3 Relazione Pres Sicilia inaug 2015

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
INAUGURAZIONE
DELL’ANNO GIUDIZIARIO
2015
RELAZIONE DEL PRESIDENTE
LUCIANA SAVAGNONE
PALERMO, PALAZZO STERI, 28 FEBBRAIO 2015
CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
INAUGURAZIONE
DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
RELAZIONE DEL PRESIDENTE
LUCIANA SAVAGNONE
UDIENZA DEL 28 FEBBRAIO 2015
PALERMO
PALAZZO STERI - SALA MAGNA
Saluti
In apertura di questa cerimonia desidero porgere un deferente ossequio al
nostro Presidente della Repubblica, primo Presidente siciliano, Sergio Mattarella,
certa che il prossimo settennio troverà in Lui un garante dei principi costituzionali
sui quali si fonda il nostro paese.
Saluto calorosamente gli intervenuti, autorità religiose, politiche, militari,
amministrative, accademiche, rappresentanti delle diverse magistrature, delle
Istituzioni, rappresentanti del foro, il Procuratore Generale della Corte dei conti, i
rappresentanti del Consiglio di presidenza e dell'Associazione magistrati e tutti
coloro che hanno voluto partecipare a questa cerimonia di Inaugurazione dell'anno
giudiziario 2015, ringraziandoli per la qualificata e numerosa presenza.
Un particolare saluto voglio indirizzare al Presidente Guido Carlino, che ha
diretto più che egregiamente, fino al dicembre scorso, questa Procura regionale e
che ora ha assunto il prestigioso incarico di Presidente della Sezione
giurisdizionale di Venezia. Gli rivolgo i migliori auguri e lo ringrazio per
l’equilibrio e la dedizione con cui ha sempre svolto il suo lavoro.
Anche quest’anno usufruiamo dell’ospitalità offertaci in questa prestigiosa e
splendida sala dal Magnifico Rettore dell’università di Palermo, prof. Roberto
Lagalla, e di ciò gli siamo particolarmente grati.
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Premessa
Nell’anno 2014 questa Sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha
pronunciato condanne per il risarcimento del danno erariale provocato da
amministratori, pubblici dipendenti, percettori di contributi pubblici, per un
importo complessivo di oltre 39 milioni di euro.
Sono state emesse anche parecchie sentenze di assoluzione, conseguenti alla
ritenuta mancanza da parte del collegio giudicante, degli elementi fondanti la
responsabilità amministrativa, e, spesso, pur in presenza di un accertato
pregiudizio economico, nonostante il lavoro infaticabile reso dai colleghi della
Procura regionale, non si è riusciti ad addebitare a nessun responsabile le
conseguenze dannose subite dall’erario.
Le difficoltà oggettive nell’individuazione degli autori di un danno erariale,
dovute alla farraginosità delle procedure di spesa ed alla estrema parcellizzazione
dei compiti a ciascuno affidati, si aggiungono agli ostacoli, ben noti, posti dalle
disposizioni legislative in materia, che non facilitano certo il compito dei giudici
contabili. Si pensi, ad esempio, alle disposizioni in materia di riparto di
giurisdizione, che impediscono a questo giudice di conoscere dei danni causati da
amministratori di società partecipate, alle ipotesi di nullità dell’azione previste dal
D.L. n. 78/2009, convertito nella legge n. 102/2009, alla sottrazione della
conoscibilità del danno all’immagine, se non in ipotesi delittuose specifiche ed
espressamente individuate, ed alle norme sulla prescrizione, principalmente a
quelle relative alla sua decorrenza ed al regime giuridico degli atti interruttivi.
Ostacoli all’esercizio tempestivo delle azioni risarcitorie in difesa delle
pubbliche risorse da parte della Corte dei conti sono frapposti dalla stessa
amministrazione, che sembra non accorgersi di chi, agendo al suo interno,
sperpera, sottrae denaro, spende male. C’è da chiedersi come sia possibile che
impiegati infedeli possano, per lunghissimi periodi di tempo, depredare pubbliche
risorse senza essere mai smascherati, come è accaduto, ad esempio, (ma vi sono
stati decine di giudizi analoghi), per un direttore dei servizi amministrativi di un
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istituto professionale che si è appropriato di oltre 700.000 euro, senza che la
mancanza di provvista di denaro fosse stata mai avvertita all’interno della scuola;
ovvero nel caso di un medico che per anni, circa sei, ha fatto acquistare
all’azienda sanitaria presso cui prestava servizio prodotti e merci, di cui si
appropriava per rivenderli, non una ma più volte, alla stessa azienda sanitaria a
mezzo di una ditta compiacente.
E’ evidente, allora, che, per una sana politica di gestione, la prima attività da
svolgere all’interno della pubblica amministrazione deve essere di prevenzione,
attraverso una semplificazione delle procedure, e, successivamente, di attento
controllo e monitoraggio dei meccanismi di spesa, da esercitare da parte degli
organi posti al vertice, che dovrebbero, in ogni momento, avere consapevolezza di
come, perché e quanto si spende.
Le medesime considerazioni valgono anche con riferimento alle azioni di
contrasto al fenomeno della corruzione, spesso agevolata dall’eccessiva
burocratizzazione dell’attività amministrativa, nemica della trasparenza, che
impone troppi passaggi procedimentali ed impedisce l’immediatezza di
percezione dell’uso delle risorse economiche.
Dal nostro osservatorio, che certamente è un osservatorio privilegiato
passando sotto i nostri occhi gli atti di intere procedure di spesa ed in genere di
utilizzo del denaro pubblico, ci accorgiamo, inoltre, che molte delle condotte
tenute da pubblici amministratori e dipendenti, anche se produttive di danno per le
pubbliche risorse, non arrivano a questo giudice né potranno mai essere sottoposte
alla sua valutazione.
Il
perseguimento
dell’efficienza
e
dell’economicità
dell’azione
amministrativa è, infatti, come è noto, demandato al sindacato giurisdizionale
della Corte dei conti solo nella sua fase “patologica” quando, con dolo o colpa
grave, un soggetto legato da un rapporto di servizio con l’amministrazione arrechi
all’erario un danno quantificabile in denaro, mentre la fase della spesa che
potremmo chiamare “fisiologica” sfugge all’esame di questo giudice.
Non c’è bisogno di sottolineare, in proposito, che la più alta espressione di
uno stato democratico è il principio, peraltro costituzionalmente garantito, in base
al quale gli amministratori devono potere essere liberi di scegliere gli obiettivi da
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raggiungere come di svolgere le proprie funzioni con la discrezionalità che il
perseguimento di tali obiettivi impone, tuttavia, sempre più spesso, i risultati delle
scelte effettuate non sono felici.
Per questo motivo l’attività sanzionata dal giudice contabile non rappresenta
che una piccola parte del complessivo depauperamento delle risorse economiche
del Paese, costituito, quale immediata conseguenza del mancato raggiungimento
di scopi prefissati, da sprechi e da inutile spendita di denaro, così come dalla
mancata acquisizione di possibili ulteriori risorse.
Tutto ciò che impoverisce le casse dell’erario è da qualificare danno
erariale, ma se causato da scelte politiche improvvide e non soddisfacenti,
indirizzate al perseguimento di scopi diversi dal
bene pubblico, ovvero da
improvvisi cambi di obiettivi da perseguire, conseguenti a loro volta alla repentina
sostituzione dei vertici dell’amministrazione, di esso è molto difficile che gli
amministratori pubblici ne possano rispondere in sede giudiziaria, mentre ne
devono rendere conto al cittadino, siciliano, palermitano, o di qualunque altra
regione e città, assumendosi la responsabilità politica di una errata conduzione
della c.d. “cosa pubblica”.
Leggendo sulla stampa la notizia del crollo del famigerato viadotto della
strada Palermo-Agrigento, indipendentemente dal merito della vicenda e
dall’auspicabile accertamento delle responsabilità sull’accaduto, le sole parole
“inaugurato a Natale e crollato a Capodanno” hanno compendiato e rappresentato,
purtroppo, l’immagine oggi della Sicilia.
La Sicilia dei proclami, dei trionfalismi, delle iniziative, contrapposta alla
Sicilia dell’improvvisazione, della mancanza di professionalità, della incapacità di
una progettualità portata a termine con successo.
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Le sentenze della Corte Costituzionale
Nell’anno 2014 la Corte Costituzionale ha emesso due sentenze in materia
pensionistica la n. 208 del 16 luglio 2014 e la n. 227 del 26 settembre 2014.
La prima di esse è stata pronunciata risolvendo una questione di legittimità
costituzionale sollevata dalla terza sezione centrale d'appello della Corte dei conti,
che dubitava della costituzionalità dell’art. 204 del D.P.R. n. 1092 del 1973
(Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei
dipendenti civili e militari dello Stato), in riferimento agli artt. 3, 36, primo
comma, 38, secondo comma, e 97 della Costituzione, nella parte in cui non
consente la revoca o la modifica del provvedimento definitivo di liquidazione del
trattamento pensionistico anche nel caso di errore di diritto. Il rimettente riteneva,
anzitutto, ingiustificata, in violazione dell’art. 3 Costituzione, la differenziazione
tra l’ipotesi in cui il provvedimento fosse affetto da un errore di percezione di un
dato di fatto della realtà o di calcolo, da quella in cui l'errore riguardasse la norma
da applicare o la sua interpretazione. Veniva, inoltre, denunciata la violazione
degli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Costituzione, in quanto il
trattamento di quiescenza del lavoratore, quale retribuzione differita, dovrebbe
essere proporzionato alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, mentre
l'esclusione dell'errore di diritto dai motivi che consentono la revoca o la modifica
del provvedimento pensionistico definitivo, sancendone la sostanziale intangibilità
anche nel caso in cui sia illegittimo, altererebbe il rapporto di adeguatezza e
proporzionalità al lavoro prestato. Infine, l’art. 204 citato sarebbe stato in
contrasto con l’art. 97 Cost., in quanto, non consentendo di intervenire sul
provvedimento definitivo, conseguirebbe l'effetto di consolidare, per il futuro,
l'indebito arricchimento del percipiente, in contrasto con il principio di buon
andamento e legalità dell'azione amministrativa.
Nella pronuncia in esame, preliminarmente, la Corte costituzionale ha
sottolineato che, secondo il diritto vivente, solo nella fase di liquidazione
definitiva del trattamento pensionistico opera il principio, espresso dalla norma
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della cui legittimità costituzionale dubita il rimettente, dell'intangibilità del
trattamento pensionistico frutto di errore di diritto.
Ciò premesso, ha dichiarato non fondata la questione con riferimento all’art.
3 Cost., mancando il presupposto dell’applicazione del principio di uguaglianza,
protetto dalla norma costituzionale solo in presenza di situazioni sostanzialmente
identiche disciplinate in modo ingiustificatamente diverso. Nella norma
denunciata, invece, l'oggettività e l'immediatezza che caratterizzano la rilevazione
degli errori di fatto e di calcolo, che consentono la revoca del trattamento
pensionistico, differiscono in modo sostanziale dai connotati del giudizio che
accompagna la valutazione della violazione, falsa applicazione o erronea
interpretazione di una norma, non godendo la percezione dell'errore di diritto della
medesima immediatezza dell’errore di fatto o di calcolo. In tal modo la revoca o la
rettifica eventualmente adottate, entrano più facilmente in contrasto con il
convincimento indotto nel pensionato dalla già intervenuta applicazione, in senso
diverso e per lui più favorevole, della norma oggetto di reinterpretazione. Viene,
dunque, in rilievo il principio dell'affidamento: non solo l'esclusione dell'errore di
diritto dalle ipotesi di revoca non trasmoda in un regolamento irrazionale ed
arbitrario delle correlate situazioni sostanziali dello Stato e del pensionato, ma è
funzionale all'esigenza di garantire la sicurezza giuridica, con particolare riguardo
alle aspettative del dipendente collocato a riposo.
Le considerazioni svolte sono servite, altresì, a scrutinare le censure
formulate in riferimento all’art. 97 Cost. avendo affermato, in proposito, la Corte
Costituzionale che il mero ripristino della legalità dell'azione amministrativa ancorché finalizzato a conseguire minori oneri finanziari per l'Erario - non può
prevalere sulla tutela della situazione del pensionato con modalità temporali
illimitate.
Infine, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 204 è stata ritenuta
ugualmente non fondata in riferimento agli artt. 36, primo comma, e 38, secondo
comma, Cost., in quanto i ricordati principi di proporzionalità e di adeguatezza del
trattamento pensionistico rispetto al lavoro prestato, lasciano alla discrezionalità
del legislatore la possibilità di apportare correttivi di dettaglio che - senza
intaccare i suddetti criteri con riferimento alla disciplina complessiva del
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trattamento pensionistico - siano giustificati da esigenze meritevoli di
considerazione, attraverso un bilanciamento del complesso dei valori e degli
interessi costituzionali coinvolti.
Con la successiva sentenza sopra menzionata, la 227 del 26 settembre 2014,
la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 774 e 776, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, con riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in
relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali e all'art. 1 del Protocollo addizionale alla
Convenzione medesima, sollevata dalla Sezione giurisdizionale d'appello per la
Regione siciliana. In proposito la Corte, dopo avere ricordato di essere stata
chiamata più volte a scrutinare la legittimità costituzionale della citata normativa,
pervenendo sempre a pronunzie di non fondatezza delle questioni (ex multis, n. 1
del 2011; n. 228 del 2010 e n. 74 del 2008), ha ripercorso l’iter argomentativo
della sua sentenza n. 1 del 2011, ribadendo, infine, che le norme denunciate sono
effettivamente interpretative, assumendo come referente un orientamento
giurisprudenziale presente, seppur minoritario, così da scegliere, "in definitiva,
uno dei possibili significati della norma interpretata". Circa l'ulteriore sviluppo, in
tema di art. 6 della CEDU, della giurisprudenza della Corte EDU, nei termini
contenuti nella sentenza citata dal giudice remittente (causa Agrati ed altri contro
Italia del 7 giugno 2011), la Corte ha negato che nella ordinanza di rimessione
fosse stato chiarito, se non con un assunto meramente assertivo, quale incidenza
avrebbe il nuovo sviluppo giurisprudenziale rispetto all'assetto normativo
precedente, sostenendo che la motivazione sul punto sarebbe stata essenziale,
considerato che le normative oggetto della sentenza n. 1 del 2011 e della citata
pronunzia della Corte EDU sono differenti.
Peraltro, secondo la Corte Costituzionale, la regola di diritto adottata dalla
Corte EDU («Se in linea di principio, il legislatore può regolamentare in materia
civile, mediante nuove disposizioni retroattive, i diritti derivanti da leggi già
vigenti, il principio della preminenza del diritto e la nozione di equo processo
sancito dall'art. 6 ostano, salvo che per ragioni imperative di interesse generale,
all'ingerenza del legislatore nell'amministrazione della giustizia allo scopo di
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influenzare la risoluzione di una controversia. L'esigenza della parità delle armi
comporta l'obbligo di offrire ad ogni parte una ragionevole possibilità di
presentare il suo caso, in condizioni che non comportino un sostanziale svantaggio
rispetto alla controparte») era già stato oggetto di esame da parte della stessa
Corte costituzionale, sempre con riferimento a norme interpretative aventi
efficacia retroattiva e concernenti la materia previdenziale, e, in proposito era
stato affermato (vedi sentenze n. 15 del 2012 e n. 257 del 2011), che, anche
secondo la detta regola, sussiste lo spazio per un intervento del legislatore con
efficacia retroattiva. La questione, dunque, non avendo il rimettente addotto
nuove argomentazioni a sostegno delle censure già esaminate dalla Corte, è stata
dichiarata nel suo complesso manifestamente infondata.
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Questioni relative al riparto di giurisdizione e di competenze in materia
di spese sostenute dai Gruppi consiliari
Una trattazione a parte merita la problematica relativa al controllo ed in
genere alla sindacabilità delle c.d. spese della politica ed in particolare di quelle
sostenute dai gruppi consiliari regionali. Di essa verrà trattato solo l’aspetto
relativo allo stato della giurisprudenza in merito alla complessa ripartizione delle
competenze, non avendo ancora questa Sezione giurisdizionale emesso alcuna
pronuncia di merito in giudizi di responsabilità amministrativa.
E’ noto che il decreto legge n. 174 del 2012, convertito nella legge n. 213
del 2012, all’art. 1, comma 9, ha previsto che ciascun gruppo consiliare approva
un rendiconto di esercizio annuale, strutturato secondo linee guida deliberate dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri. In esso devono essere evidenziate, in apposite voci, le
risorse trasferite al gruppo dal consiglio regionale, con indicazione del titolo del
trasferimento, nonchè le misure adottate per consentire la tracciabilità dei
pagamenti effettuati.
Secondo la formulazione originaria della norma, prima che fosse incisa dalla
sentenza della Corte Costituzionale n. 39 del 2014, il rendiconto, dopo essere
stato trasmesso da ciascun gruppo consiliare al presidente del consiglio regionale,
che a sua volta lo trasmette al presidente della regione, è inviato, entro sessanta
giorni dalla chiusura dell'esercizio, alla competente sezione regionale di controllo
della Corte dei conti che, entro trenta giorni dal ricevimento, deve pronunciarsi
sulla regolarità dello stesso, con apposita delibera, in mancanza della quale il
rendiconto si intende comunque approvato.
Qualora la competente sezione regionale di controllo riscontri che il
rendiconto non è conforme alle prescrizioni, entro trenta giorni, trasmette al
presidente della regione una comunicazione affinchè si provveda alla relativa
regolarizzazione. La comunicazione ritorna al presidente del consiglio regionale
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per i successivi adempimenti da parte del gruppo consiliare interessato e sospende
il decorso del termine per la pronuncia della sezione. Nel caso in cui il gruppo non
provveda alla regolarizzazione entro il termine fissato, decade, per l'anno in corso,
dal diritto all'erogazione di risorse da parte del consiglio regionale, con l'obbligo
di restituire le somme ricevute a carico del bilancio del consiglio regionale e non
rendicontate.
Con la sentenza 26 febbraio - 6 marzo 2014, n. 39, la Corte Costituzionale,
pronunciandosi su tre ricorsi con cui le Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e
Sardegna e la Provincia autonoma di Trento avevano promosso questioni di
legittimità costituzionale relative a diverse disposizioni del decreto legge sopra
citato, ha sostanzialmente attestato la conformità alla Costituzione del sistema
sopra delineato.
Premessa, infatti, la sussistenza dei vincoli
derivanti dall’appartenenza
dell’Italia all’Unione europea, cui si riconnette essenzialmente la normativa
nazionale sul “patto di stabilità interno”, il quale coinvolge Regioni ed enti locali
nella realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, i controlli affidati alla
Corte dei conti sono stati definiti strumentali al rispetto degli obblighi che lo Stato
ha assunto nei confronti dell’Unione europea in ordine alle politiche di bilancio.
Peraltro, fissando il decreto legge principi fondamentali in materia di
«coordinamento della finanza pubblica» – funzionali anche ad assicurare il
rispetto del parametro dell’unità economica della Repubblica e a prevenire
squilibri di bilancio – le norme relative sono state ritenute applicabili anche alle
Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome. Ciò posto, la disposizione
censurata contenuta nell’art. 1, comma 9, è stata dichiarata non lesiva, alla luce
della giurisprudenza della Corte, dei parametri costituzionali e statutari invocati
dalle ricorrenti, posti a presidio dell’autonomia regionale, di cui il consiglio
costituisce la principale espressione rappresentativa.
Con riferimento, invece, al meccanismo di raccolta dati, di invio e
ritrasmissione dei rendiconti, la Corte Costituzionale, affermato che al legislatore
statale non è consentito individuare l’organo della Regione titolare di determinate
funzioni, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 10, nella
parte in cui prevede il coinvolgimento del Presidente della Giunta, sia nella
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procedura relativa alla trasmissione dei rendiconti alla competente sezione
regionale di controllo sia nella procedura relativa alla trasmissione delle delibere
sugli effettuati controlli. Sulla base delle medesime considerazioni, è stata
affermata l’illegittimità costituzionale del comma 11, primo periodo, nella parte in
cui individua il “presidente della regione”, anziché il “presidente del consiglio
regionale”, quale destinatario della comunicazione finalizzata a provvedere alla
regolarizzazione del rendiconto di esercizio del gruppo consiliare, nella
considerazione che le fonti di autonomia e i parametri statutari, nonché le norme
dei regolamenti consiliari, individuano nel Presidente del Consiglio regionale
l’unico organo legittimato alla rappresentanza dell’assemblea elettiva, tra l’altro,
quale garante dell’autonomia consiliare.
Circa le conseguenze previste dalla norma in caso di accertate irregolarità in
esito ai controlli sui rendiconti, mentre l’obbligo di restituzione è stato ritenuto
espressione di principi generali delle norme di contabilità e strettamente correlato
al dovere di dare conto delle modalità di impiego del denaro pubblico, in
conformità alle regole di gestione dei fondi e alla loro attinenza alle funzioni
istituzionali svolte dai gruppi consiliari, non altrettanto si è affermato per la
prevista sanzione di decadenza dal diritto all’erogazione di risorse da parte del
consiglio regionale.
Secondo la Consulta, infatti, la norma censurata introduce una misura
repressiva di indiscutibile carattere sanzionatorio che consegue ex lege, senza
neppure consentire che la Corte dei conti possa graduare la sanzione stessa in
ragione del vizio riscontrato nel rendiconto, né che gli organi controllati possano
adottare misure correttive. Ciò non consentirebbe di preservare quella necessaria
separazione tra funzione di controllo e attività amministrativa degli enti sottoposti
al controllo che la giurisprudenza della stessa Corte Costituzionale ha posto a
fondamento della conformità a Costituzione delle norme istitutive dei controlli.
Tra l’altro ha affermato la Corte che, con l’introduzione di una sanzione
preclusiva di qualsiasi finanziamento, si correrebbe il rischio di compromettere le
funzioni pubbliche affidate ai gruppi consiliari, pregiudicando il fisiologico
funzionamento dell’assemblea regionale stessa, anche in ragione di marginali
irregolarità contabili, pur in assenza di un utilizzo scorretto dei contributi
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assegnati, con la conseguente lesione dei parametri costituzionali posti dagli artt.
117 e 119 a presidio dell’autonomia legislativa e finanziaria delle Regioni.
Infine, la Corte Costituzionale ha affermato l’infondatezza della censura
relativa all’incostituzionalità per la mancata previsione di idonei strumenti di
tutela giurisdizionale contro la comunicazione di irregolarità (comma 11) e la
delibera di non regolarità (comma 12), sostenendo che l’eventuale pregiudizio
immediato e diretto arrecato alle posizioni giuridiche soggettive non può che
determinare la facoltà dei soggetti controllati di ricorrere agli ordinari strumenti di
tutela giurisdizionale previsti dall’ordinamento in base alle fondamentali garanzie
costituzionali previste dagli artt. 24 e 113 Cost..
In ossequio a tale rilievo, il legislatore, volendo perfezionare il sistema, ha
modificato il comma 12 del citato art. 1, introducendo la previsione espressa di
una impugnazione, dinanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale
composizione, delle delibere emesse dalla Sezione regionale di controllo (art. 33,
comma 2, lett. a), n.3) D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni
dalla l. 11 agosto 2014, n. 116).
La Consulta si è di nuovo occupata della questione relativa all’esame dei
rendiconti dei gruppi consiliari con la sentenza del 15 maggio 2014, n. 130,
emessa nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti a seguito delle
deliberazioni della Corte dei conti, sezione delle autonomie, sezione di controllo
per l'Emilia-Romagna, sezione di controllo per il Veneto, sezione di controllo per
il Piemonte, che avevano ritenuto potersi esercitare l’attività di controllo prevista
dal decreto legge n. 174, anche con riferimento all’utilizzo dei fondi assegnati ai
gruppi consiliari nell’anno 2012.
Con il ricorso proposto, le regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte
lamentavano che, in violazione della loro autonomia legislativa, statutaria,
organizzativa e contabile, la Corte dei conti avesse esercitato un potere non ancora
attribuito dalla legge, non potendo il sistema delineato dal D.L. n. 174 del 2012
operare se non a partire dall'anno 2013, dopo l'entrata in vigore dei criteri
individuati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano e recepiti con d.P.C.m. 21 dicembre
2012.
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La questione è stata ritenuta pienamente fondata, affermando la Consulta
che la norma detta una disciplina del controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari
completa, non frazionabile e comunque esercitabile solo secondo i criteri previsti
nelle linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato solo il 21 dicembre
2012 ed entrato in vigore il 17 febbraio dell'anno seguente. Il dettato normativo
configura, dunque, il potere in esame come condizionato alla previa
individuazione dei criteri per il suo esercizio e ciò sull'evidente presupposto della
loro indispensabilità, anche perché, assumendo come parametro, la conformità del
rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza, il controllo deve
ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte
discrezionali rimesse all'autonomia politica dei gruppi, nei limiti del mandato
istituzionale, come già affermato nella sentenza 39 del 2014, sopra esaminata. In
definitiva, la Corte Costituzionale ha annullato le deliberazioni emesse dalla Corte
dei conti, sezione delle autonomie e Sezioni regionali di controllo per l'EmiliaRomagna, per il Veneto e per il Piemonte aventi ad oggetto l’attività di controllo
sui rendiconti dei gruppi consiliari resi per l’anno 2012.
In materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice
contabile sulle domande risarcitorie, conseguenti all’asserito illegittimo utilizzo
dei contributi mensili erogati a un gruppo consiliare, le Sezioni Unite della Corte
di Cassazione si sono pronunciate con l’ordinanza 31 ottobre 2014, n. 23257. La
fattispecie riguardava una citazione, davanti alla Sezione giurisdizionale per il
Friuli- Venezia Giulia della Corte dei conti, emessa dal Procuratore contabile nei
confronti del presidente di un gruppo consiliare presso il consiglio regionale, di
cui chiedeva la condanna al risarcimento, in favore della Regione, del danno
erariale determinato dell'illecita gestione dei contributi mensili erogati nell’anno
2011 al gruppo consiliare di appartenenza.
In questa pronuncia, la Suprema Corte, individuata la natura giuridica dei
gruppi consiliari ed indicate le norme che ne disciplinano il funzionamento, ha
ribadito che la giurisdizione della Corte dei conti viene a radicarsi in funzione,
non della qualità dell'agente, ma della natura delle risorse utilizzate e della
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
predeterminazione dello scopo attraverso di esse perseguito, per cui è necessaria,
ma anche sufficiente, l'allegazione di una ipotesi di responsabilità oggettivamente
riconducibile allo schema del "rapporto servizio" del suo preteso autore. Nella
fattispecie,
l'affermazione
della
giurisdizione
contabile
trova
adeguata
giustificazione nell'avvenuta prospettazione di un pregiudizio connesso ad una
condotta idonea a frustrare la coerenza dell'utilizzazione dei contributi pubblici
erogati con gli specifici vincoli ad essi impressi dalla legge. Confutando le
argomentazioni difensive sollevate dai ricorrenti, le Sezioni Unite hanno escluso
che la giurisdizione contabile possa ritenersi messa in discussione in funzione
delle prerogative costituzionali, a tutela dell'autonomia del consiglio regionale,
riconosciute dal combinato disposto dell’art. 122, comma 4, cost. e dalle norme di
ciascuno Statuto speciale. Ha osservato, in proposito, la Corte che è già il puro
dato letterale ad escludere ogni possibilità di estendere l'evocata prerogativa
d'insindacabilità, testualmente riferita alle opinioni espresse e ai voti dati
nell'esercizio delle funzioni e, dunque, solo alle più elevate funzioni di
rappresentanza politica del consiglio regionale, alla gestione dei contributi erogati
ai "gruppi" presso i consigli regionali, che a quel novero ristretto di più elevate
funzioni certamente non appartiene.
La sentenza, oltre a statuire sulla giurisdizione del giudice contabile, delinea
anche un importante profilo circa il contenuto della responsabilità azionata,
individuando il sindacato del giudice contabile in un esame della coerenza
dell'utilizzazione dei contributi pubblici erogati con gli specifici vincoli ad essi
impressi dalla legge. Vincoli che sono predefiniti dettagliatamente dalle norme in
materia, con un esplicito, esclusivo asservimento a finalità istituzionali del
consiglio regionale e non a quelle delle associazioni partitiche o, tanto meno, alle
esigenze personali di ciascun componente.
Si è, invece, ancora in attesa di una pronuncia da parte delle stesse Sezioni
Unite della Corte di Cassazione circa la sussistenza o meno della giurisdizione
della Corte dei conti in merito ai giudizi di responsabilità per la illecita gestione
dei fondi accreditati dal Parlamento in favore di partiti politici a titolo di
contributo per le spese elettorali. La Suprema Corte, infatti, con l’ordinanza n.
20572 del 30 settembre 2014, emessa nel regolamento di giurisdizione proposto
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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nell’ambito del giudizio di responsabilità amministrativa instaurato nei confronti
del tesoriere del partito politico "Democrazia è Libertà - La Margherita", non ha
emesso alcuna pronuncia di merito, ma ha rinviato la causa a nuovo ruolo,
richiedendo una relazione di approfondimento all'Ufficio del Massimario sulla
natura sia dei partiti politici che dei contributi ad essi erogati dallo Stato per le
spese elettorali.
Un altro aspetto della questione riguarda la sussistenza o meno dell’obbligo,
da parte dei gruppi consiliari, di presentare il conto giudiziale e la compatibilità di
tale tipologia giudizio con i nuovi strumenti di controllo dei rendiconti resi dagli
stessi gruppi, introdotti con il citato D.L. n. 174 .
In merito, sono stati instaurati dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione giudizi per regolamento di giurisdizione a seguito di ricorsi, proposti
da alcuni presidenti di gruppi consiliari del Consiglio regionale della Regione
Toscana per il triennio 2010-2012, avverso i decreti con i quali
la Sezione
giurisdizionale aveva assegnato il termine per il deposito "dei conti giudiziali
relativi alla gestione dei fondi pubblici regionali integranti il contributo previsto
dalla L.R. n. 60 del 2000, accreditati nel corso della 9^ legislatura regionale per
gli anni 2010-2011-2012".
La Corte di Cassazione, con 7 ordinanze aventi uguale contenuto (Cass. civ.
Sez. Unite, Ordd. n. 27152, n. 27151, n. 27150, n. 27149, n. 27148, , n. 27147, n.
27146, del 2014), premesso che la Regione Toscana aveva sollevato dinanzi alla
Corte costituzionale conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, chiedendo
che fosse dichiarato che non spetta alla Corte dei conti richiedere il conto
giudiziale dei gruppi consiliari, ha ritenuto opportuno, in ragione della sostanziale
identità di oggetto del giudizio e di quello per conflitto di attribuzione, rinviare la
causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.
Il quesito circa l’attivabilità del giudizio di conto relativamente alla gestione
dei fondi pubblici erogati ai Gruppi consiliari regionali, alla luce delle nuove
disposizioni dettate dall’articolo 1, commi 9 e seguenti, del d.l. n. 174/2012, è
stato, comunque, affrontato e risolto con la sentenza n. 30/2014/QM delle Sezioni
Riunite della Corte dei conti.
Nella pronuncia, le Sezioni Riunite, hanno anzitutto richiamato i principi
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
contenuti nella sentenza 39 della Corte Costituzionale, nella quale il Giudice delle
leggi aveva espressamente affermato che il rendiconto delle spese dei Gruppi
consiliari costituisce parte necessaria del rendiconto regionale, e che il sindacato
delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti deve ritenersi meramente
documentale.
Ciò posto, in considerazione della netta distinzione, rilevabile anche dal
dato normativo, fra l’obbligo di rendere il conto giudiziale e l’obbligo di rendere il
conto nei confronti della propria amministrazione da parte dei “funzionari
delegati a pagare spese sopra aperture di credito” le Sezioni Riunite hanno
ritenuto, in applicazione del principio di non duplicazione e conseguente
alternatività dei controlli della Corte, che deve essere escluso l’obbligo della resa
del conto giudiziale per “i funzionari delegati a pagare spese sopra aperture di
credito” i quali sono tenuti a rendere i loro conti ai sensi dell’art. 60 della legge
di contabilità generale dello Stato n. 2440/1923, e, cioè, i rendiconti
amministrativi nei confronti della propria amministrazione. Alla luce di tale
principio, è stato affermato che, pur allorquando questi rendiconti amministrativi
siano assoggettati al controllo della Corte dei conti, come ora quelli dei gruppi
consiliari da parte delle Sezioni regionali di controllo, gli stessi non possono
essere anche oggetto di un giudizio di conto, dovendo ritenersi che i conti resi
all’interno della propria amministrazione, quali subconti amministrativi, non
possano essere autonomamente oggetto di un giudizio di conto, in quanto rifluenti
(e ad esso allegati) nel rendiconto consuntivo annuale, già assoggettato al
controllo della Corte.
Sulla scorta di tali considerazioni hanno dato una soluzione al quesito
mediante l’enunciazione del seguente principio di diritto: “non è attivabile il
giudizio di conto nei confronti dei Presidenti dei Gruppi consiliari regionali
relativamente alla gestione dei fondi pubblici erogati secondo le norme regionali
attuative della legge 6 dicembre 1973, n. 853”.
Nella pronuncia viene, infine, ribadito che i presidenti e i consiglieri
componenti dei Gruppi consiliari regionali sono comunque soggetti alla
responsabilità amministrativa e contabile per il danno cagionato alle finanze
regionali per l’illecita utilizzazione dei fondi destinati al gruppo.
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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Per completezza di esposizione, in materia di gruppi consiliari devono,
infine, essere menzionate le sentenze emesse dalle Sezioni Riunite in speciale
composizione in sede di impugnazione delle deliberazioni delle Sezioni regionali
di controllo, dopo la previsione espressa di un sindacato giurisdizionale su di esse
introdotta dal legislatore del 2014 (art. 33, comma 2, lett. a), n.3) del D.L. 24
giugno 2014, 91, convertito con modificazioni dalla l. 11 agosto 2014, n. 116).
Di tali decisioni, che hanno investito il merito degli obblighi restitutori già
accertati dalle Sezioni regionali attraverso l’esame documentale dei rendiconti,
occorre ancora studiare la portata, al fine di conciliare il nuovo sistema di tale
tipologia di controllo, con il tradizionale giudizio di responsabilità amministrativa,
da sempre previsto e ritenuto necessario per assicurare la tutela delle pubbliche
risorse, dovendosi assolutamente evitare interferenze tra i vari piani di giudizio e
sovrapposizioni di pronunce.
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Sentenze della Corte di Cassazione in materia di giurisdizione
Contabile
In materia di concessione di contributi pubblici, la Cassazione ha
confermato
l’orientamento
giurisprudenziale
circa
la
sussistenza
della
giurisdizione della Corte dei conti (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 03-02-2014, n.
2287), affermando che il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da
quella contabile si è spostato dalla qualità del soggetto alla natura del danno e
degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato, cui siano erogati fondi pubblici, per
sue scelte incida negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla
P.A., alla cui realizzazione esso è chiamato a partecipare con l'atto di concessione
del contributo, e la incidenza sia tale da poter determinare uno sviamento dalle
finalità perseguite, esso realizza un danno per l'ente pubblico - anche sotto il mero
profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare
alla realizzazione del piano così come concretizzato ed approvato dall'ente
pubblico con il concorso dello stesso imprenditore - di cui deve rispondere davanti
al giudice contabile.
Con particolare riferimento ai fondi destinati alla formazione professionale è
stata ritenuta suscettibile di recare un danno patrimoniale all'ente pubblico
erogatore, non soltanto la distrazione dei fondi ma anche la loro cattiva
utilizzazione, che si verifica nel caso di realizzazione di corsi, non rispondenti ai
requisiti previsti ed imposti dall’ente erogatore del finanziamento, che così viene
ad essere privato delle utilità che sarebbero derivate da un corretto uso dei fondi
(Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 26-11-2014, n. 25138).
Anche l'amministratore di una società privata destinataria di fondi pubblici,
del quale si prospetti una condotta di dolosa appropriazione dei finanziamenti, è
soggetto alla responsabilità per danno erariale e alla giurisdizione della Corte dei
conti ( Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 13-02-2014, n. 3310), atteso che la società
beneficiarla dell'erogazione concorre alla realizzazione del programma della P.A.,
instaurando con questa un rapporto di servizio, sicché la responsabilità
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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amministrativa attinge anche coloro che intrattengano con la società un rapporto
organico.
Tra le pronunce emesse dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in
materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice contabile, le più
significative, anche quest’anno, riguardano le società partecipate.
Ha trovato conferma l’orientamento giurisprudenziale, più volte espresso
dalle Sezioni Unite, in ordine alla giurisdizione sull'azione di risarcimento del
danno subito da una società a partecipazione pubblica per effetto di condotte
illecite dei dipendenti della quale può conoscere il solo giudice ordinario, in
quanto l'autonomia patrimoniale della società stessa esclude ogni rapporto di
servizio tra agente ed ente pubblico danneggiato e impedisce di configurare come
erariali le perdite che restano esclusivamente della società, che è regolata, nel
caso, come ogni altro soggetto sovrapersonale di diritto privato (Cass. civ. Sez.
Unite, Ord., 07-01-2014, n. 71; Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 12-02-2014, n. 3201;
Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 10-03-2014, n. 5491; Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 2603-2014, n. 7177; Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 11-07-2014, n. 15943; Cass. civ.
Sez. Unite, Sent., 24-10-2014, n. 22608; Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 24-10-2014,
n. 22609).
L’indirizzo giurisprudenziale è stato anche motivato dalla necessità di
approntare una definitiva soluzione alle problematiche relative alle interferenze e
sovrapposizioni tra le azioni sociali, previste e disciplinate dagli artt. 2395 e 2476,
sesto comma, c.c., e l’azione di responsabilità amministrativa, mirando l’una e
l’altra, in definitiva, al medesimo risultato.
Viene, altresì, riaffermato nelle decisioni indicate il principio secondo cui,
solo qualora ci si trovi in presenza di quel particolare fenomeno giuridico che va
sotto il nome di società "in house providing", sulla base della direttiva
2006/123/CE e delle indicazioni della Corte di Giustizia Europea recepite in
ambito nazionale, la Corte dei conti ha giurisdizione sull'azione di responsabilità
esercitata dalla Procura quando tale azione sia diretta a far valere la responsabilità
degli organi sociali per i danni da essi cagionati al patrimonio di una società "in
house", così dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per
l'esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi enti possano
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore
degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di
controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici.
Tali
requisiti,
come
è
stato
precisato,
devono
sussistere
contemporaneamente e devono tutti trovare il loro fondamento in precise e non
derogabili disposizioni dello statuto sociale ed, ancora, occorre verificarne la
sussistenza con riferimento al momento della causazione del danno erariale, a
nulla rilevando che, per successivi mutamenti normativi, l'ente danneggiato abbia
mutato natura (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 10-03-2014, n. 5491).
All'interno di siffatto quadro generale, sono state, nondimeno, individuate
situazioni particolari connesse alla natura speciale dello statuto legale di talune
società partecipate da enti pubblici.
Ciò era già accaduto in relazione alla Rai Radio televisione italiana s.p.a.,
per la quale era stato ritenuto che spettasse alla Corte dei conti la giurisdizione
sulle azioni di risarcimento del danno cagionato da componenti del consiglio
d'amministrazione e da dipendenti, perché, nonostante la veste di società per
azioni, essa ha natura sostanziale di ente pubblico, con uno statuto assoggettato a
regole legali in forza delle quali è designata direttamente dalla legge quale
concessionaria dell'essenziale servizio pubblico radiotelevisivo, sottoposta a
penetranti poteri di vigilanza da parte di un'apposita commissione parlamentare,
destinataria di un canone d'abbonamento avente natura di imposta, compresa tra
gli enti sottoposti al controllo della Corte dei conti, nonché tenuta all'osservanza
delle procedure di evidenza pubblica nell'affidamento degli appalti (cfr. Sez. un n.
27092/2009). E ad analoga conclusione, sempre per ragioni attinenti al suo
speciale statuto legale, si era pervenuti anche quanto all'Enav s.p.a. (cfr. Sez. un.
n. 5032/2010).
Nello stesso filone giurisprudenziale si inserisce la sentenza delle Sezioni
Unite della Corte di Cassazione n. 15594 del 9 luglio 2014, che fa rientrare, nel
novero dei soggetti ai quali detta giurisdizione si estende, l'ANAS s.p.a., nel
presupposto che la sua trasformazione in società per azioni non ne abbia
modificato gli essenziali connotati pubblicistici, essendosi tradotta nella mera
adozione di una formula organizzativa corrispondente a quella della società
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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azionaria.
Deporrebbe in questo senso, anzitutto, la genesi stessa dell'Anas s.p.a.,
direttamente derivante da un atto normativo e non, come è naturale in società di
diritto privato, da un atto negoziale, ancorché posto in essere dalla pubblica
amministrazione in forza della capacità di agire iure privatorum che ad essa
compete. Sotto questo profilo appare quindi lecito adoperare, a tal proposito, la
definizione di "società legale": società che, perciò stesso, si pone su un piano
diverso dal fenomeno negoziale previsto e disciplinato dal codice civile, ancorché
possa mutuarne, per espressa previsione di legge, una o più caratteristiche.
Non meno indicativa è la circostanza che il suo statuto e le eventuali
successive modificazioni di esso debbano essere approvati con decreto
ministeriale e che, sempre con decreto ministeriale, sia determinato il capitale
sociale, al quale, i residui passivi spettanti all'Anas, sono conferiti mediante un
atto amministrativo del competente ministero.
Da tutto ciò discende, quindi, secondo la Corte di Cassazione, la necessità di
riconoscere la giurisdizione della Corte dei conti nel giudizio di responsabilità
instaurato dalla Procura nei confronti degli organi e dei funzionari, per i danni
inferti al patrimonio della medesima società.
Nella particolare ipotesi descritta, relativa alle c.d. società legali, con
riferimento alle problematiche relative alle interferenze e sovrapposizioni tra le
azioni sociali, previste e disciplinate dal codice civile, e l’azione di responsabilità
amministrativa, la Cassazione ha ritenuto che l'esperibilità di tale ultima azione
non sia ostacolata dalla possibilità di promuovere l'ordinaria azione civilistica,
poiché la giurisdizione civile e quella contabile sono reciprocamente indipendenti
nei loro profili istituzionali, sicché il rapporto tra le due azioni si pone in termini
di alternatività anziché di esclusività, dando luogo a questioni non di giurisdizione
ma di proponibilità della domanda.
Tale ultima affermazione suscita qualche perplessità, giacché, come è stato
osservato, non è chiaro perché per dette società, aventi un regime giuridico
speciale, non sussista il problema del coordinamento tra l'azione sociale di
responsabilità e quella erariale che invece sussiste per le altre società a capitale
pubblico o misto, visto che, trattandosi di un problema sostanziale, esso si pone
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
per il fatto stesso della coesistenza delle due azioni. In ultima analisi, cioè, se le
azioni civili e contabile sono, come affermato dalla Corte di Cassazione in tale
sentenza, "reciprocamente indipendenti", lo sono con riferimento a tutte società
"pubbliche”, senza che possano sussistere interferenze e sovrapposizioni tra esse.
Quello che è certo a proposito delle società in mano pubblica, è che un
reale risanamento dei conti dello Stato deve necessariamente passare attraverso
una totale revisione dei criteri relativi alla costituzione, al finanziamento ed al
funzionamento delle partecipate. Si tratta, infatti, di quello che è stato definito “un
esercito” di società, che costano allo Stato circa ventisei miliardi all’anno, i cui
organi ed amministratori utilizzano il denaro pubblico con modalità per nulla
trasparenti, anzi spesso disinvolte e non rispettose delle regole della buona
amministrazione, i quali, mancando un organo pubblico che agisca nei loro
confronti, finiscono per non incorrere in nessuna conseguenza patrimoniale per i
danni arrecati al patrimonio della società stessa e di riflesso del socio pubblico.
Invece, sebbene uno dei compiti prefissatisi dal governo nazionale, come
peraltro da quello regionale, fosse quello di ridurne drasticamente il numero,
nessun passo decisivo in tal senso è stato mai effettuato. Non è stata neppure
emanata nei loro confronti una disciplina giuridica a sé stante, mentre le
disposizioni che le regolano sono frutto di frammentarie e disorganiche norme
sparse nell'ordinamento, spesso qualificate quali deroghe alla disciplina generale,
sia pure con ampio ambito di applicazione: è evidente, quindi, come affermato dal
rapporto redatto da Confindustria a marzo del 2014, che il fenomeno delle
partecipate è fuori controllo, mentre dal suo riordino potrebbero derivarne
importanti risorse.
Alla luce della complessità giuridica del tema e della sua incidenza sociopolitica, qualora si volesse, almeno, assicurare la sottoposizione al giudizio di
responsabilità contabile gli amministratori di una società a capitale pubblico,
occorrerebbe una previsione normativa che eccezionalmente lo stabilisca, così da
superare lo scoglio relativo alla distinzione tra ente pubblico partecipante e società
di capitali partecipata, e quindi alla differente titolarità dei rispettivi patrimoni.
E’ certo, infatti, che solamente attraverso un’azione esercitata da un organo
pubblico, neutrale ed indipendente che obbligatoriamente agisca a tutela
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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dell’erario, come il Procuratore della Corte dei conti, verrebbe assicurata una reale
difesa delle pubbliche risorse utilizzate da tali tipi di società, considerata
l’improbabilità che il rappresentante del socio pubblico agisca attraverso le
ordinarie azioni sociali previste dal codice civile contro i componenti del c.d.a.
della partecipata da lui stesso nominati.
La Corte di Cassazione nell’anno 2014 si è occupata anche della
giurisdizione in materia di contenzioso pensionistico. In particolare, con la
pronuncia n. 4325 del 2014 (Cass. civ. Sez. Unite, Ord., 24-02-2014, n. 4325), ha
ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui è devoluta alla giurisdizione
della Corte dei conti non soltanto la domanda di accertamento della causa di
servizio, proposta unitamente alla conseguente domanda di condanna dell'ente al
pagamento del trattamento pensionistico, ma anche la sola domanda di mero
accertamento della causa di servizio, quale presupposto del trattamento
pensionistico privilegiato, atteso il carattere esclusivo di tale giurisdizione,
affidata al criterio di collegamento costituito dalla "materia", non incidendo
assolutamente la circostanza che il ricorrente fosse ancora in servizio attivo.
Ugualmente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez.
Unite, Ord., 17-04-2014, n. 8929) hanno affermato che, in conseguenza del
carattere esclusivo della giurisdizione della Corte dei conti, in essa sono comprese
tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca elemento
identificativo del petitum sostanziale e, quindi, tutte le controversie concernenti la
sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici
dipendenti, nonché, pur in costanza di lavoro, ogni diritto relativo al rapporto
pensionistico.
E' stata, invece, devoluta al giudice del rapporto di lavoro (Cass. civ. Sez.
Unite, Ord., 13-03-2014, n. 5806) e non al giudice contabile, la giurisdizione sulla
domanda, avanzata dal coniuge superstite, di attribuzione della indennità
integrativa speciale sulla pensione di reversibilità, avendo essa carattere
integrativo del trattamento obbligatorio, in quanto derivante da un Fondo di
previdenza interno all'INPDAP (ex gestione ENPAS) e dunque, a suo tempo, di
corresponsione dovuta dall'ente pubblico datore di lavoro, non trattandosi di mera
pensione obbligatoria a carico dello Stato.
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Le sentenze delle Sezioni Riunite della Corte dei conti
Nell’anno 2014 le Sezioni Riunite della Corte dei conti hanno emesso la
maggior parte delle pronunce, giudicando nella Speciale composizione di cui
all’art. 243 quater, comma 5, d.lgs. n. 267/2000, in materia di controllo. Con
riferimento alle pronunce relative alle spese dei gruppi consiliari, le sentenze e le
ordinanze che a ciò si riferiscono sono analizzate nella parte di questa relazione
dedicata all’esame di tali problematiche.
Nell’ambito del settore giurisdizione, era stata rimesso dalla Sezione III
centrale d’appello la soluzione del seguente quesito: “se, nell’ipotesi in cui sia
stata dichiarata la ripetibilità dell’indebito pensionistico, l’Istituto previdenziale
possa recuperare l’intera somma – al lordo dell’imposta trattenuta e versata
all’Erario in qualità di sostituto d’imposta - ovvero solo l’importo effettivamente,
materialmente pagato al pensionato». Con la sentenza n. 22/2014/QM, le Sezioni
riunite hanno dichiarato inammissibile la questione di massima per difetto di
rilevanza, mancando una pronuncia, anche non definitiva da parte della Sezione
d’appello remittente circa l’eccezione sollevata dall’INPS di violazione del divieto
di domande nuove in appello posto dall’art. 345, comma 1, c.p.c. proprio con
riferimento alla domanda stessa sulla ripetibilità dell’indebito al netto o meno
delle ritenute.
Con l’ordinanza n. 12, le Sezioni Riunite si sono nuovamente occupate della
questione relativa alla impugnabilità dinanzi ad esse delle ordinanze di
sospensione emesse nei giudizi di responsabilità amministrativa, confermando, in
via preliminare, sia l’orientamento
giurisprudenziale relativo alla loro
competenza, sia quello dell’ammissibilità del regolamento nei giudizi dinanzi alla
Corte dei conti, in forza di un’interpretazione costituzionalmente orientata del
combinato disposto dell’art. 42 c.p.c. e dell’art. 26 R.D. 1038/1933.
Anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso perché proposto avverso
una ordinanza di sospensione “discrezionale” del processo, è stata rigettata. In
proposito le Sezioni Riunite hanno osservato che la giurisprudenza della Corte di
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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Cassazione, dopo alcune oscillazioni, ha ritenuto contraria ai principi
costituzionali e quindi illegittima la “sospensione facoltativa”, intesa come stasi
sine die del processo, disposta discrezionalmente dal giudice al di fuori delle
ipotesi legislativamente previste. Questo, ovviamente, non esclude che il giudice,
nell’esercizio dei suoi poteri istruttori, anche officiosi (artt. 14-15 R.D.
1038/1933), possa disporre l’acquisizione di informazioni o documenti desumibili
da altri processi (in specie penali) per una più avvisata decisione, costituendo ciò,
infatti, normale esercizio della funzione istruttoria. Qualificata così l’ordinanza
impugnata emessa, non in funzione di un’attività istruttoria, ma quale
provvedimento diretto esclusivamente a sospendere il giudizio al di fuori delle
ipotesi di stasi del processo espressamente previste dalla legge, il regolamento di
competenza, in applicazione estensiva dell’art.295 c.p.c, è stato ritenuto del tutto
ammissibile.
Nel merito, il ricorso è stato riconosciuto fondato, nella considerazione che
nessuna applicazione poteva avere nella fattispecie il disposto dell’art. 296 c.p.c.,
al quale peraltro il giudice non aveva assolutamente fatto riferimento nel
sospendere il processo, non sussistendone i presupposti (in particolare il consenso
delle parti), né esistevano i presupposti della sospensione necessaria del processo
ex art. 295 c.p.c. .
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Attività della Sezione
Organico
Nel corso dell’anno 2014 la Sezione, con un organico fissato in n. 13
magistrati più 1 Presidente (vedi delibera n. 190 del 5 giugno 2006), si è avvalsa
del lavoro dei seguenti magistrati:
1) i colleghi Giuseppe Colavecchio, Roberto Rizzi, Adriana Parlato, Igina
Maio, Maria Rita Micci, Giuseppe Grasso e Paolo Gargiulo hanno avuto una
assegnazione continuativa dal 1 gennaio 2014;
2) la collega Giuseppa Cernigliaro è stata trasferita a domanda presso questa
Sezione giurisdizionale, con decorrenza 8 gennaio 2014;
3) i colleghi Vincenzo Lo Presti e Guido Petrigni hanno svolto l’attività
giudicante in questa Sezione fino al 31 gennaio e con decorrenza 1° febbraio 2014
sono stati trasferiti a domanda presso la locale Sezione giurisdizionale d’appello;
4) il collega Antonio Nenna, ha svolto l’attività giudicante in questa Sezione
fino al 7 gennaio 2014 e con decorrenza dall’8 gennaio è stato trasferito presso la
Procura regionale dell’Emilia Romagna, mantenendo l’assegnazione aggiuntiva
presso questa Sezione, solo per la trattazione del contenzioso pensionistico, fino
al’8 luglio 2014,;
5) il collega Sergio Vaccarino, in servizio presso la Sezione regionale del
controllo, ha avuto la proroga per un anno, fino al 9 maggio 2015,
dell’assegnazione in aggiuntiva presso questa Sezione.
In definitiva per il 2015 il numero dei magistrati in servizio è di appena 8
unità, con una scopertura di cinque, pari al 38%, superiore al tasso di scopertura
medio rilevato per gli altri uffici.
Sarebbe necessario, pertanto, incrementare l’organico almeno di due
magistrati a tempo pieno, oltre a rinnovare l’assegnazione aggiuntiva al collega
Vaccarino, che con massima disponibilità e solerzia svolge un carico di lavoro
quasi corrispondente a quello dei magistrati a tempo pieno.
In relazione al personale amministrativo, nel corso dell’anno 2014 questo
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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Presidente, ritenuto improcrastinabile iniziare concretamente l’esame dei conti
giudiziali, in conformità, peraltro, alle esigenze prospettate dai vertici dell’Istituto,
ha apportato decisive modifiche alle tipologie di attività finora espletate dal
personale amministrativo della Sezione.
E’ stato necessario, così, procedere ad una riorganizzazione dei servizi,
destinando maggiori risorse al settore conti giudiziali, attraverso l’assegnazione ad
esso di una gran parte del personale.
In particolare i dipendenti aventi la qualifica di revisore contabile, che fino
alla fine dell’anno 2013 avevano fatto parte delle segreterie delle pensioni, sono
stati assegnati all’esame dei conti giudiziali. Sono anche state implementate le
segreterie, operando una divisione tra conti erariali e conti degli enti locali, per
pervenire ad una definizione più celere della presa in carico e dei compiti relativi
alle estinzioni.
In definitiva, il personale amministrativo in servizio al 1° gennaio 2014,
composto da n. 44 unità, è stato così assegnato:
- n. 11 al settore pensionistico;
- n. 5 al settore responsabilità;
- n. 18 all’ufficio conti giudiziali;
- n. 8 al servizio affari generali;
- n. 2 all’ufficio copie.
Nel corso dell’anno 2014 un impiegato è stato collocato a riposo e uno
trasferito ad altro ufficio.
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Giudizi di responsabilità e giudizi di conto
La giacenza iniziale al 1° gennaio 2014 dei giudizi pendenti ammontava a
73 giudizi responsabilità, 179 giudizi di conto, 26 giudizi ad istanza di parte, 223
istanze per resa di conto.
Nel corso dell’anno sono pervenuti: 119 giudizi di responsabilità, 3 di
conto, 3 ad istanza di parte, 4 ricorsi per la concessione di provvedimenti di
sequestro, 1 istanza di correzione di errore materiale.
Sono stati definiti 128 giudizi di responsabilità, 16 di conto, 4 ad istanza di
parte, 4 provvedimenti d’urgenza.
La giacenza finale dei giudizi alla data del 1 gennaio 2015 ammonta a 64 di
responsabilità, 166 di conto, 25 ad istanza di parte, 216 per resa di conto.
Nel corso dell’anno 2014 si sono tenute 38 udienze pubbliche per la
trattazione dei giudizi di responsabilità amministrativa e dei giudizi di conto.
Sono stati iscritti a ruolo 181 giudizi di responsabilità, dei quali ne sono stati
discussi 142, mentre 39 sono stati rinviati.
Sono stati, altresì, iscritti a ruolo 16 giudizi di conto, di cui 15 sono stati
discussi e 1 è stato rinviato.
Tra quelli discussi, sono stati definiti con sentenza 124 giudizi di
responsabilità e 16 giudizi di conto, mentre per 25 giudizi di responsabilità è stata
emessa ordinanza.
Sono state pronunciate 75 sentenze e 4 ordinanze di condanna in materia di
responsabilità, di cui 33 in favore dell’erario statale, 33 in favore di enti locali, 6
in favore delle ASP, 2 in favore dell’INPS ed 1 in favore del Consorzio ASI. Sono
state emesse, altresì, 4 sentenze di condanna in giudizi di conto e 37 sentenze di
assoluzione in materia di responsabilità, mentre con altra tipologia di sentenza
sono stati definiti 12 giudizi di responsabilità e 12 di conto.
L’importo complessivo delle condanne è stato pari ad € 39.670.384,76, oltre
il doppio dell’anno 2013.
Le udienze in Camera di consiglio sono state 3 ed in esse sono stati definiti
anche 7 ricorsi per resa di conto.
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Pag. 33
Sono stati esperiti 12 procedimenti monitori, ai sensi dell’art. 55 del R.D. n.
1214/1934, 4 dei quali sono stati accettati dai destinatari.
Su ricorso della Procura regionale sono stati richiesti al Presidente n. 4
provvedimenti cautelari di sequestro, ai sensi dell’art. 5, l. n.19/1994, di cui 3
autorizzati e 1 concesso dal giudice designato. Non sono stati presentati reclami.
E’ stata proposta n. 1 istanza di autorizzazione al dissequestro di beni immobili,
accolta con decreto.
I ricorsi ad istanza di parte pendenti al 1° gennaio 2014 erano 26, nel corso
dell’anno ne sono stati depositati 3 e ne sono stati definiti 4. La pendenza riguarda
i ricorsi proposti dalla Montepaschi Serit, ex società di riscossione, che non ha più
interesse alla loro definizione.
I tempi di deposito delle sentenze sono sempre rientrati in quelli previsti
dalle leggi e dalle direttive impartite dall’organo di autogoverno.
Circa le questioni di cui questa Sezione si è occupata, parecchie decisioni
sono state emanate in materia di contributi comunitari. Si è trattato quasi sempre
di sentenze di condanna, per importi considerevoli, ma che tuttavia difficilmente
saranno di ristoro alle pubbliche finanze, in quanto di solito le risorse comunitarie
sono già state sperperate e le condanne vengono emesse nei confronti di società
fantasma e spesso già fallite (1137/2014) o di soggetti altrettanto nullatenenti: si
tratta di casi in cui il giudice contabile arriva troppo tardi. Nel complesso
meccanismo della concessione del finanziamento e prima della definitiva
erogazione delle risorse economiche, che proprio per consentire un monitoraggio
costante dell’attività del soggetto beneficiario vengono corrisposte in più tranches,
occorrerebbe intensificare le verifiche, al cui esito deve essere condizionata via
via l'assegnazione delle somme. Nel corso della procedura di concessione del
beneficio economico, inoltre, nella quale sono coinvolti una pluralità agenti, un
ruolo di primo piano viene rivestito dalla Banca concessionaria. Quest’ultima
dovrebbe svolgere “adempimenti tecnici ed amministrativi” che le consentano di
rilevare le “significative anomalie inficianti la possibilità per l’impresa, ammessa
a fruire dell’agevolazione, di ottenere il pagamento delle quote in cui
quell’agevolazione era frazionata”. In difetto di tali adempimenti anche l’istituto
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
bancario potrebbe incorrere come è già accaduto (v. sentenza 763/2012) in
un’ipotesi di responsabilità amministrativa, per non avere adeguatamente vigilato.
Un’altra anomalia in questi giudizi è la scelta, da parte dell’organo
inquirente,
di
agire
per
l’accertamento
della
responsabilità
pur
se
l’Amministrazione danneggiata ha già ottenuto un titolo esecutivo dal quale
potere avere soddisfazione del proprio credito. Ciò, come è stato più volte
rilevato, non sempre rappresenta un vantaggio per il pubblico erario, soprattutto
nell’ipotesi, in concreto già verificatasi, in cui, in presenza della domanda
risarcitoria proposta, il giudice neghi il risarcimento ritenendo assenti i
presupposti di fatto o di diritto necessari per pervenire ad una pronuncia di
condanna (sentenza n. 517/2014) ovvero dichiari la prescrizione del credito per
l’esercizio tardivo dell’azione (sentenza n.1227/2014). In tutti questi casi, il
privato potrebbe fornirsi di ulteriori ragioni per contestare il titolo esecutivo già
formatosi in altra sede, indebolendo la difesa dell’amministrazione.
Deve, infine, considerarsi che una volta che il Pubblico ministero contabile
abbia, a sua volta, ottenuto un titolo esecutivo in favore dell’amministrazione
danneggiata attraverso una sentenza di condanna definitiva, non potrà fare altro
che iscrivere a ruolo la somma da recuperare, come, peraltro, già provveduto da
parte della stessa amministrazione in forza del titolo esecutivo già in suo possesso.
Trattasi, quindi, di un’attività non solo defatigante, ma inutile, che, peraltro,
costringe il privato a difendersi su più fronti giurisdizionali, infrangendo così
anche le regole del giusto processo.
Nonostante le perplessità sopra manifestate, questa Sezione si è adeguata
alla giurisprudenza della locale Sezione di appello secondo cui, invece, “il diritto
di natura risarcitoria che il procuratore regionale attiva con l’esercizio dell’azione
di responsabilità pur traendo origine dai medesimi fatti, non è identificabile né del
tutto sovrapponibile con il diritto di credito che l’amministrazione danneggiata
può direttamente ed autonomamente esercitare nei confronti dello stesso soggetto
autore del fatto dannoso”. Tuttavia, nelle sentenze in cui viene pronunciata
l’assoluzione totale o parziale del convenuto, l’organo giudicante ha avuto cura di
precisare che l’esito del giudizio non può pregiudicare le iniziative recuperatorie
da parte dell’amministrazione concedente (vedi per tutte la sentenza n. 517/2014).
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Pag. 35
In materia di erogazione di risorse pubbliche a favore di soggetti privati
finalizzata alla realizzazione di un programma della pubblica amministrazione, è
stata, comunque,
ribadita dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione
l’affermazione della giurisdizione del giudice contabile (vedi Cass. civ. Sez.
Unite, Sent., 03-02-2014, n. 2287). Si configura, pertanto, il danno erariale nel
rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice di un contributo ed i soggetti privati che
dispongano della somma in maniera difforme da quella preventivata ovvero,
ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione. Non solo la
distrazione di fondi ma anche il loro cattivo utilizzo è suscettibile di recare un
danno patrimoniale all'ente pubblico, dal momento che esso viene ad essere
privato delle utilità che sarebbero derivate da un corretto uso dei fondi. E’ stato,
altresì, riaffermato dalla Cassazione (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 13-02-2014, n.
3310) che anche l'amministratore di una società privata destinataria di fondi
pubblici è soggetto alla responsabilità per danno erariale e alla giurisdizione della
Corte dei conti, atteso che la società beneficiarla dell'erogazione concorre alla
realizzazione del programma della P.A., instaurando con questa un rapporto di
servizio, sicchè la responsabilità amministrativa attinge ugualmente coloro che
intrattengano con la società un rapporto organico.
In questa ottica, nella sentenza n. 1267 del 2014 è stato affermato che la
sussistenza
di
un’obbligazione
sociale
non
esclude
ma
si
aggiunge
all’obbligazione da fatto illecito degli amministratori e dei soci; parimenti, la
responsabilità amministrativo-contabile della società non esclude, ma si affianca
alla responsabilità amministrativo-contabile di chi abbia agito in nome e per conto
di essa.
Anche con la sentenza n. 1227/2014 sono stati condannati la società ed il
suo amministratore per l’indebita percezione, mediante attività fraudolente, di un
finanziamento pubblico, concesso in base alla legge n. 488/92, e per non avere
realizzato il progetto al quale il finanziamento era finalizzato. Analogamente, la
frustrazione dell’obiettivo pubblico, cagionato da una condotta equivoca della
società e dei suoi organi amministrativi. è stato a base delle condanne contenute
nelle sentenze 1225 e 1375.
Anche in materia di contributi agricoli concessi dall’Agea è stata più volte
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
emessa sentenza di condanna alla restituzione delle somme per la mancanza da
parte dei richiedenti dei requisiti richiesti dalla legge. Nella maggior parte dei casi
si è trattato di allevatori o coltivatori che avevano dichiarato la disponibilità di
terreni dei quali, in realtà, non avevano titoli idonei a giustificare la conduzione
(vedi sentenze nn. 1273, 1115, 969, 1021, 938, 839, 838, 490). In altre ipotesi,
sussistevano impedimenti di natura soggettiva per i beneficiari, come essere stati
sottoposti a misura di prevenzione e non riabilitati (fra le altre, sentenza n.
355/2014).
Anche nell’anno 2014 la Sezione si è occupata di giudizi concernenti
l’illegittima attribuzione di incarichi a soggetti esterni all’amministrazione, o in
qualità di esperti degli organi di vertice degli enti locali, ovvero di consulenti.
Nonostante le disposizioni normative che hanno imposto drastici limiti alla
esternalizzazione di servizi e compiti, amministratori e dirigenti hanno continuato
a sprecare le pubbliche risorse attraverso il ricorso, senza che vi fossero i
presupposti previsti dalle leggi in materia e senza alcuna giustificazione di
raggiungimento di fini istituzionali, a professionalità esterne all’amministrazione.
Sono così state pronunciate numerose sentenze di condanna a carico di
Sindaci che hanno utilizzato la figura dell’esperto per lo svolgimento di compiti
spettanti al personale in servizio, aggirando così di fatto il patto di stabilità (n.
951/2014) e, comunque, in totale assenza dei necessari presupposti (nn.
1153/2014, 802/2014).
Un settore dei più discussi in cui sono state pronunciate significative
condanne è quello della formazione professionale, per le enormi risorse
stanziate, necessarie per fare fronte alle spese di decine e decine di enti che in tale
comparto esistono ed operano. Ho sempre ritenuto che costituisca una grave
anomalia del sistema la eccessiva spendita di soldi pubblici, non tanto e non solo
per formare lavoratori, ma per sostenere finanziariamente gli enti: in definitiva,
sembrerebbe trattarsi di una spesa fine a se stessa che rischia di trasformare lo
scopo del settore, originariamente unicamente formativo, in uno scopo
“parassistenziale”.
La maggior parte delle condanne in questione sono state emesse nei
confronti di enti di formazione, ritenuti responsabili di danno erariale per avere
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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sottratto o distratto i finanziamenti dal fine per cui erano stati concessi o per la
mancata restituzione all’amministrazione erogatrice delle somme non ammesse a
discarico (sentenze n. 1208/2014, n. 1204/2014, n. 736/2014).
Con la sentenza n. 401/2014, invece, il danno erariale è stato posto a carico
degli amministratori regionali per avere concesso integrazioni finanziarie,
concomitanti e successive, alla definizione dei progetti ammessi al PROF 2007.
La Sezione ha affermato il principio secondo cui la consistenza del finanziamento
determinata nel PROF costituisce una soglia non superabile, indipendentemente
dalla tipologia delle spese che, successivamente, l’ente di formazione si sarebbe
trovato a dovere affrontare. Questo giudice contabile ha proceduto in base al
principio espresso sul punto dalla Corte costituzionale, che, proprio nel scrutinare
la legittimità costituzionale di norme regionali concernenti i rapporti tra Regione
Siciliana ed enti di formazione, ha escluso la possibilità di un ribaltamento
sull’Amministrazione del carico retributivo gravante sugli enti che si avvalgono
del personale cui deve applicarsi il contratto collettivo, non potendo ritenersi la
medesima Amministrazione gravata di obblighi assistenziali nei confronti degli
operatori della formazione. Le integrazioni economiche più volte concesse agli
enti di formazione nell’ambito del P.R.O.F. 2007, pari complessivamente quasi a
5 milioni di euro, sono, quindi, state qualificate danno erariale da risarcire in
favore della Regione siciliana.
Al di là dell’ingentissimo importo della condanna, avverso la quale,
peraltro, è stato proposto ricorso in appello ancora da definire, lascia perplessi la
sottovalutazione della sua portata proprio da parte di chi non solo dovrebbe
curarne l’esecuzione, ma anche mettere ordine in un settore martoriato da scelte
improvvide. L’affermazione resa agli organi di stampa, secondo cui “le sentenze
della Corte dei conti hanno lo stesso valore di una sanzione amministrativa”,
trascura di considerare che, chi emette sentenze e condanna, è un giudice e ciò fa
solo dopo un’attenta valutazione dell’elemento soggettivo della responsabilità.
Nella specie, la Sezione giurisdizionale
aveva qualificato “le condotte del
dirigente e del funzionario del servizio programmazione, la condotta del
responsabile del Servizio Rendicontazione, le condotte dei dirigenti generali, degli
Assessori e del Presidente pro tempore, una macroscopica manifestazione di
Pag. 38
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
disinteresse per l’oculata gestione delle risorse pubbliche”.
Come negli anni passati, anche nell’anno 2014 è stata più volte affrontata la
problematica relativa alla risarcibilità del danno all’immagine subito
dall’Amministrazione,
in
conseguenza
della
commissione
dei
reati
definitivamente accertati con sentenza penale irrevocabile di condanna,
pronunciata nei confronti di dipendenti per i delitti contro la pubblica
amministrazione, previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice
penale, ai sensi dell’art. 17, comma 30-ter, della L. n. 102/2009, come modificato
dalla L. n. 141/2009.
La espressa individuazione di una categoria di delitti, ha determinato la
declaratoria di inammissibilità (sentenza n. 654/2014) della domanda risarcitoria
per il danno all’immagine, correlata ad una condanna per millantato credito, truffa
e minaccia posti in essere dal convenuto, non rientrando tali reati tra quelli
previsti dalla norma. Non si è, infatti, ritenuta possibile un’estensione della tutela
risarcitoria del danno all’immagine ad altre tipologie di reati non contemplati,
avuto anche riguardo a quanto affermato dalla Corte costituzionale (ordinanze nn.
219, 220 e 221, depositate il 21 luglio 2011), secondo cui “la scelta di non
estendere l’azione risarcitoria anche in presenza di condotte non costituenti reato,
ovvero costituenti un reato diverso da quelli espressamente previsti, può essere
considerata non manifestamente irragionevole”.
Le pronunce di condanna per il risarcimento della lesione di immagine
subita dalle amministrazioni sono state emesse nei confronti di componenti delle
forze dell’ordine, maresciallo dei Carabinieri (sentenza n. 961/2014) e dirigente
della Polizia postale (sentenza n. 950/2014), consiglieri e amministratori comunali
(sentenze nn. 931/2014, 539/2014, 317/2014) Sindaco e componenti di una Giunta
comunale (sentenza n. 306/2014).
Nell’ambito dell’Amministrazione sanitaria la tipologia più frequente di
giudizi instaurati nei confronti degli operatori delle Aziende è costituita da
recuperi di somme pagate a titolo di risarcimento a soggetti privati danneggiati da
errori sanitari commessi da medici in occasione dell’esercizio della professione.
In questi casi si tratta quasi sempre di ipotesi di danno indiretto, in quanto il
giudice contabile viene chiamato quando già il soggetto danneggiato è stato
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Pag. 39
risarcito dall’Azienda, al fine di accertare la fondatezza dell’azione di rivalsa
esercitata dal Procuratore regionale. E’ stato, così, ritenuto comportamento
gravemente negligente per tutta una equipe chirurgica (sentenza n. 382/2014) la
dimenticanza all’interno dell’addome della paziente di tessuti di garza utilizzati
nel corso di un intervento chirurgico, così come è stata riconosciuta la colpa
professionale del medico operatore che, con inescusabile imperizia, non sarebbe
riuscito ad evitare la lesione dei nervi ricorrenziali e delle paratiroidi in esito ad
una operazione di tiroidectomia (sentenza n. 936/2014).
Diversa tipologia di danno è quello provocato da un medico, primario del
laboratorio di analisi di un’azienda sanitaria, che per sei lunghi anni, attraverso un
articolato meccanismo truffaldino, ha gravemente compromesso le casse
dell’amministrazione di appartenenza per acquisti di prodotti non giustificati dal
reale fabbisogno dell’ente. Egli, infatti, si appropriava di strumenti diagnostici
nonché di reagenti di laboratorio, di cui aveva la disponibilità in ragione del suo
ufficio, e dopo averli opportunamente rietichettati e confezionati li rimetteva in
commercio, con l’ausilio di società compiacenti, rivendendoli allo stesso presidio
sanitario dove prestava servizio, per poi riappropriarsene e rimetterli nuovamente
in circolazione (sentenza n. 1067/2014).
Le fattispecie di responsabilità concernenti l’appropriazione di denaro da
parte di pubblici dipendenti si sono moltiplicate, forse agevolate dall’uso degli
strumenti informatici che consentono, a chi si fornisca di dispositivi idonei, di
dirottare somme più facilmente, mascherandone la destinazione.
In proposito è stata emessa una pronuncia di condanna in favore dell’INPS
per un danno provocato da un impiegato che, attraverso i terminali che aveva in
uso per ragioni d’ufficio, in numerose occasioni, inseriva come beneficiari
d’importi arretrati di trattamenti pensionistici soggetti non legittimati, oppure
faceva artatamente figurare questi ultimi quali delegati alla riscossione da parte di
quegli eredi che avevano formulato istanze per ottenere il pagamento delle somme
spettanti ai rispettivi danti causa (sentenza n. 1292/2014).
Con modalità analoghe, ma molto più sofisticate, la Regione siciliana ha
subito una truffa da parte di un dipendente infedele, il quale attraverso una
falsificazione sistematica dei mandati, sia informatici che cartacei, aveva disposto
Pag. 40
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
l’accredito di somme, anziché sui conti correnti dei legittimi titolari dei diritti di
credito da soddisfare, sul conto corrente del funzionario o di suoi prestanome. In
tale fattispecie, il Collegio, ritenuto che la truffa non si sarebbe potuta verificare
qualora gli altri dipendenti coinvolti avessero esercitato le funzioni loro assegnate
con la doverosa solerzia ed attenzione, ha esteso la condanna anche a chi non
aveva custodito il dispositivo informatico ed ai dipendenti dell’Ufficio di
ragioneria che non avevano adeguatamente vigilato.
Fattispecie dello stesso tenore hanno riguardato, un direttore dei servizi
generali amministrativi di un istituto professionale che si era per anni appropriato
di somme di denaro, provocando un danno di euro 705.493,95 (sentenza n.
1125/2014); il responsabile dell’ufficio contravvenzioni della polizia municipale
che aveva omesso il riversamento alla tesoreria comunale delle sanzioni
amministrative riscosse (sentenza n. 963/2014);
un assistente amministrativo
scolastico incaricato della gestione dei “cedolini paga,” che si era attribuito, negli
anni dal 2008 al 2010, differenze stipendiali non dovute (sentenza n.793/2014);
ufficiali giudiziari con responsabilità di gestione della cassa presso l’U.N.E.P. di
Catania, per un ammanco di oltre 110 mila euro
(sentenze nn. 453/2014 e
915/2014); funzionario di un comune che fingeva di pagare indennità di esproprio
sulla base di documentazione falsa appositamente predisposta (sentenza n.
204/2014).
Una fattispecie particolare di responsabilità ha riguardato il danno derivato
alla Regione Siciliana ed ai Comuni di Taormina, Siracusa, Castelvetrano,
Calatafimi, Segesta e Marsala per effetto del mancato versamento in Tesoreria,
da parte della società concessionaria del servizio, delle somme riscosse per la
vendita dei biglietti di accesso ai siti archeologici (sentenza n. 596/2014).
Preliminarmente, ai fini della affermazione della giurisdizione di questa
Corte, è stata richiamata la legge 25 marzo 1997, n. 78, che nel sopprimere la
tassa d'ingresso per l'accesso a monumenti, musei, gallerie e scavi di antichità
dello Stato, prevista dal regio decreto 11 giugno 1885, n. 3191, stabilì che tale
accesso fosse consentito dietro pagamento di un biglietto e che gli introiti
derivanti dalla vendita dei biglietti d'ingresso fossero destinati a specifiche finalità
pubblicistiche (interventi pubblici per la ristrutturazione e l’adeguamento di siti
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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culturali – art. 3, comma 1, della legge 27 giugno 1985, n. 332, come sostituito
dall'articolo 5 della legge 29 dicembre 1990, n. 431). Con decreto del Ministro dei
beni culturali 11 dicembre 1997 n. 507, vennero ulteriormente precisati i criteri
per la determinazione del prezzo dei biglietti di accesso, per l’emissione, la
distribuzione, la vendita e la verifica dei biglietti, prevedendo che l’eventuale
gestore privato trattenesse per sé esclusivamente l’aggio remunerativo degli oneri
di riscossione. La Regione siciliana, con legge n. 10/1999, recepì tale decreto,
prevedendo le modalità di adeguamento delle tariffe di ingresso.
L’anzidetta normativa evidenzia, pertanto, che il gestore agisce in nome e
per conto della pubblica amministrazione, titolare del denaro riscosso, che la
determinazione del prezzo del biglietto (tariffa) soggiace ad una disciplina
pubblicistica e che gli introiti sono acquisiti con vincolo di specifica destinazione
(vedasi anche il D. Lgs. n. 42/2004, art. 115). Alla luce di tale normativa,
l’affidamento di servizi che l’amministrazione avrebbe potuto direttamente
svolgere nell’espletamento di specifiche funzioni istituzionali e l’assunzione
dell’obbligo di riversamento nelle casse regionali delle somme riscosse per la
vendita dei biglietti per l’accesso alle aree archeologiche, integra un rapporto di
servizio tra la Regione siciliana e la società concessionaria, in base al quale si
configura la sussistenza della giurisdizione contabile. Ha ritenuto, altresì, il
Collegio che il rapporto di servizio si configuri anche nei confronti dei Comuni
presso cui insistono le aree archeologiche, dovendo parte delle somme riscosse
essere versate ai Comuni di Taormina, Siracusa, Castelvetrano, Calatafimi Segesta e Marsala. Calcolato l’importo del danno in relazione alle somme
introitate e mai riversate, la società è stata condannata, in definitiva, a pagare alla
regione siciliana la somma di € 16.032.328,09.
Pag. 42
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Giudizi di pensione
Il carico dei giudizi pendenti all’inizio dell’anno 2014 ammontava a 3.180
ricorsi. A seguito di una ricognizione e revisione degli archivi, è stato
rideterminato in 2.383, di cui 2.048 civili, 300 militari e 35 di guerra.
Nel corso dell’anno giudiziario ne sono pervenuti 596, di cui 534 civili, 59
militari e 3 di guerra.
Dal secondo semestre del 2015, le udienze monocratiche dei magistrati
assegnati alla Sezione sono state ridotte ad una mensile, sia per il minore carico di
contenzioso sia per consentire ai magistrati di dedicarsi all’esame dei conti
giudiziali. Le udienze pensionistiche sono state complessivamente n. 134 e nella
fissazione dei giudizi i giudici unici hanno seguito l’ordine del ruolo, con
correttivi riguardanti l’età del ricorrente e le sue condizioni di salute.
Per le istanze cautelari, la camera di consiglio fissata per il relativo esame,
di norma, è quella più prossima, compatibilmente con la salvaguardia dei termini
processuali.
Sono stati decisi 1.290 ricorsi, di cui 1.111 civili, 162 militari e 17 di guerra.
Tra questi, 445 sono stati definiti con sentenze di accoglimento, 622 con sentenze
di rigetto, 92 con sentenze di estinzione e 127 con altra tipologia di pronunce.
Alla data del 31 dicembre 2014 risultano ancora pendenti 1.689 ricorsi di
cui 1.471 di pensioni civili, 197 di pensioni militari e 21 di pensioni di guerra.
Con riferimento ai giudizi per equa riparazione, che hanno riguardato
soltanto il contenzioso pensionistico, sono state prese in carico 40 richieste di
deduzioni da parte dell’Avvocatura dello Stato che sono state tutte evase.
Come risulta dai dati numerici sopra riportati, il carico delle pendenze è
quasi del tutto esaurito, essendosi ridotto ad un arretrato praticamente fisiologico,
quasi corrispondente alle sopravvenienze dei nuovi ricorsi, anche se il settore
relativo al contenzioso pensionistico merita sempre un attento monitoraggio.
In materia procedurale una importante pronuncia attinente alla presentazione
del ricorso, è stata emessa in materia di notifica a mezzo di posta elettronica
certificata. Con la sentenza n. 1207/2014 è stata dichiarata l’inammissibilità del
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Pag. 43
ricorso, proposto personalmente dalla parte, trasmesso via posta elettronica
certificata. Secondo il GUP, infatti, della notificazione con modalità telematica a
mezzo
di posta elettronica certificata, prevista dall’art. 3 bis della legge 21
gennaio 1994, n. 53, può avvalersi esclusivamente «l’avvocato (…) munito di
procura alle liti a norma dell'articolo 83 del codice di procedura civile e della
autorizzazione del consiglio dell'ordine nel cui albo è iscritto
dell'articolo
7
della
a norma
(medesima) legge» (art. 1, comma 1), utilizzando
esclusivamente l’indirizzo di posta elettronica certificata «risultante da pubblici
elenchi». Dunque, la ricorrente, agendo personalmente, non poteva avvalersi
della posta elettronica certificata per notificare l’atto introduttivo del giudizio,
difettando radicalmente tutte le condizioni alla cui ricorrenza è subordinata la
possibilità di ricorrere alla modalità di notificazione alternativa a quella
disciplinata dagli artt. 137 e ss. cpc.
Anche quest’anno, tra le tematiche maggiormente ricorrenti in materia
pensionistica, si segnalano quelle relative agli indebiti pensionistici ed ai limiti
della recuperabilità delle somme percepite indebitamente.
In proposito, nonostante fosse stata sollevata dalla terza sezione centrale
d'appello della Corte dei conti, questione di illegittimità costituzionale dell’art.
204 del D.P.R. n. 1092 del 1973 (Approvazione del testo unico delle norme sul
trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), in
riferimento agli artt. 3, 36, primo comma, 38, secondo comma, e 97 della
Costituzione, nella parte in cui non consente la revoca o la modifica del
provvedimento definitivo di liquidazione del trattamento pensionistico anche nel
caso di errore di diritto, nessuna ordinanza di sospensione dei giudizi per la
pendenza della questione è stata adottata dai Giudici Unici di questa Sezione.
In materia di recuperi di indebiti pensionistici, è stato accolto il ricorso
promosso avverso un provvedimento di rideterminazione di un trattamento di
reversibilità per superamento dei limiti di cumulabilità con altri redditi del
beneficiario, previsti dalla Tab F. della L. 8/8/1995, n. 335 (Sent. 46/2014 del
10/1/2014). Il Giudice ha ritenuto meritevole di considerazione la circostanza che
l’Ente previdenziale era in possesso delle informazioni per far luogo alla verifica
dei limiti di cumulabilità dei redditi, atteso che il parametro reddituale che aveva
Pag. 44
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
determinato il superamento della soglia stabilita nella Tab F e, conseguentemente,
comportato la spettanza di una minore percentuale delle pensioni di reversibilità,
era
costituito
dagli
importi
percepiti
a
titolo
di
pensione
diretta.
Contestualizzando l’obbligo di comunicazione a carico del percettore di pensione
nel mutato scenario della disciplina dell’azione amministrativa delineato dall’art.
18 della L. 241/1990, poiché l’Ente resistente era l’erogatore dei due trattamenti
di pensione che concorrevano a determinare il reddito dell’odierna ricorrente, il
GUP ha ritenuto che il medesimo Ente aveva o avrebbe dovuto avere, per dovere
d’ufficio, conoscenza di atti, fatti, qualità e stati soggettivi relativi al beneficiario e
rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina sul cumulo dei redditi di cui alla
Tab F della L. 335/1995. Pertanto disponendo delle informazioni necessarie,
avrebbe dovuto far luogo autonomamente all’applicazione della disciplina sul
cumulo dei redditi.
In materia di determinazione degli emolumenti che compongono il
trattamento di quiescenza è stato affermato (sentenza n. 681/2014) che le
disposizioni dell’articolo 67 del dpr n.1092/1973 - che disciplinano le modalità di
calcolo del trattamento pensionistico privilegiato spettante al militare,
distinguendo in base all’anzianità dallo stesso posseduta - sono state dettate in un
contesto normativo in cui le pensioni erano calcolate sulla base del solo metodo
retributivo. Tale circostanza, tuttavia, non autorizza l’operatore del diritto ad
interpretazioni addittive, quali quella avanzata nel ricorso in esame, secondo la
quale, per le pensioni calcolate con il sistema misto, dovrebbe trovare
applicazione il secondo comma dell’art.67, dpr n.1092/1973, non per il calcolo del
trattamento pensionistico privilegiato tout court, ma soltanto per il calcolo della
cd. quota A, da aggiungere poi alle quote B e C. Una simile lettura della legge
sarebbe irrazionale ed in evidente contrasto con la ratio della riforma
pensionistica degli anni novanta, perché finirebbe con l’introdurre un trattamento
di maggior favore per coloro ai quali spetta un trattamento pensionistico calcolato
con il sistema cd. Misto e determinando, inoltre, un beneficio in misura vieppiù
maggiore per coloro che vantano una minore anzianità alla data del 31.12.1992,
rispetto a coloro che hanno assunto servizio in epoca più remota.
Con riferimento alla disciplina giuridica pensionistica dei dipendenti
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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regionali, non è stata riconosciuta (sentenza n. 1309/2014) meritevole di
accoglimento la domanda del dipendente regionale, assunto successivamente alla
entrata in vigore dell’art. 10 della L.R. n. 21/1986, che ha esteso il regime
previdenziale statale a tutti i dipendenti regionali, mantenendo in vita il
precedente regime previdenziale disciplinato dalla L.r. n. 2/1962 unicamente per i
dipendenti già in servizio, volta ad ottenere il riscatto del periodo di studi
universitari secondo i parametri più favorevoli previsti dall’art. 77 della l.r. n.
41/1985. Il riferimento al regime previdenziale statale contenuto nell’art. 10 della
l.r. n. 21/1986 deve essere necessariamente inteso come comprensivo anche della
normativa relativa al riscatto del periodo di studi a fini previdenziali.
Diverse pronunce adottate dalla sezione nell’anno trascorso hanno
riguardato ricorsi in materia pensionistica proposti al fine di ottenere la
restituzione del c.d. “contributo di solidarietà”, gravante sui trattamenti di
quiescenza in forza di quanto stabilito dall’art. 18, comma 22 bis, del decreto n.
98/2011, convertito nella legge n. 111/2011, oggetto di restituzione solo parziale
da parte dell’Inps. Dopo la pronuncia da parte della Corte Costituzionale della
sentenza n. 116/2013, adottata a seguito delle ordinanze di rimessione delle
sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti per la Campania e per il Lazio, con la
quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale di tale disposizione, ritenuta in
contrasto con gli articoli gli articoli 3 e 53 della Carta fondamentale, l’INPS
provvedeva a restituire solo la sorte capitale della somma.
I giudici di questa Sezione (cfr. sentenza n. 874 del 10 luglio 2014 e
sentenze n. 1047,1048, 1049 del 24 luglio 2014) hanno stabilito, invece, che gli
importi in questione dovevano essere restituiti maggiorati degli interessi legali e
dell’importo
differenziale
della
rivalutazione,
secondo
il
criterio
dell’assorbimento, poiché le decurtazioni, seppure inizialmente sostenute da un
adeguato supporto normativo, erano da considerarsi ab origine illegittime a
seguito
della
menzionata
declaratoria
di
incostituzionalità
della
Corte
costituzionale, avente, come è noto, effetto retroattivo. In definitiva, essendo stati
erogati ratei di pensione in misura minore rispetto al dovuto, dovevano trovare
applicazione le norme riguardanti i crediti di natura previdenziale (in senso
conforme vd. le pronunce della Sezione Lazio nn. 113, 355 e 581 del 2014; nn. 37,
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
42 e 43 del 2014 della Sezione Piemonte; n. 94 della Sezione Emilia Romagna n.
94/2014; n. 86/2014 della Sezione Sardegna; di segno opposto le soluzioni
elaborate dalla Sezione Campania nella sentenza n. 676/2014 e dalla Sezione
Trentino Alto Adige Sede di Bolzano n. 27/2013).
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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Conti giudiziali
Alla data del 1 gennaio 2014 i conti giudiziali depositati presso la Sezione
erano 40.116, di questi 13.842 erano conti dello Stato, 21.837 conti degli enti
locali, 4.437 conti delle aziende sanitarie.
Nel corso dell’anno sono stati presi in carico 4.596 conti, di cui 766 dello
Stato, 3.432 degli enti locali, 398 delle aziende sanitarie.
Durante l’anno sono state depositate dai magistrati 3.807 relazioni, che
hanno comportato il discarico con decreto presidenziale di 194 conti, la
definizione con sentenza di 12 conti e la declaratoria di estinzione per 3.447, con
un incremento percentuale per quanto riguarda i decreti di estinzione del 827%.
Alla data del 1.1.2015 risultano pendenti 41.059 conti, di cui 13.824
riguardanti lo Stato, 22.813 gli Enti locali, 4.422 le Aziende sanitarie.
Per sollecitare la presentazione dei conti da parte degli enti locali, nel mese
di luglio dello scorso anno, questo Presidente ha predisposto l’invio, tramite PEC,
a tutti i comuni della Regione Sicilia, di una informativa sui criteri da osservare
in relazione alle modalità e ai tempi di presentazione dei conti giudiziali alla
Sezione da parte di tesorieri e agenti contabili. Alcuni (pochi) comuni hanno
adempiuto all’obbligo, secondo le indicazioni impartite, ma la maggior parte di
essi non ha dato alcun riscontro alla nota inviata. Per questi ultimi si è provveduto
a fare la dovuta segnalazione alla procura regionale, in modo da instaurare, nei
confronti dei contabili inadempienti, il giudizio per resa di conto, cui seguirà, in
caso di ulteriore inosservanza degli obblighi, l’irrogazione delle sanzioni a loro
carico e la compilazione d’ufficio del conto.
Ma anche gli enti locali che hanno risposto alla richiesta, quasi mai hanno
compilato il conto secondo il modello previsto dalle norme in materia (dlgs n.
267/2000 e
DPR n. 196/ 1994) o hanno allegato al conto la corretta
documentazione. Di conseguenza si è reso necessario, in sede di revisione,
richiedere integrazioni della documentazione mancante e chiarimenti in merito ai
dati riportati nei conti. I tempi di revisione, nonostante tutte le richieste istruttorie
e le risposte dei comuni si svolgano con l’uso quasi esclusivo della PEC, si sono,
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
così, rallentati, come dimostra il dato relativo alle istruttorie iniziate, circa 200, e
non ancora concluse .
Per rendere maggiormente veloce ed efficiente il settore, dal mese di giugno
2014 è stato attivato ed è operativo il programma SIRECO che permette, a cura
dello stesso ente locale, di collegarsi
al sito WWW.CORTECONTI.IT e di
trasmettere per via telematica, dopo una procedura di registrazione, il conto
giudiziale secondo le indicazioni impartite dal programma. L’utilizzo del
programma SIRECO permette di ridurre i tempi di presentazione del conto, nel
rispetto della finalità di dematerializzazione cui la P.A. tende e che coinvolge tutti
i settori, e di ottimizzare i contenuti dell’invio dei conti giudiziali e dei relativi
allegati riducendo, le eventuali e al momento numerose, richieste di
documentazione e di conseguenza, i tempi di revisione. Per incentivare l’utilizzo
di SIRECO è nelle intenzioni della Sezione inviare una comunicazione ai comuni,
tramite PEC, relativamente
alla possibilità di utilizzare tale programma,
scandendo i tempi di invio, secondo un ordine che farà riferimento al numero di
abitanti di ciascun comune.
Per assolvere all’esigenza di gestire nell’ambito della Segreteria della
Sezione - Servizio Conti Giudiziali il flusso di lavoro relativo all’assegnazione ed
all’esame dei conti dai singoli magistrati al revisore contabile, è stata realizzata
una mini “app”. A seguito di incontri fra il responsabile del Servizio Conti e il
funzionario Informatico della DGSIA CUS, sig. Francesco Fortino, è stato stilato
un documento sulle necessità applicative, procedendo successivamente dopo una
breve analisi dei requisiti alla progettazione della mini app Sharepoint.
In sintesi è stato analizzato il flusso di lavoro con le varie fasi di entry data,
è stato richiesto il supporto del Cus per la gestione avanzata dei permessi di
accesso agli elementi “Conti Giudiziali” e sono stati eseguiti test sulla procedura e
messa in esercizio.
Il progetto, a costo zero e realizzato a mezzo delle risorse interne
all’amministrazione, serve principalmente alla gestione flusso magistrato –
revisore ed è strutturato principalmente su due fasi di lavoro.
La prima cosiddetta di data entry prevede l’inserimento dei conti ad opera
del personale delle segreterie dei conti giudiziali che caricano sul programma i
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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conti assegnati ai singoli magistrati e contestualmente ai revisori.
La seconda fase prevede un utilizzo esclusivo degli elementi riferiti ai conti
ad opera dei revisori e dei magistrati, permettendo a questi ultimi di visualizzare
cronologicamente gli stadi dell’esame del conto e di scambiare le informazioni
con il revisore.
La Mini App, in virtù dei requisiti richiesti, consente una visualizzazione
globale esclusivamente al Presidente e al Funzionario responsabile del Servizio.
Per il magistrato titolare del conto nonché per il revisore i permessi di accesso in
modalità di visualizzazione e modifica dei dati vengono assegnati in automatico
dal flusso di lavoro, da ciò ne consegue che entrambe le categorie potranno
accedere esclusivamente ai conti attribuiti nella fase iniziale del caricamento dei
dati.
La gestione flusso magistrati prevede oltre all’inserimento dei metadati
l’associazione di uno o più file all’elemento conto giudiziale.
L’adozione della suddetta mini-app, nel rispetto dell’uso dell’applicativo
primario SISP permette, sfruttando le caratteristiche avanzate di sharepoint, non
soltanto una gestione fluida dei metadati associati a documenti in formato digitale,
ma anche l’accesso alla procedura dall’esterno pur mantenendo elevati standards
di sicurezza.
Come già in questa relazione evidenziato, per fare fronte alle esigenze del
settore, è stato necessario procedere ad una riorganizzazione dei servizi,
destinando maggiori risorse umane al settore, attraverso l’assegnazione ad esso di
un maggior numero di personale, sia di segreteria, per accelerare le procedure di
presa in carico, che di revisione, per l’esame nel merito dei conti stessi.
L’ingentissimo numero di conti, tuttavia, dimostra l’assoluta insufficienza del
personale amministrativo assegnato al loro esame, nonostante la competenza e la
dedizione della responsabile del settore, dott.ssa Claudia Chiarello, e di tutto il
personale addetto alla revisione ed alle segreterie.
Tra l’altro, il numero dei conti da esaminare è certamente destinato ad
aumentare per avere questa Sezione attivato nei confronti di una molteplicità di
contabili il procedimento per la fissazione del termine per la resa del conto,
nonché per le nuove tipologie di agenti contabili che attraverso attività istruttorie
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
mirate vengono via via individuate.
Tra le questioni emerse in corso di istruttoria, per quanto riguarda il settore
relativo ai conti dello Stato, dall’esame dei conti depositati dagli UVAC (uffici
veterinari per gli adempimenti comunitari), è emerso che soltanto dal 2013 il
Ministero della salute ha dato disposizioni per il rispetto del principio dell’alterità
tra soggetto controllore e soggetto controllato, ai fini della parificazione delle
scritture dell’agente contabile. Su tali conti - aventi una struttura complessa,
perché relativi a più attività che comportano riscossione di somme di pertinenza
sia dello Stato che della Regione e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale - sono
state espletate indagini istruttorie, attinenti sia al contenuto specifico del conto e
della documentazione giustificativa da allegare, sia a profili più generali. In
particolare, poiché alcuni conti sono stati sottoscritti e presentati da persona
diversa dal contabile, si è ritenuto di chiedere alla Sezione di valutare se il
giudizio possa considerarsi correttamente instaurato sin dalla data di
presentazione del conto, anche ai fini della decorrenza del termine di estinzione,
se vi sia corresponsabilità dell’agente contabile uscente e di quello subentrante e
se occorra acquisire la sottoscrizione del conto da parte dell’agente contabile
uscente.
Nel corso dell’esame dei conti giudiziali relativi all’attività di rilascio dei
passaporti, è stato rilevato che i conti pervengono con notevole ritardo, in parte
addebitabile al contabile, in parte all’Ufficio centrale di bilancio incaricato
dell’apposizione del visto di regolarità amministrativo- contabile. I ritardi sono
stati spiegati con le difficoltà presenti nella compilazione del conto, che rendono
necessarie correzioni di ufficio, perché, pur essendo il modello unitario, deve
essere compilato in modo differente per la parte relativa al rilascio dei passaporti
elettronici e per la parte relativa al rilascio dei passaporti collettivi; questo in
quanto il contabile ha maneggio di denaro soltanto nel secondo caso.
Con riferimento ai conti della Motorizzazione civile, si è rilevato che nella
compilazione del modello DGM 125 (relativo alla cessione di targhe) non viene
data evidenza all’attività di cessione di targhe effettuata tramite STA (studi di
consulenza automobilistica). Ne consegue che non è possibile diversificare il
numero di targhe scaricate dal contabile dal numero di targhe effettivamente
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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rilasciate all’utenza per l’immatricolazione e che si rende necessario acquisire
documentazione integrativa al fine di poter verificare che i versamenti effettuati
dall’utenza, pur non corrispondenti al valore discaricato dal contabile, siano
congruenti rispetto al valore delle targhe effettivamente cedute.
Nell’esame dei conti relativi alla gestione degli stampati ceduti a
pagamento, per i quali l’utente procede al versamento del dovuto su apposito
conto corrente allegando la relativa attestazione alla domanda di rilascio (targhe di
circolazione, passaporti, patenti nautiche, etc.), è emerso che, sulla base di
apposite circolari emesse dalla Ragioneria generale del Stato, le amministrazioni
si sono orientate nel senso di non allegare al conto le attestazioni di versamento
degli importi pagati dagli utenti, ma di apporre a tergo del conto giudiziale una
dichiarazione sostitutiva. Laddove si è ritenuto di chiedere tale documentazione
giustificativa al fine di poter verificare la corrispondenza tra le somme indicate nel
conto e le somme effettivamente versate nelle casse erariali, le amministrazioni
stanno manifestando difficoltà nel reperire la documentazione o nell’ottenere, in
alternativa, conferma degli incassi da parte dei soggetti incaricati della gestione
dei rapporti di conto corrente.
Nelle istruttorie relative alla posizione degli agenti contabili degli enti
locali, si è rilevato che non sempre vengono utilizzati i modelli di cui al dpr
n.194/96 e che, anche laddove tali modelli sono utilizzati, non sempre il grado di
informazione che forniscono è sufficiente. In particolare, tale considerazione vale
per il modello 21, adoperato per rendicontare attività di natura diversa; la
circostanza poi che tale modello non preveda la compilazione di un quadro
riassuntivo dei pagamenti effettuati con sistemi diversi dal contante, rende
necessario in ogni caso una ulteriore istruttoria per poter quadrare le risultanze del
conto con le voci del conto del tesoriere.
In alcuni conti oggetto di istruttoria, sempre relativi agli enti locali, si è
rilevato che il dettato dell’articolo 153, comma 7, del decreto legislativo n.
267/2000 è stato interpretato nei regolamenti comunali in senso estensivo del
ruolo dell’economo. La locuzione “di non rilevante ammontare” riferita alle spese
economali, infatti, è stata intesa dai Comuni nel senso che sia necessario
prevedere un tetto (per singola spesa e/o per ammontare complessivo mensile), ma
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
fissandolo liberamente: ciò ha determinato alle gestioni degli economi di
raggiungere importi totali rilevanti. Atteso che manca un parametro di sicuro
riferimento per tali quantificazioni, si è ritenuto che la circostanza non condizioni
gli esiti del giudizio di conto, ma, per la sua rilevanza, la si è evidenziata nelle
relazioni finali.
Approfondimenti sono in corso anche con riguardo alla classificazione delle
spese economali, poiché non sempre i regolamenti appaiono in linea con gli
approdi della giurisprudenza di questa Corte (ad esempio, in materia di spese di
rappresentanza).
L’importanza del giudizio di conto per la sua natura e quale strumento
necessario per il controllo del corretto utilizzo dei flussi di denaro, costituisce
anche l’occasione per la stessa Corte per venire a conoscenza di fatti, atti o
procedure irregolari, relative a entrate e a spese, che possono innestare successivi
e ed eventuali giudizi di responsabilità amministrativa. In questa ottica è
importante che l’esame del conto non si limiti al profilo della mera correttezza
nella computazione di somme, ma occorre anche verificare la correttezza
sostanziale di quelle spese che pur rientrando nei margini di manovra del
contabile, non hanno tuttavia stretta pertinenza con la sua attività
In definitiva l’esame di un conto deve riguardare non solo la veridicità e la
corrispondenza dei dati numerici, ma anche l’accertamento dell’osservanza delle
disposizioni contenute nelle fonti di affidamento, in modo che venga verificato il
rispetto del limite posto dalle norme nell’utilizzo del denaro, la cui destinazione
deve tendere al soddisfacimento dell’interesse pubblico da perseguire con criteri
di efficienza, efficacia ed economicità.
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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Conclusioni
Concludo questa relazione sull’attività della Sezione giurisdizionale della
Corte dei conti della Regione Sicilia nell’anno 2014, formulando un profondo
ringraziamento ai colleghi del mio ufficio, con i quali ho collaborato. Si tratta di
magistrati di alto valore, per merito dei quali è stata smaltita una grande mole di
lavoro, con risultati di indubbia qualità.
Siamo anche stati supportati da personale amministrativo di eccellenza, che
ha saputo affrontare, con responsabilità e spirito di sacrificio, il lavoro e tutti i
nuovi impegni che questa Sezione ha mandato avanti.
Un sentito ringraziamento devo anche rivolgere ai colleghi della Procura
regionale, motore di gran parte della nostra attività, per la serietà e l’equilibrio
con cui assolvono le loro funzioni, così come ai rappresentanti dell’Avvocatura e
del libero foro, che con professionalità, lealtà e correttezza garantiscono lo
svolgimento di un processo giusto ed imparziale.
Stima e gratitudine devo esprimere nei confronti del Collegio medico legale,
prezioso collaboratore della funzione giudicante in materia pensionistica.
Ringrazio, infine, il Presidente ed i colleghi della Sezione del controllo, che
svolgono un lavoro diverso ma uguale: diverso nei contenuti, per la specificità
delle loro funzioni, ma uguale per l’autonomia e l’indipendenza con cui tutti noi
magistrati operiamo, assoggettati solo alla legge. Credo fermamente che le nostre
rispettive attività, complementari l’una all’altra, se bene esercitate, potrebbero
fungere da baluardo contro la cattiva amministrazione.
Grazie, infine, agli organi di stampa la cui presenza dimostra l’attenzione
sempre avuta per l’attività della Corte e, come sempre, grazie anche a tutti voi
intervenuti per la pazienza dimostrata nell’ascoltare.
A questo punto invito il Signor Procuratore Regionale a svolgere la sua
relazione.
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
RASSEGNA DECISIONI 2014
RASSEGNA DECISIONI 2014
RESPONSABILITA’
Sentenza n. 305/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Colavecchio
La formulazione letterale dell’art. 2901 c.c., ove è previsto espressamente che il creditore
possa esercitare l’azione revocatoria “anche se il credito è soggetto a condizione o a
termine” nonché l’inclusione della disposizione normativa in questione nel capo V del
titolo III del libro VI del codice civile, rubricato “dei mezzi di conservazione della
garanzia patrimoniale”, comporta che per l’esperimento dell’azione revocatoria è
sufficiente l’esistenza di una ragione di credito ancorché sottoposta ad accertamento
giudiziale.
Sentenza n. 539/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Colavecchio
La quantificazione del danno in via equitativa, effettuata ai sensi degli artt. 1226 e 2056
c.c., è subordinata alla condizione che sia obiettivamente impossibile o particolarmente
difficile per il pubblico ministero contabile provare il danno nel suo preciso ammontare e,
tuttavia, l’attore pubblico non è esonerato dal fornire gli elementi probatori e i dati di
fatto a sua disposizione affinché l’esercizio del potere equitativo sia il più possibile volto
a colmare solo le lacune insuperabili nell’iter della determinazione dell’equivalente
pecuniario del danno stesso.
Sentenza n. 647/2014 - Presidente f.f. Est. G. Colavecchio
L’assoluzione di un dipendente di un ente locale al quale sia stato imputato il danno
connesso al pagamento di sanzioni per l’omesso versamento periodico dell’i.v.a., non
rientrando tale adempimento nei compiti di sua spettanza come evincibile dal
regolamento di organizzazione degli uffici, non può che comportare automaticamente
anche l’assoluzione di colui che (nella specie direttore generale) sia stato citato in
giudizio solo per avere omesso di effettuare la necessaria vigilanza sull’operato del
primo.
Sentenza n. 764/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Colavecchio
Uno dei presupposti del danno indiretto è costituito dal passaggio in giudicato della
sentenza dalla quale è scaturito l’esborso da parte dell’amministrazione; solo in tale
momento il danno assume i necessari caratteri della certezza e dell’attualità poiché
nell’ipotesi contraria la decisione potrebbe essere suscettibile di riforma nei successivi
gradi di giudizio, con obbligo di restituzione di quanto già corrisposto; eventuali
provvedimenti emanati prima del passaggio in giudicato della sentenza hanno,
conseguentemente, carattere meramente provvisorio e sono dettati dalla necessità di
adeguarsi alle statuizioni immediatamente esecutive del giudice pena l’attivazione di
ulteriori contenziosi con aggravio di costi; del resto, sarebbe contrario a ragioni di
economicità processuale emettere una sentenza da parte della Corte dei conti su un
presupposto di fatto incerto perché assumerebbe anch’essa i caratteri della provvisorietà,
con ulteriore aggravio di costi e di spendita di attività per elidere gli effetti di eventuali
operazioni di esecuzione, anche forzata nel caso di mancato adempimento spontaneo,
poste in essere nelle more della formazione del giudicato civile.
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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Sentenza n. 927/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Colavecchio
Il principio iura novit curia di cui all’art. 113 c.p.c. consente al giudice di assegnare una
diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, ricercando le norme
giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e ponendo a
fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente
richiamati dalle parti; tale ricerca è permessa nei limiti del rispetto dell’art. 112 c.p.c. che
regola il diverso principio di “corrispondenza tra chiesto e pronunciato”, con la
conseguenza che non è consentito al giudice pronunziarsi oltre i limiti della domanda e
delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni che non hanno formato oggetto
del giudizio e sono rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da
quello domandato (Nel caso concreto il Collegio ha condannato per violazione dell’art. 65
del d.p.r. n. 3/1957 e non per violazione dell’art. 53 del decreto legislativo n. 165/2001,
come prospettato dal pubblico ministero, un dipendente dell’Università degli Studi di
Palermo, poi licenziato, che a seguito di vincita di un concorso pubblico ha prestato
contemporaneamente servizio anche presso la Regione Siciliana, con danno a carico di
quest’ultima amministrazione per violazione del principio di esclusività della prestazione
lavorativa).
Sentenza n. 142/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
In un giudizio concernente un’ipotesi di danno erariale, asseritamente patito dal Ministero
dell’Interno, connesso all’esborso dal medesimo sostenuto per dare provvisoria
esecuzione ad una sentenza con la quale, in primo grado, era stata definita una vertenza
promossa per il risarcimento delle lesioni subite da un soggetto all’esito di un
rocambolesco inseguimento condotto da personale della Polizia di Stato, il Collegio ha
ritenuto che il pagamento non integrasse un danno erariale connotato dal carattere della
certezza, indispensabile affinché lo stesso potesse essere utilmente posto a fondamento di
una richiesta risarcitoria innanzi al Giudice contabile.
L’ipotizzato nocumento, ritenuto sussumibile nella categoria del danno erariale indiretto
ed avente antecedente causale remoto nella condotta asseritamente antigiuridica degli
Agenti di Polizia intervenuti nel fermo del fuggitivo e quello prossimo nel pagamento
dell’obbligazione pecuniaria generata all’esito di un giudizio di primo grado celebrato
innanzi al G.O. (condanna al risarcimento del danno in primo grado
dell’Amministrazione), sebbene astrattamente ipotizzabile - valorizzando la materialità
dell’operazione incidente sul pubblico erario, in coerenza con i principi affermati dalle
SS. RR. di questa Corte con la Sent. 14/QM/2011 – è stato ritenuto non provvisto del
carattere della definitività.
In altri termini, in presenza di situazioni fluide, teoricamente suscettibili di evolvere in
modo impronosticabile, il pagamento che l’Amministrazione, per scelta o per obbligo
(come nel caso di sentenze provvisoriamente esecutive), ponga in essere, presenta già,
nella realtà fenomenica, l’attitudine a deteriorare il patrimonio pubblico e,
conseguentemente, a diventare elemento costitutivo della fattispecie della responsabilità
amministrativa. Nella prospettiva processuale, però, per ritenere sussistente un danno
indiretto, come quello azionato nella fattispecie, non è sufficiente la constatazione della
esecuzione di un provvisorio adempimento, ma occorre che quest’ultimo rappresenti
l’esecuzione di un’obbligazione definitiva. Al di là delle pur rilevanti ragioni di economia
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
processuale (che sembrerebbero sconsigliare l’avvio di azioni di tutela che potrebbero
condurre a risultati incoerenti con gli assetti definitivi della vicenda), infatti, prima del
consolidamento dell’obbligazione, il pagamento è comunque redimibile, di esistenza e
consistenza incerti, potendo subire, all’esito delle fisiologiche dinamiche cui è soggetto il
relativo accertamento, ogni possibile sorte.
Dunque, è stato ritenuto che solo a conclusione della vertenza giudiziaria (passaggio in
giudicato della sentenza o transazione con la quale le parti pongono fine alla lite) si potrà
valutare l’esistenza del danno erariale ed, eventualmente, apprezzarne la misura:
esclusivamente dopo quel momento, cioè, si avranno a disposizione gli indispensabili
elementi di conoscenza per valutare, innanzitutto, se vi è un danno e, secondariamente, di
quale entità esso sia.
Sentenza n. 167/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
Sussiste la responsabilità amministrativa – per un danno quantificato in € 17.509,68 connessa alla erogazione, da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca, della retribuzione per un incarico di lavoro a tempo determinato ad un soggetto
che aveva ottenuto l’inserimento nella graduatoria permanente del personale ATA di cui
all’art. 554 del D.Lgs. 297/1994 dichiarando titoli di servizio risultati in parte falsi.
Sentenza n. 204/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
Sussiste la responsabilità amministrativa – per un danno quantificato in € 130.434,69 - del
dipendente del Comune di Carlentini connessa agli indebiti pagamenti, posti in essere
sulla base di documentazione materialmente e ideologicamente falsa, a beneficio del
coniuge, con l’apparente motivazione di pagare indennità di esproprio, in realtà, non
spettanti.
Sentenza n. 493/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
Nel giudizio concernente un’ipotesi di danno erariale, patito dal Comune di Palma di
Montechiaro, connesso al pagamento di un importo significativamente maggiore di quello
dovuto per ottemperare alle statuizioni di condanna contenute in una sentenza passata in
giudicato non è configurabile la condotta gravemente colposa in capo al funzionario
dell’Ente locale che aveva effettuato il calcolo della somma da liquidare. Sebbene l’errore
di calcolo compiuto dal funzionario che ha eseguito i conteggi per dare esecuzione alle
statuizioni giudiziali assistite da forza di giudicato, abbia costituito l’antecedente fattuale
su cui si è innestata la sequenza procedurale esitata con il pagamento di consistenza
superiore al dovuto e che in diversi passaggi procedurali (espressione dei pareri richiesti
per il tipo di adempimento in corso di realizzazione) un più scrupoloso esercizio delle
funzioni di volta in volta esercitate avrebbe potuto portare alla tempestiva rilevazione
dell’errore di calcolo e, conseguentemente, ad evitare l’inutile esborso di denaro, la
valorizzazione della situazione contingente nella quale ha avuto luogo l’errato computo
del debito dell’Ente nascente dalla sentenza ha indotto il Collegio ad escludere che la
negligenza dell’agente abbia raggiunto quella soglia di significativa intensità richiesta
dalla legge per la configurazione della responsabilità amministrativa. L’errore, ancorché
grossolano ed evitabile con l’ordinaria diligenza, nello specifico contesto, è stato, quindi,
ritenuto scusabile.
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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Sentenza n. 503/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
Il giudizio, finalizzato a verificare la fondatezza della pretesa azionata dal Pubblico
Ministero concernente due distinte ipotesi di responsabilità amministrativa che
presentavano, quale elemento unificante e giustificativo dell’unicità dell’azione, la
circostanza che l’asserito danno erariale era stato patito dallo stesso Ente (Comune di
Vittoria) alle dipendenze del quale i soggetti ritenuti responsabili operavano nella veste di
dirigenti, è stato ritenuto in parte fondato ed in parte inammissibile.
Il Collegio ha reputato integrante gli estremi della responsabilità amministrativa la
condotta del Dirigente del Settore Territorio ed Urbanistica dell’Ente locale che aveva
conferito retroattivamente un incarico di posizione organizzativa e, conseguentemente,
ravvisato sussistente un nocumento economico pari alla retribuzione di posizione e di
risultato corrisposte per il periodo che precedeva il pertinente provvedimento di
conferimento.
Il medesimo Organo, invece, ha ritenuto inammissibile la porzione di controversia,
promossa nei confronti del Direttore Generale dell’Ente locale, riguardante il massiccio
ricorso all’istituto dell’incarico ad interim per assicurare la continuità di strutture che,
nello specifico contesto organizzativo, avrebbero dovuto essere accorpate o riunite con
uffici deputati a compiti omogenei, constatando
la sostanziale perdita di continuità tra contenuto dell'invito e l’architettura finale impressa
all’azione di responsabilità, con radicale mutamento sia della causa petendi che del
petitum.
Sentenza n. 517/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
È infondata la pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente un’ipotesi di danno
erariale, patito dall’AGEA, connesso all’erogazione di premi per il sostegno e
l'orientamento delle attività agricole previsti dal Reg. CE 1782/2003.
Nonostante nella vicenda ricorressero criticità sotto il profilo della disponibilità di titoli
idonei ad attribuire la disponibilità di superfici destinate al pascolo (ove si consideri che
all’estensione dei terreni per i quali sussiste una titolata disponibilità è commisurato
l’ammontare dell’aiuto), le pur rilevanti deviazioni rispetto alle prescrizioni della
disciplina di settore, idonee sul piano oggettivo ad integrare a pregiudicare la spettanza
degli aiuti e, conseguentemente, a qualificare come indebite le percezioni degli stessi, è
stata esclusa la ricorrenza della colpa grave.
Nel valutare lo scostamento del comportamento concreto, rispetto ad un modello di
condotta specifico e pertinente, il Collegio ha ritenuto non poter prescindere dalla
considerazione del patrimonio di cognizioni di base, informazioni ed esperienze
dell’agente, tarando la prevedibilità ed evitabilità dell’evento sulle circostanze concrete,
in cui la singola fattispecie si collocava.
La valorizzazione di peculiari aspetti (è apparsa meritevole di considerazione, fra l’altro,
la tipologia di attività svolta, la continuità nel tempo della stessa ed il suo esercizio in un
ambito territoriale nel quale l’allevatore era radicato, nonché la qualità di modesto
allevatore del percettore dei contributi, ricavabile dal numero degli animali allevati e
dall’esiguo volume d’affari generato dall’impresa agricola) ha indotto il Collegio a non
attribuire rilievo assorbente alle carenze formali dei titoli abilitanti alla fruizione dei
terreni per il pascolo.
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Sentenza n. 713/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
Sussiste la responsabilità amministrativa per un danno erariale, patito dal Consorzio ASI
di Agrigento, a carico del Dirigente responsabile dell’unità contabile dell’Ente, connesso
al pagamento, asseritamente illecito, alla Cassa Nazionale Forense, di oneri previdenziali,
assistenziali e assicurativi riguardanti il Presidente del Consorzio.
E’ stato ritenuto che i consorzi ASI non hanno la stessa natura dei consorzi fra enti locali,
con la conseguenza che i componenti degli organi dei consorzi ASI non rientrano nella
categoria degli amministratori locali e nei loro confronti non può trovare applicazione la
speciale disciplina del pertinente status di cui alla LR 30/2000.
La rilevata impossibilità di ricomprendere il Consorzio ASI nell’ambito di applicazione
delle citate norme ha indotto il Collegio a ritenere indebiti i versamenti alla CNF dei
contributi a beneficio del Presidente del medesimo consorzio. L’esborso sostenuto
dall’Ente per tale scopo è stato ritenuto integrante un danno erariale causalmente
riconducibile alla censurabile condotta gestoria, gravemente colposa, del convenuto,
all’epoca dei fatti responsabile del settore amministrativo-contabile del Consorzio, cui
competeva la preliminare verifica della sostenibilità della spesa e, esitato positivamente
tale accertamento pregiudiziale, la corretta modulazione della spesa medesima. Tali già
compromesse soluzioni gestorie sono risultate ulteriormente deteriorate dal fatto che gli
esborsi sono stati sostenuti in periodi in cui il Consorzio, non avendo approvato i relativi
bilanci di previsione, era in regime di gestione provvisoria e, perciò, abilitato ad
effettuare solo le spese indifferibili ed urgenti.
In definitiva, il Collegio ha ritenuto che, in un segmento dell’azione amministrativa
particolarmente delicato qual è quello della spesa, vi sono state reiterate condotte
caratterizzate da indifferenza per il contesto normativo di riferimento (al fine di valutare
la fattibilità dell’esborso) e totale noncuranza dei fondamentali passaggi procedurali
attraverso i quali ciascun flusso finanziario in uscita deve obbligatoriamente incanalarsi,
dando prevalenza all’esigenza di esaudire la richiesta del Presidente del consorzio.
Sentenza n. 714/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
Sussiste la responsabilità del Dirigente dell’Amministrazione regionale per aver
colposamente ritardato l’attuazione della nuova pianta organica delle farmacie del
Comune di Palermo non intraprendendo quelle iniziative che avrebbero consentito ad un
farmacista di esercitare l’attività farmaceutica nell’ambito territoriale assegnatogli.
Il danno è pari all’esborso sostenuto dalla Regione Siciliana per ottemperare alla
condanna del Giudice Amministrativo a risarcire i danni patiti al farmacista cui era stato
precluso il trasferimento nella nuova sede assegnatagli in esito al pertinente concorso, a
causa dalla permanenza, nell’ambito territoriale assegnato in esclusiva, di altra farmacia
decentrata in altra zona.
Il Collegio ha ritenuto che il Dirigente, pur avendo la possibilità di ricorrere a mezzi di
reazione che avrebbero consentito di attuare celermente l’assetto degli esercizi
farmaceutici delineato con i decreti assessoriali, aveva colposamente omesso di impiegare
strumenti risolutivi della situazione generata dal mancato trasferimento della sede
farmaceutica, generando l’antecedente causale diretto ed immediato dell’esborso
sostenuto dall’Amministrazione regionale per ottemperare alla statuizione giudiziale di
condanna a risarcire il danno patito dal farmacista, che non aveva potuto operare nella
sede assegnatagli.
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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Sentenza n. 729/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
È infondata la pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente un’ipotesi di danno
erariale, patito dall’AGEA, connesso all’erogazione di premi per il sostegno e
l'orientamento delle attività agricole previsti dal Reg. CE 1782/2003.
Nonostante nella vicenda ricorressero criticità sotto il profilo della disponibilità di titoli
idonei ad attribuire la disponibilità di superfici destinate al pascolo (ove si consideri che
all’estensione dei terreni per i quali sussiste una titolata disponibilità è commisurato
l’ammontare dell’aiuto), le pur rilevanti deviazioni rispetto alle prescrizioni della
disciplina di settore, idonee sul piano oggettivo ad integrare a pregiudicare la spettanza
degli aiuti e, conseguentemente, a qualificare come indebite le percezioni degli stessi, è
stata esclusa la ricorrenza della colpa grave.
Nel valutare lo scostamento del comportamento concreto, rispetto ad un modello di
condotta specifico e pertinente, il Collegio ha ritenuto non poter prescindere dalla
considerazione del patrimonio di cognizioni di base, informazioni ed esperienze
dell’agente, tarando la prevedibilità ed evitabilità dell’evento sulle circostanze concrete,
in cui la singola fattispecie si collocava.
La valorizzazione di peculiari aspetti ha indotto il Collegio a non attribuire rilievo
assorbente alle carenze formali dei titoli abilitanti alla fruizione dei terreni per il pascolo.
Sentenza n. 926/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
È infondata la pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente un’ipotesi di danno
erariale, patito dal Comune di Acireale, connesso al pagamento delle spese di
funzionamento di un collegio arbitrale, a comporre il quale era stato designato un
soggetto che non presentava le caratteristiche stabilite nella convenzione d’arbitrato (non
era stato scelto, cioè, «tra gli avvocati dello Stato o tra i componenti dell’Ufficio
legislativo e legale della regione con qualifica di avvocato») ed imputato alla condotta
gravemente colposa del funzionario dell’Ente locale che aveva proceduto alla nomina
dell’arbitro.
In particolare, premesso che non è ravvisabile una relazione necessariamente biunivoca
tra non conformità dell’azione amministrativa ai parametri che la governano e dannosità
per l’erario delle condotte che presentino scostamenti rispetto alle prescrizioni che ne
regolano lo svolgimento, il Collegio, pur rilevando che l’arbitro scelto
dall’Amministrazione non possedeva i requisiti per essere designato, ha ritenuto che tale
profilo non avesse inficiato la decisione arbitrale alterandone l’efficacia.
In altri termini, quella designazione, non avendo avuto ripercussioni sul lodo arbitrale,
non avendone compromesso l’attitudine a definire la controversia sorta sulla liquidazione
dei compensi professionali, ha finito per rappresentare una circostanza sostanzialmente
neutra, non in grado di generare alcun tipo di pregiudizio per l’Ente. Sicché le spese di
funzionamento del collegio arbitrale di cui il Comune era stato condannato a sostenere
l’onere (pari a due terzi dell’intero) non hanno rappresentato «un esborso ingiustificato»
costituendo normale remunerazione per il giudizio privato concluso con un lodo immune
da vizi e, come tale, idoneo a comporre la vertenza
Sentenza n. 1079/2014 - Pres. L. Savagnone Est. R. Rizzi
È infondata la pretesa azionata dal Pubblico Ministero concernente un’ipotesi di danno
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
erariale causalmente riconducibile alla condotta gravemente colposa di un agente della
Polizia di Stato che, fuori dal servizio, allo scopo di arrestare la fuga di tre criminali che
avevano appena commesso una rapina, esplodendo numerosi colpi di pistola, ha arrecato
accidentalmente lesioni gravi ad una persona estranea ai fatti, colpita di rimbalzo, a
notevole distanza dal luogo di svolgimento dei fatti, da un proiettile vagante che aveva
mancato il bersaglio. In relazione a tale fatto, il Ministero dell’Interno, quale soggetto
civilmente responsabile della condotta dell’agente condannato per il reato di lesioni
colpose, aveva erogato, in ottemperanza al giudicato formatosi sulla pronuncia del
giudice civile di primo grado, un cospicuo risarcimento.
L’azione, che ha assunto i connotati della rivalsa nei confronti dell’autore della condotta
dannosa per la quale l’Amministrazione di appartenenza ha sopporto i pertinenti oneri
risarcitori, è risultata irreggimentata fra due giudicati: da un lato, quello penale che,
formatosi in esito ad un procedimento ordinario, ha una portata condizionante circa i
profili della condotta del convenuto che hanno formato oggetto di accertamento in quella
sede. Dall’altro, quello civile, riguardante la sussistenza e la consistenza del danno,
maturato all’esito di un processo celebrato anche con il coinvolgimento del soggetto
evocato nel presente giudizio.
Dunque, gli esiti degli apprezzamenti compiuti negli indicati plessi giudiziari hanno
costituito dati non ulteriormente sindacabili.
Sicché, i residui profili suscettibili di apprezzamento sono risultati quelli del grado di
intensità della colpa che ha caratterizzato la condotta illecita e della congruità della
porzione del danno che la Procura agente ha ritenuto di porre a carico del responsabile
(3%).
Invero, per ciò che attiene al primo profilo, il Collegio ha ritenuto la valutazione
compiuta in sede penale sull’elemento soggettivo dell’agente è sostanzialmente neutra nel
giudizio contabile nel senso che essa si è arrestata alla constatazione della sussistenza
della colpa senza ulteriori, esplicite specificazioni sul grado della stessa.
Procedendo ad una autonoma indagine circa il livello di intensità della colpa, il Collegio,
pur rilevando che era stata definitivamente esclusa la sussistenza di cause scriminanti la
condotta penalmente rilevante, ha considerato che le circostanze in cui aveva avuto luogo
la reazione alla condotta criminosa inducevano ad escludere che la condotta fosse stata
macroscopicamente negligente e imprudente: il fatto che l’intervento del poliziotto ebbe
luogo in un momento (orario in cui gli esercizi commerciali stavano per terminare l’orario
di apertura, in un giorno infrasettimanale di un mese invernale) in cui era remota la
possibilità di danni collaterali, la mancanza di prossimità di soggetti estranei, il fatto che
il soggetto poi sfortunatamente colpito non era comunque sulla traiettoria di tiro nonché
la considerazione che in epoca immediatamente precedente erano state commesse, nella
medesima zona, violente azioni criminose, sono stati ritenuti elementi che,
all’elaborazione istantanea richiesta dalla rapida evoluzione della rapina, rendevano quel
tipo di reazione non assolutamente scriteriata e sconsiderata.
In definitiva, quella condotta non è apparsa connotata da un livello di colpa di
significativa intensità, tale da raggiungere la soglia della gravità.
Sentenza n. 654/2014 - Presidente L. Savagnone Est. G. Cernigliaro
Va dichiarata inammissibile la domanda risarcitoria per il danno all’immagine proposta
dal Pubblico Ministero, correlata ai reati di millantato credito, truffa e minaccia (di cui
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Pag. 63
agli artt. 346 c.2, 640 e 612 del codice penale) posti in essere dal convenuto, non
rientrando tali reati tra i delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal capo I del
titolo II del libro secondo del codice penale.
L’art. 17, comma 30-ter del d.l. n. 78 del 2009 stabilisce infatti un rinvio univoco e diretto
ai soli casi “previsti” dall’art. 7 della legge n. 97 del 2001, ove sono esclusivamente
richiamati “i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del
libro secondo del codice penale” .
Non si ritiene pertanto possibile un’estensione della tutela risarcitoria del danno
all’immagine ad altre tipologie di reati non espressamente contemplate dalla norma di
riferimento, avuto anche riguardo a quanto affermato dalla Corte costituzionale
(ordinanze nn. 219, 220 e 221, depositate il 21 luglio 2011), secondo cui “la scelta di non
estendere l’azione risarcitoria anche in presenza di condotte non costituenti reato, ovvero
costituenti un reato diverso da quelli espressamente previsti, può essere considerata non
manifestamente irragionevole”.
Sentenza n. 936/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Cernigliaro
Nell’intervento chirurgico di tiroidectomia totale la lesione dei nervi ricorrenziali si
configura come un’evenienza rara, indice di imperizia o negligenza nell’esecuzione delle
manovre chirurgiche, tanto meno giustificabile qualora il convenuto sia un chirurgo di
primissimo piano e di conclamata fama universitaria.
La colpa professionale del medico operatore consiste nell’avere omesso l’accorgimento di
seguire attentamente i nervi ricorrenti per tutto il loro decorso (localizzandoli,
visualizzandoli ed isolandoli) durante l’esecuzione dell’intervento al fine di prevenirne la
lesione e ciò in assenza anomalie anatomiche o complicanze di sorta che possano far
presumere una particolare complessità dell’intervento.
Sentenza n. 1027/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Cernigliaro
Il danno erariale “indiretto” derivato dal risarcimento liquidato al vincitore di un concorso
per professore associato mai assunto, è conseguenza esclusiva delle deliberazioni assunte
dal Consiglio della Facoltà. Esso va quindi riferito ai componenti dell’organo collegiale
che hanno concorso all’adozione di quelle delibere.
Dal ripartendo importo globale delle quote riconducibili ai membri del Consiglio di
Facoltà che hanno concorso all’adozione delle deliberazioni produttive di danno erariale
vanno scomputate sia le quote addebitate ai componenti che hanno votato in modo
difforme, sia le quote relative ai soggetti che non sono stati evocati in giudizio.
Sentenza. n. 1358/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Cernigliaro
Il comportamento dell’insegnante, consistente nell’avere accettato di custodire le quote
versate dai genitori per il viaggio scolastico di istruzione, comporta l’assunzione di una
specifica responsabilità come agente contabile di fatto con la materiale ingerenza
nell’attività tipica dell’agente contabile, data dalla riscossione di somme di spettanza
dell’Amministrazione pubblica di appartenenza.
Sentenza n. 1425/2014 - Pres. L. Savagnone Est. G. Cernigliaro
Non si ritiene sussistente la colpa grave dell’agente per la riscossione, convenuto per
l’avvenuta prescrizione del tributo a seguito della sentenza del Giudice tributario che ha
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
dichiarato inesistente la notifica della cartella, qualora la suddetta notificazione sia
avvenuta, a mente dell’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973, mediante invio diretto dell’atto
tramite raccomandata con avviso di ricevimento. In questo caso la notifica si perfeziona
con la ricezione da parte del destinatario alla data risultante dall’avviso di ricevimento,
senza necessità che venga redatta apposita relata di notifica, in quanto l’accertamento
circa la coincidenza del destinatario col soggetto cui la cartella viene materialmente
consegnata è di competenza esclusiva dell’ufficiale postale che lo attesta con l’avviso di
ricevimento della raccomandata, assistito dell’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c.
E’ quindi pienamente valida la notifica della cartella effettuata a mezzo posta con
consegna all’ufficiale postale a cura dell’agente per la riscossione e non solo da parte dei
soggetti indicati nel primo comma del citato art. 26 del D.P.R. n. 602/1973 (ufficiali della
riscossione, altri soggetti abilitati dal concessionario nella forme previste dalla legge, dai
messi comunali o dagli agenti della polizia municipale).
Sentenza n. 152/2014 - Pres. L. Savagnone Est. A. Parlato
Nel caso di fattispecie caratterizzate da un contestuale invito a dedurre rivolto a una
pluralità di presunti responsabili solo avuto riguardo alle difese presentate da ciascuno di
essi, ovvero allo spirare del termine per l’esercizio delle facoltà di difesa preprocessuale
da parte di tutti gli invitati, l’attore pubblico ha davanti a se una visione unitaria e
completa della vicenda, alla luce del quale ponderare l’esercizio dell’azione contabile
(cfr. la sentenza delle Sezioni Riunite n.1/2005/QM).
Le date da prendere come riferimento per valutare la tempestività degli adempimenti a
carico del procuratore vanno individuate nel dies a quo del perfezionamento per
l’interessato dell’ultima notifica e in quello ad quem del deposito della citazione.
Qualora il termine complessivo di centoventi giorni, risultante dall’applicazione dell’art.
5, primo comma, del D.L. n.453/1993, convertito nella legge n.19/1994 e modificato dalla
legge 639/196, sia stato superato, l’azione del procuratore deve essere dichiarata
improcedibile nei confronti del convenuto che abbia ritualmente eccepito l’intempestivo
esercizio della medesima.
Gli effetti dell’eccezione non si trasmettono al convenuto che non l’abbia autonomamente
sollevata, dal momento che la sua proposizione costituisce l’esercizio discrezionale un
potere dispositivo intestato alla parte (cfr. la sentenza delle Sezioni Riunite n. 1/2007).
Nei giudizi concernenti la valutazione di comportamenti connotati da dolo, per i quali la
chiamata in giudizio è stata avanzata dal pubblico ministero con il vincolo della
solidarietà tra i convenuti, a termini dell’articolo 1, comma 1- quinquies, della legge 14 n.
20/1994, nel testo modificato dalla legge n. 639 del 1996, deve tenersi conto
dell’espansione dell’effetto interruttivo della prescrizione scaturente dalla tempestiva
notifica dell’atto di messa in mora, propagatosi nei confronti del coobbligato solidale,
secondo quanto previsto dell’art.1310, comma 1, del codice di civile.
Sentenza n. 931/2014 - Pres. L. Savagnone Est. A.Parlato
Nelle fattispecie riguardanti il danno all’immagine, la presenza di una sentenza definitiva
di condanna per uno dei delitti contro la Pubblica Amministrazione previsti nel Capo I del
Titolo II del libro secondo del codice penale costituisce, ai sensi dell’art. 17, comma 30
ter, del decreto legge 1° luglio 2009 n. 78, convertito con modifiche nella legge 3 agosto
2009 n. 102, un mero presupposto per la promuovibilità del giudizio di responsabilità
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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amministrativa; la valutazione affidata al giudice contabile non comporta una
rimeditazione della correttezza della decisione penale, riguardando, invece,
l’accertamento della sussistenza di un effettivo nocumento arrecato al prestigio
dell’amministrazione e la congruità della stima del danno da risarcire.
Il legislatore, per mezzo dell’art. 1, comma 62, della legge 6 novembre 2012 n. 190, ha
stabilito una presunzione iuris tantum della misura del danno risarcibile senza, tuttavia,
definire o disciplinare organicamente la figura di danno in questione: deve, pertanto,
considerarsi ancora valida e attuale la ricostruzione di origine pretoria della categoria di
danno in questione, oggetto di compiuta disamina nella pronuncia n. 1/QM/2011 Sezioni
Riunite.
Il comma 1-sexies, di recente inserito dalla disposizione richiamata nell’art. 1 della legge
14 gennaio 1994, n. 20, attesa la sua natura sostanziale riguarda solo le fattispecie si
siano realizzate dopo l’entrata dopo l’entrata in vigore della norma non esplicando
efficacia retroattiva
L’indicazione dell’utilità illecitamente percepita quale unità di misura del pregiudizio da
ristorare mal si attaglia comunque a fattispecie di abuso, apparendo modellata sull’ipotesi
di fatti concussivi o corruttivi.
Sentenza n. 1026/2014 - Pres. L. Savagnone Est. A.Parlato
L’adesione da parte del concessionario della riscossione alla sanatoria fiscale di cui
all’art.1, comma 426, della legge 30 dicembre 2004, n. 31, non determina nell’ambito del
giudizio contabile la cessazione della materia del contendere. L’aver aderito alla
sanatoria non può, infatti, sollevare il concessionario dall’eventuale responsabilità
derivante dall’aver reso inesigibile la relativa pretesa fiscale, trattandosi di un’ipotesi
estranea ai casi contemplati negli articoli 47-53 del D.lgs n.112 del 1999 (cfr. il decreto
Ministeriale 7 febbraio 2006, n. 112 e l’art.1 comma 154 della legge n. 244 del 2007).
L’art. 25 del D.P.R. 602/73, nella sua originaria formulazione, assegnava al
concessionario il termine dell’“ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di
consegna del ruolo” per la notifica della cartella al contribuente. (cfr., per le successive
versioni del testo, l’art. 1, comma 1, lettera b, D.lgs 27 aprile 2001, n. 193 che ha disposto
la cancellazione di un termine per la notifica, poi reintrodotto, con specifica menzione
della decadenza per l’ipotesi della sua violazione, dall’art. 1 comma 417, lettera c, della
legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dall’art. 1, comma 5 ter, lettera a, n. 2 del D.L. 17
giugno 2005, n.106, convertito dalla legge 2005, n. 106). Il termine in questione ha natura
perentoria (cfr. la decisione della Corte Costituzionale n. 28/2005 e la sentenza
n.19544/2011 della V Sezione della Corte di Cassazione) pertanto il ritardo nella notifica
della cartella deve considerarsi l’antecedente causale del danno patito dall’erario
conseguente al vittorioso ricorso alla giustizia tributaria da parte del contribuente. Anche
l’elemento soggettivo necessario a configurare la responsabilità amministrativa della
società convenuta, che imprudentemente ha confidato nel carattere ordinatorio del
termine previsto da una norma alla cui conoscenza e osservanza era tenuta in ragione
dell’attività professionale svolta, raggiunge la soglia d’intensità normativamente
richiesta.
Sentenza n. 1208/2014 - Pres. L. Savagnone Est. A.Parlato
Nei giudizi riguardanti ipotesi di danno erariale attinenti l’utilizzo di una parte del budget
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
assegnato per la realizzazione di un progetto formativo per fini diversi dalle voci indicate
nel programma approvato dall’amministrazione, e la contestazione non riguardi la
regolare esecuzione dell’attività finanziata, bensì il limitato aspetto dello storno di una
parte delle risorse assegnate per far fronte ai costi del personale, fatte transitare dall’ente
di formazione fra le provviste impiegate per coprire le spese di gestione, la valutazione
del Collegio non si arresta alla eventuale inosservanza di prescrizioni formali o
procedurali, quali la proposizione di una preventiva richiesta di autorizzazione allo storno
ovvero il limite percentuale entro il quale lo stesso poteva essere effettuato, ma ha,
invece, ad oggetto il dato sostanziale della rispondenza dell’utilizzo dei fondi alla
realizzazione del progetto per cui erano stati assegnati, ovvero, così come sostenuto dal
pubblico ministero, quello del loro eventuale sviamento dalla finalità che ne aveva
giustificato l’erogazione.
Rileva l’esame in concreto della rendicontazione, in base al quale la significativa
lievitazione delle spese di gestione non appare ragionevolmente ricondotta all’esecuzione
dell’iniziativa finanziata, data la crescita esponenziale ed inspiegabile di alcune voci di
costo.
Sentenza n. 490/2014 - Pres. L. Savagnone Est. I. Maio
Sono pienamente utilizzabili nel processo contabile le prove assunte in sede penale, anche
se non in dibattimento, in quanto al processo contabile non sono applicabili i commi 3 e 4
dell’art.111 della Costituzione, stante il rinvio esplicito dell’art. 26 del regolamento di
procedura alle norme del processo civile (cfr., ex multis, Sezione III, 10 settembre 2003,
n.392; Sezione I, 16 giugno 2003, n.210). Poiché il processo contabile si modella su
quello civile, il principio del giusto processo applicabile a questa giurisdizione si declina
nei termini del disposto del comma 2 dell’articolo 111 della Costituzione: non è, quindi,
necessario che la prova si formi nel contraddittorio tra le parti come è richiesto che
avvenga nel processo penale, ma è sufficiente che il materiale probatorio raccolto nel
fascicolo processuale sia oggetto del contraddittorio, anche se differito, condotto in
condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale e secondo le modalità
proprie della giurisdizione contabile.
Sentenza n. 560/2014 - Pres L. Savagnone Est. I. Maio
E’ infondata l’eccezione di decadenza dall’azione di responsabilità, sollevata sul
presupposto dell’estensione analogica della disposizione dettata dall’art.7 della legge
n.117/88 per l’esercizio dell’azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato
all’azione di responsabilità instaurata dal Pubblico Ministero contabile a seguito della
comunicazione del decreto della Corte di appello di accoglimento della domanda di equa
riparazione, prevista dall’articolo 5 della legge n. 89/2001. Non vi è, infatti,
sovrapposizione dei rimedi della legge n. 89/2001 (cd. Legge Pinto) con i rimedi concessi
al cittadino nell’ipotesi di “denegata o ritardata giustizia” di cui all’art.3 della legge
n.117/88, da cui pure consegue il diritto del cittadino al risarcimento del danno, poiché i
due rimedi restano nettamente distinti nei presupposti, nella natura e nelle conseguenze
che da essi derivano.
Sentenza n. 951/2014 - Pres. L. Savagnone Est. I. Maio
E’ infondata l’eccezione di nullità degli atti del processo contabile motivata in funzione
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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della presunta illegittimità dell’attività di verifica amministrativo – contabile condotta
dalla Ragioneria generale dello Stato presso un’amministrazione comunale siciliana:
poiché il legislatore ha condizionato l’avvio dell’attività istruttoria della Procura erariale
alla sussistenza di una “notizia di danno specifica e concreta” (art.17, comma 30-ter,
decreto-legge n.78/2009 convertito in legge n.102/2009), ciò che viene in rilievo, al fine
della valutazione dell’eventuale nullità dell’azione di responsabilità, sono i requisiti del
“mero dato cognitivo”, la qualità, cioè, dell’informazione da cui ha preso avvio l’attività
istruttoria e non eventuali requisiti dell’atto formale con il quale tale informazione è stata
veicolata (cfr, Sezioni riunite, sentenza n.12/2011/QM).
Sentenza n. 1225/2014 - Pres. L. Savagnone Est. I. Maio
Laddove la contestazione di responsabilità amministrativa riguarda la condotta del
beneficiario del contributo pubblico, l’illegittimità degli atti dallo stesso compiuti non
viene in rilievo ex se, ma in quanto idonea a compromettere il corretto e proficuo utilizzo
del denaro pubblico per finalità di interesse generale. Conseguentemente, deve ritenersi
che l’obiettivo del finanziamento pubblico sia compromesso da una condotta equivoca
della società e dei suoi organi amministrativi che abbiano sì provveduto ad un intervento
di ristrutturazione aziendale, ma di natura diversa da quella descritta in sede progettuale,
circostanza alla quale si aggiunge il compimento di una pluralità di irregolarità nella
documentazione presentata ai fini dell’erogazione delle successive tranches di contributo,
tanto da indurre incertezza sulla tempistica di realizzazione dell’intervento, sul corretto
svolgimento delle dinamiche sociali e sull’effettività dell’apporto di mezzi propri al
progetto ed alla società.
Sentenza n. 675/2014 - Pres. L. Savagnone Est: M.R. Micci
Spetta alla Corte dei conti la giurisdizione sulla domanda avanzata dagli eredi al fine di
sentir dichiarata inefficace nei loro riguardi la sentenza di condanna emessa nei confronti
del de cuius per il danno da quest’ultimo causato all’amministrazione di appartenenza ed
il relativo giudizio instaurato, ex art. 58 del RD 1038/1933, dagli eredi medesimi merita
accoglimento, qualora non ricorrano i presupposti previsti dall’art. 1, comma 1, L.
20/1994. Occorre precisare, infatti, che la vicenda di che trattasi non ha ad oggetto la
legittimità di un titolo esecutivo, bensì la possibilità di esigere, nei confronti degli eredi, il
quantum di danno erariale da risarcire, già accertato con sentenza irrevocabile, dopo il
decesso di colui che è risultato essere l’autore del danno. Il procedimento instaurato ad
istanza degli eredi, pertanto, non può considerarsi come giudizio proposto contro gli atti
di esecuzione, bensì come giudizio di cognizione diretto a verificare l’esistenza dei
presupposti di cui all’art. 1 comma 1 L 20/1994 che consentono di agire contro gli eredi a
seguito del decesso del soggetto danneggiante. Detta ultima previsione normativa, infatti,
ha un’efficacia precettiva di carattere generale, non circoscritta alla fase dell’azione
giudiziaria. Ne deriva che, il passaggio in giudicato della eventuale sentenza di condanna,
non altera i connotati strutturali dell’obbligazione risarcitoria, soggetta ai particolari limiti
di legge in tema di trasmissibilità agli eredi. L’obbligazione che segue il riconoscimento
della responsabilità amministrativa, infatti, risente delle peculiarità che connotano la
procedura apprestata per il suo accertamento, rimanendone imprescindibilmente
caratterizzata. Sicché, il decesso del responsabile è un fatto rilevante, non solo se si
verifica prima o durante il giudizio in cui si controverte in ordine alla responsabilità
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
amministrativa, ma anche quando sia successivo rispetto alla maturazione di un giudicato
di condanna; la trasmissibilità agli eredi dell’obbligazione derivante dalla responsabilità
contabile si verifica, pur sempre, solo nei casi in cui il comportamento sanzionato abbia
arrecato non solo un danno all’erario ma abbia prodotto anche un illecito arricchimento
del dante causa ed il conseguente indebito arricchimento degli eredi. La limitata
trasmissibilità agli eredi del debito risarcitorio, anche se accertato con sentenza della
Corte dei conti passata in giudicato, pertanto, trova la sua giustificazione nel carattere
strettamente personale della responsabilità amministrativa, dalla quale quel debito trae
origine e prescinde del tutto dalla circostanza che l’accertamento inerente a quella
obbligazione sia o meno divenuto definitivo.
Sentenza n. 736/2014 - Pres. L. Savagnone Est. M.R. Micci
Qualora l’attività di formazione professionale, per il cui svolgimento il finanziamento è
stato erogato, sia svolta, a seguito di una convenzione stipulata tra due enti, da un
soggetto diverso da quello che ha beneficiato del finanziamento medesimo, senza il
consenso dell’amministrazione erogatrice, la valutazione di tale irregolarità esula
dall’esame della Corte dei conti. Il Collegio , infatti, è chiamato solo a valutare se dalla
irregolare esecuzione del contratto sia derivato un danno erariale per la distrazione e/o
sottrazione delle pubbliche risorse.. Il mancato impiego delle risorse ricevute secondo le
prescrizioni preventivamente determinate, infatti, deve essere letto di volta in volta dai
giudici contabili alla luce dei principi che regolano la responsabilità amministrativa, non
essendo sufficiente affermare, al fine di addivenire ad una sentenza di condanna da parte
dei giudici contabili, l’astratta violazione delle prescrizioni preventivamente determinate,
ma occorre che il Pubblico Ministero offra la prova del danno realmente realizzatosi. Nel
caso di specie, essendo stata l’attività di formazione svolta dall’ente nazionale anziché da
quello provinciale, beneficiario del contributo, costituisce danno erariale l’insieme di
quelle voci di spesa che non sarebbero state affrontate se il progetto fosse stato svolto
dall’ente provinciale medesimo. L’attività dei docenti, in senso stretto, intesa come
remunerazione delle ore – lavoro dagli stessi impegnate nel progetto, invece, non può
essere considerata “danno” perché, seppur formalmente non riconducibile all’ente
beneficiario del contributo, ha, di fatto, garantito la realizzazione del pubblico interesse.
Sentenza n. 1324/2014 - Pres. L. Savagnone Est. M.R. Micci
Deve essere dichiarata inammissibile la domanda, formulata dal convenuto assolto nel
merito nel giudizio di responsabilità innanzi alla Corte dei conti, volta ad ottenere
l’ottemperanza della statuizione relativa alla liquidazione delle spese poste a carico
dell’amministrazione di appartenenza ai sensi dell’art. 3, comma 2 bis, D.L. 543/1993
convertito in L. 639/1996, così come interpretato dall’art. 10-bis, comma 10, D.L. 30
settembre 2005, n. 203, aggiunto dalla legge di conversione 2 dicembre 2005, n. 248. Con
l’impianto normativo di che trattasi, infatti, viene, affidato al Collegio il compito di
liquidare, ossia di determinare nel quantum, le spese che il dipendente, assolto dalla
domanda risarcitoria proposta nei suoi confronti, ha sostenuto per la sua difesa dinanzi
alla Corte dei conti, ferma restando la disciplina giuridica relativa ai rapporti tra
professionista e cliente e tra dipendente ed amministrazione di appartenenza. La
liquidazione delle spese effettuata dal giudice contabile in questa fattispecie, pertanto,
nulla ha a che vedere con il sistema delle spese previsto e disciplinato dal codice di
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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procedura civile, e non c’è alcuna possibilità di condannare l’amministrazione alla
rifusione delle spese, nè, tantomeno, di eseguire forzatamente la decisione contenente la
statuizione sulle spese. In definitiva, le disposizioni legislative citate attribuiscono al
giudice soltanto il compito di liquidare, ossia di quantificare, le spese del giudizio,
determinando, secondo il valore della causa ed in relazione alle disposizioni ed ai
parametri previsti nelle tariffe professionali, l’ammontare delle spese vive, dei diritti e
degli onorari spettanti ai difensori. Spetterà, poi, al convenuto assolto, ottenere, nelle
forme ordinarie, il rimborso dall’Amministrazione di appartenenza di quanto liquidato al
professionista.
Sent. n. 355 /2014 - Pres. f.f. Colavecchio Est. Gargiulo
Nel rapporto procedimentale concernente l’erogazione di contributi pubblici con
finalizzazione determinata, il dovere di assicurare la completezza e la regolarità della
documentazione prodotta all’amministrazione per ottenere il beneficio va ritenuto
sussistente, in capo al soggetto compartecipe fattivo del programma di attività varato
dalla pubblica amministrazione, oltre che come onere, in vista della soddisfazione
dell’interesse di chi è destinato a trarne vantaggio, pure come obbligo, atteso che la sua
violazione può costituire, anche in ragione del fatto che le risorse sono naturalmente
limitate, causa di attività amministrativa inutile o dannosa.
Sent. n. 372/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo
In tema di individuazione dell’amministrazione danneggiata, non rientrando tale profilo
nel perimetro di applicazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il
pronunciato di cui all’articolo 112 c.p.c., ben può il Collegio, ovviamente nei limiti del
prospettato danno, indicare quale beneficiario della condanna un soggetto diverso o
cumulare, a quello reputato danneggiato, soggetti ulteriori che risultino aver subito parte
del pregiudizio ascritto al convenuto (Corte dei conti, Sez. giur. Sicilia, sent. n. 3018 del
10 ottobre 2013), atteso che il Procuratore presso la Sezione giurisdizionale della Corte
dei conti non agisce mai nel nome e nell'interesse della singola amministrazione, che
assume essere stata in concreto danneggiata dal comportamento dei propri amministratori
e dipendenti, bensì, e sempre, a tutela delle pubbliche risorse che, a suo avviso, hanno
subito un depauperamento a seguito del loro comportamento doloso o gravemente
colposo (Corte dei conti, Sez. II app., sent. n. 52 del 20 marzo 2007).
In tema di danno indiretto, il pluriennale dibattito riguardante l’individuazione del fatto al
quale ricondurre l’attribuzione al predetto danno dei caratteri di concretezza e attualità è
approdato (Corte dei conti, Sezioni Riunite, sent. n. 14/2011/QM del 5 settembre 2011)
alla conclusione secondo cui il danno indiretto diviene concreto e attuale con la
“emissione del titolo di pagamento al terzo danneggiato”. Tale conclusione presuppone,
tuttavia, come evidenziato con la stessa sentenza, il perfezionamento definitivo
dell’obbligazione risarcitoria, che diviene concreta e attuale dal “momento del passaggio
in giudicato della sentenza di condanna in favore del terzo danneggiato” (ibidem),
sicché, nel caso di pagamento avvenuto per l’esecuzione della sentenza civile di primo
grado, essendo questa provvisoriamente esecutiva (articolo 282 c.p.c.), il danno indiretto
diviene concreto e attuale con il successivo passaggio in giudicato della pronuncia di
condanna.
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Sent. n. 622/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo
La giurisdizione di responsabilità amministrativa - sostanzialmente finalizzata ad
assicurare la tutela delle ragioni dell’ente che ha subito il pregiudizio, ponendo
definitivamente il relativo peso economico a carico del soggetto che, secondo le regole
proprie di tale giurisdizione, è riconosciuto responsabile del danno erariale – è
indipendente dalla tutela restitutoria, attivabile nelle varie forme che l’ordinamento mette
a disposizione, e si esercita senza pregiudizio per questa: la tutela restitutoria, infatti, è
sostanzialmente finalizzata, sul presupposto del solo fatto oggettivo dell’indebita
erogazione di pubbliche risorse e senza che eventuali profili di responsabilità assumano
rilevanza alcuna, a ricondurre la situazione patrimoniale dell’ente erogante e del soggetto
beneficiario allo stato in cui le stesse si trovavano prima dell’attribuzione ritenuta
ingiustificata. Sicché, in buona sostanza, nel caso di percezione di pubbliche risorse
oggettivamente indebita, ben può accadere, ad esempio, che, a fronte di una sentenza di
assoluzione per mancanza del nesso di causalità tra la condotta ascritta al convenuto e il
danno ovvero per mancanza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, l’ente
danneggiato possa recuperare, a carico del soggetto pur ritenuto esente da responsabilità
amministrativa, l’indebita erogazione di cui si tratta, sulla base di un titolo ottenuto in
sede di tutela restitutoria.
Sent. n. 802 /2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo
L'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria, prevista
dall’articolo 151, comma 4 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (corrispondente
all’articolo 55, comma 5 della legge n. 142 del 1990) per i provvedimenti che comportano
impegni di spesa, presuppone, oltre, ovviamente, a tutte le verifiche rientranti nella
contabilità pubblica in senso stretto, come tali trasversalmente attinenti a ogni tipo di
procedimento, un controllo formale dell’atto, limitato all’esteriore constatazione
dell’esistenza dello stesso, della rilevabilità del soggetto emittente, della sua
sottoscrizione e del contenuto, finalizzato alla verifica della sussistenza del potere di
emanarlo, dello scopo e della sua corrispondenza, anche teleologica, allo stanziamento sul
quale va a incidere, restando ragionevolmente escluse da tale dovere, se non emergono
difetti macroscopici (ad esempio: l’eventuale nomina di un esperto del sindaco per la
riforma del processo civile, trattandosi di materia palesemente estranea alle attribuzioni
degli enti locali; il difetto assoluto di motivazione, tale da impedire completamente la
rilevabilità delle ragioni che hanno determinato la decisione, etc.), le verifiche
concernenti il merito delle scelte effettuate.
Sent. n. 1016/2014 - Pres. f.f. Colavecchio Est. Gargiulo
In tema di utilizzo di documentazione falsa per l’acquisizione di contributi pubblici con
finalizzazione determinata, nel caso di fatture emesse a fronte di operazioni
soggettivamente inesistenti, evidentemente finalizzata a creare una situazione di
apparenza diversa da quella reale, in presenza di precisi e concordanti indizi rivelatori di
quest’ultima, all’avvenuta riscossione degli assegni con i quali è avvenuto il pagamento
delle fatture in parola può solo riconoscersi la funzione di ulteriore tassello del mosaico
rappresentativo di quell’apparenza, dovendosi ragionevolmente ritenere che l’accordo
dissimulato, che necessariamente sta sullo sfondo, abbia diversamente regolato, nella
sostanza e nelle modalità, gli effettivi spostamenti patrimoniali. Le risorse pubbliche così
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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erogate - derivanti, a loro volta, dal sistema delle entrate pubbliche – sono andate
evidentemente a ristorare un sacrificio finanziario non effettivamente sopportato dalla
convenuta o da questa sopportato, in una determinata misura, conferendo le proprie
risorse in un circuito economico in tutto o in parte avulso da quel sistema di entrate
pubbliche (come nel caso dei cd. “acquisti in nero”) o, comunque, contrastante con le
regole. Ciò costituisce danno erariale indipendentemente dall’effettiva realizzazione degli
investimenti per i quali il contributo pubblico è stato concesso, poiché ciò che, in ultima
analisi, va ritenuto, nella sostanza, un travaso di risorse da un sistema lecito - quale è per
definizione quello della finanza pubblica - a un circuito economico in tutto o in parte
illecito, rappresenta per il primo, comunque, una perdita.
Nel caso di indebita percezione di una sola parte del contributo pubblico con
finalizzazione determinata, per la quantificazione del danno deve aversi riguardo alla
soglia di irregolarità – individuabile sulla base della disciplina di settore - al di sotto della
quale permane, comunque, l’interesse dell’amministrazione alla realizzazione regolare
della parte residua del programma, sicché, ove l’indebita erogazione non superi quella
soglia, il danno sarà pari a quell’importo e non sarà commisurato all’intero contributo
concesso.
Sent. n. 1044/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo
Nel caso di rilascio di titoli edilizi a fronte del pagamento di oneri di urbanizzazione
calcolati in misura inferiore rispetto a quella dovuta, il Collegio – che non ignora
l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, nel caso di mancata entrata, il pregiudizio
erariale si attualizza non con l’omessa prestazione della somma dovuta, ma con la perdita
del relativo credito, vale a dire con la perdita del diritto ad ottenere la prestazione stessa,
poiché ciò che attualizza il pregiudizio è la definitiva inesigibilità della prestazione, come
avviene in ipotesi di intervenuta prescrizione, la quale segna in concreto la diminuzione
patrimoniale che costituisce l’essenza del danno erariale (Corte dei conti, Sez. giur.
Umbria, sent. n. 34 del 14 marzo 2014; Sez. I App., sent. n. 796 dell’8 ottobre 2013; Sez.
giur. Sicilia, sent. n. 2967 del 30 ottobre 2012; Sez. III App., sent. n. 369 del 21 maggio
2012) – ritiene che il danno da mancata entrata (che, nel caso concreto, è un danno da
mancato accertamento dell’entrata) sia cosa diversa dal danno da mancata fruttuosa
attivazione dei rimedi disponibili per far fronte alla mancata entrata (la cui responsabilità
potrebbe anche essere imputata, per competenza, a soggetti diversi) e che, avuto riguardo
al caso di specie, mentre è quest’ultimo quello legato alla definitiva inesigibilità della
prestazione, il primo diviene concreto e attuale già nel momento in cui l’accertamento
erroneo sortisce gli effetti che avrebbe comunque sortito se fosse stato corretto, vale a
dire il rilascio del titolo edilizio, sicché l’evento dannoso non è costituito dalla sola
erronea quantificazione degli oneri di urbanizzazione, ma dal rilascio del titolo edilizio
sebbene il pagamento di tali oneri sia avvenuto in misura ridotta. Appare, infatti, evidente
che la posizione creditoria del comune nel momento in cui l’effettiva acquisizione
dell’entrata condiziona il rilascio del titolo edilizio è, di fatto, più solida rispetto al
momento in cui l’ente debba far valere le proprie ragioni a fronte dell’opera già
realizzata, anche perché “l’omissione della riscossione comporta danno
all’amministrazione, sotto il profilo dei maggiori rischi di perdere il credito, del danno
derivante dalla mancata disponibilità della somma nell’esercizio di riferimento e della
perdita del potere di acquisto della somma stessa col passare del tempo” (Corte dei conti,
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Sez. III App., sent. n. 184 del 5 marzo 2012).
Sent. n. 1230/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo
Il direttore generale di una provincia, pur essendo investito di compiti e funzioni che
valgono a conferirgli una posizione differenziata rispetto a quella degli altri dirigenti, è
esso stesso un dirigente (in questi termini, Cass. civ., SS.UU., sent. n. 13538 del 12
giugno 2006). Tenendo conto di tale qualificazione, deve, evidentemente, escludersi che
la previsione normativa secondo cui il rapporto di lavoro con il direttore generale è
costituito con contratto di diritto privato consenta di ritenere quel rapporto completamente
avulso dagli istituti che disciplinano la dirigenza pubblica, poiché la pubblica
amministrazione, anche quando agisce in qualità di parte contrattuale, non può mai
prescindere dall’immanenza dell’interesse pubblico sullo sfondo di ogni attività di questa
- incluse quelle riguardanti la costituzione e la gestione di un rapporto di lavoro
privatizzato - e, dunque, a differenza del soggetto sostanzialmente privato, che agisce per
il perseguimento del proprio interesse, non è mai libera. Deve, pertanto, escludersi che,
nella disciplina della costituzione del rapporto con il direttore generale, al presidente della
provincia “sarebbe stato intestato un vero e proprio potere assoluto per cui il limite fra le
opzioni da privilegiare in relazione al pubblico interesse e quelle assolutamente
svincolate dall’indicato fondamentale parametro, e quindi arbitrarie, non sarebbe
ipotizzabile” (Corte dei conti, Sez. III App., sent. n. 287 del 19 aprile 2010). Stando così
le cose, deve ritenersi che il fondamentale il principio di onnicomprensività della
retribuzione dirigenziale, sancito dal citato articolo 24, comma 3 del decreto legislativo n.
165 del 2001, si applichi anche al direttore generale dell’ente locale, nominato ai sensi del
citato articolo 108 del citato decreto legislativo n. 267 del 2000 (Corte dei conti, Sez. I
App., sent. n. 652 del 13 settembre 2013; Sez. giur. Toscana, sent. n. 11 del 2 febbraio
2011; Sez. giur. Puglia, sent. n. 593 del 29 settembre 2010; Sez. giur Veneto, sent. n. 614
del 2008, cit.; Sez. giur. Lombardia, sent. n. 145 del 1° marzo 2006).
La conformità della condotta contestata a un precedente parere reso dall’avvocatura
dell’ente non esclude, di per sé sola, la colpa grave dell’agente, poiché, da un lato, il
risultato di una singola attività consultiva, peraltro interna, non può, in alcun modo, essere
sintomatica della sussistenza di incertezze tali da rendere scusabile l’adesione a un
orientamento non corretto, come può, talvolta, ipotizzarsi nel ben diverso caso di contrasti
giurisprudenziali; dall’altro, sarebbe, invero, singolare riconoscere automaticamente
questa idoneità a un parere interno, laddove, per ottenere lo stesso effetto rispetto al ben
diverso caso del controllo della Corte dei conti, il legislatore ha avvertito l’esigenza di
introdurre nell’ordinamento una norma recante l’espressa previsione secondo cui “In ogni
caso è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine
dall’emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di
legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo”
(secondo periodo del comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 20 del 1994, introdotto
dall’articolo 17, comma 30-quater, lettera “a” del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78,
inserito dalla relativa legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102, modificato dall’articolo
1, comma 1, lettera “c”, n. “1” del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con
modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141).
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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Sent. n. 1426/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo
Sotto il profilo squisitamente oggettivo, non vi è differenza alcuna tra agire senza previo
invito a dedurre e agire, ancorché per mero errore, ritenendo inesistenti deduzioni, invece,
tempestivamente presentate, atteso che, se è vero che il necessario “esame valutativo
delle deduzioni dell’invitato” può “anche essere espresso dal P.R. in modo sintetico od
essere persino implicito nel fatto stesso che viene emesso l'atto di citazione” (Corte dei
conti, Sezioni riunite, sent. n. 7 del 16 febbraio 1998), è pur vero che, sussistendo,
nell’atto di citazione, l’affermazione secondo cui l’interessato “non ha chiesto di essere
sentito né ha presentato deduzioni in merito”, è certo che tale esame valutativo, sebbene
possibile, non vi è stato e che l’invito a dedurre è stato, così, totalmente privato della
duplice funzione a esso riconosciuta, vale a dire quella “di consentire all'invitato di
svolgere le proprie argomentazioni al fine di evitare la citazione in giudizio e di
garantire nel contempo la massima possibile completezza istruttoria” (Corte dei conti,
Sezioni riunite, sent. n. 7 del 1998, cit.). Conseguentemente, l’atto di citazione va
dichiarato inammissibile.
Sent. n. 1013/2014 - Pres. Savagnone Est. Gargiulo
Il nesso di causalità tra la condotta dell’agente - che, nell’esecuzione di servizi di polizia
stradale per mezzo di posti di controllo, omette di contestare, pur sussistendo le
condizioni per l’applicazione delle sanzioni pecuniarie previste, violazioni del codice
della strada - e il danno da mancato accertamento della corrispondente entrata, sussiste
nella misura del “minimo fissato dalle singole norme”, “ridotta del 30 per cento”. La
verosimile conseguenza di ciascun mancato accertamento delle avvenute violazioni del
codice della strada è, infatti, la mancata acquisizione dell’entrata solo nella predetta
misura, poiché – tenendo conto del fatto che: ai sensi del primo periodo del comma 1
dell’articolo 202 del codice della strada, “Per le violazioni per le quali il presente codice
stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria, ferma restando l'applicazione delle
eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è ammesso a pagare, entro sessanta giorni
dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole
norme” e che il secondo periodo prevede che “Tale somma è ridotta del 30 per cento se il
pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione”; lo
stesso codice, dopo aver contemplato il ricorso al prefetto avverso l’accertamento delle
sanzioni di cui si tratta (articolo 203, comma 1), dispone che questi, se ritiene fondato
l'accertamento, adotta “ordinanza motivata con la quale ingiunge il pagamento di una
somma determinata, nel limite non inferiore al doppio del minimo edittale per ogni
singola violazione” (articolo 204, comma 1), fermo restando che “Qualora nei termini
previsti non sia stato proposto ricorso e non sia avvenuto il pagamento in misura ridotta,
il verbale, in deroga alle disposizioni di cui all'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n.
689, costituisce titolo esecutivo per una somma pari alla metà del massimo della
sanzione amministrativa edittale e per le spese di procedimento” (articolo 203, comma
3); l’articolo 204-bis prevede, poi, l’alternativo ricorso giurisdizionale in opposizione al
giudice di pace, che, secondo l’articolo 7, comma 11 del decreto legislativo 1° settembre
2011, n. 150, “Con la sentenza che rigetta l'opposizione” … “determina l'importo della
sanzione in una misura compresa tra il minimo e il massimo edittale stabilito dalla legge
per la violazione accertata” - l’eventuale percorso che può condurre all’acquisizione
dell’entrata in misura maggiore dipende da fattori causali estranei alla signoria
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
dell’agente medesimo (mancato spontaneo pagamento, da parte del trasgressore, entro il
quinto o il sessantesimo giorno dalla contestazione o dalla notificazione; mancata
proposizione di ricorso; provvedimento del prefetto o sentenza del giudice di pace).
PENSIONI
Sentenza n. 1413/2014 - GUP Colavecchio
La pensione di reversibilità deve essere riconosciuta al coniuge legalmente separato anche
nel caso in cui al momento del decesso del dante causa quest’ultimo non era tenuto a
versare alcun assegno di mantenimento; ne consegue che in presenza di un coniuge
separato avente i requisiti per ottenere la pensione di reversibilità, il coniuge nei confronti
del quale è stata pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio e titolare di
assegno “divorzile” non può vantare alcun diritto ad ottenere l’intera pensione di
reversibilità, dovendo trovare applicazione quanto disposto dal comma 3 dell’art. 9 della
legge n. 898/1970.
Sent. n. 46/2014 - GUP Rizzi
È stato ritenuto fondato il ricorso promosso avverso un provvedimento di recupero di un
indebito derivante dalla rideterminazione di un trattamento pensionistico di reversibilità
tenendo conto dei limiti di cumulabilità con altri redditi del beneficiario, previsti dalla
Tab F. della L. 8/8/1995, n. 335
Il Giudice ha ritenuto, impregiudicati i principi affermati dalle SS.RR. con la sent.
4/2008/QM (secondo cui il «mancato assolvimento degli obblighi di comunicazione
normativamente imposti non può creare alcun legittimo affidamento del percettore stesso
nella giustezza del trattamento percepito, e non può dunque comportare qualificata tutela
in caso di percezione di indebito per superamento dei limiti di reddito in questione»),
meritevole di considerazione la circostanza che l’Ente previdenziale era in possesso delle
informazioni per far luogo alla verifica dei limiti di cumulabilità dei redditi, atteso che il
parametro reddituale che aveva determinato il superamento della soglia stabilita nella Tab
F e, conseguentemente, comportato la spettanza di una minore percentuale delle pensioni
di reversibilità, era costituito dagli importi percepiti a titolo di pensione diretta.
Contestualizzando l’obbligo di comunicazione a carico del percettore di pensione nel
mutato scenario della disciplina dell’azione amministrativa delineato dall’art. 18 della L.
241/1990, poiché l’Ente resistente era l’erogatore dei due trattamenti di pensione che
concorrevano a determinare il reddito dell’odierna ricorrente, il medesimo Ente aveva o
avrebbe dovuto avere, per dovere d’ufficio, conoscenza di atti, fatti, qualità e stati
soggettivi relativi al beneficiario e rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina sul
cumulo dei redditi di cui alla Tab F della L. 335/1995. Pertanto disponendo delle
informazioni necessarie, avrebbe dovuto far luogo autonomamente all’applicazione della
disciplina sul cumulo dei redditi.
Sent. n. 282/2014 - GUP Rizzi
È stata ritenuta infondata l’azione di rivalsa promossa, ai sensi dell’art. 8 del DPR
538/1986, dall’AMAT SpA nei confronti di una ex dipendente dopo che, in occasione
della determinazione del trattamento definitivamente spettante, compiuta dopo circa sette
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Pag. 75
anni il collocamento in quiescenza, era emerso che, per il periodo dal 14/6/1993 al
31/12/1993, era stata indebitamente erogata la pensione per effetto di un errore commesso
dal medesimo Ente.
La decisione ha evidenziato, fra l’altro, che il meccanismo di cui all’art. 8 del DPR
538/1986 non può essere impermeabile ai principi che governano la ripetibilità degli
emolumenti pensionistici indebitamente percetti. Sicché, constatato che la condotta della
pensionata non aveva connotati dolosi e, che, perciò, l’indebita erogazione del
trattamento pensionistico aveva avuto luogo per effetto di un errore, commesso
dall’Amministrazione, la mancanza di prossimità temporale dell’azione di recupero con il
fatto causativo dell’indebita prestazione ha indotto a ritenere applicabili i principi
enunciati dalle SS.RR. di questa Corte con la sentenza n. 7 del 7.8.2007.
Inoltre è stato rilevato che l’intervento emendativo era stato realizzato per correggere un
errore di diritto riguardante l’ambito di applicazione della speciale disposizione sul
temporaneo blocco dei pensionamenti anticipati e, segnatamente, l’assoggettamento a tale
blocco anche dei soggetti anticipatamente esodati non per scelta volontaria ma
obbligatoriamente, in base alla regolamentazione contrattuale di comparto, per effetto del
superamento del periodo massimo di assenze dal lavoro per malattia.
Sent. n. 1207/2014 - GUP Rizzi
È inammissibile il ricorso, proposto personalmente dalla parte, trasmesso via posta
elettronica certificata.
Della notificazione con modalità telematica a mezzo di posta elettronica certifica,
prevista dall’art. 3 bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53, può avvalersi esclusivamente
«l’avvocato (…) munito di procura alle liti a norma dell'articolo 83 del codice di
procedura civile e della autorizzazione del consiglio dell'ordine nel cui albo è iscritto a
norma dell'articolo 7 della (medesima) legge» (art. 1, comma 1), utilizzando
esclusivamente l’indirizzo di posta elettronica certificata «risultante da pubblici elenchi».
Dunque, la ricorrente, agendo personalmente, non poteva avvalersi della posta elettronica
certificata per notificare l’atto introduttivo del giudizio, difettando radicalmente tutte le
condizioni alla cui ricorrenza è subordinata la possibilità di ricorrere alla modalità di
notificazione alternativa a quella disciplinata dagli artt. 137 e ss. cpc..
Sent. n. 1213/2014 - GUP Rizzi
È stato rigettato il ricorso promosso al fine di ottenere la dichiarazione di irripetibilità di
un indebito previdenziale originato da anomalie tecniche verificatesi in occasione del
pagamento del primo rateo di pensione indiretta comprensivo degli arretrati. Il Giudice,
chiarito che la vicenda in esame era estranea all’ambito di applicazione della disciplina
contenuta negli agli artt. 204 e ss del DPR 1092/1973, poiché l’intervento di recupero non
traeva origine da una revoca o modifica del provvedimento definitivo sul trattamento di
quiescenza, ha ritenuto che la prossimità dell’intervento emendativo rispetto al momento
in cui ha avuto luogo l’indebito esborso escludesse la configurabilità di un legittimo
affidamento del percettore in buona fede meritevole di tutela attraverso la preclusione alla
ripetizione.
Sentenza n. 1427/2014 - GUP Cernigliaro
Al fine di decidere se l’indebito pensionistico maturato a carico della de cuius sia o meno
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Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
riferibile all’odierno ricorrente, occorre valutare se costui si trovasse o meno nella
situazione prefigurata dall’art. 485 c.c. ovvero se il chiamato fosse, al momento
dell’apertura della successione materna, nel possesso dei beni ereditari.
A tale scopo, l'onere della prova del possesso dei beni, onde ritenere sussistente la cd.
"accettazione presunta", prevista dall’art. 485 cod.civ. per la mancata effettuazione
dell'inventario entro tre mesi dall'apertura della successione da parte di chi sia in possesso
dei beni ereditari, incombe sulla parte che lo abbia dedotto.
In applicazione del generale principio di cui all’art. 2697 cod.civ., va quindi provata
l’esistenza di tutti gli elementi di quella fattispecie, ed, in particolare, del possesso dei
beni ereditari da parte del chiamato, senza possibilità di invocare al riguardo presunzione
alcuna.
Nel caso in esame, l’I.N.P.S. si è limitato a dedurre la circostanza del possesso dei beni
ereditari dal fatto che il ricorrente era stato l’amministratore di sostegno della madre. Tale
deduzione tuttavia non può assumere in alcun modo dignità di prova, risultando peraltro
smentita dal contenuto dello stesso provvedimento di nomina quale amministratore di
sostegno laddove si evince che le funzioni svolte dal ricorrente si limitavano alla
riscossione e alla gestione della pensione della madre.
Non essendo stata provata la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 485 c.c., tale
norma non può trovare applicazione nel caso in esame e va pertanto ritenuta pienamente
valida la rinunzia all’eredità formalizzata dal ricorrente. Da ciò discende ulteriormente
che il credito dell’I.N.P.S. derivante dall’indebito pensionistico relativo alla de cuius non
può essergli riferito, a causa dell’intervenuta rinunzia all’eredità materna, con
conseguente annullamento dell’ordinanza ingiunzione emessa nei suoi confronti, oggetto
del presente ricorso.
Sentenza n. 1049/2014 - GUP Parlato
Gli importi trattenuti a titolo di contributo di solidarietà in forza di quanto stabilito
dall’art. 18, comma 22 bis, del decreto n. 98/2011, convertito nella legge n. 111/2011,
dopo la pronuncia da parte della Corte Costituzionale della sentenza n.116/2013 che ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale disposizione, devono essere restituiti
maggiorati degli interessi legali, rilevati anno per anno, dalle singole trattenute
all’avvenuto soddisfo e dell’importo differenziale della rivalutazione, secondo il criterio
dell’assorbimento, sulla base dei principi stabiliti dalla sentenza delle Sezioni Riunite
della Corte dei Conti n. 10/2002/QM.
Appare priva di fondamento la pretesa dell’Inps di rimborsare ai pensionati solo la sorte
capitale e non i relativi accessori, poiché le decurtazioni, seppure inizialmente sostenute
da un adeguato supporto normativo, a seguito della declaratoria d’illegittimità
costituzionale della norma richiamata sono divenute ab origine illegittime: ne consegue
che, essendo stati erogati ratei di pensione in misura minore rispetto al dovuto, devono
trovare applicazione le norme riguardante i crediti di natura previdenziale (cfr. la
pronuncia di questa Sezione n. 874 del 10 luglio 2014, e, inoltre, le decisioni nn. 113, 355
e 581 del 2014 della Sezione Lazio; nn. 37, 42 e 43 del 2014 della Sezione Piemonte; n.
94 della Sezione Emilia Romagna n. 94/2014 e n. 86/2014 della Sezione Sardegna; di
segno opposto le sentenze n. 676/2014 della Sezione Campania e n. 27/2013 della
Sezione Trentino Alto Adige - Sede di Bolzano).
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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Sentenza n. 1282/2014 - GUP Parlato
L’inquadramento di una fattispecie nel secondo dell’art. 9 della legge 898/1970,
modificato dalla legge n.74/1987, oppure nel seguente terzo comma comporta rilevanti
conseguenze in merito all’individuazione del giudice munito di giurisdizione, spettante al
giudice contabile nel caso in cui non vi sia un altro coniuge superstite, trattandosi di
controversia riguardante l’eventuale riconoscimento del diritto alla pensione di
reversibilità del coniuge divorziato nei confronti dell'ente previdenziale, e al giudice
ordinario se la questione concerne la ripartizione delle quote da attribuirsi all'ex coniuge
divorziato e al coniuge superstite; ai fini della ripartizione della giurisdizione l’elemento
discriminante è costituito dalla presenza o meno di un coniuge superstite, mentre
l’eventuale rilevanza da attribuire della titolarità dell’assegno è questione di merito, che
deve essere valutata dal giudice competente.
Sentenza n. 163/2014 - GUP Maio
E’ infondata la domanda tendente alla disapplicazione della disposizione dell’art.9,
comma 3, del DM 8 maggio 1997, n. 187, per contrasto con la disposizione dell’art.2,
comma 12, legge n.335/1995. La richiamata norma regolamentare completa il dettato
dell’art.2, comma 12, legge n.335/2005, nell’ottica dell’estensione alla disciplina delle
pensioni di inabilità dei lavoratori del settore pubblico dei medesimi sistemi di
liquidazione previsti per i lavoratori del settore privato, in coerenza con il principio
dell'armonizzazione dei trattamenti pensionistici, pilastro della riforma operata con la
legge n. 335/1995.
Sentenza n. 180/2014 - GUP Maio
E’ applicabile l’art.29 del decreto-legge n.38/1981, convertito con modificazioni in legge
n.153/1981, alla posizione del dirigente sanitario che, collocato a riposo dall’Azienda
sanitaria di appartenenza per raggiungimento del limite massimo di età, sia
provvisoriamente riammesso in servizio a seguito di provvedimento cautelare del TAR e
poi dichiarato definitivamente decaduto a seguito della sentenza di rigetto.
Sentenza n. 595/2014 - GUP Maio
E’ fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte, sollevata in una
controversia avente ad oggetto l’integrazione datoriale del trattamento di quiescenza dei
dipendenti dell’EAS – Ente Acquedotti Siciliani, erogata dal menzionato ente in forza del
proprio regolamento organizzativo. Per il radicarsi della giurisdizione della Corte dei
conti è, infatti, necessaria un’apposita disposizione di legge- che manca nella fattispecie
in esame - in quanto la materia pensionistica, riguardando diritti soggettivi, è attribuita di
norma all’Autorità giudiziaria ordinaria, quale giudice naturale precostituito per legge.
Sentenza n. 681/2014 - GUP Maio
Le disposizioni dell’articolo 67 del dpr n.1092/1973 – che disciplinano le modalità di
calcolo del trattamento pensionistico privilegiato spettante al militare, distinguendo in
base all’anzianità dallo stesso posseduta - sono state dettate in un contesto normativo in
cui le pensioni erano calcolate sulla base del solo metodo retributivo. Tale circostanza,
tuttavia, non autorizza l’operatore del diritto ad interpretazioni addittive, quali quella
avanzata nel ricorso in esame, secondo la quale, per le pensioni calcolate con il sistema
Pag. 78
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
misto, dovrebbe trovare applicazione il secondo comma dell’art.67, dpr n.1092/1973, non
per il calcolo del trattamento pensionistico privilegiato tout court, ma soltanto per il
calcolo della cd. quota A, da aggiungere poi alle quote B e C. Una simile lettura della
legge sarebbe irrazionale ed in evidente contrasto con la ratio della riforma pensionistica
degli anni Novanta, perché finirebbe con l’introdurre un trattamento di maggior favore
per coloro ai quali spetta un trattamento pensionistico calcolato con il sistema cd. misto,
determinando, inoltre, un beneficio in misura vieppiù maggiore per coloro che vantano
una minore anzianità alla data del 31.12.1992, rispetto a coloro che hanno assunto
servizio in epoca più remota.
Sentenza n. 1195/2014 - GUP Micci
Non è ammissibile la domanda di pensione di inabilità formulata dal coniuge superstite ai
sensi dell’art. dell’art. 2, comma 12, della legge n. 335/1995, dopo il decesso del
lavoratore qualora quest’ultimo non sia mai stato dispensato dal servizio per inabilità o
non sia mai stato sottoposto a visita per un'eventuale dispensa.
Sentenza n. 1309 /2014 - GUP Micci
Non è meritevole di accoglimento la domanda del dipendente regionale, assunto
successivamente alla entrata in vigore dell’art. 10 della L.R. n. 21/1986, che ha esteso il
regime previdenziale statale a tutti i dipendenti regionali, mantenendo in vita il
precedente regime previdenziale disciplinato dalla L.r. n. 2/1962 unicamente per i
dipendenti già in servizio, volta ad ottenere il riscatto del periodo di studi universitari
secondo i parametri più favorevoli previsti dall’art. 77 della LR n. 41/1985. Il riferimento
al regime previdenziale statale contenuto nell’art. 10 della LR n. 21/1986 deve essere
necessariamente inteso come comprensivo anche della normativa relativa al riscatto del
periodo di studi a fini previdenziali.
Sent. n. 207/2014 - G.U.P. Gargiulo
In tema di perenzione dei giudizi innanzi alla Corte dei conti in materia di ricorsi
pensionistici civili, militari e di guerra - con particolare riferimento al caso in cui, se è
comunicato alle parti l’avviso di fissazione dell’udienza di discussione nel merito, i
ricorsi sono decisi qualora almeno una parte costituita dichiari, anche in udienza a mezzo
del proprio difensore, di avere interesse alla decisione, altrimenti sono dichiarati perenti
(articolo 9, comma 2, terzo periodo e comma 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205) - per la
posizione della parte resistente nel processo (diversa rispetto a quella della parte
ricorrente, poiché subisce l’iniziativa giudiziaria altrui), in assenza di espressa
dichiarazione in tal senso, la sola costituzione della stessa non può considerarsi
manifestazione implicita di interesse alla decisione, come tale idonea a tener luogo della
dichiarazione normativamente prevista, atteso che, avuto riguardo al diritto in contesa,
alla parte resistente medesima, in una valutazione ex ante, non si presenta, comunque, la
prospettiva di un vantaggio maggiore di quello derivante dalla dichiarazione di
perenzione.
Sent. n. 584/2014 - G.U.P. Gargiulo
Per il principio di vicinanza della prova e per la presunzione di persistenza del diritto di
credito se non ne è dimostrata l’estinzione, l’allegazione, da parte del ricorrente,
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
Pag. 79
dell’inadempimento delle obbligazioni positive poste a carico della controparte dalla
sentenza di cui si lamenta la mancata esecuzione, non contrastata dall’assolvimento
dell’onere - gravante sulla controparte medesima, non costituita ma ritualmente chiamata
nel presente giudizio di ottemperanza - di provare il corrispondente adempimento, è
sufficiente per ritenere che le statuizioni di cui si tratta siano rimaste ineseguite.
Sent. n. 834/2014 - G.U.P. Gargiulo
La pretesa della parte ricorrente all’osservanza delle indicazioni fornite dal Ministero del
tesoro - a suo tempo competente per la gestione della Cassa Pensioni Dipendenti Enti
Locali (C.P.D.E.L.) - con la circolare 25 maggio 1991, n. 6/I.P., per la determinazione
dell’onere di ricongiunzione posto a suo carico è fondata, poiché, da un lato, con
l’adozione della circolare in parola, l’amministrazione competente all’epoca della
domanda amministrativa, dettando precise indicazioni per l’applicazione della legge n. 45
del 1990 ai casi di ricongiunzione presso “le casse pensioni amministrate dalla direzione
generale degli istituti di previdenza”, fra le quali rientra la C.P.D.E.L., ha imposto alla
propria azione un vincolo che, a sua volta, può essere superato, nel provvedere in
concreto, solo con una adeguata motivazione, atteso che “l’eventuale contrasto fra il
vincolo imposto dall’Amministrazione a se stessa con la circolare e il concreto suo
operato può realizzare un profilo di eccesso di potere” (T.A.R. Lazio, Sez. II, sent. n.
7395 del 30 agosto 2012); dall’altro, a fronte del fatto che l’atto avversato si è
oggettivamente discostato dal vincolo imposto con la citata circolare del 1991, non si
riscontra la sussistenza di una motivazione idonea a superare il vincolo medesimo, non
sono emersi profili di illegittimità della circolare in parola nella prospettiva di una
disapplicazione della stessa nel caso di specie, né la parte resistente ha evidenziato tali
profili anche nell’ottica di una revisione, in via amministrativa, della disciplina recata
dalla circolare medesima.
Pag. 80
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
TABELLE
STATISTICHE
CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
ORGANICO
1 Presidente + 12 Magistrati
Presidente
Luciana SAVAGNONE
Consigliere
Vincenzo LO PRESTI*
Antonio NENNA**
Guido PETRIGNI*
Giuseppe COLAVECCHIO
Roberto RIZZI
Primo
Referendario
Giuseppa CERNIGLIARO
Adriana PARLATO
Igina MAIO
Maria Rita MICCI
Giuseppe GRASSO
Referendario
Paolo GARGIULO
Sergio VACCARINO***
Vacante
Vacante
* trasferiti dal 1° febbraio 2014
** in aggiuntiva fino all’8 luglio 2014
*** in aggiuntiva
NUMERO UDIENZE COLLEGIALI
38
NUMERO CAMERE DI CONSIGLIO
(correzione materiale, fissazione di termine,
declaratoria di nullità etc.)
3
NUMERO UDIENZE MONOCRATICHE DI
COMPARIZIONE
5
NUMERO UDIENZE G.U.P.
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134
Pag. 83
GIUDIZI DI RESPONSABILITA’ E DI CONTO
GIUDIZI DI
RESPONSABILITA’
GIUDIZI DI
CONTO
73
179
ATTI INTRODUTTIVI
(atti di citazione, revocazione)
119
3
GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO
181
16
GIUDIZI DISCUSSI
142
15
GIUDIZI DEFINITI
124
16
4
0
SENTENZE DI CONDANNA
75
4
SENTENZE DI ASSOLUZIONE
37
0
ALTRE MODALITA’ DI DEFINIZIONE
12
12
ORDINANZE
25
0
PROCEDIMENTI MONITORI
12
11
4
0
GIUDIZI RINVIATI
39
1
GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/14
64
166
GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/14
GIUDIZI RIUNITI
ORDINANZA DI CONDANNA DA
PROCEDIMENTO MONITORIO
Pag. 84
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
CONTI GIUDIZIALI
STATO
ENTI
LOCALI
A.S.P.
TOTALE
PENDENTI AL 01/01/14
13.842
21.837
4.437
40.116
DEPOSITATI NEL 2014
766
3.432
398
4.596
APPROVATI CON DECRETO
PRESIDENZIALE
129
65
0
194
0
0
12
12
DICHIARATI ESTINTI
655
2.391
401
3.447
DEFINITI
784
2.456
413
3.653
13.824
22.813
4.422
41.059
DEFINITI CON ALTRE MODALITA’
PENDENTI AL 31/12/2014
PROCEDIMENTI PER LA FISSAZIONE DI TERMINE
PER LA RESA DEL CONTO
PROCEDIMENTI PENDENTI AL 01/01/2014
223
ISTANZE DEPOSITATE NEL 2014
0
GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO
6
DISCUSSI
6
DEFINITI CON DECRETO
7
RINVIATI
0
PENDENTI AL 31/12/2014
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
216
Pag. 85
GIUDIZI A ISTANZA DI PARTE
GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/14
26
RICORSI DEPOSITATI
3
ISTANZA DI NULLITA’
0
GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO
4
GIUDIZI DISCUSSI
4
GIUDIZI DEFINITI
4
GIUDIZI RINVIATI
0
GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2014
25
SEQUESTRI CONSERVATIVI
Pag. 86
ISTANZE PROPOSTE NEL 2014
4
AUTORIZZATI CON DECRETO
PRESIDENZIALE
3
NON AUTORIZZATI CON DECRETO
PRESIDENZIALE
1
AUTORIZZATI CON ORDINANZA NEL
GIUDIZIO DI CONVALIDA
3
NON AUTORIZZATI CON ORDINANZA NEL
GIUDIZIO DI CONVALIDA
0
MODIFICATI CON ORDINANZA NEL
GIUDIZIO DI CONVALIDA
0
ORDINANZA SU RECLAMO
0
GIUDIZI DI CONVALIDA PENDENTI AL
31/12/2014
0
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CONTENZIOSO PENSIONISTICO
CIVILE
MILITARE GUERRA TOTALE
RICORSI IN CARICO AL 01/01/2014
2.759
414
7
3.180
RICOGNIZIONE D’ARCHIVIO
2.048
300
35
2.383
534
59
3
596
1.584
286
23
1.893
386
55
4
445
537
81
4
622
74
10
8
92
3
1
0
4
111
15
1
127
1.111
162
17
1.290
RICORSI INTERROTTI
10
2
1
13
ORDINANZE A VERBALE IN UDIENZA
89
4
0
93
ORDINANZE ISTRUTTORIE
61
55
4
120
2
0
0
2
22
5
0
27
RICORSI RINVIATI A UDIENZA FISSA
284
58
1
343
RICORSI RINVIATI A NUOVO RUOLO
5
0
0
5
1.471
197
21
1.689
RICORSI PERVENUTI
RICORSI ISCRITTI A RUOLO
RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI
ACCOGLIMENTO
RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI
RIGETTO
RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI
ESTINZIONE
RICORSI RIUNITI EX ART. 273 C.P.C.
RICORSI DEFINITI CON ALTRE
PRONUNCE
TOTALE RICORSI DEFINITI
ORDINANZE DI RIMESSIONE A CORTE
COSTITUZIONALE, CORTE EUROPEA,
SEZIONI RIUNITE
RICORSI PER PROCEDIMENTI
CAUTELARI
RICORSI PENDENTI AL 31/12/2014
Corte dei conti – Sezione giurisdizionale Sicilia | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2015
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