Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Generare ricchezza nel lungo periodo di Alberto Zevi, Antonio Zanotti, François Soulage e Adrian Zelaia PROOF C EC O P P U BLICATIONS CEC Questa pubblicazione è stata finanziata con il sostegno della Commissione Europea. Essa rispecchia il punto di vista dell’autore e la Commissione non può essere ritenuta responsabile per qualsiasi uso che possa essere fatto delle informazioni che vi sono contenute. Questa pubblicazione è sostenuta nell'ambito del programma comunitario per l'occupazione e la solidarietà sociale – PROGRESS (2007-2013). Si tratta di un programma gestito dalla Direzione Generale per l’Occupazione, gli Affari Sociali e le Pari Opportunità della Commissione Europea. È stato istituito per sostenere finanziariamente la realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea (UE) nel settore dell’occupazione e degli affari sociali, come prevede l’Agenda Sociale, e per contribuire quindi alla realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona in questi settori. Il programma settennale si concentra su tutte le parti interessate che possono contribuire a plasmare lo sviluppo di un’occupazione adeguata ed efficace nonché di politiche e di legislazione sociale, attraverso l’UE-27, i paesi dell’EFTA-EEA e i paesi candidati e potenziali candidati all’UE. La missione del programma PROGRESS consiste nel rafforzare il contributo UE per sostenere gli impegni e gli sforzi degli Stati membri. A tal fine Progress sarà utile nel: prevedere analisi e consulenza politica nei settori di attività del programma Progress; monitorare e fornire relazioni sull’applicazione della legislazione e delle politiche UE nei settori di competenza del programma PROGRESS; promuovere il trasferimento di politiche, lo scambio di conoscenze e il supporto fra gli Stati membri su obiettivi e priorità UE; divulgare i punti di vista delle parti interessate e della società in generale Per ulteriori informazioni consultare il sito: http://ec.europa.eu/progress Figure di copertina: In alto a sinistra: Aiguasol / Operaio in una cooperativa a Barcellona, Spagna In alto a destra: ACOME / Una delle più grandi cooperative industriali in Francia In basso a sinistra: P.A.R.I.S Anticorps / Operaio in una cooperativa a Compiègne, Francia In basso a destra: Indico Buceo Industrial SLL / Sociedad Laboral a San Vicente de la Barquera, Spagna Questo file è una versione di prova. Esso deve essere utilizzato ai soli fini specificati da CECOP-CICOPA Europe, come l’analisi, l’approvazione o la pianificazione di un corso o per altri usi istituzionali. È possibile salvare e stampare il file ma in nessun caso esso potrà essere distribuito o reso accessibile a terzi senza previa autorizzazione esplicita da parte di CECOP-CICOPA Europe. In caso di domande riguardo all’utilizzo di questo file, si prega di contattare CECOP-CICOPA Europe al seguente indirizzo email: [email protected]. Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Generare ricchezza nel lungo periodo di Alberto Zevi, Antonio Zanotti, François Soulage e Adrian Zelaia Altre pubblicazioni di CECOP Cooperatives, Territories and Jobs A cura di Bruno Roelants, Valerio Pellirossi e Olivier Biron, 2011 [disponibili in inglese e francese] Manuali CECOP – Guida al funzionamento delle Istituzioni Europee: Manuale 1 The European Union institutions and how they function di Bruno Roelants, Claudia Sanchez Bajo e Guy Boucquiaux, 2009 Manuale 2 The open method of coordination di Bruno Roelants e Diana Dovgan, 2010 Manuale 3 European Union policies and policy processes - Internal market, enterprise and social policies di Diana Dovgan, Guy Boucquiaux e Bertrand Tillay, 2010 CECOP PUBLICATIONS © CECOP 2011 ISBN: 978-2-930651-00-2 Deposito legale: D/2011/11.816.3 Stampa: Gillis, Brussels Grafica: Ana Laura Suescun per jcse Traduzioni: Adriano Muratori Questa pubblicazione è stata stampata su carta riciclata al 100% La copia totale o parziale di questa pubblicazione è vietata se non previa esplicita autorizzazione da parte di CECOP-CICOPA aisbl. PROOF Cooperatives and social enterprises - Governance and normative frameworks A cura di Bruno Roelants, 2009 [disponibili in inglese e francese] PROOF Ringraziamenti Gli autori e lo staff di CECOP, organizzazione che ha coordinato il progetto Anticipate su cui si basa questo libro, desiderano ringraziare Doretea Daniele (Diesis) e Bruno Dunkel (Soficatra), membri del Comitato Direttivo del progetto, per il contributo attivo a questa pubblicazione e Felice Scalvini, Presidente di Cooperatives Europe e Vice Presidente dell’Alleanza Cooperativa Internazionale, per la prefazione e l’impegno riservato a questo progetto. Gli autori e i membri dello staff di CECOP desiderano inoltre ringraziare Elisa Terrasi per l’attenta rilettura del libro. Gli autori desiderano soprattutto ringraziare i membri di CECOP – CICOPA Europe che, fornendoci la loro preziosa collaborazione e importanti informazioni, hanno reso possibile la pubblicazione di questo libro; in special modo: i membri italiani: AGCI (AGCI Produzione e Servizi di lavoro, AGCI Solidarietà, General Fond), CONFCOOPERATIVE (Federlavoro, Federsolidarietà, Fondosviluppo), Legacoop (ANCPL, Legacoopservizi, Legacoopsociali, Coopfond), CFI spa e Cooperfidi Italia; quelli spagnoli: COCETA e Confesal; e quelli francesi: CGScop. 2 Gli autori Alberto Zevi è Professore di economia politica e di economia delle imprese cooperative all’Università di Roma “La Sapienza”. È inoltre Presidente del Centro Studi dell’organizzazione cooperativa italiana Legacoop. È membro del Consiglio Scientifico Internazionale di CIRIEC (Centro internazionale di ricerca e d’informazione sull’economia pubblica, sociale e cooperativa) e collabora regolarmente con l’Istituto Europeo di Ricerca sull’Impresa Cooperativa e Sociale, EURICSE. Nel corso della sua lunga carriera, Alberto Zevi ha ricoperto la posizione di direttore dei corsi in teoria e politica dello sviluppo e di economia e politica industriale all’Università di Urbino. Ha dedicato particolare attenzione ai temi riguardanti l’economia del lavoro, l’economia industriale, le cooperative e l’autogestione. È inoltre amministratore delegato del CFI (Cooperazione, Finanza, Impresa) e Vice Presidente di Soficatra S.A. François Soulage François Soulage è dottore in scienze economiche, laureato all’Istituto di Studi Politici a Parigi. Accanto all’impegno per l’economia sociale, ha occupato posizioni di rilievo nella pubblica amministrazione. Ha ricoperto, in tale ambito, l’incarico di delegato interministeriale per l’economia sociale presso il Governo Francese dal 1992 al 2008. È stato Presidente del gruppo ESFIN (Economia Sociale e Finanza) dal 1992 al 2008 e Presidente e Direttore dell’Istituto di Sviluppo dell’Economia Sociale (IDES) dal 1983 al 2008, di cui ha contribuito alla nascita e allo sviluppo. Dal 2005 presiede COOPEST, una società d’investimento dell’economia sociale per i paesi dell’Europa Centrale e Orientale. Dal 2008, François Soulage è Presidente Nazionale del Soccorso cattolico della Caritas francese. Antonio Zanotti Dopo essersi laureato in economia all’Università di Bologna nel 1973, a partire dal 1976 Antonio Zanotti ha cominciato a muovere i primi passi nel movimento cooperativo italiano. Lungo la sua carriera professionale, ha ricoperto diverse 3 PROOF Alberto Zevi posizioni come direttore amministrativo e finanziario in numerose cooperative italiane nel settore agricolo, finanziario e dei servizi. È stato membro del Consiglio d’Amministrazione e del Collegio Sindacale di numerose cooperative. Dal 2006 al 2008, ha fatto parte della Presidenza Nazionale di Legacoop Servizi, l’organizzazione italiana delle cooperative dei servizi di Legacoop. Tuttora, continua a collaborare con numerose istituzioni cooperative, principalmente nel settore della formazione, in special modo con Legacoop Servizi e con la Scuola Nazionale Servizi nata di recente. Si occupa di ricerca in teoria economica delle cooperative di lavoro e dei sistemi di gestione delle imprese cooperative. PROOF Adrian Zelaia Adrian Zelaia si è laureato in diritto d’impresa presso l’Università di Deusto (Bilbao). Presso la stessa università, ha scritto una tesi di dottorato sul tema “Il capitale nelle Cooperative”. Nel 1998, ha iniziato a lavorare a Mondragon, impresa leader nei Paesi Baschi, in Spagna, e uno dei gruppi cooperativi più prosperi al mondo, esempio emblematico di cosa sono capaci le cooperative di lavoro. Da allora, ha assunto la funzione di Segretario del Presidente, responsabile nel reparto affari giuridici, Rettore dell’Università di Mondragon ed è diventato, infine, segretario generale del gruppo, dal 2000 al 2010. Dal 2009, è Presidente del Centro Ekai, un istituto di ricerca per la promozione e la diffusione di conoscenze in materia di politiche pubbliche. Adrian Zelaia è autore di numerose pubblicazioni sul tema dell’impresa cooperativa. Sommario A proposito di questo libro..................................................................9 di Bruno Roelants Prefazione...................................................................................... 13 di Felice Scalvini Introduzione................................................................................... 19 di Alberto Zevi Capitolo 1 di Antonio Zanotti 1. LA COOPERAZIONE DI LAVORO E SOCIALE IN ITALIA....................... 21 1.1. La dimensione giuridico-istituzionale............................................ 21 1.2. La dimensione statistica.............................................................. 25 2. LE RISPOSTE DELLE IMPRESE COOPERATIVE PER IL SUPERAMENTO DELLA CRISI........................................................... 50 2.1. Creazione di nuove cooperative e processi di crescita..................... 50 2.2. Le aggregazioni cooperative.........................................................59 3. GLI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO PER LA CRESCITA................. 75 3.1. Strumenti diretti: capitale e riserve............................................... 75 3.2. Strumenti esterni........................................................................ 83 Capitolo 2 Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni.............................. 97 di Adrian Zelaia 1. LE IMPRESE DI PROPRIETÀ DEI LAVORATORI IN SPAGNA................... 97 1.1. Spiegazione dei concetti di cooperative di lavoro e sociedades laborales (società di lavoratori).................................................... 97 1.2. Contesto giuridico....................................................................... 97 PROOF Italia: La forza di una rete intersettoriale............................................. 21 1.3. Statistiche e dati...................................................................... 101 1.4. Quadro istituzionale................................................................. 103 1.5. Le imprese di proprietà dei lavoratori negli anni che hanno preceduto la crisi..................................................... 103 1.6. La crisi finanziaria del 2007...................................................... 105 2. STRATEGIE E STRUMENTI DI CRESCITA E ANTICIPO DEL CAMBIAMENTO............................................................................... 107 2.1. Le imprese di proprietà dei lavoratori a fronte della crisi economica.................................................... 107 2.2. Strumenti interni...................................................................... 121 2.3. Strumenti esterni...................................................................... 133 PROOF 3. STRUMENTI FINANZIARI................................................................. 144 3.1. 3.2. 3.3. 3.4. 3.5. Le cooperative di credito........................................................... 144 Le sezioni di credito.................................................................. 145 Strumenti per la raccolta di capitale-patrimonio netto.................. 146 Partecipazioni speciali............................................................... 148 Accumulo di capitali senza diritto di voto.................................... 149 Capitolo 3 Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese . ..................... 151 di François Soulage Introduzione......................................................................................... 151 1. DATI RIGUARDANTI LE COOPERATIVE DI LAVORO ASSOCIATO IN FRANCIA DAL 1989 AL 2009.................................... 151 1.1. Quadro statistico generale.......................................................... 151 1.2. Creazione e mortalità delle imprese cooperative di lavoro associato dal 1989 al 2010...................................................... 153 1.3. Analisi secondo i motivi della creazione...................................... 154 1.4. Sopravvivenza delle imprese...................................................... 156 1.5. Analisi per settore d’attività....................................................... 156 1.6. Evoluzione dei posti di lavoro creati........................................... 158 2. LE DISPOSIZIONI GIURIDICHE PER IL FINANZIAMENTO DELLE COOPERATIVE................................ 159 2.1. Il conferimento di capitali propri con norme di diritto comune adattati alle cooperative............................................... 159 2.2. Le nuove possibilità offerte dalle leggi sulle cooperative del 1983 e del 1992....................................... 161 3.1. I fondi propri derivati dal movimento cooperativo......................... 167 3.2. Uno strumento per sottoscrivere titoli partecipativi: l’Istituto di Sviluppo dell’Economia Sociale (IDES)...................... 168 3.3. Gli strumenti creati dall’IDES..................................................... 169 3.4. L’accesso alle garanzie.............................................................. 170 4. CRESCITA, ANTICIPARE IL CAMBIAMENTO E LA SOPRAVVIVENZA DELL’IMPRESA............................................................................... 171 4.1. Trasferimento di un’impresa senza successore............................. 171 4.2. Il trasferimento di un’impresa in crisi sotto forma di cooperativa......................................................... 179 4.3. La cooperazione tra imprese, un mezzo di espansione.................. 185 Conclusioni.................................................................... 189 di Alberto Zevi Raccomandazioni per le politiche pubbliche nell’ambito della ristrutturazione e anticipazione del cambiamento.......... 201 PROOF 3. GLI STRUMENTI PER IL FINANZIAMENTO IN FONDI PROPRI E QUASI-FONDI PROPRI DELLE COOPERATIVE................................. 167 A proposito di questo libro Bruno Roelants Segretario Generale di CECOP-CICOPA Europe La ricerca, che si è svolta nel corso di tutto il 2010, si è incentrata su tre paesi: Italia, Francia e Spagna, e su tre tipi d’impresa tra loro simili: le cooperative di lavoro associato (nei tre paesi), le cooperative sociali (in Italia) e le società di lavoratori [sociedades laborales] in Spagna. Tutti e tre questi tipi d’impresa sono caratterizzati dalla proprietà e dal controllo di maggioranza dei dipendenti e, di conseguenza, da un forte interesse a mantenere posti di lavoro sostenibili. Tutti e tre fanno parte di un’ampia rete su scala europea coordinata e rappresentata dalla Confederazione Europea delle Cooperative di Lavoro Associato, delle Cooperative Sociali e delle Imprese Partecipate (CECOP CICOPA-Europe). I tre paesi analizzati sono anche gli stessi nei quali questo tipo d’impresa ha raggiunto il più alto livello di sviluppo in Europa, in termini di numero di imprese, posti di lavoro, gruppi d’impresa orizzontali e organizzazioni di sostegno all’impresa. Il progetto analizza le differenti modalità con cui questi tre tipi di azienda hanno affrontato le sfide della ristrutturazione d’impresa e dell’anticipazione del cambiamento, sia al loro interno che nei gruppi d’impresa e nelle reti di sostegno per le imprese, con un’attenzione particolare agli strumenti finanziari. La ricerca è stata condotta da un Comitato Scientifico formato da un gruppo di specialisti e si è avvalsa nei tre paesi della stretta collaborazione delle federazioni nazionali rappresentate da CECOP. Questo contributo è stato fondamentale alla raccolta dei dati necessari e al rafforzamento del processo di partecipazione e di restituzione della ricerca alle organizzazioni che rappresentano le imprese osservate, nel rispetto dell’indipendenza dei ricercatori. 9 PROOF Questo libro è il risultato di un progetto di ricerca intitolato “Ristrutturazione d’impresa e anticipazione del cambiamento tra le cooperative di lavoro associato, le cooperative sociali e altri tipi di imprese di proprietà dei lavoratori” nell’ambito dell’invito a presentare proposte 2009 sulla “Ristrutturazione industriale, benessere sul lavoro e partecipazione finanziaria” pubblicata dall’Unità “Nuove competenze per nuovi lavori, Adattamento al cambiamento, RSE e FEG” della DG della Commissione Europea per l’Occupazione, gli Affari sociali e l’Inclusione. A proposito di questo libro Hanno preso parte al progetto anche le confederazioni nazionali dei sindacati CGIL e UIL per L’Italia, CGT e FO per la Francia e CCOO e UGT per la Spagna. I numerosi incontri organizzati con queste organizzazioni hanno permesso di dare voce alle loro preoccupazioni e di raccogliere informazioni preziose. Hanno partecipato anche gli altri membri europei di CECOP, grazie a due incontri svoltisi uno a metà e l’altro alla fine del progetto, durante i quali sono emersi importanti contributi da parte dei membri di CECOP degli altri tredici paesi europei non partners in questo progetto di ricerca. PROOF Il primo compito del Comitato Scientifico è stato quello di strutturare la ricerca ed elaborare una prima griglia per la raccolta dei dati che, successivamente, è stata discussa insieme alle federazioni nazionali aderenti a CECOP nei tre paesi oggetto di questo studio. Una volta approvata la griglia, sono state avviate la raccolta e l’analisi dei dati nei tre paesi. I risultati sono stati poi comparati e illustrati alle federazioni nazionali partners nel progetto. Una volta strutturata la presentazione in tre capitoli, il Comitato Scientifico ha redatto le conclusioni e una serie di raccomandazioni indirizzate alle politiche pubbliche basate sui risultati ottenuti. Tali raccomandazioni sono poi state discusse e approvate dal Consiglio d’Amministrazione di CECOP, a cui ha seguito un incontro con tutti i membri di CECOP a cui hanno preso parte anche alcune federazioni cooperative sub-nazionali come, ad esempio, l’Emilia Romagna, Poitou-Charente, la Galizia, la Finlandia orientale e la Mala Polska. Alla fine, i risultati ottenuti sono stati illustrati ai rappresentanti della Commissione Europea e ai sindacati. Le raccomandazioni per le politiche pubbliche si trovano alla fine di questo libro. Il libro contiene tre capitoli principali scritti rispettivamente da Antonio Zanotti dall’Italia, François Soulage dalla Francia e Adrian Zelaia dalla Spagna. Come presidente del Comitato Scientifico per l’Istituto Europeo di Ricerca sull’Impresa Cooperativa e Sociale (EURICSE), anch’esso partner nel progetto, Alberto Zevi ha redatto sia l’introduzione che le conclusioni. Infine, abbiamo chiesto a Felice Scalvini, ex presidente di CECOP e cooperatore di lunga data, di scrivere la prefazione. L’intero progetto è stato implementato da tre organizzazioni: CECOP come capo progetto; Soficatra, membro di CECOP, come esperto finanziario sui temi dell’economia sociale a livello europeo; infine Diesis, una cooperativa con base a Bruxelles specializzata nella gestione logistica di progetti europei. 10 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Una nota semantica: il termine “cooperativa” utilizzato nel titolo si riferisce ai tre tipi d’impresa oggetto di questa ricerca: la definizione spagnola di Sociedades Laborales, pur non facendo riferimento ad una vera e propria cooperativa, se ne avvicina molto in termini di modello di gestione e organizzazione. PROOF Questo libro può essere d’interesse per tutti i politici, per le organizzazioni e le persone coinvolte nel settore delle cooperative e, più in generale, interessate all’economia sociale, al lavoro sostenibile, all’occupazione e allo sviluppo locale. Nell’ambito di questa nostra analisi, che il lettore è invitato a prendere in esame e a valutare, speriamo di aver efficacemente dimostrato la particolare resistenza delle nostre imprese alla crisi economica e finanziaria scoppiata nel 2007/2008. 11 Prefazione Felice Scalvini Ho iniziato a stendere questa nota in volo, di rientro dall’India, dove ero andato per una riunione del board dell’International Cooperative Alliance. Mentre stavo riflettendo su cosa scrivere, è avvenuto un fatto piuttosto raro, anche se non nuovo per chi, come me, accumula annualmente un discreto numero di miglia. L’aereo, mentre procedeva in assoluta tranquillità, tutt’a un tratto ha perso bruscamente quota, come se fosse incappato in una buca, o in un gradino. La sensazione non è stata piacevole, ma è durata poco. L’assetto normale di volo è stato presto ripreso e il viaggio è proseguito tranquillamente: quasi è mancato il tempo anche soltanto per un po’ di batticuore. Ecco, mi son detto, una buona metafora consegnatami dal caso. Infatti, gran parte della stampa economica sembra ritenere che la crisi finanziaria sia qualcosa di molto simile a quel sobbalzo durante la tranquilla e sicura crociera che l’economia capitalistica starebbe conducendo da alcuni decenni e che sarebbe destinata a proseguire per un indeterminato e lungo futuro. Per un momento la sensazione di vuoto, un po’ di sobbalzi, l’incrociarsi di qualche sguardo ansioso e poi il pilota automatico, rappresentato dal mercato e dalla sua “razionalità”, ricondurrà tutto alla routine consueta e positiva. Purtroppo non è così. Credo che sia molto più realistico leggere la crisi come l’effetto della hubrys che ha travolto la cosiddetta economia del libero mercato e i suoi numerosi profeti. Le origini del sentimento di tracotanza vanno probabilmente rintracciate nella cosiddetta “vittoria sul comunismo” - su quello che Reagan aveva definito “l’universo del male” – e sulla narrazione che, ad uso e consumo del mondo intero, ha accompagnato il disfacimento dell’URSS e dei suoi satelliti. Chi è stato, infatti, secondo l’epica rappresentazione proposta, il cavaliere bianco, il San Giorgio che ha sconfitto il drago rosso? È evidente: è stata l’economia capitalistica! Quindi inchiniamoci tutti al vincitore. Sacralizziamolo e uniformiamoci tutti al suo imperativo fondamentale: arricchirsi nel minor tempo possibile, facendo leva soprattutto sul piccolo o grande potenziale finanziario di cui disponiamo e/o del potere, in particolare quello manageriale, eventualmente 13 PROOF Presidente di Cooperatives Europe Vice Presidente dell’Alleanza Cooperativa Internazionale Prefazione PROOF conseguito. Ed ancora, nella costruzione di questa visione quasi idolatrica, dimentichiamoci di tutti gli altri fattori che hanno concorso a cambiare la storia negli ultimi decenni e a provocare la caduta dei regimi socialisti: dall’innovazione tecnologica, a internet, alla musica rock, alla trasformazione dei costumi, alla modifica della condizione femminile, all’azione del Papa polacco, alla naturale propensione al collasso dei sistemi di economia statale pianificata, e così via. E da ultimo dimentichiamoci di come la cavalcata senza freni del capitalismo finanziario abbia accresciuto a dismisura le differenze di reddito in tutti i paesi, distribuendo a esigue minoranze la gran parte della ricchezza prodotta. Ma ciò che m’interessa qui rilevare in modo particolare è che non solo la lettura del crollo dei regimi socialisti, ma tutta la storia dell’economia almeno degli ultimi due secoli risulta, nella lettura corrente, gravemente deformata. Infatti, ad un attento e imparziale esame, emerge molto chiaramente come lo sviluppo del sistema economico occidentale di libero mercato sia stato caratterizzato dalla compresenza di una grande varietà di soggetti imprenditoriali che, di volta in volta, in relazione ai diversi contesti storici e ambientali, hanno giocato ruoli più o meno rilevanti. Basta pensare alle aziende municipalizzate ed al loro contributo allo sviluppo dell’economia locale; alle mutue assicurative sanitarie e previdenziali ed al ruolo giocato per innalzare in modo generalizzato le condizioni di sicurezza e di vita della popolazione; alle imprese pubbliche, spesso intervenute a salvare comparti economici entrati in grave crisi o a svilupparne altri dove risultava insufficiente l’afflusso di capitali privati; alle cooperative ed al loro ruolo decisivo in comparti dell’economia particolarmente delicati quali l’agricoltura ed il credito; alle casse di risparmio ed alla funzione svolta nel canalizzare il piccolo risparmio entro grandi circuiti finanziari non speculativi e orientati allo sviluppo. Lo straordinario sviluppo economico che ha caratterizzato l’economia occidentale s’è fondato sulla “biodiversità imprenditoriale” e su di essa si sta costruendo anche il successo dei paesi emergenti, a patto di voler esaminare lo stato delle cose nella sua realtà e non usando le lenti dell’ideologia mercantilista. Infatti, è sotto gli occhi di tutti come l’apertura ai mercati internazionali dei prodotti e dei capitali, e nel complesso alla imprenditoria finanziaria stia avvenendo in paesi come la Cina ed il Brasile in modo graduale e non esclusivo. Significativo in proposito è il pensiero espresso dal vicepremier cinese Hui Liangyu in occasione dell’assemblea dell’ACI-Asia-Pacifico tenutasi a Beijing nel settembre 2010, circa la necessità di promuovere una grande crescita e diffusione d’imprese cooperative per garantire un equilibrato sviluppo del paese nei prossimi 14 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Certo, ritornare ad un approccio equilibrato e consapevole, che collochi nella giusta dimensione il capitalismo finanziario e garantisca un equilibrio tra i diversi soggetti economici, orientandone l’azione in base alle specifiche caratteristiche, non è facile. Le gabbie sono state aperte e gli spiriti animali della finanza aggressiva si sono insediati ovunque: nei media, nelle business school, nei centri di ricerca, nei gangli della pubblica amministrazione e del governo. Locuzioni come “creare valore”, nel senso di speculare senza regole con leve finanziarie dissennate, o “estrarre valore”, per giustificare operazioni ispirate alla banalissima filosofia del “meglio una gallina oggi che un uovo ogni giorno per i prossimi anni”, hanno campeggiato per anni nei titoli della stampa economica specializzata e nelle slides delle presentazioni fatte dai CEO agli analisti delle piazze finanziarie o alle convention aziendali. Tutto ciò sta producendo un’onda lunga, destinata a durare ancora per un certo tempo (non troppo speriamo) e difficile da contrastare. Ne è prova quanto dicevo prima: gran parte degli opinion-maker che leggiamo sulla stampa economica affermano che la situazione è destinata a normalizzarsi in modo naturale. Basta un qualche sostegno temporaneo degli Stati. Vi è però un dato che deve confortare e incentivare chiunque sia al lavoro per rompere la dannosa egemonia di pensiero e di azione politica che si è creata. Un diverso modo di interpretare l’economia e l’attività imprenditoriale non solo è sempre esistito e tuttora è riscontrabile sotto tutte le latitudini ed in tutte le fasi dello sviluppo, ma in questo periodo sta resistendo e reagendo meglio alla crisi e, pur tra ovvie difficoltà, sta anche allargando in modo notevole il proprio campo d’azione. Il peso dell’economia sociale negli ultimi tre anni è cresciuto in tutti i paesi, come testimoniano numerosi riscontri. Le banche cooperative sono state investite solo marginalmente dalla bufera finanziaria e comunque non hanno avuto bisogno di sostegni pubblici. Non a caso uno studio del Ministero del Tesoro americano indica nella forma cooperativa la possibile soluzione al dissesto sia di Freddy Mac sia di Fannie Mae. Le imprese sociali, come sottolinea uno studio delle Camere di commercio italiane, hanno aumentato 15 PROOF anni. Allo stesso modo è palese il grave dissesto provocato dall’adesione della Russia degli anni ’90 ai precetti della scuola di Chicago, al quale ha dovuto far seguito il ritorno in campo dell’impresa pubblica. Fenomeno che va visto non solo come recupero del potere centrale nei confronti degli “oligarchi” ma, più strutturalmente, come riequilibrio e ripristino di una certa misura, seppur insufficiente, di biodiversità imprenditoriale. Prefazione l’occupazione anche nel corso del 2009. In Francia, come illustrato più avanti nel libro, il costituirsi di cooperative tra i lavoratori sta permettendo la sopravvivenza d’imprese entrate in crisi. PROOF Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma il problema è l’evidenza che essi si propongono a fatica per diventare proposta globale, alternativa diffusa, cultura presente nelle università, nelle business school, nei centri di ricerca, prospettiva proposta dai media e condivisa dai policy-maker per una futura evoluzione del quadro economico e sociale. C’è un grande lavoro da fare. Bisogna far affiorare queste e molte altre esperienze. Proporle come punti di riferimento paradigmatici. Conoscerne, attraverso un approfondito lavoro di studio, le dinamiche ed i meccanismi specifici, insieme ai difetti e ai limiti. Si tratta di trasmettere i contenuti sviluppati, con un’adeguata azione di comunicazione, formazione, informazione. Soprattutto bisogna uscire dagli spazi ormai un po’ angusti delle esperienze locali e mettersi in gioco su uno scenario più ampio, raccordando e confrontando realtà diverse per distillare traiettorie di lavoro, proposte operative, disegni anche grandi e ambiziosi di trasformazione economica e di proposta politica. A questa esigenza e a questo disegno ha cercato di portare, grazie al sostegno della Commissione Europea, il proprio contributo Cecop, col progetto ‘Anticipate’, realizzato da un’ampia platea di soggetti, sotto la guida impegnata ed esperta di Bruno Roelants come segretario generale di CECOP e di Alberto Zevi come presidente del Comitato Scientifico del progetto, cooperatori e studiosi appassionati, che da anni coniugano riflessione e azione diretta in diverse organizzazioni cooperative. Ne è uscito questo libro; che illustra il quadro della cooperazione di lavoro in tre paesi europei – Italia, Francia e Spagna - offrendone una rappresentazione realistica e documentata e soprattutto analizza le dinamiche di sviluppo e l’impatto che su di esse può produrre una strumentazione finanziaria adeguata. Ciò che si rileva, leggendolo, è la forza intrinseca dell’impresa cooperativa e la sua capacità di adattarsi, con grande flessibilità, a contesti e situazioni economiche e sociali diverse. Un libro dunque che aiuta a riflettere, a comprendere e ad agire, e che può contribuire a diffondere la consapevolezza, innanzitutto tra i cooperatori, ma anche in ambiti sempre più ampi della gente, dei media, dell’accademia, della business 16 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza community e dei policy-maker, che, se è vero – secondo la famosa affermazione di Rathenau – che “l’economia è il nostro destino”, vale la pena di pensare sul serio all’economia sociale come nostra speranza. PROOF Felice Scalvini Brescia, 15.01.2011 17 Introduzione Questo lavoro si è concentrato sull’esperienza delle cooperative di lavoro e sociali e sulle imprese di proprietà dei lavoratori in Francia, Italia e Spagna. Nei tre paesi considerati il fenomeno dei lavoratori che autogestiscono le loro imprese è particolarmente importante sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Nelle tre realtà, negli ultimi decenni l’occupazione all’interno le cooperative è aumentata di molto. Al contempo, in anni recenti, si sono avute anche significative evoluzioni delle modalità organizzative delle stesse cooperative. Le esperienze appaiono tra di loro molto diversificate, anche se non mancano molti tratti comuni. Il lavoro ha poi consentito di individuare buone pratiche, molte delle quali potrebbero essere prese a riferimento per lo sviluppo della cooperazione di lavoro in altri paesi dell’Unione Europea. Lo studio condotto ha cercato, grazie alle informazioni disponibili, di individuare non solo la dinamica delle cooperative interessate, ma anche le loro caratteristiche, le loro capacità di far fronte ai cambiamenti e di anticiparli, i problemi che devono affrontare. Sulla base dell’analisi condotta, si sono potute isolare sia le potenzialità sia i punti critici. Da ciò sono scaturite le raccomandazioni che sono esposte nell’ultima parte del libro. Sebbene il lavoro sia stato portato avanti dai tre esperti individuati dai singoli paesi, François Soulage (Francia), Antonio Zanotti (Italia) e Adrian Zelaia (Spagna), esso si è avvalso del contributo delle organizzazioni di cooperative di lavoro e sociali e altre imprese di proprietà dei lavoratori nei paesi interessati (CGSCOP, AGCI, Confcooperative-Federlavoro, Confcooperative-Federsolidarietà, Legacoop-ANCPL; Legacoop Servizi, Legacoop Sociali, COCETA e CONFESAL) e delle riflessioni di Bruno Roelants (CECOP), Bruno Dunkel (Soficatra) e Dorotea Daniele (Diesis). Particolarmente importanti si sono rivelati gli incontri (svolti a più riprese) con le Associazioni cooperative (comprese quelle dei soci di CECOP di paesi non coinvolti nell’analisi) e con gli enti (consorzi e società finanziarie) che sono specializzati nel sostegno delle cooperative di lavoro. Il confronto che così si è potuto sviluppare ha permesso di avere informazioni non facilmente reperibili e descrizioni di pratiche efficaci. Tali confronti hanno anche consentito di 19 PROOF Alberto Zevi Introduzione disseminare le diverse esperienze e di approfondire i principali problemi all’ordine del giorno. PROOF Infine, il lavoro ha tenuto conto delle modalità con cui la cooperazione di lavoro sta fronteggiando la crisi in corso. Si sono così potute individuare le differenze di comportamento delle imprese cooperative rispetto agli altri tipi di impresa, e constatare l’importante contributo della cooperazione di lavoro all’economia dei diversi paesi e, più in generale, alla coesione sociale. 20 Capitolo 1 Italia: la forza di una rete intersettoriale Antonio Zanotti 1. LA COOPERAZIONE DI LAVORO E SOCIALE IN ITALIA 1.1. La dimensione giuridico-istituzionale Un aspetto importante di questa storia è rappresentato dall’interesse che il legislatore italiano ha sempre manifestato verso il fenomeno cooperativo. Se il codice di commercio del 1865 ignora ancora le società cooperative, il codice del 1882 dedica dieci articoli alla società cooperativa, ritenendola però ancora una variante della società anonima, ma con alcune caratteristiche proprie: ▪▪ la variabilità del capitale; ▪▪ il voto pro capite (“una testa un voto”); ▪▪ limiti al conferimento di capitale; ▪▪ nominatività delle azioni, trasferibili solamente con il consenso degli amministratori; ▪▪ agevolazioni fiscali. Per arrivare all’autonomia della società cooperativa dalla società per azioni, occorrerà attendere il codice civile del 1942, quando l’art. 2511 definirà la società cooperativa sulla base dello “scopo mutualistico” contrapposto allo “scopo di lucro” proprio delle altre forme societarie1. Negli anni antecedenti la prima guerra mondiale, la cooperazione diventa og- 1 Sul significato dello “scopo mutualistico” sono state scritte una infinità di pagine; in estrema sintesi possiamo identificare lo “scopo mutualistico” della società cooperativa come lo sforzo per assicurare ai soci lavoro, beni o servizi (secondo la tipologia di cooperativa) a condizioni migliori di quelle ottenibili sul libero mercato. 21 PROOF La storia del movimento cooperativo in Italia affonda le sue radici nella seconda metà dell’Ottocento, non diversamente da quanto è accaduto nel resto d’Europa. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale getto di importanti provvedimenti, fra i quali spicca la L. 422 del 1909 che porrà le basi fondamentali della nascita del consorzio cooperativo. La crescita della cooperazione sarà rapida: già nel 1886 le cooperative avvertono la necessità di organizzarsi a livello nazionale, fondando la Lega Nazionale delle Cooperative (Legacoop), ma nel 1898, per dissensi insorti all’interno dell’organizzazione, le cooperative di ispirazione cattolica si distaccano e nel 1919 daranno vita alla loro organizzazione nazionale, la Confederazione Generale delle Cooperative Italiane (Confcooperative). PROOF Al termine della seconda guerra mondiale, con il ripristino della democrazia, le cooperative ricostituiscono immediatamente le loro associazioni di rappresentanza. L’importanza della società cooperativa acquista rilevo costituzionale, coll’art. 45 del testo entrato in vigore il 1° gennaio 1948: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.” Nel 1947 il nuovo Parlamento aveva però già approvato il Dlgs. 1577/47 (“Legge Basevi”), “madre” di tutta la legislazione cooperativa, di cui riassumiamo i punti cardine: La legge riconosce le Associazioni nazionali di rappresentanza del movimento cooperativo a cui viene affidato “… la vigilanza sugli enti cooperativi ad esse associate” con ispezioni ordinarie2, il cui oggetto è così definito dall’art. 9: “Le ispezioni ordinarie hanno lo scopo di accertare principalmente: ▪▪ l’esatta osservanza delle norme legislative, regolamentari, statutarie e mutualistiche; ▪▪ la sussistenza dei requisiti richiesti da legge generali e speciali per le agevolazioni tributarie o di altra natura di cui fruisce l’ente; ▪▪ il regolare funzionamento contabile e amministrativo dell’ente; 2 La normativa prevede anche l’esercizio di ispezioni straordinarie, affidate però al Ministero del Lavoro. 22 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza ▪▪ l’esatta impostazione tecnica e il regolare svolgimento delle attività specifiche promosse o assunte dall’ente; ▪▪ la consistenza patrimoniale dell’ente e lo stato delle attività e delle passività. ▪▪ L’ispettore è tenuto anche a dare suggerimenti e consigli agli amministratori e agli impiegati per il retto ed efficace funzionamento dell’ente e soccorrerli della propria assistenza” Nel 1948, Legacoop e Confcooperative otterranno il riconoscimento ministeriale, mentre la terza importante associazione, l’Associazione Generale delle Cooperative Italiane (AGCI), otterrà il riconoscimento ministeriale nel 19613. 1. divieto di distribuzione di dividendi superiori all’interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato; 2. divieto di distribuzione delle riserve fra i soci durante la vita sociale; 3. devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale – dedotto soltanto il capitale versato e i dividendi eventualmente maturati – a scopi di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico. Le altre tappe fondamentali dell’evoluzione legislativa cooperativa sono state le seguenti: ▪▪ Legge 127/1971 che ha fissato il divieto di trasformazione delle società cooperative in altre forme societarie, ha regolato il finanziamento da parte dei soci ed ampliato la possibilità di costituire società consortili fra le cooperative. ▪▪ Legge 904/1977 che ha definito il regime di intassabilità degli utili destinati a riserva indivisibile; ▪▪ Legge 381/1991 che ha definito l’istituzione delle cooperative sociali, sicura3 Nella presente ricerca useremo i termini “Associazioni di rappresentanza” come sinonimi per indicare le tre principali associazioni: Legacoop, Confcooperative e AGCI. Occorre rammentare che nel 1981 e nel 2004 il riconoscimento ministeriale sarà rilasciato a due altre organizzazioni, l’Unione Nazionale delle Cooperative Italiane (UNCI) e la Unione Italiana Cooperative (UNICOOP). 4 Il primo ed il terzo principio hanno subito nel tempo alcuni adattamenti più formali che sostanziali. Questi tre principi erano comunque già stati riconosciuti come rappresentativi del principio di mutualità nel 1923 con la riforma della legislazione sull’imposta di registro. 23 PROOF L’art. 26 della legge Basevi definisce la sussistenza dei requisiti mutualistici al fine di godere dei benefici fiscali in tre clausole4 da inserire obbligatoriamente negli statuti della società cooperativa: Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale mente uno degli aspetti più originali della cooperazione italiana; ▪▪ Legge 59/1992 che ha aperto la possibilità che siano soci di cooperative anche finanziatori esterni, nonché la formazione di Fondi di promozione mediante il versamento a loro favore del 3% degli utili annui registrati dalle cooperative. Per la prima volta la legge ha anche fissato i parametri per cui scattava l’obbligo di certificare il bilancio di esercizio da parte di una società di revisione; ▪▪ Legge 142/2001 che ha definito la qualificazione del rapporto di lavoro intercorrente fra socio lavoratore e cooperativa. PROOF Dal 1971 al 1994 si sono succeduti diversi provvedimenti relativi al regime dei finanziamenti da parte dei soci (prestito sociale). E’ opportuno sottolineare come queste leggi siano state spesso il frutto dell’azione esercitata dalle Associazioni cooperative ed abbiano, sovente, dato valore giuridico a situazione di fatto che già si erano consolidate nel comportamento delle cooperative. L’ultimo importante intervento risale al 2003 con l’entrata in vigore di una profonda riforma del codice civile (Dlgs 6/2003), frutto di un braccio di ferro fra il legislatore e le Associazioni cooperative. Il punto più controverso è stato l’introduzione dell’art. 2512 che così recita: “Sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che: svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi; si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci; si avvalgono prevalentemente nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.” Il successivo art. 2513 fissa i criteri per la definizione della prevalenza che, per le cooperative di lavoro è così definito:“il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro” così come indicato nel conto economico di esercizio. 24 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Questa distinzione fra cooperative a mutualità “prevalente” e “non prevalente” è stata fortemente avversata dal movimento cooperativo perché introduce una separazione all’interno delle imprese cooperative senza ragione5. Accanto a questo discutibile istituto, la riforma ha apportato anche altre importanti modifiche, specie in materia di finanziamenti, anche a titolo di capitale di rischio, da parte di soci finanziatori, superando le figure statuite con la L. 59/1992, nonché la possibilità di ammettere nuovi soci, transitando in una “categoria speciale” (per un massimo di cinque anni) prima di essere soci cooperatori a tutti gli effetti. Un’altra importante novità è stata rappresentata dall’ampliamento dell’autonomia statutaria in materia di sistemi di governance, al pari delle società per azioni. Il codice civile prevede tre forme alternative di governance dove, accanto al sistema tradizionale basato sul Consiglio di Amministrazione e Collegio Sindacale, è stato aggiunto il sistema “monistico” basato solo sul Consiglio di Amministrazione ed il sistema “dualistico” basato sul Consiglio di sorveglianza ed sul Comitato di gestione. 1.2. La dimensione statistica 1.2.1 Le imprese cooperative Ad oggi, non esiste uno studio esaustivo sugli aspetti quantitativi della cooperazione in Italia. Sino al 2001 i dati ufficiali sulle cooperative sono quelli dei censimenti decennali dell’industria e dei servizi. 5 L’azione delle Associazioni cooperative è comunque valsa a mantenere l’unitarietà del fenomeno cooperativo all’interno del principio della sua “funzione sociale” richiamato dalla Costituzione, mentre la prima proposta del legislatore era quella di separare nettamente le due forme di cooperativa, distinguendo fra cooperative costituzionalmente “riconosciute” e “non riconosciute”, negando a queste ultime la loro funzione sociale. 25 PROOF In realtà questa distinzione è stata strumentale al legislatore per potere introdurre un diverso sistema di imposte sul reddito fra le due fattispecie di società, superando il regime di intassabilità degli accantonamenti a riserve indivisibili, sancito nel 1977. Ciò che ancora oggi non si capisce è rappresentato dal fatto che non c’era alcuna necessità di inserire questa distinzione (unica nel mondo) fra cooperative per supportare un diverso regime fiscale in funzione dell’attività svolta con terzi. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Con il decreto ministeriale del 23/6/2004 è stato costituito un nuovo Albo delle Società Cooperative6 presso il Ministero dello Sviluppo Economico che, permettendo una raccolta sistematica di dati ed informazioni, ha notevolmente migliorato la conoscenza delle società cooperative in Italia7. Dai dati censuari 1951-2001 emergono due dati principali: a) l’incidenza numerica delle cooperative rispetto alle imprese in generale, è passato dallo 0,7% nel 1951 all’1,2% nel 2001; PROOF b) l’incidenza numerica degli addetti nelle imprese cooperative, rispetto alle imprese in generale, è aumentato dal 2,0% nel 1951, al 5,8% nel 2001. Nelle tabelle 1 e 2 sono riportati il numero delle cooperative e degli addetti per il periodo 1951-2001. In entrambe le tabelle emerge come gli anni ’70 siano stati un importante punto di discontinuità e di inizio di un forte rilancio della crescita cooperativa, in coincidenza con la trasformazione del paese proiettato sempre più nella sua dimensione terziaria. Sino al 1971 il numero delle cooperative cresce meno della media delle imprese e l’occupazione continua a pesare costantemente attorno al 2%. Tab. 1 – Numero imprese 1951 - 2001 Anni 1951 Totale Imprese Totale Cooperative % Coop/imprese 1961 1971 1981 1991 2001 1.504.027 1.938.724 2.236.044 2.847.313 3.361.634 4.319.198 10.782 12.229 10.744 19.900 35.646 53.393 0,7% 0,6% 0,5% 0,7% 1,1% 1,2% Fonte: nostra elaborazione su dati Centro Studi Legacoop [8] 8 6 L’istituto dell’Albo delle imprese cooperative risale al 1890; successivamente nel 1947 la Legge Basevi aveva ripreso l’istituzione dello schedario generale della cooperazione. In entrambi i casi però gli Albi sono stati tenuti con metodi statisticamente inefficiente, tale da fornire dati inservibili. L’istituzione del nuovo Albo nel 2004 sembra rispondere a criteri più rigorosi. 7 C. Quattrocchi, responsabile dell’Albo delle Società Cooperative, ancora nel 2008 ha scritto che parlare dei cooperazione in Italia in termini statistico-anagrafici “… è impresa da fare tremare i polsi” [24] pag. 7, fortunatamente la situazione sta migliorando. 8 I numeri tra parentesi quadrate di questo capitolo fanno riferimento alle opere citate alla fine del capitolo. 26 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Tab. 2 – Numero addetti 1951 – 2001 Totale imprese Totale cooperative % coop/imprese Anni 1951 1961 1971 1981 1991 2001 6.781.192 9.463.457 11.077.533 13.001.187 137.885 192.008 207.477 362.435 584.322 935.239 2,0% 2,0% 1,9% 2,8% 3,9% 5,8% 14.852.198 16.201.431 Fonte: nostra elaborazione su dati Centro Studi Legacoop [8] In questo secondo periodo gli occupati aumentano di 5.123.898 unità, di cui 727.762 nelle sole imprese cooperative, pari al 14,2% del totale. Con il riordino dell’Albo delle società cooperative nel 2004, il Ministero ha cominciato la pubblicazione di alcuni dati statistici che permettono un aggiornamento del peso dell’economia cooperativa. Tab. 3 – Numero cooperative iscritte all’Albo delle società cooperative Anno Numero Indice 2006 72.274 100,0 2007 76.000 105,2 2008 79.400 109,9 Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero [23] Il 94,5% delle cooperative risulta a mutualità prevalente. Lo studio più completo sul valore aggiunto è stato pubblicato da Unioncamere [25], ma si ferma al 2005, dove si stima che il valore aggiunto prodotto dalle cooperative sarebbe di 58,3 miliardi di euro, corrispondente al 4,6% del PIL. Nello stesso studio gli occupati per il 2006 vengono stimati pari a 1.056.108. Per il 2008 il Ministero ha calcolato il fatturato delle cooperative pari a 95,6 miliardi di euro, banche di credito cooperativo escluse. Nello stesso studio il Ministero fornisce i dati esposti nella tab. 4 relativamente alla distribuzione degli addetti nelle imprese cooperative: 27 PROOF Dopo il 1971, le cooperative cominciano a crescere ad un ritmo più rapido e il numero degli addetti passa da una incidenza dell’1,9% nel 1971 al 5,8% nel 2001. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Tab. 4 – Distribuzione addetti delle cooperative per l’anno 2008 Lavoratori Soci Non Soci Totale Maschi 35,1% 10,6% 45,7% Femmine 29,8% 13,4% 43,2% Extra comunitari 9,5% 1,6% 11,2% Totale 74,4% 25,6% 100,0% Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero [23] Quest’ultima tabella mostra due interessanti aspetti: PROOF a) il numero delle donne occupate non è di molto inferiore a quello degli uomini; b) esisterebbe una forte tendenza ad includere i lavoratori extra-comunitari come soci. Un altro dato interessante sulla presenza femminile nella cooperazione è rappresentato dalla cosiddetta presenza di “imprese rosa”9. Nel 2005 le cooperative rosa sono state stimate pari a 12.428 corrispondenti all’1% dell’universo delle “imprese femminili”. Secondo una indagine di Unioncamere [28] le imprese cooperative presenterebbero una longevità più alta delle altre imprese (tab. 5). Il dato è estremamente interessante in quanto molti economisti sostengono che la longevità di una impresa sia una dimostrazione di efficienza economica, in quanto “… la forma organizzativa che sopravvive in una data attività economica è quella che fornisce il prodotto richiesto al prezzo più basso”10. 9 Secondo il Ministero delle Attività Produttive le “Cooperative rosa” sono identificate come quelle in cui il numero delle donne socie rappresenta almeno il 60% della compagine sociale, indipendentemente dalle quote di capitale detenute. Per le imprese di capitali sono considerate “imprese femminili” quelle in cui almeno i due terzi del capitale sia detenuto da donne ed i due terzi dell’organo amministrativo sia composto da donne. Tutto sommato ci sembrano comunque entrambe due definizioni abbastanza restrittive. 10 E. Fama – M. Jensen – Separation of ownership and control – 1983 – Journal of Law and Economics – vol. XXVI 28 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Tab. 5 – Distribuzione delle imprese per anno di costituzione Anno costituzione Coop Altre ante 1940 2,0% 0,1% 1940 - 1969 7,6% 2,9% 1970 - 1989 33,6% 23,3% 1990 - 1999 28,1% 41,2% 2000 - 2003 28,7% 32,5% Totale 100,0% 100,0% Dai dati esposti nelle tab. 1 e 2 emerge come il peso delle cooperative rispetto al totale imprese sia maggiore in termini di occupazione più che di numero di imprese, il che comporta che le cooperative abbiano una dimensione media superiore alle altre imprese come dimostrato dai dati censuari per il periodo 1971 – 2001 (tab. 6). Nel 1971 le imprese cooperative rappresentavano appena lo 0,5% del totale delle imprese, ma erano già l’1,6% delle imprese con più di mille addetti. Nel 2001, a fronte di un peso poco più che raddoppiato sul totale (1,2%), l’incidenza sempre nelle imprese con più di 1.000 addetti era salita all’8,7%. Comunque è nelle fasce fra 50 ed 1.000 addetti che le cooperative incrementano il loro peso in modo formidabile, rispetto al resto delle imprese11. Nel lungo periodo emerge come la crescita delle cooperative sia proceduta a scatti, registrando due impennate formidabili negli anni 70 e negli anni 90, trascinata da due importanti cambiamenti strutturali che hanno caratterizzato l’economia italiana: a) negli anni ’70 l’economia italiana conosce una forte crescita del settore terziario che supera il 50% nella produzione del PIL e dell’occupazione, in linea con quanto accade negli altri paesi europei; b) negli anni ’90 la crisi fiscale dello stato innesca meccanismi di outsourcing di servizi, specie nel campo del welfare. 11 Tendenza che risulta confermata anche in anni più recenti (2003-2006) vedi Unioncamere [29]. 29 PROOF Fonte: nostra elaborazione su dati Unioncamere [28] Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale PROOF Tab. 6 – Incidenza delle imprese cooperative per numero di addetti 1971 – 2001 Numero di addetti Imprese 1971 Imprese 1981 Imprese 1991 Imprese 2001 2 0,3% 0,4% 0,5% 0,4% 3--5 0,9% 1,0% 1,5% 1,7% 6--9 1,4% 1,6% 3,0% 3,8% 10--15 2,2% 3,6% 4,4% 4,3% 16--19 2,8% 4,0% 4,7% 5,3% 20--49 3,1% 5,2% 6,6% 7,2% 50--99 3,9% 5,6% 8,0% 10,2% 100--199 4,4% 5,3% 8,7% 11,5% 200--249 5,4% 6,7% 7,0% 11,0% 250--499 4,5% 6,8% 8,0% 9,8% 500--999 2,9% 5,6% 7,8% 9,2% 1000 e piu' 1,6% 2,9% 7,0% 8,8% 0,5% 0,7% 1,0% 1,2% Totale * escluse coop sociali Fonte: Centro Studi Legacoop [8] Nel primo periodo assistiamo ad una forte crescita della cooperazione di lavoro nel settore dei servizi e nel secondo al boom delle cooperative sociali. Se queste sono state le tendenze di lungo periodo, c’è da chiedersi quali tendenze emergano nell’attuale fase di crisi economica. Basandosi sulle rilevazioni Istat e Unioncamere abbiamo costruito i grafici 1 e 2 dove sono illustrati gli andamenti del Pil con, rispettivamente, il tasso di natalità ed il tasso di mortalità del totale imprese e delle cooperative12. Gli andamenti dei tassi di natalità mostrano che il totale imprese ha un andamento quasi costante, con una flessione dal 2007, quando il Pil inizia a scendere. Le cooperative seguono l’andamento del PIL sino al 2007, quando, con l’avvento della crisi, continuano comunque a mostrare una tendenza alla crescita numerica. 12 In realtà i dati Unioncamere non fanno esplicito riferimento alle cooperative, ma alle “altre forme” di impresa dove sono ricomprese 40 diverse figure di soggetti giuridici, ma cooperative e consorzi cooperativi sono le imprese di gran lunga più numerose, per cui l’aggregato costituisce una buona stima per le imprese cooperative e loro consorzi. 30 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Interpolando le tre curve per l’intero periodo risultano però tre rette con pendenza pressoché simile. Grafico 1 – Andamento Pil e tasso di natalità imprese e cooperative 12,0 10,0 8,0 4,0 2,0 0,0 Pil -2,0 Imprese -4,0 -6,0 Coop 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 PROOF Tasso % 6,0 Anni Grafico 2 – Andamento Pil e tasso mortalità imprese e cooperative 8,0 6,0 Tasso % 4,0 2,0 0,0 Pil -2,0 Imprese -4,0 Coop -6,0 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 Anni Gli andamenti dei tassi di mortalità, sia per il totale delle imprese che per le cooperative, crescono quando il Pil diminuisce, ma con una intensità minore. Le rette interpolanti le curve di mortalità presentano la medesima inclinazione per entrambe le fattispecie di impresa. Sommando i tassi di natalità e mortalità, abbiamo costruito il grafico 3, dove abbiamo confrontato l’andamento del Pil con il tasso di sviluppo del totale delle imprese e delle cooperative. 31 Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale E’ interessante notare come il tasso di sviluppo delle cooperative resti quasi sempre superiore al tasso del totale delle imprese, confermando gli andamenti emersi dal 1971. Grafico 3 - Andamento Pil e tasso sviluppo imprese e cooperative 8,0 6,0 PROOF Tasso % 4,0 2,0 0,0 Pil -2,0 Imprese -4,0 -6,0 Coop 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 Fra le cause di mortalità delle imprese, Anni il fallimento rappresenta, probabilmente, la forma più drammatica. Dai dati Movimprese di Unioncamere [30] è invece possibile ricostruire l’andamento dai fallimenti su base trimestrale negli gli ultimi anni, quelli maggiormente colpiti dalla crisi (grafico 4). I dati raccolti confermerebbero l’ipotesi che le imprese cooperative abbiano una maggiore capacità di resistenza rispetto alle imprese di capitali di fronte alla crisi: anche se i tassi variano sempre nella stessa direzione, la retta interpolante per le cooperative ha una pendenza minore. 32 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Grafico 4 – Fallimenti imprese (per mille) – I trimestre 2007 – I trimestre 2010 2,00 1,80 1,60 Tasso per mille 1,40 1,20 1,00 0,80 0,60 0,40 Società capitale 0,20 Cooperative Trimestre/anno Restando sul tema degli andamenti congiunturali, riteniamo interessante riportare alcuni dati elaborati da Unioncamere riferiti ai fabbisogni occupazionali e formativi delle imprese, disponibili dal 2008 anche per le cooperative. La sintesi della ricerca rintraccia nel comportamento delle imprese cooperative elementi di maggiore positività rispetto alle imprese nel loro insieme: “Certamente le imprese cooperative sono state ‘toccate’ in modo meno pesante dalla crisi, in primo luogo perché il loro principale campo di attività sono i servizi, in particolare i servizi alle persone e alcune tipologie di servizi alle imprese, con una domanda più stabile e meno influenzata dalla congiuntura internazionale. Ma probabilmente altri fattori hanno contribuito a determinare questo minore impatto, con particolare riferimento soprattutto al radicamento di queste imprese sul territorio, mostrandosi più sensibili di altre forme di impresa a recepire gli stimoli che da esso provengono e a porre in atto strategie concrete di intervento. In tal senso, si potrebbe parlare di una funzione anticiclica svolta dal mondo della cooperazione”13. Nel 2008 la domanda per nuove assunzioni è ancora in crescita nonostante la crisi mondiale fosse già scoppiata. Nel 2009, invece, la domanda per nuove assunzioni manifesta una diminuzione. 13 Unioncamere [27] pag. 10 33 PROOF 1/10 4/09 3/09 2/09 1/09 4/08 3/08 2/08 1/08 4/07 3/07 2/07 1/07 0,00 Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale I dati riportati nella tab. 7 mostrano la positività delle imprese cooperative. Tab. 7 – Andamento assunzioni previste – Totale imprese e cooperative Totale Imprese Cooperative Coop / Tot. Imp. PROOF 2006 Non stagionale 695.770 80.410 11,6% 2007 2008 Non Non stagionale Totale stagionale 839.460 1.079.480 827.890 99.430 143.500 100.020 11,8% 13,3% 12,1% 2009 Totale 781.600 114.630 14,7% Non stagionale 523.620 74.610 14,2% Fonte: nostra elaborazione su dati Unioncamere [27] Nel 2009 la domanda per nuove assunzioni nelle imprese cooperative rappresenterebbe ben il 14,7% del totale; rammentando che nel 2006 l’occupazione nelle imprese cooperative rappresentava il 6,2% dell’occupazione totale, sarà facile apprezzare il ruolo di stabilità dell’occupazione che gioca l’economia cooperativa in Italia. Tenuto conto dei dati disaggregati per settore di attività abbiamo stimato che i neo-assunti nelle cooperative di lavoro potrebbero essere circa 77.000, su un totale di 114.630 per tutti i tipi di cooperative. Nelle cooperative cresce in modo significativo la domanda di laureati, allineandosi alla media nazionale. Cresce pure la domanda di diplomati, ma il dato resta inferiore alla media nazionale. E’ notevole come risulti che il 40% delle cooperative abbiano stimato per il 2009 nuove assunzioni, più del doppio della media nazionale. Secondo i ricercatori di Unioncamere: “Questo notevole differenziale positivo risente del fatto che … tra le cooperative sono ampiamente rappresentate imprese di grande dimensione (con oltre 50 dipendenti), che presentano una propensione ad assumere molto più elevata della media. Si osserva inoltre che le cooperative con fatturato in aumento e quelle innovatrici (cioè quelle che hanno dichiarato di avere realizzato innovazioni di prodotto/servizi nel corso del 2008) presentano una più elevata propensione ad assumere. Infatti, fra le cooperative che nel 2008 registrano un aumento di fatturato, quelle che assumono personale rappresentano il 53% (a fronte del 36% circa delle altre imprese), mentre tra quelle che hanno effettuato innovazioni si arriva al 54% (contro il 40% di quelle che non hanno innovato)”14 . 14 Unioncamere [27] pag. 22/23. 34 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Circa la tipologia dei contratti, le cooperative sembrano preferire forme di occupazioni più stabili. Per il personale non stagionale si stima che il 51% dei neoassunti in cooperativa sia inserito con un contratto a tempo indeterminato (media nazionale 48%) ed il 43% con un contratto a tempo determinato (media nazionale 41%). Le altre tipologie contrattuali, più insicure, sono quindi il 6% del totale per le cooperative contro una media nazionale dell’11%. Legata ai settori di attività a forte presenza cooperativa è, probabilmente, anche la maggiore richiesta di personale femminile. Nonostante il comportamento virtuoso espresso sino ad ora dalle cooperative, la grave crisi economica farà comunque registrare un calo netto dell’occupazione totale. I dati per il 2009 sono rappresentati nella tab. 8, da cui si evince come le cooperative peserebbero per il 12,2% delle nuove assunzioni, contro il 10,4% delle fuoriuscite. Esse rappresenterebbero quindi solo il 3,7% del saldo occupazionale negativo, tasso inferiore al loro peso sull’occupazione totale. Assunzioni Tab. 8 – Previsioni saldo occupazionale 2009 Imprese Totale Imprese Cooperative 781.600 95.220 Coop./ Tot. Impr. 12,2% Uscite 994.390 103.120 10,4% Saldo - 212.790 - 7.900 3,7% Fonte: nostra elaborazione su dati Unioncamere [27] Purtroppo al momento non sono disponibili dati relativi al ricorso agli aiuti pubblici a sostegno dell’occupazione (ammortizzatori sociali) che distinguano fra le imprese tradizionali e le cooperative. Fra questi istituti di sostegno accenniamo al contratto di solidarietà (CS) introdotto nell’ordinamento italiano nel 1984 con lo scopo di regolare la riduzione di orario di lavoro, senza procedere al licenziamento del personale esuberante. 15 Unioncamere [49] pag. 28/29. 35 PROOF Nelle cooperative sono invece più diffusi i contratti part-time e il personale extra comunitario, specie, secondo i ricercatori Unioncamere, “… a causa dell’indisponibilità da parte di molti italiani a svolgere alcune professioni giudicate faticose e/o di basso profilo … anche in contesti territoriali economicamente meno sviluppati”15. Capitolo 1 In questo caso l’esubero viene ripartito fra i lavoratori, attraverso una riduzione dell’orario lavorativo. I lavoratori che rientrano nel CS ricevono una integrazione salariale pari all’80% della retribuzione ordinaria per le ore non lavorate. Buone pratiche nr. 1 Cooperativa Ceramica Imola: un esempio di contratto di solidarietà PROOF La Cooperativa Ceramica Imola è la più antica cooperativa italiana di lavoro; nasce nel 1874, quanto il titolare si ritira dall’attività cedendo l’azienda ai propri dipendenti, motivato dalla volontà di contribuire al progresso dell’industria ed al miglioramento economico dei suoi lavoratori. Si può senz’altro affermare che la cooperativa abbia mantenuto fede a questo spirito: oggi opera su sette stabilimenti, occupando oltre 1.900 dipendenti; il fatturato 2009 è stato di quasi 280 milioni di euro. di cui circa il 70% esportato all’estero mentre il patrimonio netto è quasi di 240 milioni di euro. La cooperativa produce una vasta gamma di prodotti nel settore ceramico. All’esplodere della crisi a fine 2008 è tra le prime grandi aziende italiane a volere adottare il contratto di solidarietà, pur complesso e di non facile applicazione, garantendo coesione aziendale, impatto sociale e preservando la capacità e potenzialità del proprio personale, che ha fatto grande la cooperativa, evitando il ricorso a licenziamenti. Il contratto di solidarietà ha coinvolto tutti i 1.900 dipendenti, che in questo modo hanno potuto mantenere il loro posto di lavoro. (www.imolaceramica.it) Sul versante della formazione occorre rendere conto della collaborazione fra cooperazione e sindacati che nel 2002 hanno dato vita a Fon Coop, con lo scopo di finanziare la formazione continua nelle cooperative aderenti. Buone pratiche nr. 2 Fon Coop: cooperazione e sindacato per la formazione Con l’art. 118 della L. 388/2000 venne data la possibilità alle Associazioni imprenditoriali ed ai sindacati di dare vita a “… Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua” per i dipendenti delle imprese, dirigenti compresi, sulla scia di quanto già realizzato in Francia e Spagna. I Fondi non hanno fini di lucro ed hanno lo scopo di finanziare la formazione continua nelle 36 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza imprese associate utilizzando un contributo pari allo 0,30% del monto salari che le imprese sono tenute per legge a versare all’INPS. Nel 2002 fra le tra principali Associazioni cooperative (Confcooperative, Legacoop e AGCI) e i tre principali sindacati (CGIL, CISL e UIL) è stato costituito Fon Coop per i programmi di formazione continua nelle cooperative. I progetti finanziabili possono avere carattere nazionale, territoriale, settoriale o anche aziendale. Attualmente aderiscono a Fon Coop quasi 12.000 imprese (di cui ca. il 65% sono microimprese con meno di 9 addetti) ed i lavoratori coinvolti sono oltre 500.000 di cui quasi il 60% operanti all’interno delle nuove cooperative di lavoro e sociali. Negli ultimi cinque anni Fon Coop ha finanziato programmi di formazione per oltre 62 milioni di euro, coinvolgendo oltre 106.000 lavoratori, occupati in più di 2.600 imprese. Abilità personali Lavoro e produzione Organizzazione e gestione Contabilità e finanza Aspetti socio-psico-pedagocici Sicurezza e ambiente Qualità Lingue Informatica Cooperative Marketing e vendite Normativa Altro 14,9 5,8 12,8 2,3 11,3 13,4 4,0 1,6 4,4 2,1 7,6 1,8 18,1 Nell’aprile 2010 Fon Coop ha lanciato una nuova iniziativa strettamente legata all’attuale momento di crisi, dandosi due obiettivi prioritari: - intervenire presso le imprese ed i lavoratori che risentono della crisi, utilizzando piani formativi per migliorare la competitività e mantenere il livello di occupazione; - sostenere con processi formativi l’aggiornamento e la riconversione professionale dei lavoratori in condizioni di occupazione a rischio. Per il sostenimento di questi progetti Fon Coop ha stanziato 6 milioni di euro. (www.foncoop.coop) 37 PROOF La formazione erogata ha riguardato i seguenti contenuti (percentuale sul monte ore di formazione erogata): Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Dall’analisi Unioncamere [27] risulta inoltre che nel 2008 il 40% delle imprese cooperative abbia svolto attività formativa, contro la media nazionale del 26%; inoltre le cooperative prevedevano corsi formativi per il 45% delle nuove assunzioni contro una media nazionale del 29%. PROOF La formazione si è mossa anche sul versante della formazione cooperativa. Le Associazioni cooperative hanno da tempo intrapreso rapporti con molte università italiane, ma hanno privilegiato l’approccio formativo16, più che la necessità di diffondere cultura cooperativa tout-court. A nostro avviso si tratta di una questione estremamente importante perché la diffusione della cultura e la conoscenza delle imprese cooperative sono determinanti per creare un ambiente idoneo alla diffusione e promozione di nuove imprese cooperative, nonché a superare ostilità ideologiche ancora presenti17. 1.2.2 Le imprese cooperative di lavoro Dopo avere tracciato una panoramica sulla cooperazione in Italia, concentreremo l’attenzione sulla cooperazione di lavoro nei settori delle costruzioni, manifatturiera e servizi. I dati dei censimenti Istat sono basati sui settori di attività e non sulla natura dello scambio mutualistico, per cui possiamo stimare l’incidenza della cooperazione di lavoro solo per via indiretta. Abbiamo considerato come componenti della cooperazione di lavoro le seguenti attività: ▪▪ Costruzioni18 16 Da ricordare come presso l’Università di Bologna da quasi un decennio viene regolarmente svolto un corso formativo in Economia della Cooperazione. Analoga iniziativa è stata avviato da oltre cinque anni presso l’Università di Roma Tre. Altre collaborazioni più sporadiche sono state avviate presso altre Università. L’avvio delle iniziative è stato possibile grazie l’azione coordinatrice svolta dall’Istituto Luzzatti e ai finanziamenti dei Fondi per lo sviluppo della cooperazione. 17 La questione culturale e dell’insegnamento a livello universitario della cooperazione (e più in generale dell’economia sociale) è stato recentemente ripreso anche da Stiglitz il quale fa notare, quasi per contrasto, come il fondamentalismo di mercato che ha dominato pensiero ed azione negli ultimi trent’anni “… non fosse basato sulla scienza economica men che meno sull’esperienza data dalla storia. Esso è stato venduto dalla Thatcher nel Regno Unito e da Reagan negli Stati Uniti” [Moving beyond fundamentalism to a more balanced economy – Annals of Public and Cooperative Economics – nr. 80.3/2009 pag. 346]. 18 Purtroppo i dati Istat classificano in questo settore anche la cooperazione di abitazione, numericamente rilevante, ma con scarsa incidenza sul numero degli addetti. 38 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza ▪▪ Attività manifatturiere, al netto delle imprese agro-industriali, classificabili come cooperative agricole; ▪▪ Servizi, al netto delle attività finanziarie e immobiliari. Con queste criteri, abbiamo rappresentato nella tab. 9 il numero delle cooperative di lavoro e gli addetti. Tab. 9 – Numero e addetti delle cooperative di lavoro 1971 – 2001 Numero Imprese Addetti 1971 1981 1991 2001 1971 Coop Produzione 1.446 3.447 8.776 13.960 47.995 93.575 124.032 100.464 - Costruzioni 768 2.138 5.097 10.878 32.168 58.811 61.654 57.796 - Industria 678 1.309 3.679 34.764 62.378 42.668 Coop Servizi 1.773 3.991 6.683 13.611 48.874 - Alberghi e ristoranti 728 1.025 1.465 1.434 2.516 7.660 - Logistica e comunicazioni 897 1.517 2.442 5.650 44.475 44.495 - Istruzione 10 107 488 793 129 1.250 6.037 6.415 - Sanità e altri servizi sociali n.d. 144 0 809 n.d. 1.989 0 17.709 - Altri servizi 138 1.198 2.288 4.925 1.754 11.303 22.565 33.812 Totale 3.219 3.082 15.827 7.438 15.459 27.571 96.869 1981 1991 2001 66.697 108.468 237.941 15.700 25.859 64.166 154.146 160.272 232.500 338.405 Fonte: nostra elaborazione su dati Centro Studi Legacoop [8] Rapportando i valori della tab. 9 al totale imprese, possiamo calcolare l’incidenza percentuale delle cooperative di lavoro, per numero e per addetti, rispetto al totale imprese (tab. 10). Nel periodo 1971-2001 le cooperative di lavoro sono passate dallo 0,3% all’1,5% del totale di imprese e dall’1,3% al 3,7% degli addetti. La tabella riconferma come la dimensione media delle cooperative sia superiore alla media generale pressoché in tutti i settori, risultando infatti l’incidenza degli addetti sempre superiore all’incidenza del numero delle imprese. 39 PROOF Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Tab. 10 – Incidenza delle cooperative sul totale imprese, per numero e per addetti 1971 - 2001 PROOF Numero Imprese Addetti 1971 1981 1991 2001 Coop Produzione 0,3% 0,4% 1,1% - Costruzioni 0,6% 0,7% - Industria 0,2% Coop Servizi 1971 1981 1991 2001 1,4% 0,8% 1,4% 2,0% 1,6% 1,5% 2,1% 3,4% 4,9% 4,6% 3,8% 0,2% 0,7% 0,6% 0,3% 0,6% 1,2% 0,9% 4,0% 0,7% 1,0% 1,6% 4,0% 6,1% 6,6% 10,3% - Alberghi e ristoranti 0,4% 0,5% 0,7% 0,6% 0,5% 1,2% 2,2% 3,0% - Logistica e comunicazioni 1,0% 1,1% 2,0% 3,6% 4,9% 6,5% 5,7% 12,9% - Istruzione 0,2% 1,2% 4,0% 5,5% 1,0% 2,8% 9,5% 13,0% - Sanità e altri servizi sociali n.d. 2,6% 0,0% 0,4% n.d. 2,4% 0,0% 4,6% - Altri servizi 0,1% 0,7% 1,1% 2,1% 0,5% 2,8% 4,7% 5,9% Totale 0,3% 0,5% 1,0% 1,5% 1,3% 1,9% 2,6% 3,7% Fonte: nostra elaborazione su dati Centro Studi Legacoop [8] Per il periodo più recente, disponiamo dei dati dell’Albo delle società cooperative per il numero delle cooperative di lavoro e dei dati Unioncamere per gli addetti nel 2006. Tab. 11 – Numero cooperative iscritte all’Albo delle società cooperative 2006 2007 2008 Nr. % Nr. % Nr. % Totale Cooperative 72.274 100,0% 76.000 100,0% 79.400 100,0% Cooperative produzione e lavoro 26.656 36,9% 29.154 38,4% 31.378 39,5% Fonte. nostra elaborazione su dati Ministero [23] 40 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Numero Addetti Distrib. % % su tot. Economia Altri settori dell’industria in senso stretto 42.457 4,0% 1,0% Costruzioni 65.213 6,2% 3,5% Mense, ristorazioni, alberghi e serv. Turistici 40.576 3,8% 3,5% Trasporti e attività postali 184.037 17,4% 16,9% Informatica, TLC e altri servizi avanzati 67.634 6,4% 5,2% Servizi operativi alle imprese e persone 186.480 17,7% 9,9% Istruzione e servizi formativi privati 16.753 1,6% 22,7% Sanità e servizi sanitari privati 192.049 18,2% 51,3% Altre servizi alle persone 51.767 4,9% 7,5% Totale Cooperative lavoro e sociali 846.966 80,2% Industria alimentare e tabacco 39.022 3,7% 8,4% Commercio al dettaglio e all'ingrosso 88.115 8,3% 2,6% Credito, assicurazioni e servizi finanziari 82.005 7,8% 14,2% Totale altre cooperative 209.142 19,8% 1.056.108 100,0% Totale 6,2% Fonte. nostra elaborazione su dati Unioncamere [29] 1.2.3. Le imprese cooperative sociali Con la L. 381/1991 sono state istituzionalizzate in Italia le cooperative sociali con lo “… scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi (Coop di tipo A); b) lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate” (Coop di tipo B). La legge quindi attribuisce alle cooperative sociali finalità diverse sia dalle imprese di capitale (che perseguono lo scopo lucrativo) sia dalle cooperative tradizionali (che perseguono lo scopo mutualistico), in quanto la loro finalità è 41 PROOF Tab. 12 – Addetti imprese cooperative per settore di attività – 2006 Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale l’interesse generale19. PROOF L’evoluzione del welfare negli ultimi vent’anni, caratterizzata da una domanda di servizi sociali sempre più qualificata e dalla crisi fiscale dello stato, non ha semplicemente attivato un processo di esternalizzazione di queste attività dal settore pubblico al settore privato, ma ha permesso la nascita di nuovi soggetti imprenditoriali in grado di dare vita a forme innovative di gestione e di erogazione dei servizi stessi. Non si è trattato di un semplice passaggio di funzione dall’erogatore pubblico ad un erogatore privato, ma questo trasferimento ha comportato veri e propri processi di innovazioni organizzative e di prodotto, contribuendo ad allargare le dimensioni del settore e creando anche nuove forme di professionalità. Avere attribuito alle cooperative sociali la ricerca dell’interesse generale ha costituito un vantaggio per il superamento delle asimmetrie informative, che possono creare diffidenza verso imprese lucrative operanti nel settore del welfare sociale. Le cooperative sociali di tipo A offrono in prevalenza servizi socio-sanitari ed educativi, tramite la gestione di residenze protette, asili nido, centri diurni, comunità, presidi sanitari, assistenza domiciliare, servizi spesso resi a persone in situazione di disagio o fragilità sociale. Le cooperative sociali di tipo B forniscono opportunità di lavoro a persone svantaggiate, a vario titolo escluse dal mercato del lavoro. Si tratta sia di persone svantaggiate in senso stretto (alcolisti, detenuti ed ex detenuti, disabili fisici, psichici, tossicodipendenti) sia di persone che per povertà o perdita del posto di lavoro siano rimaste escluse dal mercato del lavoro per lungo tempo. Le cooperative sociali sono state oggetto di molti approfonditi studi, ma le analisi quantitative a livello nazionale si fermano al 2005. 19 Com’è noto, il 7° principio dell’Alleanza Cooperativa Internazionale identifica l’impegno delle cooperative verso la comunità, ma quello che vogliamo sottolineare nel testo è che l’interesse generale costituisce per le cooperative sociali un obbligo legale e la sola finalità per cui vengono fiscalmente privilegiate e non solamente un principio di comportamento. 42 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Nella tab. 13 abbiamo riportato l’evoluzione del numero delle cooperative sociali20. Tab. 13 – Numero cooperative sociali 2001 2003 2005 Attive 5.515 6.159 7.363 Non Attive 317 875 652 Totali 5.832 7.034 8.015 2006 2007 2008 12.249 13.216 14.139 Fonte: nostra elaborazione su dati Istat [18-19-20] e Ministero [23] Ci sembra rilevante il fatto che il 28,3% delle cooperative sociali attive siano nate prima della legge 381/91, a dimostrazione di un processo che il movimento cooperativo aveva ben interpretato, fornendo risposte concrete all’emergere di un bisogno crescente nella società italiana, anche in assenza di una specifica normativa. La cooperazione sociale ha risposto ad una domanda di servizi nata spontaneamente per risolvere problemi di fallimenti di mercato e non è il frutto, come sostengono invece alcuni critici, dell’azione della Pubblica Amministrazione “… che potrebbe sbarazzarsene in qualsiasi momento”21. Questa interpretazione critica del ruolo della cooperazione sociale va senz’altro respinta; essa mette in rilievo solamente l’aspetto esterno del processo di esternalizzazione dal pubblico al privato e non coglie non solo come in precedenza “… il sistema di welfare italiano [fosse] soprattutto basato su trasferimenti monetari e gli enti locali [avessero] poca esperienza nella gestione dei servizi sociali”, ma la vasta gamma di nuove forme di intervento e di coinvolgimento degli utenti nella gestione stessa del servizio (governance multi-stakeholders). 20I dati 2001-2005 sono di fonte Istat, mentre i dati 2006-2008 sono di fonte Albo delle Cooperative. Il forte sbalzo fra il 2005 ed il 2006 è a nostro avviso da imputarsi ad errori statistici. Considerato come i dati dell’Albo derivino da autodichiarazione delle cooperative stesse è da ritenere che i dati Istat sottostimino il fenomeno sino al 2005. Dal 2005 al 2008, il numero delle Cooperative sarebbe aumentato del 76,4%. Nello stesso periodo le Associate a Ferdersolidarietà, l’Associazione più importante sotto il profilo numerico, registra invece un aumento delle proprie associate del 34,5%. 21 Per una sintesi di questo dibattito si veda C. Borzaga in [17] pag. 23 e segg. Borzaga sostiene che la crescita della cooperazione sociale sia stata favorita anche da altre riforme istituzionali come l’avvento delle Regioni e del relativo decentramento amministrativo, che ha maggiormente influenzato la consapevolezza di risolvere “localmente” il soddisfacimento di primari bisogni sociali. 43 PROOF Trattandosi di un fenomeno istituzionalizzato con la legge 381/91, la composizione anagrafica delle cooperative sociali mostra una età media giovane (tab. 14). Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Tab. 14 – Composizione anagrafica delle cooperative sociali attive 2005 Numero Totale Ante 1990 1991 - 1995 1996 - 2000 2001 - 2005 Coop tipo A 4.345 33,2% 15,6% 29,2% 22,0% Coop tipo B 2.419 21,9% 18,3% 34,1% 25,7% Coop miste 315 26,0% 17,8% 36,8% 19,4% Consorzi 284 12,7% 22,5% 37,7% 27,1% 7.363 28,3% 16,9% 31,5% 23,3% Totale PROOF Fonte: Istat [20] Complessivamente, dal 2001 al 2005, il totale delle persone occupate nel settore è passato da 201.422 unità a 263.579, pari ad un + 30,9%, ma la crescita del personale retribuito (dipendenti, collaboratori, interinali) è aumentato nello stesso periodo del 40,9% (tab. 15). Tab. 15 – Risorse umane occupate nelle cooperative sociali 2001 – 2005 2001 Maschi 2003 Femmine Maschi 2005 Femmine Maschi Femmine Volontari 11.812 12.639 13.059 1.465 1.480 15.998 Religiosi 493 149 541 266 454 279 2.981 0 1890 1467 893 252 37.618 109.548 43.353 117.895 55.058 156.249 7.687 18.188 7.898 19.491 8.922 22.707 129 178 204 293 407 880 60.720 140.702 66.945 140.877 67.214 196.365 Servizio Civile Dipendenti Collaboratori Interinali Totale Totale Retribuiti (M+F) 173.348 189.134 244.223 Fonte: nostra elaborazione su dati Istat [18-19-20] Rilevante è anche la presenza femminile che nel 2005 ammontava a ca. al 74% sia degli addetti totali che degli addetti retribuiti, contro il 63% nel 2001. Anche la crescita del valore della produzione per il periodo 2001 – 2005 è stata rilevante, pari al 162,8%, come riportato nella tab. 16 22. 22Nel periodo successivo 2005-2008 molto probabilmente i ritmi di crescita si sono attenuati. Il fatturato delle Associate a Federsolidarietà è aumentato infatti del 34,5% e a Legacoop Sociali del 37,4%. 44 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Tab. 16 – Valore della produzione cooperative sociali 2001 – 2005 (€/000) 2001 2003 2005 Coop tipo A 2.615.102 3.106.648 4.132.604 Coop tipo B 812.779 1.019.792 1.353.616 Coop miste 92.640 169.580 214.638 Consorzi 398.456 529.941 680.417 Totale 3.918.977 4.825.961 6.381.275 100,0 123,1 162,8 Indice var. La dimensione media delle cooperative resta però modesta, anche se il peso delle cooperative maggiori tende a crescere. E’ probabile che nei prossimi anni si assisterà ad una fase di crescita della dimensioni aziendale media. Tab. 17 – Distribuzione cooperative sociali per classe di fatturato Classi VdP 2001 (€/000) Numero 2003 % 2005 Numero % Numero % sino a 100 1.418 25,7% 1.520 24,7% 1.680 22,8% 100 – 500 2.349 42,6% 2.520 40,9% 2.977 40,4% 500 - 2.000 1.376 25,0% 1.641 26,6% 2.042 27,7% 372 6,7% 478 7,8% 664 9,0% 5.515 100,0% 6.159 100,0% 7.363 100,0% oltre 2.000 Totale Fonte: nostra elaborazione su dati Istat [18-19-20] Date le finalità di interesse generale delle cooperative sociali ci pare significativo rilevare il loro impatto sugli utenti serviti dalle cooperative di tipo A e dal numero di persone svantaggiate inserite nel mondo del lavoro dalle cooperative di tipo B. Tab. 18 – Utenti ed inserimenti realizzati 2001 – 2005 Numero Utenti serviti da Coop Tipo A Persone svantaggiate inserite da Coop Tipo B 2001 2003 2005 2.112.153 2.403.245 3.302.551 18.692 23.587 30.141 Fonte: nostra elaborazione su dati Istat [18-19-20] 45 PROOF Fonte: nostra elaborazione su dati Istat [18-19-20] Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Dopo circa venti anni dall’entrata in vigore della legge sulla cooperazione sociale, il quadro si sta modificando, presentando quindi nuovi rischi e opportunità23. La prima questione ha ancora natura istituzionale ed è rappresentata dall’approvazione della legge 118/2005 riguardante l’impresa sociale che, in estrema sintesi, allarga la possibilità ad operare nei settori sino ad ora occupati in larga prevalenza dalle cooperative sociali anche ad altre imprese che ne condividano la finalità di pubblico interesse, ma che possono avere diversa forma giuridica (società per azioni o società a responsabilità limitata). PROOF In questi primi anni dall’entrata in vigore della nuova legge, sta però emergendo un interesse molto contenuto verso questa nuova forma di impresa, per cui è assai probabile che le cooperative sociali restino ancora l’asse portante del settore. La seconda questione riguarda invece la forte dipendenza della cooperazione sociale dai finanziamenti della Pubblica Amministrazione. Secondo i dati Istat [18-19], nel 2005 la domanda pubblica incideva per il 65,9% del ricavato delle cooperative sociali, percentuale che saliva al 72,8% per le cooperative di tipo A (il segmento più consistente). Inoltre entrambe le percentuali risultavano in crescita rispetto al 2003. Il fenomeno desta preoccupazione se si tiene conto della tendenza di contenimento della spesa pubblica e dell’allungamento dei tempi di pagamento da parte della pubblica amministrazione. Sorge quindi naturale chiedersi se esista una domanda di beni e servizi sociali fuori dalla sfera pubblica e se le cooperative sociali abbiano adeguatamente ricercato di intercettare questa domanda, dimostrando di avere la professionalità e le condizioni economico-finanziarie necessarie o al contrario se si siano eccessivamente adagiate sull’intervento pubblico. 23Non è nostra intenzione trattare tutte le problematiche che riguardano la Cooperazione sociale, ben consapevoli che temi come la soddisfazione sul lavoro, le qualifiche professionali e le relazioni sindacali, hanno per queste cooperative una portata del tutto peculiare, al pari dei temi riguardanti il volontariato e le donazioni. Parimenti abbiamo escluso la discussione sui temi dell’evoluzione del welfare, in particolare quelli legati: a) alla crescita di una società sempre più multietnica, con tutte le tematiche relative all’accoglienza, all’inserimento e alla formazione; b) allo sviluppo di nuove forme di povertà ed al tema dell’abitazione (housing sociale); tutti temi che richiederebbero notevole spazio per essere trattati in modo esaustivo. 46 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Due settori mostrano interessanti potenzialità di domanda privata: a) asili nido istituiti a livello aziendale; b) servizi residenziali per persone non autosufficienti, che richiede però forti investimenti di carattere immobiliare24. Un’altra strada avviata è invece quella del “marchio aziendale”, con cui caratterizzare la qualità dei servizi erogati. Particolarmente attiva in questo caso risulta il CGM (Consorzio Gino Mattarelli) che ha lanciato da prima il marchio PAN, assieme a Legacoop Sociali e Compagnia delle Opere e, in proprio, il marchio “Welfare Italia” nel settore della sanità leggera (poliambulatori, studi odontotecnici ecc.). Poco esplorate sono invece le diversificazioni fuori dal tradizionale sistema di welfare, come il turismo sociale e l’agricoltura sociale, da inserire in circuiti ad hoc, come quelli rappresentati dai negozi di commercio equo-solidale. Un terzo aspetto è rappresentato dall’evoluzione dei rapporti contrattuali che legano le cooperative sociali e la Pubblica Amministrazione25, auspicando la diffusione di forme contrattuali basate su relazioni fiduciarie di lungo periodo, piuttosto che la ricerca del costo minimo. Il primo approccio sarebbe senz’altro favorito dalla particolare struttura di governance prevalente nelle cooperative sociali che, coinvolgendo tutti gli attori sociali (governance multistakeholder), migliorerebbe sia la crescita della base fiduciaria fra i soggetti stessi, ma anche sistemi di monitoraggio più efficienti per raggiungere finalità sociali condivise. 24Legacoop aveva studiato la possibilità di dare vita a “Fondi Immobiliari” dedicati alle residenze per anziani gestiti da cooperative sociali, ma l’iniziativa non ha attirato l’interesse necessario. 25Per una analisi dettagliata di questo tema, si veda L. Fazzi e S. Longhi in [17] pagg. 103-139. 47 PROOF Un altro settore in fortissima crescita, legato al progressivo invecchiamento della popolazione residente ed alla caduta verticale dei tradizionali sistemi di assistenza familiare, è rappresentato dai servizi domiciliari per anziani, domanda ora principalmente soddisfatta dalle “badanti” straniere, operatrici senza alcuna precisa qualifica, spesso impiegate con contratti in nero. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale 1.2.4. Le imprese cooperative aderenti alle Associazioni di rappresentanza Il movimento cooperativo italiano si è storicamente organizzato attraverso un duplice sistema a livello federale e confederale. Le cooperative si associano per settore di attività in federazioni, che si associano a livello confederale. Questo sistema di rappresentanza è seguito sia a livello territoriale (provinciale e regionale), sia a livello nazionale. Le tre maggiori Associazioni di rappresentanza, Legacoop, Confcooperative e Agci, rappresentano il livello confederale di aggregazione di federazioni settoriali. Riferendosi esclusivamente ai settori di attività aderenti a Cecop, il quadro della rappresentanza delle cooperative italiane è illustrato nella fig. 1. PROOF Fig. 1 – Le Associazioni di rappresentanza delle cooperative in Italia Associazione Legacoop Settore Lavoro ANCPL Servizi Legacoop Servizi Sociale Legacoop Sociali Confcooperative Agci Federlavoro Agci Produzione ei Servizi Federsolidarietà AGCI Solidarietà I dati quantitativi riportati nei paragrafi precedenti si riferiscono alla cooperazione italiana nel suo complesso. Le fonti statistiche citate, Istat, Unioncamere e Albo delle Società cooperative, non danno alcuna indicazione sulle Associazioni di appartenenza delle cooperative. I dati di rappresentanza sono forniti dalle singole Associazioni. Pur essendoci diversità nei criteri di rilevazione dei dati, crediamo possibile valutare il grado di rappresentanza delle tre maggiori Associazioni sul totale delle cooperative. Su 79.400 cooperative iscritte all’Albo Nazionale, le Associazioni cooperative dichiarano 41.725 enti aderenti, comprensivi anche delle società controllate da cooperative e non iscritte all’Albo. Dal punto di vista numerico quindi le cooperative aderenti alle Associazioni dovrebbero essere poco più della metà, ma il loro peso è sicuramente più rilevante dal punto di vista del fatturato e dell’occupazione. Il Ministero valuta, per il 2008, il valore della produzione delle cooperative 48 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza inscritte all’Albo pari a 95.610 milioni di euro, escluso le 436 Banche di Credito Cooperativo, ma dichiara che tale valore è riferito solo alle 46.093 cooperative che hanno deposito il bilancio 2008. Possiamo valutare che le cooperative che non hanno depositato il bilancio, pari a 33.307 (41.9% del totale), siano di dimensioni piccole e piccolissime o che non abbiano avviato alcuna attività. Le Associazioni cooperative denunciamo invece un valore della produzione delle proprie associate per oltre 120.000 milioni di euro. Le ragioni di questa discrepanza coi dati ministeriali possono essere: b) i dati delle Associazioni aggiungono anche il valore della produzione delle imprese di capitali controllate, alcune delle quali sono di dimensioni assai rilevante; c) un numero limitato di cooperative, ma di grandi dimensioni, aderisce a più Associazioni di rappresentanza, provocando una duplicazione del fatturato nei dati di queste ultime. Possiamo quindi stimare che il fatturato prodotto dalle cooperative aderenti alle Associazioni di rappresentanza sia comunque superiore al loro peso numerico. Per quanto riguarda il peso delle cooperative di lavoro e sociali, sulla base dei dati disponibili, abbiamo ricostruito la stima di cui alla tab. 19. Tab. 19 – Cooperative di lavoro e sociali - 2008 Albo Cooperative Nr. coop Coop lavoro 31.378 Addetti Coop sociali 14.139 Totale 45.517 846.966 Aderenti alle Associazioni Cooperative Nr. Addetti VdP/mil € coop 10.540 461.079 312.515 % aderenti alle Associazioni Nr. Addetti Coop 33,6% 7.524 269.735 7.521 53,2% 18.064 730.814 320.036 39,7% 86,3% 26Sino ad oggi il Ministero ha esonerato le Banche di Credito Cooperativo dal deposito del bilancio annuale presso l’Albo delle Cooperative. 49 PROOF a) i dati ministeriali [22] non rilevano i dati delle Banche di Credito Cooperativo26, stimabili in oltre 9.000 milioni di euro; Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale E’ quindi verosimile che le Associazioni aggreghino metà delle cooperative di lavoro e sociali iscritte all’Albo, ma che le stesse rappresentino circa l’85% dell’aggregato in termini di addetti e fatturato. PROOF Le cooperative non affiliate sono in genere di piccole dimensioni, ma numericamente rilevanti. Al loro interno, mancando l’azione di sorveglianza esercitata dalle Associazioni, si nascondono anche imprese definibili come “spurie”, che agiscono fuori non solo dalla corretta applicazione dei principi cooperativi ma anche dalla legislazione stessa. Il problema è particolarmente grave perché le cooperative, assai più delle imprese private, sono percepite dall’opinione pubblica come un unico corpo. Un comportamento illegittimo, uno scandalo ecc. che riguarda una singola cooperativa viene percepito come se coinvolgesse tutte le cooperative, mentre uno scandalo come quello di Parmalat resta lo scandalo Parmalat e non delle società per azioni. Questo fenomeno ha ingenerato un contenzioso fra il Ministero e le Associazioni di rappresentanza in tema di vigilanza, che per le cooperative non aderenti ad una associazione riconosciuta spetterebbe allo stesso Ministero, ma che di fatto viene svolta con scarsa regolarità. 2. LE RISPOSTE DELLE IMPRESE COOPERATIVE PER IL SUPERAMENTO DELLA CRISI 2.1. Creazione di nuove cooperative e processi di crescita Le cooperative operano prevalentemente all’interno di contesti istituzionali nati per le imprese di capitale finalizzate alla creazione di valore per gli azionisti, per non parlare di evidenti casi di ostilità ideologica27. In tali contesti, il rischio per le cooperative è di trovarsi marginalizzate, costrette ad operare all’interno di settori di nicchia, più o meno protetti dalla mano pubblica. 27 “… la società americana in generale ed in particolare alcuni settori chiave di essa (come i banchieri), sono contrari alla proprietà dei dipendenti per ragioni ideologiche ed hanno utilizzato il proprio potere per impedirne lo sviluppo e per privarla di una propria legittimazione ideologica” H. Hansmann [15] pag. 119. In Italia questa ostilità ideologica sembrerebbe meno drammatica, ma non sono infrequenti campagne denigratorie contro le cooperative. 50 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Per essere invece soggetti attivi operanti a pieno titolo su mercati concorrenziali, le cooperative devono compiere uno sforzo maggiore delle imprese concorrenti, per cui il tema della “crescita” è un imperativo di sopravvivenza. Ogni cooperativa deve affrontare individualmente il tema della crescita, ma deve nello stesso tempo affrontare il tema della crescita di tutto il movimento cooperativo. Non è un caso quindi che il movimento cooperativo abbia sviluppato forme di aggregazione societarie del tutto originali e forme di rappresentanza che non si limitino all’azione di lobbyng, ma che siano anche strumenti di promozione di nuove cooperative e di processi di crescita. A) Modelli di crescita individuali: ▪▪ Start-up: imprese di nuova creazione; ▪▪ Spin-off: imprese di nuova creazione, nate dall’iniziativa di cooperative già esistenti ed inserite all’interno di networks consolidati; ▪▪ Trasferimento di imprese senza eredi: imprese economicamente sane nelle quali l’imprenditore, non avendo successori, cede l’impresa ai lavoratori che la trasformano in cooperativa; ▪▪ Trasferimento di imprese in crisi: imprese che rischiando la cessazione dell’attività, vengono rilevate dai propri lavoratori che le trasformano in cooperativa. ▪▪ Processi di ristrutturazioni interni: processi sviluppati all’interno delle cooperative esistenti che affrontano il cambiamento per rendere stabile l’occupazione. B) Modelli di crescita per aggregazione: ▪▪ Imprese controllate: imprese di capitali nate e controllate per iniziative di una o più imprese cooperative già esistenti; ▪▪ Gruppi: processi di integrazione di carattere orizzontale fra cooperative già esistenti; ▪▪ Fusioni: processi di aggregazione per fusione fra cooperative esistenti. Nella presente sezione affronteremo i processi di crescita del primo tipo 51 PROOF Nel presente lavoro abbiamo sviluppato otto modelli di crescita suddivisi in due macro-aree: Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale (individuali), mentre nella sezione successiva affronteremo i processi di crescita del secondo tipo (per aggregazione). 2.1.1. Start-up I dati dell’Albo delle società cooperative permettono una ricostruzione parziale della demografia delle cooperative per il periodo 2005-2009, al centro di questo studio. PROOF I dati dell’Albo indicano l’incremento delle cooperative di lavoro e sociali per il periodo 2006-2008 pari a 6.755 unità, per cui è verosimile che l’incremento netto per l’intero periodo 2005-2009 possa essere stato di 10.000 cooperative. Nello stesso periodo, sulla base dei dati forniti dalle Associazioni cooperative, risultano 4.652 nuove cooperative che, nel 2009, hanno sviluppato un fatturato di 1.800 milioni di euro ed una occupazione di 55.000 persone. Mediamente le nuove cooperative hanno sviluppato un fatturato di poco inferiore a 400 mila euro occupando 12 persone28. Le informazioni raccolte non ci hanno permesso di ricomporre completamente i processi di crescita secondo i modelli in precedenza esposti, ma sono comunque sufficienti per individuare dei trend ben delineati. In primo luogo abbiamo stimato che le cooperative di nuova costituzione (start-up) nel periodo 2005-2009 siano il 70-75% del totale. Gli start-up quindi costituiscono la forma prevalente per la nascita di nuove cooperative. Il peso delle organizzazioni cooperative è determinante per l’avvio di queste nuove imprese, ma un numero di nuove cooperative nasce anche spontaneamente e si avvicina ad una Associazione solo in un secondo momento. La capacità attrattiva delle Associazioni resta rilevante essendo in grado di fornire servizi essenziali sia nella costruzione del business-plan sia nell’avvio dell’attività. Nel capitolo terzo illustreremo la rilevanza delle istituzioni finan28Il dato sul fatturato ci sembra verosimile, mentre il dato sull’occupazione ci pare eccessivo. E’ probabile che ciò dipenda dalla forte incidenza di personale part-time. Sulla base di alcune nostre valutazioni sulla presenza di lavoratori part-time, è probabile che gli occupati in termini di unità di lavoro equivalenti siano stimabili in 7/8 persone, valore che resta comunque superiore alla media delle nuove imprese nate in Italia. Alcune nuove cooperative hanno comunque raggiunto fatturati rilevanti, anche superiori a 5 milioni di euro. 52 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza ziarie, facenti capo alle Associazioni cooperative, nell’avvio e nel consolidamento delle cooperative. 2.1.2. Spin-off Riteniamo necessario soffermarci un attimo su questa tipologia perché, al di là di ogni giudizio di merito, rappresenta comunque un sistema quanto mai originale. Questo sistema viene definito “campo di fragole”, a seguito della metafora impiegata da Felice Scalvini, primo presidente di Federsolidarietà e del consorzio CGM: “Non so se avete mai osservato qualche tratto di terreno montano in cui si trovano ad essere insediate in modo sparso alcune piante di fragole. Il loro sviluppo è rapido, ma nessuna piantina cresce più di tanto, da ciascuna partono solo stoloni che ad una certa distanza radicano producendo la nascita di una nuova piantina che non appena raggiunta una certa dimensione si riproduce allo stesso modo. Credo che questa debba essere la nostra strategia: tante cooperative di solidarietà sociale, nate grazie all’apporto di idee, solidarietà, esperienze e uomini forniti da altre cooperative, ma ciascuna radicata nella propria comunità locale ed in grado di crescere autonomamente, per poi fornire il proprio contributo alla nascita ed allo sviluppo di nuove realtà”29. In questa strategia il ruolo dello stolone che si ramifica e genera nuove piantine è svolto dal sistema consortile, come illustrato nella fig. 2. 29 Questo modello è stato a lungo analizzato, ma continua ad essere oggetto di discussione, anche all’interno della stessa Confcooperative a cui aderisce Federsolidarietà, dove non tutti i pareri sono unanimi (per esempio [38] pag. 117). 53 PROOF La seconda tipologia prevalente è rappresentata dalla nascita di nuove cooperative attraverso il distacco di attività da altra impresa (spin-off). Abbiamo stimato che le cooperative avviate in questo modo oscillino fra il 2528% del totale, ma risultino fortemente concentrate fra le cooperative sociali aderenti all’organizzazione cooperativa settoriale Federsolidarietà (integrata nell’Associazione di rappresentanza Confcooperative), anzi, ne costituiscono quasi un marchio d’origine. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Fig. 2 – I Consorzi nel sistema Federsolidarietà COOPERATIVE PROMOTRICI AZIONE DI SVILUPPO COOP 1 COOP 2 COOP 4 CONSORZIO COOP 3 PROOF COOPERATIVE PROMOSSE COOP 5 COOP 6 Nel paragrafo 2.2.1 affronteremo il tema del ruolo dei consorzi nel contesto dello sviluppo delle imprese cooperative, ma qui è necessario affermare come, all’interno di Federsolidarietà, i consorzi giochino un ruolo diverso da quello tradizionale30. La parte sinistra della figura rappresenta il modello consortile tradizionale, quando alcune cooperative delegano alcune funzioni aziendali ad un nuovo soggetto, il consorzio La parte destra rappresenta invece l’originalità del “modello campo di fragole”, dove il consorzio diventa promotore di nuove cooperative. Buone pratiche nr. 3 Il Consorzio Meridia Il Consorzio Meridia è stato costituito nel 1999 per iniziativa di sei cooperative come strumento comune per affrontare i temi e le problematiche dell’imprenditoria sociale. Il consorzio fin dalla nascita si è posto il duplice problema della integrazione fra le associate e la promozione di nuove cooperative. Il primo scopo viene perseguito sviluppando una intensa attività formativa organizzata in due distinte aree di attività: 30 Dalle indagini Istat [19] emerge come le funzioni normalmente delegate al consorzio siano quelle di promozione commerciale e general contractor. 54 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza a) Sistema di qualità e bilancio di responsabilità sociale. Il sistema di qualità per il gruppo è stato avviato nel 2001 e ad oggi, oltre al consorzio, hanno la certificazione di qualità anche 18 associate. Nel 2008 il Consorzio ha redatto il primo bilancio di responsabilità sociale, seguito già da 11 associate. b) Formazione e sviluppo civile. Il Consorzio ha il compito di programmare i fabbisogni formativi sia a livello di singola cooperative che complessivamente come gruppo. Anche l’attività di promozione è stata organizzata in due aree di attività: In quest’area sono concentrate tutte le attività finalizzate all’inserimento delle fasce deboli di lavoratori, incluse alcune categorie, come le vittime di violenza, ignorate dalla legge attuale. Spesso queste politiche sono frutto di ricerche i cui risultati sono resi pubblici da Meridia con apposite iniziative divulgative (le relazioni di ricerca sono disponibili al sito internet del Consorzio). b) Sviluppo e Innovazione. Il Consorzio supporta le iniziative di start-up di nuove imprese sia con la costruzione del business-plan, sia con ricerche di mercato ad hoc. All’interno di questa area è inserita anche l’attività più propriamente commerciale, come la partecipazione a bandi di gara per servizi integrati complessi, assumendo anche il ruolo di general contractor. L’attività di promozione è stata avviata dal consorzio sin dal suo primo anno di nascita con la costituzione della cooperativa di tipo B Tasha. Attualmente aderiscono al consorzio 29 cooperative. Il fatturato complessivo del gruppo è di oltre 20 milioni di euro e le persone occupate sono circa 2.000, mentre le persone coinvolte nell’attività svolta sono state: - 1.600 persone anziane - 1.400 minori - 700 disabili - 340 famiglie - 40 tossicodipendenti - 70 immigrati (www.consorziomeridia.it) 55 PROOF a) Politiche attive del lavoro. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Oltre al caso Federsolidarietà, esistono pochi altri casi di avvio d’impresa tramite spin-off, riconducibili ad una delle seguenti motivazioni: ▪▪ Consolidare attività non strategiche in una società di capitali controllata; ▪▪ Razionalizzare la catena di controllo in cooperative operanti in settori differenti; ▪▪ Avviare strategie di joint-venture con imprese di capitali; ▪▪ Accedere tramite una società controllata al mercato del capitale di rischio31; PROOF Un’altra motivazione, che fortunatamente non abbiamo riscontrato nei casi esaminati, è l’avvio del processo di demutualizzazione della cooperativa. Start-up e spin-off rappresentano quindi le forme più comuni di nascita di nuove imprese cooperative, riducendo le altre forme esaminate a casi limitati e sporadici. 2.1.3. Trasferimento di imprese Nonostante l’enfasi con cui la Commissione Europea ha discusso sin dal 1994 [11] il tema del trasferimento delle imprese, per mancanza di successori o per crisi, il dibattito non è decollato in Italia e non ha prodotto interventi legislativi significativi, a parte la detassazione degli assi ereditari. La relazione finale elaborata dagli esperti incaricati dalla Commissione presentata nel 2002 [12], non cita una sola volta l’opzione cooperativa, per cui, fra le raccomandazioni, manca qualsiasi accenno a possibili interventi a sostegno dell’impegno finanziario dei lavoratori per trasformare in cooperativa l’impresa nella quale lavorano. Nel 2003 ANCPL organizzò un convegno sul tema del workers buy out [2] dal quale emerse come tema dominate quello dell’informazione: “Il problema forse 31 Un esempio significativo è rappresentato dalla Coopservice di Reggio Emilia. Coopservice è una delle maggiori imprese italiane del settore dei servizi (pulizie, vigilanza, facchinaggio ecc) con un fatturato consolidato di quasi 550 mil. di euro. La Cooperativa aveva acquisito una impresa privata che esercita l’attività di lavanolo. Nel giro di alcuni anni, Coopservice ha trasferito la propria attività di lavanolo nella controllata Servizi Italia spa, arrivando ad un fatturato di oltre 110 milioni di euro. Nel 2007 Servizi Italia spa è stata quotata alla Borsa Valori di Milano; Coopservice ha mantenuto il controllo a maggioranza assoluta di Servizi Italia spa. 56 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza più importante da affrontare quando si parla di trasmissione d’impresa è quello dell’informazione” 32. La stessa relazione poneva il tema del sindacato come fonte primaria di informazioni, ma rilevando, contestualmente, che per le PMI “… gli stessi funzionari sindacali non sono al corrente delle opportunità che si possono ritrovare nelle trasformazioni delle aziende in crisi in imprese cooperative”33. Date queste premesse, non dovrebbe stupire il fatto che le cooperative nate nel periodo 2005-2009 da trasformazione di imprese di capitale siano state in numero modesto. Dai dati forniti dalle Associazioni cooperative, si può concludere che siano molto poche le cooperative nate da trasformazione di imprese e nella stragrande maggioranza dei casi la causa è stata una situazione di crisi d’impresa più che la mancanza di una alternativa imprenditoriale. La dimensione di queste imprese è in genere modesta. L’attività esercitata è sempre di carattere industriale e quasi mai di servizi, ad esclusione di qualche 32 [2] pag. 20 33 [2] pag. 23 34[2] pag. 41. Vale la pena ricordare come la trasformazione di una impresa in crisi in cooperativa sia, a volte, il frutto di una lunga lotta sindacale. Ultimamente questo è stato il caso della Nuova Bulleri Brevetti costituita nel luglio 2010 che ha ottenuto la gestione della Bulleri Brevetti srl dopo quasi un anno e mezzo di lotta sindacale. La Bulleri Brevetti è una azienda storica italiana nata nel 1935 che aveva raggiunto una posizione di avanguardia nella produzione di macchinari per la lavorazione del legno (dal pantografo elettronico al taglio laser). Nel 1996 la Società entra a far parte del gruppo Sicar che, nel 2009, decide di chiudere lo stabilimento della Bulleri Brevetti per concentrare l’attività in due altre società del gruppo. I lavoratori danno avvio ad una lotta sindacale mirante ad impedire la chiusura dello stabilimento. Obiettivo appena raggiunto con la costituzione della nuova cooperativa. 57 PROOF Giudizio avvallato da un autorevole dirigente sindacale che ammetteva, senza mezzi termini, come lui stesso nella sua esperienza “… abbia però sempre teso a considerare quella del passaggio o della trasmissione dell’impresa ai lavoratori come l’ultima soluzione possibile, una volta esaurite ed esplorate tutte le strade”34. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale caso operante nel settore informatico35. 2.1.4. Ristrutturazioni interne PROOF Più complesso è stato il tentativo di stimare i processi di ristrutturazione interni adottati dalle cooperative finalizzati alla stabilizzazione dell’occupazione, anche perché gli effetti della crisi economica sono ancora in movimento ed è impossibile farne un bilancio definitivo. Abbiamo esaminato l’andamento di alcuni indici di bilancio come misura di questi processi per un numero significativo di cooperative36 per il biennio 20072008 che avrebbero dovuto cogliere l’impatto dell’attuale crisi economica. Anche se la crisi a fine 2007 era già manifesta, i dati di bilancio riflettono in buona parte decisioni prese in precedenza, per cui l’esercizio è interpretabile come ultimo “esercizio ante-crisi”, mentre il 2008 incorpora già il risultato delle decisioni adottate per fronteggiare la crisi, per cui può essere assunto come metro di misurazione del cambiamento di comportamento. I dati sono riassunti nella tab. 20. Il valore della produzione registra un incremento complessivo del 9,25%, accompagnato da un incremento anche degli investimenti, pari a quasi il 53%. L’unico dato negativo è rappresentato dall’incremento dell’indebitamento finanziario (+ 18,51%) che potrebbe essere anche il risultato di una riduzione del cash flow. 35 In questo settore meritano di essere citate le esperienze di P.M.A. Engineering e Telea Sistemi. La prima cooperativa sorge nel 2003 dallo scorporo di un ramo aziendale di una impresa privata e si rivolge a progettisti e costruttori meccanici che hanno bisogno di un supporto per lo sviluppo di progetti senza doversi creare una propria struttura. Utilizzando software integrati, la P.M.A. può operare in perfetta sinergia coi propri clienti e, in collaborazione con officine meccaniche in partnership, per realizzare lavorazioni meccaniche di precisione e realizzazione del particolare progettato. Anche Telea Sistemi nasce dallo scorporo di un ramo d’azienda di una impresa privata. Nata nel 2005 la società si è specializzata nel realizzare soluzioni nel mondo delle telecomunicazioni e del networking, progettando, realizzando e gestendo sistemi integrati di fonia, dati, video e sicurezza. 36 Il nostro campione è così composto: - Cooperative di lavoro costruzioni e industriali: 449 - Cooperative di lavoro servizi: 1.047 - Cooperative sociali: 805 58 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Tab. 20 – Andamenti di alcuni indici di bilancio 2007-2008 - 2008 -∆% Coop Lavoro Cooperative Servizi Sociali Totale Cooperative 4.534.871 1.424.981 15.424.848 10.370.615 4.886.591 1.594.643 16.851.849 Investimenti netti: - 2007 9,57% 305.120 7,76% 196.321 11,91% 53.511 9,25% 554.952 - 2008 524.515 246.916 77.584 849.015 -∆% Indebitamento finanziario: 71,90% 25,77% 44,99% 52,99% - 2007 2.212.666 635.384 168.019 3.016.069 - 2008 2.675.081 700.229 199.043 3.574.353 -∆% 20,90% 10,21% 18,46% 18,51% Fonte: nostra elaborazione su dati fornitici da C.R.M. srl 2.2. Le aggregazioni cooperative Le cooperative, da una parte, hanno sempre manifestato la volontà di mantenere la loro indipendenza, che spesso è l’elemento costituente del proprio radicamento sul territorio, ma, contemporaneamente, hanno sempre dimostrato la volontà di ricercare combinazioni imprenditoriali con altre cooperative, per poter crescere. Accanto al più classico strumento di aggregazione, la fusione, le cooperative hanno dato vita ad un istituto originale, il consorzio. In tempi recenti, soprattutto le cooperative di grandi dimensioni, spesso con una lunga storia anche centenaria, hanno dato vita a gruppi societari, dove la cooperativa ha assunto il ruolo di capogruppo di controllo di società di capitale. Abbiamo perciò distinto i processi di crescita per aggregazione in quattro fattispecie: 59 PROOF Valore della Produzione: - 2007 Coop Lavoro Costruzioni & Industriali 9.464.996 Indicatori Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale ▪▪ consorzi cooperativi ▪▪ gruppo paritetico (gruppo orizzontale) ▪▪ fusioni ▪▪ cooperative capogruppo (gruppo verticale). 2.2.1. I consorzi cooperativi ed il gruppo cooperativo paritetico 2.2.1.1. I consorzi cooperativi PROOF Il principale istituto utilizzato dalle cooperative italiane per favorire i processi di crescita è il consorzio, una società cooperativa costituita da cooperative. Sotto il profilo economico37, possiamo individuare le seguenti motivazioni alla base di un accordo consortile: a) Consorzi che realizzano un processo di integrazione del processo produttivo. Questa forma si è particolarmente sviluppata fra le cooperative di conferimento di prodotti agricoli. b) Consorzi per l’acquisto collettivo di beni e servizi a favore delle proprie associate. Questa forma si è sviluppata particolarmente nel settore della cooperazione di consumo. c) Consorzi a cui vengono delegati compiti definiti, ma non in via esclusiva. La forma più comune è il consorzio incaricato di partecipare a gare di appalto, la cui esecuzione verrà assegnata alle cooperative associate; forma che ha trovato una forte diffusione sia fra le cooperative di lavoro (costruzioni e servizi) sia fra le cooperative sociali. I consorzi di tipo b) e c) condividono la logica di accrescere il potere contrattuale delle cooperative associate. 37 Occorre precisare che l’angolo visuale da noi preso in considerazione è esclusivamente riferito al tema della crescita e quindi sottovaluta altre funzioni vitali dell’esperienza consortile. Una analisi esaustiva del ruolo dei consorzi dovrebbe tener conto anche del ruolo di mediazione che possono esercitare fra gli interessi delle associate, la promozione di formazione manageriale (compreso anche la gestione di interscambi di dirigenti), la formazione dei lavoratori, la divulgazione di know how e best practices fra le associate ecc. 60 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Con la legge 127/1971, il legislatore italiano disciplinò la materia dei consorzi cooperativi, affiancando ai consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici appalti, altre due figure di consorzi: ▪▪ Consorzi di società cooperative; ▪▪ Consorzi di società cooperative per il coordinamento della produzione e degli scambi. La prima tipologia consortile identifica sostanzialmente il consorzio nella cooperativa di secondo grado. In questo modo viene ampliata la possibilità di costruire un nuovo strumento organizzativo, atto a facilitare il raggiungimento dello scopo mutualistico delle cooperative partecipanti, allargandone l’attività rispetto all’originario ruolo ristretto di ammissione ai pubblici appalti. Secondo Bonocore, questo provvedimento è alla base “… dell’esplosione della cooperazione di grado superiore – secondo, terzo, quarto grado – che è essenzialmente una cooperazione di servizi e che ha rilanciato in modo assai significativo l’intero movimento cooperativo, contribuendo a salvare dalla scomparsa molte cooperative fino a quel momento in condizioni di isolamento nei confronti del mercato”39. 38 Legge 25 giugno 1909 nr. 422, resa operativa nel 1911 con R.D. nr. 278. Il periodo antecedente la I Guerra Mondiale è stato ricco di provvedimenti aventi per oggetto l’impresa cooperativa, al punto che un autorevole giurista ha definito questa legge “… come il miglior parto del legislatore italiano in tema di cooperazione” [6] pag. 44 39 [6] pag. 323 61 PROOF La genesi storica di questo istituto risale ad una legge del 190938, intesa a favorire la partecipazione delle cooperative di lavoro alla esecuzione di opere pubbliche, con uno strumento societario sufficientemente grande da poter competere con le imprese private ed in grado di dare dovute garanzie all’appaltatore circa la buona esecuzione dei lavori. Con questo strumento le cooperative poterono partecipare alla assegnazione di lavori per importi non accessibili a livello di singola impresa. Il successo fu immediato e nel giro di poco più di un anno si costituirono almeno 20 consorzi in tutta Italia. Ancora oggi il più importante consorzio nel settore edilizio, il Consorzio Cooperative Costruzioni con un turnover consolidato di oltre 1.230 milioni di euro, fu costituito nel 1912, in base alla suddetta legge. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale La terza figura consortile rimanda invece ad un istituto già presente nel codice civile italiano dal 1942 (art. 2602 e segg.)40, accessibile alle società di qualsiasi natura giuridica. I consorzi fra cooperative sociali sono invece disciplinati da una legislazione ad hoc (Dlgs. 470/97). Nella Tab. 22 è riportato il numero dei consorzi aderenti alle Associazioni cooperative. Tab. 21 - Consorzi aderenti alle Associazioni cooperative – 2008 PROOF Settori Número Coop Lavoro 529 Coop Sociali 314 Totale 843 Fonte: nostra elaborazione su dati Centrali Cooperative Buone pratiche nr. 4 I consorzi di società cooperative Caso nr. 1 – Consorzio Nazionale Servizi – CNS Il CNS – Consorzio Nazionale Servizi – è stato costituito nel 1977 da 11 cooperative di lavoro dell’area servizi, con oggetto l’assunzione di lavori da privati o enti pubblici da fare eseguire alle cooperative aderenti, prevalentemente nei settori delle pulizie, movimentazione merci, manutenzioni, ecologia, ristorazione, servizi ai beni culturali, reception e, da ultimo, nel facility management, tanto da diventarne uno dei maggiori soggetti in campo nazionale. Diversamente da altri consorzi, nati dalla spinta delle associate, il CNS era il frutto di una scelta strategica dell’Associazione nazionale di rappresentanza che con felice intuizione interpretò l’avvio del forte processo di terziarizzazione dell’economia italiana. Nei primi anni il problema principale sembrò quello di trovare la fiducia per fare aderire altre cooperative. Dal 1980 al 1995 il fatturato crebbe da 11,4 milioni di euro a 91,69 milioni di euro. In questa prima fase il CNS conobbe agli inizi degli anni ’90 in momento critico ma nonostante il consorzio servisse di supporto alle piccole e medie cooperative, in questa difficile fase furono le grandi cooperative a sostenerne il ruolo, anche sottoscrivendo nuovo capitale sociale. 40Gli aspetti giuridici di questo forma consortile sono piuttosto complessi per cui vengono trascurati in questa sede. 62 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Uscito dalla difficile situazione, nel 1996 il CNS supera i 100 milioni di euro di fatturato, innescando una crescita fortissima e chiudendo l’esercizio 2008 con un volume di 581 milioni di euro, di cui 534 rappresentato da lavori assegnati alle cooperative socie. L’utile supererà i 500 mila euro nel 2001 per raggiungere 5.349 mila euro nel 2008. Attualmente aderiscono al CNS 230 cooperative. Il CNS ha nove sedi territoriali e opera su tutto il territorio nazionale. Da alcuni anni, assieme a due cooperative, ha dato vita ad Armonia Holding, acquisendo lavori in Croazia, Serbia e Malta. Con gli utili accantonati a riserva indivisibile e successivi processi di aumento del capitale sociale (anche grazie all’intervento del Fondo di sviluppo della cooperazione Coopfond) il CNS è riuscito a disporre di risorse finanziarie in grado di sostenere le associate di minori dimensioni, anticipando i tempi di incasso dei crediti, particolarmente lunghi e scostanti da parte della Pubblica Amministrazione. Le cooperative associate al CNS sono di tutte le dimensioni: da grandissime cooperative a cooperative modestissime. E’ interessante rilevare come le cooperative di minori dimensioni che ricevono lavori dal CNS sono oltre la metà delle associate (57%), ma pur ricevendo la quota minore di lavori (7,4%), sono quelle più dipendenti dal Consorzio: il 44,7% del fatturato svolto viene assegnato loro dal CNS. Il CNS è riuscito a mantenere un equilibrio fra cooperative grandi – medie – piccole, pur all’interno di un sistema di governance basato sul principio cooperativo di “una testa – un voto”. (www.cnsonline.it) Caso nr. 2 – Ciro Menotti – Ravenna Il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro Ciro Menotti è stato costituito nel 1959 ai sensi della L. 422/1909, regolante i consorzi fra cooperative per la partecipazione ai pubblici appalti. Il consorzio assolve alla funzione di partecipazione ad appalti sia pubblici che privati, in particolare nei settori dell’edilizia civile ed industriale, opere infrastrutturali ed impiantistiche. Molto spesso il consorzio opera in alleanza con altre imprese del settore o complementari, attraverso la costituzione di Associazioni Temporanee d’Impresa (ATI). Il consorzio può operare in 26 categorie di attività, quattro delle quali per valori illimitati. La realizzazione dei lavori ottenuti è assegnata alle cooperative associate, conservando comunque il coordinamento della realizzazione, essenziale quando le attività sono distribuite fra una pluralità di cooperative. Diversamente da altri analoghi consorzi, il Ciro Menotti non ha intrapreso la strada di assumere un ruolo imprenditoriale diretto attraverso società controllate. 63 PROOF Da metà anni 90, il settore di attività prevalente diventa quello delle pulizie e dall’inizio del 2000 il CNS entra con forza nel settore del facility management (nel 2008 e nel 2009 al CNS verrà riconosciuto il premio Best Practice Patrimoni Pubblici, nel settore Gestione Patrimoni Immobiliari). Ad oggi questi due settori occupano circa il 70% dell’attività del CNS. Capitolo 1 Le associate sono 69 ed operano su tutto il territorio nazionale; fra esse spicca la cooperativa ACMAR che con un consolidato 2008 di oltre 218 milioni di euro, è fra le principali imprese italiane di costruzioni. Dal 2005 al 2008 il consorzio ha partecipato complessivamente a 5.559 gare. Nel 2008 il Ciro Menotti ha svolto un fatturato per quasi 118 milioni di euro ed ha mezzi propri per oltre 3,5 milioni di euro. (www.ciromenotti.it) Caso nr. 3 – CGM PROOF Il Consorzio Gino Mattarelli (CGM) è sicuramente il consorzio più grande e più noto operante nella cooperazione sociale. Nato nel 1987 (prima ancora dell’approvazione della legge 381 del 1991 sulla cooperazione sociale), come consorzio nazionale costituito da consorzi territoriali, si propone come “… uno strumento della comunità vicino ai cittadini e capace di rispondere ai vecchi ed ai nuovi bisogni lavorando insieme alle istituzioni e agli altri attori delle comunità che possono collaborare al perseguimento degli stessi obiettivi”. Sin dall’inizio il consorzio sviluppa la logica del “campo di fragole” secondo cui il territorio viene occupato da cooperative di piccola dimensione ritenendolo un deterrente contro la burocratizzazione ed “… in grado di favorire la flessibilità e la qualità del servizio, l’attenzione alla persona, ma anche la qualità delle relazioni e quindi della vita degli operatori”, ma nello stesso tempo “la piccola dimensione da sola sembra inadeguata a gestire un processo di crescita accelerato”. CGM si assume quindi la funzione di integrazione fra le associate per sopperire ai loro limiti legati alla scelta di mantenere dimensioni medio-piccole. Non solo CGM diventa general contractor per acquisire lavori, ma si propone di essere un punto di scambio di informazioni, know how, ma anche di dirigenti e quadri, nonché di formazione. Il sistema si presenta oggi come una rete integrata che agisce su basi comunemente concordate; è costituito da 78 consorzi a cui sono associate 1.200 cooperative, che occupano più di 35.000 persone, con un fatturato aggregato di 1,1 milioni di euro. Per favorire la specializzazione delle proprie attività, CGM è intervenuto con un rilevante investimento di oltre 1,3 milioni di euro in 15 società. Per favorire il legame fra le imprese consorziate, nel 1998 è stato costituito CGM Finance che raccoglie risorse finanziarie sia attraverso il prestito sociale che linee di credito esterne, da utilizzare per finanziare le cooperative sociali con maggiori difficoltà di accesso al credito. Nel 2006 CGM ha dato vita ad un gruppo paritetico, nel quale ha assunto il ruolo di coordinatore. Le altre cooperative partecipanti sono: Luoghi per crescere (educazione e infanzia); 64 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Comunità solidali (sanità); Accordi (ambiente); Mestieri (orientamento e formazione); CGM Finance (finanza) a cui dovrebbero aggiungersi: Connecting people (integrazione e immigrazione), Welfare Italia (servizi per le famiglie) e Solidarete (internazionalizzazione dell’impresa sociale). ( www.gruppocgm.org – www.cgm.coop) Il legislatore nel 2003 ha voluto arricchire le possibili forme di aggregazione fra imprese cooperative introducendo l’istituto del “gruppo cooperativo partitico, di cui all’art. 2545 septies del Codice Civile. [1] Il contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in forma consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese deve indicare: 1) la durata; 2) la cooperativa o le cooperative cui è attribuita la direzione del gruppo, indicandone i relativi poteri; 3) l’eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati; 4) i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto; 5) i criteri di compensazione e l’equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall’attività comune. [2] La cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di alcun tipo qualora, per effetto dell’adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci. [3] Le cooperative aderenti ad un gruppo sono tenute a depositare in forma scritta l’accordo di partecipazione presso l’albo delle società cooperative. Questo istituto si differenzia dalla formula consortile sotto diversi aspetti: a) è un accordo contrattuale che non dà origine ad una nuova società; b) possono aderire, oltre alla cooperative, anche altri enti pubblici e privati, 65 PROOF 2.2.1.2. Il gruppo cooperativo paritetico Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale mentre questa possibilità non è prevista per i consorzi cooperativi tradizionali41; c) viene individuata una cooperativa capogruppo, a cui delegare la direzione del gruppo stesso, indicandone i relativi poteri. C’è quindi un trasferimento di potere gestionale dalla singola cooperativa alla cooperativa che assume la funzione di capogruppo, conservando però la propria autonomia giuridica. PROOF In un certo senso, il gruppo paritetico sembra una via intermedia fra il consorzio, dove le associate conservano la completa autonomia statutaria e la fusione, dove le cooperative rinunciano alla propria autonomia, conferendola nella società incorporante. Nonostante al tema siano stati dedicati numerosi convegni, questo istituto è stato recentemente definito come una “aspettativa delusa”42, considerato che a fine 2009 si contavano appena una trentina di contratti depositati presso l’Albo delle Società Cooperative, sottoscritti da poco più di cento cooperative. E’ però convinzione diffusa che questo istituto abbia potenzialità notevoli, non ancora pienamente espresse. Buone pratiche nr. 5 Coos Marche Onlus: una rete integrata nella Regione Marche La cooperativa Coos Marche viene costituita nel 1979 come cooperativa sociale di tipo A che eroga servizi sociali, socio-sanitari, assistenziali ed educativi, a favore di anziani, disabili e minori. Attualmente sviluppa un fatturato di circa 41 milioni di euro, occupa 1.900 persone ed ha aperto cinque sedi nella Regione Marche. Nel 2008 sei cooperative hanno dato vita al gruppo paritetico per raggiungere i seguenti obiettivi: a) integrazione dell’attività commerciale delle cooperative aderenti al fine di ottenere un maggior riconoscimento da parte della Pubblica Amministrazione; b) maggiore efficienza ed economie di scala nell’utilizzo delle risorse umane operanti all’interno del gruppo; c) sviluppo di una più qualificata ed ampia gamma di servizi da offrire alla clientela, pubblica e privata. 41 M. Iengo [16] pag. 252 42 C. Quattrocchi [24] pag. 23 66 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Le cooperative formanti il gruppo paritetico sono: Zanzibar: cooperativa sociale di tipo B, nata nel 2000, occupa 40 soci-lavoratori di cui circa il 40% sono persone con disagi psichici; Hostess: nata nel 1991 con lo scopo di erogare servizi nell’area dell’infanzia e dell’adolescenza; La Gemma, nata nel 1996 su iniziativa di 16 donne, opera nel settore della prima infanzia, occupando 120 lavoratori; Il Mosaico, nato nel 2002 come spin-off della Cooperativa Il Tulipano, opera attualmente con 16 soci-lavoratori. Il ruolo di coordinamento è stato assunto da Coss Marche. Il Gruppo costituisce una delle più importanti reti imprenditoriali del settore nella Regione Marche. Con la legge 33/2009 è stato istituito nel diritto italiano il “Contratto di Rete” che ha qualche analogia con il Gruppo paritetico cooperativo, avendo l’obiettivo di favorire l’aggregazione di imprese, senza dover rinunciare alla propria autonomia giuridica. Il Contratto di Rete presenta due punti fondamentalmente diversi dal Gruppo paritetico: a) può riguardare qualunque tipo di società, cooperativa e non; b) nessuna società partecipante acquisisce il ruolo di coordinamento, per cui le società restano sullo stesso piano, senza alcuna forma di subordinazione. Questo istituto presenta potenziali vantaggi specie fra le PMI che intendono affrontare nuovi mercati, ma non hanno una massa critica che permetta loro di assorbire ingenti costi fissi, anche di rappresentanza e promozione. Attualmente non esistono ancora rilevazioni statistiche sui contratti di rete sottoscritti, ma l’istituto potrebbe trovare una maggiore diffusione quando saranno chiariti i termini della fiscalità di vantaggio previsti col D.L. 78/2010. 67 PROOF (www.coos.marche.it) Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale 2.2.2. Fusioni e cooperative capogruppo 2.2.2.1. Fusioni La letteratura e le ricerche in tema di fusioni sono sterminate; seguendo uno dei più diffusi manuali di finanza aziendale, qualunque sia la motivazione alla base di una fusione, ciò che conta è il beneficio economico, che si realizza “… solo se le due aziende [che si fondono] valgono più insieme che separate”43, principio però difficilmente adattabile alle imprese cooperative, dove il trasferimento della proprietà significa la propria scomparsa come cooperativa. PROOF Nella tab. 23 abbiamo raccolto alcuni dati sui processi di fusione registrati dalle cooperative associate alle Associazioni cooperative negli anni 2005-2009, da cui emerge la marginalità dell’istituto rispetto ad altre forme di aggregazione. Esaminando i casi realizzati, sono emerse due ragioni principali che stanno alla base dei processi di fusione44: a) come sistema per risolvere una crisi aziendale, quando una cooperativa “forte” incorpora una cooperativa “debole”; queste operazioni sono spesso promosse dalla organizzazione di rappresentanza; b) come sistema per accrescere il peso di mercato delle cooperative fuse; in questo caso la fusione avviene sempre fra cooperative che esercitano la medesima attività e possono essere finalizzate sia alla integrazione territoriale sia ad evitare sovrapposizioni di presenza sul medesimo territorio. Tab. 22 – Numero fusioni imprese cooperative 2005 – 2009 Anno Cooperative Lavoro Sociali Totale 2005 8 2 10 2006 23 6 29 2007 10 7 17 2008 6 4 10 2009 30 12 42 Totale 77 31 108 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dalle Associazioni cooperative 43 [7] pag. 788. 44A. Zevi [9] ha giustamente osservato che i motivi della crescita sono propri delle imprese capitalistiche e delle cooperative, ma lo scopo mutualistico ne modifica il quadro delle motivazioni. 68 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Buone pratiche nr. 6 Pierreci e Codess Cultura: primo gruppo a capitale non pubblico per i servizi nel settore dei Beni Culturali Un caso recentissimo di fusione finalizzata ad aumentare il peso di mercato è quello realizzato fra la Pierreci e la Codess Cultura, due cooperative operanti nel settore dei servizi ai Beni Culturali: L’enorme patrimonio culturale esistente in Italia è ancora per l’80% gestito dal settore pubblico, restio alle operazioni di outsourcing ed incline a favorire la nascita di società in house. Il mercato è quindi caratterizzato da imprese di non elevate dimensioni. Con questa operazione di fusione, la nuova società Pierreci Codess Coopcultura è diventata la maggiore impresa italiana a capitale privato operante nel settore. Il quadro ante-fusione (2007) è così sintetizzabile: Pierreci 1990 Anno di costituzione Fatturato Codess 1999 16,160,000 14,776,000 489,000 Utile esercizio 6,000 Capitale investito 9,854,000 10,130,000 Patrimonio netto 1,715,000 631,000 Numero Soci 197 350 Numero Addetti 500 627 (www.pierreci.it – www.codesscultura.it) 2.2.2.2. La cooperativa capogruppo Più che crescere per processi di fusioni, le cooperative di maggiori dimensioni sembrano preferire crescere, oltre che per linee interne investendo le risorse accumulate come riserva indivisibile, attraverso altri strumenti, come la for69 PROOF Gestione musei e siti archeologici, compresa l’attività di bookshop, visiti guidate e didattica Gestione biblioteche Servizi di front line (biglietteria, custodia, accoglienza, guardiania e pulizie) Attività editoriale Allestimento congressi e fiere. Pierreci era prevalentemente attiva nel Centro Sud d’Italia, mentre Codess Cultura lo era nel Nord. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale mazione di un gruppo, dove la cooperativa madre assume anche il ruolo di controllo su società di capitali. Sotto il profilo giuridico, la detenzione di partecipazioni di controllo in imprese di capitale da parte di una cooperativa è stato un tema a lungo discusso. Con l’art. 18 della l. 72/1983 si venne a ratificare quella che era già una realtà di fatto molto diffusa: “le società cooperative e loro consorzi possono costituire ed essere soci di società per azioni e a responsabilità limitata”. PROOF Questa apparente semplicità non ha però interrotto un dibattito che ancora si protrae con riguardo: ▪▪ ai limiti quantitativi dell’investimento rispetto al patrimonio della cooperativa capo gruppo; ▪▪ al mantenimento dello scopo mutualistico; ▪▪ agli strumenti della vigilanza sul gruppo. I dati riportati nella tab. 24, riferiti alle sole associate di Legacoop, sembrano indicare un fenomeno riguardante principalmente le cooperative di lavoro45, mentre resta piuttosto limitato nella cooperazione sociale. Complessivamente il caso della cooperativa capogruppo resta quindi un fenomeno numericamente limitato, ma che investe le cooperative di grandi dimensioni: quasi tutte le cooperative di lavoro aderenti a Legacoop con un fatturato superiore a 100 milioni di euro sono delle capogruppo che redigono il bilancio consolidato46. Tab. 23 - Dimensione dei gruppi controllati da una cooperativa capogruppo anno 2008 (Milioni €) Totale Coop Lavoro Valore partecipazioni: Coop Sociali - imprese controllate - imprese collegate Numero cooperative che redigono il bilancio consolidato (gruppo) 1.285.1 19.6 347.9 11.0 64 6 Fonte: nostra elaborazione su dati forniti da Centrali Cooperative 45 Alcuni casi di grande interesse furono presentati in un convegno del 2007 e pubblicati in [1]. 46A. Zevi [32]. 70 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza A. Zevi [9] individua almeno cinque motivazioni alla base del ricorso a questo specifico strumento di crescita dimensionale47: a) La costituzione del gruppo controllato da una cooperativa capogruppo sembra l’unica strada possibile per espandersi all’estero, sia per gestire stabilimenti localizzati in altri paesi ovvero per gestire reti commerciali. c) In alcuni casi la scelta del gruppo è dipesa dalla necessità di diversificare il rischio imprenditoriale, specie a fronte di iniziative innovative. d) L’entrata su nuovi mercati a volte richiede una joint venture con imprenditori privati. In questo caso costituire società di capitali (anche solo collegate) è sembrata la sola soluzione possibile (a volte anche nel caso in cui tutti i soggetti erano cooperative, ma con diversi apporti di capitale di rischio, per cui il tradizionale sistema di governance, basato sul principio una testa – un voto, rischiava di non rappresentare il diverso grado di rischio assunto da ogni partecipante). e) In un numero molto limitato di casi, concentrare parte delle proprie attività in una impresa di capitale è diventato il modo per raccogliere capitali sul mercato borsistico, visto l’enorme difficoltà incontrata a quotare titoli cooperativi. 47 Meno convincente ci pare l’ipotesi di Bonocore secondo cui lo sviluppo del gruppo controllato da una cooperativa capogruppo sarebbe il riflesso della decadenza dell’istituto consortile, “… non più in grado di soddisfare le nuove esigenze” [6] pag. 328. Opinioni simili si trovano anche nella ricerca curata da S. Bitossi [5]. 71 PROOF b) Alcune cooperative, per i motivi più diversi, si sono trovate a gestire attività diversificate. In questi casi le stesse hanno scorporato alcuni rami di attività in imprese di capitale ad hoc per facilitarne sia il controllo sia per dare più autonomia ai gruppi dirigenti delle singole attività. Spesso questo processo è stato combinato con operazione di acquisizioni di imprese di capitale già esistenti. Capitolo 1 Buone pratiche nr. 7 Sacmi: una cooperativa capogruppo multinazionale La SACMI di Imola è la più importante cooperativa capo gruppo multinazionale in Italia. La cooperativa viene fondata nel 1919 per opera di nove operai meccanici con oggetto sociale “l’esercizio diretto di una o più officine per riparazione macchine in genere, acquisto e produzione di macchine”. Nonostante l’avvento del fascismo non risparmi ai soci violenze ed intimidazioni, la Sacmi inizia la propria ascesa e, negli anni trenta, produce la prima macchina a proprio marchio per la pulitura delle arance. PROOF Una svolta decisa si presenta nel secondo dopoguerra, quando la Sacmi inizia una importante collaborazione con un’altra grande cooperativa del territorio, la Cooperativa Ceramica di Imola (vedi Buone pratiche nr. 1). La Cooperativa Ceramica diventa oggetto di importanti commesse per la fornitura di piastrelle da rivestimento, ma gli impianti sono ancora fortemente danneggiati dai bombardamenti subiti durante la seconda guerra mondiale. La Sacmi viene chiamata in aiuto per ripristinare i macchinari. Questa esperienza si trasforma da occasione per nuova occupazione in opportunità di acquisire know how che porterà la cooperativa, negli anni ’50, a diventare un’azienda leader per la produzione di impianti integrati per la produzione e cottura per piastrelle in ceramica. Più o meno negli stessi anni, la Sacmi inizia a produrre macchine per tappi a corona, base per il successivo sviluppo nel settore del packaging alimentare. La Sacmi si inserisce velocemente nei mercati internazionali e costituisce la prima società controllata commerciale con sede in Milano finalizzata al commercio con l’estero. Nella tabella seguente riportiamo alcuni dati significativi del gruppo (valori in milioni di euro): Anni Fatturato Cap. Netto Occupati 2006 1.074 510 3.751 2007 1.243 533 3.474 2008 1.172 541 3.658 2009 972 541 3.681 In questi anni il fatturato è stato realizzato mediamente per il 14-15% in Italia e per 8586% all’estero. Oggi la Sacmi è una cooperativa che controlla un gruppo multinazionale organizzata in sei divisioni operative: a) Ceramica: progettazione e fabbricazione di macchinari e impianti completi per la produzione di piastrelle, refrattari, prodotti estrusi, laterizi e ceramici strutturali, sanitari, stoviglie, ceramici tecnici, anodi carbone e coniatura metalli; 72 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza b) Beverage & packaging: progettazione e fabbricazione di macchinari e linee complete per l’imbottigliamento, l’etichettaggio, il confezionamento, le preforme in PET, capsule e contenitori in plastica; c) Iniezione plastica: progettazione e commercializzazione di macchine e sistemi completi per lo stampaggio a iniezione di materie plastiche; d) Food processing: linee complete per processi alimentari per la produzione di cioccolato; e) Controllori di processo: sistemi di ispezione NIR per controllo frutta; sistemi di visione e sistemi olfattivi; f) Aziende di servizio: servizi di spedizione internazionale e logistica; servizi tecnici e tecnologici per le aziende manifatturiere; servizi amministrativi. a) nr. 21 a livello internazionale; b) nr. 11 a livello europeo; c) nr. 119 a livello nazionale. Fra società di produzione, distribuzione e di servizi, la Sacmi controlla 70 imprese sparse in 24 paesi. La Sacmi, nel proprio bilancio sociale 2009, ribadisce la propria mission all’interno dei valori cooperativi: “Garantire ai Soci e alla collettività prospettive di sviluppo e di scambio mutualistico nel rispetto dei principi e dei valori della democrazia cooperativa”. (www.sacmi.com) E’ indubbio come il diffondersi di questo strumento apra nuovi temi di discussione all’interno di ogni cooperativa, in particolare: ▪▪ come ricondurre l’attività svolta con imprese di capitale alla logica mutualistica che sorregge l’impresa cooperativa; ▪▪ come coinvolgere i lavoratori delle imprese controllate che non sono soci, tenuto conto anche delle possibilità aperte dall’art. 2349 cc, riguardanti “azioni e strumenti finanziari a favore dei prestatori di lavoro” operanti anche all’interno di un gruppo controllato da una cooperativa capogruppo. Nella fig. 3 abbiamo rappresentato una sintesi degli strumenti di crescita per aggregazione. 73 PROOF Queste attività sono supportante da un Centro di Ricerche e Sviluppo che occupa più di 200 persone e che nel 2009 ha realizzato investimenti per 25 milioni di euro. Nel solo 2009 questa attività di ricerca ha portato alle seguenti richieste di brevetti: Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Fig. 3 – Processi di crescita per aggregazione Fusioni & Acquisizioni Pubblici appalti (l. 422/1909) Processi di crescita per aggregazione Cooperative di secondo grado (l. 127/71) Consorzi Coordinamento produzione (l. 127/71) Consorzi sociali (l. 470/97) PROOF Gruppi Cooperativa capogruppo (l. 72/83) Gruppo Paritetico (D. Lgs. 6/2003) Consorzi, gruppi cooperativi paritetici, fusioni e cooperative capogruppo sono istituti che condividono il tema della crescita dell’impresa cooperativa, ma si differenziano per il grado di autonomia fra i soggetti (dominazione vs autonomia) ed il grado di integrazione (forte vs debole). Combinando queste variabili possiamo descrivere i modelli come nella fig. 4. I consorzi lasciano inalterato il rapporto fra le cooperative associate quanto ad autonomia giuridica: ogni cooperativa associata è una società autonoma senza alcun vincolo di subordinazione. I consorzi che realizzano un processo di integrazione del processo produttivo, come quelli prevalenti nella cooperazione agricola, realizzano fra le associate una integrazione forte, in quanto sono creati per svolgere una fase del processo produttivo non svolto dalle singole associate. I consorzi che condividono uno scambio di servizi, come nel caso di una centrale per gli acquisti collettivi o per la partecipazione a gare di appalto, sono strutture da cui è molto più semplice recedere. I gruppi controllati da una cooperativa capogruppo ed il gruppo cooperativo paritetico sono caratterizzati da un rapporto in cui alcune imprese sono subordinate ad una “capogruppo”, che esercita un controllo o azionario (nel primo caso) o per contratto (nel secondo caso). 74 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Fig. 4 – Forme di raggruppamento fra cooperative ALTA INTEGRAZIONE Consorzio produttivo Consorzio produttivo Consorzio di scambio di servizi o di partecipazione a gare d’appalto Consorzio produttivo INDIPENDENZA CONTROLLO 3. GLI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO PER LA CRESCITA 3.1. Strumenti diretti: capitale e riserve Nella prima sezione abbiamo già documentato statisticamente come, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, il processo di crescita delle cooperative sia stato maggiore rispetto a quello delle imprese non cooperative. Il problema da capire è come le cooperative abbiano finanziato questi processi, considerato che storicamente sono nate per iniziative di persone fisiche scarsamente dotate di capitali ed hanno presentato una maggiore difficoltà di accesso ai mercati finanziari, rispetto alle imprese capitalistiche. Le difficoltà di accesso al capitale di rischio sono facilmente intuibili e ricollegabili: a) ad un regime proprietario che attribuisce ai soci diritti limitati sulla disponibilità del valore dell’impresa; b) al regime di distribuzione degli utili, che ne privilegia l’assegnazione a ristorno e a riserva indivisibile, piuttosto che a dividendi. 75 PROOF BASSA INTEGRAZIONE Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale La subordinazione del capitale rispetto ai diritti dei soci cooperatori sembra essere un ostacolo insormontabile per le cooperative per accedere direttamente ai mercati del capitale di rischio. Date le limitate capacità dei soci di finanziare direttamente le proprie cooperative con capitale sociale, la possibilità per le cooperative di crescere per vie interne è dipesa in primo luogo dalla possibilità di accumulare utili non distribuiti ai Soci. L’istituto della riserva indivisibile è stato lo strumento principale utilizzato dalle cooperative italiane per finanziare i propri processi di crescita. PROOF Secondo l’attuale legislazione il capitale sociale di una cooperativa può essere suddiviso in quote di capitale, ma, come indicato all’art. 2525, il valore delle quote possedute da un singolo socio cooperatore non può superare il valore di 100.000 euro48. Al termine del rapporto mutualistico, il socio ha diritto al rimborso delle quote sociali, della propria quota parte di riserva divisibile e dell’eventuale sovrapprezzo, secondo le modalità fissate per statuto. Anche nel caso di scioglimento della cooperativa, i diritti patrimoniali dei soci non vanno oltre ai diritti sopra enucleati e l’eventuale capitale residuo deve essere devoluto ai Fondi per lo sviluppo della cooperazione49. La riserva indivisibile è alimentata da utili non distribuiti e non distribuibili fra i soci, anche in caso di scioglimento della cooperativa; inoltre ne è limitato l’utilizzo solo per la copertura di perdite di esercizio50. La riserva indivisibile è stato uno strumento determinante del processo di capitalizzazione delle cooperative, proiettando la vita dell’impresa oltre l’interesse 48Questo limite può essere superato nelle cooperative con oltre 500 soci, purché previsto nell’Atto Costitutivo, ma un Socio non può mai detenere più del 2% del capitale sociale. Da questo computo vanno comunque escluse le quote o azioni derivanti dalla distribuzione di riserve divisibili o ristorni. Questi limiti non valgono per i soci persone giuridiche e per i soci finanziatori dotati di poteri amministrativi (art. 2525 CC). 49 Vedi oltre § 3.2.2. 50 Nel caso una cooperativa utilizzi la riserva indivisibile a copertura di perdite di esercizio, non potrà comunque distribuire in futuro utili fintanto che la riserva indivisibile utilizzata non sia stata ricostituita. 76 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza dei soci presenti51, ma resta pur sempre un procedimento distribuito nel tempo e non in grado di fronteggiare situazioni che richiedono disponibilità di mezzi propri in tempi ristretti. Indubbiamente questa forma di accumulazione è stata incentivata dal regime fiscale di supporto52. Con la riforma del 2003 l’agevolazione fiscale sugli accantonamenti a riserva indivisibile è stata ridimensionata. La situazione attuale non è facile da riassumere perché ha introdotto molte differenziazioni, sia fra tipologie di cooperative (il regime fiscale delle cooperative di lavoro è diverso da quello delle cooperative di consumatori), sia per l’estensione dello scambio mutualistico (cooperative a mutualità prevalente vs cooperative a mutualità non prevalente). a) Riserva legale: la cooperativa è obbligata a destinare a riserva legale il 30% degli utili conseguiti per ogni esercizio. Questa riserva è indivisibile per legge ed è completamente detassata. b) Riserve indivisibili volontarie: dedotte le destinazioni obbligatorie – riserva legale (30%) e quota ai Fondi per lo sviluppo della cooperazione (3%) – la cooperativa può destinare gli utili residui, a propria discrezione, a riserva indivisibile. Sino al 2003, se la cooperativa optava per questa 51 Può essere sorprendente come molti economisti fatichino a penetrare l’essenza di questo istituto: com’è possibile che i soci, nella loro qualità di residual claimers, rinuncino volontariamente ad appropriarsi di quanto da loro prodotto? Infatti in molti modelli interpretativi delle cooperative di lavoro, per esempio, la posizione assunta dagli economisti è che i soci lavoratori massimizzino il reddito pro-capite (ipotesi avanzata da B. Ward nel 1958), il che equivale alla completa distribuzione di quanto residua, pagati i costi. In questi modelli non c’è spazio per le riserve indivisibili! La più ampia concessione sul tema arriva ad ipotizzare che i soci possano anche destinare a reinvestire gli utili, ma restano condizionati dal tempo di permanenza in cooperativa del socio mediano, il cui orizzonte temporale resta comunque finito, al contrario di quanto succede nelle imprese di capitali, dove la circolazione del titolo allunga l’orizzonte temporale all’infinito (ipotesi avanzata da Furubotn e Pajovich nel 1970). Com’è allora spiegabile questa asimmetria fra il cooperatore in carne ed ossa e l’Homo cooperativus degli economisti? 52 Il tema delle agevolazioni fiscali sugli utili destinati a riserva indivisibile è motivo di continue e lunghe discussioni. Molti commentatori (compresi autorevoli dirigenti cooperativi) propongono di assimilare questo regime fiscale per gli utili delle società per azioni reinvestiti nell’impresa. A nostro avviso questa assimilazione è impropria. La ratio della detassazione degli utili destinati a riserva indivisibile non è il reinvestimento, ma la rinuncia assoluta dei soci cooperatori alla loro distribuzione. Per una società per azioni, l’utile reinvestito non comporta alcuna rinuncia al residuo in capo all’azionista, che semplicemente sostituisce la possibilità di appropriarsene come dividendo, quella di appropriarsene come capital gain (oltretutto fiscalmente più vantaggioso). 77 PROOF Limitandoci a descrivere il caso di una cooperativa di lavoro a mutualità prevalente, la legislazione attuale prevede le seguenti tipologie di riserve indivisibili: Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale soluzione, l’utile era completamente detassato, mentre, nel nuove regime, la cooperativa è tassata per una quota pari al 30% dell’utile, indipendentemente dalla sua destinazione finale (ferma restando la detassazione integrale per le cooperative sociali, data la loro finalità). PROOF Accanto a questi strumenti, in Italia, i soci possono partecipare al finanziamento della propria cooperativa anche con prestiti volontari (prestito sociale), regolamentati da apposita legislazione. Questo istituto figura per la prima volta nella legislazione italiana nel 1971, quando era già praticato da molte cooperative. Con la L. 127/71 vengono regolate le finalità della raccolta al raggiungimento dell’oggetto sociale, i limiti per i depositi individuali e gli interessi elargibili, norme variate nel tempo per tenere conto degli effetti dell’inflazione53. Una cooperativa non può raccogliere prestiti per un importo totale superiore a tre volte il patrimonio netto, elevabile a cinque volte, purché sostenuto da adeguate garanzie a favore dei soci depositanti. Sin dagli anni ’70 in Italia si è svolto un intenso dibattito sulla possibilità che potessero entrare nelle cooperative anche soci finanziatori, che apportassero solo capitale, senza intraprendere alcuno scambio mutualistico. La possibilità per le cooperative di emettere titoli indirizzati a soci finanziatori è stato alla fine introdotta dalla legge 59/1992 che aveva previsto due fattispecie di titoli azionari: a) Azioni socio sovventore, che incorporano sia diritti patrimoniali in proporzione del capitale versato che diritti amministrativi, come il diritto di voto in assemblea (ordinaria e straordinaria) nel limite massimo di un terzo dei voti totali ed il diritto di eleggibilità di propri rappresentanti nell’organo amministrativo, ma sempre in posizione di minoranza rispetto ai rappresentanti dei soci cooperatori. b) Azioni di partecipazione cooperativa, dotate di soli diritti patrimoniali sotto forma di remunerazione maggiorata rispetto agli altri titoli di capitale e diritto di prelazione sul capitale di liquidazione della cooperativa. 53 Attualmente per le Cooperative di lavoro il prestito non può eccedere 67.167 euro per socio, mentre il tasso di interesse è variabile e non può superare il tasso sui buoni fruttiferi postali maggiorato di 2,5 punti percentuali. Gli interessi sono tassati nella misura del 20% in capo al socio prestatore. 78 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Pur registrandosi alcuni casi interessanti54, questi istituti non hanno sostanzialmente rappresentato una soluzione di portata generale. Successivamente con la l. 448/1998 è stata introdotta la possibilità da parte delle cooperative di emettere titoli obbligazionari, in misura non superiore al capitale versato e alle riserve risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Infine con la riforma del Codice Civile del 2003, la possibilità delle cooperative di emettere strumenti finanziari è stata sostanzialmente equiparata a quello delle imprese di capitale e lasciata all’autonomia statutaria. I titoli socio sovventore e di partecipazione cooperativa, rappresentano ora una possibile forma, fra le altre, di strumenti finanziari e non le sole due tipologie previste per legge sino al 2003. L’attuale quadro istituzionale è piuttosto variegato, lasciando ampia autonomia alla cooperativa emittente di variare i diritti patrimoniali (diritti di remunerazione e di rimborso) ed amministrativi (diritti di voto e di rappresentanza negli organi sociali) dei titoli55. Queste modifiche hanno aperto alle cooperative la possibilità di emettere titoli 54Fra questi casi merita un riferimento la CPL di Concordia, nata nel 1899 e che oggi sviluppa un fatturato di oltre 260 milioni di euro, occupando 1.300 addetti. Nel 1998 la CPL per consolidare parte dell’indebitamento a breve termine, emise azioni APC per circa 10 milioni di euro, tramite prospetto informativo, approvato dalla CONSOB, la società che vigila il funzionamento dei mercati mobiliari, non senza qualche difficoltà, sia dovuta alla novità del titolo, sia alla scarsa conoscenza da parte della Consob delle imprese cooperative e della relativa legislazione. Il collocamento delle APV venne garantito da un consorzio bancario e risultò così frazionato: - Soci e dipendenti: 6,78% - Sottoscrittori privati: 28,90% - Finanziarie Cooperative: 5,00% - Consorzio di garanzia: 59,32% Dopo il 2003 i sottoscrittori avevano il diritto di chiedere il rimborso delle APC. Dati i buoni dividendi sempre corrisposti, al 31/12/2008 era ancora in circolazione il 44,7% delle APC emesse nel 1999. 55 Fra gli istituti più originali introdotti da questa riforma, un accenno particolare meritano, a nostro avviso, l’ art. 2350 che permette l’emissione di azioni “fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore” e 2447 decies che regola la possibilità di partecipare al finanziamento non dell’intera attività della Cooperativa, ma di uno specifico affare. 79 PROOF A tutt’oggi non risultano casi di cooperative di lavoro o sociali che abbiano emessi prestiti obbligazionari, con sollecitazione del pubblico risparmio. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale quotabili, ma dopo oltre un lustro non si può proprio dire che questi strumenti abbiano avuto il successo sperato. Le motivazioni sono ancora argomento di discussione. Il Prof. Lamandini, in un convegno del 2006, rimproverava le Associazioni cooperative affermando: “… ciascuna delle grandi centrali ha seguito una strada per affrontare il medesimo problema della quotazione, con il risultato che una politica di sistema si è persa e si sono viceversa affermati modelli di finanziamento che sono delle imitazioni acritiche dei comportamenti profit oriented …”. PROOF L’idea di Lamandini di dare vita ad un mercato ad hoc per i titoli cooperativi sembrò prendere una certa consistenza quando nel 2006 venne lanciata l’idea del Mercato Alternativo dei Capitali (MAC) per le piccole e medie imprese, ma senza alcun successivo sviluppo per le cooperative. E’ opinione diffusa che i titoli cooperativi non possano trovare un mercato secondario di scambio perché: a) non permettono la contendibilità della proprietà dell’impresa; b) non permettono la realizzazione di capital gain. A nostro avviso entrambe le motivazioni sono però poco convincenti. Circa il primo punto è sufficiente fare riferimento al fatto che nella Borsa italiana sono quotate numerose Banche popolari cooperative, rette dal principio del controllo democratico “una testa un voto”. Le azioni di questi istituti sono regolarmente scambiate sul mercato borsistico, senza che il principio democratico rappresenti un vincolo insuperabile. Più complessa da affrontare e la questione del capital gain, vale a dire la possibilità che il valore del titolo possa modificarsi rispetto al proprio valore nominale. Nei casi in cui una cooperativa emetta titoli di capitale per soci finanziatori, riteniamo fondamentale stabilire un sistema di remunerazione coerente con la natura del rischio e la redditività della cooperativa stessa. Se la remunerazione viene ancorata a parametri finanziari esterni (per esempio il tasso Euribor o il tasso sui depositi postali, ecc.) finisce per assumere le caratteristiche di un titolo obbligazionario e non di un titolo azionario, la cui remunerazione dipende dagli utili conseguiti. 80 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Se, per esempio, la cooperativa emette titoli azionari remunerabili con una percentuale fissa sugli utili prodotti, variazioni sulle aspettative degli utili futuri creano variazioni nel valore di scambio dell’azione. Se una cooperativa delibera di remunerare i soci finanziatori con l’X% degli utili prodotti, se l’utile raddoppiasse, allora i soci finanziatori raddoppierebbero il proprio tasso di rendimento ed il valore delle azioni non potrebbe non tenere conto di questo cambiamento. A nostro avviso quindi esistono le potenzialità per creare un mercato dei titoli di capitale di rischio dei soci finanziatori creando meccanismi di remunerazione meglio calibrati, pur tenendo conto della necessità di “tipizzare” questi strumenti. Quanto sopra riguarda comunque cooperative di dimensioni sufficientemente grandi per potere emettere titoli scambiabili sul mercato. Le cooperative di piccole dimensioni restano comunque tagliate fuori da questa prospettiva, né più né meno delle piccole imprese di capitale. Per le piccole imprese il problema infatti non è la forma giuridica ad impedirne l’accesso ai mercati del capitale di rischio, ma la limitata dimensione. Più complesso risulta invece capire le difficoltà per le cooperative ad accedere al mercato del credito di finanziamento. La ragione più spesso adottata è che le cooperative sono scarsamente capitalizzate, ma, come molte analisi empiriche hanno dimostrato, questo aspetto non può essere generalizzato. Il problema può essere rilevante per cooperative di nuova costituzione, ma assai meno per quelle che operano sul mercato da lungo tempo e che hanno accumulato importanti riserve di capitale. Altre motivazioni richiamate sono state: a) per una banca è più facile trattare con pochi manager nominati dagli azionisti, che con assemblee di soci-lavoratori difficili da governare in momenti di crisi aziendale; b) nei mercati finanziari caratterizzati da razionamento del credito, le co81 PROOF Se titoli di capitale di rischio fossero remunerati come obbligazioni, fissando cioè un tasso d’interesse, sganciato dalla variazione degli utili prodotti, per quale motivo un investitore dovrebbe sottoscrivere titoli di questa natura, la cui remunerazione risulta slegata dagli andamenti economici della cooperativa stessa, mentre resta coinvolto nella rischiosità gestionale? Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale operative partono svantaggiate perché, in ogni caso, rappresentano una eccezione istituzionale rispetto al prevalere di imprese di capitale; c) si deve riconoscere anche l’opportunità dei soci-lavoratori di non concentrare il rischio (posto di lavoro e risparmi) in una sola attività. Il problema del razionamento del credito rappresenta, in questa fase critica dell’economia mondiale, un problema per molte imprese. In periodi di crisi, molte imprese sono disponibili a pagare il tasso richiesto dalla banca, ma questo non è sufficiente ad ottenere il finanziamento, per cui scattano meccanismi di razionamento, non legati alla legge della domanda e dell’offerta. PROOF Anche se nel mondo cooperativo esiste un forte sistema di banche cooperative, non è pensabile che queste possano sostenere il peso derivante dalla domanda di finanziamento delle imprese cooperative56. Nella fig. 5 abbiamo rappresentato una sintesi del quadro istituzionale degli strumenti finanziari disponibili per una cooperativa a sostegno dello sviluppo diretto. Fig. 5 – Strumenti finanziari a sostegno dei processi di crescita per via diretta Riserva indivisibile (l. 904/72) Per via interna Prestito sociale – (l. 127/71) Processi di crescita diretti Socio sovventore Azioni partecipazione Per via esterna Obbligazioni – (l. 448/98) 56 In momenti di difficoltà le banche locali, dove quelle cooperative sono preminenti, svolgono comunque una operazione di sostegno all’economia locale di gran lunga superiore alle grandi banche internazionali. Su questo tema si veda Birchall-Ketilson [4]. E’ stato valutato che le BCC rappresentino il 22% del totali dei finanziamenti erogati alle imprese artigiane, il 16% alle imprese minori e l’11% alle istituzioni senza scopo di lucro. 82 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza 3.2. Strumenti esterni In questa sezione esamineremo le istituzioni che le Associazioni cooperative hanno sviluppato per sopperire la mancanza di un mercato del capitale di rischio e dell’interesse pressoché nullo dimostrato dai Fondi di private equity per le società cooperative. 3.2.1. I Fondi per lo sviluppo della cooperazione (“Fondi mutualistici”) - Legge 59/92 L’art. 11 della L. 59/92 stabilisce la possibilità da parte delle Associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo di dare vita a fondi per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. Le Associazioni cooperative hanno costituito tre società per azioni finalizzate alla gestione di queste risorse: - Coopfond – Legacoop - Fondosviluppo – Confcooperative - General Fond – AGCI. Per legge le cooperative devono versare ai Fondi: a) una quota pari al 3% degli utili ante imposte annualmente conseguiti; b) il patrimonio residuo derivante dalle liquidazioni di cooperative che cessano l’attività. Il comma 2 dell’art. 11 della L. 59/92 definisce l’oggetto sociale dei “Fondi mutualistici” come segue: ”L’oggetto sociale deve consistere esclusivamente nella promozione e nel finanziamento di nuove imprese e di iniziative di sviluppo della cooperazione, con preferenza a programmi diretti all’innovazione tecnologica, all’incremento dell’occupazione ed allo sviluppo del mezzogiorno”. Il comma 3 definisce le modalità di intervento che risultano, giustamente, discrezionali fuori da ogni indirizzo dirigistico: 83 PROOF Gli aspetti più innovativi della L. 59/92 sono stati, senza dubbio, l’istituzione dei Fondi mutualistici e la possibilità di emettere titoli a favore di soci finanziatori, non legati alla cooperativa dallo scambio mutualistico. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale a) promuovere la costituzione di società cooperative o di società da queste controllate; b) finanziare specifici programmi di sviluppo di società cooperative o di loro consorzi; c) organizzare e gestire corsi di formazione professionale; d) promuovere studi e ricerche su temi economici e sociali di rilevante interesse per il movimento cooperativo. I Fondi hanno adottato dei regolamenti per disciplinare i propri interventi a sostegno delle imprese cooperative e possono intervenire sia con capitale di rischio che di debito. PROOF Coopfond, Fondosviluppo e General Fond condividono due tipologie basilari di finanziamento: a) interventi di promozione per la creazione di nuove cooperative e nuove società controllate da cooperative; b) interventi di sostegno a fronte di progetti di investimento in immobilizzazioni. L’ammontare massimo dell’intervento finanziario del Fondo è generalmente pari al 50% del valore dell’investimento, ma nel caso di sottoscrizione di capitale di rischio, il valore sottoscrivibile dal Fondo non supera quello in capo ai soci cooperatori. Sino ad ora i Fondi hanno preferito intervenire nel capitale di rischio in qualità di socio sovventore, in quanto si tratta di una forma che permette di definire il piano di fuoriuscita del Fondo dalla compagine sociale (way out). Gli interventi, sia in capitale di rischio che di finanziamento, non hanno mai durata inferiore a cinque anni. Uno dei tre Fondi prevede anche la possibilità di finanziamenti a sostegno di processi di fusione o di altre forme di integrazione fra cooperative e, limitatamente alle aree geografiche economicamente più deboli, prevede interventi di consolidamento della struttura debitoria della cooperativa, a condizione comunque che la stessa sia in equilibrio economico-gestionale e presenti significative potenzialità di crescita. Un solo Fondo prevede la possibilità di erogazioni a fondo perduto per l’abbattimento degli oneri finanziari e a sostegno di corsi di formazione mirati. 84 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Tutt’e tre i Fondi prevedono invece la possibilità di sostenere oneri legati alla promozione di studi, ricerche o anche piani di fattibilità per progetti di investimento innovativi. Parimenti comune è l’impegno a sostenere, a tempo indeterminato, processi di capitalizzazioni di imprese che l’Associazione cooperativa ritiene strategiche per l’intero movimento cooperativo. Un recente esempio che ha accomunato i tre Fondi è stato il comune sostegno a Cooperfidi Italia57. Fondosviluppo nel 2009 ha avviato l’iniziativa “Primi Passi” per sostenere la capitalizzazione di micro-cooperative e consentire loro un “salto di qualità”. Il Fondo si fa inoltre parzialmente carico dell’attività di assistenza gestionale per garantire la buona esecuzione del progetto di crescita finanziato, in un’ottica di sistema. L’importo massimo erogabile come socio sovventore per le operazioni di startup è di 25.000 euro, mentre negli altri casi è possibile un intervento sino a 50.000 euro come finanziamento a medio termine a sostegno di processi di capitalizzazione da parte dei soci. Coopfond si è fatto compartecipe del progetto lanciato da Legacoop per dare vita al progetto “Mille cooperative in tre anni”. La cooperativa richiedente può ottenere un finanziamento massimo di 100.000 euro erogato da UGF Banca, assistito da una garanzia fidejussoria rilasciata da Coopfond. Gli stessi Fondi hanno anche avviato processi che favoriscono l’accesso dei soci al credito bancario per promuovere aumenti di capitali nelle proprie cooperative. L’intervento del Fondo permette di abbattere il costo finanziario dell’intervento, entro parametri quantitativi definiti. 57 Un altro caso che ha visto l’azione congiunta di Coopfond e Fondosviluppo ha riguardato lo start-up di Obiettivo Lavoro spa, società costituita nel 1997 a seguito della L. 197/77 con cui venne introdotto in Italia il contratto di lavoro temporaneo, esercitato da società appositamente riconosciute. Obiettivo Lavoro è nata da una iniziativa comune fra Cooperazione e Sindacato. Dopo una fase di avviamento non facile, Obiettivo Lavoro si è stabilizzato occupando una fetta di mercato dell’8/9%. Con la stabilizzazione della società, i Fondi sono fuoriuscite dalla compagine sociale, ma il controllo è restato in capo a due Cooperative di lavoro. 85 PROOF Due Fondi hanno avviato progetti di incentivazione per la promozione di nuove imprese. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Spesso i Fondi impongono sistemi di monitoraggio concordati e si riservano di indicare loro rappresentanti negli organi amministrativi della cooperativa. I Fondi non mettono poteri di veto sulle delibere della cooperativa né vincoli sulla nomina dei revisori58. PROOF Di natura diversa è la recente iniziativa avviata da Coopfond per la costituzione di Cooperare spa, il cui oggetto sociale è affiancare le Cooperative nell’acquisizione di imprese private di dimensioni rilevanti: l’importo minimo previsto erogabile da Cooperare è di 4 milioni di euro.59. Cooperare ha un capitale sociale di 246,5 milioni di euro, di cui il 46,5% è sottoscritto da Coopfond. A Cooperare partecipano altre società finanziarie controllate da cooperative, che operano sul territorio, nonché tre banche che possiedono circa il 10% del capitale. Tutti i Fondi hanno sottoscritto convenzioni con Istituti Bancari, dove spiccano l’Istituto Centrale delle Banche di Credito Cooperativo (ICCREA), UGF Banca (facente parte del Gruppo bancario assicurativo UGF, a controllo cooperativo) e Banca Etica, banca popolare cooperativa. Negli anni 2005-2009 i Fondi hanno finanziato 310 operazioni a favore della cooperazione sociale e di lavoro, erogando complessivamente quasi 113 milioni di euro, di cui più di un terzo a titolo di capitale di rischio. Gli interventi a favore della cooperazione di lavoro sono stati pari a poco più del doppio rispetto a quelli a favore della cooperazione sociale, ma hanno assorbito quantità di risorse molto più rilevanti. Tab. 24 - Interventi realizzati dai Fondi Mutualistici 2005 – 2009 (€/000) Coop. Lavoro Coop. Sociali Totale 213 97 310 c/ capitale 34.757 6.192 40.949 c/ prestito 64.651 7.212 71.863 99.408 13.404 112.812 Numero interventi Finanziamenti: Totale Fonte: nostra elaborazione su dati forniti da Fondi Mutualistici 58 Solo un Fondo prevede la possibilità, comunque assai limitata, di diritti di veto. 59 Nel settore della cooperazione di lavoro, nel 2009 Cooperare ha sostenuto l’acquisto da parte di Manutencoop Facility Management – società controllata dalla Manutencoop dell’attività di facility management della Pirelli Real Estate, sottoscrivendo per 20 milioni l’aumento di capitale deliberato pari a 180 milioni. All’aumento di capitale hanno partecipato anche diversi Fondi di private equity. 86 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Limitatamente a due Fondi, abbiamo potuto ricostruirne gli interventi per il periodo 2005-2009, seguendo lo schema concettuale esposto nel paragrafo 2.1. Tab. 25 - Finanziamenti Fondi Mutualistici per tipologia di intervento – 2005-2009 Tipologia Intervento Numero Interventi Workers buy out Numero Finanziamenti erogati (€/000) posti di c/capitale c/prestito lavoro creati 5 51 275 2,000 1 41 150 350 Fusioni 6 595 2.500 3.050 - Coop lavoro 2 150 1.229 100 Progetti sviluppo 90 358 9.843 25.093 - Coop lavoro 34 1.820 2.223 6.551 21 362 5.279 13.566 - Coop sociali 39 797 10.289 12.191 Altri interventi 198 3.934 30.960 62.275 Totale 162 2.204 28.336 56.250 - Coop lavoro 36 1.970 3.452 6.651 - Coop lavoro Spin-off - Coop lavoro - Coop sociali - Coop sociali - Coop sociali Creazioni società controllate - Coop lavoro - Coop sociali Fonte: nostra elaborazione su dati forniti da Fondi per lo sviluppo della cooperazione I progetti di sviluppo (realizzazione di nuovi investimenti) risultano di gran lunga le operazione maggiormente finanziate dai Fondi. I lavoratori occupati nelle cooperative finanziate sono stati circa 4.000. 87 PROOF - Coop sociali Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale 3.2.2. Cooperazione Finanza Impresa La legge 49 del 1985 (Legge Marcora), con la quale si volle dare sostegno alle cooperative che nascevano da imprese private in crisi60, è il frutto di una fruttuosa collaborazione fra movimento cooperativo e sindacato. PROOF Con la L. 49/85 venne data la possibilità di costituire società finanziarie che avrebbero ricevuto contributi pubblici a fondo perduto per intervenire nel capitale di rischio di nuove cooperative costituite da lavoratori in cassa integrazione o comunque espulsi dal circuito produttivo. Questo intervento poteva essere pari a tre volte il capitale sociale sottoscritto dai soci, con un limite massimo corrispondente a tre annualità di Cassa Integrazione Guadagni (CIG). Con questa operazione lo Stato sostituiva ad un costo certo a sostegno dell’occupazione, la CIG e l’indennità di disoccupazione, una scommessa che, se vinta dai lavoratori, avrebbe trasformato l’intervento dello Stato in una partecipazione. Le Associazioni cooperative ed i sindacati costituirono CFI spa, Compagnia Finanziaria Industriale (in seguito ribattezzata “Cooperazione Fnanza Impresa”) per promuovere nuove cooperative. CFI, sin dall’inizio del suo operare, volle distinguersi per il rigore dell’intervento, ritenendo fosse puramente demagogico e non produttivo porsi come un erogatore di risorse pubbliche a fondo perduto, dandosi l’obiettivo di investire solo in imprese che presentassero progetti imprenditoriali credibili, valutandone attentamente le iniziative proposte, le loro possibilità di successo, la capacità manageriale dei promotori, la capacità della nuova iniziativa di stare sul mercato, condizioni indispensabili per permettere ai lavoratori di garantirsi l’occupazione. CFI approvò un regolamento, indicando i diritti amministrativi (nomina di un rappresentante nel Consiglio di Amministrazione, indicazione di un membro del Collegio Sindacale) ed economici (diritto al dividendo ed alla restituzione del capitale investito) che le spettavano in quanto socio della nuova cooperativa. La logica degli interventi di CFI era che il capitale investito, a fronte del suc60Recentemente F. Dandolo [14] ha ricostruito la genesi storica di questa legge che durò dal 1981 al 1985. 88 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza cesso dell’intervento, dovesse essere restituito per potere alimentare un fondo di rotazione, diversamente le risorse erogate dallo Stato si sarebbero esaurite in tempi rapidi, senza dare continuità a questa esperienza61, in contrasto con la posizione assunta dal Ministero dell’Industria. Appena risolto il contrasto con il Ministero, nel 1997 la DG Concorrenza della Commissione Europea aprì una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano, definendo il meccanismo della Legge Marcora come aiuto di stato, non compatibile con le norme comunitarie in materia di concorrenza. La legge 57 del 2001, con i suoi decreti di attuazione, prevede un meccanismo profondamente diverso da quello della precedente disciplina: a) le risorse ministeriali sono state utilizzate per sottoscrivere capitale sociale della CFI62; b) CFI può intervenire in cooperative di produzione e lavoro (senza più il vincolo che siano cooperative costituite da lavoratori licenziati) e in cooperative sociali; c) l’intervento può avvenire nella forma della partecipazione al capitale delle cooperative interessate o attraverso finanziamenti o concessioni di garanzie; d) la partecipazione non può superare il capitale dei soci lavoratori o anche di soggetti terzi o il suo doppio, se in presenza di un patrimonio netto sufficiente; e) l’intervento deve essere fatto a condizioni di mercato e prevedere una adeguata remunerazione del capitale investito; f) l’intervento in capitale è temporaneo, non potendo durare più di 10 anni; almeno il 25% dell’intervento deve rientrare entro 5 anni; g) l’intervento è riservato alle cooperative rientranti nei parametri delle PMI. 61 Il Ministero dell’Industria, sostenuto dalla Corte dei Conti, sosteneva invece che gli interventi di CFI fossero una tantum e non dovessero contenere clausole sulla restituzione dell’investimento. Alla fine però CFI riuscì ad imporre il proprio orientamento. 62 Attualmente il capitale sociale di CFI è pari a 83,6 milioni di euro, quasi interamente sottoscritti dal Ministero (di cui 24.5 ancora da versare). 89 PROOF La vertenza si protrasse sino al 2001 quando lo Stato italiano con la L. 57/01 modificò la normativa. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale Dall’avvio della nuova fase operativa (2002/03) CFI ha deliberato, al 31.12.2009, 41 interventi a fronte dei quali sono già stati erogati 59 milioni di euro. Di questo importo, il 51% è stato erogato come partecipazione al capitale, il 6% sottoscrivendo obbligazioni convertibili e il 43% sotto forma di prestito. Nel loro complesso, le cooperative finanziate hanno realizzato nel 2008 un volume della produzione di 384 milioni di euro (con un incremento di oltre l’81% rispetto al 2003). PROOF Nel periodo 2003-07 le stesse cooperative hanno realizzato investimenti per oltre 70 milioni di euro. Dall’ingresso di CFI nel capitale, le stesse imprese hanno incrementato il numero di addetti del 16%63. E’ importante notare che i soci lavoratori partecipano in proprio al capitale delle cooperative finanziate da CFI per 43 milioni di euro. Al 31/12/09 gli investimenti in essere di CFI ammontavano complessivamente a circa 40 milioni di euro. Le cooperative finanziate da CFI operano in campi molto diversi, dalle costruzioni all’impiantistica, dalla cantieristica navale all’industria meccanica, dalle utilities ai servizi propri della cooperazione sociale ecc. Alcune di queste esperienze sono molto originali, come per esempio Fraternità Sistemi, cooperativa sociale che opera all’interno del Gruppo Fraternità di Brescia. Costituita nel 2003, avvia l’attività di gestione di banche dati per gli accertamenti tributari nei comuni di Brescia e Bergamo, ma passa, nel giro di poco tempo, alla attività di riscossione diretta dei tributi ed oggi opera in 80 comuni. Fraternità Sistemi è l’unica società cooperativa iscritta all’Albo dei Riscossori dei tributi. Nel 2009 CFI interviene a sostegno della cooperativa, con un finanziamento di 5 milioni di euro, in quanto, in base ad una modifica legislativa, la cooperativa doveva provvedere ad elevare il proprio capitale sociale per mantenere l’iscrizione all’Albo dei Riscossori; a sostegno della iniziativa è intervenuto anche Fondosviluppo. Altro caso interessante è quello della Industria Plastica Toscana (IPT), cooperativa costituita nel 1994 sulle ceneri di una società di proprietà di una multinazionale statunitense. La cooperativa avvia l’attività di produzione di shopper e buste per il mercato della grande distribuzione. CFI interviene una prima volta 63 E’ interessante notare che, nel corso dei suoi 15 primi anni d’attività, la CFI aveva investito approssimativamente 80 milioni di euro nel capitale di cooperative di lavoro create dai lavoratori di 159 imprese in crisi, e aveva salvato quasi 6.000 posti di lavoro. 90 nel 1996 con un finanziamento di 2 milioni di euro, ai sensi della originaria legge Marcora. Nonostante la grande volontà dei soci, la cooperativa non riesce a decollare e deve combattere con la crescente concorrenza delle importazioni dalla Cina. Nel 2007 lo Stato italiano modifica la legislazione sugli shopper in plastica che devono scomparire entro il 2011 a favore di shopper biodegradabili. Il grande sistema distributivo di Coop decide di anticipare al 2009 l’introduzione dei nuovi shopper biodegradabili. E’ la grande occasione per la IPT per adottare la nuova tecnologia in tempi rapidi e diventare un fornitore privilegiato. L’operazione, che richiede nuovi investimenti per 2 milioni di euro, riesce grazie all’impegno di CFI, che, accompagnato da altri organismi finanziari facente capo alla cooperazione, ma anche da due banche, forniscono il denaro necessario con un prestito ammortizzabile in nove anni. Dal 2007 al 2010 il fatturato della IPT si è incrementato del 50% ed i risultati di esercizio sono già tornati in utile dal 2008. Anche in questo caso l’operazione è stata completata con l’intervento di uno dei Fondi per lo sviluppo della cooperazione (Coopfond). Se nella prima fase l’attenzione della CFI era rivolta esclusivamente alle imprese che nascevano da imprese private in difficoltà, nella seconda fase si sono notevolmente ampliate le possibilità di intervento, privilegiando le situazioni di crescita. Negli ultimi mesi sono aumentate le richieste di intervento a CFI per la nascita di nuove cooperative che vorrebbero rilevare attività di imprese in crisi. L’attuale situazione presenta però molte differenze rispetto a fine anni ’80. In quel caso si trattava in genere di imprese in crisi per incapacità manageriali a fronte di un mercato che, superate le difficoltà dei primi anni ’80, era comunque in ripresa. La situazione attuale invece presenta difficoltà oggettive, più connesse al calo di domanda che non a deficienze manageriali. Un’ultima osservazione su questo tema nasce dal confronto fra il dibattito che promosse la legge Marcora contrapposto alla situazione attuale che, come analizzato nella sezione 2.1, non presenta una altrettanta attenzione al fenomeno cooperativo come possibile soluzione per risollevare imprese in crisi. E’ possibile individuare punti di convergenza e di divergenza fra la crisi fini anni ’70 e la crisi attuale, rispetto al ruolo che la cooperazione può svolgere? Affrontare questo tema richiederebbe una ricerca ad hoc, ma alcune domande sorgono spontanee perché il clima di allora è profondamente diverso da quello attuale, così viene naturale chiedersi se il movimento cooperativo presenti o 91 PROOF Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale meno un deficit di capacità promozionale per cui i lavoratori non conoscono questa possibile soluzione per le crisi aziendale ovvero se il sindacato abbia cambiato atteggiamento nei confronti della cooperazione per cui è portato a difendere i lavoratori più con interventi di sostegno (per esempio ammortizzatori sociali più ampi e duraturi), anziché ricercare soluzioni imprenditoriali autonome, come, appunto, l’avvio di una nuova cooperativa. Sino ad ora è sembrato esserci stata una minore spinta a ricercare soluzioni cooperative per risolvere crisi aziendali, ma la situazione potrebbe cambiare anche rapidamente, specie se, perdurando l’attuale situazione, emergesse l’impossibilità di sostenere l’occupazione solo con l’estensione straordinaria degli ammortizzatori sociali. PROOF 3.2.3. Cooperfidi Italia Da lungo tempo le Associazioni cooperative hanno cercato di facilitare l’accesso al credito bancario a favore delle proprie associate, specie se di piccole dimensioni, costituendo società ad hoc, in grado di rilasciare garanzie integrative, in genere sotto forma di fideiussione, sui prestiti erogati. La forma più diffusa di intervento è rappresentata dal Consorzio Fidi, generalmente costituto come società cooperativa, operante in un ambito territoriale ristretto. Le risorse dei Consorzi Fidi sono state fornite dai soci, dalle cooperative beneficiarie della garanzia, da Enti territoriali (Comuni, Province, Regioni) e Camere di Commercio. Lo strumento operativo di intervento è costituito da una convenzione fra Consorzio Fidi e banca, che regola i rapporti contrattuali alla base del rilascio della garanzia. Il Consorzio Fidi deposita presso la banca convenzionata parte delle proprie risorse che, moltiplicate per i coefficienti concordati64, delimitano l’importo massimo dei finanziamenti concedibili da parte della banca stessa. In genere la garanzia rilasciata dal consorzio è di importo inferiore al finanzia64 Se per esempio un Consorzio Fidi deposita 100.000 euro presso la banca convenzionata ed il moltiplicatore concordato è 5, allora i finanziamenti concedibili possono sommare a 500.000 euro, in forma rotatoria. 92 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza mento erogato, con variabilità accentuate dal 20% all’80%, in funzione della presenza o meno di altre forme di garanzia rilasciate direttamente dalla cooperativa (per es. ipoteche). I finanziamenti concessi possono essere sia sotto forma di conto corrente a revoca, o pluriennali, da ammortizzare in un arco di tempo concordato (prevalentemente di cinque anni). La banca resta comunque completamente ed insindacabilmente autonoma sulla decisione di concessione del finanziamento. Le regole fissate dall’accordo Basilea II fra le banche ha però rotto l’equilibrio così raggiunto, mettendo in discussione il sistema così come si era andato sviluppando. Le regole di Basilea II stabiliscono parametri di capitalizzazione per le banche, cioè rapporti fra il patrimonio netto ed il portafoglio investimenti. Il valore degli investimenti è ponderato sulla base del rischio: meno l’investimento è rischioso, minore è il capitale proprio che la banca deve immobilizzare. Le garanzie fidejussorie rilasciate da terzi sono fra le modalità tecniche riconosciute per ridurre il coefficiente di rischiosità degli investimenti, purché il garante abbia determinate caratteristiche di capitalizzazione fissate dalla legislazione bancaria stessa. I Consorzi Fidi esistenti non avevano le dimensioni minime richieste dalla legge, affinchè le garanzie da loro rilasciate servissero a ridurre il coefficiente di rischiosità secondo i parametri di Basilea II. Nove Consorzi Fidi, aderenti alle Associazioni cooperative, si sono fusi nel corso del 2009, dando vita a Cooperfidi Italia soc. coop. Al 31/12/2009 Cooperfidi Italia ha chiuso il suo primo bilancio di esercizio, dal quale emerge il buon livello di mezzi propri accumulati, pari a circa 28,8 milioni di euro, di cui il 18,5% a titolo di capitale sociale, 13,8% a titolo di riserve invisibili ed il restante 67,7% risulta costituito da Fondi rischi accumulati. A fronte di tali mezzi propri, la Società aveva rilasciato garanzie per circa 78 milioni di euro, con un rapporto fra garanzie rilasciate e mezzi propri pari a poco più di 3. 93 PROOF Questo sistema ha trovato diffusione a livello nazionale, ma, come già ricordato, la base operativa di ogni Consorzio Fidi non è mai andata oltre il territorio regionale. Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale OPERE CITATE [01] ANCPL Legacoop – Il gruppo societario nelle strategie di sviluppo cooperativo – 2007 Legacoop [02] ANCPL Legacoop – Workers buy out. Trasmissione di impresa ai lavoratori – 2004 Roma [03] Banca d’Italia – La domanda e l’offerta di credito a livello territoriale nel 2009 – Economie regionali nr. 22/2010 [04] Birchall J. – Ketilson L. H. – Resilience of the cooperative business model in times of crisis – 2009 ILO [05] Bitossi Serena (a cura) – I gruppi cooperativi – 2008 Il Mulino PROOF [06] Bonocore Vincenzo – Diritto della Cooperazione – 1997 Il Mulino [07] Brealey R. A. – Myers S. C. – Principi di finanza aziendale – 1990 McGraw Hill [08] Centro Studi Legacoop – La cooperazione italiana nei dati dei censimenti [09] Centro Studi Legacoop – Processi di sviluppo e integrazione: i gruppi cooperativi – [?] Roma [10] Commissione delle Comunità Europea – Il trasferimento di proprietà delle imprese – 2006 [11] Commissione delle Comunità Europee – Raccomandazione del 7/121994 sulla successione nelle piccole e medie imprese. [12] Commissione Europea – Relazione finale del gruppo di esperti sul trasferimento delle piccole e medie imprese – 2002 [13] Confcooperative Federsolidarietà – Le traiettorie della crescita del Sistema Federsolidarietà – Confcooperative dal 2003 al 2008 – 2009 [14] Dandolo Francesco – L’industria in Italia tra crisi e cooperazione – 2009 Bruno Mondatori [15] Hansmann Henry – La proprietà dell’impresa – 2005 – Il Mulino [16] Iengo Mauro – Il gruppo cooperativo paritetico – in Autori vari – Le cooperative dopo la riforma del diritto societario – 2005 – Franco Angeli [17] Iris Network – L’impresa sociale in Italia – 2009 Donzelli [18] Istat – Le cooperative sociali in Italia anno 2001 – 2003 94 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza [19] Istat – Le cooperative sociali in Italia anno 2003 – 2006 [20] Istat – Le cooperative sociali in Italia anno 2005 – 2007 [21] Marocchi Gianfranco (a cura) – Le questioni aperte. Rapporto Federsolidarietà – [senza data] Confcooperative [22] Ministero dello Sviluppo Economico – Analisi statistica dei bilanci di esercizio presentati dalle Società Cooperative iscritte all’Albo – anno 2008 – Pubblicazione di servizio [24] Quattrocchi Carlo – Le dimensioni del fenomeno cooperativo italiano– pubblicato in: Cusa Emanuele (a cura) – La cooperativa srl tra legge e autonomia statutaria – 2008 Cedam [25] Unioncamere – Imprese, occupazione e valore aggiunto delle cooperative in Italia - 2009 [26] Unioncamere – Primo rapporto sulle imprese cooperative – 2003 [27] Unioncamere – Progetto Excelsior: Imprese cooperative – 2009 [28] Unioncamere – Progetto Excelsior: Imprese sociali - 2009 [29] Unioncamere – Secondo rapporto sulle imprese cooperative – 2004 [30] Unioncamere – Movimprese – Natalità e mortalità delle imprese italiane 1° trimestre 2010 – 2010 – disponibile al sito internet www.unioncamere.it [31] Zevi Alberto – I gruppi cooperativi – 2006 in Italianieruropei nr. 5 [32] Zevi Alberto – Il finanziamento delle Cooperative - in E. Mazzoli – S. Zamagni – Verso una nuova teoria economica della cooperazione – 2005 Il Mulino 95 PROOF [23] Ministero dello Sviluppo Economico – Rilevazioni statistiche del Movimento Cooperativo in Italia anni 2006-2007-2008 – Pubblicazione di servizio Capitolo 2 Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni Adrian Zelaia LE IMPRESE DI PROPRIETÀ DEI LAVORATORI IN SPAGNA Una peculiarità delle imprese di proprietà dei lavoratori in Spagna risiede nella differenza tra cooperative di lavoro e sociedades laborales. Sebbene in tutti i paesi vi siano società di capitali che presentano un grado maggiore o minore di partecipazione dei lavoratori, la Spagna si distingue per avere emanato disposizioni esaustive e permanenti per le società di capitali con una partecipazione maggioritaria dei lavoratori, definite “sociedades laborales”. Benché le basi giuridiche e concettuali siano sostanzialmente diverse, sia le cooperative di lavoro sia le sociedades laborales rispondono al principio ideologico della partecipazione maggioritaria dei lavoratori nell’impresa. Ne consegue che, nell’analizzare le cooperative di lavoro in senso lato, dovremmo andare oltre il sostrato giuridico per includere anche le sociedades laborales65. 1.2. Contesto giuridico In ambito cooperativo, una delle specificità della legislazione cooperativa spagnola risiede nel ruolo ricoperto dalla competenza legislativa regionale (Comunidades autónomas). Normalmente, quasi tutte le Comunità autonome hanno competenze legislative in materia di cooperative. Sebbene esista una legislazione nazionale - la legge 27/1999 del 16 luglio per le Cooperative – essa viene direttamente applicata 65 Dal punto di vista terminologico, nel presente lavoro ci riferiremo più volte all’insieme di cooperative di lavoro e Sociedades laborales quali “imprese di proprietà dei lavoratori”. 97 PROOF 1.1. Spiegazione dei concetti di cooperative di lavoro e sociedades laborales (società di lavoratori) Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni soltanto alle cooperative di credito e a poche altre grandi cooperative. Pertanto, le cooperative di lavoro associato sono disciplinate dalla legislazione autónomica/ regionale pertinente. La legge nazionale vige a titolo suppletivo rispetto alle leggi regionali. PROOF Occorre sottolineare che tale redistribuzione di competenze su base regionale non ha prodotto differenze sostanziali tra l’una e l’altra legislazione. Le leggi regionali sulle cooperative sono simili per struttura e concezione di base e questa similitudine si è mantenuta nel tempo perché una forte dinamica di rinnovamento legislativo è andata di pari passo allo scambio permanente di buone idee e pratiche tra le diverse Comunità autonome. In seguito a tale dispersione, però, si è talvolta rimproverato alla legislazione spagnola di essere un po’ caotica ma si tratta, questo, di un parere che varrebbe la pena di mettere in discussione. Benché, infatti, da un punto di vista “accademico” la complessità della legislazione cooperativa spagnola possa creare notevoli difficoltà alle analisi delle università, degli esperti, ecc., non si può dire lo stesso per gli altri ambiti. Le cooperative di lavoro sono disciplinate dalla rispettiva legislazione regionale e né le cooperative stesse né i giuristi, avvocati e consulenti in contatto con queste realtà, reputano che questa dispersione costituisca un problema. D’altra parte, è ovvio che - proprio per effetto di tale dispersione regionale - la legislazione cooperativa spagnola si adatta meglio alla società e alla realtà cooperativa locali ed è assai più elastica. Tutto ciò ne ha fatto probabilmente la legislazione più innovativa dell’Unione europea. Va sottolineato, infine, che esistono normative regionali volte a regolare in maniera specifica le “micro-cooperative” - di grande interesse per la promozione di nuove attività - e le cooperative senza distribuzione degli utili (con denominazioni diverse quali le cooperative “sociali”, “d’utilità pubblica”, “d’iniziativa sociale”, ecc.). Quanto all’iscrizione al registro delle cooperative, le cooperative di lavoro hanno in tutte le Comunità autonome un proprio registro diverso dal Registro di commercio. Le cooperative regolate dalla legge nazionale s’iscrivono ad un registro presso il Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione. È bene sottolineare, inoltre, la specificità della cooperazione spagnola per ciò 98 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza che concerne la normativa contabile. Si tratta del solo Stato dell’UE che ha elaborato norme contabili dettagliate e specifiche per le cooperative. Tale normativa era in via d’aggiornamento nel corso del 2010. Le sociedades laborales sono invece disciplinate dalla legge n. 4 del 24 marzo 1997 sulle “sociedades laborales”, un regolamento ben più conciso rispetto a quello che disciplina le cooperative di lavoro. In questo caso, il regolamento sostanziale vale in tutto il territorio spagnolo, eccetto che negli aspetti fiscali, rispetto ai quali la Navarra e i Paesi Baschi dispongono di poteri specifici. Contrariamente a ciò che succede nelle cooperative di lavoro, le sociedades laborales sono registrate nel Registro di commercio, benché siano oggetto anche di un’iscrizione ad un registro amministrativo presso i Dipartimenti del Lavoro delle Comunità autonome. Sociedades laborales Fonte: CONFESAL La sociedad laboral è una società che, pur avendo adottato la forma giuridica equivalente ad una Spa o una sprl, prevede che la maggioranza del capitale sociale sia nelle mani dei lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato pieno o parziale. Capitale Sociale Esiste una soglia massima di capitale sociale che può essere detenuto per ciascun socio: Un terzo del capitale sociale, tranne nei seguenti casi: • Pubblica Amministrazione (Stato, Regioni e Comunità locali); • Società pubbliche partecipate da un’Istituzione; • Associazioni o organismi senza scopo di lucro. 99 PROOF In conclusione, dal punto di vista fiscale la realtà legislativa è differente. La Navarra e i Paesi Baschi hanno poteri legislativi propri in tale materia, ma il resto del territorio spagnolo è regolato dalla legge del regime fiscale per le cooperative del 1990. Tutte queste legislazioni condividono un’importante base analitica e concettuale e sono il risultato di un significativo lavoro d’adattamento alle caratteristiche sociali ed economiche specifiche delle cooperative. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni Tipi di soci • Soci lavoratori. • Soci di tipo generale (non lavoratori). La legge impone un limite massimo all’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato non soci: • Sociedades laborales con meno di 25 soci lavoratori: limite massimo del 25% del totale delle ore/anni lavorati dai soci lavoratori. • Sociedades laborales con più di 25 soci lavoratori: limite massimo del 15% del totale delle ore/anni lavorati dai soci lavoratori. Il trasferimento delle azioni e delle partecipazioni sociali possedute dai lavoratori è regolato da un regime speciale • libera per i lavoratori a tempo indeterminato e per i soci lavoratori. PROOF • Nel resto dei casi va osservato il seguente ordine preferenziale: o Lavoratori a tempo indeterminato non soci o Soci lavoratori o Soci non lavoratori o Lavoratori interinali o La società stessa o Terzo estraneo alla società • Cessione obbligatoria: quando il rapporto di lavoro del socio lavoratore si estingue, quest’ultimo deve offrire in vendita le proprie azioni o partecipazioni sociali conformemente al diritto d’acquisizione preferenziale. La sociedad laboral deve istituire, oltre alle altre riserve legali stabilite dalle leggi generali che risultano applicabili, un Fondo di Riserva Speciale, alle seguenti condizioni: • Dotarlo in contanti del 10% dell’utile d’ogni esercizio. • Applicare il 25% se si ricorre a vantaggi fiscali. • Compensare le perdite soltanto se mancano altre riserve disponibili sufficienti. In conclusione, le sociedades laborales sono formalmente SpA o sprl sottoposte a una normativa specifica che le obbliga a mantenere la maggioranza del capitale nelle mani dei lavoratori. In tal senso, sono per certi versi società di capitali “cooperativizzate”. Questi meccanismi d’attribuzione d’azioni o di partecipazioni ai lavoratori sono noti in tutti i paesi, ma ciò che rende particolare il caso spagnolo è l’aver disciplinato giuridicamente questo tipo di società stipulando una partecipazione maggioritaria dei lavoratori al capitale. 100 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza 1.3. Statistiche e dati Le imprese di proprietà dei lavoratori - cooperative di lavoro e sociedades laborales – rappresentano un’importante realtà sociale in Spagna ed una delle più importanti in Europa: I. DATI ANNUARIO CEPES (Confederazione imprenditoriale spagnola dell’Economia Sociale) IMPRESE AL 31.12.2009 LAVORATORI AL 31.12.2009 COOPERATIVE DI LAVORO 17414 251300 SOCIEDADES LABORALES 15679 88241 TOTALE 33093 339541 Fonte: CEPES. La Economía Social en España (L’Economia sociale in Spagna). 2009/2010. Dati al 31.12.2009. II. DATI COCETA (Confederazione spagnola delle Cooperative di Lavoro associato) In base ai forniti da COCETA, il numero di persone occupate per settore al 31 dicembre 2009 è rappresentato nel seguente grafico: Grafico 5 - Occupati per settore d’attività nel 2009 Servizi Edilizia Industria Agricoltura 0 50.000 100.000 150.000 200.000 Fonte: COCETA Tra i dati aggiuntivi riportati da COCETA, va evidenziata l’importante presenza delle donne nelle cooperative di lavoro spagnole. Il seguente grafico riassume la 101 PROOF Tab. 26 - Cooperative di lavoro e Sociedades laborales numero d’imprese e di lavoratori Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni situazione attuale 66: Grafico 6 - Distribuzione uomini-donne nelle cooperative di lavoro COOPERATIVE DI LAVORO ASSOCIATO 49% 51% Uomini Donne Fonte: COCETA III. DATI MINISTERO DEL LAVORO E DELL’IMMIGRAZIONE67 (MTIN) PROOF Società cooperative I dati del Ministero si riferiscono a tutte le cooperative in generale, ma non esistono dati sufficientemente precisi sulle cooperative di lavoro. Tuttavia, stime storiche stabiliscono che l’occupazione nelle cooperative di lavoro costituisce circa l’80% dell’occupazione cooperativa totale. Applicando tale percentuale ai dati del Ministero, risulterebbero 217.411 posti di lavoro nelle cooperative di lavoro al 31.12.2009. La Confederazione COCETA elabora statistiche proprie, tenendo conto, oltre di questa fonte ministeriale, delle relazioni e dei documenti elaborati negli uffici delle proprie organizzazioni confederate, raffrontati ai rispettivi registri di cooperative regionali/autonómicos, a cui abbiamo già accennato nel paragrafo precedente. 66Per approfondire tali dati è possibile consultare il rapporto sulla situazione femminile nelle cooperative di lavoro elaborato da COCETA nel 2009. 67 I dati del Ministero non includono nelle stesse tabelle i dati delle sociedades laborales e delle cooperative di lavoro. I dati di queste ultime vanno estrapolati dalle informazioni generali riguardanti tutte le cooperative. Tuttavia, Il Ministero fornisce le informazioni date dal Ministero delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi d’impresa 2007. Sulla base di queste ultime, nel 2007 compaiono 14.020 cooperative di lavoro e 27.323 sociedades laborales. Rispetto ai dati forniti dal Ministero del Lavoro, per una serie di variabili essi non coincidono con i dati forniti dal settore, poiché i dipartimenti del registro non sempre mandano i propri dati al Ministero nella stessa data e ci sono discrepanze tra i regimi di contribuzione alla previdenza sociale (tra il così detto regime generale e quello speciale dei lavoratori autonomi, tutti e due applicabili alle cooperative di lavoro). D’altra parte, la Confederazione COCETA, rappresentativa della cooperazione di lavoro in Spagna, dispone di dati ottenuti dai registri regionali degli organismi confederati. In base a tali dati, al 31.12.2009 il numero di cooperative di lavoro associato era di 17.414. 102 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Sociedades laborales Tab. 27 - Numero di sociedades laborales nei vari settori VariaZIONI Trimestre precedente Anno precedente Assoluto % Assoluto % Numero d’imprese 15.303 - 73 - 0,5 - 1,249 -7,5 Occupazione (generale) 87.651 - 275 - 0,3 - 6,387 - 6,8 Occupazione agricola 1.452 - 87 - 5,6 + 343 + 31,6 Occupazione industriale 21.486 +3 0,0 - 2.581 - 10,6 Occupazione edile 16.142 + 812 + 5,3 - 3.352 - 17,2 Occupazione in servizi 48.570 - 1.003 - 2,0 - 822 - 1,7 Fonte : MTIN (Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione) 1.4. Quadro istituzionale Le cooperative di lavoro e sociedades laborales sono riunite in federazioni regionali che, a loro volta, sono articolate nella confederazione statale corrispondente: COCETA, nel caso delle cooperative di lavoro e CONFESAL per le sociedades laborales. Sia COCETA che CONFESAL collaborano tra loro, e insieme ad altre organizzazioni, nella CEPES (Confederazione imprenditoriale spagnola dell’Economia sociale). 1.5. Le imprese di proprietà dei lavoratori negli anni che hanno preceduto la crisi Nel periodo d’espansione 2002-2007, straordinario per ogni tipo di attività economica in Spagna, le imprese di proprietà dei lavoratori hanno seguito l’andamento consueto dei sistemi patronali autogestiti: Un livello di crescita importante ma inferiore alla media del mercato. Questa è l’evoluzione secondo i dati elaborati da COCETA: 103 PROOF Trimestre 2/2010 Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni Grafico 7 - Evoluzione dell’occupazione 2004-2008 320.000 318.000 316.000 314.000 312.000 310.000 308.000 306.000 304.000 2004 2005 2006 2007 2008 PROOF Fonte: COCETA Le ragioni della crescita relativamente inferiore di tale tipo d’imprese sono strutturali e derivano dalla logica economica stessa delle imprese di proprietà dei lavoratori: il minore incentivo all’investimento in queste imprese nei periodi di crescita dei cicli economici. L’origine di tale minore incentivo è la necessità di distribuire i risultati dei nuovi investimenti non soltanto tra i soci che decidono di investire, ma anche tra i nuovi soci lavoratori che partecipano alla nuova attività. In particolare, le imprese di proprietà dei lavoratori sono di solito molto lungimiranti per i progetti d’investimento ad alto rischio e questa è forse la ragione per cui, nei periodi di crescita, le cooperative e le sociedades laborales vedono ridotto il loro peso specifico nell’economia. A partire da tale premessa va precisato che: ▪▪ Una caratteristica specifica dell’ultimo ciclo di crescita (2002-2007) consiste nel ricorso da parte delle imprese di proprietà dei lavoratori all’assunzione di nuovi lavoratori dipendenti, in misura maggiore rispetto ai periodi precedenti. Fino ad allora, e salvo eccezioni, le cooperative erano ricorse sistematicamente all’assunzione di soci lavoratori. In anni recenti, la legislazione cooperativa ha reso più elastiche le possibilità d’assunzione dei lavoratori non soci e le cooperative spagnole hanno fatto ampiamente uso di tale opportunità sancita per legge. ▪▪ L’effetto pratico di una tanto estesa assunzione di lavoratori dipendenti è consistito in un discreto avvicinamento del comportamento economico delle cooperative a quello delle società di capitali. In particolare, si è manifestato con una minore reticenza a stanziare nuovi investimenti nel periodo di crescita. 104 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza ▪▪ Il comportamento “conservatore” o “prudente” diffuso nelle imprese di proprietà dei lavoratori si manifesta in modo assai diverso secondo le tipologie d’impresa. Esso aumenta nelle imprese più piccole o caratterizzate da una gestione partecipativa/democratica più accentuata. Al contrario, si attenua in alcune grandi cooperative e sociedades laborales e in quelle nelle quali il controllo democratico dei soci è meno forte, e dove i manager favoriscono politiche di sviluppo che sono in contraddizione con l’interesse dei soci lavoratori che sono generalmente più “prudenti”. 1.6. La crisi finanziaria del 2007 Già a partire dall’autunno del 2008, gli effetti della crisi sulle imprese di proprietà dei lavoratori si sono manifestati chiaramente. In sintesi, gli effetti macroeconomici che influenzano direttamente le cooperative e le sociedades laborales possono essere così descritti: ▪▪ Calo delle vendite internazionali. ▪▪ Calo di consumi e investimenti. ▪▪ Calo del credito alle imprese. Ovviamente, tali effetti influenzano in modo diverso alcune imprese. I primi effetti della crisi sull’economia spagnola si sono fatti sentire con un calo sensibile del consumo interno nel 2008. Le prime a subire l’effetto di tale calo della domanda interna sono state le imprese di proprietà dei lavoratori nei settori dei beni di consumo e dell’edilizia. Tuttavia, le imprese esportatrici hanno scarsamente risentito degli effetti negativi della crisi durante i primi 9 mesi dell’anno. Dall’autunno 2008, dopo lo scivolone del mercato estero ed il conseguente calo di vendite esteso ai vari settori dell’economia, l’entrata nel ciclo negativo della crisi si è resa ben più palpabile. Anche le imprese con maggiore forza esportatrice sono state duramente colpite dalla recessione, con cali di fatturato del 20 e 30%. 105 PROOF ▪▪ A fronte di tale minore aggressività sugli investimenti, le cooperative hanno in genere rischiato meno e si sono indebitate meno rispetto alle imprese capitalistiche. Come vedremo, ciò le mette in posizione meno sfavorevole per affrontare l’attuale congiuntura economica. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni Quando si comparano le prime reazioni delle cooperative e delle sociedades laborales con quelle delle società di capitali di fronte alla recessione, occorre distinguere fra obiettivi di base e strumenti. Gli obiettivi di base iniziali sono sul piano concettuale equivalenti per cooperative, sociedades laborales e società di capitali e possono essere così riassunti: SFIDE DI BASE: a) Affrontare il calo della domanda b) Affrontare il calo del credito bancario PROOF OBIETTIVI DI BASE: a) Adeguare i costi per affrontare il calo della domanda b) Ottenere risorse finanziarie complementari o sostitutive al credito bancario Come vedremo, i mezzi utilizzati sono stati tuttavia in buona parte diversi da quelli delle società convenzionali. STRUMENTI UTILIZZATI Per ciò che concerne gli strumenti utilizzati, gli aspetti che presentano maggiori similarità si posso così riassumere: ▪▪ Ritardo degli investimenti previsti ▪▪ Sospensione degli investimenti in corso ▪▪ Riduzione delle spese per assunzioni non indispensabili ▪▪ Ricerca di fonti alternative di finanziamento Al contrario, i mezzi usati per contenere e/o ridurre i costi di personale sono invece piuttosto differenziati. 106 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza 2. STRATEGIE E STRUMENTI DI CRESCITA E ANTICIPO DEL CAMBIAMENTO 2.1. Le imprese di proprietà dei lavoratori a fronte della crisi economica 2.1.1. Iniziali misure di base per affrontare il calo dalla domanda IMPRESE CONVENZIONALI · Contenimento delle spese · Anticipazioni delle vacanze · Licenziamenti temporanei · Licenziamenti definitivi/congedi · Ricorso ai subappalti · Riduzione degli investimenti IMPRESE DI PROPRIETÀ DEI LAVORATORI (Attività differenti) · Decisioni dei lavoratori di ridurre e/o contenere le retribuzioni · Ridistribuzione del lavoro tra le cooperative (in reti o gruppi) 2.1.2. Misure di base per affrontare la stretta creditizia In linea di massima, la stretta del credito bancario ha posto problemi simili alle società di capitali e a quelle di proprietà dei lavoratori. Ne consegue che le reazioni sono state in un certo qual modo simili. In sintesi, si possono descrivere così gli aspetti comuni e differenti delle attività sviluppate in questo ambito: IMPRESE CONVENZIONALI · Revisione dei modelli di finanziamento/capitalizzazione · Ricorso agli aiuti pubblici. IMPRESE DI PROPRIETÀ DEI LAVORATORI (Attività differenti) · Prestiti intercooperativi: · Cooperative di credito · Sistemi di garanzia reciproca Va specificato che quelle riunite sotto il nome di “attività differenti” delle imprese di proprietà dei lavoratori rimandano non a un qualsiasi tipo di cooperativa o di 107 PROOF La prima reazione delle imprese di proprietà dei lavoratori per affrontare il calo della domanda è stata simile a quella delle società di capitali: ridurre i costi per compensare o attutire il calo delle entrate. In estrema sintesi, possiamo riunire nel seguente schema le misure normalmente adottate dalle società di capitali e quelle che invece sono state adottate dalle cooperative e dalle sociedades laborales: Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni sociedad laboral, ma soltanto a quelle apparteneti a contesti o reti specifiche, quali: a) Le cooperative che appartengono a reti o gruppi cooperativi, nei quali i trasferimenti interni di risorse finanziarie (prestiti intercooperativi, fondi comuni d’investimento, ecc.) sono strutturati sistematicamente. PROOF b) Le cooperative inserite nel contesto di cooperative di credito coinvolte nel tessuto del cooperativismo di lavoro (in Spagna, fondamentalmente, Caja Laboral) c) Le imprese di proprietà dei lavoratori appartenenti a reti finanziarie specifiche dell’ambito cooperativo quali le società di garanzia reciproca (Oinarri), i fondi di capitali-rischio dell’economia sociale, ecc. (Sono numerose le cooperative di lavoro integrate nella rete Coop57; d’altro canto, va ricordato anche l’appoggio a progetti di finanza etica e d’economia sociale da parte di organismi come FIARE y REAS Rete d’Economia alternativa e solidale). Tutte queste imprese, oltre alle risorse abituali degli organismi di capitali, hanno fatto ricorso a questi fondi o a risorse specifiche dell’ambito cooperativo o dell’economia sociale. 2.1.3. Misure di base. Mantenere l’investimento e soprattutto quello nell’innovazione Nell’applicare le strategie di difesa, rispondendo al calo della domanda e alla stretta creditizia a breve termine, è necessario che tutte le imprese si posizionino a fronte delle conseguenze strutturali della crisi e, soprattutto, che facciano in modo di migliorare la propria competitività. Il calo della domanda rende questo aumento di competitività una questione di vita o di morte per molte imprese. A. Le imprese di proprietà dei lavoratori devono realizzare investimenti e innovarsi per essere più competitivi nel proprio settore Se il calo della domanda diventa strutturale, soltanto un miglioramento della posizione competitiva delle imprese di proprietà dei lavoratori potrà permetterne la sopravvivenza nei rispettivi settori d’attività. 108 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza B. Il compito sopraindicato non è facile da realizzare/mantenere I motivi sono molteplici. Tra i principali: Non è facile mantenere o aumentare le attività d’investimento quando si tagliano i costi. Nei primi mesi, le reazioni al calo della domanda nelle imprese di proprietà dei lavoratori si verificano molto velocemente. La gravità e l’urgenza della situazione creatasi, l’esigenza di rispondere alle sfide immediate ecc., tolgono tempo alla concezione di strategie di medio termine. Logicamente, se le entrate si sono sensibilmente ridotte in molte imprese, non soltanto serve una politica d’adattamento che compensi queste entrate e consenta di mantenere il fatturato o eviti di andare in rosso: è necessario, oltre a ciò, disporre di risorse aggiuntive, che permettano di mantenere o aumentare le attività di investimento e innovazione. D. Pertanto, la capacità dei lavoratori di fare uno sforzo speciale risulta cruciale per le cooperative e le sociedades laborales Da chi ottenere risorse supplementari per gli investimenti e l’innovazione? In altre circostanze, le imprese di proprietà dei lavoratori potrebbero reperire risorse esterne, sotto forma di capitale di rischio o credito bancario. Nelle circostanze attuali, pero’, le cooperative o le sociedades laborales potranno fruire di queste risorse soltanto in situazioni eccezionali. Di conseguenza, dovranno forse essere gli sforzi speciali degli stessi soci lavoratori a permettere alle imprese di proprietà dei lavoratori di affrontare questa sfida. Sforzi, che, unitamente alla compensazione della perdita di entrate seguite al calo della domanda, devono riuscire a fronteggiare anche queste necessità d’investimento/innovazione. Fra gli strumenti più importanti, possiamo citare i seguenti: a) Contenimento o riduzione delle retribuzioni lavorative b) Versamento di capitale a titolo obbligatorio c) Versamento di capitale a titolo volontario 109 PROOF C. Superati i problemi d’adattamento a beve termine, servono risorse complementari se si vogliono mantenere gli investimenti e l’innovazione Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni 2.1.4. Misure di base: rivedere le strategie I mutamenti radicali del contesto impongono con urgenza di rivedere le strategie. Che tali mutamenti radicali del contesto si siano prodotti è palese: non si tratta semplicemente di cambiamenti congiunturali o di breve termine, bensì di mutamenti strutturali e di medio-lungo termine. Gli aspetti che possono essere evidenziati in proposito sono i seguenti: PROOF A. Nonostante la tangibilità dei mutamenti strutturali in corso, rivedere le strategie delle imprese di proprietà dei lavoratori in tali circostanze non è di sicuro stato facile. Tale difficoltà è stata dovuta, principalmente, alla necessità per i manager delle imprese di proprietà dei lavoratori di adottare tempestivamente misure a breve termine per far fronte al calo della domanda e al fatto che i vincoli creditizi hanno accorciato sensibilmente il tempo da dedicare agli aspetti strategici. D’altra parte, la situazione di tensione psicologica vissuta dai manager nella gestione delle sfide a breve termine, rende più difficile trovare tempo ed energie da dedicare alla revisione strategica. B. Se si considerano le stesse misure a breve termine, in questi due anni è stato difficile anticipare i cambiamenti verificatisi nel contesto economico. Con l’evoluzione naturale del mercato, l’incidenza delle politiche pubbliche di rilancio della domanda e la minaccia dei settori finanziari in fase di riconversione sono state (e sono tuttora) d’attualità: occorre tenere conto di questi elementi poiché si tratta di fattori determinanti dell’evoluzione economica a breve-medio termine, specie in paesi come gli USA, il Regno Unito e la Spagna. In sintesi, è stato ed è ancora difficile prevedere la gravità e la durata della crisi. Ad ogni caso, le cooperative e le sociedades laborales non possono esimersi dal prendere provvedimenti: per questa ragione, in Spagna molte imprese di proprietà dei lavoratori hanno optato nel 2008 ed in via permanente di operare una revisione delle proprie strategie a scadenza trimestrale. 110 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza 2.1.5. Le strategie di contenimento dei costi di lavoro Com’è prassi abituale in situazioni di crisi, le cooperative di lavoro e le sociedades laborales tendono a mantenere in generale un comportamento quantitativamente e qualitativamente diverso quanto alla gestione dei costi di personale. Nelle società di capitali le strategie basilari di riduzione dei costi del lavoro possono riassumersi così: a) Riduzione dei contratti mediante licenziamenti, meccanismi di adattamento lavorativo, ecc. Nelle imprese di proprietà dei lavoratori, si parte invece da una strategia di base di difesa del lavoro, secondo cui il taglio dei costi poggia in sostanza sull’adattamento (contenimento/riduzione) delle retribuzioni, deciso dai lavoratori o dai suoi rappresentanti negli organi sociali delle cooperative o delle sociedades laborales (Assemblea/Consiglio generale o Consiglio di Amministrazione/Consiglio Direttivo). Tuttavia, va detto che in questa crisi la prima reazione delle imprese spagnole di proprietà dei lavoratori, per quanto concerne gli obiettivi di riduzione dei costi del personale, non si è distinta tanto quanto nelle precedenti crisi. Le circostanze oggettive che spiegano questo attenuarsi del comportamento divergente delle cooperative e delle sociedades laborales sono state già spiegate: il cospicuo impiego di lavoratori dipendenti, cui le cooperative sono ricorse nell’ultimo decennio. Come reazione al primo anno di calo del mercato, le cooperative di lavoro spagnole, come le società di capitali, hanno usato in modo significativo il licenziamento di eventuali lavoratori dipendenti. Ciò non impedisce che, come vedremo, quest’attività sia stata resa compatibile con altri tipi di misure specifiche delle imprese di proprietà dei lavoratori, il cui modello si distingue proprio per il tipo di misure applicate in risposta alle situazioni di crisi. Le strategie essenzialmente diverse messe in pratica dalle imprese di proprietà dei lavoratori nel ridurre i costi di lavoro hanno radici profonde e molto chiare. Il fatto che la proprietà rimanga nelle mani dei soci lavoratori fa sì che, nel definire le strategie volte ad affrontare la crisi, si privilegi la difesa dei posti di 111 PROOF b) Per quanto possibile, riduzione o contenimento dei costi salariali. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni lavoro rispetto ad altri obiettivi, come, ad esempio, la difesa della redditività del capitale. Di fatto ciò implica che, per quanto possa sembrare paradossale di primo acchito, le retribuzioni dei soci lavoratori delle imprese di proprietà dei lavoratori subiscano in modo più rapido e sostanziale il calo delle entrate generato dalla crisi. PROOF La ragione fondamentale di tale situazione risiede nell’atteggiamento ben diverso che assumono i lavoratori delle imprese di proprietà di lavoratori rispetto a quelli delle società di capitali di fronte alle proposte d’adeguamento delle retribuzioni. I lavoratori delle società di capitali, logicamente, assumono in proposito un atteggiamento di difesa di fronte alle proposte d’adeguamento delle retribuzioni poste dal proprietario. Tra le argomentazioni avanzate dai lavoratori delle imprese convenzionali per opporsi al taglio delle proprie retribuzioni, si contesta spesso di non aver ricevuto la propria parte di risultati positivi ottenuti negli anni di crescita del ciclo economico. Al contrario, i lavoratori delle cooperative accettano con maggiore facilità il legame tra questi adeguamenti retributivi e la difesa del proprio posto di lavoro. Spesso riconoscono che il contenimento o la riduzione delle retribuzioni come misure necessarie a conservare i posti di lavoro nella cooperativa. Sanno che le risorse prodotte saranno destinate in via prioritaria a tal fine, e non alla difesa degli interessi degli investitori. Se ne deduce che le retribuzioni dei lavoratori delle cooperative e delle sociedades laborales si adattano di più e con maggiore rapidità a situazioni di crisi. È importante sottolineare che quest’adattamento si realizza ricorrendo a tecniche che cambiano sensibilmente da un’impresa proprietà dei lavoratori ad un’altra. Infatti, mentre in alcune cooperative quest’adattamento si materializza mediante accordi specifici degli organi sociali (Consiglio direttivo o Assemblea generale) in seguito a situazioni di crisi, in altre cooperative o sociedades laborales, l’evoluzione interannuale delle remunerazioni è regolata tramite norme specifiche che prevedono un loro adattamento quasi automatico all’evolversi della situazione economica o finanziaria dell’impresa. Quali dei due sistemi di regolazione retributiva è dunque migliore? Vi sono differenti pareri in merito, ma la maggioranza dei lavoratori delle cooperative e delle sociedades laborales si esprimono a favore di un adeguamento delle remunerazioni alle condizioni economico-finanziarie. 112 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Da un lato, alcuni affermano che è meglio avere una normativa chiara, che produce l’effetto di un adattamento quasi “automatico” delle retribuzioni all’evoluzione economica dell’attività. È ovvio che in questo modo l’adattamento è più naturale e si evitano difficili attività di negoziazione con gli organi sociali circa l’esigenza di contenere o ridurre le retribuzioni. Ma è ovvio che l’adattabilità delle retribuzioni dei lavoratori alle circostanze economiche e finanziarie dell’impresa è, di per sé, un significativo vantaggio competitivo per le imprese di proprietà dei lavoratori quando devono affrontare le conseguenze della crisi. Le cooperative di lavoro accusano la crisi economica Empresa y trabajo.coop. Número 14. Mayo-junio 2009 Nel 2008 si sono create meno cooperative di lavoro associato che negli anni precedenti. La crisi economica ha influito sulla crescita della cooperazione, che ha creato l’1,7% in meno di imprese rispetto al 2007. Tali dati emergono nell’ultimo rapporto della Confederazione spagnola delle Cooperative di Lavoro associato (Coceta), presentata di recente all’Assemblea annuale dell’organizzazione, che si è tenuta a Murcia. Nonostante i dati negativi, le cifre delle cooperative di lavoro sono migliori di quelle delle imprese commerciali, che hanno registrato una mortalità fra le imprese del 7%. Inoltre, nelle cooperative di lavoro associato 68 In tal senso, il margine legale che la legge di Régimen Fiscal de Cooperativas 20/1990 offre, per la retribuzione media del mercato, è ampio quanto basta per non creare problemi legali ai soci che volessero adottare tali misure: “Articolo 8. Cooperative di lavoro associato. Si considereranno specialmente protette le cooperative di lavoro associato che soddisfanno i seguenti requisiti: 2. Che l’importo medio delle retribuzioni totali effettivamente percepite, compresi gli anticipi e le quantità esigibili a titolo di sconti cooperativi, non superi il 200% della media delle retribuzioni normali nello stesso settore d’attività, che avrebbero dovuto percepire se la loro situazione rispetto alla cooperativa fosse stata quella di lavoratori per conto terzi” 113 PROOF Altri, invece, sostengono che l’adattamento retributivo all’evoluzione dell’attività dei lavoratori si riflette già nella partecipazione dei soci ai risultati aziendali positivi o negativi e che, quindi, non è necessario che le remunerazioni mensili si adattino all’evoluzione positiva o negativa dell’attività 68. PROOF Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni è aumentato il tasso di occupati dello 0,12% per quanto riguarda il totale di occupati in Spagna. “Questa crisi influisce sulle cooperative come sulle altre imprese, è una crisi finanziaria”, ha spiegato Juan Antonio Pedreño, che è stato rieletto presidente di Coceta nel corso dell’assemblea. “Succede che si sta dimostrando che è anche una crisi di valori e in questo le cooperative hanno un vantaggio certo, perché il nostro modello risponde a principi già strettamente legati al nostro modo di creare e di fare impresa”, ha sottolineato Pedreño. Ad oggi, nel paese esistono 18.625 cooperative di lavoro associato, che danno lavoro a circa 300.000 persone (soci lavoratori e lavoratori per conto terzi). Tale dato rappresenta l’1,64% delle persone occupate in Spagna. La maggior parte delle cooperative esistenti nel paese è di lavoro associato. Seguono 3.200 cooperative edilizie e 2.400 agricole. Una delle principali caratteristiche delle cifre sulla cooperazione di lavoro del 2008 è la stessa che si ripeta dall’inizio della sua storia: la maggior parte delle persone che lavorano in queste imprese ne è socia, e il 20% degli altri ha un lavoro a tempo indeterminato. In anni recenti le cooperative di lavoro si sono distinte per due particolarità: la minore dimensione e la loro crescente presenza nel settore dei servizi. Occupazione femminile e dei migranti Un aspetto da considerare in relazione alle cooperative di lavoro riguarda l’occupazione femminile. Secondo studi del Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione, la percentuale di donne attiva nel settore rispetto al totale delle cooperative (lavoro associato, agricole, edilizie, di consumo, d’insegnamento, marittime, creditizie, di trasporti e servizi) è superiore tra le persone che hanno un lavoro temporaneo rispetto a coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato. Tuttavia, tale tendenza si inverte nel caso delle cooperative di lavoro, in cui le donne socie, e quindi i proprietarie, costituiscono il 73,7% delle donne impiegate nell’impresa. La quota di donne che ricoprono cariche direzionali, poi, si attesta all’interno delle cooperative al 39,4%, percentuale di gran lunga superiore rispetto ad altri tipi d’impresa. Un altro dato significativo dell’ultimo anno consiste nell’interesse crescente mostrato da parte degli immigrati in questo tipo d’impresa. Come nel 2007, il 10% delle persone che hanno creato cooperative proviene da altri paesi. Nel 2008, come ancora nel 2009, Coceta e le organizzazioni a essa associate lavorano per migliorare la situazione delle loro imprese, siglando accordi con enti finanziari affinché le Comunità autonome garantiscano gli aiuti a favore delle cooperative. Pedreño assicura, tuttavia, che si tratta di “una responsabilità condivisa tra governi (centrale, autonomi e locali), enti finanziari, imprese cooperative e imprese dell’economia sociale”. 114 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Collaborazione tra sindacati e cooperative I rappresentanti di CCOO e di UGT hanno espresso il passato 2 aprile, nel corso del “Forum europeo per la Promozione dell’informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori nella Società Cooperativa Europea-SCE”, che si è tenuto a Murcia, l’auspicio di poter collaborare con le cooperative di lavoro. I sindacalisti e i cooperatori spagnoli ed italiani hanno analizzato e discusso il coinvolgimento dei lavoratori nella SCE e i rapporti esistenti tra cooperative e sindacati, il che segna un punto d’avvio per questa collaborazione. La persona al centro Digitando (in spagnolo) le parole “soluzioni alla crisi” in uno qualsiasi dei più diffusi motori di ricerca, compariranno oltre cinque milioni di risultati. Tra questi, molti fanno riferimento ad articoli diffusi da vari mezzi di comunicazione, a contenuto economico ma non solo, che riniviano ad un buon numero di blog nei quali le persone esprimono la propria opinione in merito a quali misure adottare per risolvere la crisi. Si va, così, da posizioni del tutto liberali a difesa di misure dai contenuti strettamente finanziari, senza tenere conto delle persone, anzi passandoci sopra, ad altre soluzioni che invece rivendicano la necessità di realizzare un’autentica rivoluzione sociale, basata sulla scomparsa dei mercati finanziari e di qualsiasi tipo di moneta per ritornare al baratto… Si trovano anche soluzioni proposte da alcune note scuole di commercio o d’impresa che possono essere riassunte in cinque differenti possibili misure volte al superamento della crisi economica. Fra queste, due meritano particolare attenzione: la prima proposta suggerisce di “trattenere i talenti all’interno dell’impresa” e la seconda di “tener sempre d’occhio la Responsabilità Sociale d’Impresa”, alludendo ad una serie di misure basate, ad esempio, sulla sostenibilità ambientale, la conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare e la parità di genere. Misure, insomma, che considerano la persona come elemento centrale per il superamento della crisi proponendo soluzioni che ci trovano pienamente d’accordo. Infatti, è esattamente ciò che fanno le cooperative: considerano la persona il pilastro dell’impresa; mantengono i posti di lavoro nelle cooperative già create ed inoltre, come si può capire dal dossier accluso a questo numero, nuovi progetti imprenditoriali cooperativi stanno arrivando sul tavolo degli enti locali, il cui sostegno fra i dirigenti fa sì che gli stessi progetti si trasformino in iniziative 115 PROOF Empresa y trabajo.coop. Número 14. Mayo-junio 2009 PROOF Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni imprenditoriali. Ciò non impedisce alle cooperative di vivere momenti difficili e delicati. Nel 2008, infatti, è stato creato un 20% in meno di cooperative rispetto al 2007. Tuttavia, i posti di lavoro sono aumentati di oltre il 25% nello stesso periodo, un dato che fa ben sperare. Tale situazione di debolezza nella creazione di cooperative, nonché le difficoltà oggi incontrate dalle cooperative esistenti, è dovuta per lo più alla carenza di riserve per far avanzare la propria attività imprenditoriale, su cui incide notevolmente il ritardo nei pagamenti da parte delle amministrazioni e dei clienti locali. In altri casi, tali difficoltà sono dovute al fatto che le istituzioni finanziarie hanno deciso di sospendere i prestiti e i finanziamenti, a prescindere dalla solidità patrimoniale dell’impresa, precludendo così l’avvio di iniziative imprenditoriali e il consolidamento delle attività già avviate. Tali circostanze, unite al calo generalizzato del consumo e al rapido aumento della disoccupazione, ostacolano la creazione di cooperative e la crescita di quelle esistenti. I soci lavoratori del settore cooperativo si stanno impegnando su diversi fronti per superare questa crisi; la principale “ricetta”, pero’, non si può trovare tra gli oltre cinque milioni di risultati disponibili su Internet perché consiste nel mettere la PERSONA al centro dell’impresa. È questo il nostro principale patrimonio cooperativo. 2.1.6. La sfida della stretta creditizia del sistema bancario Esiste una differenza rilevante tra le imprese di proprietà dei lavoratori e gli altri tipi d’imprese spagnole nell’affrontare la stretta creditizia del sistema bancario? Benché ci sia stato un ampio dibattito a tal proposito, non è facile trarre conclusione chiare. Da un lato, come già detto, all’inizio della crisi economica le cooperative e le sociedades laborales si sono presentate - in linea generale - con un livello d’indebitamento per investimenti rischiosi inferiore rispetto alla media delle imprese presenti sul mercato. D’altra parte, le difficoltà normalmente riscontrate dalle imprese di proprietà dei lavoratori nell’accumulare capitale e risorse proprie fan sì che in alcuni casi e, per pari livelli d’investimento, il rapporto patrimonio netto/credito è in genere inferiore nelle imprese di proprietà dei lavoratori, specialmente nelle grandi cooperative. 116 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Senza sufficienti dati statistici non è facile trarre conclusioni chiare da questi elementi. La stretta creditizia ha influito, come è logico che sia, anche sulle imprese di proprietà dei lavoratori, ma quest’effetto, la sua dimensione e le sue ripercussioni variano in base al settore e da impresa a impresa. Come si vedrà, infatti, il problema della stretta creditizia ha caratteristiche specifiche che richiedono una serie di misure apposite perché esso possa essere risolto. ▪▪ Da un lato, i problemi strutturali registrati nell’accesso al credito bancario hanno spinto le imprese di proprietà dei lavoratori e promuovere istituzioni finanziarie vicine al movimento cooperativo, all’economia sociale o ad associazioni o gruppi cooperativi, come le cooperative di credito, le banche cooperative, le società mutualistiche, le società di capitali di rischio, i fondi comuni d’investimento, ecc. ▪▪ Dall’altro, l’accesso ai mercati finanziari ha posto particolari problemi alle imprese di proprietà dei lavoratori, confermandosi una sfida permanente soprattutto per le cooperative e le sociedades laborales di una certa dimensione. 2.1.7. Le imprese di proprietà dei lavoratori nella seconda fase della crisi Nonostante il tempo già trascorso dall’inizio della crisi, possiamo dire che fino ad oggi abbiamo visto soltanto i primi effetti: adeguamenti/riduzione dei costi, ecc. Il perdurare dell’attuale crisi economica implica di per sé l’ingresso in quella che possiamo qualificare come una “seconda fase”, nella quale si cominciano ad adottare decisioni non più di risposta immediata dinanzi ai primi effetti la crisi bensì di carattere più strategico, inserite in una prospettiva di medio e lungo termine. Come punto di riferimento, potremmo fissare l’inizio di questa seconda fase all’inizio del 2011. Il persistere della crisi economica avrà per effetto la necessità di adottare misure diverse da quelle di semplice adeguamento adottate fino ad oggi. 117 PROOF Le caratteristiche societarie e finanziarie delle imprese di proprietà dei lavoratori ne hanno sempre costituito un importante elemento distintivo nelle modalità di finanziamento. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni Ci riferiamo a misure di tipo strategico, principalmente nei seguenti settori : a) decisioni di posizionamento strategico b) decisioni sull’innovazione c) decisioni sugli investimenti 2.1.8. Principali linee guida strategiche PROOF Per definire le linee guida per il posizionamento delle imprese di proprietà dei lavoratori, dovremmo cercare d’inserire le nostre imprese in una prospettiva di medio/lungo termine rispetto alle sfide poste dalla crisi . Senza avere la pretesa di compiere un’analisi esauriente, che non ci compete in questo lavoro, faremo riferimento ai principali posizionamenti strategici di cui devono tener conto le cooperative e le sociedades laborales fin qui considerate. Essi potrebbero essere così riassunti: Fig. 6 - Principali strategie delle imprese di proprietà dei lavoratori Rafforzare il progetto impreditoriale Incidere sulle politiche pubbliche IMPRESE DI PROPRIETÀ DEI LAVORATORI Rafforzare internamente il Progetto Sociale Progetto di trasformazione sociale È ovvio che nessuna di queste strategie può essere sviluppata in modo isolato, senza tener conto dell’evoluzione delle altre. Considerato l’oggetto del presente volume, ci concentreremo su uno delle quattro strategie delineate, “Rafforzare il progetto imprenditoriale”.Occorre precisare, però, che il futuro delle imprese di proprietà dei lavoratori dipende tanto dalle condizioni interne (progetto imprenditoriale e sociale) quanto da quelle esterne (politiche pubbliche, trasformazione sociale). Non va trascurato, infine, che le cooperative e le sociedades laborales non rappresentano soltanto un progetto imprenditoriale ma anche sociale. 118 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza 2.1.9. La promozione imprenditoriale Il futuro a medio termine delle imprese di proprietà dei lavoratori, e la loro capacità di risposta alla crisi, è da rapportarsi, com’è ovvio, alla loro capacità d’innovazione e, nella stessa misura, alla loro capacità di promuovere nuove attività. Nell’implementare una strategia di promozione di nuove attività (altrimenti detta “diversificazione”), le imprese di proprietà dei lavoratori ricorrono a meccanismi organizzativi di particolare interesse. In particolare, nell’analisi bisogna tenere conto delle differenze che intercorrono fra la promozione di nuove attività organizzate in modo autonomo e la promozione di nuove attività da parte di imprese già esistenti. La promozione di nuove attività indipendenti assume caratteristiche speciali all’interno delle imprese di proprietà dei lavoratori e, a maggior ragione, durante i periodi di crisi. Il calo generale dei profitti seguito alla crisi rende particolarmente difficile l’avvio di nuove attività indipendenti secondo una logica imprenditoriale capitalista. La logica imprenditoriale delle imprese di proprietà dei lavoratori è sostanzialmente diversa. Incoraggiare una nuova attività, anche quando il vantaggio contabile può essere limitato, inesistente o anche negativo, può essere proficuo per le imprese di proprietà dei lavoratori. Ne consegue che la promozione di nuove attività indipendenti all’interno delle cooperative o delle sociedad laborales viene spesso incentivato nei periodi di crisi. La politica di promozione di nuove attività da parte delle cooperative o delle sociedades laborales già esistenti può optare tra differenti soluzioni dal punto di vista organizzativo: A. Nuove attività senza autonomia organizzativa specifica. B. Nuove attività con autonomia organizzativa. È rispetto a questa seconda alternativa che le specificità organizzative delle 119 PROOF Per quel che riguarda la sopra definita “seconda fase strategica” a fronte della crisi economica, la politica di promozione di nuove attività rappresenta qualcosa di peculiare del settore cooperativo e delle sociedades laborales e permette di preservare la capacità dell’impresa di produrre valore aggiunto e, quindi, di difendere posti di lavoro. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni cooperative richiamano di più l’attenzione. In particolare, le seguenti strutture rivestono un ruolo speciale nella nostra analisi: a) Le sezioni b) Le filiali cooperative c) La diversificazione nell’ambito dello stesso gruppo gerarchico d) La diversificazione all’interno del “gruppo cooperativo”. PROOF Nel promuovere nuove attività, le sezioni possono rappresentare un prezioso strumento per mediare lo sviluppo interno di nuove attività facendole confluire in una filiale o in un altro tipo di società autonoma. Le sezioni interne ad una cooperativa possono infatti ottenere una maggiore autonomia organizzativa rispetto ad un settore o dipartimento di una società di capitali. Possono perfino avere organi propri (consiglio e assemblea) che, benché sottoposti agli organi generali della cooperativa, seguono criteri autonomi nella redistribuzione del capitale, dei profitti e nelle retribuzioni dei lavoratori, ecc. I gruppi gerarchici o verticali rappresentano uno strumento insolito nell’ambito cooperativo. Ovviamente, nei limiti posti da alcune legislazioni, le cooperative possono sviluppare nuove attività mediante la costituzione di filiali come società di capitali. Per quanto poco conosciuta e finora raramente utilizzata, la legislazione spagnola offre una possibilità di grande interesse concettuale: le cooperative filiali, che permettono di realizzare la piena integrazione societaria tramite un rapporto di gruppo gerarchico o verticale con una “cooperativizzazione” parziale della nuova attività. Il ricorso a questa formula è divenuto sistematico ed è tuttora crescente all’interno del Gruppo Mondragon. Esso ha permesso di superare la dialettica tradizionale tra promozione interna e filiali non cooperative, consentendo una cooperativizzazione almeno parziale di nuove attività, dal punto di vista organizzativo integrate o coordinate dalla cooperativa madre. Infine, non bisogna dimenticare la funzione rivestita in tal senso dai tradizionali gruppi cooperativi orizzontali, soluzione intermedia tra lo sviluppo di nuove attività mediante cooperative indipendenti da un lato e l’integrazione in una sola entità dall’altro. Approfondiremo le possibilità date da questi strumenti organizzativi nella seguente sezione. 120 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza 2.2. Strumenti interni 2.2.1. Introduzione Abbiamo già spiegato le ragioni di un migliore posizionamento concettuale e “strutturale” delle imprese di proprietà dei lavoratori a fronte alla crisi. Ma come si concretizza tale posizionamento? In linea di massima, si possono elencare le seguenti linee guida: a) Trasformazione d’imprese convenzionali in imprese di proprietà dei lavoratori c) Creazione “ex novo” di nuove cooperative o sociedades laborales d) Diversificazione d’attività delle imprese preesistenti con la creazione di nuove cooperative o sociedades laborales. Data la loro importanza, esamineremo in questa sezioni i casi di trasformazione di imprese di capitali in cooperative/sociedades laborales e ci soffermeremo sull’analisi di uno strumento normativo di grande interesse in Spagna: la capitalizzazione del sussidio di disoccupazione ed il ruolo da esso giocato nella conversione di attività in imprese di proprietà dei lavoratori. Infine, tratteremo il caso delle sezioni come strumento specifico di organizzazione interna alle cooperative di lavoro spagnole. Nel paragrafo seguente, esamineremo nei dettagli la creazione di nuove cooperative o sociedades laborales da parte di imprese proprietà di lavoratori già esistenti. 2.2.2. Trasformazioni Le trasformazioni delle società di capitali in imprese di proprietà dei lavoratori avvengono spesso nei periodi di crisi. Questo fenomeno si configura come logica conseguenza del fatto che, in generale, le imprese di proprietà dei lavoratori registrano un migliore posizionamento strategico dinanzi al calo generale del tasso di redditività. Imprese che non generano più sufficiente profitto per l’investitore capitalista continuano in molti casi a costituire una ricchezza per i lavoratori, nella misura in cui consentono loro di mantenere i propri posti di lavoro. 121 PROOF b) Sviluppo (investimenti/innovazione) delle attività cooperativizzate o delle sociedades laborales preesistenti Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni Queste imprese trasferite ai lavoratori come cooperative o sociedades laborales hanno spesso saputo superare periodi di crisi e divenire, nel tempo, società con alti livelli di redditività. Vediamo alcuni casi di buone prassi69: PROOF IL CASO LOW POWER Alla fine del 2007, i lavoratori dell’impresa metallurgica aragonese Low Power hanno iniziato a capire che qualcosa non andava. I fornitori cominciavano a creare problemi nella consegna degli ordini e soltanto a gennaio di quest’anno hanno potuto percepire la retribuzione di novembre. Il datore di lavoro evitava di dare spiegazioni negando che ci fossero problemi, ma alla fine di marzo Low Power ha chiuso i battenti, abbandonando al loro destino tutti i lavoratori, lasciando debiti di milioni e, cosa ancor più sorprendente, lasciando molti progetti di lavoro incompiuti. Dopo molti conflitti, i lavoratori hanno formato la cooperativa Metalva. Ora stanno recuperando i clienti e riavviando l’attività metallurgica. Per la loro formazione hanno potuto contare, tra l’altro, sulla collaborazione di alcuni fornitori. IL CASO COSEMAP “Questa all’inizio non era una cooperativa. Eravamo operai di un’impresa basca che un giorno del 1982 decise di chiudere, abbandonarci a noi stessi, senza neanche un indennizzo. Abbiamo fatto di tutto perché l’azienda potesse andare avanti: manifestazioni, sit-in, scioperi della fame…e abbiamo fatto di tutto per farci pagare. Alla fine, dopo tante lotte, siamo riusciti ad ottenere i macchinari e lo schedario dei clienti”. IL CASO MOL-MATRIC Mol-Matric è un’impresa avviata in modo simile a Cosemap. Ha iniziato l’attività negli anni ‘70 con molta speranza ma non senza intoppi. I soci non avevano la benché minima idea di come gestire un’impresa, perciò le funzioni di direzione furono suddivise in funzione delle attitudini di ciascuno. Divenne capo di produzione un dipendente che si distingueva per essere ordinato e metodico; e l’attuale direttore, che è entrato nella ditta come uomo delle pulizie, si incaricò dell’informatizzazione 15 anni fa, per via del suo forte interesse per i computer. Oggi è un’impresa molto redditizia70. 69 Fonte: Settimanale “Empresa y trabajo.coop”, COCETA. 70 “Per sostenere lo start-up d’imprese cooperative come Mol-Maltric e Cosemap, il governo ha creato un Fondo Nacional de Protección al Trabajo (FNPT), che eroga prestiti facilitati per l’avvio delle cooperative e un presito speciale per assumere un manager per il primo anno di attività. “Fu la crisi legata al petrolio”, come sottolineato da Rafael Calvo Ortega, minstro del lavoro nel 1978, che spinse a ricorrere a questa msura, “tale misura dimostrò la propria efficacia con un tasso di sopravvivenza delle cooperative e delle sociedades laborales maggiore rispetto a quello delle altre imprese. I lavoratori, quando sono anche proprietari dell’impresa, vi partecipano molto di più.” 122 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza IL CASO SHERLIMP La cooperativa di tappeti Sherlimp, formata da 42 operai che hanno comperato l’impresa al proprietario, ha scelto di mettere sotto contratto un manager, che dice: “molte persone, anche il Ministero del Lavoro, davano due mesi di vita alla cooperativa”. IL CASO CARTONAJES AITANA Non essendo più in grado di corrispondere ai dipendenti le retribuzioni, alcuni proprietari decisero di lasciare la fabbrica agli operai come forma di pagamento. Cartonajes Aitana, ditta della Comunità di Valencia, anch’essa fallita negli anni ‘70, non soltanto ha prodotto utili dopo essere passata nelle mani dei lavoratori, ma in seguito i lavoratori hanno deciso di accettare come soci i figli dei vecchi proprietari. Per stare a galla, all’inizio tutti lavoravano “giorno e notte come bestie”. Oggi è un’attività molto radicata nel territorio. IL CASO PANIFICADORA DEL NOROESTE La cooperativa galiziana Panificadora del Noroeste [Panetteria del Nord-ovest], sorta dopo un iter di riconversione della ditta Paefsa, ha acquisito la fabbrica su cui pesava un’ipoteca vincolata alla vecchia azienda difficile da pagare grazie al sacrificio di 35 lavoratori. Grazie al sostegno di un’altra cooperativa, Meirás, oggi cooperativa di consumatori e utenti, la cooperativa Panificadora è diventata una panetteria molto nota nella regione di Ferrolterra, dove opera. La realtà è che la maggior parte delle attuali cooperative di lavoro e sociedades laborales spagnole trae origine da società di capitali trasformate in cooperative per effetto della crisi.71 71 “Un gran numero di cooperative di lavoro nacquero negli anni ‘70 e ‘80 per effetto della imprese che chiudevano per riconvertirsi ”. (Paloma ARROYO, “Empresa y Trabajo”, 2008) 123 PROOF IL CASO MANCLÚS Un’impresa con un’esperienza simile, anch’essa della Comunità Valenciana, è quella della famiglia Manclús, che ripara campanili; i proprietari hanno chiuso e ricominciato l’attività come cooperativa. “Quando esci da situazioni conflittuali c’è diffidenza tra le parti e la cosa migliore per chiarire e rendere tutti partecipi del nuovo progetto era passare in cooperativa”, dice Salvador Manclús, uno dei fondatori. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni Mecanización y Rectificado de Precisión (MERPRESAL) S.A.L. Carla Herrera, Economia Social, aprile-maggio-giugno 2010 PROOF 12 lavoratori hanno deciso di comprare gli impianti e i macchinari della propria impresa, per salvare i propri posti di lavoro e riuscire a posizionarsi come una delle imprese leader nel loro settore. La Sociedad Anónima Laboral Mecanización y Rectificado de Precisión, Merpresal, è stata creata nel giugno del 1995 a Logroño (La Rioja) grazie all’iniziativa coraggiosa di 12 soci lavoratori occupati in un’impresa privata sull’orlo del fallimento. A quel punto i soci, che avevano tra i 20 e i 50 anni, decisero di comprare i macchinari e gli impianti della ditta chiusa per costituirne una nuova, Merpresal. Da allora, il personale è aumentato continuando però a perseguire gli stessi principi, vale a dire essere formati da professionisti molto qualificati e specializzati nella lavorazione di pezzi unici, in serie limitata e media, prototipi e strumenti. Inizi difficili Come in ogni impresa, gli inizi non sono stati facili. Nel caso di Merpresal, si è dovuto combattere su due fronti: la sfiducia dei clienti, che li associavano alle inadempienze e ai debiti dell’impresa precedente, e la carenza di liquidità, che li ha costretti a lavorare per due mesi 60 ore a settimana per far fronte alle spese. Per fortuna, le cose sono cambiate in meglio. La fatturazione del 2008 è stata di 1.400.000 euro e quella del 2009 è stata pari a 600.000 euro, il 60% in meno, a causa della crisi economica. Tuttavia, Merpresal prevede che la fatturazione per il 2010 sia di circa 800.000 - 1.000.000 euro, il che permetterebbe loro di continuare a lavorare con garanzie. Attualmente, il personale è composto da 15 lavoratori attivi, 14 soci, un lavoratore per conto terzi (il gestore della ditta) e cinque soci non lavoratori. L’attuale situazione economica li ha costretti ad adottare una serie di misure per non cessare l’attività commerciale. Hanno scommesso molto sulla propria formazione, sia come lavoratori in officina che come imprenditori. È stato fatto un grande sforzo anche nel reparto qualità e prevenzione dei rischi e quest’anno si è dovuto ricorrere ad un drastico taglio del personale destinato a durare fino a metà 2011. Per questa ragione, sono felici di aver creato una Sociedad laboral, poiché “se fosse stata un’impresa tradizionale si sarebbero verificati dei licenziamenti e non si sarebbero fatti accordi”. Un altro vantaggio di questo modello imprenditoriale sta nel fatto 124 che “i lavoratori sono più coinvolti dal loro lavoro poiché l’impresa gli appartiene”. Un altro è dato dalla possibilità di conciliare vita familiare e lavoro, poiché, come dicono gli interessati, “se la gente partecipa ottiene vantaggi di flessibilità oraria”. Un altro aspetto positivo che distingue questo modello imprenditoriale consiste, poi, nel fatto che le decisioni sono prese da tutti e non si cerca il vantaggio di una sola persona (il proprietario), come avviene nelle imprese tradizionali. “Qui si lavora sorvegliando sempre il vantaggio dell’impresa nel suo complesso, poiché i proprietari sono gli stessi lavoratori”. Ci sono, pero’, anche degli svantaggi. Tra gli aspetti a migliorare, occorre facilitare la successione dei soci per evitare situazioni conflittuali, “poiché gli interessi dei soci lavoratori e quelli dei soci non lavoratori non sono gli stessi”. Guardando al futuro, si spera di rimanere senza perdite nel 2010 e dal 2011 così da poter inserire nuovi lavoratori e nuovi soci “sperando che il mercato si riattivi” e, in base a recenti statistiche, ci sono i presupposti per riuscirci. I pilastri della loro identità, come precisato dalla stessa impresa, sono “garantire prodotti di alta qualità e precisione, e fornire un servizio serio, integrale, efficace e preciso”. Benché la maggior parte del lavoro si svolga secondo un piano o un campione che dà il cliente, è l’impresa a gestire la concezione dei pezzi e dei macchinari fino all’assemblaggio e all’aggiustamento degli assemblaggi, stampi, attrezzature, macchinari o elementi di verifica. Uno dei vantaggi di quest’impresa di punta sta nella sua vasta “gamma di parti meccaniche”, pezzi di varie dimensioni e forme, listelli, pezzi fresati e/o rettificati. Merpresal fabbrica ogni tipo di pezzo con alti standard di qualità e di precisione, come dimostrato dal fatto che oggi rappresenta un’impresa di riferimento per altre concorrenti che non hanno potuto soddisfare le esigenze del mercato. Merpresal s’incarica della fabbricazione integrale del prodotto, dall’acquisto del materiale alla sua lavorazione fino alle finiture superficiali, trattamenti termici o chimici, rettificazioni e/o rivestimenti vari, ove richiesto. Si dispone di notevole esperienza nella produzione di pezzi destinati ai settori della gomma, dell’estrusione e meccanici in genere. L’impresa ha diversificato il mercato di riferimento diventando particolarmente attiva in settori come l’aeronautico, l’ingegneria industriale, le matrici e gli stampi. Gli impianti utilizzati comprendono un complesso industriale in grado di produrre su larga scala, composto da macchine con controllo digitale, argani, punzonatrici, rettificatrici e frese adatte ad ogni tipo di materiale, con massima precisione e affidabilità grazie a un efficace controllo di qualità. L’officina consiste in un capannone di 900 metri quadrati, con servizio completo di condizionamento d’aria, diviso in tre sezioni: uffici, laboratorio di metrologia e officina meccanica. Merpresal è membro dell’ Agrupación de Empresas Laborales y de Economía Social de la Rioja ( AREL). E garantisce che “le caratteristiche delle 125 PROOF Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni PROOF imprese dell’Economia sociale richiedono a La Rioja un’organizzazione dedita soltanto al settore, per dare consigli adeguati alle imprese che li chiedono. Il ruolo di AREL è importantissimo per lo sviluppo di una sociedad laboral”. Alla Merpresal credono che “le sociedades laborales possono diventare un motore dell’economia spagnola, come già avvenne negli anni ’90, purché gli organismi competenti prendano sul serio la creazione d’imprese dell’Economia sociale. E per questo serve una riforma della legge attuale”. SCHEDA TECNICA Merpresal S.A.L. La Portalada. 46, 26006 Logroño Tel. 941 242049 Anno di fondazione: 2005 Il personale è composto da 15 lavoratori attivi, 14 soci, 1 lavoratore per conto terzi (il direttore) e 5 soci non lavoratori http://www.merpresal.es/ [email protected] La trasformazione di società di capitali in imprese di proprietà dei lavoratori avviene, di solito, nelle seguenti circostanze: a) quando i proprietari decidono, al momento della pensione e trovandosi di fronte alla mancanza di un chiaro cambio generazionale, di cedere ai lavoratori la proprietà dell’impresa. b) quando il proprietario sceglie di trasferire ai lavoratori un’attività in crisi. Ovviamente, la prima ipotesi è generalmente meno traumatica. La situazione economica dell’impresa non è necessariamente in crisi e ciò ne facilita molto la trasformazione. Spesso, il cambiamento è pianificato negli anni e organizzato mediante un iter graduale. Il personale direttivo rimane e i lavoratori si abituano gradualmente all’idea d’assumere la responsabilità di soci e dei proprietari dell’impresa. L’ipotesi più ricorrente nei periodi di crisi è, però, la seconda. Tenendo conto di quanto sopra detto, va premesso che tali trasformazioni non si verificano, al di fuori di rare eccezioni, nel primo periodo della crisi (il periodo 126 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza d’adeguamento). In questo lasso di tempo, le imprese confidano nella possibile natura congiunturale della crisi e evitano di adottare misure strutturali che potrebbero risultare premature. È piuttosto con l’inizio della seconda fase (che, come punto di riferimento, abbiamo situato nel caso attuale dal 2011 in poi) che le imprese convenzionali cominciano a posizionarsi strategicamente. Se le speranze d’evoluzione della produttività sono chiaramente negative o insufficienti, si comincerà a valutare la convenienza del mantenere l’attività, cercare un acquirente o, in taluni casi, cedere la proprietà ai lavoratori. Jose Luis Nuñez, Economia Social, gennaio-febbraio-marzo 2010 Dinanzi all’avversità, una sociedad laboral offre diverse soluzioni Nor Rubber S.A.L. è un’impresa che fabbrica prodotti derivati dalla gomma. Nor Rubber fabbrica una vasta quantità di prodotti di gomma che vengono richiesti dalle industrie più esigenti e competitive, il che permette loro di essere a livello mondiale tra le prime imprese di fabbricazione di prodotti derivati dalla gomma. “In Nor Rubber S.A.L riteniamo prioritario per il nostro successo prestare attenzione soprattutto alle necessità del cliente e alla QUALITÀ di tutti i nostri prodotti, ecco perché siamo noi stessi a far partire tutti i processi produttivi”, spiega il presidente del Consiglio d’Amministrazione dell’impresa, Jose Manuel Quintana. Si tratta di una sociedad laboral sorta nel 2001 dopo il fallimento di GESRUBBER, S.AS, la vecchia società dove lavoravano 200 dipendenti, 133 dei quali decisero poi d’intraprendere il progetto della nuova sociedad laboral Nor Rubber. “Così nacque la nuova impresa, con un piccolo portafoglio di clienti, quasi senza finanziamento, ma con un buono prodotto e una grandissima voglia di portare avanti questo progetto da parte dei 133 lavoratori che, in fin dei conti, desideravano conservare il proprio posto di lavoro”, dice Quintana. Oggi, e dopo avere passato tutta la fase delle difficoltà iniziali, l’impresa prevede un fatturato di 8 milioni d’euro. Dei 133 soci iniziali ne sono rimasti 119, per un totale di 130 lavoratori. “Ci stiamo occupando del mercato estero, benché già il 25% della nostra fatturazione venga dall’estero”. I prodotti dell’impresa sono ai primi posti nel settore della gomma, sia per qualità che per vendite. “Siamo gli unici fabbricanti spagnoli di nastri convogliatori con anima metallica, e nei nastri tessili siamo tra i primi tre. Imprese come La Robla (Léon) Pajares, Buñol (Valencia), Cementos del Cantábrico (Léon) e Endesa possono certificare la qualità dei nostri nastri, che esportiamo in paesi come 127 PROOF Nor Rubber SAL : PROOF Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni Marocco, Tunisia, Giordania, Cuba, Germania, India, Algeria, Regno Unito, Portogallo, Francia , ecc.. Fabbrichiamo parabordo per rimorchiatori e porti rifornendo i principali cantieri navali di Spagna; Armón, Zamakona, Const. Navales Paulino Freire, Union Naval de Valencia, Balenciaga, ecc.”. I loro tralicci elastomerici hanno la certificazione CE, indispensabile per la vendita di tralicci strutturali per ponti e strade. I tralicci fabbricati dall’impresa sono installati nelle principali vie del paese da clienti come Sacyr, Acciona, Dragados, F.C.C., Ferrovial, Preconsa, Prainsa, Castelo. “Esportiamo i tralicci nel mondo intero. Abbiamo un’ampia gamma di rivestimenti in gomma e tra i progetti da noi realizzati c’è il più grande bacino di desalinizzazione mai realizzato in Spagna, di 18 metri x 5 di diametro per l’impianto desalinizzante di Barcellona. Tra gli altri prodotti fabbricati ci sono tubi, gomme solide per carrelli elevatori e qualsiasi altro pezzo in gomma”. Il presidente del Consiglio d’Amministrazione di Nor Rubber SAL, Jose Manuel Quintana, non ha dubbi nell’indicare i pro e i contro di un modello di partecipazione dei lavoratori come quello della sociedad laborale. Secondo Quintana questo tipo d’impresa è più dinamico e adatto ad integrare il proprio capitale umano, “e siamo tutti nella stessa barca”. Dinanzi alle avversità le possibilità di soluzioni si moltiplicano. Rispetto agli svantaggi di questo modello, Quintana afferma che 121 occhi vedono le cose in modo diverso, “e ciò può portare ad avere molte discussioni. In più, alle istituzioni finanziarie e alle amministrazioni questo sistema non piace”. È ovvio che, se non si fosse trattato di una sociedad laboral, le situazioni difficili sarebbero state risolte in altro modo. “Avremmo certamente sofferto di più e i lavoratori non sarebbe stati tanto coinvolti nella gestione e nel funzionamento dell’impresa. Avremmo dovuto ottenere un finanziamento esterno, rendendo la situazione più complessa”. Ma Nor Rubber è un’impresa in grado di superare i propri problemi e, guardando al futuro prossimo, con una crisi imprenditoriale senza precedenti, “saremo in difficoltà, ma credo che potremo affrontare la situazione con ottimismo; siamo un’impresa abituata a soffrire e ad andare avanti con i propri mezzi, abbiamo un prodotto ottimo e la nostra qualità è eccellente, abbiamo presentato tanti progetti di R&S, nel rispetto per l’ambiente (recupero di materiali di scarto) e abbiamo messo a punto i nostri impianti; speriamo che l’aiuto del Governo galiziano ci permetta di portarli a buon fine”, ha detto alla nostra rivista José Manuel Quintana, presidente dell’azienda. SCHEDA TECNICA DELL’IMPRESA Nor Rubber SAL San Martiño/Areas Fatturazione prevista: 8 milioni 36700 - Tui Impianti: 32.000m2 Pontevedra (Spagna) Soci lavoratori: 119 Tel: : +34 986.603.510 http://www.norrubber.com [email protected] 128 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Rete valenciana dell’imprenditore e dell’economia sociale http://www.focoop.com/cooperativismo/red-emprendes Per sostenere il settore dell’economia sociale, la Fundación Foment del Cooperativisme de la Comunitat Valenciana (FOCOOP), insieme alla Federación de Empresas Valencianas de Economía Social (FEVES) e alla Federación Valenciana de Empresas Cooperativas de Trabajo Asociado (FEVECTA), hanno creato la Red Emprendes che ha ricevuto finanziamenti da parte dell’Assessorato all’Economia, le Finanze e l’Occupazione della Generalitat Valenciana. La Red Emprendes si configura come uno strumento a favore di attività decentrate nei territori della regione valenciana. Le tre principali realtà, FOCOOP, FEVECTA e FEVES, insieme a diversi enti locali, offrono sostegno e risorse alla rete. 2.2.3. Pagamento unico dell’indennità di disoccupazione In Spagna, i soci lavoratori, sia quelli iscritti alla previdenza sociale che quelli registrati come lavoratori autonomi, in funzione dell’opzione scelta dalla cooperativa, hanno diritto a ricevere un sussidio di disoccupazione. Il socio lavoratore può richiedere l’indennità di disoccupazione nel caso in cui si produca un’estinzione del rapporto di lavoro con la cooperativa, nelle modalità previste dalla legge, o nel caso in cui la relazione di lavoro venga sospesa e, in tali circostanze, interviene una contrattazione collettiva che richiede un’autorizzazione giudiziaria nella forma della Expedientes de Regulación de Empleo (ERE). Le imprese di proprietà dei lavoratori in Spagna possono fruire indirettamente dell’indennità di disoccupazione, in questo caso si parla di “capitalizzazione dell’indennità di disoccupazione” o, come indicato dalla normativa vigente, “pagamento unico dell’indennità di disoccupazione”. Si tratta di un provvedimento previsto in Spagna da lungo tempo, che fa sì che le persone con diritto all’indennità di disoccupazione possano trasferirne l’im129 PROOF La Rete è stata creata per promuovere il settore dell’economia sociale nelle zone dell’entroterra della Comunità di Valencia, zona in cui questo settore ha una presenza importante benché, per ragioni geografiche, non abbia potuto contare su alcuni servizi di promozione e di consulenza sul territorio. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni porto al capitale di una società cooperativa o sociedad laboral della quale entreranno a far parte come socio lavoratore, per costituire una nuova cooperativa o sociedad laboral o per inserirsi come socio ad una cooperativa o sociedad laboral preesistente. Questa possibilità è stato considerata come elemento di grande importanza nelle politiche pubbliche di promozione delle imprese di proprietà dei lavoratori in Spagna. PROOF Tuttavia, i pareri sull’argomento divergono. Si ha la sensazione che l’effettiva applicazione di questa opportunità sia limitata. Il governo, il movimento cooperativo e le sociedades laborales stanno ora prendendo in esame questo argomento, per comprendere per quale motivo tale misura venga poco utilizzata ed, eventualmente, trovare un modo per incentivarla. Come vedremo, le statistiche dimostrano che l’uso effettivo di tale capitalizzazione/pagamento unico d’indennità di disoccupazione non è stato esteso quanto si sarebbe voluto: Tab. 28 - Beneficiari di prestazioni e livelli di contribuzione registrati con il sistema di capitalizzazione (pagamento unico) secondo il tipo di impiego, giorni capitalizzati e importo per lavoratore (1). AUTOEMPLEO ANNI TOTALE Lavoratori autonomi Soci di cooperative Soci di Sociedades Laborales Numero medio di giorni capitalizzati dai lavoratori Importo liquido in euro per lavoratore 2000 10.833 93 4.198 6.542 455 10.298 2001 11.950 119 4.504 7.327 457 10.617 2002 11.873 573 3.612 7.688 413 9.859 2003 30.795 20.919 2.453 7.423 184 4.544 2004 61.560 50.250 3.176 8.134 146 3.482 2005 90.468 78.869 3.260 8.339 127 3.075 2006 125.944 114.776 3.380 7.788 140 4.166 2007 154.473 143.573 3.598 7.302 136 3.888 2008 164.196 153.932 3.838 6.426 130 3.693 2009 158.952 150.005 3.612 5.335 150 4.201 130 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza 2009: (Gen-Mag) 128.648 122.090 2.214 4.344 79 2.182 116.218 2.051 3.832 88 2.517 107.135 102.186 1.385 3.564 15 413 Gen 105.131 100.268 1.417 3.446 17 455 Feb 105.439 100.506 1.446 3.487 20 562 Mar 104.347 99.506 1.422 3.419 20 555 Apr 103.578 98.762 1.401 3.415 20 563 Mag 103.370 98.612 1.401 3.357 20 556 Giu 102.843 98.195 1.380 3.268 19 545 Lug 102.165 97.447 1.461 3.257 20 553 Ago 99.851 95.383 1.350 3.118 17 486 Set 99.832 95.166 1.524 3.142 20 570 Ott 99.431 94.931 1.397 3.103 21 590 Nov 99.271 94.838 1.359 3.074 22 606 Dic 96.818 92.576 1.298 2.944 18 520 Gen 95.885 91.672 1.276 2.937 19 550 Feb 96.182 91.893 1.299 2.990 23 670 Mar 96.333 92.089 1.336 2.908 24 684 Apr 95.573 91.354 1.340 2.879 23 650 Mag 95.561 91.378 1.365 2.818 22 650 2010: (Gen-Mag) 122.101 2008: Dic 2010: (1) Dal settembre 2002 in poi si elencano i beneficiari stabiliti dal R.D.L. 5/2002 e poi dalla legge 45/2002. Fonte: MTIN (Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione) 131 PROOF 2009: Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni 2.2.4. Le sezioni come strumento di ristrutturazione Fra gli strumenti utilizzati per differenziare e incorporare le attività, vanno evidenziate in Spagna le “sezioni”, cioè settori d’attività differenziati con un grado d’autonomia organizzativo, giuridico e societario inesistente negli altri tipi d’impresa. Se ne possono distinguere due tipi fondamentali: a) Le “sezioni di credito”, volte a realizzare operazioni di deposito e credito per i soci della cooperativa. Sono molto diffuse nella Spagna dell’est. Approfondiremo quest’aspetto nella sezione dedicata agli strumenti finanziari. PROOF b) Le sezioni posso inoltre essere intese come strumento di differenziazione delle attività dell’impresa. Si stanno collaudando come strumento organizzativo alternativo ai gruppi cooperativi e alla fusione di cooperative. In particolare, questo secondo aspetto rappresenta uno strumento organizzativo di grande interesse. Come già spiegato, le sezioni permettono di dare alle attività all’interno delle cooperative un grado di differenziazione superiore a quello fra uffici e reparti che si ritrova negli altri tipi d’imprese. La differenziazione economico-organizzativa che si può così raggiungere può essere ottenuta in altri tipi d’impresa soltanto con la costituzione di organismi differenziati. Basandosi su riferimenti normativi molto concettuali72, queste sezioni si sono sviluppate sostanzialmente nell’ambito delle cooperative agricole, producendo esperienze concrete di grande interesse. Ci sono due casi che meritano di essere menzionati: a) Le sezioni comunemente sviluppate all’interno delle cooperative agricole e nelle cooperative di secondo grado (quei soggetti cooperativi che raggruppano più cooperative associate). b) Le esperienze maturate dalle sezioni all’interno delle cooperative industriali. 72 “Las secciones cooperativas: novedades en la regulación de la Ley Vasca de 1993”. Enrique Gadea Soler. Boletín de la Asociación Internacional de Derecho Cooperativo/ Journal International Association of Cooperative Law, ISSN 1134-993X, N. 30, 1998 , pagg. 37-46 132 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza La disciplina normativa delle sezioni in Spagna ha avuto due importanti punti di riferimento: a) La legge nazionale sulle Cooperative del 1999, nella quale si riconosce esplicitamente la possibilità che le sezioni distribuiscano i risultati con criteri differenziati. Come si può facilmente constatare, la distribuzione differenziata degli utili, la remunerazione differenziata del capitale e delle operazioni tra i soci, la differenziazione organica ecc. rappresentano concetti non facilmente comprensibili al di fuori del contesto cooperativo ma hanno una propria funzionalità, se si tiene conto della difficoltà che le cooperative hanno nel differenziare attività per gruppi di soci. In tal senso, la differenziazione organizzativa delle attività delle cooperative si esprime al suo massimo grado nello strumento delle sezioni. 2.3. Strumenti esterni In questa sezione, riguardante le strategie di ristrutturazione esterna, esamineremo alcuni strumenti di grande utilità per le imprese di proprietà dei lavoratori in Spagna, che sono particolarmente importanti dal punto di vista della ristrutturazione imprenditoriale e che potrebbero essere di un certo interesse anche per altre zone geografiche. In particolare, esamineremo le cosiddette cooperative miste e, nella fattispecie, le cooperative affiliate, le reti ed i gruppi cooperativi. 2.3.1. Le cooperative miste Le cooperative miste costituiscono una risposta singolare della cooperazione spagnola alle sfide poste dall’ordinamento giuridico. Infatti, l’assenza di disposizioni giuridiche che consentano configurazioni societarie intermedie tra il modello delle società cooperative e quello delle società di capitali costituisce nel mondo intero una sfida per lo sviluppo cooperativo. Il modello cooperativo si riferisce solo ad organizzazioni in cui il controllo dell’impresa è attribuito sulla base di criteri democratici ai lavoratori, 133 PROOF b) Il Regolamento sulle Cooperative di Euskadi del 2005 dove, all’articolo 20, si sviluppano nel dettaglio le possibilità di differenziazione patrimoniale economica ed organizzativa delle sezioni. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni consumatori, ecc. La mancanza di una forma organizzativa intermedia prevista dalla legge si riflette nel fatto che, in pratica, si ricorre ovunque, per lo svolgimento delle proprie attività, alle società di capitali e agli strumenti societari delle azioni e delle partecipazioni. Ciò ha notevoli conseguenze pratiche date dal fatto che questo tipo di società tende ad adeguarsi agli standard delle società di capitali e, quasi sempre, ad una riduzione graduale del peso dei lavoratori. PROOF Nella legislazione spagnola vanno evidenziati due tentativi di superare questo problema. Il più noto, e quantitativamente più importante, è quello delle sociedades laborales che, con una forma giuridica capitalista, introducono adeguamenti destinati a garantire un peso maggioritario dei lavoratori come “titolari di azioni o di partecipazioni”. Il secondo tentativo, meno noto al di fuori della Spagna, è quello delle cosiddette “cooperative miste”. Queste cooperative si trovano, come previsto dalla legge, a metà strada fra le società di capitali e le cooperative, nella misura in cui la legge le autorizza a cedere “fino al 49% del diritto di voto e dei utili” ad investitori esterni, sotto la forma di partecipazioni con diritto di voto. Il concetto di “socio investitore” è presente, sotto varie forme e denominazioni, in quasi tutti le normative cooperative. Tuttavia, le seguenti due condizioni sono quasi puntualmente contemplate: a) Il pieno diritto di voto di questi soci si limita ad un 20/30% del totale dell’Assemblea generale. b) I diritti e i doveri sono distribuiti tra i soci in base al criterio “una testa, un voto”, piuttosto che sulla base di criteri “capitalistici”. La cooperativa mista spagnola ha fatto un vero e proprio balzo in avanti. Con il 49% del diritto di voto e l’attribuzione di questa percentuale su base di criteri “capitalistici” si permette a terzi non soci - o a capitalisti investitori - di avere partecipazioni di controllo anche totale sulla cooperativa. Ovviamente, ciò dipende quasi sempre dal grado di dispersione del voto tra i soci come risultato del loro numero. Inizialmente, lo scopo del regolamento (basato sulla Legge sulle Cooperative di Euskadi del 1993) era quello di garantire alle cooperative miste la possibilità 134 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza di realizzare operazioni strategiche tra le cooperative e le imprese di capitali, attraverso joint venture realizzate con l’acquisizione da parte di altre imprese di partecipazioni strategiche, insieme al diritto di voto e alla partecipazione ai utili della cooperativa. Nonostante l’applicazione di questo modello non sia egualmente diffusa fra le regioni spagnole, riveste oggi un ruolo di grande interesse. In particolare, si è dimostrato che tale modello è molto utile nelle promozione delle cooperative nei diversi settori. In modo particolare, se ne possono evidenziare i vantaggi allo scopo di: a) Facilitare la promozione di nuove cooperative autonome. Nelle regioni in cui hanno conosciuto una maggiore diffusione, le cooperative miste servono innanzitutto a incoraggiare i promotori di nuove attività ad usare la formula cooperativa, senza rinunciare ad una quota significativa del controllo sull’impresa e sugli utili. Inoltre, questo modello ha incoraggiato l’emergere di forme cooperative inedite per l’avvio di nuove attività che in passato si realizzavano perlopiù nella forma di società di capitali. La diffusione della cooperativa mista ha quindi permesso a queste nuove attività di costituirsi come società cooperative. 2.3.2. Filiali cooperative Le filiali cooperative si sono gradualmente affermate in Spagna assumendo diverse forme giuridiche (cooperative miste, cooperative di artigiani, cooperative di secondo grado, ecc.). Tale modello consiste, in pratica, in una cooperativa che, attraverso differenti escamotage giuridici, può essere controllata da altre entità. Non si tratta di un’egemonia “contrattuale”, intesa come trasferimento di poteri ai gruppi cooperativi, quanto piuttosto di un’egemonia “partecipativa”, ottenuta tramite il controllo degli organi sociali della cooperativa. Esistono due possibilità previste dalla legge in questo senso, chiaramente distinte sia sul piano logico che su quello pratico: le cooperative filiali che possono essere di proprietà di qualsiasi tipo di società e quelle che possono esserlo soltanto di altre società cooperativa (ipotesi più diffusa). 135 PROOF b) Agevolare la diversificazione delle attività di cooperative preesistenti tramite società cooperative filiali o partecipate. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni Come già osservato per le cooperative miste, l’utilità del sistema delle “filiali cooperative” consiste soprattutto nel facilitare, mediante altre cooperative, lo sviluppo di nuove attività da parte delle società cooperative o di gruppi cooperativi. Di fatto, è uno strumento utile ad evitare la decooperativizzazione di cooperative e gruppi cooperativi che sviluppano attività tramite filiali a sistema capitalistico.73 2.3.3. I gruppi cooperativi PROOF Tra gli strumenti di consolidamento imprenditoriale previsti nella normativa spagnola, il “gruppo cooperativo” gioca un ruolo di particolare interesse. È importante tener conto del fatto le norme che in Spagna regolano il gruppo cooperativo hanno come obiettivo quello di chiarirne gli aspetti e facilitarne la realizzazione. Al fine di evitare facili equivoci, va tenuto presente che queste norme non vogliono in nessun modo introdurre una “nuova forma cooperativa”. Ciò, oltre che essere superfluo, complicherebbe ulteriormente la già complessa articolazione di differenti centri amministrativi all’interno dei gruppi cooperativi. La scopo di tale normativa è quello di chiarire gli aspetti legislativi più ambigui che fanno riferimento a situazioni concrete già esistenti e che la realtà imprenditoriale cooperativa ha definito con l’espressione di “gruppi cooperativi”. Bisogna ricordare che l’espressione “gruppi cooperativi” è utilizzata nell’ambito 73 Occorre segnalare che, a prescindere dall’utilità di formule “intermedie” (come quelle delle cooperative miste o delle filiali cooperative), è generalmente riconosciuto che per diffondere il modello cooperativo “non tutto deve essere ammesso” nella legislazione cooperativa. O, perlomeno, che la denominazione “cooperativa” deve applicarsi ad un numero limitato di casi per non correre il rischio di deterioramento o perdita d’identità della denominazione stessa. In particolare vi è la sensazione che, con il regolamento e la disposizione dello statuto di cooperative miste e cooperative filiali, si è probabilmente arrivati ad una situazione “limite” nell’estensione del quadro normativo del diritto cooperativo. Con ciò, non si rimette in discussione l’importanza di una regolamentazione giuridica del modello. Grazie ad esso, si può accelerare l’espansione del movimento cooperativo, senza dover rinunciare a forme cooperative “intermedie” tra società di capitali e cooperative. Inoltre, sia le cooperative filiali che le cooperative miste rappresentano strumenti di grande utilità per un inquadramento giuridico dell’attività durante il suo avvio, per poi adeguarsi gradualmente, di pari passo al consolidamento dell’impresa, agli standard del modello cooperativo convenzionale che sono in linea con i principi e i valori dell’Alleanza cooperativa internazionale (ACI). 136 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza imprenditoriale cooperativo molto più spesso rispetto a “gruppi di imprese” o “gruppi di aziende”, espressioni più diffuse nell’ambito delle società di capitali. I gruppi cooperativi sono, di fatto, strutture orizzontali, di carattere federativo e con obiettivi imprenditoriali. Di solito, condividono qualcosa di simile ad un centro amministrativo. Come dicevamo, i gruppi cooperativi sono strutture federative orizzontali nelle quali vengono date a una struttura centrale determinate funzioni o capacità decisionali. Soltanto nel caso in cui tali poteri decisionali giungano a configurarsi come “unità economica” avremmo un vero e proprio “gruppo”. L’obiettivo della norma emanata nel 1999 – e delle disposizioni simili vigenti nelle altre regioni spagnole – era quello di fare chiarezza. In modo particolare, si trattava di chiarire se le disposizioni giuridiche permettessero, e se sì in quale misura, la cessione ai centri amministrativi dei gruppi cooperativi di determinati poteri decisionali di carattere societario o imprenditoriale e, se così, in quali forme. La normativa sui gruppi cooperativi ha permesso di risolvere una serie di ambiguità. Tuttavia, la mancanza di un adeguamento normativo del termine “gruppo” ha portato a due proposte di modifica terminologica: a) La distinzione tra “gruppi d’integrazione” e “gruppi di coordinamento” introdotta nel diritto cooperativo basco tramite l’implementazione dalla normativa del 2005. b) La proposta di operare un distinguo nell’attuale definizione giuridica di “gruppo cooperativo” tra “gruppi cooperativi” in senso stretto e “reti cooperative”, riservando il termine di “gruppo” alle strutture caratterizzate da unità economica. 137 PROOF Tutte queste caratteristiche sarebbero, nell’ambito delle società di capitali, insufficienti per poter utilizzare la denominazione di “gruppo” e, nell’ambito giuridico societario, fiscale, contabile e commerciale, essi non potrebbero essere riconosciuti come tali senza soddisfare la condizione fondamentale di “direzione unitaria”/”unità economica”. Dal punto di vista giuridico, in mancanza di tale requisito, sarebbero probabilmente classificati come “raggruppamenti”, reti, etc. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni La definizione giuridica di gruppo cooperativo legge nazionale SULLE COOPERATIVE DEL 1999 “Articolo 78. Gruppo cooperativo. 1. In base alla presente legge, per gruppo cooperativo s’intende un gruppo formato da varie società cooperative, appartenenti a diverse categorie, ed un centro amministrativo del gruppo che esercita su di esso poteri o emette istruzioni obbligatorie, in maniera tale da produrre, nell’esercizio di tali poteri, un’unità decisionale. PROOF 2. Le istruzioni impartite possono ripercuotersi in diversi ambiti della gestione amministrativa, fra cui: a) La definizione di norme statutarie e regolamentari comuni al gruppo di cooperative. b) L’instaurazione di relazioni associative tra le cooperative. c) L’istituzione di accordi relativi agli apporti periodici di risorse, calcolati in funzione della rispettiva evoluzione imprenditoriale o del bilancio. 3. L’annessione al gruppo cooperativo avrà bisogno, per essere approvata, dell’accordo preventivo di ogni organismo di base, conformemente alle proprie regole in materia di gestione e funzionamento. 4. Gli accordi generali raggiunti all’interno del gruppo dovranno essere formalizzati per iscritto, o all’interno dello statuto dell’organismo capofila, se è società cooperativa, o con altro documento contrattuale, che dovrà includere la durata del contratto e, se limitata, la procedura per la sua revisione, la procedura per la separazione della società cooperativa e i poteri che gli vengono attribuiti come da accordo con l’organismo capofila. La modifica, l’estensione o cessazione degli accordi sopra menzionati potranno realizzarsi, se così stabilito, dietro approvazione degli organi di governo del capofila. Il contratto deve essere registrato con atto pubblico. 5. L’accordo di annessione a un gruppo dovrà essere verbalizzato per ogni società cooperativa nel Registro competente. 6. Le operazioni gestite direttamente dalle cooperative aderenti al gruppo verso terzi, non devono collidere con il gruppo stesso, né con le altre società cooperative ad esso associate. 138 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza I gruppi cooperativi di fronte alla crisi In Spagna, i gruppi cooperativi hanno giocato un ruolo importante nello sviluppo della cooperazione, specialmente nei casi del Gruppo Mondragon (ora Mondragon Corporation) o del Gruppo ASCES (prima conosciuto come Grupo Cooperativo Valenciano). Di solito, infatti, le società di capitali dispongono di una copertura istituzionale da parte dello Stato che permette loro di risolvere problemi strutturali che non riuscirebbero a risolvere da sole. I paesi occidentali hanno fatto in modo di garantire questa copertura o, se si preferisce, di risolvere i problemi non risolti dalle società di capitali. Ecco perché, in assenza di una copertura istituzionale da parte dello Stato, le cooperative devono ricorrere ad altre forme di copertura istituzionale. I gruppi cooperativi e le associazioni cooperative sono strutturate in modo tale da ottenere questo tipo di nascita e copertura istituzionale. I gruppi cooperativi hanno avuto un ruolo straordinario nel realizzare esperienze come quella della MONDRAGON Corporation. Strumenti come la condivisione dei risultati, la gestione comune della disoccupazione, i fondi comuni ecc.. Tutti questi elementi hanno contribuito a creare e sviluppare questo movimento e, quindi, attirano grande interesse nei periodi di crisi come quello in corso. I gruppi cooperativi elaborano idee e strategie comuni, collaborano per gestire la crisi, cogestire disavanzi ed eccedenze finanziarie, gestire in comune la disoccupazione, ecc.74 74 Una delle caratteristiche principali dei gruppi cooperativi spagnoli, come Mondragon e ASCES, risiede nella loro natura intersettoriale o, se si preferisce, “agglomerata”. Uno dei maggiori vantaggi competitivi di tale intersettorialità sta nella capacità di superare le crisi di settore, facendo in modo che i settori più forti consentano a quelli deboli di andare avanti, ristrutturarsi, ecc. Strumenti come la condivisione dei utili, i fondi comuni intercooperativi e la gestione comune della disoccupazione sono di grande importanza. 139 PROOF I Gruppi cooperativi rappresentano un’ottima strategia di consolidamento imprenditoriale per le cooperative: essi conferiscono la necessaria copertura istituzionale, affinché possano superare l’isolamento imprenditoriale dato da un mercato dominato dalle società di capitali. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni 2.3.4. Altre modalità di intercooperazione L’intercooperazione imprenditoriale non si limita alla forma dei gruppi cooperativi. PROOF Come già detto, una delle funzioni-chiave dei gruppi cooperativi consiste nel fornirne alle imprese di proprietà dei lavoratori una copertura istituzionale strategica. È bene aggiungere che tale funzione, benché possa variare parecchio, è sviluppata spesso dalle associazioni cooperative o dalle sociedades laborales (federazioni/confederazioni). A differenza di ciò che è accaduto negli altri paesi, in Spagna le federazioni di cooperative e di sociedades laborales non hanno avuto un importante sviluppo al di fuori di questa funzione rappresentativa/ istituzionale. Ciò può essere spiegato considerando una serie di fattori. Le federazioni cooperative/sociedades laborales hanno un’origine relativamente recente, che risale al periodo del post-franchismo, negli anni ‘80. Di conseguenza, hanno fatto la loro prima apparizione quando, in zone come i Paesi Baschi o nella la regione valenciana, esistevano gruppi già consolidati come Mondragon e ASCES, disposte ad accogliere più che altro le cooperative interessate ad essere dotate di strutture comuni. Lo sviluppo di tali strutture federative ha avuto, quindi, un carattere complementare o suppletivo rispetto alle funzioni già esercitate dai gruppi cooperativi. Ciò non ha impedito che le strutture associative acquisissero un ruolo comparabile a quello dei gruppi cooperativi poiché, oltre alle funzioni istituzionali, hanno integrato funzioni normative, gestione di servizi, ecc., rafforzandone il carattere imprenditoriale, come nel caso di alcune strutture fra le sociedades laborales quali l’ASLE nei Paesi Baschi, e l’ANEL nella regione della Navarra. IL CASO ASLE Fonte: ASLE. è la Agrupación de Sociedades Laborales de Euskadi. Rappresenta le sociedades laborales dei Paesi Baschi. ASLE Servizi La Agrupación de Sociedades Laborales de Euskadi presta servizi generali tra i quali: 140 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza ▪▪ Rappresentanza istituzionale ▪▪ Partecipazione a istituzioni e società sia pubbliche che private ▪▪ Accordi con le istituzioni finanziarie ▪▪ Accordi con altre organizzazioni imprenditoriali ▪▪ Studi giuridici ▪▪ Promozione industriale ▪▪ Diffusione di informazioni riguardanti sovvenzioni e programmi di sostegno nel settore industriale, economico e della formazione ▪▪ Comunicazione (circolari, rivista GATZA, notizie, eventi, seminari). ▪▪ Collaborazione con Lanbide, Ufficio di collocamento del Governo Basco ▪▪ Gestione di borse di studio ▪▪ Formazione ▪▪ Messa a disposizione degli uffici per le attività delle imprese ▪▪ Consulenza: tutte le imprese associate possono usufruire di una consulenza tecnica messa a disposizione dall’organizzazione Possiamo affermare, per concludere, che la funzione di “copertura imprenditoriale e istituzionale”, determinante per il futuro delle imprese proprietà dei lavoratori, viene sviluppata in alcuni casi attraverso gruppi e reti cooperative e, in altri, tramite associazioni o federazioni. Spesso le federazioni assumono gradualmente la gestione di servizi imprenditoriali e riescono ad avere un ruolo simile a quello che in altri contesti viene assunto dai gruppi cooperativi. D’altro canto, la necessità di superare una condizione d’isolamento sul mercato spinge le cooperative e le sociedades laborales a ricorrere a meccanismi alternativi ai gruppi e alle federazioni, che potremmo genericamente chiamare “reti cooperative” nella misura in cui queste consentono loro di avere più stabilità. 141 PROOF ▪▪ Consulenza legale Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni Ucomur Resistere unite alla crisi economica Ucomur e Fecoam lavorano alla creazione di un mercato intercooperativo La Verdad, 8 aprile 2009 Fra i possibili modelli intercooperativi, di cui esistono vari esempi in Spagna, ci sono i “mercati sociali” che si formano, nella maggior parte dei casi, grazie all’iniziativa di organizzazioni che riuniscono insieme imprese dello stesso tipo. PROOF Murcia ha fatto il primo passo in questa direzione. Lo scorso dicembre, le associazioni Ucomur e Fecoam hanno depositato la prima pietra del mercato intercooperativo nella Regione con un accordo volto a intensificare gli scambi commerciali tra le rispettive imprese associate. Un altro modello d’intercooperazione sempre più frequente in Spagna è quello delle imprese che si uniscono per il raggiungimento di un obiettivo specifico. Questo modello si può realizzare attraverso tre modalità differenti. La prima consiste nell’intercooperazione orizzontale, l’unione di realtà impegnate nelle stessa attività e nello stesso settore, ad esempio, per fornire certi servizi o realizzare investimenti. La seconda modalità consiste nell’intercooperazione verticale, che si produce quando imprese che realizzano varie attività per lo stesso settore uniscono le proprie filiere per coprire le differenti fasi del processo produttivo, dalla produzione alla distribuzione. C’è, infine, la cooperazione intersettoriale che si realizza quando diversi settori si uniscono tra loro per, ad esempio, l’utilizzo condiviso di depositi. Altre cooperative si uniscono per ottenere finanziamenti. Il caso più evidente, che ha funzionato molto bene, è quello di Coop57, formato da 28 organizzazioni. I suoi soci partecipano dando un importo economico, in seguito destinato a finanziare iniziative sociali. Al di fuori delle disposizioni giuridiche, esistono altri tipi di reti di cooperative che lavorano condividendo conoscenze o spazi. Questa formula garantisce molta più flessibilità rispetto alle caratteristiche di ogni singola cooperativa. L’obiettivo principale della rete, in questo caso, non è la crescita interna ma la condivisione. 142 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza GRUPPI E RETI. CASI DI BUONE PRATICHE COOPERATIVE CHE SI SONO GIÀ UNITE http://www.focoop.com/cooperativismo/red-emprendes ▪▪ AKOE EDUCACIÓ: nove cooperative d’insegnanti di Valencia si sono unite per sviluppare insieme progetti educativi e imprenditoriali. www.akow.org ▪▪ COMUPA-HIPARÍA: una cooperativa di secondo grado che svolge servizi completi di pulizia e giardinaggio. È stata ingaggiata per portare a termine un progetto condiviso nel parco naturale di Las Lagunas. ▪▪ COOP57: composta soprattutto da realtà appartenenti a diversi settori economici, i cui soci partecipano apportando un contributo economico che poi serve a finanziarne le iniziative. www.coop57.coop ▪▪ GRUPO AVANZA: è formato da 25 cooperative per lo più di Villena. http://proyectoavanza. com ▪▪ GRUP CLADE: è il primo gruppo imprenditoriale cooperativo della Catalogna, nato alla fine del 2004 e formato dallo cooperative Abacus, Suara (a sua volta formata da altre cooperative), Escola Sant Gervasi, Grup Qualitat, Grup Cultura 03, La Fageda y Plana de Vic; dalle sociedades laborales La Vola y Telecsal, e dalla fondazione Blanquerna. www.grupclade.com ▪▪ GRUP CONSOP: creato nel 1998 e oggi composto da sette imprese di servizi assistenziali per bambini, giovani, anziani e famiglie. www.consop.org ▪▪ GRUPO EL YATE: oltre a gestire attività sociosanitarie, lavora all’attivazione di progetti d’innovazione tecnologica in quest’ambito e opera come centrale acquisti per le cooperative del gruppo. www.grupoelyate.com ▪▪ GRUPO LA VELOZ: servizio di Pony Express in bicicletta, consulenza per l’economia sociale e vendita e promozione di biciclette. www.grupolaveloz.com ▪▪ GRUPO NIÑOS: dedicato alla gestione educativa delle scuole materne. È composto da altre due cooperative d’insegnamento: Florida e Grupo Sorolla, entrambe con oltre 25 anni d’esperienza nel settore. ▪▪ LA MATESA: spazio di scambio tra enti, gruppi e professionisti dell’intervento sociale, con condivisione di edifici. www.lamadeja.net ▪▪ LA TRAVIESA: formata da otto cooperative che si scambiano idee ed esperienze e sostengono la creazione di nuove imprese tramite servizi di credito e consulenza. www.latraviesa.coop ▪▪ MONDRAGON: frutto del movimento cooperativo avviato nel 1956 a Mondragón (Guipúzcoa), oggi è il primo gruppo imprenditoriale nei Paesi Baschi e il settimo in Spagna, nel settore industriale, finanziario e della distribuzione. www.mondragoncorpo143 PROOF ▪▪ GRUPO ASCES: con sede a Valencia anche se attiva a livello più allargato, le cooperative che ne fanno parte si dedicano a varie attività, prevalentemente nel settore alimentare. www.grupoasces.com Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni ration.com ▪▪ NOVOCARE: la prima cooperativa di terzo grado dell’Andalusia, si è occupata innanzitutto dell’avvio e della gestione di vari residence in tutta l’ Andalusia. www. novocare.es ▪▪ NTIC: cooperativa di secondo grado formata da due cooperative di Malaga: Andaluza de Informática e Nuvitel, ambedue impegnate nei servizi informatici e con oltre dieci anni d’esperienza nel settore. www.ntic.coop ▪▪ SITE SERVICIOS COMUNITARIOS: attiva nell’istruzione infantile, gestione di mense e di attività sportive. ▪▪ SUARA COOPERATIVA: si è rapidamente trasformata in un “gigante” dell’assistenza alle persone, presente in praticamente tutto il territorio catalano. www.suara.coop PROOF ▪▪ TRASSA: unisce tre cooperative e i loro principali servizi, quali la gestione sociosanitaria, l’edilizia e lo sviluppo urbanistico, la pulizia, la formazione, la consulenza sociosanitaria e l’elaborazione di progetti d’inserimento sociale. www.trassa.es 3. STRUMENTI FINANZIARI Il finanziamento della ristrutturazione delle imprese è un elemento cruciale in questo tipo di processo. Come vedremo, data la specificità delle imprese di proprietà dei lavoratori in ambito finanziario, s’impone un’analisi specifica del problema. Dopo l’inizio della crisi finanziaria, con il calo della domanda, la stretta creditizia è stata la seconda sfida urgente che le cooperative e le sociedades laborales spagnole hanno dovuto affrontare. In queste circostanze, hanno acquisito un’importanza particolare tutti gli strumenti che il movimento cooperativo e l’economia sociale utilizzano per affrontare il bisogno di credito finanziario, sia per andare incontro ai tradizionali bisogni delle imprese proprietà dei lavoratori - oggi aumentati - che per rispondere ai nuovi bisogni posti in essere dalla crisi. 3.1. Le cooperative di credito È ormai noto il ruolo ovunque giocato dalle cooperative di credito/banche cooperative come strumento di finanziamento specifico per le cooperative, il cui apporto è stato fondamentale nel compensare i deficit delle cooperative nell’accesso al mercato creditizio. 144 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Le cooperative di credito in Spagna sembrano, tutto sommato, affrontare meglio la crisi del settore finanziario rispetto alle cajas de ahorro (casse di risparmio) o alle banche società per azioni. La principale ragione di tale vantaggio sta nell’aver partecipato in misura minora agli investimenti speculativi e, quindi, al mercato immobiliare. È nota l’importanza assunta dalla Caja Laboral nello sviluppare il gruppo cooperativo Mondragon. Col tempo questa funzione ha perso importanza, dopo l’espansione della Caja Laboral e la diversificazione delle fonti finanziarie delle cooperative della Mondragon Corporation. L’esempio della Caja Laboral è comunque di grande interesse come punto di riferimento storico sul ruolo che gli strumenti finanziari come le cooperative di credito possono assumere nello sviluppo della cooperazione in altri settori. 3.2. Le sezioni di credito Le cosiddette “sezioni di credito” sono settori o reparti delle cooperative specializzati nella gestione finanziaria delle risorse dei soci della cooperativa, raccogliendo i loro versamenti e/o concedendo loro crediti. Esse hanno registrato un’importante espansione nelle cooperative agricole spagnole. Negli ultimi decenni, le sezioni di credito sono state oggetto di critiche da parte di alcuni settori finanziari, provocandone un controllo crescente da parte dei supervisori bancari o dei dipartimenti economici regionali o centrali. Le basi concettuali a sostegno di tali critiche sembrano però essere a poco a poco crollate negli anni più recenti. La prossimità fisica e concettuale tra investitori/depositanti e ricevitori dell’investimento oggi non sembra un elemento negativo nella gestione delle risorse finanziarie. Anzi, dato il nuovo contesto, le sezioni di credito e le cooperative di credito possono essere uno strumento molto interessante per stimolare la crescita di grandi cooperative, gruppi cooperativi ecc. 145 PROOF Va detto che le cooperative di credito in Spagna sono essenzialmente, almeno in origine, cooperative di credito agricolo. Il nesso con la cooperazione di lavoro si è realizzato per il tramite di due organizzazioni legate ai gruppi cooperativi: la Caja Laboral nei Paesi Baschi e la Caixa Cooperativa nella Comunità Valenciana, a cui bisogna aggiungere la Caja Mar, insieme ad alcune piccole cooperative rurali e di credito locali. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni 3.3. Strumenti per l’attrazione di capitale netto Se fino a qualche decennio fa, la sfida fondamentale delle cooperative sul mercato finanziario consisteva nell’accedere al mercato creditizio, ruolo che è poi stato assunto dalle cooperative di credito o dalle sezioni di credito, negli ultimi decenni la vera sfida si è incentrata sull’accesso ai mercati finanziari per l’attrazione di capitale netto. Dinanzi ai vincoli e alle difficoltà che la crisi economica ha prodotto nel mercato dei capitali e sul mercato creditizio, le strategie delle cooperative e delle sociedades laborales per accedere al mercato dei capitali fissi hanno acquisito molta importanza. PROOF Due sono gli obiettivi di base delle strategie d’accesso ai “mercati finanziari”: a) l’accesso ai mercati finanziari aperti attraverso i mercati regolamentati; b) l’accesso al mercato locale dei soci e del territorio più prossimo. È possibile che, viste le caratteristiche sociali ed economiche delle cooperative, l’obiettivo di maggiore interesse a medio termine sarà il contesto della cooperativa stessa e del suo ambiente locale per aumentare nel tempo lo sviluppo cooperativo. Tuttavia, gli sforzi di attrarre capitale sui mercati regolamentati hanno maggiore risonanza mediatica ed attirano di più l’attenzione degli esperti. In tale senso, vanno evidenziate due principali strategie: a) l’adeguamento normativo della legislazione cooperativa per permettere e facilitare tale tipo di operazioni; b) le esperienze concrete di gestione di strumenti finanziari da parte delle cooperative o di specifici gruppi . La normativa vigente sull’accumulo di capitali La normativa spagnola volta a regolamentare la ricerca di capitali ha perseguito due obiettivi principali: a) regolamentare alcuni strumenti finanziari specifici, volti a facilitare l’accumulo di capitali; b) chiarire la fattibilità giuridica per le cooperative di usare strumenti giuri146 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza dico-finanziari specifici per l’accumulo di capitali. Quest’ultimo obiettivo è stato sviluppato tramite varie disposizioni normative che, in sostanza, stabiliscono: a) La capacità delle cooperative di utilizzare ogni tipo di strumenti finanziari salvo disposizione normativa che dica il contrario (di norma, tali disposizioni restrittive incidono sull’emissione di azioni con diritti di voto). La regolamentazione di strumenti finanziari ad hoc per accumulare capitale è stata una strategia un po’ controversa. In assenza di analisi sufficientemente sistematiche, la legislazione centrale e quelle regionali hanno introdotto regolamenti “casistici” di strumenti finanziari particolari applicati in condizioni eccessivamente specifiche. Tali strumenti hanno avuto rara diffusione nella pratica cooperativa. Vi è però stata, parallelamente, una linea d’analisi sistematica che ha portato a un regolamento degli strumenti finanziari sufficientemente generale e con vincoli normativi definiti sulla base di un’analisi non casistica ma sistematica. A conclusione di questo lavoro sistematico, insieme concettuale e legislativo, si possono evidenziare due modelli: a) Le azioni con diritto di voto nelle cooperative miste; b) I casi in cui il capitale viene considerato come partecipazione speciale dal diritto cooperativo generale (definiti come contributi finanziari subordinati nella Legge basca sulle Cooperative). Le azioni con diritto di voto nelle cooperative miste sono particolarmente interessanti perché permettono di raccogliere capitale con diritti di voto i cui diritti e doveri sono definiti in modo equivalente a quelli dei titolari di azioni e partecipazioni nelle società di capitali.75 La differenza poggia sul fatto che, per rendere compatibile questo modello con il carattere cooperativo dell’organizza75 Come stabilito al paragrafo 3 del citato articolo 107 de la legge nazionale sulle Cooperative: “3. Nel caso di azioni con voto, i diritti e i doveri dei suoi titolari, e le modalità di contribuzione saranno regolati dallo Statuto e, a titolo complementare, da quanto disposto dalla legge sulle società per azioni”. 147 PROOF b) Disposizioni specifiche che autorizzino le cooperative a formalizzare l’accumulo di capitali con strumenti giuridici contrattuali come le obbligazioni, contratti di associazione in partecipazione, ecc. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni zione, la combinazione tra diritto di voto e suddivisione degli utili attribuita a questi titolari viene definita nello Statuto e non può superare il 49% del totale. 3.4. Partecipazioni speciali Per quanto riguarda le norme concernenti le azioni di partecipazione senza diritto di voto, si parla di “partecipazioni speciali” (o “apporti finanziari subordinati” secondo la Legge basca sulle Cooperative), lo strumento che ha riscosso fino ad ora maggiore successo. Ecco di seguito la normativa che regola questo modello nel diritto cooperativo: PROOF “Articolo 53. Partecipazioni speciali. 1. Gli Statuti potranno prevedere la possibilità di accumulare risorse finanziarie di soci o terzi, con il carattere di subordinati e con un termine minimo di scadenza di cinque anni. Se la scadenza di queste partecipazioni avviene entro l’approvazione della liquidazione della cooperativa, saranno considerate come capitale sociale. Tuttavia, tali risorse potranno essere rimborsabili, a discrezione della società, secondo la procedura stabilita per la riduzione di capitale tramite restituzione delle contribuzioni nella legislazione sulle società a responsabilità limitata. 2. Tali partecipazioni speciali potranno essere liberamente trasferibili. La loro emissione in serie richiede l’accordo dell’Assemblea Generale nel quale si fissano le clausole d’emissione e, se necessario, il compimento delle condizioni fissate nella normativa che disciplina la borsa. 3. Per quanto riguarda le cooperative di credito e assicurative, quanto stabilito nel presente articolo sarà applicabile soltanto quando la regolamentazione in vigore lo stabilirà espressamente, potendo raccogliere risorse con carattere subordinato e previo accordo del Consiglio di amministrazione, attraverso qualsiasi strumento e purché tale possibilità sia espressamente prevista dagli Statuti”. Come si può vedere, si tratta di un esempio di azioni senza diritto di voto, regolamentato in termini “generali”. L’indicazione di un termine precedente la liquidazione non necessita di una normativa specifica, potendosi utilizzare per lo stesso scopo il modello delle “obbligazioni subordinate”. 148 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Si tratta di un caso equivalente a quello che, nelle legislazioni regionali, viene talvolta definito con l’espressione di “partecipazioni speciali” e, nel caso della legislazione basca, “apporti finanziari subordinati”76. Una volta entrata in vigore la nuova normativa, basata sugli standard internazionali di reporting finanziario, la preoccupazione fondamentale si è trasferita dal concetto di capitale a quello di patrimonio netto. La preoccupazione fondamentale delle imprese emittenti è di garantire che le emissioni di queste partecipazioni speciali siano qualificate come patrimonio netto e non come credito da riscuotere. Tuttavia, questa è una questione in via di risoluzione più nel settore della contabilità che nella legislazione cooperativa. 3.5. Accumulo di capitali senza diritto di voto Chiamiamo in questo caso “buone pratiche” quei casi di cooperative che hanno concretamente realizzato emissioni titoli senza diritto di voto. A tal proposito, si possono distinguere due ipotesi: a) Le emissioni che puntano al locale: soci, cooperative dello stesso gruppo, ecc. Queste emissioni sono state numerose, sia in specifiche cooperative che in gruppi cooperativi. I fondi intercooperativi della Mondragon Corporation sono accumulati in questo modo. b) Le emissioni sui mercati regolamentati. Sono due le cooperative che hanno realizzato ad oggi emissioni di “partecipazioni speciali” sui mercati regolamentati: Eroski, S. Coop. e Fagor Electrodomésticos, S. Coop. In ambo i casi, le emissioni sono quotate sul mercato a reddito fisso della Borsa di Madrid. Le difficoltà finanziarie dovute alla crisi del mercato creditizio hanno reso di 76 Dato il suo carattere più sviluppato attraverso la normativa, potrebbe rivestire un carattere particolarmente interessante e sistematico la normativa stabilita al riguardo dal paragrafo 5 dell’articolo 57 (Capitale Sociale) della legislazione basca per gli “apporti finanziari subordinati”. Al fine di chiarire aspetti concreti dell’applicazione pratica di questa normativa, la stessa si è sviluppata nel Regolamento del 2005. 149 PROOF Le sfide normative di questo modello si sono evolute nel tempo. In una prima fase, si trattava fondamentalmente di chiarire la fattibilità del suo uso da parte di società cooperative e le condizioni del suo qualificarsi come capitale. Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni nuovo attuale i problemi delle cooperative nell’accedere ai mercati per accumulare capitali. Nonostante l’importanza delle esperienze già realizzate in questo ambito, i risultati dell’accumulo di capitale senza diritto di voto sembrano finora piuttosto modesti. Due sono le sfide maggiori per una diffusione significativa dell’uso di tali strumenti finanziari: a) Usare questa possibilità come strumento per accumulare le contribuzioni obbligatorie versate dei soci. PROOF b) Estendere questa forma di capitalizzazione senza voto agli ambienti vicini alla cooperativa emittente: soci, genitori di soci, territorio locale ecc. Queste due sfide possono essere correlate, nella misura in cui dinamizzarne una apra le porte ad un’espansione dell’altra. In una prospettiva d’applicazione pratica dei progressi teorici e normativi in materia, a parer nostro la sfida fondamentale che questo problema pone alle cooperative spagnole è quella di: a) incoraggiare l’uso delle azioni senza diritto di voto inteso dalla normativa come strumento per incanalare le contribuzioni obbligatorie dei soci trasferibili verso terzi77; b) creare un mercato di capitale cooperativo senza diritto di voto negli ambienti vicini alle cooperative emittenti (soci, familiari, territorio locale). 77 A titolo complementare va detto che varie proposte di riforma legislativa hanno messo in discussione la convenienza che le dotazioni delle cooperative messe nei fondi di riserva obbligatori siano sostituite da dotazioni obbligatorie in fondi di capitale trasferibile, rendendo compatibile la capitalizzazione a lungo termine con la creazione di un mercato finanziario in ambienti vicini tramite gli apporti dei soci trasferibile a terzi. 150 Capitolo 3 Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese François Soulage Introduzione Mancando però, dall’inizio, un forte impegno del movimento sindacale, dovuto alla tradizione francese del sindacalismo rivendicativo, le cooperative di lavoro francesi (chiamate SCOP in Francia) non hanno potuto svilupparsi come negli altri due paesi studiati, cioè l’Italia e la Spagna. Per capire meglio il ruolo delle cooperative di lavoro associato nella loro creazione o espansione, e apprezzare la loro capacità di resistenza come imprese, abbiamo limitato la nostra osservazione agli ultimi vent’anni. 1. DATI RIGUARDANTI LE COOPERATIVE DI LAVORO ASSOCIATO IN FRANCIA DAL 1989 AL 2009 1.1. Quadro statistico generale Nella tabella qui di seguito viene rappresentata l’evoluzione del numero di cooperative di lavoro affiliate alla CGSCOP (la maggior parte delle cooperative di lavoro francesi) e del numero dei lavoratori dipendenti in queste realtà su un periodo di 20 anni (1989-2009). 151 PROOF In Francia le cooperative di lavoro associato sono regolamentate sulla base di specifiche normative che in parte si distanziano dallo statuto generale del lavoratore dipendente e prevedono, ad esempio, incentivi fiscali per la loro espansione. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese Tab. 29 - Numero di cooperative e lavoratori (1989-2009) PROOF Anno 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 1991 1990 1989 Numero di cooperative 1927 1884 1806 1628 1654 1563 1535 1536 1505 1498 1530 1481 1459 1437 1460 1392 1332 1275 1309 1275 1289 Numero di lavoratori 40.595 41.832 40.112 36.881 36.699 35.397 34.954 34.568 33.535 32.464 31.200 30.154 29.449 28.964 29.806 28.691 28.805 29.719 31.794 31.718 30.868 Fonte : CGSCOP Grafico 8 - Evoluzione del numero di cooperative di lavoro associato (1989 - 2009) 2500 2000 1500 1000 Fonte : CGSCOP 152 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 1991 1990 0 1989 500 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza La crescita netta del numero di cooperative è stata pari al 49% in questo periodo, con una crescita annua media del 2,5%. Nel 2009, in piena crisi, tale tasso di crescita era lievemente inferiore (2,2%). Grafico 9 - Evoluzione del numero di lavoratori nelle cooperative di lavoro associato (1989 - 2009) 45.000 40.000 35.000 30.000 25.000 20.000 15.000 5.000 2009 2008 2007 2006 2005 2004 2003 2002 2001 2000 1999 1998 1997 1996 1995 1994 1993 1992 1991 1990 1989 0 Fonte : CGSCOP La crescita dell’occupazione nelle cooperative di lavoro associato è stata pari al 32% in 20 anni, con una media annua dell’1,6%. La crescita è stata costante tranne che nel 1991-1992 (calo del 2,6% nel 1992 rispetto al 1991) e nel 2009 (calo del 3% rispetto al 2008). 1.2. Creazione e mortalità delle imprese cooperative di lavoro associato dal 1989 al 2010 3.451 cooperative di lavoro associato (SCOP) sono state create tra il 1989 e il 2010. Nel 2010 ve ne sono 1.583, e 1.868 sono scomparse, con un tasso di sopravvivenza del 46%. ▪▪ il 77% è costituito da creazioni ex-novo. ▪▪ il 12% è costituito da mutamenti d’imprese in buona salute. ▪▪ il 9% è costituito da riattivazioni d’imprese in difficoltà. ▪▪ il 2% è costituito da trasformazioni di associazioni. 153 PROOF 10.000 Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese I tassi di sopravvivenza per categoria sono: ▪▪ Creazioni ex-novo: 42%. ▪▪ Mutamenti: 62%. ▪▪ Riattivazioni: 49%. A livello settoriale: ▪▪ Il ramo edilizio copre il 19% del totale delle creazioni nel periodo, con un tasso di sopravvivenza del 39%. PROOF ▪▪ Il ramo dell’industria manifatturiera il 14% con un tasso di sopravvivenza prossimo al 45%. ▪▪ Le attività scientifiche e tecniche costituiscono il 21% con un tasso di sopravvivenza del 59%, il più importante dei grandi settori. 1.3. Analisi secondo i motivi della creazione I motivi della creazione sono cambiati. Nel 1989 le riattivazioni delle imprese in crisi costituivano il 14% del totale d’imprese create. Nel periodo in oggetto rappresentano soltanto il 6%. I mutamenti delle imprese sane passano invece dal 12 al 16% e le creazioni ex-novo dal 74% al 78%. 154 155 TOTALE 841 661 920 2000/ 2004 2005 / 2009 691 6196 5247 7 181 4576 Imprese Dipendenti 1995 / 1999 1990 / 1994 PERIODI MUTAMENTO RIATTIVAZIONE TRASFORMAZIONE DI ASSOCIAZIONI 6,7 7,9 8,5 6,6 671 533 662 551 3,3 4,7 4,1 4,1 2 168 1610 3 004 1 250 Fonte : CGSCOP 148 68 89 63 PROOF 2246 2480 2701 2244 14,6 23,7 33,8 19,8 55 58 89 77 1192 1094 1406 1082 21,7 18,9 15,8 14,1 46 2 1 0 590 63 70 0 Media Media Media Media Imprese Dipendenti Imprese Dipendenti Imprese Dipendenti Imprese Dipendenti Dipendenti Dipendenti Dipendenti Dipendenti EX-NOVO Tabella 30 - Creazione d’impresa secondo i motivi della creazione Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese Il numero di creazioni varia molto da un periodo all’altro e sembra essere legato a una politica della Confederazione Generale delle SCOP (cooperative di lavoro associato) anziché a fattori esterni. Si noti però che nel periodo 1995-1999, la progressione è stata notevole, sicuramente legata alla politica governativa francese a favore della creazione d’impresa in un periodo di crescita regolare dell’economia. Dal 2005 al 2009, il fortissimo aumento del numero di mutamenti d’imprese sane in cooperative riguarda imprese sempre più piccole. È una tendenza accentuatasi nel corso degli anni. Al contrario, le riattivazioni, meno numerose, riguardano un numero medio di dipendenti, anche se è in crescita. PROOF 1.4. Sopravvivenza delle imprese Questa tabella indica, per periodo e tipo di creazione, il tasso di sopravvivenza a fine 2009, d’imprese create nel periodo studiato. Si rileva una maggiore solidità delle imprese cooperative create mediante mutamento d’imprese sane. Tabella 31 - Sopravvivenza delle cooperative Periodi Ex novo Numero Cambiamento Riattivazione Tasso di Tasso di Tasso di Numero Numero sopravvivenza sopravvivenza sopravvivenza 1990/1994 551 18% 63 37% 77 27% 1995/1999 662 29% 89 53% 89 53% 2000/2004 533 55% 68 63% 58 57% 2005/2009 671 81% 148 89% 55 84% Fonte : CGSCOP 1.5. Analisi per settore d’attività Le riattivazioni sono più frequenti nei settori dell’industria manifatturiera, informazione e comunicazione, trasporti e edilizia. Le creazioni ex novo sono state più importanti nel settore delle attività scientifiche e tecniche. Dal 2000 quest’ultimo settore supera l’edilizia mentre nel 1994 si era registrata una tendenza inversa. 156 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza L’industria manifatturiera si mantiene al 15%. Il settore Informazione e comunicazione è in forte aumento. Tabella 32 - Creazioni per settore d’attività Edilizia Industria Informazione e Trasporti comunicazione Attività scientifiche tecniche Settore Servizi Commercio immobiliare 1989/1994 163 106 32 19 87 2 20 47 1995/1999 207 149 46 34 174 4 39 88 2000/2004 124 106 49 20 173 2 48 54 2005/2009 148 141 80 14 242 5 68 83 Fonte : CGSCOP L’analisi di questa tabella evidenzia le evoluzioni che vive il mondo della cooperazione di lavoro. Il settore tradizionale di sviluppo era l’edilizia e più in generale tutte le attività legate a essa o ad opera pubbliche. La quota di questo settore non fa che scendere. Era quello nel quale vi erano più riattivazioni. Anche la crisi del settore immobiliare che perdura dal 2007 spiega perché il tasso di sopravvivenza è così debole. Le imprese che rimangono e si sviluppano appartengono in genere a settori connessi come l’elettrificazione rurale, rivestimenti interni nel settore dell’edilizia e la decorazione d’interni. Ma le grandi cooperative edilizie sono pressoché tutte scomparse. Al contrario, il settore delle attività scientifiche e tecniche non cessa di svilupparsi. Si tratta generalmente di creazioni ex novo e ciò ne spiega la crescita progressiva. Si tratta però di piccole realtà, per cui si spiega il calo costante della forza-lavoro per impresa creata. Sebbene via sia stato un basso numero di riattivazioni, proporzionali al totale delle creazioni, la loro dimensione media è aumentata, creando problemi di finanziamento per il rilevamento dell’impresa e di difesa dell’occupazione a lungo termine. Il tasso di sopravvivenza delle riattivazioni è assai inferiore a quello dei mutamenti, sicché la Confederazione Generale delle SCOP ha mutato politica nel periodo 2000/2004. Ciò spiega senza dubbio alcuno perché i dati sull’attività di tale periodo sono inferiori a quelli dei periodi precedenti e successivi. 157 PROOF Periodi Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese 1.6. Evoluzione dei posti di lavoro creati Al momento della loro creazione, le imprese nel periodo considerato, dal 1990 al 2009, impiegavano 23.200 lavoratori. Ma nel 2010 le imprese che restavano avevano al loro inizio 11.948 dipendenti mentre oggi ne contano 19.454, registrando un aumento del 63%. Ma quest’evoluzione è molto differenziata. PROOF Il settore dell’edilizia registra un tasso di sopravvivenza soltanto del 41%, ma le imprese che sopravvivono sembrano sane ed hanno creato posti di lavoro. Queste imprese impiegano il 68% del numero di dipendenti al momento della creazione. L’industria manifatturiera ha sofferto di più, poiché il settore impiega solo il 64% dei posti di lavoro presenti al momento della creazione. Con un tasso di sopravvivenza delle imprese del 59%, le attività scientifiche e tecniche impiegano il 183% dei posti di lavoro presenti al momento della creazione. È il settore più dinamico delle cooperative francesi di lavoro associato. Tabella 33 - Evoluzione dell’occupazione Periodi EX-NOVO MUTAMENTO Forze - Dipendenti lavoro alla attuali creazione Forza lavoro alla creazione delle restanti RIATTIVAZIONE Dipendenti alla creazione Forza lavoro alla creazione delle restanti Forze - Dipendenti lavoro alla attuali creazione Forza lavoro alla creazione delle restanti Forze lavoro attuali 1990/1994 2244 406 873 1250 635 512 1082 403 759 1995/1999 2701 688 1691 3004 1898 2358 1406 662 922 2000/2004 2480 1047 4483 1610 1085 1435 1094 501 613 2005/2009 2246 1580 2405 2168 1628 1949 1192 694 757 Fonte : CGSCOP Sono le creazioni ex novo ad avere le maggiori potenzialità di creazione di posti di lavoro. Se molte imprese non ci sono più, quelle che rimangono hanno registrato un fortissimo incremento di posti di lavoro che però non basta per riavere il personale iniziale. 158 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Mutamenti e riattivazioni sono ben lungi dall’essere riuscite a mantenere i volumi iniziali di posti di lavoro. Ma qui va ricordato che si tratta di salvare dei posti di lavoro, che altrimenti sarebbero andati persi, vista la situazione dell’impresa che era stata rilevata. 2. LE DISPOSIZIONI GIURIDICHE PER IL FINANZIAMENTO DELLE COOPERATIVE La sottoscrizione del capitale delle cooperative beneficia dell’insieme delle norme del diritto comune francese. In molti casi esistono però delle deroghe favorevoli alla sottoscrizione del capitale delle cooperative. In alcuni casi la sottoscrizione di titoli partecipativi si giova delle stesse norme. ▪▪ Qualsiasi sottoscrizione del capitale delle PMI (nella definizione europea del termine, cioè meno di 250 lavoratori dipendenti e meno di 50 milioni di fatturato) beneficia di una riduzione fiscale del 20% dell’importo sottoscritto sull’imposta sugli utili. La sottoscrizione del capitale delle cooperative beneficia di questa disposizione se risponde al criterio di PMI. Così i cooperatori possono beneficiarne direttamente per le sottoscrizioni. ▪▪ Il secondo dispositivo è legato all’imposta di solidarietà sulla ricchezza detta “ISF”. La sottoscrizione del capitale di una PMI e delle cooperative che fanno parte di questa categoria permette di dedurre il 75% dell’importo della sottoscrizione delle somme dovute a titolo di tale imposta. Una persona è oggi soggetta all’ISF se il suo fondo proprio supera i 790.000 euro. Questa possibilità esiste ora anche per la sottoscrizione del capitale di strumenti specializzati nella sottoscrizione del capitale di PMI. Essa va a vantaggio delle cooperative, esclusivamente per i cooperatori, e pochi di loro sono oggi soggetti all’ISF. ▪▪ Poi vi è la partecipazione che è la distribuzione di parte degli utili dell’impresa ai lavoratori dipendenti ed è del tutto legata all’esistenza di utili per l’impresa. L’importo di tale partecipazione è interamente deducibile dalla base imponibile a titolo d’imposta sugli utili. Se l’importo ricevuto dal dipendente è bloccato per 5 anni su un conto aziendale, o attraverso un fondo comune d’investimento, tale somma non è tassabile. 159 PROOF 2.1. Il conferimento di capitali propri con norme di diritto comune adattati alle cooperative Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese ▪▪ D’altra parte tutte le imprese beneficiano, per un importo pari al 25% della partecipazione distribuita, della costituzione, al netto delle imposte, di una riserva speciale di partecipazioni da utilizzarsi per gli investimenti nei 5 anni. Nel caso delle cooperative, l’importo di tale riserva speciale di partecipazione è pari al 100% dell’importo della partecipazione stessa. PROOF ▪▪ Quando i dipendenti depositano i fondi della loro partecipazione nei fondi comuni d’investimento detti “FCPE entreprise”, questo risparmio beneficia da parte delle imprese di un pagamento complementare, chiamato “abondement” che beneficia, per le imprese, di una forte agevolazione fiscale. Dunque una cooperativa può, con la partecipazione distribuita, con dotazione della riserva speciale d’investimento e tramite l’abondement suddetto, ridurre o annullare il proprio carico fiscale. ▪▪ Il quarto dispositivo è la partecipazione agli utili slegata dai risultati aziendali, ma ritenuto un complemento di redditi distribuiti ai dipendenti. Questa partecipazione esonera l’impresa dall’imposta sulle società ed esonera anche il lavoratore dipendente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche se tale partecipazione agli utili è bloccata per 5 anni. All’atto pratico, le cooperative di lavoro associato propongono di mantenere tali somme nell’impresa per questa durata. La partecipazione non è oggetto del pagamento complementare (abondement), ma se si contribuisce a un fondo comune, l’abondement è possibile. ▪▪ Il quinto dispositivo è il risparmio salariale, e in particolare il risparmio salariale solidale introdotto nell’ordinamento giuridico francese nel 1998, per incoraggiare a canalizzare tale risparmio dei dipendenti dei differenti tipi d’imprese, ma principalmente delle grandi imprese, verso le imprese dell’economia sociale. Si tratta, da un lato di risorse che provengono dagli incentivi economici e dalla partecipazione agli utili, dall’altro di depositi volontari, messi in un fondo comune d’investimento, che possono anch’essi beneficiare di un abondement come sopra detto. Quando i fondi sono depositati in fondi comuni solidali destinati all’economia sociale, il vantaggio fiscale proposto alle imprese aumenta rispetto ai fondi comuni classici. Questo risparmio dev’essere, come la partecipazione, bloccato per 5 anni per poter beneficiare di tali vantaggi. I limiti di questi dispositivi di contributo in fondi propri Le imprese cooperative possono costituire internamente dei fondi propri che sono di natura diversa dai capitali esterni autorizzati dalle leggi del 1983 e del 1992. 160 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Ma tali contributi sono rimborsabili. Le somme delle partecipazioni bloccate nell’impresa lo sono soltanto per 5 anni, dopodiché il dipendente può chiederne il pagamento. Ciò indebolisce il sistema di finanziamento delle cooperative. 2.2. Le nuove possibilità offerte dalle leggi sulle cooperative del 1983 e del 1992 Questa legge, e quella del 3 luglio 1992, hanno cercato di dare risposte nuove, predisponendo una serie di strumenti che permettano alle cooperative di procurarsi fondi propri presso investitori esterni così come presso soci della cooperativa senza che essi siano sottoposti ai vincoli societari. Ma per aumentare i capitali propri alle cooperative serve superare alcuni ostacoli che derivano in particolare dalle loro regole di governance, ossia la condivisione del potere (1 persona = 1 voto), la retribuzione limitata del capitale, il reinvestimento delle eccedenze e l’esistenza di riserve indivisibili che porta alla non appropriazione individuale degli attivi che creano plusvalenze. Le quote di capitale di una cooperativa beneficiano di una bassa o inesistente retribuzione, di un rimborso delle quote sociali al valore nominale, eventualmente mitigato da uno sconto o, nel caso delle cooperative di lavoro associato, di una retribuzione aggiuntiva sotto forma di quota-lavoro. I meccanismi tradizionali di creazione di fondi propri, di sottoscrizione di quote sociali e di messa in riserva dei ricavi erano diventati insufficienti. La prima tappa è dunque stata di creare il titolo partecipativo e di favorire l’esistenza di strumenti specifici di finanziamento per l’economia sociale, in particolare strumenti in grado d’investire nell’acquisizione di titoli partecipativi creati dalla legge del 3 gennaio 1983. Come vedremo in seguito, questa fu decisiva per la creazione dell’IDES. Con altre leggi cooperative, sono stati creati altri strumenti: il certificato cooperativo, il certificato cooperativo di socio, le quote sociali con vantaggi speciali e le quote sociali con dividendo prioritario. Come sopra detto, le autorità pubbliche hanno creato parecchi strumenti di apporto in fondi propri o fondi assimilati che possiedono caratteristiche specifiche che occorre esporre nei dettagli. 161 PROOF Fino alla legge del 3 gennaio 1983 non esistevano strumenti diversi dalle partecipazioni sociali e dalle obbligazioni convertibili per apportare fondi alle cooperative, oltre alla costituzione delle riserve indivisibili. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese 2.2.1. Il titolo partecipativo Il titolo partecipativo è stato creato dalla legge francese di sviluppo del risparmio del 3 gennaio 1983. La sua creazione era inizialmente prevista per le imprese pubbliche al termine del periodo delle statalizzazioni. Occorreva far sì che le imprese che non potevano ricorrere al mercato finanziario con titoli di capitali potessero disporre di un titolo finanziario particolare e adeguato alla loro specificità giuridica. Le cooperative rispondevano a tale definizione. Esse hanno dunque avuto accesso a questo nuovo prodotto. PROOF Il titolo partecipativo è un valore mobiliare Come tale, esso è sottoscritto principalmente da investitori finanziari dell’economia sociale, in particolare con una struttura creata a tale scopo, l’IDES, ma può esserlo giuridicamente da parte di ogni persona fisica o giuridica. Non conferisce al titolare alcun diritto di voto né un diritto sull’attivo netto, ma d’altro canto si beneficia di una retribuzione fissa minima e di un complemento variabile indicizzato sul risultato dell’impresa. Infine, in occasione di eventuali rimborsi, il sottoscrittore può esigere, nel contratto di sottoscrizione, un prezzo superiore al nominale del titolo, fondato sui rendimenti ottenuti in precedenza su tali titoli. Questo aumenta il tasso di retribuzione ottenuto dal sottoscrittore dei titoli partecipativi. Un bilancio mediocre dell’utilizzo del titolo partecipativo Oggi, a 30 anni dalla creazione del titolo partecipativo, il bilancio è positivo nella misura in cui esisteva in Francia uno strumento finanziario specializzato nella sua sottoscrizione. Invece, non è stato possibile, salvo in maniera assai marginale, mobilitare gli investitori. Tuttavia il coefficiente di rendimento interno di operazioni riuscite dovrebbe poter interessare investitori alla ricerca di un rendimento costante. È ovvio che uno dei motivi del successo era l’esistenza dell’IDES come strumento di mutualizzazione, che permette di distribuire i rischi dell’emissione di titoli su molte imprese. Oggi constatiamo che il titolo partecipativo viene impiegato in 3 casi. ▪▪ Quando l’impresa, in passato, ha ottenuto una redditività cospicua, ma ha distribuito sotto forma di partecipazioni la maggior parte dei propri ricavi, e dunque non ha costituito fondi propri in quantità sufficiente. Il titolo partecipativo è un modo, per un’impresa sana, di dotarsi di fondi propri. 162 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza ▪▪ Il caso di un’impresa che ha un forte piano di sviluppo con redditività importanti. Il titolo partecipativo è allora destinato a compensare gli importi dati dall’impresa con i fondi propri, evitando di utilizzarli tutti in un’operazione di espansione d’impresa, in particolare forti investimenti per i quali le entità finanziarie chiedono un’importante parte di fondi propri. I limiti dell’impiego del titolo partecipativo Tenuto conto della sua caratteristica di retribuzione limitata, il titolo partecipativo non è un buon strumento di assunzione di rischi. Questa richiede, infatti, di ottenere forti plusvalenze quando si ha successo per compensare le perdite in caso di fallimento. Il titolo partecipativo non rappresenta dunque un buono strumento per sviluppare la creazione d’impresa. Invece è molto interessante e utile per finanziare la crescita esterna o per crescere rapidamente quando le prospettive di mercato sono soddisfacenti. Per via dei limiti del titolo partecipativo, non possiamo trascurare le soluzioni di rilevamento di un’impresa da parte di una cooperativa sotto forma di SA (société anonima) classica, la cui trasformazione in cooperativa si verifica soltanto al termine di un determinato periodo di tempo. Questo schema di rilevamento è sopra descritto. I titoli partecipativi hanno le caratteristiche dei fondi propri Per avere natura di fondi propri, indispensabile viste le regole contabili, e permettere alle società finanziarie di far rientrare questo titolo d’investimento in categorie esistenti, il titolo partecipativo ha la caratteristica di fondo proprio, cioè il sottoscrittore non può esigerne il rimborso. È possibile un rimborso solo su iniziativa dell’emittente e dopo un periodo minimo di 7 anni. Come ogni valore mobiliare, esso è liberamente trasferibile e negoziabile sui mercati. L’esistenza di una retribuzione fissa minima e di un complemento variabile 163 PROOF ▪▪ La terza ragione per utilizzare il titolo partecipativo è forse la più interessante. Si tratta di apportare a un’impresa cooperativa che realizza un’operazione di crescita esterna i fondi propri che le servono per evitare il sempre rischioso ricorso a un forte indebitamento. Infatti, va ricordato che il titolo partecipativo non è un indebitamento nel senso che il sottoscrittore non può ottenerne il rimborso. È dunque importante per la cooperativa acquirente, in caso di crescita esterna, disporre di veri fondi propri e non di fondi provenienti da prestiti per potere assumere i rischi della crescita. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese indicizzato per tale titolo partecipativo può far ottenere una redditività sufficiente. L’indicizzazione scelta non può essere l’utile o il ricavo netto, ma un indicatore dei risultati operativi, definito in occasione della stipulazione del contratto d’emissione. Si tratta generalmente di “cash-flow”. É essenziale che questo indicatore venga calcolato ogni anno. PROOF Poiché i titoli partecipativi sono fondi propri, beneficiano della garanzia pubblica dei fondi propri delle imprese, gestita da OSEO, ente pubblico di garanzia finanziaria per i prestiti bancari e contributi finanziari concessi alle imprese. Questa garanzia è data agli intermediari finanziari specializzati e alle banche che investono nei fondi propri delle imprese. Tuttavia, come è normale che sia per il capitale di rischio, la garanzia di OSEO è limitata nel tempo, nell’importo e, soprattutto, è orientata alla creazione d’imprese. Le regole d’emissione del titolo partecipativo È l’assemblea generale degli azionisti - o dei soci nella cooperativa - che decidono di emettere tale titolo. È la stessa assemblea generale che decide la retribuzione fissa, ed è infine questa assemblea generale che rileva ogni anno l’importo variabile aggiuntivo indicizzato su un indicatore dei risultati operativi. Uno statuto fiscale interessante Nel diritto francese, la retribuzione del titolo partecipativo è assimilata a quella delle obbligazioni convertibili. Si tratta fiscalmente della retribuzione di un credito. È dunque un onere di gestione e non un dividendo, nei limiti identico a quello delle obbligazioni convertibili. Un rendimento elevato Il titolo partecipativo ha dimostrato i suoi vantaggi, poiché oggi i rimborsi che avvengono su iniziativa dell’emittente producono un coefficiente di rendimento interno, cioè annuo, calcolato al momento del rimborso, superiore al 10% quando vi si aggiunge, al tasso versato tutti gli anni, il prezzo aggiuntivo previsto nel contratto, in occasione del rimborso. La retribuzione fissa, tenuto conto del rischio assunto, è fissata al tasso medio delle obbligazioni più un margine che va dall’1,5 al 3,5%. L’importo variabile aggiuntivo indicizzato sui risultati aziendali aggiunge circa il 3% quando il cash-flow è raddoppiato. Infine, il rimborso è effettuato con un premio che si 164 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza aggiunge all’importo nominale, in funzione dell’evoluzione del cash-flow, per tutta la durata di proprietà dei titoli partecipativi. 2.2.2. Gli altri titoli di fondi “quasi-propri” Il certificato cooperativo Il certificato cooperativo di socio, creato nel 1992 Titolo senza diritto di voto, ma dotato di un diritto sull’attivo netto. È riservato ai soci ed ha permesso alla Caisse Nationale du Crédit Agricole di acquisire il 20% del capitale delle Casse Regionali. Le quote sociali con vantaggi speciali, creato nel 1992 Queste quote sociali dette B sono riservate all’uso esclusivo dei soci che dunque devono avere necessariamente sottoscritto delle quote A. Tali quote B il cui importo unitario è ben più importante delle quote ordinarie, beneficiano normalmente di una retribuzione superiore a queste e rappresentano, ad es. per il Crédit Mutuel, una parte sostanziale del totale dei fondi propri. La legge ha dato base legislativa a una pratica statutaria preesistente. Le quote sociali con dividendo prioritario Con la stessa legge del 13 luglio 1992 sono state create delle quote con dividendo prioritario, cioè quote senza diritto di voto suscettibili di essere sottoscritte o acquisite dai soci non cooperatori o da terzi non associati e per i quali la scelta di sottoscriverle è legata al fatto che l’interesse è prioritario e che i titolari di tali quote, quando vi sono utili, hanno inizialmente diritto a un importo minimo garantito. Tali quote non sono state utilizzate. La rivalutazione delle quote sociali La legge del 1992 ha creato la possibilità, per le cooperative, di rivalutare le 165 PROOF È un titolo mobiliare senza diritto di voto, ma che, ed è la sua originalità, dà un diritto sull’attivo netto dell’impresa emittente nella proporzione del capitale che rappresenta, ma col limite del 50% dell’attivo. Solo Crédit Agricole l’ha utilizzato per ora, poiché era il solo per il quale questo diritto sull’attivo netto potesse essere garantito dall’esistenza di un vero mercato alimentato e gestito da Crédit Agricole stesso. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese quote sociali con incorporazione parziale delle riserve col limite del 50% delle riserve attuali il primo anno e il 50% dei ricavi annui poi. Tale possibilità non è stata utilizzata. L’intervento di capitali esterni. I soci esterni PROOF La legge del 1992 ha aperto il capitale delle cooperative agli investitori esterni. Questi investitori non sono utenti della cooperativa e possono diventare associati con un diritto di voto proporzionale al capitale detenuto nel limite del 35% del totale dei diritti di voto, anche se possono detenere il 49% del capitale, che significa che possono detenere la minoranza di blocco, quella che permette di far sì che nessuna modifica statutaria intervenga nella cooperativa nella quale hanno investito senza il loro accordo. Per facilitare l’arrivo di fondi propri da parte di altre cooperative, si noti che la legge del 1992, con l’idea di consentire la costituzione di veri e propri gruppi cooperativi, aveva alzato al 49% il limite di proprietà del capitale e dei diritti di voto quando un investitore è una cooperativa. Ciò permetteva, secondo il modello classico cooperativa madre/filiali di costituire gruppi cooperativi. Infine, vi è sempre la possibilità per una SCOP di detenere la maggioranza dei diritti di voto in un’altra SCOP per 10 anni. Infatti, 2 articoli di 2 leggi diverse permettono tale soluzione organizzativa. ▪▪ L’articolo 25 della legge del 1978 permette a una SCOP madre di detenere per 10 anni oltre il 50% dei voti nella filiale. Prevede una rappresentazione collettiva dei soci della madre nella filiale dando alla madre tanti voti nella filiale quanti soci dipendenti essa ha, ma limita tale possibilità per tenere conto del principio sancito dall’articolo 1. della legge del 1978 (le SCOP sono gestite dai loro soci dipendenti) riducendo, eventualmente, i voti della madre nella filiale al numero dei soci dipendenti della filiale. Dunque, si constata che la madre può, dopo 10 anni, detenere fino al 50% dei voti della filiale. ▪▪ Il nuovo articolo 3 bis della legge del 1947 modificato dalla legge del 1992 introduce nei sistemi cooperativi la possibilità di dare a soci investitori i voti proporzionali al loro capitale. Ma per rispettare il principio dell’articolo 1. della legge del 1978, la percentuale di voti in Assemblea generale è limitata al 35% se si tratta di investitori classici e fino al 49% per una cooperativamadre. Tuttavia, si prevede che nel caso specifico delle SCOP, se il capitale di una SCOP è detenuto per più del 50% da soci non dipendenti, il regime dell’articolo 25 si applica (oltre il 50% del capitale della figlia per 10 anni). 166 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza D’altra parte, l’articolo 3 bis ha consentito di allargare molto il raggio d’azione dei soci esterni con voto proporzionale poiché le condizioni restrittive precedenti sono state eliminate, così da permettere a una SCOP madre di intervenire in una SCOP figlia fin dalla creazione, cosa prima impossibile. Si noti che il limite del 35% conferisce una minoranza di blocco mentre il restante 65%, che è detenuto da una serie di soci, dà in realtà il potere all’investitore esterno. Questo lo si è visto in molti casi di editori di giornali in forma di cooperative di produzione, dove molto rapidamente l’editore è diventato il padrone delle decisioni. 3.1. I fondi propri derivati dal movimento cooperativo Per sfruttare bene tutti questi strumenti, la Confederazione Generale delle SCOP ha ora degli strumenti propri. SOCODEN è il principale strumento di finanziamento interno al movimento delle cooperative di lavoro associato, alimentato dai contributi delle cooperative. Ha anche elaborato un sistema di prestito personale ai soci delle cooperative in sostituzione delle sottoscrizioni di capitale sociale: vale a dire che i cooperatori, con tale prestito personale, anticipano gli importi che devono apportare ogni anno al capitale, in virtù delle disposizioni statutarie delle cooperative. I prestiti sono concessi dal Crédit Coopératif. Il movimento cooperativo ha dovuto, per consolidare e completare i mezzi di cui dispone, creare, con il contributo di partner finanziari vicini, una gamma differenziata di strumenti per soddisfare le principali necessità di finanziamenti a lungo termine. Si tratta di società regionali di garanzia create con il sostegno del Crédit Coopératif, che realizza un centinaio di operazioni l’anno, le strutture SOFISCOP Ouest e SOFISCOP Sud-est. SOCODEN interviene spesso in collegamento con la società SPOT, che è stata creata congiuntamente dalla Confederazione Generale delle SCOP e il Gruppo ESFIN per apportare fondi propri a piccole imprese. La società SPOT interviene principalmente in titoli partecipativi in aggiunta ad altre strutture come France, che come SPOT sono dotate di capitali interni 167 PROOF 3. GLI STRUMENTI PER IL FINANZIAMENTO IN FONDI PROPRI E QUASIFONDI PROPRI DELLE COOPERATIVE Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese o solidali che possono accettare una scarsissima redditività. SPOT interviene principalmente per piccoli importi dove l’IDES, tenuto conto dei propri costi operativi e della struttura del suo capitale, interviene di rado. La specificità di SPOT è soprattutto quella di portare operazioni di acquisizione e di trasformazione di imprese in SCOP, cosa che più ci interessa nel quadro di questo studio. 3.2. Uno strumento per sottoscrivere titoli partecipativi: l’Istituto di Sviluppo dell’Economia Sociale (IDES) PROOF La creazione dell’IDES Per permettere la sottoscrizione di un titolo partecipativo, in Francia si è creato l’Istituto di Sviluppo dell’Economia Sociale. Infatti, per permettere di lanciare sul mercato il titolo partecipativo è parso necessario al contempo mobilitare capitali destinati principalmente a sottoscrivere titoli partecipativi. Così è stato creato l’IDES nel 1983, con un metodo originale poiché associa i principali enti finanziari dell’economia sociale: le banche cooperative, le mutue assicuratrici, le federazioni cooperative, le mutue, oltre allo Stato. L’IDES s’inserisce dunque in un approccio di mutualizzazione delle risorse, i suoi azionisti non si aspettano rendimenti importanti ma una gestione sana ed equilibrata che permetta di ottenere le risorse necessarie per proseguire l’attività tenuto conto delle caratteristiche dei suoi prodotti. L’IDES è stato dotato all’inizio della sua esistenza di un capitale di 9 milioni di euro, elevato poi a 15 e quindi a 30 milioni nel 2002 ed è attualmente oggetto di un nuovo aumento di capitale. Dalla sua origine, l’IDES ha per statuto due obiettivi: ▪▪ Apportare fondi propri alle imprese dell’economia sociale o alle loro filiali sotto forma di titoli partecipativi o obbligazioni convertibili in azioni. ▪▪ Su richiesta dello Stato, realizzare missioni d’interesse pubblico che puntino a creare situazioni favorevoli allo sviluppo del settore dell’economia sociale e ad agevolare l’accesso delle imprese a nuovi mercati. Pertanto, lo Stato ha sempre conservato una percentuale intorno al 26%, essendo il resto del capitale posseduto sia da enti di Stato (la caisse des dépôts et consignations il 10%), sia da enti a vocazione finanziaria dell’economia sociale (banche cooperative e mutue assicuratrici). 168 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza L’IDES nel conferimento di capitali propri Le società di capitale di rischio tradizionali cercano soprattutto di aumentare il valore de propri investimenti. Sono quindi reticenti a investire nelle imprese dell’economia sociale nelle quali quest’obiettivo non può essere raggiunto. L’IDES è l’unica società di capitale di rischio in grado d’intervenire con importanti fondi propri dell’economia sociale e di sottoscrivere titoli partecipativi o obbligazioni convertibili in azioni. Gli interventi dell’IDES Al 31 dicembre 2009, partecipava a 105 imprese per un valore netto di 20.438 euro. Inoltre, i partner SOFICATRA e SPOT partecipano con essa per un valore di 3,8 milioni di euro in una dozzina di operazioni. L’importo medio degli investimenti dell’IDES nelle cooperative di lavoro associato (SCOP) resta inferiore a 200.000 euro. È più alto per le cooperative di commercianti o reti tipo BIOCOOP. Le poche eccezioni riguardano operazioni di crescita esterna per le quali l’importo richiesto può raggiungere un milione di euro. Per la metà degli investimenti, l’IDES finanzia le imprese nelle loro operazioni di espansione. Il 40% della sua esposizione finanziaria va in operazioni più rischiose di creazione, ristrutturazione e rilevamento d’impresa. Infine, l’8% riguarda operazioni di trasmissione d’impresa. 3.3. Gli strumenti creati dall’IDES SOFINEI Sofinei è stata creata nel 2005, per utilizzare le disposizioni favorevoli all’investimento nell’economia sociale, ed è destinata al finanziamento delle imprese d’inserimento, che, in Francia, a differenza dell’Italia, non sono in genere delle cooperative di lavoro associato, ma i cui principi d’azione vi si avvicinano. Le sue risorse vengono da un appello al pubblico risparmio. SOFINEI, come l’IDES, consente una mutualizzazione dei rischi. 169 PROOF In 27 anni d’azioni a favore dell’economia sociale, l’IDES ha investito 59,95 milioni di euro in 403 imprese di questo settore, di cui 280 cooperative di lavoro. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese COOPEST COOPEST è un fondo di sviluppo a favore dei paesi che hanno appena aderito all’Unione Europea o si accingono a farlo presto, creato nell’ottobre 2005 a Bruxelles. E una società per azioni d’investimento di diritto belga, e opera con i paesi dell’Europa centrale e orientale. PROOF Le cooperative, mutue, associazioni, fondazioni e le altre imprese dell’economia sociale di questi paesi faticano ad ottenere capitali di lungo termine privati e pubblici a causa della debolezza della loro struttura finanziaria. La missione di COOPEST è dunque di dar loro un sostegno finanziario a lungo termine, in particolare sotto forma di prestiti subordinati, assimilabili a fondi propri. COOPEST dispone di 30 milioni di euro, e gli investimenti attuali di COOPEST sono per lo più diretti a istituti di microcredito professionale la cui vocazione è sostenere piccoli progetti in regioni poco sviluppate degli Stati che hanno aderito all’Unione europea negli anni 2000 o in quelli che sono attualmente in via d’adesione. SICOOP: UN IDES CATALANO SICOOP: Società d’Investimenti in Progetti Cooperativi di Crescita. La SICOOP ha sede a Barcellona e investe in progetti di sviluppo e creazione d’imprese dell’economia sociale di qualsiasi settore in Catalogna, tranne il settore immobiliare e finanziario. Interviene, preferibilmente per periodi quinquennali, con importi compresi tra 300.000 euro e 1.500.000 euro, e con partecipazioni non che possono superare il 50% circa di 3,4 milioni di euro per 3 imprese. 3.4. L’accesso alle garanzie Per quanto concerne le garanzie, il movimento cooperativo dispone, attraverso SOFISCOP, di un concreto strumento di garanzia, in particolare per il Crédit Coopératif, ma gli importi sono relativamente bassi. Invece tutti i crediti bancari concessi alle cooperative possono beneficiare della stessa garanzia dei prestiti concessi a tutte le imprese tramite SOFARIS, società francese d’assicurazione del rischio, uno strumento pubblico che si offre come garante all’insieme dei creditori e, a determinate condizioni, ai finanziatori di capitali. 170 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza 4. CRESCITA, ANTICIPARE IL CAMBIAMENTO E LA SOPRAVVIVENZA DELL’IMPRESA La trasmissione del patrimonio è una preoccupazione costante dei dirigenti aziendali. Numerosi finanziatori si interessano a questo mercato che, prima della crisi del 2007, sembrava una terra promessa con prospettive di rendimento finanziario notevolissime. In tale contesto, la trasmissione di un’impresa sotto forma di cooperativa era un’alternativa poco usata. Tuttavia l’analisi delle cifre sulla durata prevedibile di tali trasmissioni, come figurano nella prima parte, incita ad essere ottimisti se li si raffronta con i risultati ottenuti in dalle trasmissioni convenzionali. Alcune imprese economicamente forti hanno un problema importante a causa dell’assenza di una persona che prenda in mano il timone. In tali condizioni, l’ipotesi di una conversione dell’impresa in cooperativa è prevista per garantire tale successione. 4.1.1. Perché vendere l’impresa? ▪▪ Gli eredi attuali o potenziali dell’impresa ritengono di aver interesse a vendere a caro prezzo l’azienda per ottenere un risultato in fatto d’eredità. ▪▪ Lo stesso dirigente d’azienda desidera valorizzare il proprio patrimonio e pensa che vendendo l’impresa farà un affare migliore. Si tratta semplicemente di sapere in quale caso tale fenomeno di successione può portare alla creazione di una cooperativa. 4.1.2. Perché scegliere di creare una cooperativa per garantire il trasferimento? Ci sembra di poter avanzare tre motivazioni principali: ▪▪ Il primo motivo è che, se il dirigente d’azienda desidera vendere la sua impresa al prezzo di mercato, può pensare che vendendola a persone che la conoscono perfettamente egli potrà ottenerne il prezzo auspicato. Tale versione delle cose è legata al fatto che oggi, dopo avere vissuto un periodo molto positivo, il rilevamento dell’impresa sotto forma di leveraged buy-out (LBO) non consente più, tenuto conto delle prospettive congiunturali, di ottenerne forti guadagni. Infatti, le banche si dimostrano sempre più caute sulla LBO 171 PROOF 4.1. Trasferimento di un’impresa senza successore Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese sia a causa delle stime esagerate sul valore dell’impresa sia dell’eccessivo indebitamento. D’altra parte, l’arrivo di nuovi dirigenti in una struttura che è oggetto di una LBO non costituisce un risultato molto positivo. ▪▪ L’altra possibilità è che l’impresa non ha di per sé un forte valore in assenza del suo creatore e che il mantenimento di tale valore dipende dalla capacità dell’acquirente di conservare il “know-how” e i mercati, e solo in certi casi i lavoratori dipendenti possono garantire il mantenimento di detto valore. PROOF ▪▪ C’è una terza possibilità: la cessione ai dipendenti per evitare di vendere a un concorrente. Perché il dirigente aziendale, quando desidera cedere, non ha voglia di vedere il frutto del suo lavoro passare nelle mani di un concorrente, come spesso succede per le imprese convenzionali. Nei tre casi previsti è il dirigente aziendale che prende l’iniziativa della trasformazione. Questa dipende dalle informazioni di cui può disporre quest’ultimo per scegliere tra le diverse possibilità che gli si offrono per valorizzare il proprio patrimonio. 4.1.3. La trasformazione in cooperativa è complessa Uno dei dirigenti attuali deve restare nell’impresa per garantire la transizione? L’esperienza dell’IDES mostra che questo schema, previsto in partenza, all’atto pratico non funziona bene. Al contrario, sembra necessario che il dirigente attuale garantisca una transizione breve in aree precise, ad es. il marketing diretto o la stesura dei preventivi, se era lui a svolgere questa funzione, ma la transizione deve essere brevissima e l’impresa stessa deve produrre o trovare all’esterno nuovi dirigenti capaci di dare un orientamento nuovo a questa impresa. Sembra infatti che il dirigente che cede abbia voglia di fare altro con le somme ricavate dalla vendita. D’altra parte, è importante che possa approvare o in ogni caso aiutare a scegliere i dirigenti futuri. È infatti l’unico a conoscere i vincoli del mercato a cui si rivolge l’impresa. L’assenza di azionisti esterni Con la trasformazione in cooperativa, l’impresa non è più sottoposta alla volontà degli azionisti esterni come la famiglia, o non deve sostenere importanti oneri d’impresa legati all’esistenza di posti di lavoro “protetti”. Se questo è davvero il caso, la trasformazione sarà utile e più sostenibile perché gli utili non saranno più distribuiti ad azionisti esterni e resteranno quindi a disposizione dell’impresa. 172 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza L’assenza di distribuzione di dividendi ad azionisti esterni sembra essere un elemento importante nella motivazione dei dipendenti-acquirenti, grazie soprattutto al sistema di partecipazione sopra descritto. Ma l’assenza di sguardo esterno e di vincoli finanziari comporta anche il rischio di privilegiare i dipendenti all’investimento. La legge del 1992 ha tentato, con l’introduzione degli azionisti esterni, di ovviare a tale rischio, purtroppo senza riuscirvi. Si può salvaguardare l’occupazione? Il sistema di finanziamento Quest’ultimo è tanto più facilitato dalle banche quanto la supervisione dell’impresa rimarrà nell’ambito della cooperativa. D’altra parte, a causa dell’esistenza dei meccanismi di partecipazione, il finanziamento, anche mediante indebitamento, è facilitato, poiché gli utili possono essere mobilitati a condizioni fiscali abbastanza soddisfacenti. Il finanziamento per indebitamento o con capitali propri assimilati, che richiede un rimborso delle somme prese in prestito, è quindi meno caro rispetto al caso di un rilevamento classico. L’utilizzo del titolo partecipativo consente l’accesso a capitali esterni, in particolare perché quest’ultimo, quando è sottoscritto dall’IDES, offre un più facile accesso ai capitali esterni alleati dei movimenti cooperativi, in questo caso il Crédit Coopératif che è spesso capofila di una cordata con altri istituti finanziari. D’altra parte, è bene ricordare che la retribuzione del titolo partecipativo è un onere di gestione e non la distribuzione di un risultato. Infine, poiché esiste un sistema di finanziamento specifico per le cooperative di produzione, le Unioni regionali che garantiscono la supervisione dell’operazione di rilevamento possono trovare più facilmente il finanziamento necessario, e sanno di poter mobilitare risorse importanti, se vengono dimostrate le prospettive di guadagno. 173 PROOF Sembra che in molti casi la motivazione essenziale del venditore a favore di una soluzione cooperativa risieda nella continuità dei posti di lavoro e nel loro mantenimento in zone in cui, se l’impresa dovesse licenziare, le persone faticherebbero a trovare un nuovo posto di lavoro. Ma ciò può portare, dopo la trasformazione, a mantenere troppo personale. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese 4.1.4. I differenti processi di trasformazione Nel mondo cooperativo francese esistono due differenti modalità di trasformazione in cooperativa: il rilevamento da parte di una cooperativa di lavoro associato e il mantenimento sotto forma di filiale prima di un’eventuale trasformazione, o la costituzione di un gruppo di fatto con una cooperativa madre e una o più filiali esse stesse cooperative non ancora autonome. A queste due soluzioni tradizionali se ne aggiunge una terza più recente: la creazione di una holding di rilevamento dell’azienda. PROOF a) Il rilevamento da parte di un’altra cooperativa di lavoro associato Ciò consiste nell’acquisizione dell’impresa da parte di una cooperativa esistente, il che non comporta necessariamente la trasformazione immediata in cooperativa, che può essere rinviata a un momento successivo. La creazione di una o più filiali SCOP risponde a obiettivi precisi di sviluppo esterno: ▪▪ acquisizione di un’impresa trasformata in filiale, anziché integrata nella cooperativa acquirente; ▪▪ ingresso in un mercato nuovo quando sembra preferibile non integrare la diversificazione nelle attività preesistenti in modo da non far correre rischi eccessivi alla SCOP iniziale; ▪▪ ricerca di costi ottimali a livello dell’insieme madre più filiale, pur preservando la flessibilità di una dimensione più ridotta di ciascuna realtà; ▪▪ spin-off di un’attività già esistente per associarvi altri partner ai sensi dell’articolo 3 bis della legge del 1947 perché il loro ingresso nella SCOP madre non sarebbe possibile o auspicato. Comunque, la SCOP madre obbedirà ad una motivazione strategica: i rischi sono tali che la SCOP madre dovrà agire come le società-madri classiche, privilegiando il potere datogli dalla sua partecipazione al capitale, mantenendo la partecipazione dei dipendenti della filiale entro limiti tali che il potere della madre non sia esposto a rischi di dissenso. A lungo si è pensato che l’impresa così rilevata sotto forma di filiale di cooperativa si sarebbe poi trasformata in cooperativa. Ma non è così, e si constata che nella maggioranza dei casi la filiale rimane una filiale di diritto comune. 174 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Il risultato è che, nel caso di piccolo rilevamenti, l’impresa è generalmente integrata alla cooperativa acquirente. Quando si tratta di cooperative più grandi che sono ricorse ampiamente a capitali esterni, esse rimangono sotto forma di filiale. Questo è tanto più vero quando, per il finanziamento del rilevamento, si è fatto ricorso, per i fondi propri della filiale società per azioni, a capitali classici. I contributori hanno voglia loro stessi di valorizzare il loro intervento. b) La costituzione di un gruppo con una cooperativa madre e delle cooperative filiali È per questo che occorre studiare in modo più attento l’approccio detto del “gruppo di solidarietà” che è quello che attualmente ha permesso lo sviluppo in Francia della banca cooperativa Crédit Mutuel, ed è anche l’approccio dei gruppi paritetici italiani, esaminati nel capitolo 1. Quest’approccio del gruppo di solidarietà dimostra che è possibile creare strumenti che non si limitino al solo capitale. Infatti, per creare solidarietà reciproche, si possono mettere in comune dei mezzi, delle persone, delle funzioni specifiche o delle risorse mediante contratti tra i diversi soggetti interessati che fan sì che l’insieme possa essere governato sotto forma di gruppo senza che vi siano, peraltro, legami capitalistici tra le strutture. c) La creazione di una holding di rilevamento L’IDES ha immaginato un iter nuovo che si applica a grandi trasformazioni. L’organizzazione del rilevamento avviene secondo 3 modalità cumulate: La società rilevata è filiale al 100% di una holding detenuta in via maggioritaria dalla cooperativa La filiale è, in questo modo, controllata di fatto dalla cooperativa, ma la ricerca di un effetto leva è garantita dalla partecipazione di partner finanziari minoritari. Si procede a un indebitamento massimo della holding compatibilmente con le capacità di risalita dei dividendi alla holding che rileva. Il passaggio dai beni della holding consente di limitare la quota di fondi propri che la SCOP mobiliterà per questo rilevamento. La prima tappa verso un’uscita sotto forma di cooperativa dipende dal rimborso dell’indebitamento della società holding 175 PROOF In diritto francese è molto difficile o impossibile dopo dieci anni (legge sulle SCOP) organizzare un gruppo cooperativo nel quale le cooperative stesse deleghino delle competenze alla società madre per garantire una gestione dell’insieme. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese presso i partner bancari grazie alle risalite di dividendi, cercando un costo fiscale il più basso possibile. Uscita degli investitori Dopo il rimborso del debito d’acquisizione l’uscita è oggetto di un protocollo nel patto di azionisti quando i finanziatori entrano con la cooperativa nella holding di rilevamento. La cessione delle quote detenute dagli investitori finanziari si fa obbligatoriamente alla cooperativa che detiene il 100% della holding. PROOF Fusione della società holding e della società che rileva La società rilevata diventa una filiale della SCOP che può procedere come vuole, sia a una fusione di questa società a sé stessa, sia mantenendo una filiale al 100% nelle condizioni indicate prima, cioè per 10 anni, dopodiché occorrerà cedere per gradi - ma ciò è del tutto possibile –le quote sociali ai lavoratori dipendenti che possono detenere, a regime, soltanto il 34% della filiale. 4.1.5. I rischi della trasformazione in cooperativa Un indebitamento che può essere elevato Nella pratica, indipendentemente dal sistema usato, e tenuto conto della limitata disponibilità di fondi propri da parte degli acquirenti, che si tratti delle cooperative per una filiale o direttamente dei lavoratori dipendenti che diventano soci, vi sono debiti elevati che, indipendentemente dalla durata, vanno necessariamente rimborsati un giorno. L’impresa deve dunque badare a costituirsi dei fondi propri per ridurre rapidamente i propri coefficienti d’indebitamento. La perdita di clientela La clientela può essere molto legata al predecessore ed il rischio per i clienti è di veder peggiorare la qualità del prodotto. Tuttavia questo fattore oggi non sembra determinante, nella misura in cui, eccetto nel settore dei servizi, è l’apparato produttivo a sembrare determinante. Una redditività aleatoria Il terzo rischio è che la precedente redditività non si mantenga nel futuro, in 176 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza particolare in relazione alla congiuntura economica e agli attuali mutamenti di settore. Questa redditività, già ridotta per i potenziali investimenti visto l’indebitamento del rilevamento, dev’essere quindi più alta che in un’impresa tradizionale. Ma la concorrenza è tale che oggi sono le imprese meno indebitate ad attraversare la crisi con minori difficoltà. La questione della dirigenza 4.1.6. I fattori chiave di successo Un risparmio esistente I dipendenti di parecchie imprese convenzionali possiedono fondi di partecipazioni che possono utilizzare e dunque dispongono di un risparmio preliminare. Invece, i tentativi fatti per preparare la trasmissione costituendo un risparmio preliminare prima del rilevamento non hanno dato frutti. Il diritto francese non contempla dispositivi particolari per consentire ai dipendenti di rilevare la propria impresa se si tratta di un’impresa sana. Invece, se si tratta di un’impresa in crisi, esistono dispositivi speciali che prevedono l’ottenimento di bonus importanti che possono essere capitalizzati. La natura dei settori interessati L’esperienza mostra che le operazioni di trasmissione sono più facili da realizzare quando non c’è da mobilitare molti capitali. E così, attualmente si verificano una serie di trasmissioni di imprese nel settore dei servizi. Il valore dell’impresa dipende in gran parte dai contatti professionali del proprietario e dalle sue capacità relazionali. Dunque, le trasformazioni in cooperative sono tanto più importanti quanti meno capitali i settori mobilitano. Le trasformazioni del settore della produzione I settori la cui evoluzione oggi è più favorevole sono quelli che investono più in 177 PROOF I lavoratori dipendenti sono poco preparati alla gestione e pertanto ricorrono spesso a un manager esterno, il cui inserimento può funzionare o no. Ecco perché, nel rilevare un’impresa senza successore, ma che ha incontrato difficoltà, l’esistenza di un leader sindacale oggi sembra, in base all’esperienza dell’IDES, del tutto essenziale. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese intelligenza umana che in capitali. Questa mobilitazione dell’intelligenza umana è agevolata dalla struttura cooperativa, poiché il rilevare un’impresa sotto forma di cooperativa è anzitutto un’avventura di gruppo più che individuale. Il prezzo di vendita PROOF Alcuni anni fa il quarto fattore agevolante sarebbe stato il prezzo di vendita. Ma oggi, quando avviene la trasformazione in cooperativa, esso rimane molto alto, e forse sarebbe anche più alto rispetto ad altri casi dal momento che l’impresa rilevata dai propri dipendenti è più di altre destinata a durare a lungo e, in particolare, i quadri dirigenti sono fortemente coinvolti in quest’acquisizione dall’interno. Conclusioni sulla trasformazione in cooperativa di un’impresa senza successore I fattori che agevolano la trasformazione di un’impresa in cooperativa non sono numerosi e ciò spiega certamente perché, almeno in Francia, questo rilevamento d’impresa sotto forma di cooperativa ha registrato un risultato fluttuante. Bisogna aggiungere che le organizzazioni professionali di PMI non hanno dato, dal canto loro, le sufficienti informazioni che avrebbe permesso di mettere in risalto in modo molto efficace la soluzione cooperativa. Questa responsabilità delle organizzazioni professionali, sicuramente causata dal disinteresse dei sindacati dei lavoratori dipendenti per la trasformazione in cooperativa, non costituisce un elemento favorevole. Infatti, in Francia, la tradizione sindacale non ha per tradizione un legame con le organizzazioni cooperative. Troppo spesso, le organizzazioni sindacali hanno vissuto la trasformazione in cooperativa come l’ultima soluzione per la sopravvivenza di un’impresa, quando le condizioni di finanziamento e di gestione del personale non sono in grado di creare un ambiente favorevole. L’assenza di legami con le organizzazioni sindacali di lavoratori dipendenti incide negativamente anche sul trasferimento delle imprese in cooperative. 178 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Le quattro caratteristiche di successo della trasformazione in cooperativa sono le seguenti: ▪▪ L’impresa era da un punto di vista finanziario in buona salute. ▪▪ I dirigenti, ex-proprietari, sono rimasti in azienda ma con la ferma volontà di accompagnare la crescita dalla cooperativa. ▪▪ I dirigenti dell’impresa restano dirigenti nella nuova cooperativa, senza che ci sia personale dirigente proveniente dall’esterno. 4.2. Il trasferimento di un’impresa in crisi sotto forma di cooperativa Si tratta di imprese che sono state messe in liquidazione o sono in procinto di esserlo, o che rischiano fortemente di esserlo per via della crisi: crisi di gestione, crisi settoriale, crisi economica generale o crisi specifica settoriale, e che per evitare di scomparire, si sono trasformate in cooperative, mediante il trasferimento di attività a una cooperativa di recente creazione. 4.2.1. Le principali ragioni possibili per la trasformazione in cooperativa di imprese in crisi sono: I problemi di gestione e di leadership Nell’esperienza dell’IDES, si rileva in particolare che la maggior parte delle imprese che sono state trasformate in cooperative, e che dopo qualche anno esistono ancora, avevano registrato problemi di gestione e di leadership sia perché i proprietari avevano trascurato la ricerca o l’investimento, sia perché le successioni familiari talvolta non si svolgono bene, e non sono sempre i più competenti a rilevare l’impresa; sia, infine, perché dinanzi ai mutamenti la direzione non ha preso a tempo debito le decisioni del caso. La trasformazione in cooperativa non è l’effetto di questi problemi gestionali, ma è soltanto una delle forme che l’impresa può assumere quando, al momento della liquidazione, i piani di acquisizione sono presentati in tribunale. 179 PROOF ▪▪ Gli utili aziendali consentono di finanziare la crescita e di distribuire quote partecipative e profitti tali da permettere ai dipendenti di rimborsare rapidamente le somme messe a loro disposizione per l’acquisizione dell’impresa. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese L’assenza di riserve L’impresa non aveva riserve sufficienti per affrontare gli inevitabili mutamenti. Questo motivo è assai diffuso nelle imprese familiari che non tentano di creare delle riserve, bensì di preservare alla meno peggio l’esistenza dell’impresa. Una crisi settoriale PROOF Essa implica notevoli tagli salariali e può far pensare che la trasformazione in cooperativa possa risolvere le difficoltà che hanno portato alla liquidazione o in ogni caso alle grandi difficoltà riscontrate. Sebbene la motivazione sembri essere importante, col passare del tempo non è sicuro che diventi un fattore di successo. Tuttavia, agli occhi dei tribunali la cooperativa presenta il vantaggio teorico di poter fare accettare ai dipendenti dei sacrifici salariali. Le strategie di delocalizzazione da parte di gruppi e fondi d’investimento La logica dell’economia finanziaria, che spinge gruppi e fondi d’investimento a chiudere stabilimenti non a causa di una crisi vera e propria, ma per realizzare margini superiori di guadagno, delocalizzando la produzione altrove, è uno scenario che si sta imponendo sempre di più. 4.2.2. Le trasformazioni che si producono sono le seguenti: Accettare mutamenti interni La possibilità, per i dipendenti diventati così proprietari dell’azienda, di accettare cambiamenti di modi di produzione resi necessari dalle evoluzioni settoriali è un’alternativa che potrebbe presentarsi sempre più spesso in relazione ai grandi mutamenti che il mondo della produzione industriale ha registrato negli ultimi anni. I lavoratori dipendenti sono suscettibili di accettare più facilmente sacrifici, o un piano sociale, rispetto a quanto avrebbero accettato se la trasformazione non fosse avvenuta. Ma sembra difficile avere una buona leadership, capace di far capire ai dipendenti che questi sacrifici sono indispensabili. Ciò pone l’interrogativo dell’arrivo in azienda di un dirigente che sia accettato dai soci, e che questo piano sociale sia attuato da una persona che abbia sufficiente capacità di convinzione, per far sì che i dipendenti abbiano fiducia nella pertinenza dei sacrifici che vengono loro richiesti. 180 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Il risultato dei sacrifici fatti è tangibile I soci vedono rapidamente i risultati dei sacrifici fatti attraverso l’aumento dei fondi propri che permettono alla cooperativa appena nata di accumulare del capitale. Sarà necessario fare anche in modo che i lavoratori possano rapidamente ricevere i rimborsi. L’interesse della trasformazione in cooperativa risiede nel poter garantire una quota molto più importante d’investimento che in un’impresa tradizionale mediante l’autofinanziamento e quindi di rassicurare le banche sulla perennità dei loro investimenti. Ciò vale soprattutto quando l’impresa è di piccole dimensioni e non ha richiesto un piano di finanziamento del rilevamento sotto forma di un LBO descritto sopra. È vero che l’esistenza di una rete di finanziamento legata al movimento rende anche più credibili gli interventi presso le banche sollecitate. La seconda ragione agevolante è l’assenza di retribuzione degli azionisti e l’esistenza del titolo partecipativo che con l’autofinanziamento permette una migliore capitalizzazione degli utili. L’esistenza di un sistema di finanziamento autonomo permette di non essere interamente dipendenti dai creditori tradizionali e dunque di riassicurare più facilmente le banche. Infine, e a patto che il piano sia rispettato e che i dipendenti siano d’accordo, l’impresa così rilevata registrerà una maggiore resistenza alla crisi grazie all’utilizzo degli utili per una migliore capitalizzazione, a solo vantaggio dell’impresa e con l’accordo dei soci. Un incentivo pubblico Un elemento favorevole alla trasformazione in cooperativa è l’esistenza di importanti misure da parte dello Stato, non soltanto attraverso i titoli partecipativi, ma anche attraverso una serie di dispositivi, a disposizione delle cooperative, destinati a favorire la creazione d’impresa, che si tratti di creazione ex novo o creazione a partire da un rilevamento. Ad esempio, esiste un dispositivo che esonera l’impresa rilevata dagli oneri sociali per un anno. Ma la cosa più importante è che tramite la creazione della cooperativa vi è una mutualizzazione dei sussidi ricevuti da parte di ogni persona, se si è stati ed esempio licenziati, e che questa mutualizzazione permette di costituire fondi propri non trascurabili. Esiste tuttavia un limite per i grandi rilevamenti, poiché la somma totale dei sussidi ha una soglia massima, per via della regolamentazione europea. Lo Stato francese ha tendenza a liberarsi gradualmente di questo sistema, che sono ora le Regioni a riprendere in mano. 181 PROOF Favorire l’autofinanziamento Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese Rilevare un’impresa costituisce un’importante opportunità di cambiamento La trasformazione in cooperativa e le sue possibilità di successo si giustificano se il rilevamento è seguito da effettivi cambiamenti. Se il nuovo dirigente lavora bene, è l’occasione per mobilitare di nuovo i dipendenti. Detto ciò, la storia mostra che tale mobilitazione ha un limite di circa due anni durante i quali l’energia è presente ma tende progressivamente a stemperare. Pertanto, se dopo due anni, l’impresa non è rimessa in piedi, l’entusiasmo iniziale tenderà ad attenuarsi rapidamente. PROOF L’effetto rete In realtà, il motivo fondamentale per il successo di un rilevamento sotto forma di cooperativa è di certo ciò che si chiama l’effetto rete, che consiste nell’esistenza di un ambiente di consulenza e di un dispositivo finanziario importante che permette agli acquirenti di andare al Tribunale di Commercio e presentare un piano di rilevamento, sempre accompagnati da specialisti legati al movimento cooperativo. Quest’effetto rete che si sviluppa particolarmente in alcune regioni francesi attorno alle Unioni Regionali delle Cooperative e mostra tutta la sua efficacia durante le crisi settoriali, quando le PMI male capitalizzate hanno faticato a sopravvivere, e le trasformazioni di queste imprese in cooperative hnno rappresentato una soluzione molto apprezzabile. Tale effetto rete non si ritrova al di fuori del mondo delle cooperative, poiché non poggia sulla stessa volontà che contraddistingue le cooperative nel difendere le proprie specificità, Questo effetto si esprime anche nella volontà di disporre di propri strumenti di finanziamento. Per creare questi strumenti, le cooperative di lavoro associato e i loro soci accettano un sacrificio finanziario importante, tale da permettere un accumulo di capitale mutualizzato. È grazie a questo capitale che il movimento cooperativo, attraverso i suoi strumenti , può partecipare, accanto ad investitori quali l’IDES, al rilevamento di imprese in crisi, accettando un tasso di rischio più alto di quanto potrebbe accettare un investitore convenzionale. 4.2.3. I rischi di una trasformazione in cooperativa Il tempo Nella maggior parte dei casi, la trasformazione in cooperativa si realizza quando mancano altre soluzioni e non deriva da una vera e propria scelta ma soffre, 182 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza più di ogni altra cosa, di un intervento troppo posticipato nel tempo, durante il quale la situazione si è fortemente degradata, i clienti sono partiti e, in molti casi, i migliori lavoratori dipendenti anche. Va inoltre notato che, spesso, i potenziali acquirenti presenti in Tribunale di Commercio non hanno fretta di presentare le proprie proposte perché la maggior parte di loro non vuole rilevare l’intera impresa coi suoi lavoratori ma soltanto l’attività commerciale e, quindi, il fatto che la situazione economica peggiori incide solo parzialmente sul valore commerciale dell’impresa, mentre ha grandi ripercussioni sulla possibilità di mantenere tutti i lavoratori. La questione essenziale, se una buona parte dell’aiuto finanziario proviene dagli strumenti del movimento cooperativo, sta nella disponibilità delle risorse finanziarie necessarie per le operazioni di rilevamento. La carenza di capitali propri, che può essere in parte compensata dall’intervento d’imprese quali l’IDES, dipende in gran parte, come già detto, dal ritardo nel rilevamento poiché, più l’operazione è tardiva, e meno i finanziatori, anche se legati al movimento cooperativo, saranno in grado di assumere forti rischi. Una valutazione sbagliata Una valutazione sbagliata delle cause che hanno generato la crisi porta spesso, in partenza, a non capitalizzare l’impresa nel modo adeguato o ad impantanarsi rapidamente per poi, una volta rilevata l’impresa, finanziarne l’espansione ad adeguamento avvenuto. Questa crisi di capitalizzazione va considerata con attenzione, perché la natura dei rischi assunti oggi nelle cooperative sono spesso di natura industriale ed esigono capitalizzazioni non trascurabili. Il prezzo d’acquisto dell’impresa è troppo alto Se il prezzo è troppo alto o, ciò che è uguale, se “gli scheletri negli armadi” cioè i rischi nascosti dopo la prima valutazione non sono stati ben valutati, allora naturalmente, dopo il rilevamento in cooperativa, si va verso le stesse difficoltà che hanno portato l’impresa iniziale alla crisi. I lavoratori dipendenti temono il futuro Quando la trasformazione in cooperativa, come spesso accade, si verifica per mancanza di soluzioni alternative, i dipendenti non hanno scelto di prendersi 183 PROOF La carenza di capitali propri Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese nuove responsabilità e, perciò, diffidano dell’arrivo di nuovi proprietari. Insomma, oggi la trasformazione in cooperativa di un’impresa che ha dichiarato fallimento è molto spesso più un’accettazione fatalista che una scelta deliberata. Ciò lo si avvertirà rapidamente negli anni successivi dell’impresa. Accettare situazioni transitorie PROOF Volere andare troppo in fretta, cercare grandi imprese da rilevare per poi accettare situazioni transitorie che non sfoceranno nella creazione di una cooperativa: è l’esperienza che sta facendo l’IDES con l’acquisizione d’imprese in fallimento da parte di cooperative che le hanno filializzate allo scopo di intercettarne i capitali, salvo poi accorgersi che è più semplice lasciare l’impresa sotto forma di filiale anziché trasformarla in cooperativa, cosa che impedirebbe d’intervenire direttamente negli aspetti della loro gestione. Conclusioni sul trasferimento d’imprese in crisi sotto forma di cooperative Le esperienze realizzate in Francia in questo ambito non soddisfano del tutto, poiché la trasformazione in cooperativa si verifica spesso per mancanza di alternative. Avviene dunque troppo tardi, quando la situazione dell’impresa è già compromessa. Bisogna allora compiere un importante lavoro d’informazione dei tribunali di commercio, dei liquidatori e degli altri agenti, affinché la soluzione cooperativa possa essere illustrata ai dipendenti in tempi rapidi, con riferimento a tutti vantaggi che essa comporta, come l’utilizzo delle indennità versate per la creazione d’imprese con cui, nei limiti non ancora risolti, si possono accumulare rapidamente capitali propri che costituiscono, insieme ai prestiti bancari, un importante effetto leva . La questione del prestito bancario sembra essere una delle difficoltà oggi incontrate nei trasferimenti delle imprese in cooperative. I fondi propri apportati dai fondatori non bastano e, benché intervenga l’IDES , sono troppo spesso esigui. Inoltre, il ritardo nel rilevamento, per quanto non è imputabile ai cooperatori, crea fragilità, specie sui crediti in cassa. Ma rilevare un’impresa in crisi può anche presentare opportunità, specialmente quando, in queste circostanze e forse perché rappresenta l’ultima soluzione, le giacenze sono cedute a un prezzo relativamente basso e si può non perdere la clientela se la situazione viene loro spiegata nel modo opportuno. 184 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Infine, uno degli interessi essenziali e uno dei motivi principali del successo di un rilevamento in cooperativa è dato dall’effetto di rete. I gruppi di acquirenti, infatti, sono sempre accompagnati quando si presentano dinanzi al Tribunale di Commercio per presentare un piano di acquisizione. È qui che si manifesta l’importanza delle Unioni regionali delle cooperative: avvantaggiarsi di questo effetto rete e condividerne i vantaggi. La storia recente, però, c’insegna a essere cauti sul rilevamento immediato di un’impresa in cooperativa. Si devono probabilmente accettare situazioni transitorie affinché il rilevamento in cooperativa non si imponga troppo velocemente a lavoratori poco preparati. Da questo punto di vista, la formula ideata e applicata dall’IDES di una holding provvisoria per l’acquisizione, specie se il rilevamento in oggetto è fatto da un altra cooperativa, è del tutto soddisfacente. D’altro canto, rilevare un’impresa in crisi con questa forma per una futura trasformazione in cooperativa non ci sembra oggi possibile, poiché l’acquisizione da parte dei futuri cooperatori è sempre delicata. Infatti, essi accettano con difficoltà, dopo un termine lungo un anno o due, di acquisire l’impresa a un valore superiore a quello a cui l’investitore l’ha rilevata, se hanno la sensazione, spesso giustificata, che la plusvalenza che sono destinati a finanziare è il risultato del proprio lavoro. Il rilevamento-trasformazione in cooperativa deve dunque essere rapido o fatto mediante uno schema di contrattualizzazione molto preciso fin dall’organizzazione dell’operazione di acquisizione. 4.3. La cooperazione tra imprese, un mezzo di espansione 4.3.1. Una soluzione vecchia e poco utilizzata: l’Unione SCOP Le cooperative di lavoro associato (SCOP) dispongono dalla legge del 1947 dello statuto dell’unione e benché l’unione abbia vocazione sussidiaria, cioè deve normalmente essere incaricata di funzioni periferiche al servizio delle varie SCOP madri, può spesso apparire come una buona possibilità. Tuttavia, oggi è difficile per un’unione soddisfare le condizioni formali della legge del 1978, che disciplina le cooperative di produzione. Ciò riguarda ad esempio il pagamento dell’imposta professionale o la ripartizione dei voti in Assemblea 185 PROOF Avviene spesso che il rilevamento in cooperativa venga considerato dai clienti un fattore di durata più forte di quanto accada con un rilevamento classico in cui esiste sempre il rischio di una scissione. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese generale. Pertanto l’Unione di SCOP esiste solo in settori professionali quali l’edilizia, per l’acquisizione comune di merci. PROOF 4.3.2. L’Unione d’Economia Sociale, uno strumento per cooperare Il diritto francese ha creato inoltre una struttura specifica attraverso le Unioni d’Economia Sociale che può permettere ad un gruppo d’imprese di cooperare tra loro senza avere un legame giuridico di capitale. L’Unione d’Economia Sociale è una cooperativa di persone giuridiche che hanno lo statuto d’economia sociale dunque, a maggior ragione, di cooperativa disciplinata dallo statuto generale della cooperazione, vale a dire la legge del 1947. Derogando però allo statuto cooperativo ed anche allo statuto specifico delle SCOP (cooperative di lavoro associato), i diritti di voto possono essere plurali, fondati sul fatturato realizzato con l’UES o sul numero di soci delle entità costitutive, senza tenere conto della parte di capitale posseduto. Essa può raccogliere imprese a statuti diversissimi, contrariamente alle altre Unioni che raggruppano soltanto le imprese disciplinate da statuti identici. Così, rispetto all’unione di SCOP, l’UES presenta i seguenti vantaggi: ▪▪ I diritti di voto sono fondati sull’importanza di ogni cooperativa presente all’interno dell’unione. ▪▪ Tale unione può eventualmente, per ragioni di sinergie e attività, riunire accanto a cooperative, associazioni, mutue o altre forme di imprese, che costituisce ovviamente un notevole vantaggio. E poiché le UES sono cooperative, le riserve costituite sono indivisibili, la retribuzione è limitata, ed esse possono emettere titoli partecipativi. Ma soltanto i 2/3 dei diritti di voto possono essere posseduti da strutture d’economia sociale, il che vuol dire che la struttura d’UES consente un’ampia collaborazione con altri tipi d’imprese per garantire tali sinergie. ▪▪ È una società commerciale dotata di capitale sociale, ed è quindi sottoposta a una fiscalità di diritto comune e diretta dagli organi sociali. ▪▪ Giuridicamente l’UES non è controllata dai suoi soci in funzione del capitale posseduto, ma in funzione del volume d’attività o del numero di soci di ogni struttura associata. ▪▪ Infine, l’UES non risponde alla domanda di rapporto dei fondi propri poiché, come qualsiasi cooperativa, la realizzazione di plusvalenze finanziarie 186 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Tenuto conto del suo modo di costituirsi, l’UES è giuridicamente una filiale e non una società madre. Ma in una serie di casi i trasferimenti della maggior parte degli attivi sull’UES o delle funzioni economiche essenziali all’UES ne fanno il centro decisionale. L’UES è dunque idonea alla nostra ricerca, poiché restano le organizzazioni costituenti a conservare il loro diritto decisionale. Siccome lo statuto d’UES è oggi misconosciuto, non se ne possono trarre conclusioni definitive. Sembra, tuttavia, che sia molto utilizzata per le attività commerciali con statuto senza scopo di lucro. È il caso delle SCOP di tipografia che hanno condiviso la loro attività commerciale, o anche di SCOP di falegnameria per l’acquisto di materie prime. 4.3.3. La SCIC, Società Cooperativa d’Interesse Collettivo Lo statuto della Società Cooperativa d’Interesse Collettivo (SCIC) è nato nello stesso modo. La SCIC è una nuova forma d’impresa cooperativa, che ha per oggetto “la produzione o la fornitura di beni e servizi d’interesse collettivo e che presentano un’utilità sociale”.78 Come impresa, la SCIC ha uno statuto di società commerciale ed è dunque sottoposta ad obblighi di rendimento e di buona gestione. Come cooperativa, la SCIC rispetta le regole di suddivisione del potere secondo il principio 1 persona = 1 voto. Infine, come tutte le imprese dell’economia sociale, la SCIC manifesta il proprio carattere di utilità sociale destinando una parte degli utili alle riserve indivisibili. La SCIC concretizza l’avvento in Francia della cooperazione multi-staleholder che permette di associare e fare lavorare insieme delle persone fisiche e giuridiche che hanno una relazione di natura diversa con l’attività: dipendenti, utenti, finanziatori, volontari ecc. 78 Scanzi F. (2004) IDES, 20 ans après – Regards sur 20 ans d’économie sociale, see http:// www.esfin-ides.com/esfin-anciensite/pages/publications/LIVRE_20_ANS_IDES.pdf 187 PROOF legate al possesso del suo capitale è del tutto esclusa. L’UES è molto utile perché è costituita per condividere dei mezzi al fine di produrre meglio i beni, servizi ed oggetti sociali delle entità costituenti. Le UES, come ogni cooperativa, possono distribuire rimborsi o eccedenti restituibili. Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese L’oggetto sociale di una SCIC s’inserisce in un approccio d’utilità sociale. I soci possono essere distribuiti in collegi e ogni collegio dispone di un numero di voti definito liberamente negli statuti, nei limiti fissati dalla legge, cioè un minimo del 10% ed un massimo del 50% dei voti. Un’approvazione deve essere obbligatoriamente richiesta al Prefetto del dipartimento della sede della SCIC, valida per 5 anni. La valutazione del carattere d’utilità sociale del progetto terrà conto “del contributo che dà a necessità emergenti o non soddisfatte, all’inserimento sociale e professionale, allo sviluppo della coesione sociale, nonché all’accessibilità a beni e servizi79.” PROOF Per la propria crescita, la SCIC potrà beneficiare di molte forme di finanziamento: ▪▪ i contributi dei soci per sottoscrizione di quote sociali o contributi in conto corrente; ▪▪ i ricavi accantonati a riserva; ▪▪ i contributi di fondi comuni d’investimento solidali per il risparmio salariale; ▪▪ i contributi di organismi finanziari di capitale di rischio in forma di sottoscrizioni ad emissioni di titoli partecipativi; ▪▪ i contributi dei risparmiatori beneficiari della riduzione fiscale per sottoscrizione al capitale di società non quotate. Dal dicembre 2007, la costituzione delle riserve indivisibili della SCIC è esonerata dall’imposta sulle società, il che corrobora l’attrattiva di tale nuovo statuto. Ciò consente inoltre, sul modello delle SCOP, di costituire fondi propri. La SCIC può anche emettere titoli partecipativi. A causa della costituzione del suo capitale “multisocietario”, la SCIC non si prefigge la distribuzione massiccia di rimborsi, ma la creazione di posti di lavoro e d’attività secondo i criteri considerati per l’approvazione della sua “d’utilità sociale”. 79 Ibid. 188 Conclusioni Alberto Zevi 1. Il lavoro ha interessato tre paesi con una diversa ma comunque importante tradizione di esperienze di cooperative di lavoro e sociali o comunque di azionariato tra dipendenti80. In tutti i paesi considerati, negli ultimi decenni la cooperazione di lavoro, nelle sue diverse forme ha avuto uno sviluppo molto significativo. In Italia le cooperative di lavoro e quelle sociali sono cresciute, in termini di occupati, più intensamente dell’insieme del settore privato. In Spagna, l’aumento pur notevole dell’occupazione nelle cooperative e nelle Sociedades laborales è stato, fino al 2009, meno intenso di quello manifestatosi nelle imprese private81. In tutte le realtà studiate particolarmente significativo è stato lo sviluppo (in termini di quantità d’imprese e di occupazione) delle cooperative di lavoro operanti nel settore terziario. Nel caso francese e in quello italiano (in quest’ultimo soprattutto nel settore terziario) la crescita del numero d’imprese è da attribuirsi prevalentemente alle iniziative di start-up. In Francia sono rilevanti i casi di trasformazione d’imprese tradizionali in cooperative di lavoro. Dal 2010 in poi si nota invece un notevole incremento di cooperative originate dall’iniziativa di lavoratori che rilevano attività imprenditoriali in crisi. Rimangono limitati (esclusa la Francia) gli esempi di trasferimento d’imprese ai lavoratori non derivanti da difficoltà aziendali ma conseguenti, ad esempio, all’assenza di eredi. Anche se si è potuto verificare che nei paesi considerati la normativa generale che disciplina l’ente cooperativo è simile, persistono alcune differenze che varrà la pena di approfondire in un’altra ricerca. Parzialmente diverso appare il contesto in cui le cooperative hanno operato e 80D’ora in poi per cooperative di lavoro si intenderanno sia le cooperative di lavoro vere e proprie sia le cooperative sociali sia le imprese di proprietà dei lavoratori (comprese le sociedades laborales). 81 In Italia la crescita del PIL (e quindi dell’occupazione complessiva) è stata assai lenta. Viceversa in Spagna, fino al 2008, la crescita del PIL è stata assai più intensa. 189 PROOF L’esperienza spagnola e quella italiana sono quelle che hanno coinvolto il maggior numero d’imprese e di lavoratori. Quella francese interessa un minor numero sia d’imprese che di lavoratori ma presenta molti aspetti d’indubbio interesse. Conclusioni operano in relazione alle politiche pubbliche attuate dagli Stati interessati. Su questo punto mi soffermerò più avanti. Per quanto riguarda lo sviluppo, soprattutto in Italia e in Spagna, la crescita delle cooperative ha comportato importanti processi di riorganizzazione. In molti casi, infatti, le imprese si sono articolate in veri e propri gruppi imprenditoriali. PROOF Sebbene i dati a disposizione siano in tale caso ancora poco completi, i comportamenti delle cooperative verificatisi a partire dalla grande crisi finanziaria che ha iniziato a manifestarsi nella seconda parte del 2007 e che si è successivamente acuita trasformandosi in crisi economica, sembrano avere molte analogie. Con riferimento alle modalità con cui le cooperative di lavoro hanno affrontato la crisi i tratti comuni sono significativi. Evidentemente le imprese cooperative (soprattutto quelle operanti nell’industria e di meno quelle attive nel terziario) non potevano non essere toccate dalla crisi. Ma le caratteristiche dell’assetto proprietario e del coinvolgimento dei soci nel governo delle loro imprese hanno permesso alle cooperative di adottare comportamenti soprattutto in termini di flessibilità (di ogni tipo) che hanno a loro volta consentito di gestire il breve termine spesso più efficacemente delle altre imprese. Ciò ha comportato, entro i limiti delle possibilità, che la gran parte delle cooperative abbia sin qui preferito fare variare i salari o le ore lavorate piuttosto che l’occupazione. Non sono mancati casi di riduzione dell’impiego che si sono concentrati sui lavoratori non soci ma, in generale, le cooperative hanno cercato di salvaguardare (anche, in qualche caso, portando all’interno attività date in precedenza all’esterno) i livelli di occupazione. L’apporto alla coesione sociale che un simile comportamento ha dato non va sottovalutato. A differenza del comparto privato convenzionale molto limitata è stata la pratica delle delocalizzazioni. Quest’ultimo fatto peraltro risponde allo stretto legame che la natura propria delle cooperative le lega al territorio d’insediamento originario. Al contempo la natura non meramente ciclica della crisi in corso nei tre paesi considerati ha rafforzato la logica di più lungo termine tipica per molti versi dell’ente cooperativo. Questo comportamento se supportato da idonee politiche atte a compensare i sacrifici economici fatti nella prima fase della crisi potrebbero consentire alle cooperative di lavoro di pesare di più nel prossimo futuro. Peraltro la visione di lungo periodo che sembra caratterizzare l’atteggiamento delle cooperative nei tre paesi considerati appare come un’importante precondizione idonea sia a fronteggiare i cambiamenti sia a creare le condizioni per anticiparli. 190 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza 2. I tre contributi quando affrontano i punti di forza e di debolezza della cooperazione di lavoro finiscono per individuare gli stessi nodi. In particolare due sembrano quelli che interessano l’insieme delle cooperative e delle società di proprietà dei lavoratori attive nei tre paesi considerati. Il primo riguarda la disponibilità di risorse finanziarie idonee a supportare la nascita e lo sviluppo delle imprese. 2.1. Per quanto riguarda il primo punto, dai rapporti dei singoli paesi risulta che le cooperative di lavoro incontrano una strutturale difficoltà nel raccogliere sufficiente capitale di rischio e, contemporaneamente lamentano la scarsa disponibilità del sistema bancario o parabancario nel concedere credito. Vale la pena di soffermarsi sui problemi indicati. Per quanto riguarda la capitalizzazione delle cooperative di lavoro, il tratto comune è che esse normalmente sono promosse da persone che non sono titolari di grandi disponibilità. Anche per questo motivo i soci cercano di non rischiare contemporaneamente lavoro e risparmi. Tenuto conto di ciò, storicamente, le cooperative di lavoro sono riuscite ad aumentare il loro patrimonio investendo nell’impresa tutto o gran parte degli avanzi di esercizio via via formatisi. Nelle esperienze considerate, in generale, ciò è stato fatto destinando gli avanzi a riserva indivisibile delle cooperative. Laddove questo è avvenuto, le cooperative hanno potuto consolidarsi e svilupparsi. In molti casi, peraltro, o perché gli avanzi e il cash-flow erano insufficienti o perché le esigenze d’innovazione (di prodotto o di mercato) aumentavano o, infine, perché mutavano le condizioni di mercato, la formazione interna di risorse da investire si sono rivelate insufficienti a supportare uno sviluppo sostenibile. In questi casi le cooperative, non potendo aumentare facilmente il capitale sociale, hanno iniziato ad avere problemi più o meno seri. Consapevoli di ciò, nei tre paesi considerati, e quasi contemporaneamente, sono state approvate norme che puntavano a creare le condizioni di un intervento nel patrimonio delle cooperative a investitori esterni alle stesse. Così è avvenuto in Francia (nel 1983 e 1992), in Italia (nel 1992 e 2003) e in Spagna nel 1999. 191 PROOF Il secondo riguarda i sistemi di relazioni che si manifestano tra le cooperative stesse, tra queste e altre forme cooperative e tra di esse e i loro interlocutori (privati e pubblici). Conclusioni Nei tre paesi, a partire dalle date indicate, si è consentito alle cooperative (comprese quelle di lavoro) di avere soci non mutualisti in grado di apportare appunto nuovo capitale, o comunque si è data alle cooperative la possibilità di emettere titoli che avessero carattere di quasi - capitale. PROOF L’esperienza, anche se non ha mancato di rivelarsi preziosa, non sembra avere dato i frutti che si attendevano. È peraltro interessante notare che l’insieme di strumenti previsti dai diversi paesi è molto diversificato. Da questo punto di vista il lavoro offre interessanti indicazioni alle organizzazioni cooperative per valutare la loro possibile applicazione nelle singole realtà. Se le innovazioni introdotte negli anni ’90 si sono dimostrate meno efficaci di quanto originariamente previsto, ciò non significa che non lo siano state in assoluto. A ben vedere il limite che ha accomunato tutte le esperienze è stato quello di non avere creato sufficienti incentivi per raggiungere il più generale mercato dei capitali. All’origine di ciò vi è stato il tentativo di non modificare sostanzialmente la natura e la logica delle cooperative di lavoro82. Peraltro, per quanto inferiori alle aspettative, l’emissione di titoli rappresentativi di capitale o di quasi - capitale ha consentito che potessero apportare capitale nelle cooperative, altre cooperative e/o istituzioni specializzate nell’intervento nel comparto cooperativo. Ciò, in diverse forme è avvenuto nei tre paesi considerati. In Francia, grazie a IDES e successivamente ad altre società create nell’ambito della cooperazione o delle banche cooperative, è stato particolarmente importante l’esperienza sviluppatasi facendo ricorso ai titoli partecipativi. In Italia grazie ai Fondi per lo sviluppo della cooperazione e a Cooperazione Finanza Impresa (CFI) sono state significative le esperienze d’intervento diretto degli enti citati come soci sovventori o finanziatori. In Spagna con l’apporto di altre cooperative (e nel caso delle cooperative basche del Gruppo Mondragon, con la Caja Laboral fino agli anni ’80 e successivamente con i diversi strumenti finanziari posti in essere dal Gruppo) molto interessanti appaiono le emissioni di titoli di debito subordinato e perpetui emessi da alcune grandi cooperative. Grazie a queste esperienze molte cooperative hanno avuto risorse finanziarie nella forma di capitale di rischio o di quasi - capitale che altrimenti non avrebbero avuto. 82 Le innovazioni introdotte hanno tutte cercato di tenere conto delle caratteristiche di fondo dell’istituto cooperativo. Da questo punto di vista gli incentivi all’intervento di terzi sono sembrati loro insufficienti per intervenire. 192 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza È interessante notare che tale apporto è avvenuto a favore sia di grandi cooperative (è il caso dei titoli emessi da Eroski e Fagor in Spagna) sia di cooperative di minori dimensioni. Ed è pure interessante notare che l’apporto di queste istituzioni specializzate (finanziate dal settore pubblico o da risorse della stessa cooperazione) ha avuto almeno quattro effetti importanti. 1) ha abituato le cooperative ad avere soci “esterni”, seppur “amichevoli”, e quindi a dover rispondere anche delle risorse messe a loro disposizione da parte di terzi; 3) ha permesso alle cooperative interessate di dialogare meglio con gli altri soggetti finanziatori (a partire dalle banche); 4) ha sollecitato e sostenuto (direttamente o indirettamente) la creazione di un rapporto più stretto tra le cooperative. Delle esperienze sviluppate meritano di essere richiamate le seguenti: a) Fondi di sviluppo della cooperazione (esperienza italiana); b) CFI (esperienza italiana) e IDES (esperienza francese); c) Confidi (esperienza francese, italiana e spagnola); d) Pagamento unico e anticipo dell’indennità di disoccupazione (esperienza spagnola e italiana); e) Incentivi all’aumento del capitale (esperienza francese). f) Gruppi cooperativi (esperienza italiana e spagnola); Vale la pena di soffermarsi sinteticamente su ognuno di essi, rimandando per i dettagli ai singoli capitoli. a) In Italia, l’obbligo di destinare il 3% degli avanzi di esercizio delle singole cooperative di ogni settore a un Fondo, che a sua volta deve impiegare le risorse ricevute a favore di nuove cooperative e al consolidamento e sviluppo di quelle esistenti ha avuto e sta avendo (anche grazie alle politiche 193 PROOF 2) ha permesso agli istituti specializzati di comprendere meglio il comportamento peculiare e la dinamica delle cooperative di lavoro; PROOF Conclusioni attuate dai Fondi stessi) significative e positive conseguenze83. A ben vedere si tratta di un’operazione di mutualità cooperativa. In particolare, per quanto riguarda le politiche va tenuto presente che il flusso di entrata di fondi è stato da questi impiegato, in generale, non per dare contributi generici alle cooperative, ma come sottoscrizione di capitale o come finanziamento. Ciò ha consentito ai Fondi di avere risorse via via crescenti da impiegare a favore degli obiettivi indicati. Al tempo stesso l’intervento in capitale, con meccanismi diversificati per il rientro dei capitali stessi ha permesso ai Fondi, sulla base dell’esperienza acquisita gradualmente, di partecipare al capitale delle cooperative, riuscendo così a capire sempre di più i problemi interni delle singole unità cooperative. Ciò ha permesso d’incorporare un’esperienza e un savoir faire di enorme valore nell’interesse di tutta la cooperazione. L’intervento in capitale e in prestito dei Fondi a sua volta è stato ed è un formidabile strumento per indurre i soci lavoratori delle cooperative ad aumentare il proprio apporto di capitale di rischio. Entrambe queste azioni hanno poi rafforzato notevolmente le singole cooperative nei rapporti con i terzi finanziatori (a partire dal sistema bancario). Un aspetto da non sottovalutare è il fatto che le risorse raccolte dai Fondi provengono da cooperative di ogni tipologia (di lavoro, di consumo, agricole, di credito, ecc.) e sono impiegabili ugualmente in cooperative di tipo diverso. Questo fatto ha reso l’ammontare annuo delle entrate dei Fondi, almeno in qualche misura, relativamente indipendente dal ciclo economico dei singoli settori. Pertanto, le possibilità d’impegno dei Fondi stessi non hanno subito forti oscillazioni e ciò ha permesso, mediante l’impiego di risorse provenienti da un settore in cooperative di altra tipologia, di superare fasi di particolare complessità. Ciò non sarebbe avvenuto se i fondi fossero stati settoriali. Dunque, è rilevante evidenziare come ciò dimostri il plus che si determina quando le cooperative di analoga tipologia creano reti di qualche tipo tra di loro e ancora di più se le relazioni avvengono tra cooperative di diversa tipologia. Per molti versi l’esperienza di Mondragon (attraverso la Corporaciòn Mondragon), che peraltro non deriva da una legge ma da accordi volontari, ha consentito e consente di giungere a risultati analoghi a quelli dei fondi84. 83 Per le caratteristiche dei Fondi si veda il cap. 1. 84Per l’esperienza di Mondragon si veda il cap. 2. Gli accordi tra le cooperative che fanno parte del Gruppo prevedono impegni ben più stringenti di quelli previsti per le cooperative che alimentano i Fondi italiani per lo sviluppo della cooperazione. 194 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza L’esperienza d’IDES è altrettanto interessante. Per un verso essa appare simile a quella di CFI se si tiene conto che sorge da un’iniziativa pubblica86, per altro verso, a differenza di CFI, IDES svolge la sua attività non solo nei confronti delle cooperative di lavoro ma anche delle cooperative di altra tipologia. Un particolare interesse suscita, nell’esperienza d’IDES, lo sviluppo e le tecniche specifiche adottate per intervenire nelle cooperative. Mi riferisco ai titoli partecipativi di cui si rimanda al capitolo riguardante il caso francese87. c) Una modalità d’intervento pubblico a favore della capitalizzazione delle cooperative di lavoro che appare interessante è quella spagnola del pago unico, che ha il pregio di permettere la capitalizzazione di una cooperativa da parte di lavoratori disoccupati, il che pare oltremodo positivo per l’avvio dell’iniziativa cooperativa e la rende al contempo più credibile rispetto a eventuali terzi finanziatori. Forse un limite è di non concorrere a creare le condizioni per un rapporto tra cooperative e di ostacolare il trasferimento di esperienze da cooperative a cooperative. In ogni modo, il provvedimento citato costituisce una modalità d’intervento pubblico che certamente agevola coloro che, in quanto disoccupati, si trovano in difficoltà, dando loro una possibilità in più. Analogo provvedimento vige in Italia dagli anni ’90. E’ opportuno notare che in ambo i casi l’intervento pubblico ha comportato il fatto che risorse pubbliche (l’indennità di disoccupazione) anziché essere impegnate per il solo sostegno del reddito dei lavoratori disoccupati, grazie al pago unico o all’anticipo dell’inden85 Per un approfondimento del modo di operare di CFI si veda il cap. 1. 86Successivamente all’intervento pubblico si è aggiunto quello privato delle organizzazioni cooperative francesi. 87 Per un approfondimento del modo di operare d’IDES si veda il cap 3. 195 PROOF b) Analoga per molti versi è l’esperienza italiana di CFI. In questo caso si tratta, a differenza dei fondi, di uno strumento settoriale (destinato solo alle cooperative di lavoro e a quelle sociali) rientranti nella definizione europea di PMI. Un’altra differenza è che la maggior parte delle risorse provengono dallo Stato sebbene debbano essere impiegate a condizioni di mercato. Anche in questo caso le politiche concretamente attuate da CFI hanno permesso d’incorporare esperienza e di trasferirla alle cooperative via via finanziate. Anche qui l’apporto di risorse in forma di capitale di rischio ha rafforzato le cooperative sollecitando un maggiore impegno finanziario da parte dei soci lavoratori85. Conclusioni nità di disoccupazione, sono impiegate in un’impresa e sostengono quindi occupazione e produzione. PROOF d) Particolarmente interessante è la legislazione francese che, in varie forme sostiene e sollecita la partecipazione dei lavoratori al capitale delle imprese. La disciplina, che riguarda la generalità delle imprese e non solo le cooperative è stata particolarmente efficace nel caso delle cooperative di lavoro88. Sarebbe assai interessante che gli altri paesi disponessero di strumenti analoghi. e) Da ultimo non si può non richiamare l’esperienza (che spesso assume forma cooperativa) dei consorzi fidi. Le forme assunte differiscono da paese a paese. Talvolta il ruolo più rilevante lo giocano direttamente le strutture pubbliche che forniscono garanzie ai finanziatori delle cooperative (come in Francia dove esistono anche Consorzi fidi alimentati dalle cooperative associate), in altri casi lo sviluppo di tali organismi è frutto dell’organizzazione autonoma delle cooperative. Gli enti che concedono garanzie ai terzi finanziatori delle cooperative sono strumenti utili e preziosi per agevolare le relazioni tra cooperative e istituti di credito o comunque terzi finanziatori e lo sono in particolare per le cooperative di più modeste dimensioni e per quelle più giovani. Ognuna delle pratiche citate ha concorso, nel contesto in cui si è affermata, a rendere più agevole il rapporto tra le cooperative e il sistema bancario e finanziario. Non si può peraltro tacere il fatto che tale rapporto spesso continua a essere problematico quando il sistema bancario, per sostenere la crescita delle cooperative o per consentire ristrutturazioni del debito, chiede alle cooperative stesse forti e rapidi aumenti di capitale o la concessione di garanzie collaterali89. Gli stessi titoli che le cooperative sono state in grado di emettere (azioni dei soci sovventori o dei soci finanziatori, azioni di partecipazione cooperativa, titoli partecipativi, obbligazioni permanenti) si sono rivelati molto interessanti ma hanno coinvolto poche tipologie d’investitori: in generale solo le istituzioni specializzate che abbiamo considerato. Con ogni probabilità le regole di Basilea 3 obbligheranno tutte le imprese a incrementare significativamente il capitale 88 Per l’esperienza francese riguardante l’azionariato dei dipendenti si veda il cap. 3. 89 Ciò avviene quando lo sviluppo richiede salti tecnologi o quando agli imprenditori sono richieste garanzie personali. Per le cooperative di lavoro quest’ultima opzione è molto più difficile da attuare a differenza di quanto accade per le piccole e medie imprese non cooperative. 196 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza di rischio90. Da questo punto di vista se le cooperative di lavoro e sociali non si preparano, rischiano di essere ulteriormente discriminate dal mercato del credito. È quindi ipotizzabile che le singole cooperative possano collocare i loro prodotti finanziari direttamente sul mercato. Se quest’ultima eventualità potrà riguardare solo poche grandi cooperative la possibilità per quelle di più limitate dimensioni di accedere al mercato dei capitali e in particolare a quello di rischio, sarà subordinata alla diffusione nel mercato d’intermediari, che da un lato partecipino al capitale (o sottoscrivano un quasi-capitale) delle cooperative, dall’altro possano raccogliere sul mercato le risorse necessarie per farlo. f) Nei tre paesi considerati in questo lavoro si sono manifestati negli ultimi anni fenomeni di riorganizzazione delle singole cooperative, di aggregazione tra cooperative e anche filiazione di società in forma cooperativa o in altra forma. Tutti questi comportamenti rispecchiano l’esigenza percepita dalle cooperative di adeguare la loro struttura ai cambiamenti del mercato. Anche la legislazione si è evoluta per tenere conto dei nuovi problemi. Le cooperative miste spagnole e i gruppi paritetici italiani sono esempi di tale evoluzione legislativa. Peraltro le esperienze di questo tipo suppongono comunque che preesista un qualche tipo di rapporti tra cooperative. Le connessioni di cui si farà cenno nel prossimo paragrafo, sembrano dunque essere la base dello sviluppo delle operazioni di fusione (o al contrario di scissione) che spesso sono la condizione per rafforzare le singole cooperative. 3. Il secondo punto che deriva con forza dall’indagine riguarda il sistema di connessioni e relazioni che si sviluppa tra le cooperative. Sul problema dall’analisi comparata delle tre relazioni si può dire che vi è correlazione positiva tra diffusione della cooperazione di lavoro e sviluppo delle reti che le connettono. 90Gli accordi noti come Basilea 3 riguardano l’operatività degli Istituti di credito. Le condizioni previste avranno per effetto la richiesta, alle imprese finanziabili, di aumentare in misura significativa l’apporto di capitale o di quasi capitale da parte dei loro soci. 197 PROOF Ovvero bisognerà creare le condizioni idonee affinché sul mercato dei capitali si affaccino enti finanziari specializzati nell’intervento sulle cooperative. Conclusioni PROOF A tale proposito spicca in tal caso l’esperienza italiana. A differenza di quanto verificatosi negli altri paesi, in Italia (che pure è caratterizzata da molteplici associazioni rappresentative delle cooperative) tutte le tipologie cooperative (di lavoro, di consumo, agricole, ecc.) si riconoscono nelle stesse organizzazioni di rappresentanza. Ciò ha consentito almeno due tipi di relazioni: da un lato quelle di stampo più strettamente politico, derivanti dal fatto che le organizzazioni devono tenere conto dei numerosi problemi propri dei diversi tipi di cooperative; dall’altro quelle di natura più chiaramente economica e sociale, che ha fatto sì che si potessero immaginare strutture economiche orizzontali idonee a venire incontro contemporaneamente alle esigenze economiche delle diverse cooperative coinvolte. Nel primo caso l’attività di rappresentanza d’interessi e di lobby ha finito per dare voce anche a settori cooperativi, che da soli non avrebbero potuto affermare le proprie esigenze nei confronti delle politiche attuate dai governi e delle pulsioni provenienti dalla società. Per molti versi la cooperazione sociale in Italia, inizialmente fenomeno marginale, si è sviluppata in misura davvero notevole, anticipando importanti mutamenti verificatisi nello stato sociale, grazie alle spinte innovative provenienti dalla società civile, che hanno trovato un momento di coagulo e sintesi nelle associazioni di rappresentanza del movimento cooperativo. Nel secondo caso si sono potuti affrontare in una logica multisettoriali dei problemi che sarebbe stato assai più difficile impostare settorialmente. A titolo di esempio: istituzioni finanziarie e assicurative orizzontali come i Consorzi fidi, CCFS, Unipol e Assimoco, iniziative nel campo della formazione, l’esperienza dei Fondi per lo Sviluppo della Cooperazione. I raccordi orizzontali tra settori cooperativi sono stati e sono tuttora un fattore di enorme rilevanza. Se ci si riferisce alla storia degli ultimi quarant’anni si può verificare che grazie a tali raccordi e alla conseguente possibilità di trasferire risorse finanziarie e umane ed esperienze da un settore a un altro si è permesso ai singoli comparti di fronteggiare momenti anche molto difficili, che in altre situazioni si sarebbero spesso rivelati insuperabili. Per alcuni versi l’esperienza spagnola di Mondragon (pure tanto diversa) ha prodotto analoghi esiti. Peraltro, appaiono altrettanto rilevanti nella cooperazione di lavoro e in quella sociale le connessioni tra cooperative che si sono venute sviluppando attraverso 198 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza la costituzione di consorzi e che trae origine dai provvedimenti legislativi approvati all’inizio del XX secolo e negli anni 70. La formazione di cooperative di secondo grado (consorzi) nel comparto dell’edilizia e dei settori affini, quelle create nel settore dei servizi (CNS) e quelle (di secondo e terzo grado) nella cooperazione sociale sono state e tuttora sono un formidabile strumento d’iniziativa a favore del consolidamento e dello sviluppo soprattutto – ma non solo – delle cooperative di più modeste dimensioni. Le reti sviluppatesi costituiscono un importante fattore di coesione tra cooperative e probabilmente spiegano in gran parte l’affermarsi della cooperazione di lavoro nei paesi considerati. Mentre la minor diffusione del fenomeno cooperativo di lavoro in Francia potrebbe spiegarsi appunto proprio con la minore diffusione delle reti di collegamento. Da quanto scaturisce dal lavoro esposto nei tre capitoli, discende con chiara evidenza che superati gli ostacoli evidenziati la cooperazione di lavoro può dare un significativo contributo non solo a fronteggiare il cambiamento ma anche ad anticiparlo. In particolare, la cooperazione di lavoro potrebbe minimizzare la perdita di risorse materiali ed umane che si manifestano nei casi di trasmissioni d’impresa. Per quanto più volte sollecitate dall’Unione europea le politiche tese ad affrontare questa problematica, anche con riferimento al coinvolgimento dei lavoratori dipendenti non hanno sin qui dato risultati indicativi. Con ogni probabilità ciò va attribuito non solo alla mancanza d’incentivi adeguati ma anche al fatto che i titolari d’impresa non riescono a immaginare che i loro dipendenti possano proseguire la loro attività e che gli stessi lavoratori non riescono a immaginarsi protagonisti di un’iniziativa cooperativa. Da questo punto di vista, le politiche intese a informare di queste possibilità ed a sostenerle (anche mediante formazione) potrebbero accrescere ancor di più le potenzialità della cooperazione di lavoro di guidare e anticipare il cambiamento. Quest’ultimo punto è, con le altre indicazioni, parte integrante delle raccomandazioni generali formulate nel prossimo paragrafo che, dopo il confronto avuto con le organizzazioni rappresentative della cooperazione di lavoro aderenti a Cecop, sono l’esito finale del lavoro svolto. 199 PROOF Anche in tale caso è possibile riscontrare analogie con l’esperienza di Mondragon in Spagna. Raccomandazioni per le politiche pubbliche nell’ambito della ristrutturazione e anticipazione del cambiamento La rete imprenditoriale europea di circa 50.000 cooperative e altre imprese di proprietà dei lavoratori attive nell’industria e nei servizi, che sono rappresentate da CECOP quale confederazione europea, ha la responsabilità di rispondere ai fabbisogni e alle sfide continue dell’economia europea in senso lato, e in particolare la sostenibilità economica delle regioni, delle imprese e dei posti di lavoro europei, e quindi anche l’accumulazione del capitale e lo sviluppo della ricchezza generale. Con tale spirito, mentre la maggior parte delle seguenti raccomandazioni politiche fa specifico riferimento alle cooperative (e altre imprese di proprietà dei lavoratori) attive nell’industria e nei servizi, alcune di esse riguardano il mondo più vasto delle imprese, poggiando interamente sull’esperienza concreta delle nostre imprese, sia nei periodi normali sia in quelli di crisi, come rispecchia la presente ricerca. Inoltre, alcune raccomandazioni sono legate a due aree in cui il sistema cooperativo interagisce con il vasto mondo dell’impresa (in particolare le PMI): a) il trasferimento delle imprese ai lavoratori, e b) le cooperative di PMI. Focus generale sull’occupazione Tutte le raccomandazioni riportate di seguito sono legate alla creazione e al mantenimento di un’occupazione economicamente sostenibile, obiettivo centrale della nostra rete d’imprese e che la nostra esperienza dimostra essere fattore essenziale per la sostenibilità aziendale. Pertanto, esse sono tutte trasversalmente connesse alle politiche occupazionali a livello UE e nazionale. Una lettura generale di tali raccomandazioni andrebbe fatta, inter alia, dal punto di vista delle politiche dell’occupazione. Talune di queste raccomandazioni politiche sono rivolte alle istituzioni UE, mentre altre puntano al livello nazionale, perché le politiche-chiave volte a promuovere l’anticipazione del cambiamento nelle imprese spettano ad ambedue 201 PROOF Testo approvato dal Cda della Confederazione europea delle cooperative di lavoratori, delle cooperative sociali e delle imprese sociali e partecipative (CECOP CICOPA-Europe), e basato sulla ricerca presentata in questo testo Raccomandazioni per le politiche pubbliche nell’ambito della ristrutturazione e anticipazione del cambiamento i livelli. L’interazione necessaria fra questi due livelli, quando presente, emergerà nel testo. 1.Raccomandazioni di politiche a livello della UE PROOF 1.1. Migliorare le disposizioni dell’UE in materia di aiuti statali e politica industriale ▪▪ Disciplina degli aiuti di Stato. Chiediamo che siano create norme specifiche di aiuti di Stato (coordinandosi con le politiche fiscali a livello degli Stati membri dell’UE – si veda 2.1.), per salvare e sviluppare attività economicamente sostenibili che potrebbero chiudere, e in particolare tramite progetti di trasferimenti di imprese ai lavoratori, realizzati in un idoneo ambiente di supporto alle imprese. ▪▪ Politica industriale. È vitale elaborare una politica industriale generale UE (coordinandosi con la politica industriale degli Stati membri – si veda 2.1. sotto), con politiche tese ad anticipare il cambiamento nelle imprese attuali e a promuovere la creazione di attività economiche che rispondano a bisogni emergenti (specie nuove bisogni sociali, sanitari e ambientali), concentrandosi anche sulla creazione di occupazione stabile a lungo termine, con costante mobilità interna, formazione e incoraggiamento del know-how dei dipendenti. Tale forma di lavoro è un elemento chiave della sostenibilità imprenditoriale (come lo rivela l’esperienza imprenditoriale concreta delle cooperative industriali e di servizi e altre imprese di proprietà dei lavoratori). 1.2. Lanciare un’azione specifica nell’ambito del Metodo Aperto di Coordinamento (OMC) Proponiamo il varo di un’azione specifica diretta dalla Commissione europea nell’ambito del Metodo Aperto di Coordinamento per favorire le politiche nazionali citate al 2.2. (politiche tese a sostenere l’accumulo di capitale) e al 2.3. (politiche tese a sostenere la creazione e la crescita dei sistemi, delle reti e dei cluster imprenditoriali). Con tale azione, andrebbero cercate convergenze fra una prima serie di Stati membri, che potrebbe poi essere allargata ad altri, se possibile ai diversi territori regionali europei. 202 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza 1.3. Promuovere meccanismi finanziari a livello UE Coinvolgere la BEI e il FIE nelle raccomandazioni di politiche nazionali al 2.2.3.2. (creazione e rinforzo di istituzioni finanziarie non-bancarie per sviluppare le cooperative). La BEI e il FIE dovrebbero concorrere ad assistere le banche nell’agevolare l’accesso al capitale delle cooperative e delle PMI. 1.4. Impegnarsi in nuove ricerche a livello UE Varare ulteriori ricerche a livello europeo sulle diverse funzioni legate alla ristrutturazione e all’anticipazione del cambiamento e, inter alia, sui seguenti temi: ▪▪ l’effetto della struttura e della natura delle riserve aziendali sulla longevità e la strategia di lungo termine dell’impresa; ▪▪ l’effetto di gruppi e consorzi imprenditoriali sull’anticipazione del cambiamento, specie in termini di mutamento strutturale; ▪▪ le misure interne di governance dell’impresa che favoriscono l’anticipazione del cambiamento e la capacità di rispondere ai fabbisogni emergenti; ▪▪ i meccanismi che causano un superiore o inferiore livello di indebitamento dell’impresa. 1.5. Promuovere misure a favore dell’occupazione sostenibile e, quindi, contro la povertà e l’esclusione Le politiche europee per l’occupazione dovrebbero promuovere la creazione di un’occupazione sostenibile. L’occupazione sostenibile dovrebbe essere vista non solo dal punto di vista della coesione sociale, ma anche sotto l’ottica dello sviluppo economico a lungo termine dell’impresa: di fatto, lo sviluppo a lungo termine di un’impresa senza continuità nei posti di lavoro è difficile da realizzare. L’occupazione sostenibile genera la ricchezza e lo sviluppo a lungo termine dei territori. Per risolvere la crisi attuale del lavoro che l’UE sta vivendo, non si dovrebbe lavorare soltanto sulla creazione di nuovi posti di lavoro, ma anche sul mantenimento di quegli attuali con misure innovative, quali i trasferimenti delle imprese ai lavoratori. I trasferimenti riusciti mantengono più posti di lavoro di quanti vengano generati dalle nuove imprese. Mantenere i posti di lavoro attuali serve anche a prevenire la povertà e l’esclusione sociale di tanti lavoratori. 203 PROOF ▪▪ l’effetto leva di vari strumenti finanziari usati su fonti finanziarie esterne; Raccomandazioni per le politiche pubbliche nell’ambito della ristrutturazione e anticipazione del cambiamento 1.6. Riforma del Regolamento sulla Società cooperativa europea (SCE) Il Regolamento sulla SCE (società cooperativa europea) dovrebbe essere emendato per tener conto dei bisogni dei gruppi cooperativi già costituiti. 2.Raccomandazioni di politiche nazionali PROOF 2.1.Politiche tese a creare un ambiente abilitante ▪▪ Nel settore educativo, l’esperienza imprenditoriale concreta delle cooperative e delle altre imprese di proprietà dei lavoratori attive nell’industria e nei servizi, specie in fatto di innovazione e anticipazione del cambiamento, andrebbe insegnata nei programmi di studio di base (conformemente all’art. 8.1. f) della raccomandazione 193 dell’OIL sullo sviluppo delle cooperative, approvata da tutti e ventisette gli Stati membri attuali dell’UE91), e nei programmi di studi delle business schools e delle università, affinché tale esperienza possa essere meglio conosciuta dalla società europea in generale, e in particolare dai leader politici e dagli imprenditori del futuro. Una migliore conoscenza delle cooperative dovrebbe essere promossa anche nei sindacati e presso le persone/strutture (ragionieri, avvocati, tribunali fallimentari, ecc) la cui missione è quella d’informare sulla creazione o sul trasferimento delle imprese. ▪▪ Nel campo della politica industriale (riguardo alla politica industriale di livello comunitario, di cui al punto 1.1. sopra), chiediamo un maggior sostegno all’innovazione al fine di a) prevedere il cambiamento nelle imprese attuali e b) promuovere la creazione di attività economiche che rispondano ai fabbisogni emergenti (in particolare i nuovi bisogni sociali, sanitari e ambientali e ogni tipo di servizi d’interesse generale), con una visione che considera la creazione di occupazione stabile e a lungo termine, la costante mobilità interna, la formazione, e l’incoraggiamento del know-how dei dipendenti un elemento chiave della sostenibilità imprenditoriale. La nozione d’innovazione dovrebbe abbracciare naturalmente quella d’innovazione organizzativa, rispetto a cui il modello cooperativo di governance democratica dovrebbe essere preso ad esempio. 91 “Le politiche nazionali dovrebbero in particolare (…) promuovere l’istruzione e la formazione nei principi e nella pratica delle cooperative, a tutti i livelli appropriati dei sistemi nazionali di istruzione e formazione, e nella società tutta” (si veda: www.ilo.org) 204 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza ▪▪ Nel campo delle politiche di sostegno e di sviluppo dell’impresa (comprese quelle fiscali), chiediamo che siano create norme specifiche per salvare e sviluppare le attività economicamente sostenibili che sono a rischio di chiusura, in particolare mediante progetti di trasferimenti delle imprese ai dipendenti in un idoneo ambiente di sostegno all’impresa, coordinandosi con le politiche di aiuti di Stato al livello comunitario (si veda il punto 1.1.1 sopra). 2.2.Politiche tese a sostenere l’accumulazione di capitale ▪▪ Poiché le loro quote finanziarie sono, nella maggior parte dei casi, non immediatamente restituibili, ai soci-lavoratori delle cooperative di servizi e industriali dovrebbe essere concessa la detassazione completa della propria partecipazione finanziaria all’impresa e a tale fine dovrebbero potere contrarre prestiti con meccanismi limitati di garanzia. ▪▪ In particolare, i meccanismi finanziari volti ad aiutare i lavoratori a investire nelle imprese in crisi o senza successore, per facilitare i trasferimenti d’impresa nei dipendenti, in particolare in forma cooperativa, sono fortemente sollecitati. ▪▪ Dette politiche, che incoraggiano i lavoratori a partecipare al capitale e ai risultati economici delle proprie imprese, andrebbero incoraggiate mediante concreti meccanismi fiscali anche nelle altre forme d’impresa, con la necessaria tutela legale e la corrispondente quota di partecipazione alla governance, alla supervisione, alla presa di decisioni e alla responsabilità nell’impresa. 2.2.2. Sviluppo delle riserve delle imprese Allo scopo di promuovere un più efficace finanziamento delle imprese cooperative, si dovrebbe considerare una completa detassazione delle riserve indivisibili (vale a dire le riserve che non sono divisibili neanche in caso di liquidazione e che quindi sono usate per promuovere le imprese cooperative in genere). ▪▪ Si sollecitano norme legali che istituiscano delle riserve indivisibili completamente detassate (vale a dire riserve con un blocco sull’attivo) nelle cooperative di tutti quegli Stati membri UE in cui le riserve indivisibili non sono 205 PROOF 2.2.1. Partecipazione dei dipendenti al capitale dell’impresa Raccomandazioni per le politiche pubbliche nell’ambito della ristrutturazione e anticipazione del cambiamento già previste dalla legislazione. Nei paesi in cui le riserve indivisibili sono già presenti nella legislazione, si chiede la detassazione completa di tali riserve. Effettivamente, le riserve indivisibili anche alla liquidazione si sono rivelate uno strumento utili a mantenere e sviluppare a lungo termine le imprese nei territori dove sono situate, nonché i loro posti di lavoro. Inoltre, sono un elemento vitale dei sistemi di solidarietà tra generazioni. PROOF ▪▪ Si esorta la promozione di ulteriori meccanismi per le cooperative e per le altre imprese di proprietà dei lavoratori attive nell’industria e nei servizi, quali la non- (o non immediata) distribuzione degli utili della cooperativa e la rivalutazione delle quote dei soci (secondo meccanismi da definire e indipendenti dal mercato azionario), che dovrebbe essere incoraggiata e tutelata per legge. ▪▪ La possibilità di ricorrere ad altre forme d’accumulazione di capitale non restituibile per aiutare le imprese a ridurre il proprio livello d’indebitamento ed, al contempo, un maggiore accesso a programmi d’investimento produttivo per un’efficace previsione del cambiamento, andrebbero esplorati e incoraggiati in tutti i tipi d’impresa. 2.2.3. Meccanismi finanziari sistemici per l’accumulazione di capitale produttivo ▪▪ Chiediamo che venga introdotto per legge l’obbligo per tutte le cooperative a dare una percentuale del proprio fatturato o dei propri risultati per concorrere a creare nuove cooperative, rafforzare quelle esistenti e trasformare le imprese a rischio di chiusura in cooperative (come già avviene in Italia con una legge nazionale che obbliga tutte le cooperative a dedicare il 3% dei propri risultati a fondi di solidarietà che sviluppano cooperative, si veda il capitolo italiano di questa ricerca). Quei fondi di solidarietà andrebbero gestiti sotto il controllo delle organizzazioni cooperative stesse per tutte le cooperative ad esse affiliate. Come strumento concreto di politica economica, quei fondi di solidarietà andrebbero usati per investire in determinati settori strategici. ▪▪ Inoltre chiediamo politiche a favore della creazione e del rafforzamento di istituzioni finanziarie non bancarie dedicate allo sviluppo delle cooperative e delle altre imprese di proprietà dei lavoratori attive nell’industria e nei servizi, che siano ben radicate nel movimento cooperativo, che cooperino tra loro e che possano, inter alia: ▫▫Fungere da mediatori fra queste reti e i mercati finanziari, le banche e gli 206 Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza investitori istituzionali, con l’emissione di strumenti finanziari senza diritto di voto, sia restituibili (come le obbligazioni classiche) sia non restituibili (quali le obbligazioni partecipative che possono restare come fondi di investimento nelle imprese per un periodo indefinito, e possono quindi aumentare la capacità delle imprese di ottenere prestiti bancari per finalità produttive). Inoltre, le politiche pubbliche dovrebbero promuovere l’interazione con le banche e gli investitori istituzionali al fine d’incoraggiare la sottoscrizione di questi nuovi strumenti finanziari. ▫▫Favorire meccanismi comuni di garanzia. ▫▫Gestire fondi comuni fra le imprese. 2.3. Politiche tese a sostenere la creazione e il rafforzamento di reti di aziende e cluster ▪▪ La creazione e il rafforzamento di istituzioni mutuali di sostegno alle imprese fra cooperative industriali e di servizi, nel campo del finanziamento, della formazione e educazione, dei servizi di consulenza imprenditoriale e legale ecc., di proprietà comune, e controllati in comune da imprese che le usano, vanno promossi. ▪▪ In particolare, sollecitiamo la promozione, la creazione e il rafforzamento di istituzioni di sostegno imprenditoriale che si dedicano in parte o interamente a dare consulenza ai lavoratori nelle imprese a rischio di chiusura, per gestire l’intero procedimento dei trasferimenti di imprese ai dipendenti. ▪▪ La creazione e il rafforzamento di vari generi di gruppi, consorzi e reti fra cooperative industriali e di servizi, in particolare i gruppi paritari (gruppi fra uguali) intesi a elaborare strategie imprenditoriali comuni ed a mutualizzare servizi comuni di sostegno imprenditoriale (per es. in R & S, formazione, consulenza, piattaforme comuni di produzione e servizi, ecc) risultano essenziali per lo sviluppo di un’impresa e vanno promossi in modo rigoroso. ▪▪ Lo sviluppo delle cooperative e di altri gruppi orizzontali simili volti a generare strategie comuni e a mutualizzare servizi di supporto imprenditoriale andrebbe incoraggiato non solo fra le cooperative, ma tra le PMI in genere. 207 PROOF ▪▪ La possibilità di applicare tali norme a tutti i tipi d’impresa dovrebbe essere esplorata. In controtendenza rispetto allo scenario disegnato dalla crisi economica e finanziaria del 2007/2008, questo libro evidenzia la resistenza dimostrata dalle cooperative e dagli altri tipi d’imprese proprietà dei lavoratori attivi nel settore industriale e dei servizi. Il presente studio, inoltre, prende in esame lo sviluppo di queste imprese nel corso deglu ultimi decenni. Focalizzando la propria attenzione su tre paesi, Italia, Spagna e Francia, la ricerca dimostra che: In Italia, a partire dagli anni Settanta, queste cooperative hanno registrato un maggiore tasso di crescita in termini di posti di lavoro creati rispetto all’intero settore privato. In Spagna, si sono creati diversi grandi gruppi d’impresa in grado di garantire lavoro sicuro, fra cui Mondragon, diventato fra i setti principali gurppi nel paese. In Francia, tra il 1989 e il 2010 oltre 700 imprese a rischio fallimento sono state trasformate in cooperative. Le cooperative sono state certamente colpite dalla crisi ma, in generale, ne hanno affrontato gli effetti a breve termine in modo più efficace rispetto a molte altre imprese convenzionali, ed hanno saputo mantenere meglio i livelli occupazionali. Cosa ancora più importante, le natura non ciclica della crisi ha reso più forte il loro approccio basato su processi a lungo termine, pre-requisito fondamentale sia per le strategie di cambiamento che per l’anticipazione del cambiamento stesso. Questo è un libro che aiuta a riflettere, comprendere e agire. Felice Scalvini, Presidente di Cooperatives Europe, Vice Presidente dell’Alleanza Cooperative Internazionale A proposito di CECOP CECOP - CICOPA Europe è la Confederazione europea delle cooperative e degli altri tipi d’imprese proprietà dei lavoratori attive nei settori dell’industria e dei servizi. Raggruppa federazioni nazionali in 16 paesi europei che a loro volta rappresentano 50 000 imprese attive nel settore per un totale di 1.4 milioni di soci lavoratori. Tra queste, 9 000 sono cooperative sociali, con circa 270 000 lavoratori. CECOP ISBN: 9782930651002 CICOPA Europe European House of Cooperatives Avenue Milcamps 105 - BE-1030 Brussels Tel. +32 2 543 10 33 / Fax +32 2 543 10 37 E-mail: [email protected] Sito Web: www.cecop.coop 9 782930 651002