della disciplina sul cumulo dei redditi. Sent. n. 282/2014 - GUP Rizzi È stata ritenuta infondata l’azione di rivalsa promossa, ai sensi dell’art. 8 del DPR 538/1986, dall’AMAT SpA nei confronti di una ex dipendente dopo che, in occasione della determinazione del trattamento definitivamente spettante, compiuta dopo circa sette Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 75 anni il collocamento in quiescenza, era emerso che, per il periodo dal 14/6/1993 al 31/12/1993, era stata indebitamente erogata la pensione per effetto di un errore commesso dal medesimo Ente. La decisione ha evidenziato, fra l’altro, che il meccanismo di cui all’art. 8 del DPR 538/1986 non può essere impermeabile ai principi che governano la ripetibilità degli emolumenti pensionistici indebitamente percetti. Sicché, constatato che la condotta della pensionata non aveva connotati dolosi e, che, perciò, l’indebita erogazione del trattamento pensionistico aveva avuto luogo per effetto di un errore, commesso dall’Amministrazione, la mancanza di prossimità temporale dell’azione di recupero con il fatto causativo dell’indebita prestazione ha indotto a ritenere applicabili i principi enunciati dalle SS.RR. di questa Corte con la sentenza n. 7 del 7.8.2007. Inoltre è stato rilevato che l’intervento emendativo era stato realizzato per correggere un errore di diritto riguardante l’ambito di applicazione della speciale disposizione sul temporaneo blocco dei pensionamenti anticipati e, segnatamente, l’assoggettamento a tale blocco anche dei soggetti anticipatamente esodati non per scelta volontaria ma obbligatoriamente, in base alla regolamentazione contrattuale di comparto, per effetto del superamento del periodo massimo di assenze dal lavoro per malattia. Sent. n. 1207/2014 - GUP Rizzi È inammissibile il ricorso, proposto personalmente dalla parte, trasmesso via posta elettronica certificata. Della notificazione con modalità telematica a mezzo di posta elettronica certifica, prevista dall’art. 3 bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53, può avvalersi esclusivamente «l’avvocato (…) munito di procura alle liti a norma dell'articolo 83 del codice di procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell'ordine nel cui albo è iscritto a norma dell'articolo 7 della (medesima) legge» (art. 1, comma 1), utilizzando esclusivamente l’indirizzo di posta elettronica certificata «risultante da pubblici elenchi». Dunque, la ricorrente, agendo personalmente, non poteva avvalersi della posta elettronica certificata per notificare l’atto introduttivo del giudizio, difettando radicalmente tutte le condizioni alla cui ricorrenza è subordinata la possibilità di ricorrere alla modalità di notificazione alternativa a quella disciplinata dagli artt. 137 e ss. cpc.. Sent. n. 1213/2014 - GUP Rizzi È stato rigettato il ricorso promosso al fine di ottenere la dichiarazione di irripetibilità di un indebito previdenziale originato da anomalie tecniche verificatesi in occasione del pagamento del primo rateo di pensione indiretta comprensivo degli arretrati. Il Giudice, chiarito che la vicenda in esame era estranea all’ambito di applicazione della disciplina contenuta negli agli artt. 204 e ss del DPR 1092/1973, poiché l’intervento di recupero non traeva origine da una revoca o modifica del provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza, ha ritenuto che la prossimità dell’intervento emendativo rispetto al momento in cui ha avuto luogo l’indebito esborso escludesse la configurabilità di un legittimo affidamento del percettore in buona fede meritevole di tutela attraverso la preclusione alla ripetizione. Sentenza n. 1427/2014 - GUP Cernigliaro Al fine di decidere se l’indebito pensionistico maturato a carico della de cuius sia o meno Pag. 76 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 riferibile all’odierno ricorrente, occorre valutare se costui si trovasse o meno nella situazione prefigurata dall’art. 485 c.c. ovvero se il chiamato fosse, al momento dell’apertura della successione materna, nel possesso dei beni ereditari. A tale scopo, l'onere della prova del possesso dei beni, onde ritenere sussistente la cd. "accettazione presunta", prevista dall’art. 485 cod.civ. per la mancata effettuazione dell'inventario entro tre mesi dall'apertura della successione da parte di chi sia in possesso dei beni ereditari, incombe sulla parte che lo abbia dedotto. In applicazione del generale principio di cui all’art. 2697 cod.civ., va quindi provata l’esistenza di tutti gli elementi di quella fattispecie, ed, in particolare, del possesso dei beni ereditari da parte del chiamato, senza possibilità di invocare al riguardo presunzione alcuna. Nel caso in esame, l’I.N.P.S. si è limitato a dedurre la circostanza del possesso dei beni ereditari dal fatto che il ricorrente era stato l’amministratore di sostegno della madre. Tale deduzione tuttavia non può assumere in alcun modo dignità di prova, risultando peraltro smentita dal contenuto dello stesso provvedimento di nomina quale amministratore di sostegno laddove si evince che le funzioni svolte dal ricorrente si limitavano alla riscossione e alla gestione della pensione della madre. Non essendo stata provata la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 485 c.c., tale norma non può trovare applicazione nel caso in esame e va pertanto ritenuta pienamente valida la rinunzia all’eredità formalizzata dal ricorrente. Da ciò discende ulteriormente che il credito dell’I.N.P.S. derivante dall’indebito pensionistico relativo alla de cuius non può essergli riferito, a causa dell’intervenuta rinunzia all’eredità materna, con conseguente annullamento dell’ordinanza ingiunzione emessa nei suoi confronti, oggetto del presente ricorso. Sentenza n. 1049/2014 - GUP Parlato Gli importi trattenuti a titolo di contributo di solidarietà in forza di quanto stabilito dall’art. 18, comma 22 bis, del decreto n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, dopo la pronuncia da parte della Corte Costituzionale della sentenza n.116/2013 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale disposizione, devono essere restituiti maggiorati degli interessi legali, rilevati anno per anno, dalle singole trattenute all’avvenuto soddisfo e dell’importo differenziale della rivalutazione, secondo il criterio dell’assorbimento, sulla base dei principi stabiliti dalla sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n. 10/2002/QM. Appare priva di fondamento la pretesa dell’Inps di rimborsare ai pensionati solo la sorte capitale e non i relativi accessori, poiché le decurtazioni, seppure inizialmente sostenute da un adeguato supporto normativo, a seguito della declaratoria d’illegittimità costituzionale della norma richiamata sono divenute ab origine illegittime: ne consegue che, essendo stati erogati ratei di pensione in misura minore rispetto al dovuto, devono trovare applicazione le norme riguardante i crediti di natura previdenziale (cfr. la pronuncia di questa Sezione n. 874 del 10 luglio 2014, e, inoltre, le decisioni nn. 113, 355 e 581 del 2014 della Sezione Lazio; nn. 37, 42 e 43 del 2014 della Sezione Piemonte; n. 94 della Sezione Emilia Romagna n. 94/2014 e n. 86/2014 della Sezione Sardegna; di segno opposto le sentenze n. 676/2014 della Sezione Campania e n. 27/2013 della Sezione Trentino Alto Adige - Sede di Bolzano). Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 77 Sentenza n. 1282/2014 - GUP Parlato L’inquadramento di una fattispecie nel secondo dell’art. 9 della legge 898/1970, modificato dalla legge n.74/1987, oppure nel seguente terzo comma comporta rilevanti conseguenze in merito all’individuazione del giudice munito di giurisdizione, spettante al giudice contabile nel caso in cui non vi sia un altro coniuge superstite, trattandosi di controversia riguardante l’eventuale riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità del coniuge divorziato nei confronti dell'ente previdenziale, e al giudice ordinario se la questione concerne la ripartizione delle quote da attribuirsi all'ex coniuge divorziato e al coniuge superstite; ai fini della ripartizione della giurisdizione l’elemento discriminante è costituito dalla presenza o meno di un coniuge superstite, mentre l’eventuale rilevanza da attribuire della titolarità dell’assegno è questione di merito, che deve essere valutata dal giudice competente. Sentenza n. 163/2014 - GUP Maio E’ infondata la domanda tendente alla disapplicazione della disposizione dell’art.9, comma 3, del DM 8 maggio 1997, n. 187, per contrasto con la disposizione dell’art.2, comma 12, legge n.335/1995. La richiamata norma regolamentare completa il dettato dell’art.2, comma 12, legge n.335/2005, nell’ottica dell’estensione alla disciplina delle pensioni di inabilità dei lavoratori del settore pubblico dei medesimi sistemi di liquidazione previsti per i lavoratori del settore privato, in coerenza con il principio dell'armonizzazione dei trattamenti pensionistici, pilastro della riforma operata con la legge n. 335/1995. Sentenza n. 180/2014 - GUP Maio E’ applicabile l’art.29 del decreto-legge n.38/1981, convertito con modificazioni in legge n.153/1981, alla posizione del dirigente sanitario che, collocato a riposo dall’Azienda sanitaria di appartenenza per raggiungimento del limite massimo di età, sia provvisoriamente riammesso in servizio a seguito di provvedimento cautelare del TAR e poi dichiarato definitivamente decaduto a seguito della sentenza di rigetto. Sentenza n. 595/2014 - GUP Maio E’ fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte, sollevata in una controversia avente ad oggetto l’integrazione datoriale del trattamento di quiescenza dei dipendenti dell’EAS – Ente Acquedotti Siciliani, erogata dal menzionato ente in forza del proprio regolamento organizzativo. Per il radicarsi della giurisdizione della Corte dei conti è, infatti, necessaria un’apposita disposizione di legge- che manca nella fattispecie in esame - in quanto la materia pensionistica, riguardando diritti soggettivi, è attribuita di norma all’Autorità giudiziaria ordinaria, quale giudice naturale precostituito per legge. Sentenza n. 681/2014 - GUP Maio Le disposizioni dell’articolo 67 del dpr n.1092/1973 – che disciplinano le modalità di calcolo del trattamento pensionistico privilegiato spettante al militare, distinguendo in base all’anzianità dallo stesso posseduta - sono state dettate in un contesto normativo in cui le pensioni erano calcolate sulla base del solo metodo retributivo. Tale circostanza, tuttavia, non autorizza l’operatore del diritto ad interpretazioni addittive, quali quella avanzata nel ricorso in esame, secondo la quale, per le pensioni calcolate con il sistema Pag. 78 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 misto, dovrebbe trovare applicazione il secondo comma dell’art.67, dpr n.1092/1973, non per il calcolo del trattamento pensionistico privilegiato tout court, ma soltanto per il calcolo della cd. quota A, da aggiungere poi alle quote B e C. Una simile lettura della legge sarebbe irrazionale ed in evidente contrasto con la ratio della riforma pensionistica degli anni Novanta, perché finirebbe con l’introdurre un trattamento di maggior favore per coloro ai quali spetta un trattamento pensionistico calcolato con il sistema cd. misto, determinando, inoltre, un beneficio in misura vieppiù maggiore per coloro che vantano una minore anzianità alla data del 31.12.1992, rispetto a coloro che hanno assunto servizio in epoca più remota. Sentenza n. 1195/2014 - GUP Micci Non è ammissibile la domanda di pensione di inabilità formulata dal coniuge superstite ai sensi dell’art. dell’art. 2, comma 12, della legge n. 335/1995, dopo il decesso del lavoratore qualora quest’ultimo non sia mai stato dispensato dal servizio per inabilità o non sia mai stato sottoposto a visita per un'eventuale dispensa. Sentenza n. 1309 /2014 - GUP Micci Non è meritevole di accoglimento la domanda del dipendente regionale, assunto successivamente alla entrata in vigore dell’art. 10 della L.R. n. 21/1986, che ha esteso il regime previdenziale statale a tutti i dipendenti regionali, mantenendo in vita il precedente regime previdenziale disciplinato dalla L.r. n. 2/1962 unicamente per i dipendenti già in servizio, volta ad ottenere il riscatto del periodo di studi universitari secondo i parametri più favorevoli previsti dall’art. 77 della LR n. 41/1985. Il riferimento al regime previdenziale statale contenuto nell’art. 10 della LR n. 21/1986 deve essere necessariamente inteso come comprensivo anche della normativa relativa al riscatto del periodo di studi a fini previdenziali. Sent. n. 207/2014 - G.U.P. Gargiulo In tema di perenzione dei giudizi innanzi alla Corte dei conti in materia di ricorsi pensionistici civili, militari e di guerra - con particolare riferimento al caso in cui, se è comunicato alle parti l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione nel merito, i ricorsi sono decisi qualora almeno una parte costituita dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, di avere interesse alla decisione, altrimenti sono dichiarati perenti (articolo 9, comma 2, terzo periodo e comma 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205) - per la posizione della parte resistente nel processo (diversa rispetto a quella della parte ricorrente, poiché subisce l’iniziativa giudiziaria altrui), in assenza di espressa dichiarazione in tal senso, la sola costituzione della stessa non può considerarsi manifestazione implicita di interesse alla decisione, come tale idonea a tener luogo della dichiarazione normativamente prevista, atteso che, avuto riguardo al diritto in contesa, alla parte resistente medesima, in una valutazione ex ante, non si presenta, comunque, la prospettiva di un vantaggio maggiore di quello derivante dalla dichiarazione di perenzione. Sent. n. 584/2014 - G.U.P. Gargiulo Per il principio di vicinanza della prova e per la presunzione di persistenza del diritto di credito se non ne è dimostrata l’estinzione, l’allegazione, da parte del ricorrente, Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 79 dell’inadempimento delle obbligazioni positive poste a carico della controparte dalla sentenza di cui si lamenta la mancata esecuzione, non contrastata dall’assolvimento dell’onere - gravante sulla controparte medesima, non costituita ma ritualmente chiamata nel presente giudizio di ottemperanza - di provare il corrispondente adempimento, è sufficiente per ritenere che le statuizioni di cui si tratta siano rimaste ineseguite. Sent. n. 834/2014 - G.U.P. Gargiulo La pretesa della parte ricorrente all’osservanza delle indicazioni fornite dal Ministero del tesoro - a suo tempo competente per la gestione della Cassa Pensioni Dipendenti Enti Locali (C.P.D.E.L.) - con la circolare 25 maggio 1991, n. 6/I.P., per la determinazione dell’onere di ricongiunzione posto a suo carico è fondata, poiché, da un lato, con l’adozione della circolare in parola, l’amministrazione competente all’epoca della domanda amministrativa, dettando precise indicazioni per l’applicazione della legge n. 45 del 1990 ai casi di ricongiunzione presso “le casse pensioni amministrate dalla direzione generale degli istituti di previdenza”, fra le quali rientra la C.P.D.E.L., ha imposto alla propria azione un vincolo che, a sua volta, può essere superato, nel provvedere in concreto, solo con una adeguata motivazione, atteso che “l’eventuale contrasto fra il vincolo imposto dall’Amministrazione a se stessa con la circolare e il concreto suo operato può realizzare un profilo di eccesso di potere” (T.A.R. Lazio, Sez. II, sent. n. 7395 del 30 agosto 2012); dall’altro, a fronte del fatto che l’atto avversato si è oggettivamente discostato dal vincolo imposto con la citata circolare del 1991, non si riscontra la sussistenza di una motivazione idonea a superare il vincolo medesimo, non sono emersi profili di illegittimità della circolare in parola nella prospettiva di una disapplicazione della stessa nel caso di specie, né la parte resistente ha evidenziato tali profili anche nell’ottica di una revisione, in via amministrativa, della disciplina recata dalla circolare medesima. Pag. 80 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 TABELLE STATISTICHE CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA ORGANICO 1 Presidente + 12 Magistrati Presidente Luciana SAVAGNONE Consigliere Vincenzo LO PRESTI* Antonio NENNA** Guido PETRIGNI* Giuseppe COLAVECCHIO Roberto RIZZI Primo Referendario Giuseppa CERNIGLIARO Adriana PARLATO Igina MAIO Maria Rita MICCI Giuseppe GRASSO Referendario Paolo GARGIULO Sergio VACCARINO*** Vacante Vacante * trasferiti dal 1° febbraio 2014 ** in aggiuntiva fino all’8 luglio 2014 *** in aggiuntiva NUMERO UDIENZE COLLEGIALI 38 NUMERO CAMERE DI CONSIGLIO (correzione materiale, fissazione di termine, declaratoria di nullità etc.) 3 NUMERO UDIENZE MONOCRATICHE DI COMPARIZIONE 5 NUMERO UDIENZE G.U.P. Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 134 Pag. 83 GIUDIZI DI RESPONSABILITA’ E DI CONTO GIUDIZI DI RESPONSABILITA’ GIUDIZI DI CONTO 73 179 ATTI INTRODUTTIVI (atti di citazione, revocazione) 119 3 GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO 181 16 GIUDIZI DISCUSSI 142 15 GIUDIZI DEFINITI 124 16 4 0 SENTENZE DI CONDANNA 75 4 SENTENZE DI ASSOLUZIONE 37 0 ALTRE MODALITA’ DI DEFINIZIONE 12 12 ORDINANZE 25 0 PROCEDIMENTI MONITORI 12 11 4 0 GIUDIZI RINVIATI 39 1 GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/14 64 166 GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/14 GIUDIZI RIUNITI ORDINANZA DI CONDANNA DA PROCEDIMENTO MONITORIO Pag. 84 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 CONTI GIUDIZIALI STATO ENTI LOCALI A.S.P. TOTALE PENDENTI AL 01/01/14 13.842 21.837 4.437 40.116 DEPOSITATI NEL 2014 766 3.432 398 4.596 APPROVATI CON DECRETO PRESIDENZIALE 129 65 0 194 0 0 12 12 DICHIARATI ESTINTI 655 2.391 401 3.447 DEFINITI 784 2.456 413 3.653 13.824 22.813 4.422 41.059 DEFINITI CON ALTRE MODALITA’ PENDENTI AL 31/12/2014 PROCEDIMENTI PER LA FISSAZIONE DI TERMINE PER LA RESA DEL CONTO PROCEDIMENTI PENDENTI AL 01/01/2014 223 ISTANZE DEPOSITATE NEL 2014 0 GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO 6 DISCUSSI 6 DEFINITI CON DECRETO 7 RINVIATI 0 PENDENTI AL 31/12/2014 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 216 Pag. 85 GIUDIZI A ISTANZA DI PARTE GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/14 26 RICORSI DEPOSITATI 3 ISTANZA DI NULLITA’ 0 GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO 4 GIUDIZI DISCUSSI 4 GIUDIZI DEFINITI 4 GIUDIZI RINVIATI 0 GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2014 25 SEQUESTRI CONSERVATIVI Pag. 86 ISTANZE PROPOSTE NEL 2014 4 AUTORIZZATI CON DECRETO PRESIDENZIALE 3 NON AUTORIZZATI CON DECRETO PRESIDENZIALE 1 AUTORIZZATI CON ORDINANZA NEL GIUDIZIO DI CONVALIDA 3 NON AUTORIZZATI CON ORDINANZA NEL GIUDIZIO DI CONVALIDA 0 MODIFICATI CON ORDINANZA NEL GIUDIZIO DI CONVALIDA 0 ORDINANZA SU RECLAMO 0 GIUDIZI DI CONVALIDA PENDENTI AL 31/12/2014 0 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 CONTENZIOSO PENSIONISTICO CIVILE MILITARE GUERRA TOTALE RICORSI IN CARICO AL 01/01/2014 2.759 414 7 3.180 RICOGNIZIONE D’ARCHIVIO 2.048 300 35 2.383 534 59 3 596 1.584 286 23 1.893 386 55 4 445 537 81 4 622 74 10 8 92 3 1 0 4 111 15 1 127 1.111 162 17 1.290 RICORSI INTERROTTI 10 2 1 13 ORDINANZE A VERBALE IN UDIENZA 89 4 0 93 ORDINANZE ISTRUTTORIE 61 55 4 120 2 0 0 2 22 5 0 27 RICORSI RINVIATI A UDIENZA FISSA 284 58 1 343 RICORSI RINVIATI A NUOVO RUOLO 5 0 0 5 1.471 197 21 1.689 RICORSI PERVENUTI RICORSI ISCRITTI A RUOLO RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI ACCOGLIMENTO RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI RIGETTO RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI ESTINZIONE RICORSI RIUNITI EX ART. 273 C.P.C. RICORSI DEFINITI CON ALTRE PRONUNCE TOTALE RICORSI DEFINITI ORDINANZE DI RIMESSIONE A CORTE COSTITUZIONALE, CORTE EUROPEA, SEZIONI RIUNITE RICORSI PER PROCEDIMENTI CAUTELARI RICORSI PENDENTI AL 31/12/2014 Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015 Pag. 87