Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza Al di là della Crisi

Al di là della Crisi:
Cooperative, Lavoro, Finanza
Generare ricchezza nel lungo periodo
di Alberto Zevi, Antonio Zanotti, François Soulage e Adrian Zelaia
PROOF
C
EC O P P U BLICATIONS
CEC
Questa pubblicazione è stata finanziata con il sostegno della Commissione
Europea. Essa rispecchia il punto di vista dell’autore e la Commissione non
può essere ritenuta responsabile per qualsiasi uso che possa essere fatto
delle informazioni che vi sono contenute.
Questa pubblicazione è sostenuta nell'ambito del programma comunitario
per l'occupazione e la solidarietà sociale – PROGRESS (2007-2013).
Si tratta di un programma gestito dalla Direzione Generale per l’Occupazione,
gli Affari Sociali e le Pari Opportunità della Commissione Europea. È stato
istituito per sostenere finanziariamente la realizzazione degli obiettivi
dell’Unione europea (UE) nel settore dell’occupazione e degli affari sociali,
come prevede l’Agenda Sociale, e per contribuire quindi alla realizzazione
degli obiettivi della strategia di Lisbona in questi settori.
Il programma settennale si concentra su tutte le parti interessate che possono
contribuire a plasmare lo sviluppo di un’occupazione adeguata ed efficace
nonché di politiche e di legislazione sociale, attraverso l’UE-27, i paesi
dell’EFTA-EEA e i paesi candidati e potenziali candidati all’UE.
La missione del programma PROGRESS consiste nel rafforzare il
contributo UE per sostenere gli impegni e gli sforzi degli Stati membri. A tal
fine Progress sarà utile nel:
prevedere analisi e consulenza politica nei settori di attività del
programma Progress;
monitorare e fornire relazioni sull’applicazione della legislazione e delle
politiche UE nei settori di competenza del programma PROGRESS;
promuovere il trasferimento di politiche, lo scambio di conoscenze e il
supporto fra gli Stati membri su obiettivi e priorità UE;
divulgare i punti di vista delle parti interessate e della società in generale
Per ulteriori informazioni consultare il sito: http://ec.europa.eu/progress
Figure di copertina:
In alto a sinistra: Aiguasol / Operaio in una cooperativa a Barcellona, Spagna
In alto a destra: ACOME / Una delle più grandi cooperative industriali in Francia
In basso a sinistra: P.A.R.I.S Anticorps / Operaio in una cooperativa a Compiègne, Francia
In basso a destra: Indico Buceo Industrial SLL / Sociedad Laboral a San Vicente de la Barquera, Spagna
Questo file è una versione di prova. Esso deve essere utilizzato ai
soli fini specificati da CECOP-CICOPA Europe, come l’analisi,
l’approvazione o la pianificazione di un corso o per altri usi
istituzionali. È possibile salvare e stampare il file ma in nessun caso
esso potrà essere distribuito o reso accessibile a terzi senza previa
autorizzazione esplicita da parte di CECOP-CICOPA Europe. In
caso di domande riguardo all’utilizzo di questo file, si prega di
contattare CECOP-CICOPA Europe al seguente indirizzo email:
[email protected].
Al di là della Crisi:
Cooperative, Lavoro, Finanza
Generare ricchezza nel lungo periodo
di Alberto Zevi, Antonio Zanotti, François Soulage e Adrian Zelaia
Altre pubblicazioni di CECOP
Cooperatives, Territories and Jobs
A cura di Bruno Roelants, Valerio Pellirossi e Olivier Biron, 2011 [disponibili in
inglese e francese]
Manuali CECOP – Guida al funzionamento delle Istituzioni Europee:
Manuale 1
The European Union institutions and how they function
di Bruno Roelants, Claudia Sanchez Bajo e Guy Boucquiaux, 2009
Manuale 2
The open method of coordination
di Bruno Roelants e Diana Dovgan, 2010
Manuale 3
European Union policies and policy processes - Internal market, enterprise and social
policies
di Diana Dovgan, Guy Boucquiaux e Bertrand Tillay, 2010
CECOP PUBLICATIONS
© CECOP 2011
ISBN: 978-2-930651-00-2
Deposito legale: D/2011/11.816.3
Stampa: Gillis, Brussels
Grafica: Ana Laura Suescun per jcse
Traduzioni: Adriano Muratori
Questa pubblicazione è stata stampata su carta riciclata al 100%
La copia totale o parziale di questa pubblicazione è vietata se non previa esplicita autorizzazione
da parte di CECOP-CICOPA aisbl.
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Cooperatives and social enterprises - Governance and normative frameworks
A cura di Bruno Roelants, 2009 [disponibili in inglese e francese]
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Ringraziamenti
Gli autori e lo staff di CECOP, organizzazione che ha coordinato il progetto
Anticipate su cui si basa questo libro, desiderano ringraziare Doretea Daniele
(Diesis) e Bruno Dunkel (Soficatra), membri del Comitato Direttivo del progetto, per il contributo attivo a questa pubblicazione e Felice Scalvini, Presidente
di Cooperatives Europe e Vice Presidente dell’Alleanza Cooperativa Internazionale, per la prefazione e l’impegno riservato a questo progetto. Gli autori e
i membri dello staff di CECOP desiderano inoltre ringraziare Elisa Terrasi per
l’attenta rilettura del libro.
Gli autori desiderano soprattutto ringraziare i membri di CECOP – CICOPA
Europe che, fornendoci la loro preziosa collaborazione e importanti informazioni, hanno reso possibile la pubblicazione di questo libro; in special modo: i
membri italiani: AGCI (AGCI Produzione e Servizi di lavoro, AGCI Solidarietà, General Fond), CONFCOOPERATIVE (Federlavoro, Federsolidarietà,
Fondosviluppo), Legacoop (ANCPL, Legacoopservizi, Legacoopsociali, Coopfond), CFI spa e Cooperfidi Italia; quelli spagnoli: COCETA e Confesal; e
quelli francesi: CGScop.
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Gli autori
Alberto Zevi è Professore di economia politica e di economia delle imprese
cooperative all’Università di Roma “La Sapienza”. È inoltre Presidente del
Centro Studi dell’organizzazione cooperativa italiana Legacoop. È membro del
Consiglio Scientifico Internazionale di CIRIEC (Centro internazionale di ricerca
e d’informazione sull’economia pubblica, sociale e cooperativa) e collabora
regolarmente con l’Istituto Europeo di Ricerca sull’Impresa Cooperativa e
Sociale, EURICSE. Nel corso della sua lunga carriera, Alberto Zevi ha ricoperto
la posizione di direttore dei corsi in teoria e politica dello sviluppo e di economia
e politica industriale all’Università di Urbino. Ha dedicato particolare attenzione
ai temi riguardanti l’economia del lavoro, l’economia industriale, le cooperative
e l’autogestione. È inoltre amministratore delegato del CFI (Cooperazione,
Finanza, Impresa) e Vice Presidente di Soficatra S.A.
François Soulage
François Soulage è dottore in scienze economiche, laureato all’Istituto di Studi
Politici a Parigi. Accanto all’impegno per l’economia sociale, ha occupato posizioni di rilievo nella pubblica amministrazione. Ha ricoperto, in tale ambito,
l’incarico di delegato interministeriale per l’economia sociale presso il Governo
Francese dal 1992 al 2008. È stato Presidente del gruppo ESFIN (Economia
Sociale e Finanza) dal 1992 al 2008 e Presidente e Direttore dell’Istituto di
Sviluppo dell’Economia Sociale (IDES) dal 1983 al 2008, di cui ha contribuito
alla nascita e allo sviluppo. Dal 2005 presiede COOPEST, una società d’investimento dell’economia sociale per i paesi dell’Europa Centrale e Orientale.
Dal 2008, François Soulage è Presidente Nazionale del Soccorso cattolico della
Caritas francese.
Antonio Zanotti
Dopo essersi laureato in economia all’Università di Bologna nel 1973, a partire
dal 1976 Antonio Zanotti ha cominciato a muovere i primi passi nel movimento
cooperativo italiano. Lungo la sua carriera professionale, ha ricoperto diverse
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Alberto Zevi
posizioni come direttore amministrativo e finanziario in numerose cooperative
italiane nel settore agricolo, finanziario e dei servizi. È stato membro del Consiglio d’Amministrazione e del Collegio Sindacale di numerose cooperative.
Dal 2006 al 2008, ha fatto parte della Presidenza Nazionale di Legacoop Servizi, l’organizzazione italiana delle cooperative dei servizi di Legacoop. Tuttora,
continua a collaborare con numerose istituzioni cooperative, principalmente nel
settore della formazione, in special modo con Legacoop Servizi e con la Scuola
Nazionale Servizi nata di recente. Si occupa di ricerca in teoria economica delle
cooperative di lavoro e dei sistemi di gestione delle imprese cooperative.
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Adrian Zelaia
Adrian Zelaia si è laureato in diritto d’impresa presso l’Università di Deusto
(Bilbao). Presso la stessa università, ha scritto una tesi di dottorato sul tema
“Il capitale nelle Cooperative”. Nel 1998, ha iniziato a lavorare a Mondragon,
impresa leader nei Paesi Baschi, in Spagna, e uno dei gruppi cooperativi più
prosperi al mondo, esempio emblematico di cosa sono capaci le cooperative di
lavoro. Da allora, ha assunto la funzione di Segretario del Presidente, responsabile nel reparto affari giuridici, Rettore dell’Università di Mondragon ed è
diventato, infine, segretario generale del gruppo, dal 2000 al 2010. Dal 2009, è
Presidente del Centro Ekai, un istituto di ricerca per la promozione e la diffusione di conoscenze in materia di politiche pubbliche. Adrian Zelaia è autore di
numerose pubblicazioni sul tema dell’impresa cooperativa.
Sommario
A proposito di questo libro..................................................................9
di Bruno Roelants
Prefazione...................................................................................... 13
di Felice Scalvini
Introduzione................................................................................... 19
di Alberto Zevi
Capitolo 1
di Antonio Zanotti
1. LA COOPERAZIONE DI LAVORO E SOCIALE IN ITALIA....................... 21
1.1. La dimensione giuridico-istituzionale............................................ 21
1.2. La dimensione statistica.............................................................. 25
2. LE RISPOSTE DELLE IMPRESE COOPERATIVE PER IL
SUPERAMENTO DELLA CRISI........................................................... 50
2.1. Creazione di nuove cooperative e processi di crescita..................... 50
2.2. Le aggregazioni cooperative.........................................................59
3. GLI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO PER LA CRESCITA................. 75
3.1. Strumenti diretti: capitale e riserve............................................... 75
3.2. Strumenti esterni........................................................................ 83
Capitolo 2
Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni.............................. 97
di Adrian Zelaia
1. LE IMPRESE DI PROPRIETÀ DEI LAVORATORI IN SPAGNA................... 97
1.1. Spiegazione dei concetti di cooperative di lavoro e sociedades
laborales (società di lavoratori).................................................... 97
1.2. Contesto giuridico....................................................................... 97
PROOF
Italia: La forza di una rete intersettoriale............................................. 21
1.3. Statistiche e dati...................................................................... 101
1.4. Quadro istituzionale................................................................. 103
1.5. Le imprese di proprietà dei lavoratori negli anni
che hanno preceduto la crisi..................................................... 103
1.6. La crisi finanziaria del 2007...................................................... 105
2. STRATEGIE E STRUMENTI DI CRESCITA E ANTICIPO DEL
CAMBIAMENTO............................................................................... 107
2.1. Le imprese di proprietà dei lavoratori
a fronte della crisi economica.................................................... 107
2.2. Strumenti interni...................................................................... 121
2.3. Strumenti esterni...................................................................... 133
PROOF
3. STRUMENTI FINANZIARI................................................................. 144
3.1.
3.2.
3.3.
3.4.
3.5.
Le cooperative di credito........................................................... 144
Le sezioni di credito.................................................................. 145
Strumenti per la raccolta di capitale-patrimonio netto.................. 146
Partecipazioni speciali............................................................... 148
Accumulo di capitali senza diritto di voto.................................... 149
Capitolo 3
Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese . ..................... 151
di François Soulage
Introduzione......................................................................................... 151
1. DATI RIGUARDANTI LE COOPERATIVE DI LAVORO
ASSOCIATO IN FRANCIA DAL 1989 AL 2009.................................... 151
1.1. Quadro statistico generale.......................................................... 151
1.2. Creazione e mortalità delle imprese cooperative di lavoro
associato dal 1989 al 2010...................................................... 153
1.3. Analisi secondo i motivi della creazione...................................... 154
1.4. Sopravvivenza delle imprese...................................................... 156
1.5. Analisi per settore d’attività....................................................... 156
1.6. Evoluzione dei posti di lavoro creati........................................... 158
2. LE DISPOSIZIONI GIURIDICHE
PER IL FINANZIAMENTO DELLE COOPERATIVE................................ 159
2.1. Il conferimento di capitali propri con norme di diritto
comune adattati alle cooperative............................................... 159
2.2. Le nuove possibilità offerte dalle leggi
sulle cooperative del 1983 e del 1992....................................... 161
3.1. I fondi propri derivati dal movimento cooperativo......................... 167
3.2. Uno strumento per sottoscrivere titoli partecipativi:
l’Istituto di Sviluppo dell’Economia Sociale (IDES)...................... 168
3.3. Gli strumenti creati dall’IDES..................................................... 169
3.4. L’accesso alle garanzie.............................................................. 170
4. CRESCITA, ANTICIPARE IL CAMBIAMENTO E LA SOPRAVVIVENZA
DELL’IMPRESA............................................................................... 171
4.1. Trasferimento di un’impresa senza successore............................. 171
4.2. Il trasferimento di un’impresa in crisi
sotto forma di cooperativa......................................................... 179
4.3. La cooperazione tra imprese, un mezzo di espansione.................. 185
Conclusioni.................................................................... 189
di Alberto Zevi
Raccomandazioni per le politiche pubbliche nell’ambito
della ristrutturazione e anticipazione del cambiamento.......... 201
PROOF
3. GLI STRUMENTI PER IL FINANZIAMENTO IN FONDI PROPRI
E QUASI-FONDI PROPRI DELLE COOPERATIVE................................. 167
A proposito di questo libro
Bruno Roelants
Segretario Generale di CECOP-CICOPA Europe
La ricerca, che si è svolta nel corso di tutto il 2010, si è incentrata su tre paesi:
Italia, Francia e Spagna, e su tre tipi d’impresa tra loro simili: le cooperative
di lavoro associato (nei tre paesi), le cooperative sociali (in Italia) e le società
di lavoratori [sociedades laborales] in Spagna. Tutti e tre questi tipi d’impresa
sono caratterizzati dalla proprietà e dal controllo di maggioranza dei dipendenti
e, di conseguenza, da un forte interesse a mantenere posti di lavoro sostenibili.
Tutti e tre fanno parte di un’ampia rete su scala europea coordinata e rappresentata dalla Confederazione Europea delle Cooperative di Lavoro Associato, delle
Cooperative Sociali e delle Imprese Partecipate (CECOP CICOPA-Europe). I
tre paesi analizzati sono anche gli stessi nei quali questo tipo d’impresa ha raggiunto il più alto livello di sviluppo in Europa, in termini di numero di imprese, posti di lavoro, gruppi d’impresa orizzontali e organizzazioni di sostegno
all’impresa.
Il progetto analizza le differenti modalità con cui questi tre tipi di azienda hanno affrontato le sfide della ristrutturazione d’impresa e dell’anticipazione del
cambiamento, sia al loro interno che nei gruppi d’impresa e nelle reti di sostegno per le imprese, con un’attenzione particolare agli strumenti finanziari.
La ricerca è stata condotta da un Comitato Scientifico formato da un gruppo di
specialisti e si è avvalsa nei tre paesi della stretta collaborazione delle federazioni nazionali rappresentate da CECOP. Questo contributo è stato fondamentale
alla raccolta dei dati necessari e al rafforzamento del processo di partecipazione
e di restituzione della ricerca alle organizzazioni che rappresentano le imprese
osservate, nel rispetto dell’indipendenza dei ricercatori.
9
PROOF
Questo libro è il risultato di un progetto di ricerca intitolato “Ristrutturazione
d’impresa e anticipazione del cambiamento tra le cooperative di lavoro associato, le cooperative sociali e altri tipi di imprese di proprietà dei lavoratori”
nell’ambito dell’invito a presentare proposte 2009 sulla “Ristrutturazione industriale, benessere sul lavoro e partecipazione finanziaria” pubblicata dall’Unità “Nuove competenze per nuovi lavori, Adattamento al cambiamento, RSE e
FEG” della DG della Commissione Europea per l’Occupazione, gli Affari sociali e l’Inclusione.
A proposito di questo libro
Hanno preso parte al progetto anche le confederazioni nazionali dei sindacati
CGIL e UIL per L’Italia, CGT e FO per la Francia e CCOO e UGT per la Spagna. I numerosi incontri organizzati con queste organizzazioni hanno permesso
di dare voce alle loro preoccupazioni e di raccogliere informazioni preziose.
Hanno partecipato anche gli altri membri europei di CECOP, grazie a due incontri svoltisi uno a metà e l’altro alla fine del progetto, durante i quali sono
emersi importanti contributi da parte dei membri di CECOP degli altri tredici
paesi europei non partners in questo progetto di ricerca.
PROOF
Il primo compito del Comitato Scientifico è stato quello di strutturare la ricerca
ed elaborare una prima griglia per la raccolta dei dati che, successivamente, è
stata discussa insieme alle federazioni nazionali aderenti a CECOP nei tre paesi
oggetto di questo studio.
Una volta approvata la griglia, sono state avviate la raccolta e l’analisi dei dati
nei tre paesi. I risultati sono stati poi comparati e illustrati alle federazioni nazionali partners nel progetto. Una volta strutturata la presentazione in tre capitoli,
il Comitato Scientifico ha redatto le conclusioni e una serie di raccomandazioni
indirizzate alle politiche pubbliche basate sui risultati ottenuti. Tali raccomandazioni sono poi state discusse e approvate dal Consiglio d’Amministrazione di
CECOP, a cui ha seguito un incontro con tutti i membri di CECOP a cui hanno
preso parte anche alcune federazioni cooperative sub-nazionali come, ad esempio, l’Emilia Romagna, Poitou-Charente, la Galizia, la Finlandia orientale e la
Mala Polska. Alla fine, i risultati ottenuti sono stati illustrati ai rappresentanti
della Commissione Europea e ai sindacati. Le raccomandazioni per le politiche
pubbliche si trovano alla fine di questo libro.
Il libro contiene tre capitoli principali scritti rispettivamente da Antonio
Zanotti dall’Italia, François Soulage dalla Francia e Adrian Zelaia dalla
Spagna. Come presidente del Comitato Scientifico per l’Istituto Europeo di
Ricerca sull’Impresa Cooperativa e Sociale (EURICSE), anch’esso partner nel
progetto, Alberto Zevi ha redatto sia l’introduzione che le conclusioni. Infine,
abbiamo chiesto a Felice Scalvini, ex presidente di CECOP e cooperatore di
lunga data, di scrivere la prefazione.
L’intero progetto è stato implementato da tre organizzazioni: CECOP come
capo progetto; Soficatra, membro di CECOP, come esperto finanziario sui temi
dell’economia sociale a livello europeo; infine Diesis, una cooperativa con base
a Bruxelles specializzata nella gestione logistica di progetti europei.
10
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Una nota semantica: il termine “cooperativa” utilizzato nel titolo si riferisce ai
tre tipi d’impresa oggetto di questa ricerca: la definizione spagnola di Sociedades Laborales, pur non facendo riferimento ad una vera e propria cooperativa,
se ne avvicina molto in termini di modello di gestione e organizzazione.
PROOF
Questo libro può essere d’interesse per tutti i politici, per le organizzazioni e
le persone coinvolte nel settore delle cooperative e, più in generale, interessate
all’economia sociale, al lavoro sostenibile, all’occupazione e allo sviluppo locale.
Nell’ambito di questa nostra analisi, che il lettore è invitato a prendere in esame
e a valutare, speriamo di aver efficacemente dimostrato la particolare resistenza
delle nostre imprese alla crisi economica e finanziaria scoppiata nel 2007/2008.
11
Prefazione
Felice Scalvini
Ho iniziato a stendere questa nota in volo, di rientro dall’India, dove ero andato per una riunione del board dell’International Cooperative Alliance. Mentre
stavo riflettendo su cosa scrivere, è avvenuto un fatto piuttosto raro, anche se
non nuovo per chi, come me, accumula annualmente un discreto numero di miglia. L’aereo, mentre procedeva in assoluta tranquillità, tutt’a un tratto ha perso
bruscamente quota, come se fosse incappato in una buca, o in un gradino. La
sensazione non è stata piacevole, ma è durata poco. L’assetto normale di volo è
stato presto ripreso e il viaggio è proseguito tranquillamente: quasi è mancato
il tempo anche soltanto per un po’ di batticuore.
Ecco, mi son detto, una buona metafora consegnatami dal caso. Infatti, gran
parte della stampa economica sembra ritenere che la crisi finanziaria sia qualcosa di molto simile a quel sobbalzo durante la tranquilla e sicura crociera che
l’economia capitalistica starebbe conducendo da alcuni decenni e che sarebbe
destinata a proseguire per un indeterminato e lungo futuro. Per un momento la
sensazione di vuoto, un po’ di sobbalzi, l’incrociarsi di qualche sguardo ansioso
e poi il pilota automatico, rappresentato dal mercato e dalla sua “razionalità”,
ricondurrà tutto alla routine consueta e positiva.
Purtroppo non è così. Credo che sia molto più realistico leggere la crisi come
l’effetto della hubrys che ha travolto la cosiddetta economia del libero mercato
e i suoi numerosi profeti. Le origini del sentimento di tracotanza vanno probabilmente rintracciate nella cosiddetta “vittoria sul comunismo” - su quello che
Reagan aveva definito “l’universo del male” – e sulla narrazione che, ad uso e
consumo del mondo intero, ha accompagnato il disfacimento dell’URSS e dei
suoi satelliti.
Chi è stato, infatti, secondo l’epica rappresentazione proposta, il cavaliere bianco, il San Giorgio che ha sconfitto il drago rosso? È evidente: è stata l’economia
capitalistica! Quindi inchiniamoci tutti al vincitore. Sacralizziamolo e uniformiamoci tutti al suo imperativo fondamentale: arricchirsi nel minor tempo possibile, facendo leva soprattutto sul piccolo o grande potenziale finanziario di
cui disponiamo e/o del potere, in particolare quello manageriale, eventualmente
13
PROOF
Presidente di Cooperatives Europe
Vice Presidente dell’Alleanza Cooperativa Internazionale
Prefazione
PROOF
conseguito. Ed ancora, nella costruzione di questa visione quasi idolatrica, dimentichiamoci di tutti gli altri fattori che hanno concorso a cambiare la storia
negli ultimi decenni e a provocare la caduta dei regimi socialisti: dall’innovazione tecnologica, a internet, alla musica rock, alla trasformazione dei costumi,
alla modifica della condizione femminile, all’azione del Papa polacco, alla naturale propensione al collasso dei sistemi di economia statale pianificata, e così
via. E da ultimo dimentichiamoci di come la cavalcata senza freni del capitalismo finanziario abbia accresciuto a dismisura le differenze di reddito in tutti i
paesi, distribuendo a esigue minoranze la gran parte della ricchezza prodotta.
Ma ciò che m’interessa qui rilevare in modo particolare è che non solo la lettura
del crollo dei regimi socialisti, ma tutta la storia dell’economia almeno degli
ultimi due secoli risulta, nella lettura corrente, gravemente deformata. Infatti,
ad un attento e imparziale esame, emerge molto chiaramente come lo sviluppo
del sistema economico occidentale di libero mercato sia stato caratterizzato
dalla compresenza di una grande varietà di soggetti imprenditoriali che, di volta in volta, in relazione ai diversi contesti storici e ambientali, hanno giocato
ruoli più o meno rilevanti. Basta pensare alle aziende municipalizzate ed al loro
contributo allo sviluppo dell’economia locale; alle mutue assicurative sanitarie
e previdenziali ed al ruolo giocato per innalzare in modo generalizzato le condizioni di sicurezza e di vita della popolazione; alle imprese pubbliche, spesso
intervenute a salvare comparti economici entrati in grave crisi o a svilupparne
altri dove risultava insufficiente l’afflusso di capitali privati; alle cooperative ed
al loro ruolo decisivo in comparti dell’economia particolarmente delicati quali
l’agricoltura ed il credito; alle casse di risparmio ed alla funzione svolta nel
canalizzare il piccolo risparmio entro grandi circuiti finanziari non speculativi
e orientati allo sviluppo.
Lo straordinario sviluppo economico che ha caratterizzato l’economia occidentale s’è fondato sulla “biodiversità imprenditoriale” e su di essa si sta costruendo
anche il successo dei paesi emergenti, a patto di voler esaminare lo stato delle
cose nella sua realtà e non usando le lenti dell’ideologia mercantilista. Infatti,
è sotto gli occhi di tutti come l’apertura ai mercati internazionali dei prodotti
e dei capitali, e nel complesso alla imprenditoria finanziaria stia avvenendo in
paesi come la Cina ed il Brasile in modo graduale e non esclusivo. Significativo
in proposito è il pensiero espresso dal vicepremier cinese Hui Liangyu in occasione dell’assemblea dell’ACI-Asia-Pacifico tenutasi a Beijing nel settembre
2010, circa la necessità di promuovere una grande crescita e diffusione d’imprese cooperative per garantire un equilibrato sviluppo del paese nei prossimi
14
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Certo, ritornare ad un approccio equilibrato e consapevole, che collochi nella giusta dimensione il capitalismo finanziario e garantisca un equilibrio tra i
diversi soggetti economici, orientandone l’azione in base alle specifiche caratteristiche, non è facile. Le gabbie sono state aperte e gli spiriti animali della
finanza aggressiva si sono insediati ovunque: nei media, nelle business school,
nei centri di ricerca, nei gangli della pubblica amministrazione e del governo.
Locuzioni come “creare valore”, nel senso di speculare senza regole con leve finanziarie dissennate, o “estrarre valore”, per giustificare operazioni ispirate alla
banalissima filosofia del “meglio una gallina oggi che un uovo ogni giorno per
i prossimi anni”, hanno campeggiato per anni nei titoli della stampa economica
specializzata e nelle slides delle presentazioni fatte dai CEO agli analisti delle
piazze finanziarie o alle convention aziendali.
Tutto ciò sta producendo un’onda lunga, destinata a durare ancora per un certo
tempo (non troppo speriamo) e difficile da contrastare. Ne è prova quanto dicevo prima: gran parte degli opinion-maker che leggiamo sulla stampa economica affermano che la situazione è destinata a normalizzarsi in modo naturale.
Basta un qualche sostegno temporaneo degli Stati.
Vi è però un dato che deve confortare e incentivare chiunque sia al lavoro per
rompere la dannosa egemonia di pensiero e di azione politica che si è creata.
Un diverso modo di interpretare l’economia e l’attività imprenditoriale non solo
è sempre esistito e tuttora è riscontrabile sotto tutte le latitudini ed in tutte le
fasi dello sviluppo, ma in questo periodo sta resistendo e reagendo meglio alla
crisi e, pur tra ovvie difficoltà, sta anche allargando in modo notevole il proprio
campo d’azione. Il peso dell’economia sociale negli ultimi tre anni è cresciuto
in tutti i paesi, come testimoniano numerosi riscontri. Le banche cooperative
sono state investite solo marginalmente dalla bufera finanziaria e comunque
non hanno avuto bisogno di sostegni pubblici. Non a caso uno studio del Ministero del Tesoro americano indica nella forma cooperativa la possibile soluzione al dissesto sia di Freddy Mac sia di Fannie Mae. Le imprese sociali, come
sottolinea uno studio delle Camere di commercio italiane, hanno aumentato
15
PROOF
anni. Allo stesso modo è palese il grave dissesto provocato dall’adesione della
Russia degli anni ’90 ai precetti della scuola di Chicago, al quale ha dovuto far
seguito il ritorno in campo dell’impresa pubblica. Fenomeno che va visto non
solo come recupero del potere centrale nei confronti degli “oligarchi” ma, più
strutturalmente, come riequilibrio e ripristino di una certa misura, seppur insufficiente, di biodiversità imprenditoriale.
Prefazione
l’occupazione anche nel corso del 2009. In Francia, come illustrato più avanti
nel libro, il costituirsi di cooperative tra i lavoratori sta permettendo la sopravvivenza d’imprese entrate in crisi.
PROOF
Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma il problema è l’evidenza che essi
si propongono a fatica per diventare proposta globale, alternativa diffusa, cultura presente nelle università, nelle business school, nei centri di ricerca, prospettiva proposta dai media e condivisa dai policy-maker per una futura evoluzione
del quadro economico e sociale.
C’è un grande lavoro da fare. Bisogna far affiorare queste e molte altre esperienze. Proporle come punti di riferimento paradigmatici. Conoscerne, attraverso un approfondito lavoro di studio, le dinamiche ed i meccanismi specifici,
insieme ai difetti e ai limiti. Si tratta di trasmettere i contenuti sviluppati, con
un’adeguata azione di comunicazione, formazione, informazione. Soprattutto
bisogna uscire dagli spazi ormai un po’ angusti delle esperienze locali e mettersi in gioco su uno scenario più ampio, raccordando e confrontando realtà diverse per distillare traiettorie di lavoro, proposte operative, disegni anche grandi e
ambiziosi di trasformazione economica e di proposta politica.
A questa esigenza e a questo disegno ha cercato di portare, grazie al sostegno
della Commissione Europea, il proprio contributo Cecop, col progetto ‘Anticipate’, realizzato da un’ampia platea di soggetti, sotto la guida impegnata ed
esperta di Bruno Roelants come segretario generale di CECOP e di Alberto
Zevi come presidente del Comitato Scientifico del progetto, cooperatori e studiosi appassionati, che da anni coniugano riflessione e azione diretta in diverse
organizzazioni cooperative. Ne è uscito questo libro; che illustra il quadro della
cooperazione di lavoro in tre paesi europei – Italia, Francia e Spagna - offrendone una rappresentazione realistica e documentata e soprattutto analizza le dinamiche di sviluppo e l’impatto che su di esse può produrre una strumentazione
finanziaria adeguata.
Ciò che si rileva, leggendolo, è la forza intrinseca dell’impresa cooperativa e la
sua capacità di adattarsi, con grande flessibilità, a contesti e situazioni economiche e sociali diverse.
Un libro dunque che aiuta a riflettere, a comprendere e ad agire, e che può contribuire a diffondere la consapevolezza, innanzitutto tra i cooperatori, ma anche
in ambiti sempre più ampi della gente, dei media, dell’accademia, della business
16
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
community e dei policy-maker, che, se è vero – secondo la famosa affermazione
di Rathenau – che “l’economia è il nostro destino”, vale la pena di pensare sul
serio all’economia sociale come nostra speranza.
PROOF
Felice Scalvini
Brescia, 15.01.2011
17
Introduzione
Questo lavoro si è concentrato sull’esperienza delle cooperative di lavoro e sociali e sulle imprese di proprietà dei lavoratori in Francia, Italia e Spagna. Nei
tre paesi considerati il fenomeno dei lavoratori che autogestiscono le loro imprese è particolarmente importante sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Nelle tre realtà, negli ultimi decenni l’occupazione all’interno le cooperative è aumentata di molto. Al contempo, in anni recenti, si sono avute anche
significative evoluzioni delle modalità organizzative delle stesse cooperative.
Le esperienze appaiono tra di loro molto diversificate, anche se non mancano
molti tratti comuni. Il lavoro ha poi consentito di individuare buone pratiche,
molte delle quali potrebbero essere prese a riferimento per lo sviluppo della
cooperazione di lavoro in altri paesi dell’Unione Europea.
Lo studio condotto ha cercato, grazie alle informazioni disponibili, di individuare non solo la dinamica delle cooperative interessate, ma anche le loro
caratteristiche, le loro capacità di far fronte ai cambiamenti e di anticiparli, i
problemi che devono affrontare. Sulla base dell’analisi condotta, si sono potute
isolare sia le potenzialità sia i punti critici. Da ciò sono scaturite le raccomandazioni che sono esposte nell’ultima parte del libro.
Sebbene il lavoro sia stato portato avanti dai tre esperti individuati dai singoli paesi, François Soulage (Francia), Antonio Zanotti (Italia) e Adrian Zelaia
(Spagna), esso si è avvalso del contributo delle organizzazioni di cooperative di
lavoro e sociali e altre imprese di proprietà dei lavoratori nei paesi interessati
(CGSCOP, AGCI, Confcooperative-Federlavoro, Confcooperative-Federsolidarietà, Legacoop-ANCPL; Legacoop Servizi, Legacoop Sociali, COCETA e
CONFESAL) e delle riflessioni di Bruno Roelants (CECOP), Bruno Dunkel
(Soficatra) e Dorotea Daniele (Diesis).
Particolarmente importanti si sono rivelati gli incontri (svolti a più riprese) con
le Associazioni cooperative (comprese quelle dei soci di CECOP di paesi non
coinvolti nell’analisi) e con gli enti (consorzi e società finanziarie) che sono
specializzati nel sostegno delle cooperative di lavoro. Il confronto che così si è
potuto sviluppare ha permesso di avere informazioni non facilmente reperibili
e descrizioni di pratiche efficaci. Tali confronti hanno anche consentito di
19
PROOF
Alberto Zevi
Introduzione
disseminare le diverse esperienze e di approfondire i principali problemi
all’ordine del giorno.
PROOF
Infine, il lavoro ha tenuto conto delle modalità con cui la cooperazione di lavoro
sta fronteggiando la crisi in corso. Si sono così potute individuare le differenze
di comportamento delle imprese cooperative rispetto agli altri tipi di impresa,
e constatare l’importante contributo della cooperazione di lavoro all’economia
dei diversi paesi e, più in generale, alla coesione sociale.
20
Capitolo 1
Italia: la forza di una rete intersettoriale
Antonio Zanotti
1. LA COOPERAZIONE DI LAVORO E SOCIALE IN ITALIA
1.1. La dimensione giuridico-istituzionale
Un aspetto importante di questa storia è rappresentato dall’interesse che il
legislatore italiano ha sempre manifestato verso il fenomeno cooperativo. Se il
codice di commercio del 1865 ignora ancora le società cooperative, il codice del
1882 dedica dieci articoli alla società cooperativa, ritenendola però ancora una
variante della società anonima, ma con alcune caratteristiche proprie:
▪▪ la variabilità del capitale;
▪▪ il voto pro capite (“una testa un voto”);
▪▪ limiti al conferimento di capitale;
▪▪ nominatività delle azioni, trasferibili solamente con il consenso degli amministratori;
▪▪ agevolazioni fiscali.
Per arrivare all’autonomia della società cooperativa dalla società per azioni,
occorrerà attendere il codice civile del 1942, quando l’art. 2511 definirà la società
cooperativa sulla base dello “scopo mutualistico” contrapposto allo “scopo di
lucro” proprio delle altre forme societarie1.
Negli anni antecedenti la prima guerra mondiale, la cooperazione diventa og-
1 Sul significato dello “scopo mutualistico” sono state scritte una infinità di pagine; in estrema
sintesi possiamo identificare lo “scopo mutualistico” della società cooperativa come lo sforzo
per assicurare ai soci lavoro, beni o servizi (secondo la tipologia di cooperativa) a condizioni
migliori di quelle ottenibili sul libero mercato.
21
PROOF
La storia del movimento cooperativo in Italia affonda le sue radici nella seconda metà dell’Ottocento, non diversamente da quanto è accaduto nel resto
d’Europa.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
getto di importanti provvedimenti, fra i quali spicca la L. 422 del 1909 che
porrà le basi fondamentali della nascita del consorzio cooperativo.
La crescita della cooperazione sarà rapida: già nel 1886 le cooperative avvertono la necessità di organizzarsi a livello nazionale, fondando la Lega Nazionale delle Cooperative (Legacoop), ma nel 1898, per dissensi insorti all’interno
dell’organizzazione, le cooperative di ispirazione cattolica si distaccano e nel
1919 daranno vita alla loro organizzazione nazionale, la Confederazione Generale delle Cooperative Italiane (Confcooperative).
PROOF
Al termine della seconda guerra mondiale, con il ripristino della democrazia,
le cooperative ricostituiscono immediatamente le loro associazioni di rappresentanza.
L’importanza della società cooperativa acquista rilevo costituzionale, coll’art.
45 del testo entrato in vigore il 1° gennaio 1948:
“La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere
di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni
controlli, il carattere e le finalità.”
Nel 1947 il nuovo Parlamento aveva però già approvato il Dlgs. 1577/47 (“Legge Basevi”), “madre” di tutta la legislazione cooperativa, di cui riassumiamo i
punti cardine:
La legge riconosce le Associazioni nazionali di rappresentanza del movimento
cooperativo a cui viene affidato “… la vigilanza sugli enti cooperativi ad esse
associate” con ispezioni ordinarie2, il cui oggetto è così definito dall’art. 9:
“Le ispezioni ordinarie hanno lo scopo di accertare principalmente:
▪▪ l’esatta osservanza delle norme legislative, regolamentari, statutarie e mutualistiche;
▪▪ la sussistenza dei requisiti richiesti da legge generali e speciali per le agevolazioni tributarie o di altra natura di cui fruisce l’ente;
▪▪ il regolare funzionamento contabile e amministrativo dell’ente;
2 La normativa prevede anche l’esercizio di ispezioni straordinarie, affidate però al Ministero del
Lavoro.
22
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
▪▪ l’esatta impostazione tecnica e il regolare svolgimento delle attività specifiche promosse o assunte dall’ente;
▪▪ la consistenza patrimoniale dell’ente e lo stato delle attività e delle passività.
▪▪ L’ispettore è tenuto anche a dare suggerimenti e consigli agli amministratori e agli impiegati per il retto ed efficace funzionamento dell’ente e soccorrerli della propria assistenza”
Nel 1948, Legacoop e Confcooperative otterranno il riconoscimento ministeriale, mentre la terza importante associazione, l’Associazione Generale delle
Cooperative Italiane (AGCI), otterrà il riconoscimento ministeriale nel 19613.
1. divieto di distribuzione di dividendi superiori all’interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato;
2. divieto di distribuzione delle riserve fra i soci durante la vita sociale;
3. devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio
sociale – dedotto soltanto il capitale versato e i dividendi eventualmente
maturati – a scopi di pubblica utilità conformi allo spirito mutualistico.
Le altre tappe fondamentali dell’evoluzione legislativa cooperativa sono state
le seguenti:
▪▪ Legge 127/1971 che ha fissato il divieto di trasformazione delle società cooperative in altre forme societarie, ha regolato il finanziamento da parte dei soci
ed ampliato la possibilità di costituire società consortili fra le cooperative.
▪▪ Legge 904/1977 che ha definito il regime di intassabilità degli utili destinati
a riserva indivisibile;
▪▪ Legge 381/1991 che ha definito l’istituzione delle cooperative sociali, sicura3 Nella presente ricerca useremo i termini “Associazioni di rappresentanza” come sinonimi per indicare le tre principali associazioni: Legacoop, Confcooperative e AGCI. Occorre rammentare che
nel 1981 e nel 2004 il riconoscimento ministeriale sarà rilasciato a due altre organizzazioni, l’Unione Nazionale delle Cooperative Italiane (UNCI) e la Unione Italiana Cooperative (UNICOOP).
4 Il primo ed il terzo principio hanno subito nel tempo alcuni adattamenti più formali che
sostanziali. Questi tre principi erano comunque già stati riconosciuti come rappresentativi del
principio di mutualità nel 1923 con la riforma della legislazione sull’imposta di registro.
23
PROOF
L’art. 26 della legge Basevi definisce la sussistenza dei requisiti mutualistici al
fine di godere dei benefici fiscali in tre clausole4 da inserire obbligatoriamente
negli statuti della società cooperativa:
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
mente uno degli aspetti più originali della cooperazione italiana;
▪▪ Legge 59/1992 che ha aperto la possibilità che siano soci di cooperative
anche finanziatori esterni, nonché la formazione di Fondi di promozione
mediante il versamento a loro favore del 3% degli utili annui registrati dalle
cooperative. Per la prima volta la legge ha anche fissato i parametri per cui
scattava l’obbligo di certificare il bilancio di esercizio da parte di una società di revisione;
▪▪ Legge 142/2001 che ha definito la qualificazione del rapporto di lavoro intercorrente fra socio lavoratore e cooperativa.
PROOF
Dal 1971 al 1994 si sono succeduti diversi provvedimenti relativi al regime dei
finanziamenti da parte dei soci (prestito sociale).
E’ opportuno sottolineare come queste leggi siano state spesso il frutto dell’azione
esercitata dalle Associazioni cooperative ed abbiano, sovente, dato valore
giuridico a situazione di fatto che già si erano consolidate nel comportamento
delle cooperative.
L’ultimo importante intervento risale al 2003 con l’entrata in vigore di una
profonda riforma del codice civile (Dlgs 6/2003), frutto di un braccio di ferro
fra il legislatore e le Associazioni cooperative.
Il punto più controverso è stato l’introduzione dell’art. 2512 che così recita:
“Sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di
scambio mutualistico, quelle che:
svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o
utenti di beni o servizi;
si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle
prestazioni lavorative dei soci;
si avvalgono prevalentemente nello svolgimento della loro attività, degli
apporti di beni o servizi da parte dei soci.”
Il successivo art. 2513 fissa i criteri per la definizione della prevalenza che, per
le cooperative di lavoro è così definito:“il costo del lavoro dei soci è superiore
al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro” così come indicato nel
conto economico di esercizio.
24
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Questa distinzione fra cooperative a mutualità “prevalente” e “non prevalente”
è stata fortemente avversata dal movimento cooperativo perché introduce una
separazione all’interno delle imprese cooperative senza ragione5.
Accanto a questo discutibile istituto, la riforma ha apportato anche altre
importanti modifiche, specie in materia di finanziamenti, anche a titolo di
capitale di rischio, da parte di soci finanziatori, superando le figure statuite
con la L. 59/1992, nonché la possibilità di ammettere nuovi soci, transitando in
una “categoria speciale” (per un massimo di cinque anni) prima di essere soci
cooperatori a tutti gli effetti.
Un’altra importante novità è stata rappresentata dall’ampliamento dell’autonomia statutaria in materia di sistemi di governance, al pari delle società per
azioni. Il codice civile prevede tre forme alternative di governance dove, accanto al sistema tradizionale basato sul Consiglio di Amministrazione e Collegio
Sindacale, è stato aggiunto il sistema “monistico” basato solo sul Consiglio di
Amministrazione ed il sistema “dualistico” basato sul Consiglio di sorveglianza ed sul Comitato di gestione.
1.2. La dimensione statistica
1.2.1 Le imprese cooperative
Ad oggi, non esiste uno studio esaustivo sugli aspetti quantitativi della cooperazione in Italia. Sino al 2001 i dati ufficiali sulle cooperative sono quelli dei
censimenti decennali dell’industria e dei servizi.
5 L’azione delle Associazioni cooperative è comunque valsa a mantenere l’unitarietà del fenomeno cooperativo all’interno del principio della sua “funzione sociale” richiamato dalla Costituzione, mentre la prima proposta del legislatore era quella di separare nettamente le due
forme di cooperativa, distinguendo fra cooperative costituzionalmente “riconosciute” e “non
riconosciute”, negando a queste ultime la loro funzione sociale.
25
PROOF
In realtà questa distinzione è stata strumentale al legislatore per potere introdurre un diverso sistema di imposte sul reddito fra le due fattispecie di società,
superando il regime di intassabilità degli accantonamenti a riserve indivisibili,
sancito nel 1977. Ciò che ancora oggi non si capisce è rappresentato dal fatto
che non c’era alcuna necessità di inserire questa distinzione (unica nel mondo)
fra cooperative per supportare un diverso regime fiscale in funzione dell’attività
svolta con terzi.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Con il decreto ministeriale del 23/6/2004 è stato costituito un nuovo Albo
delle Società Cooperative6 presso il Ministero dello Sviluppo Economico che,
permettendo una raccolta sistematica di dati ed informazioni, ha notevolmente
migliorato la conoscenza delle società cooperative in Italia7.
Dai dati censuari 1951-2001 emergono due dati principali:
a) l’incidenza numerica delle cooperative rispetto alle imprese in generale, è
passato dallo 0,7% nel 1951 all’1,2% nel 2001;
PROOF
b) l’incidenza numerica degli addetti nelle imprese cooperative, rispetto alle
imprese in generale, è aumentato dal 2,0% nel 1951, al 5,8% nel 2001.
Nelle tabelle 1 e 2 sono riportati il numero delle cooperative e degli addetti per
il periodo 1951-2001. In entrambe le tabelle emerge come gli anni ’70 siano
stati un importante punto di discontinuità e di inizio di un forte rilancio della
crescita cooperativa, in coincidenza con la trasformazione del paese proiettato
sempre più nella sua dimensione terziaria.
Sino al 1971 il numero delle cooperative cresce meno della media delle imprese
e l’occupazione continua a pesare costantemente attorno al 2%.
Tab. 1 – Numero imprese 1951 - 2001
Anni
1951
Totale Imprese
Totale Cooperative
% Coop/imprese
1961
1971
1981
1991
2001
1.504.027
1.938.724
2.236.044
2.847.313
3.361.634
4.319.198
10.782
12.229
10.744
19.900
35.646
53.393
0,7%
0,6%
0,5%
0,7%
1,1%
1,2%
Fonte: nostra elaborazione su dati Centro Studi Legacoop [8]
8
6 L’istituto dell’Albo delle imprese cooperative risale al 1890; successivamente nel 1947 la Legge
Basevi aveva ripreso l’istituzione dello schedario generale della cooperazione. In entrambi i
casi però gli Albi sono stati tenuti con metodi statisticamente inefficiente, tale da fornire dati
inservibili. L’istituzione del nuovo Albo nel 2004 sembra rispondere a criteri più rigorosi.
7 C. Quattrocchi, responsabile dell’Albo delle Società Cooperative, ancora nel 2008 ha scritto che
parlare dei cooperazione in Italia in termini statistico-anagrafici “… è impresa da fare tremare
i polsi” [24] pag. 7, fortunatamente la situazione sta migliorando.
8 I numeri tra parentesi quadrate di questo capitolo fanno riferimento alle opere citate alla fine
del capitolo.
26
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Tab. 2 – Numero addetti 1951 – 2001
Totale imprese
Totale cooperative
% coop/imprese
Anni
1951
1961
1971
1981
1991
2001
6.781.192
9.463.457
11.077.533
13.001.187
137.885
192.008
207.477
362.435
584.322
935.239
2,0%
2,0%
1,9%
2,8%
3,9%
5,8%
14.852.198 16.201.431
Fonte: nostra elaborazione su dati Centro Studi Legacoop [8]
In questo secondo periodo gli occupati aumentano di 5.123.898 unità, di cui
727.762 nelle sole imprese cooperative, pari al 14,2% del totale.
Con il riordino dell’Albo delle società cooperative nel 2004, il Ministero
ha cominciato la pubblicazione di alcuni dati statistici che permettono un
aggiornamento del peso dell’economia cooperativa.
Tab. 3 – Numero cooperative iscritte all’Albo delle società cooperative
Anno
Numero
Indice
2006
72.274
100,0
2007
76.000
105,2
2008
79.400
109,9
Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero [23]
Il 94,5% delle cooperative risulta a mutualità prevalente.
Lo studio più completo sul valore aggiunto è stato pubblicato da Unioncamere
[25], ma si ferma al 2005, dove si stima che il valore aggiunto prodotto dalle
cooperative sarebbe di 58,3 miliardi di euro, corrispondente al 4,6% del PIL.
Nello stesso studio gli occupati per il 2006 vengono stimati pari a 1.056.108.
Per il 2008 il Ministero ha calcolato il fatturato delle cooperative pari a 95,6
miliardi di euro, banche di credito cooperativo escluse. Nello stesso studio il
Ministero fornisce i dati esposti nella tab. 4 relativamente alla distribuzione
degli addetti nelle imprese cooperative:
27
PROOF
Dopo il 1971, le cooperative cominciano a crescere ad un ritmo più rapido e
il numero degli addetti passa da una incidenza dell’1,9% nel 1971 al 5,8% nel
2001.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Tab. 4 – Distribuzione addetti delle cooperative per l’anno 2008
Lavoratori
Soci
Non Soci
Totale
Maschi
35,1%
10,6%
45,7%
Femmine
29,8%
13,4%
43,2%
Extra comunitari
9,5%
1,6%
11,2%
Totale
74,4%
25,6%
100,0%
Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero [23]
Quest’ultima tabella mostra due interessanti aspetti:
PROOF
a) il numero delle donne occupate non è di molto inferiore a quello degli
uomini;
b) esisterebbe una forte tendenza ad includere i lavoratori extra-comunitari
come soci.
Un altro dato interessante sulla presenza femminile nella cooperazione è rappresentato dalla cosiddetta presenza di “imprese rosa”9. Nel 2005 le cooperative
rosa sono state stimate pari a 12.428 corrispondenti all’1% dell’universo delle
“imprese femminili”.
Secondo una indagine di Unioncamere [28] le imprese cooperative presenterebbero una longevità più alta delle altre imprese (tab. 5).
Il dato è estremamente interessante in quanto molti economisti sostengono che
la longevità di una impresa sia una dimostrazione di efficienza economica, in
quanto “… la forma organizzativa che sopravvive in una data attività economica
è quella che fornisce il prodotto richiesto al prezzo più basso”10.
9 Secondo il Ministero delle Attività Produttive le “Cooperative rosa” sono identificate come
quelle in cui il numero delle donne socie rappresenta almeno il 60% della compagine sociale,
indipendentemente dalle quote di capitale detenute. Per le imprese di capitali sono considerate
“imprese femminili” quelle in cui almeno i due terzi del capitale sia detenuto da donne ed i due
terzi dell’organo amministrativo sia composto da donne. Tutto sommato ci sembrano comunque
entrambe due definizioni abbastanza restrittive.
10 E. Fama – M. Jensen – Separation of ownership and control – 1983 – Journal of Law and
Economics – vol. XXVI
28
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Tab. 5 – Distribuzione delle imprese per anno di costituzione
Anno costituzione
Coop
Altre
ante 1940
2,0%
0,1%
1940 - 1969
7,6%
2,9%
1970 - 1989
33,6%
23,3%
1990 - 1999
28,1%
41,2%
2000 - 2003
28,7%
32,5%
Totale
100,0%
100,0%
Dai dati esposti nelle tab. 1 e 2 emerge come il peso delle cooperative rispetto
al totale imprese sia maggiore in termini di occupazione più che di numero di
imprese, il che comporta che le cooperative abbiano una dimensione media
superiore alle altre imprese come dimostrato dai dati censuari per il periodo
1971 – 2001 (tab. 6).
Nel 1971 le imprese cooperative rappresentavano appena lo 0,5% del totale delle
imprese, ma erano già l’1,6% delle imprese con più di mille addetti. Nel 2001, a
fronte di un peso poco più che raddoppiato sul totale (1,2%), l’incidenza sempre
nelle imprese con più di 1.000 addetti era salita all’8,7%.
Comunque è nelle fasce fra 50 ed 1.000 addetti che le cooperative incrementano
il loro peso in modo formidabile, rispetto al resto delle imprese11.
Nel lungo periodo emerge come la crescita delle cooperative sia proceduta a
scatti, registrando due impennate formidabili negli anni 70 e negli anni 90,
trascinata da due importanti cambiamenti strutturali che hanno caratterizzato
l’economia italiana:
a) negli anni ’70 l’economia italiana conosce una forte crescita del settore
terziario che supera il 50% nella produzione del PIL e dell’occupazione,
in linea con quanto accade negli altri paesi europei;
b) negli anni ’90 la crisi fiscale dello stato innesca meccanismi di outsourcing
di servizi, specie nel campo del welfare.
11 Tendenza che risulta confermata anche in anni più recenti (2003-2006) vedi Unioncamere [29].
29
PROOF
Fonte: nostra elaborazione su dati Unioncamere [28]
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
PROOF
Tab. 6 – Incidenza delle imprese cooperative per numero di addetti 1971 – 2001
Numero di
addetti
Imprese 1971
Imprese 1981
Imprese 1991
Imprese 2001
2
0,3%
0,4%
0,5%
0,4%
3--5
0,9%
1,0%
1,5%
1,7%
6--9
1,4%
1,6%
3,0%
3,8%
10--15
2,2%
3,6%
4,4%
4,3%
16--19
2,8%
4,0%
4,7%
5,3%
20--49
3,1%
5,2%
6,6%
7,2%
50--99
3,9%
5,6%
8,0%
10,2%
100--199
4,4%
5,3%
8,7%
11,5%
200--249
5,4%
6,7%
7,0%
11,0%
250--499
4,5%
6,8%
8,0%
9,8%
500--999
2,9%
5,6%
7,8%
9,2%
1000 e piu'
1,6%
2,9%
7,0%
8,8%
0,5%
0,7%
1,0%
1,2%
Totale
* escluse coop sociali
Fonte: Centro Studi Legacoop [8]
Nel primo periodo assistiamo ad una forte crescita della cooperazione di lavoro
nel settore dei servizi e nel secondo al boom delle cooperative sociali.
Se queste sono state le tendenze di lungo periodo, c’è da chiedersi quali tendenze
emergano nell’attuale fase di crisi economica.
Basandosi sulle rilevazioni Istat e Unioncamere abbiamo costruito i grafici 1
e 2 dove sono illustrati gli andamenti del Pil con, rispettivamente, il tasso di
natalità ed il tasso di mortalità del totale imprese e delle cooperative12.
Gli andamenti dei tassi di natalità mostrano che il totale imprese ha un andamento
quasi costante, con una flessione dal 2007, quando il Pil inizia a scendere.
Le cooperative seguono l’andamento del PIL sino al 2007, quando, con l’avvento della crisi, continuano comunque a mostrare una tendenza alla crescita
numerica.
12 In realtà i dati Unioncamere non fanno esplicito riferimento alle cooperative, ma alle “altre forme” di impresa dove sono ricomprese 40 diverse figure di soggetti giuridici, ma cooperative e
consorzi cooperativi sono le imprese di gran lunga più numerose, per cui l’aggregato costituisce
una buona stima per le imprese cooperative e loro consorzi.
30
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Interpolando le tre curve per l’intero periodo risultano però tre rette con
pendenza pressoché simile.
Grafico 1 – Andamento Pil e tasso di natalità imprese e cooperative
12,0
10,0
8,0
4,0
2,0
0,0
Pil
-2,0
Imprese
-4,0
-6,0
Coop
99
00
01
02
03
04
05
06
07
08
09
PROOF
Tasso %
6,0
Anni
Grafico 2 – Andamento Pil e tasso mortalità imprese e cooperative
8,0
6,0
Tasso %
4,0
2,0
0,0
Pil
-2,0
Imprese
-4,0
Coop
-6,0
99
00
01
02
03
04
05
06
07
08
09
Anni
Gli andamenti dei tassi di mortalità, sia per il totale delle imprese che per le
cooperative, crescono quando il Pil diminuisce, ma con una intensità minore.
Le rette interpolanti le curve di mortalità presentano la medesima inclinazione
per entrambe le fattispecie di impresa.
Sommando i tassi di natalità e mortalità, abbiamo costruito il grafico 3, dove
abbiamo confrontato l’andamento del Pil con il tasso di sviluppo del totale delle
imprese e delle cooperative.
31
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
E’ interessante notare come il tasso di sviluppo delle cooperative resti quasi
sempre superiore al tasso del totale delle imprese, confermando gli andamenti
emersi dal 1971.
Grafico 3 - Andamento Pil e tasso sviluppo imprese e cooperative
8,0
6,0
PROOF
Tasso %
4,0
2,0
0,0
Pil
-2,0
Imprese
-4,0
-6,0
Coop
99
00
01
02
03
04
05
06
07
08
09
Fra le cause di mortalità delle imprese,
Anni il fallimento rappresenta, probabilmente,
la forma più drammatica.
Dai dati Movimprese di Unioncamere [30] è invece possibile ricostruire
l’andamento dai fallimenti su base trimestrale negli gli ultimi anni, quelli
maggiormente colpiti dalla crisi (grafico 4).
I dati raccolti confermerebbero l’ipotesi che le imprese cooperative abbiano una
maggiore capacità di resistenza rispetto alle imprese di capitali di fronte alla
crisi: anche se i tassi variano sempre nella stessa direzione, la retta interpolante
per le cooperative ha una pendenza minore.
32
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Grafico 4 – Fallimenti imprese (per mille) – I trimestre 2007 – I trimestre 2010
2,00
1,80
1,60
Tasso per mille
1,40
1,20
1,00
0,80
0,60
0,40
Società capitale
0,20
Cooperative
Trimestre/anno
Restando sul tema degli andamenti congiunturali, riteniamo interessante riportare alcuni dati elaborati da Unioncamere riferiti ai fabbisogni occupazionali e
formativi delle imprese, disponibili dal 2008 anche per le cooperative.
La sintesi della ricerca rintraccia nel comportamento delle imprese cooperative
elementi di maggiore positività rispetto alle imprese nel loro insieme: “Certamente le imprese cooperative sono state ‘toccate’ in modo meno pesante dalla
crisi, in primo luogo perché il loro principale campo di attività sono i servizi, in
particolare i servizi alle persone e alcune tipologie di servizi alle imprese, con
una domanda più stabile e meno influenzata dalla congiuntura internazionale.
Ma probabilmente altri fattori hanno contribuito a determinare questo minore impatto, con particolare riferimento soprattutto al radicamento di queste
imprese sul territorio, mostrandosi più sensibili di altre forme di impresa a
recepire gli stimoli che da esso provengono e a porre in atto strategie concrete
di intervento. In tal senso, si potrebbe parlare di una funzione anticiclica svolta
dal mondo della cooperazione”13.
Nel 2008 la domanda per nuove assunzioni è ancora in crescita nonostante la
crisi mondiale fosse già scoppiata. Nel 2009, invece, la domanda per nuove assunzioni manifesta una diminuzione.
13 Unioncamere [27] pag. 10
33
PROOF
1/10
4/09
3/09
2/09
1/09
4/08
3/08
2/08
1/08
4/07
3/07
2/07
1/07
0,00
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
I dati riportati nella tab. 7 mostrano la positività delle imprese cooperative.
Tab. 7 – Andamento assunzioni previste – Totale imprese e cooperative
Totale Imprese
Cooperative
Coop / Tot. Imp.
PROOF
2006
Non
stagionale
695.770
80.410
11,6%
2007
2008
Non
Non
stagionale
Totale
stagionale
839.460 1.079.480
827.890
99.430 143.500
100.020
11,8%
13,3%
12,1%
2009
Totale
781.600
114.630
14,7%
Non
stagionale
523.620
74.610
14,2%
Fonte: nostra elaborazione su dati Unioncamere [27]
Nel 2009 la domanda per nuove assunzioni nelle imprese cooperative rappresenterebbe ben il 14,7% del totale; rammentando che nel 2006 l’occupazione
nelle imprese cooperative rappresentava il 6,2% dell’occupazione totale, sarà
facile apprezzare il ruolo di stabilità dell’occupazione che gioca l’economia cooperativa in Italia.
Tenuto conto dei dati disaggregati per settore di attività abbiamo stimato che
i neo-assunti nelle cooperative di lavoro potrebbero essere circa 77.000, su un
totale di 114.630 per tutti i tipi di cooperative.
Nelle cooperative cresce in modo significativo la domanda di laureati,
allineandosi alla media nazionale. Cresce pure la domanda di diplomati, ma il
dato resta inferiore alla media nazionale.
E’ notevole come risulti che il 40% delle cooperative abbiano stimato per il
2009 nuove assunzioni, più del doppio della media nazionale. Secondo i ricercatori di Unioncamere: “Questo notevole differenziale positivo risente del fatto
che … tra le cooperative sono ampiamente rappresentate imprese di grande
dimensione (con oltre 50 dipendenti), che presentano una propensione ad assumere molto più elevata della media. Si osserva inoltre che le cooperative con
fatturato in aumento e quelle innovatrici (cioè quelle che hanno dichiarato di
avere realizzato innovazioni di prodotto/servizi nel corso del 2008) presentano
una più elevata propensione ad assumere. Infatti, fra le cooperative che nel
2008 registrano un aumento di fatturato, quelle che assumono personale rappresentano il 53% (a fronte del 36% circa delle altre imprese), mentre tra quelle
che hanno effettuato innovazioni si arriva al 54% (contro il 40% di quelle che
non hanno innovato)”14 .
14 Unioncamere [27] pag. 22/23.
34
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Circa la tipologia dei contratti, le cooperative sembrano preferire forme di occupazioni più stabili. Per il personale non stagionale si stima che il 51% dei
neoassunti in cooperativa sia inserito con un contratto a tempo indeterminato
(media nazionale 48%) ed il 43% con un contratto a tempo determinato (media
nazionale 41%). Le altre tipologie contrattuali, più insicure, sono quindi il 6%
del totale per le cooperative contro una media nazionale dell’11%.
Legata ai settori di attività a forte presenza cooperativa è, probabilmente, anche
la maggiore richiesta di personale femminile.
Nonostante il comportamento virtuoso espresso sino ad ora dalle cooperative,
la grave crisi economica farà comunque registrare un calo netto dell’occupazione totale. I dati per il 2009 sono rappresentati nella tab. 8, da cui si evince come
le cooperative peserebbero per il 12,2% delle nuove assunzioni, contro il 10,4%
delle fuoriuscite. Esse rappresenterebbero quindi solo il 3,7% del saldo occupazionale negativo, tasso inferiore al loro peso sull’occupazione totale.
Assunzioni
Tab. 8 – Previsioni saldo occupazionale 2009
Imprese
Totale
Imprese
Cooperative
781.600
95.220
Coop./
Tot. Impr.
12,2%
Uscite
994.390
103.120
10,4%
Saldo
- 212.790
- 7.900
3,7%
Fonte: nostra elaborazione su dati Unioncamere [27]
Purtroppo al momento non sono disponibili dati relativi al ricorso agli aiuti
pubblici a sostegno dell’occupazione (ammortizzatori sociali) che distinguano
fra le imprese tradizionali e le cooperative.
Fra questi istituti di sostegno accenniamo al contratto di solidarietà (CS) introdotto nell’ordinamento italiano nel 1984 con lo scopo di regolare la riduzione
di orario di lavoro, senza procedere al licenziamento del personale esuberante.
15 Unioncamere [49] pag. 28/29.
35
PROOF
Nelle cooperative sono invece più diffusi i contratti part-time e il personale extra comunitario, specie, secondo i ricercatori Unioncamere, “… a causa dell’indisponibilità da parte di molti italiani a svolgere alcune professioni giudicate
faticose e/o di basso profilo … anche in contesti territoriali economicamente
meno sviluppati”15.
Capitolo 1
In questo caso l’esubero viene ripartito fra i lavoratori, attraverso una riduzione
dell’orario lavorativo. I lavoratori che rientrano nel CS ricevono una integrazione salariale pari all’80% della retribuzione ordinaria per le ore non lavorate.
Buone pratiche nr. 1
Cooperativa Ceramica Imola: un esempio di contratto di solidarietà
PROOF
La Cooperativa Ceramica Imola è la più antica cooperativa italiana di lavoro; nasce nel 1874,
quanto il titolare si ritira dall’attività cedendo l’azienda ai propri dipendenti, motivato dalla
volontà di contribuire al progresso dell’industria ed al miglioramento economico dei suoi
lavoratori.
Si può senz’altro affermare che la cooperativa abbia mantenuto fede a questo spirito: oggi
opera su sette stabilimenti, occupando oltre 1.900 dipendenti; il fatturato 2009 è stato di
quasi 280 milioni di euro. di cui circa il 70% esportato all’estero mentre il patrimonio netto
è quasi di 240 milioni di euro.
La cooperativa produce una vasta gamma di prodotti nel settore ceramico.
All’esplodere della crisi a fine 2008 è tra le prime grandi aziende italiane a volere adottare
il contratto di solidarietà, pur complesso e di non facile applicazione, garantendo coesione
aziendale, impatto sociale e preservando la capacità e potenzialità del proprio personale,
che ha fatto grande la cooperativa, evitando il ricorso a licenziamenti.
Il contratto di solidarietà ha coinvolto tutti i 1.900 dipendenti, che in questo modo hanno
potuto mantenere il loro posto di lavoro.
(www.imolaceramica.it)
Sul versante della formazione occorre rendere conto della collaborazione fra
cooperazione e sindacati che nel 2002 hanno dato vita a Fon Coop, con lo scopo
di finanziare la formazione continua nelle cooperative aderenti.
Buone pratiche nr. 2
Fon Coop: cooperazione e sindacato per la formazione
Con l’art. 118 della L. 388/2000 venne data la possibilità alle Associazioni imprenditoriali ed
ai sindacati di dare vita a “… Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione
continua” per i dipendenti delle imprese, dirigenti compresi, sulla scia di quanto già realizzato in Francia e Spagna.
I Fondi non hanno fini di lucro ed hanno lo scopo di finanziare la formazione continua nelle
36
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
imprese associate utilizzando un contributo pari allo 0,30% del monto salari che le imprese
sono tenute per legge a versare all’INPS.
Nel 2002 fra le tra principali Associazioni cooperative (Confcooperative, Legacoop e AGCI)
e i tre principali sindacati (CGIL, CISL e UIL) è stato costituito Fon Coop per i programmi di
formazione continua nelle cooperative.
I progetti finanziabili possono avere carattere nazionale, territoriale, settoriale o anche aziendale.
Attualmente aderiscono a Fon Coop quasi 12.000 imprese (di cui ca. il 65% sono microimprese con meno di 9 addetti) ed i lavoratori coinvolti sono oltre 500.000 di cui quasi il 60%
operanti all’interno delle nuove cooperative di lavoro e sociali.
Negli ultimi cinque anni Fon Coop ha finanziato programmi di formazione per oltre 62 milioni
di euro, coinvolgendo oltre 106.000 lavoratori, occupati in più di 2.600 imprese.
Abilità personali
Lavoro e produzione
Organizzazione e gestione
Contabilità e finanza
Aspetti socio-psico-pedagocici
Sicurezza e ambiente
Qualità
Lingue
Informatica
Cooperative
Marketing e vendite
Normativa
Altro
14,9
5,8
12,8
2,3
11,3
13,4
4,0
1,6
4,4
2,1
7,6
1,8
18,1
Nell’aprile 2010 Fon Coop ha lanciato una nuova iniziativa strettamente legata all’attuale
momento di crisi, dandosi due obiettivi prioritari:
- intervenire presso le imprese ed i lavoratori che risentono della crisi, utilizzando piani
formativi per migliorare la competitività e mantenere il livello di occupazione;
- sostenere con processi formativi l’aggiornamento e la riconversione professionale dei
lavoratori in condizioni di occupazione a rischio.
Per il sostenimento di questi progetti Fon Coop ha stanziato 6 milioni di euro.
(www.foncoop.coop)
37
PROOF
La formazione erogata ha riguardato i seguenti contenuti (percentuale sul monte ore di formazione erogata):
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Dall’analisi Unioncamere [27] risulta inoltre che nel 2008 il 40% delle imprese
cooperative abbia svolto attività formativa, contro la media nazionale del 26%;
inoltre le cooperative prevedevano corsi formativi per il 45% delle nuove
assunzioni contro una media nazionale del 29%.
PROOF
La formazione si è mossa anche sul versante della formazione cooperativa. Le
Associazioni cooperative hanno da tempo intrapreso rapporti con molte università italiane, ma hanno privilegiato l’approccio formativo16, più che la necessità
di diffondere cultura cooperativa tout-court. A nostro avviso si tratta di una
questione estremamente importante perché la diffusione della cultura e la conoscenza delle imprese cooperative sono determinanti per creare un ambiente
idoneo alla diffusione e promozione di nuove imprese cooperative, nonché a
superare ostilità ideologiche ancora presenti17.
1.2.2 Le imprese cooperative di lavoro
Dopo avere tracciato una panoramica sulla cooperazione in Italia, concentreremo l’attenzione sulla cooperazione di lavoro nei settori delle costruzioni, manifatturiera e servizi.
I dati dei censimenti Istat sono basati sui settori di attività e non sulla natura
dello scambio mutualistico, per cui possiamo stimare l’incidenza della cooperazione di lavoro solo per via indiretta. Abbiamo considerato come componenti
della cooperazione di lavoro le seguenti attività:
▪▪ Costruzioni18
16 Da ricordare come presso l’Università di Bologna da quasi un decennio viene regolarmente svolto
un corso formativo in Economia della Cooperazione. Analoga iniziativa è stata avviato da oltre
cinque anni presso l’Università di Roma Tre. Altre collaborazioni più sporadiche sono state avviate presso altre Università. L’avvio delle iniziative è stato possibile grazie l’azione coordinatrice
svolta dall’Istituto Luzzatti e ai finanziamenti dei Fondi per lo sviluppo della cooperazione.
17 La questione culturale e dell’insegnamento a livello universitario della cooperazione (e più in
generale dell’economia sociale) è stato recentemente ripreso anche da Stiglitz il quale fa notare,
quasi per contrasto, come il fondamentalismo di mercato che ha dominato pensiero ed azione negli ultimi trent’anni “… non fosse basato sulla scienza economica men che meno sull’esperienza
data dalla storia. Esso è stato venduto dalla Thatcher nel Regno Unito e da Reagan negli Stati
Uniti” [Moving beyond fundamentalism to a more balanced economy – Annals of Public and
Cooperative Economics – nr. 80.3/2009 pag. 346].
18 Purtroppo i dati Istat classificano in questo settore anche la cooperazione di abitazione, numericamente rilevante, ma con scarsa incidenza sul numero degli addetti.
38
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
▪▪ Attività manifatturiere, al netto delle imprese agro-industriali, classificabili
come cooperative agricole;
▪▪ Servizi, al netto delle attività finanziarie e immobiliari.
Con queste criteri, abbiamo rappresentato nella tab. 9 il numero delle cooperative
di lavoro e gli addetti.
Tab. 9 – Numero e addetti delle cooperative di lavoro 1971 – 2001
Numero Imprese
Addetti
1971
1981
1991
2001
1971
Coop Produzione
1.446
3.447
8.776 13.960 47.995
93.575 124.032 100.464
- Costruzioni
768
2.138
5.097 10.878 32.168
58.811
61.654
57.796
- Industria
678
1.309
3.679
34.764
62.378
42.668
Coop Servizi
1.773
3.991
6.683 13.611 48.874
- Alberghi e ristoranti
728
1.025
1.465
1.434
2.516
7.660
- Logistica e comunicazioni
897
1.517
2.442
5.650 44.475
44.495
- Istruzione
10
107
488
793
129
1.250
6.037
6.415
- Sanità e altri servizi
sociali
n.d.
144
0
809
n.d.
1.989
0
17.709
- Altri servizi
138
1.198
2.288
4.925
1.754
11.303
22.565
33.812
Totale
3.219
3.082 15.827
7.438 15.459 27.571 96.869
1981
1991
2001
66.697 108.468 237.941
15.700
25.859
64.166 154.146
160.272 232.500 338.405
Fonte: nostra elaborazione su dati Centro Studi Legacoop [8]
Rapportando i valori della tab. 9 al totale imprese, possiamo calcolare l’incidenza percentuale delle cooperative di lavoro, per numero e per addetti, rispetto al
totale imprese (tab. 10).
Nel periodo 1971-2001 le cooperative di lavoro sono passate dallo 0,3% all’1,5%
del totale di imprese e dall’1,3% al 3,7% degli addetti. La tabella riconferma
come la dimensione media delle cooperative sia superiore alla media generale
pressoché in tutti i settori, risultando infatti l’incidenza degli addetti sempre
superiore all’incidenza del numero delle imprese.
39
PROOF
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Tab. 10 – Incidenza delle cooperative sul totale imprese, per numero e per addetti 1971 - 2001
PROOF
Numero Imprese
Addetti
1971
1981
1991
2001
Coop Produzione
0,3%
0,4%
1,1%
- Costruzioni
0,6%
0,7%
- Industria
0,2%
Coop Servizi
1971
1981
1991
2001
1,4% 0,8%
1,4% 2,0%
1,6%
1,5%
2,1% 3,4%
4,9% 4,6%
3,8%
0,2%
0,7%
0,6% 0,3%
0,6% 1,2%
0,9%
4,0%
0,7%
1,0%
1,6% 4,0%
6,1% 6,6%
10,3%
- Alberghi e ristoranti
0,4%
0,5%
0,7%
0,6% 0,5%
1,2% 2,2%
3,0%
- Logistica e comunicazioni
1,0%
1,1%
2,0%
3,6% 4,9%
6,5% 5,7%
12,9%
- Istruzione
0,2%
1,2%
4,0%
5,5% 1,0%
2,8% 9,5%
13,0%
- Sanità e altri servizi sociali
n.d.
2,6%
0,0%
0,4%
n.d.
2,4% 0,0%
4,6%
- Altri servizi
0,1%
0,7%
1,1%
2,1% 0,5%
2,8% 4,7%
5,9%
Totale
0,3%
0,5%
1,0%
1,5% 1,3%
1,9% 2,6%
3,7%
Fonte: nostra elaborazione su dati Centro Studi Legacoop [8]
Per il periodo più recente, disponiamo dei dati dell’Albo delle società cooperative per il numero delle cooperative di lavoro e dei dati Unioncamere per gli
addetti nel 2006.
Tab. 11 – Numero cooperative iscritte all’Albo delle società cooperative
2006
2007
2008
Nr.
%
Nr.
%
Nr.
%
Totale Cooperative
72.274
100,0%
76.000
100,0%
79.400
100,0%
Cooperative
produzione e lavoro
26.656
36,9%
29.154
38,4%
31.378
39,5%
Fonte. nostra elaborazione su dati Ministero [23]
40
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Numero
Addetti
Distrib.
%
% su tot.
Economia
Altri settori dell’industria in senso stretto
42.457
4,0%
1,0%
Costruzioni
65.213
6,2%
3,5%
Mense, ristorazioni, alberghi e serv. Turistici
40.576
3,8%
3,5%
Trasporti e attività postali
184.037
17,4%
16,9%
Informatica, TLC e altri servizi avanzati
67.634
6,4%
5,2%
Servizi operativi alle imprese e persone
186.480
17,7%
9,9%
Istruzione e servizi formativi privati
16.753
1,6%
22,7%
Sanità e servizi sanitari privati
192.049
18,2%
51,3%
Altre servizi alle persone
51.767
4,9%
7,5%
Totale Cooperative lavoro e sociali
846.966
80,2%
Industria alimentare e tabacco
39.022
3,7%
8,4%
Commercio al dettaglio e all'ingrosso
88.115
8,3%
2,6%
Credito, assicurazioni e servizi finanziari
82.005
7,8%
14,2%
Totale altre cooperative
209.142
19,8%
1.056.108
100,0%
Totale 6,2%
Fonte. nostra elaborazione su dati Unioncamere [29]
1.2.3. Le imprese cooperative sociali
Con la L. 381/1991 sono state istituzionalizzate in Italia le cooperative sociali con
lo “… scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione
umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso:
a) la gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi (Coop di tipo A);
b) lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di
servizi – finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate”
(Coop di tipo B).
La legge quindi attribuisce alle cooperative sociali finalità diverse sia dalle
imprese di capitale (che perseguono lo scopo lucrativo) sia dalle cooperative
tradizionali (che perseguono lo scopo mutualistico), in quanto la loro finalità è
41
PROOF
Tab. 12 – Addetti imprese cooperative per settore di attività – 2006
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
l’interesse generale19.
PROOF
L’evoluzione del welfare negli ultimi vent’anni, caratterizzata da una domanda
di servizi sociali sempre più qualificata e dalla crisi fiscale dello stato, non ha
semplicemente attivato un processo di esternalizzazione di queste attività dal
settore pubblico al settore privato, ma ha permesso la nascita di nuovi soggetti
imprenditoriali in grado di dare vita a forme innovative di gestione e di erogazione dei servizi stessi. Non si è trattato di un semplice passaggio di funzione dall’erogatore pubblico ad un erogatore privato, ma questo trasferimento ha
comportato veri e propri processi di innovazioni organizzative e di prodotto,
contribuendo ad allargare le dimensioni del settore e creando anche nuove forme di professionalità.
Avere attribuito alle cooperative sociali la ricerca dell’interesse generale ha costituito un vantaggio per il superamento delle asimmetrie informative, che possono creare diffidenza verso imprese lucrative operanti nel settore del welfare
sociale.
Le cooperative sociali di tipo A offrono in prevalenza servizi socio-sanitari
ed educativi, tramite la gestione di residenze protette, asili nido, centri diurni,
comunità, presidi sanitari, assistenza domiciliare, servizi spesso resi a persone
in situazione di disagio o fragilità sociale.
Le cooperative sociali di tipo B forniscono opportunità di lavoro a persone
svantaggiate, a vario titolo escluse dal mercato del lavoro. Si tratta sia di persone svantaggiate in senso stretto (alcolisti, detenuti ed ex detenuti, disabili fisici,
psichici, tossicodipendenti) sia di persone che per povertà o perdita del posto di
lavoro siano rimaste escluse dal mercato del lavoro per lungo tempo.
Le cooperative sociali sono state oggetto di molti approfonditi studi, ma le analisi quantitative a livello nazionale si fermano al 2005.
19 Com’è noto, il 7° principio dell’Alleanza Cooperativa Internazionale identifica l’impegno delle
cooperative verso la comunità, ma quello che vogliamo sottolineare nel testo è che l’interesse
generale costituisce per le cooperative sociali un obbligo legale e la sola finalità per cui vengono
fiscalmente privilegiate e non solamente un principio di comportamento.
42
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Nella tab. 13 abbiamo riportato l’evoluzione del numero delle cooperative sociali20.
Tab. 13 – Numero cooperative sociali
2001
2003
2005
Attive
5.515
6.159
7.363
Non Attive
317
875
652
Totali
5.832
7.034
8.015
2006
2007
2008
12.249
13.216
14.139
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat [18-19-20] e Ministero [23]
Ci sembra rilevante il fatto che il 28,3% delle cooperative sociali attive siano
nate prima della legge 381/91, a dimostrazione di un processo che il movimento cooperativo aveva ben interpretato, fornendo risposte concrete all’emergere
di un bisogno crescente nella società italiana, anche in assenza di una specifica
normativa.
La cooperazione sociale ha risposto ad una domanda di servizi nata spontaneamente per risolvere problemi di fallimenti di mercato e non è il frutto, come
sostengono invece alcuni critici, dell’azione della Pubblica Amministrazione
“… che potrebbe sbarazzarsene in qualsiasi momento”21. Questa interpretazione critica del ruolo della cooperazione sociale va senz’altro respinta; essa
mette in rilievo solamente l’aspetto esterno del processo di esternalizzazione
dal pubblico al privato e non coglie non solo come in precedenza “… il sistema
di welfare italiano [fosse] soprattutto basato su trasferimenti monetari e gli
enti locali [avessero] poca esperienza nella gestione dei servizi sociali”, ma
la vasta gamma di nuove forme di intervento e di coinvolgimento degli utenti
nella gestione stessa del servizio (governance multi-stakeholders).
20I dati 2001-2005 sono di fonte Istat, mentre i dati 2006-2008 sono di fonte Albo delle Cooperative. Il forte sbalzo fra il 2005 ed il 2006 è a nostro avviso da imputarsi ad errori statistici.
Considerato come i dati dell’Albo derivino da autodichiarazione delle cooperative stesse è da
ritenere che i dati Istat sottostimino il fenomeno sino al 2005. Dal 2005 al 2008, il numero delle
Cooperative sarebbe aumentato del 76,4%. Nello stesso periodo le Associate a Ferdersolidarietà, l’Associazione più importante sotto il profilo numerico, registra invece un aumento delle
proprie associate del 34,5%.
21 Per una sintesi di questo dibattito si veda C. Borzaga in [17] pag. 23 e segg. Borzaga sostiene che la
crescita della cooperazione sociale sia stata favorita anche da altre riforme istituzionali come l’avvento delle Regioni e del relativo decentramento amministrativo, che ha maggiormente influenzato
la consapevolezza di risolvere “localmente” il soddisfacimento di primari bisogni sociali.
43
PROOF
Trattandosi di un fenomeno istituzionalizzato con la legge 381/91, la composizione
anagrafica delle cooperative sociali mostra una età media giovane (tab. 14).
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Tab. 14 – Composizione anagrafica delle cooperative sociali attive 2005
Numero Totale
Ante 1990
1991 - 1995 1996 - 2000 2001 - 2005
Coop tipo A
4.345
33,2%
15,6%
29,2%
22,0%
Coop tipo B
2.419
21,9%
18,3%
34,1%
25,7%
Coop miste
315
26,0%
17,8%
36,8%
19,4%
Consorzi
284
12,7%
22,5%
37,7%
27,1%
7.363
28,3%
16,9%
31,5%
23,3%
Totale
PROOF
Fonte: Istat [20]
Complessivamente, dal 2001 al 2005, il totale delle persone occupate nel settore
è passato da 201.422 unità a 263.579, pari ad un + 30,9%, ma la crescita del personale retribuito (dipendenti, collaboratori, interinali) è aumentato nello stesso
periodo del 40,9% (tab. 15).
Tab. 15 – Risorse umane occupate nelle cooperative sociali 2001 – 2005
2001
Maschi
2003
Femmine
Maschi
2005
Femmine
Maschi
Femmine
Volontari
11.812
12.639
13.059
1.465
1.480
15.998
Religiosi
493
149
541
266
454
279
2.981
0
1890
1467
893
252
37.618
109.548
43.353
117.895
55.058
156.249
7.687
18.188
7.898
19.491
8.922
22.707
129
178
204
293
407
880
60.720
140.702
66.945
140.877
67.214
196.365
Servizio Civile
Dipendenti
Collaboratori
Interinali
Totale
Totale Retribuiti (M+F)
173.348
189.134
244.223
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat [18-19-20]
Rilevante è anche la presenza femminile che nel 2005 ammontava a ca. al 74%
sia degli addetti totali che degli addetti retribuiti, contro il 63% nel 2001.
Anche la crescita del valore della produzione per il periodo 2001 – 2005 è stata
rilevante, pari al 162,8%, come riportato nella tab. 16 22.
22Nel periodo successivo 2005-2008 molto probabilmente i ritmi di crescita si sono attenuati. Il
fatturato delle Associate a Federsolidarietà è aumentato infatti del 34,5% e a Legacoop Sociali
del 37,4%.
44
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Tab. 16 – Valore della produzione cooperative sociali 2001 – 2005 (€/000)
2001
2003
2005
Coop tipo A
2.615.102
3.106.648
4.132.604
Coop tipo B
812.779
1.019.792
1.353.616
Coop miste
92.640
169.580
214.638
Consorzi
398.456
529.941
680.417
Totale
3.918.977
4.825.961
6.381.275
100,0
123,1
162,8
Indice var.
La dimensione media delle cooperative resta però modesta, anche se il peso
delle cooperative maggiori tende a crescere. E’ probabile che nei prossimi anni
si assisterà ad una fase di crescita della dimensioni aziendale media.
Tab. 17 – Distribuzione cooperative sociali per classe di fatturato
Classi VdP
2001
(€/000)
Numero
2003
%
2005
Numero
%
Numero
%
sino a 100
1.418
25,7%
1.520
24,7%
1.680
22,8%
100 – 500
2.349
42,6%
2.520
40,9%
2.977
40,4%
500 - 2.000
1.376
25,0%
1.641
26,6%
2.042
27,7%
372
6,7%
478
7,8%
664
9,0%
5.515
100,0%
6.159
100,0%
7.363
100,0%
oltre 2.000
Totale
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat [18-19-20]
Date le finalità di interesse generale delle cooperative sociali ci pare significativo rilevare il loro impatto sugli utenti serviti dalle cooperative di tipo A e dal
numero di persone svantaggiate inserite nel mondo del lavoro dalle cooperative
di tipo B.
Tab. 18 – Utenti ed inserimenti realizzati 2001 – 2005
Numero Utenti serviti da Coop Tipo A
Persone svantaggiate inserite da Coop Tipo B
2001
2003
2005
2.112.153
2.403.245
3.302.551
18.692
23.587
30.141
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat [18-19-20]
45
PROOF
Fonte: nostra elaborazione su dati Istat [18-19-20]
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Dopo circa venti anni dall’entrata in vigore della legge sulla cooperazione sociale,
il quadro si sta modificando, presentando quindi nuovi rischi e opportunità23.
La prima questione ha ancora natura istituzionale ed è rappresentata dall’approvazione della legge 118/2005 riguardante l’impresa sociale che, in estrema
sintesi, allarga la possibilità ad operare nei settori sino ad ora occupati in larga
prevalenza dalle cooperative sociali anche ad altre imprese che ne condividano
la finalità di pubblico interesse, ma che possono avere diversa forma giuridica
(società per azioni o società a responsabilità limitata).
PROOF
In questi primi anni dall’entrata in vigore della nuova legge, sta però emergendo
un interesse molto contenuto verso questa nuova forma di impresa, per cui è assai
probabile che le cooperative sociali restino ancora l’asse portante del settore.
La seconda questione riguarda invece la forte dipendenza della cooperazione
sociale dai finanziamenti della Pubblica Amministrazione. Secondo i dati Istat
[18-19], nel 2005 la domanda pubblica incideva per il 65,9% del ricavato delle
cooperative sociali, percentuale che saliva al 72,8% per le cooperative di tipo
A (il segmento più consistente). Inoltre entrambe le percentuali risultavano in
crescita rispetto al 2003.
Il fenomeno desta preoccupazione se si tiene conto della tendenza di contenimento
della spesa pubblica e dell’allungamento dei tempi di pagamento da parte della
pubblica amministrazione.
Sorge quindi naturale chiedersi se esista una domanda di beni e servizi sociali
fuori dalla sfera pubblica e se le cooperative sociali abbiano adeguatamente
ricercato di intercettare questa domanda, dimostrando di avere la professionalità e le condizioni economico-finanziarie necessarie o al contrario se si siano
eccessivamente adagiate sull’intervento pubblico.
23Non è nostra intenzione trattare tutte le problematiche che riguardano la Cooperazione sociale,
ben consapevoli che temi come la soddisfazione sul lavoro, le qualifiche professionali e le relazioni sindacali, hanno per queste cooperative una portata del tutto peculiare, al pari dei temi
riguardanti il volontariato e le donazioni. Parimenti abbiamo escluso la discussione sui temi
dell’evoluzione del welfare, in particolare quelli legati:
a) alla crescita di una società sempre più multietnica, con tutte le tematiche relative
all’accoglienza, all’inserimento e alla formazione;
b) allo sviluppo di nuove forme di povertà ed al tema dell’abitazione (housing sociale);
tutti temi che richiederebbero notevole spazio per essere trattati in modo esaustivo.
46
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Due settori mostrano interessanti potenzialità di domanda privata:
a) asili nido istituiti a livello aziendale;
b) servizi residenziali per persone non autosufficienti, che richiede però forti
investimenti di carattere immobiliare24.
Un’altra strada avviata è invece quella del “marchio aziendale”, con cui caratterizzare la qualità dei servizi erogati. Particolarmente attiva in questo caso
risulta il CGM (Consorzio Gino Mattarelli) che ha lanciato da prima il marchio
PAN, assieme a Legacoop Sociali e Compagnia delle Opere e, in proprio, il
marchio “Welfare Italia” nel settore della sanità leggera (poliambulatori, studi
odontotecnici ecc.).
Poco esplorate sono invece le diversificazioni fuori dal tradizionale sistema di
welfare, come il turismo sociale e l’agricoltura sociale, da inserire in circuiti ad
hoc, come quelli rappresentati dai negozi di commercio equo-solidale.
Un terzo aspetto è rappresentato dall’evoluzione dei rapporti contrattuali che
legano le cooperative sociali e la Pubblica Amministrazione25, auspicando la
diffusione di forme contrattuali basate su relazioni fiduciarie di lungo periodo,
piuttosto che la ricerca del costo minimo.
Il primo approccio sarebbe senz’altro favorito dalla particolare struttura di governance prevalente nelle cooperative sociali che, coinvolgendo tutti gli attori
sociali (governance multistakeholder), migliorerebbe sia la crescita della base
fiduciaria fra i soggetti stessi, ma anche sistemi di monitoraggio più efficienti
per raggiungere finalità sociali condivise.
24Legacoop aveva studiato la possibilità di dare vita a “Fondi Immobiliari” dedicati alle residenze
per anziani gestiti da cooperative sociali, ma l’iniziativa non ha attirato l’interesse necessario.
25Per una analisi dettagliata di questo tema, si veda L. Fazzi e S. Longhi in [17] pagg. 103-139.
47
PROOF
Un altro settore in fortissima crescita, legato al progressivo invecchiamento
della popolazione residente ed alla caduta verticale dei tradizionali sistemi di
assistenza familiare, è rappresentato dai servizi domiciliari per anziani, domanda ora principalmente soddisfatta dalle “badanti” straniere, operatrici senza alcuna precisa qualifica, spesso impiegate con contratti in nero.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
1.2.4. Le imprese cooperative aderenti alle Associazioni di rappresentanza
Il movimento cooperativo italiano si è storicamente organizzato attraverso un
duplice sistema a livello federale e confederale.
Le cooperative si associano per settore di attività in federazioni, che si associano a livello confederale. Questo sistema di rappresentanza è seguito sia a livello
territoriale (provinciale e regionale), sia a livello nazionale. Le tre maggiori
Associazioni di rappresentanza, Legacoop, Confcooperative e Agci, rappresentano il livello confederale di aggregazione di federazioni settoriali.
Riferendosi esclusivamente ai settori di attività aderenti a Cecop, il quadro della
rappresentanza delle cooperative italiane è illustrato nella fig. 1.
PROOF
Fig. 1 – Le Associazioni di rappresentanza delle cooperative in Italia
Associazione
Legacoop
Settore
Lavoro
ANCPL
Servizi
Legacoop Servizi
Sociale
Legacoop Sociali
Confcooperative
Agci
Federlavoro
Agci Produzione ei
Servizi
Federsolidarietà
AGCI Solidarietà
I dati quantitativi riportati nei paragrafi precedenti si riferiscono alla cooperazione italiana nel suo complesso. Le fonti statistiche citate, Istat, Unioncamere e
Albo delle Società cooperative, non danno alcuna indicazione sulle Associazioni di appartenenza delle cooperative. I dati di rappresentanza sono forniti dalle
singole Associazioni.
Pur essendoci diversità nei criteri di rilevazione dei dati, crediamo possibile
valutare il grado di rappresentanza delle tre maggiori Associazioni sul totale
delle cooperative.
Su 79.400 cooperative iscritte all’Albo Nazionale, le Associazioni cooperative
dichiarano 41.725 enti aderenti, comprensivi anche delle società controllate
da cooperative e non iscritte all’Albo. Dal punto di vista numerico quindi le
cooperative aderenti alle Associazioni dovrebbero essere poco più della metà,
ma il loro peso è sicuramente più rilevante dal punto di vista del fatturato e
dell’occupazione.
Il Ministero valuta, per il 2008, il valore della produzione delle cooperative
48
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
inscritte all’Albo pari a 95.610 milioni di euro, escluso le 436 Banche di Credito
Cooperativo, ma dichiara che tale valore è riferito solo alle 46.093 cooperative
che hanno deposito il bilancio 2008. Possiamo valutare che le cooperative
che non hanno depositato il bilancio, pari a 33.307 (41.9% del totale), siano di
dimensioni piccole e piccolissime o che non abbiano avviato alcuna attività.
Le Associazioni cooperative denunciamo invece un valore della produzione
delle proprie associate per oltre 120.000 milioni di euro.
Le ragioni di questa discrepanza coi dati ministeriali possono essere:
b) i dati delle Associazioni aggiungono anche il valore della produzione delle imprese di capitali controllate, alcune delle quali sono di dimensioni
assai rilevante;
c) un numero limitato di cooperative, ma di grandi dimensioni, aderisce
a più Associazioni di rappresentanza, provocando una duplicazione del
fatturato nei dati di queste ultime.
Possiamo quindi stimare che il fatturato prodotto dalle cooperative aderenti alle
Associazioni di rappresentanza sia comunque superiore al loro peso numerico.
Per quanto riguarda il peso delle cooperative di lavoro e sociali, sulla base dei
dati disponibili, abbiamo ricostruito la stima di cui alla tab. 19.
Tab. 19 – Cooperative di lavoro e sociali - 2008
Albo Cooperative
Nr.
coop
Coop lavoro 31.378
Addetti
Coop sociali 14.139
Totale
45.517
846.966
Aderenti alle Associazioni
Cooperative
Nr.
Addetti
VdP/mil €
coop
10.540 461.079
312.515
% aderenti alle
Associazioni
Nr.
Addetti
Coop
33,6%
7.524
269.735
7.521
53,2%
18.064
730.814
320.036
39,7%
86,3%
26Sino ad oggi il Ministero ha esonerato le Banche di Credito Cooperativo dal deposito del bilancio annuale presso l’Albo delle Cooperative.
49
PROOF
a) i dati ministeriali [22] non rilevano i dati delle Banche di Credito Cooperativo26, stimabili in oltre 9.000 milioni di euro;
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
E’ quindi verosimile che le Associazioni aggreghino metà delle cooperative
di lavoro e sociali iscritte all’Albo, ma che le stesse rappresentino circa l’85%
dell’aggregato in termini di addetti e fatturato.
PROOF
Le cooperative non affiliate sono in genere di piccole dimensioni, ma numericamente rilevanti. Al loro interno, mancando l’azione di sorveglianza esercitata
dalle Associazioni, si nascondono anche imprese definibili come “spurie”, che
agiscono fuori non solo dalla corretta applicazione dei principi cooperativi ma
anche dalla legislazione stessa. Il problema è particolarmente grave perché le
cooperative, assai più delle imprese private, sono percepite dall’opinione pubblica come un unico corpo. Un comportamento illegittimo, uno scandalo ecc.
che riguarda una singola cooperativa viene percepito come se coinvolgesse tutte
le cooperative, mentre uno scandalo come quello di Parmalat resta lo scandalo
Parmalat e non delle società per azioni.
Questo fenomeno ha ingenerato un contenzioso fra il Ministero e le Associazioni
di rappresentanza in tema di vigilanza, che per le cooperative non aderenti ad
una associazione riconosciuta spetterebbe allo stesso Ministero, ma che di fatto
viene svolta con scarsa regolarità.
2. LE RISPOSTE DELLE IMPRESE COOPERATIVE
PER IL SUPERAMENTO DELLA CRISI
2.1. Creazione di nuove cooperative e processi di crescita
Le cooperative operano prevalentemente all’interno di contesti istituzionali nati
per le imprese di capitale finalizzate alla creazione di valore per gli azionisti,
per non parlare di evidenti casi di ostilità ideologica27.
In tali contesti, il rischio per le cooperative è di trovarsi marginalizzate, costrette ad operare all’interno di settori di nicchia, più o meno protetti dalla mano
pubblica.
27 “… la società americana in generale ed in particolare alcuni settori chiave di essa (come
i banchieri), sono contrari alla proprietà dei dipendenti per ragioni ideologiche ed hanno
utilizzato il proprio potere per impedirne lo sviluppo e per privarla di una propria legittimazione
ideologica” H. Hansmann [15] pag. 119. In Italia questa ostilità ideologica sembrerebbe meno
drammatica, ma non sono infrequenti campagne denigratorie contro le cooperative.
50
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Per essere invece soggetti attivi operanti a pieno titolo su mercati concorrenziali, le cooperative devono compiere uno sforzo maggiore delle imprese concorrenti, per cui il tema della “crescita” è un imperativo di sopravvivenza.
Ogni cooperativa deve affrontare individualmente il tema della crescita, ma
deve nello stesso tempo affrontare il tema della crescita di tutto il movimento
cooperativo. Non è un caso quindi che il movimento cooperativo abbia sviluppato forme di aggregazione societarie del tutto originali e forme di rappresentanza che non si limitino all’azione di lobbyng, ma che siano anche strumenti
di promozione di nuove cooperative e di processi di crescita.
A) Modelli di crescita individuali:
▪▪ Start-up: imprese di nuova creazione;
▪▪ Spin-off: imprese di nuova creazione, nate dall’iniziativa di cooperative già
esistenti ed inserite all’interno di networks consolidati;
▪▪ Trasferimento di imprese senza eredi: imprese economicamente sane nelle
quali l’imprenditore, non avendo successori, cede l’impresa ai lavoratori che
la trasformano in cooperativa;
▪▪ Trasferimento di imprese in crisi: imprese che rischiando la cessazione
dell’attività, vengono rilevate dai propri lavoratori che le trasformano in cooperativa.
▪▪ Processi di ristrutturazioni interni: processi sviluppati all’interno delle cooperative esistenti che affrontano il cambiamento per rendere stabile l’occupazione.
B) Modelli di crescita per aggregazione:
▪▪ Imprese controllate: imprese di capitali nate e controllate per iniziative di
una o più imprese cooperative già esistenti;
▪▪ Gruppi: processi di integrazione di carattere orizzontale fra cooperative già
esistenti;
▪▪ Fusioni: processi di aggregazione per fusione fra cooperative esistenti.
Nella presente sezione affronteremo i processi di crescita del primo tipo
51
PROOF
Nel presente lavoro abbiamo sviluppato otto modelli di crescita suddivisi in due
macro-aree:
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
(individuali), mentre nella sezione successiva affronteremo i processi di crescita
del secondo tipo (per aggregazione).
2.1.1. Start-up
I dati dell’Albo delle società cooperative permettono una ricostruzione parziale
della demografia delle cooperative per il periodo 2005-2009, al centro di questo
studio.
PROOF
I dati dell’Albo indicano l’incremento delle cooperative di lavoro e sociali per
il periodo 2006-2008 pari a 6.755 unità, per cui è verosimile che l’incremento
netto per l’intero periodo 2005-2009 possa essere stato di 10.000 cooperative.
Nello stesso periodo, sulla base dei dati forniti dalle Associazioni cooperative,
risultano 4.652 nuove cooperative che, nel 2009, hanno sviluppato un fatturato
di 1.800 milioni di euro ed una occupazione di 55.000 persone. Mediamente le
nuove cooperative hanno sviluppato un fatturato di poco inferiore a 400 mila
euro occupando 12 persone28.
Le informazioni raccolte non ci hanno permesso di ricomporre completamente i
processi di crescita secondo i modelli in precedenza esposti, ma sono comunque
sufficienti per individuare dei trend ben delineati.
In primo luogo abbiamo stimato che le cooperative di nuova costituzione
(start-up) nel periodo 2005-2009 siano il 70-75% del totale. Gli start-up quindi
costituiscono la forma prevalente per la nascita di nuove cooperative.
Il peso delle organizzazioni cooperative è determinante per l’avvio di queste
nuove imprese, ma un numero di nuove cooperative nasce anche spontaneamente
e si avvicina ad una Associazione solo in un secondo momento.
La capacità attrattiva delle Associazioni resta rilevante essendo in grado di
fornire servizi essenziali sia nella costruzione del business-plan sia nell’avvio
dell’attività. Nel capitolo terzo illustreremo la rilevanza delle istituzioni finan28Il dato sul fatturato ci sembra verosimile, mentre il dato sull’occupazione ci pare eccessivo.
E’ probabile che ciò dipenda dalla forte incidenza di personale part-time. Sulla base di alcune
nostre valutazioni sulla presenza di lavoratori part-time, è probabile che gli occupati in termini
di unità di lavoro equivalenti siano stimabili in 7/8 persone, valore che resta comunque superiore alla media delle nuove imprese nate in Italia. Alcune nuove cooperative hanno comunque
raggiunto fatturati rilevanti, anche superiori a 5 milioni di euro.
52
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
ziarie, facenti capo alle Associazioni cooperative, nell’avvio e nel consolidamento delle cooperative.
2.1.2. Spin-off
Riteniamo necessario soffermarci un attimo su questa tipologia perché, al di
là di ogni giudizio di merito, rappresenta comunque un sistema quanto mai
originale.
Questo sistema viene definito “campo di fragole”, a seguito della metafora
impiegata da Felice Scalvini, primo presidente di Federsolidarietà e del consorzio
CGM: “Non so se avete mai osservato qualche tratto di terreno montano in cui
si trovano ad essere insediate in modo sparso alcune piante di fragole. Il loro
sviluppo è rapido, ma nessuna piantina cresce più di tanto, da ciascuna partono
solo stoloni che ad una certa distanza radicano producendo la nascita di una
nuova piantina che non appena raggiunta una certa dimensione si riproduce
allo stesso modo.
Credo che questa debba essere la nostra strategia: tante cooperative di
solidarietà sociale, nate grazie all’apporto di idee, solidarietà, esperienze
e uomini forniti da altre cooperative, ma ciascuna radicata nella propria
comunità locale ed in grado di crescere autonomamente, per poi fornire il
proprio contributo alla nascita ed allo sviluppo di nuove realtà”29.
In questa strategia il ruolo dello stolone che si ramifica e genera nuove piantine
è svolto dal sistema consortile, come illustrato nella fig. 2.
29 Questo modello è stato a lungo analizzato, ma continua ad essere oggetto di discussione, anche
all’interno della stessa Confcooperative a cui aderisce Federsolidarietà, dove non tutti i pareri
sono unanimi (per esempio [38] pag. 117).
53
PROOF
La seconda tipologia prevalente è rappresentata dalla nascita di nuove
cooperative attraverso il distacco di attività da altra impresa (spin-off).
Abbiamo stimato che le cooperative avviate in questo modo oscillino fra il 2528% del totale, ma risultino fortemente concentrate fra le cooperative sociali
aderenti all’organizzazione cooperativa settoriale Federsolidarietà (integrata
nell’Associazione di rappresentanza Confcooperative), anzi, ne costituiscono
quasi un marchio d’origine.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Fig. 2 – I Consorzi nel sistema Federsolidarietà
COOPERATIVE PROMOTRICI
AZIONE DI SVILUPPO
COOP 1
COOP 2
COOP 4
CONSORZIO
COOP 3
PROOF
COOPERATIVE PROMOSSE
COOP 5
COOP 6
Nel paragrafo 2.2.1 affronteremo il tema del ruolo dei consorzi nel contesto
dello sviluppo delle imprese cooperative, ma qui è necessario affermare come,
all’interno di Federsolidarietà, i consorzi giochino un ruolo diverso da quello
tradizionale30.
La parte sinistra della figura rappresenta il modello consortile tradizionale,
quando alcune cooperative delegano alcune funzioni aziendali ad un nuovo soggetto, il consorzio La parte destra rappresenta invece l’originalità del “modello
campo di fragole”, dove il consorzio diventa promotore di nuove cooperative.
Buone pratiche nr. 3
Il Consorzio Meridia
Il Consorzio Meridia è stato costituito nel 1999 per iniziativa di sei cooperative come strumento
comune per affrontare i temi e le problematiche dell’imprenditoria sociale.
Il consorzio fin dalla nascita si è posto il duplice problema della integrazione fra le associate
e la promozione di nuove cooperative.
Il primo scopo viene perseguito sviluppando una intensa attività formativa organizzata in due
distinte aree di attività:
30 Dalle indagini Istat [19] emerge come le funzioni normalmente delegate al consorzio siano
quelle di promozione commerciale e general contractor.
54
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
a) Sistema di qualità e bilancio di responsabilità sociale.
Il sistema di qualità per il gruppo è stato avviato nel 2001 e ad oggi, oltre al consorzio,
hanno la certificazione di qualità anche 18 associate.
Nel 2008 il Consorzio ha redatto il primo bilancio di responsabilità sociale, seguito
già da 11 associate.
b) Formazione e sviluppo civile.
Il Consorzio ha il compito di programmare i fabbisogni formativi sia a livello di singola
cooperative che complessivamente come gruppo.
Anche l’attività di promozione è stata organizzata in due aree di attività:
In quest’area sono concentrate tutte le attività finalizzate all’inserimento delle fasce
deboli di lavoratori, incluse alcune categorie, come le vittime di violenza, ignorate
dalla legge attuale.
Spesso queste politiche sono frutto di ricerche i cui risultati sono resi pubblici da
Meridia con apposite iniziative divulgative (le relazioni di ricerca sono disponibili al
sito internet del Consorzio).
b) Sviluppo e Innovazione.
Il Consorzio supporta le iniziative di start-up di nuove imprese sia con la costruzione
del business-plan, sia con ricerche di mercato ad hoc.
All’interno di questa area è inserita anche l’attività più propriamente commerciale,
come la partecipazione a bandi di gara per servizi integrati complessi, assumendo
anche il ruolo di general contractor.
L’attività di promozione è stata avviata dal consorzio sin dal suo primo anno di nascita con la
costituzione della cooperativa di tipo B Tasha.
Attualmente aderiscono al consorzio 29 cooperative.
Il fatturato complessivo del gruppo è di oltre 20 milioni di euro e le persone occupate sono
circa 2.000, mentre le persone coinvolte nell’attività svolta sono state:
- 1.600 persone anziane
- 1.400 minori
- 700 disabili
- 340 famiglie
- 40 tossicodipendenti
- 70 immigrati
(www.consorziomeridia.it)
55
PROOF
a) Politiche attive del lavoro.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Oltre al caso Federsolidarietà, esistono pochi altri casi di avvio d’impresa tramite spin-off, riconducibili ad una delle seguenti motivazioni:
▪▪ Consolidare attività non strategiche in una società di capitali controllata;
▪▪ Razionalizzare la catena di controllo in cooperative operanti in settori differenti;
▪▪ Avviare strategie di joint-venture con imprese di capitali;
▪▪ Accedere tramite una società controllata al mercato del capitale di rischio31;
PROOF
Un’altra motivazione, che fortunatamente non abbiamo riscontrato nei casi
esaminati, è l’avvio del processo di demutualizzazione della cooperativa.
Start-up e spin-off rappresentano quindi le forme più comuni di nascita di nuove imprese cooperative, riducendo le altre forme esaminate a casi limitati e
sporadici.
2.1.3. Trasferimento di imprese
Nonostante l’enfasi con cui la Commissione Europea ha discusso sin dal 1994
[11] il tema del trasferimento delle imprese, per mancanza di successori o per
crisi, il dibattito non è decollato in Italia e non ha prodotto interventi legislativi
significativi, a parte la detassazione degli assi ereditari.
La relazione finale elaborata dagli esperti incaricati dalla Commissione presentata nel 2002 [12], non cita una sola volta l’opzione cooperativa, per cui, fra
le raccomandazioni, manca qualsiasi accenno a possibili interventi a sostegno
dell’impegno finanziario dei lavoratori per trasformare in cooperativa l’impresa
nella quale lavorano.
Nel 2003 ANCPL organizzò un convegno sul tema del workers buy out [2] dal
quale emerse come tema dominate quello dell’informazione: “Il problema forse
31 Un esempio significativo è rappresentato dalla Coopservice di Reggio Emilia. Coopservice è
una delle maggiori imprese italiane del settore dei servizi (pulizie, vigilanza, facchinaggio ecc)
con un fatturato consolidato di quasi 550 mil. di euro. La Cooperativa aveva acquisito una impresa privata che esercita l’attività di lavanolo. Nel giro di alcuni anni, Coopservice ha trasferito
la propria attività di lavanolo nella controllata Servizi Italia spa, arrivando ad un fatturato di
oltre 110 milioni di euro. Nel 2007 Servizi Italia spa è stata quotata alla Borsa Valori di Milano;
Coopservice ha mantenuto il controllo a maggioranza assoluta di Servizi Italia spa.
56
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
più importante da affrontare quando si parla di trasmissione d’impresa è quello
dell’informazione” 32. La stessa relazione poneva il tema del sindacato come fonte
primaria di informazioni, ma rilevando, contestualmente, che per le PMI “… gli
stessi funzionari sindacali non sono al corrente delle opportunità che si possono
ritrovare nelle trasformazioni delle aziende in crisi in imprese cooperative”33.
Date queste premesse, non dovrebbe stupire il fatto che le cooperative nate nel
periodo 2005-2009 da trasformazione di imprese di capitale siano state in numero modesto.
Dai dati forniti dalle Associazioni cooperative, si può concludere che siano molto poche le cooperative nate da trasformazione di imprese e nella stragrande
maggioranza dei casi la causa è stata una situazione di crisi d’impresa più che
la mancanza di una alternativa imprenditoriale.
La dimensione di queste imprese è in genere modesta. L’attività esercitata è
sempre di carattere industriale e quasi mai di servizi, ad esclusione di qualche
32 [2] pag. 20
33 [2] pag. 23
34[2] pag. 41. Vale la pena ricordare come la trasformazione di una impresa in crisi in cooperativa
sia, a volte, il frutto di una lunga lotta sindacale. Ultimamente questo è stato il caso della Nuova
Bulleri Brevetti costituita nel luglio 2010 che ha ottenuto la gestione della Bulleri Brevetti srl
dopo quasi un anno e mezzo di lotta sindacale. La Bulleri Brevetti è una azienda storica italiana
nata nel 1935 che aveva raggiunto una posizione di avanguardia nella produzione di macchinari
per la lavorazione del legno (dal pantografo elettronico al taglio laser). Nel 1996 la Società entra
a far parte del gruppo Sicar che, nel 2009, decide di chiudere lo stabilimento della Bulleri Brevetti per concentrare l’attività in due altre società del gruppo. I lavoratori danno avvio ad una
lotta sindacale mirante ad impedire la chiusura dello stabilimento. Obiettivo appena raggiunto
con la costituzione della nuova cooperativa.
57
PROOF
Giudizio avvallato da un autorevole dirigente sindacale che ammetteva, senza
mezzi termini, come lui stesso nella sua esperienza “… abbia però sempre teso
a considerare quella del passaggio o della trasmissione dell’impresa ai lavoratori come l’ultima soluzione possibile, una volta esaurite ed esplorate tutte
le strade”34.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
caso operante nel settore informatico35.
2.1.4. Ristrutturazioni interne
PROOF
Più complesso è stato il tentativo di stimare i processi di ristrutturazione interni adottati dalle cooperative finalizzati alla stabilizzazione dell’occupazione,
anche perché gli effetti della crisi economica sono ancora in movimento ed è
impossibile farne un bilancio definitivo.
Abbiamo esaminato l’andamento di alcuni indici di bilancio come misura di
questi processi per un numero significativo di cooperative36 per il biennio 20072008 che avrebbero dovuto cogliere l’impatto dell’attuale crisi economica.
Anche se la crisi a fine 2007 era già manifesta, i dati di bilancio riflettono in
buona parte decisioni prese in precedenza, per cui l’esercizio è interpretabile
come ultimo “esercizio ante-crisi”, mentre il 2008 incorpora già il risultato
delle decisioni adottate per fronteggiare la crisi, per cui può essere assunto
come metro di misurazione del cambiamento di comportamento. I dati sono
riassunti nella tab. 20.
Il valore della produzione registra un incremento complessivo del 9,25%, accompagnato da un incremento anche degli investimenti, pari a quasi il 53%.
L’unico dato negativo è rappresentato dall’incremento dell’indebitamento finanziario (+ 18,51%) che potrebbe essere anche il risultato di una riduzione del cash
flow.
35 In questo settore meritano di essere citate le esperienze di P.M.A. Engineering e Telea Sistemi.
La prima cooperativa sorge nel 2003 dallo scorporo di un ramo aziendale di una impresa
privata e si rivolge a progettisti e costruttori meccanici che hanno bisogno di un supporto per lo
sviluppo di progetti senza doversi creare una propria struttura. Utilizzando software integrati,
la P.M.A. può operare in perfetta sinergia coi propri clienti e, in collaborazione con officine
meccaniche in partnership, per realizzare lavorazioni meccaniche di precisione e realizzazione
del particolare progettato. Anche Telea Sistemi nasce dallo scorporo di un ramo d’azienda di
una impresa privata. Nata nel 2005 la società si è specializzata nel realizzare soluzioni nel
mondo delle telecomunicazioni e del networking, progettando, realizzando e gestendo sistemi
integrati di fonia, dati, video e sicurezza.
36 Il nostro campione è così composto:
- Cooperative di lavoro costruzioni e industriali: 449
- Cooperative di lavoro servizi: 1.047
- Cooperative sociali: 805
58
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Tab. 20 – Andamenti di alcuni indici di bilancio 2007-2008
- 2008
-∆%
Coop Lavoro Cooperative
Servizi
Sociali
Totale
Cooperative
4.534.871
1.424.981
15.424.848
10.370.615
4.886.591
1.594.643
16.851.849
Investimenti netti:
- 2007
9,57%
305.120
7,76%
196.321
11,91%
53.511
9,25%
554.952
- 2008
524.515
246.916
77.584
849.015
-∆%
Indebitamento finanziario:
71,90%
25,77%
44,99%
52,99%
- 2007
2.212.666
635.384
168.019
3.016.069
- 2008
2.675.081
700.229
199.043
3.574.353
-∆%
20,90%
10,21%
18,46%
18,51%
Fonte: nostra elaborazione su dati fornitici da C.R.M. srl
2.2. Le aggregazioni cooperative
Le cooperative, da una parte, hanno sempre manifestato la volontà di mantenere la loro indipendenza, che spesso è l’elemento costituente del proprio radicamento sul territorio, ma, contemporaneamente, hanno sempre dimostrato
la volontà di ricercare combinazioni imprenditoriali con altre cooperative, per
poter crescere.
Accanto al più classico strumento di aggregazione, la fusione, le cooperative
hanno dato vita ad un istituto originale, il consorzio.
In tempi recenti, soprattutto le cooperative di grandi dimensioni, spesso con una
lunga storia anche centenaria, hanno dato vita a gruppi societari, dove la cooperativa ha assunto il ruolo di capogruppo di controllo di società di capitale.
Abbiamo perciò distinto i processi di crescita per aggregazione in quattro fattispecie:
59
PROOF
Valore della Produzione:
- 2007
Coop Lavoro
Costruzioni &
Industriali
9.464.996
Indicatori
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
▪▪ consorzi cooperativi
▪▪ gruppo paritetico (gruppo orizzontale)
▪▪ fusioni
▪▪ cooperative capogruppo (gruppo verticale).
2.2.1. I consorzi cooperativi ed il gruppo cooperativo paritetico
2.2.1.1. I consorzi cooperativi
PROOF
Il principale istituto utilizzato dalle cooperative italiane per favorire i processi
di crescita è il consorzio, una società cooperativa costituita da cooperative.
Sotto il profilo economico37, possiamo individuare le seguenti motivazioni alla
base di un accordo consortile:
a) Consorzi che realizzano un processo di integrazione del processo produttivo. Questa forma si è particolarmente sviluppata fra le cooperative di
conferimento di prodotti agricoli.
b) Consorzi per l’acquisto collettivo di beni e servizi a favore delle proprie
associate. Questa forma si è sviluppata particolarmente nel settore della
cooperazione di consumo.
c) Consorzi a cui vengono delegati compiti definiti, ma non in via esclusiva. La forma più comune è il consorzio incaricato di partecipare a gare
di appalto, la cui esecuzione verrà assegnata alle cooperative associate;
forma che ha trovato una forte diffusione sia fra le cooperative di lavoro
(costruzioni e servizi) sia fra le cooperative sociali.
I consorzi di tipo b) e c) condividono la logica di accrescere il potere contrattuale
delle cooperative associate.
37 Occorre precisare che l’angolo visuale da noi preso in considerazione è esclusivamente riferito
al tema della crescita e quindi sottovaluta altre funzioni vitali dell’esperienza consortile. Una
analisi esaustiva del ruolo dei consorzi dovrebbe tener conto anche del ruolo di mediazione che
possono esercitare fra gli interessi delle associate, la promozione di formazione manageriale
(compreso anche la gestione di interscambi di dirigenti), la formazione dei lavoratori, la
divulgazione di know how e best practices fra le associate ecc.
60
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Con la legge 127/1971, il legislatore italiano disciplinò la materia dei consorzi
cooperativi, affiancando ai consorzi di cooperative ammissibili ai pubblici
appalti, altre due figure di consorzi:
▪▪ Consorzi di società cooperative;
▪▪ Consorzi di società cooperative per il coordinamento della produzione e
degli scambi.
La prima tipologia consortile identifica sostanzialmente il consorzio nella
cooperativa di secondo grado. In questo modo viene ampliata la possibilità di
costruire un nuovo strumento organizzativo, atto a facilitare il raggiungimento
dello scopo mutualistico delle cooperative partecipanti, allargandone l’attività
rispetto all’originario ruolo ristretto di ammissione ai pubblici appalti.
Secondo Bonocore, questo provvedimento è alla base “… dell’esplosione della cooperazione di grado superiore – secondo, terzo, quarto grado – che è
essenzialmente una cooperazione di servizi e che ha rilanciato in modo assai significativo l’intero movimento cooperativo, contribuendo a salvare dalla
scomparsa molte cooperative fino a quel momento in condizioni di isolamento
nei confronti del mercato”39.
38 Legge 25 giugno 1909 nr. 422, resa operativa nel 1911 con R.D. nr. 278. Il periodo antecedente
la I Guerra Mondiale è stato ricco di provvedimenti aventi per oggetto l’impresa cooperativa, al
punto che un autorevole giurista ha definito questa legge “… come il miglior parto del legislatore
italiano in tema di cooperazione” [6] pag. 44
39 [6] pag. 323
61
PROOF
La genesi storica di questo istituto risale ad una legge del 190938, intesa a favorire la partecipazione delle cooperative di lavoro alla esecuzione di opere pubbliche, con uno strumento societario sufficientemente grande da poter competere
con le imprese private ed in grado di dare dovute garanzie all’appaltatore circa
la buona esecuzione dei lavori. Con questo strumento le cooperative poterono
partecipare alla assegnazione di lavori per importi non accessibili a livello di
singola impresa. Il successo fu immediato e nel giro di poco più di un anno si
costituirono almeno 20 consorzi in tutta Italia. Ancora oggi il più importante
consorzio nel settore edilizio, il Consorzio Cooperative Costruzioni con un turnover consolidato di oltre 1.230 milioni di euro, fu costituito nel 1912, in base
alla suddetta legge.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
La terza figura consortile rimanda invece ad un istituto già presente nel codice
civile italiano dal 1942 (art. 2602 e segg.)40, accessibile alle società di qualsiasi
natura giuridica.
I consorzi fra cooperative sociali sono invece disciplinati da una legislazione ad
hoc (Dlgs. 470/97).
Nella Tab. 22 è riportato il numero dei consorzi aderenti alle Associazioni
cooperative.
Tab. 21 - Consorzi aderenti alle Associazioni cooperative – 2008
PROOF
Settori
Número
Coop Lavoro
529
Coop Sociali
314
Totale
843
Fonte: nostra elaborazione su dati Centrali Cooperative
Buone pratiche nr. 4
I consorzi di società cooperative
Caso nr. 1 – Consorzio Nazionale Servizi – CNS
Il CNS – Consorzio Nazionale Servizi – è stato costituito nel 1977 da 11 cooperative di lavoro
dell’area servizi, con oggetto l’assunzione di lavori da privati o enti pubblici da fare eseguire
alle cooperative aderenti, prevalentemente nei settori delle pulizie, movimentazione merci,
manutenzioni, ecologia, ristorazione, servizi ai beni culturali, reception e, da ultimo, nel
facility management, tanto da diventarne uno dei maggiori soggetti in campo nazionale.
Diversamente da altri consorzi, nati dalla spinta delle associate, il CNS era il frutto di una
scelta strategica dell’Associazione nazionale di rappresentanza che con felice intuizione
interpretò l’avvio del forte processo di terziarizzazione dell’economia italiana.
Nei primi anni il problema principale sembrò quello di trovare la fiducia per fare aderire
altre cooperative. Dal 1980 al 1995 il fatturato crebbe da 11,4 milioni di euro a 91,69
milioni di euro. In questa prima fase il CNS conobbe agli inizi degli anni ’90 in momento
critico ma nonostante il consorzio servisse di supporto alle piccole e medie cooperative, in
questa difficile fase furono le grandi cooperative a sostenerne il ruolo, anche sottoscrivendo nuovo capitale sociale.
40Gli aspetti giuridici di questo forma consortile sono piuttosto complessi per cui vengono trascurati in questa sede.
62
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Uscito dalla difficile situazione, nel 1996 il CNS supera i 100 milioni di euro di fatturato,
innescando una crescita fortissima e chiudendo l’esercizio 2008 con un volume di 581
milioni di euro, di cui 534 rappresentato da lavori assegnati alle cooperative socie. L’utile
supererà i 500 mila euro nel 2001 per raggiungere 5.349 mila euro nel 2008.
Attualmente aderiscono al CNS 230 cooperative. Il CNS ha nove sedi territoriali e opera
su tutto il territorio nazionale. Da alcuni anni, assieme a due cooperative, ha dato vita ad
Armonia Holding, acquisendo lavori in Croazia, Serbia e Malta.
Con gli utili accantonati a riserva indivisibile e successivi processi di aumento del capitale
sociale (anche grazie all’intervento del Fondo di sviluppo della cooperazione Coopfond) il
CNS è riuscito a disporre di risorse finanziarie in grado di sostenere le associate di minori
dimensioni, anticipando i tempi di incasso dei crediti, particolarmente lunghi e scostanti
da parte della Pubblica Amministrazione.
Le cooperative associate al CNS sono di tutte le dimensioni: da grandissime cooperative a
cooperative modestissime. E’ interessante rilevare come le cooperative di minori dimensioni
che ricevono lavori dal CNS sono oltre la metà delle associate (57%), ma pur ricevendo
la quota minore di lavori (7,4%), sono quelle più dipendenti dal Consorzio: il 44,7% del
fatturato svolto viene assegnato loro dal CNS.
Il CNS è riuscito a mantenere un equilibrio fra cooperative grandi – medie – piccole, pur
all’interno di un sistema di governance basato sul principio cooperativo di “una testa –
un voto”.
(www.cnsonline.it)
Caso nr. 2 – Ciro Menotti – Ravenna
Il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro Ciro Menotti è stato costituito nel
1959 ai sensi della L. 422/1909, regolante i consorzi fra cooperative per la partecipazione
ai pubblici appalti.
Il consorzio assolve alla funzione di partecipazione ad appalti sia pubblici che privati, in
particolare nei settori dell’edilizia civile ed industriale, opere infrastrutturali ed impiantistiche.
Molto spesso il consorzio opera in alleanza con altre imprese del settore o complementari,
attraverso la costituzione di Associazioni Temporanee d’Impresa (ATI). Il consorzio può
operare in 26 categorie di attività, quattro delle quali per valori illimitati.
La realizzazione dei lavori ottenuti è assegnata alle cooperative associate, conservando comunque il coordinamento della realizzazione, essenziale quando le attività sono distribuite
fra una pluralità di cooperative. Diversamente da altri analoghi consorzi, il Ciro Menotti
non ha intrapreso la strada di assumere un ruolo imprenditoriale diretto attraverso società
controllate.
63
PROOF
Da metà anni 90, il settore di attività prevalente diventa quello delle pulizie e dall’inizio del
2000 il CNS entra con forza nel settore del facility management (nel 2008 e nel 2009 al
CNS verrà riconosciuto il premio Best Practice Patrimoni Pubblici, nel settore Gestione Patrimoni Immobiliari). Ad oggi questi due settori occupano circa il 70% dell’attività del CNS.
Capitolo 1
Le associate sono 69 ed operano su tutto il territorio nazionale; fra esse spicca la cooperativa
ACMAR che con un consolidato 2008 di oltre 218 milioni di euro, è fra le principali imprese
italiane di costruzioni.
Dal 2005 al 2008 il consorzio ha partecipato complessivamente a 5.559 gare.
Nel 2008 il Ciro Menotti ha svolto un fatturato per quasi 118 milioni di euro ed ha mezzi
propri per oltre 3,5 milioni di euro.
(www.ciromenotti.it)
Caso nr. 3 – CGM
PROOF
Il Consorzio Gino Mattarelli (CGM) è sicuramente il consorzio più grande e più noto operante
nella cooperazione sociale.
Nato nel 1987 (prima ancora dell’approvazione della legge 381 del 1991 sulla cooperazione
sociale), come consorzio nazionale costituito da consorzi territoriali, si propone come “…
uno strumento della comunità vicino ai cittadini e capace di rispondere ai vecchi ed
ai nuovi bisogni lavorando insieme alle istituzioni e agli altri attori delle comunità che
possono collaborare al perseguimento degli stessi obiettivi”.
Sin dall’inizio il consorzio sviluppa la logica del “campo di fragole” secondo cui il territorio
viene occupato da cooperative di piccola dimensione ritenendolo un deterrente contro
la burocratizzazione ed “… in grado di favorire la flessibilità e la qualità del servizio,
l’attenzione alla persona, ma anche la qualità delle relazioni e quindi della vita degli
operatori”, ma nello stesso tempo “la piccola dimensione da sola sembra inadeguata a
gestire un processo di crescita accelerato”.
CGM si assume quindi la funzione di integrazione fra le associate per sopperire ai loro limiti
legati alla scelta di mantenere dimensioni medio-piccole.
Non solo CGM diventa general contractor per acquisire lavori, ma si propone di essere un
punto di scambio di informazioni, know how, ma anche di dirigenti e quadri, nonché di
formazione.
Il sistema si presenta oggi come una rete integrata che agisce su basi comunemente
concordate; è costituito da 78 consorzi a cui sono associate 1.200 cooperative, che
occupano più di 35.000 persone, con un fatturato aggregato di 1,1 milioni di euro.
Per favorire la specializzazione delle proprie attività, CGM è intervenuto con un rilevante
investimento di oltre 1,3 milioni di euro in 15 società.
Per favorire il legame fra le imprese consorziate, nel 1998 è stato costituito CGM Finance
che raccoglie risorse finanziarie sia attraverso il prestito sociale che linee di credito esterne,
da utilizzare per finanziare le cooperative sociali con maggiori difficoltà di accesso al
credito.
Nel 2006 CGM ha dato vita ad un gruppo paritetico, nel quale ha assunto il ruolo di
coordinatore. Le altre cooperative partecipanti sono:
ƒƒ Luoghi per crescere (educazione e infanzia);
64
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
ƒƒ
ƒƒ
ƒƒ
ƒƒ
Comunità solidali (sanità);
Accordi (ambiente);
Mestieri (orientamento e formazione);
CGM Finance (finanza)
a cui dovrebbero aggiungersi: Connecting people (integrazione e immigrazione), Welfare
Italia (servizi per le famiglie) e Solidarete (internazionalizzazione dell’impresa sociale).
( www.gruppocgm.org – www.cgm.coop)
Il legislatore nel 2003 ha voluto arricchire le possibili forme di aggregazione fra
imprese cooperative introducendo l’istituto del “gruppo cooperativo partitico,
di cui all’art. 2545 septies del Codice Civile.
[1] Il contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse
regolano, anche in forma consortile, la direzione e il coordinamento delle
rispettive imprese deve indicare:
1) la durata;
2) la cooperativa o le cooperative cui è attribuita la direzione del gruppo,
indicandone i relativi poteri;
3) l’eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati;
4) i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto;
5) i criteri di compensazione e l’equilibrio nella distribuzione dei vantaggi
derivanti dall’attività comune.
[2] La cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di alcun tipo qualora, per effetto dell’adesione al gruppo, le
condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci.
[3] Le cooperative aderenti ad un gruppo sono tenute a depositare in forma
scritta l’accordo di partecipazione presso l’albo delle società cooperative.
Questo istituto si differenzia dalla formula consortile sotto diversi aspetti:
a) è un accordo contrattuale che non dà origine ad una nuova società;
b) possono aderire, oltre alla cooperative, anche altri enti pubblici e privati,
65
PROOF
2.2.1.2. Il gruppo cooperativo paritetico
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
mentre questa possibilità non è prevista per i consorzi cooperativi tradizionali41;
c) viene individuata una cooperativa capogruppo, a cui delegare la direzione
del gruppo stesso, indicandone i relativi poteri. C’è quindi un trasferimento di potere gestionale dalla singola cooperativa alla cooperativa che
assume la funzione di capogruppo, conservando però la propria autonomia giuridica.
PROOF
In un certo senso, il gruppo paritetico sembra una via intermedia fra il consorzio, dove le associate conservano la completa autonomia statutaria e la fusione,
dove le cooperative rinunciano alla propria autonomia, conferendola nella società incorporante.
Nonostante al tema siano stati dedicati numerosi convegni, questo istituto è
stato recentemente definito come una “aspettativa delusa”42, considerato che a
fine 2009 si contavano appena una trentina di contratti depositati presso l’Albo
delle Società Cooperative, sottoscritti da poco più di cento cooperative. E’ però
convinzione diffusa che questo istituto abbia potenzialità notevoli, non ancora
pienamente espresse.
Buone pratiche nr. 5
Coos Marche Onlus: una rete integrata nella Regione Marche
La cooperativa Coos Marche viene costituita nel 1979 come cooperativa sociale di tipo A
che eroga servizi sociali, socio-sanitari, assistenziali ed educativi, a favore di anziani, disabili
e minori.
Attualmente sviluppa un fatturato di circa 41 milioni di euro, occupa 1.900 persone ed ha
aperto cinque sedi nella Regione Marche.
Nel 2008 sei cooperative hanno dato vita al gruppo paritetico per raggiungere i seguenti
obiettivi:
a) integrazione dell’attività commerciale delle cooperative aderenti al fine di
ottenere un maggior riconoscimento da parte della Pubblica Amministrazione;
b) maggiore efficienza ed economie di scala nell’utilizzo delle risorse umane
operanti all’interno del gruppo;
c) sviluppo di una più qualificata ed ampia gamma di servizi da offrire alla clientela,
pubblica e privata.
41 M. Iengo [16] pag. 252
42 C. Quattrocchi [24] pag. 23
66
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Le cooperative formanti il gruppo paritetico sono:
ƒƒ Zanzibar: cooperativa sociale di tipo B, nata nel 2000, occupa 40 soci-lavoratori di
cui circa il 40% sono persone con disagi psichici;
ƒƒ Hostess: nata nel 1991 con lo scopo di erogare servizi nell’area dell’infanzia e
dell’adolescenza;
ƒƒ La Gemma, nata nel 1996 su iniziativa di 16 donne, opera nel settore della prima
infanzia, occupando 120 lavoratori;
ƒƒ Il Mosaico, nato nel 2002 come spin-off della Cooperativa Il Tulipano, opera
attualmente con 16 soci-lavoratori.
Il ruolo di coordinamento è stato assunto da Coss Marche.
Il Gruppo costituisce una delle più importanti reti imprenditoriali del settore nella Regione
Marche.
Con la legge 33/2009 è stato istituito nel diritto italiano il “Contratto di Rete”
che ha qualche analogia con il Gruppo paritetico cooperativo, avendo l’obiettivo di favorire l’aggregazione di imprese, senza dover rinunciare alla propria
autonomia giuridica.
Il Contratto di Rete presenta due punti fondamentalmente diversi dal Gruppo
paritetico:
a) può riguardare qualunque tipo di società, cooperativa e non;
b) nessuna società partecipante acquisisce il ruolo di coordinamento, per cui le
società restano sullo stesso piano, senza alcuna forma di subordinazione.
Questo istituto presenta potenziali vantaggi specie fra le PMI che intendono
affrontare nuovi mercati, ma non hanno una massa critica che permetta loro di
assorbire ingenti costi fissi, anche di rappresentanza e promozione.
Attualmente non esistono ancora rilevazioni statistiche sui contratti di rete sottoscritti, ma l’istituto potrebbe trovare una maggiore diffusione quando saranno
chiariti i termini della fiscalità di vantaggio previsti col D.L. 78/2010.
67
PROOF
(www.coos.marche.it)
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
2.2.2. Fusioni e cooperative capogruppo
2.2.2.1. Fusioni
La letteratura e le ricerche in tema di fusioni sono sterminate; seguendo uno dei
più diffusi manuali di finanza aziendale, qualunque sia la motivazione alla base
di una fusione, ciò che conta è il beneficio economico, che si realizza “… solo
se le due aziende [che si fondono] valgono più insieme che separate”43, principio però difficilmente adattabile alle imprese cooperative, dove il trasferimento
della proprietà significa la propria scomparsa come cooperativa.
PROOF
Nella tab. 23 abbiamo raccolto alcuni dati sui processi di fusione registrati dalle
cooperative associate alle Associazioni cooperative negli anni 2005-2009, da
cui emerge la marginalità dell’istituto rispetto ad altre forme di aggregazione.
Esaminando i casi realizzati, sono emerse due ragioni principali che stanno alla
base dei processi di fusione44:
a) come sistema per risolvere una crisi aziendale, quando una cooperativa
“forte” incorpora una cooperativa “debole”; queste operazioni sono spesso promosse dalla organizzazione di rappresentanza;
b) come sistema per accrescere il peso di mercato delle cooperative fuse; in
questo caso la fusione avviene sempre fra cooperative che esercitano la
medesima attività e possono essere finalizzate sia alla integrazione territoriale sia ad evitare sovrapposizioni di presenza sul medesimo territorio.
Tab. 22 – Numero fusioni imprese cooperative 2005 – 2009
Anno
Cooperative
Lavoro
Sociali
Totale
2005
8
2
10
2006
23
6
29
2007
10
7
17
2008
6
4
10
2009
30
12
42
Totale
77
31
108
Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dalle Associazioni cooperative
43 [7] pag. 788.
44A. Zevi [9] ha giustamente osservato che i motivi della crescita sono propri delle imprese capitalistiche e delle cooperative, ma lo scopo mutualistico ne modifica il quadro delle motivazioni.
68
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Buone pratiche nr. 6
Pierreci e Codess Cultura: primo gruppo a capitale non pubblico
per i servizi nel settore dei Beni Culturali
Un caso recentissimo di fusione finalizzata ad aumentare il peso di mercato è quello
realizzato fra la Pierreci e la Codess Cultura, due cooperative operanti nel settore dei servizi
ai Beni Culturali:
L’enorme patrimonio culturale esistente in Italia è ancora per l’80% gestito dal settore
pubblico, restio alle operazioni di outsourcing ed incline a favorire la nascita di società in
house. Il mercato è quindi caratterizzato da imprese di non elevate dimensioni.
Con questa operazione di fusione, la nuova società Pierreci Codess Coopcultura è diventata
la maggiore impresa italiana a capitale privato operante nel settore.
Il quadro ante-fusione (2007) è così sintetizzabile:
Pierreci
1990
Anno di costituzione
Fatturato
Codess
1999
16,160,000 14,776,000
489,000
Utile esercizio
6,000
Capitale investito
9,854,000 10,130,000
Patrimonio netto
1,715,000
631,000
Numero Soci
197
350
Numero Addetti
500
627
(www.pierreci.it – www.codesscultura.it)
2.2.2.2. La cooperativa capogruppo
Più che crescere per processi di fusioni, le cooperative di maggiori dimensioni
sembrano preferire crescere, oltre che per linee interne investendo le risorse
accumulate come riserva indivisibile, attraverso altri strumenti, come la for69
PROOF
ƒƒ Gestione musei e siti archeologici, compresa l’attività di bookshop, visiti guidate e
didattica
ƒƒ Gestione biblioteche
ƒƒ Servizi di front line (biglietteria, custodia, accoglienza, guardiania e pulizie)
ƒƒ Attività editoriale
ƒƒ Allestimento congressi e fiere.
Pierreci era prevalentemente attiva nel Centro Sud d’Italia, mentre Codess Cultura lo era
nel Nord.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
mazione di un gruppo, dove la cooperativa madre assume anche il ruolo di
controllo su società di capitali.
Sotto il profilo giuridico, la detenzione di partecipazioni di controllo in imprese
di capitale da parte di una cooperativa è stato un tema a lungo discusso. Con
l’art. 18 della l. 72/1983 si venne a ratificare quella che era già una realtà di fatto
molto diffusa: “le società cooperative e loro consorzi possono costituire ed
essere soci di società per azioni e a responsabilità limitata”.
PROOF
Questa apparente semplicità non ha però interrotto un dibattito che ancora si
protrae con riguardo:
▪▪ ai limiti quantitativi dell’investimento rispetto al patrimonio della cooperativa capo gruppo;
▪▪ al mantenimento dello scopo mutualistico;
▪▪ agli strumenti della vigilanza sul gruppo.
I dati riportati nella tab. 24, riferiti alle sole associate di Legacoop, sembrano
indicare un fenomeno riguardante principalmente le cooperative di lavoro45,
mentre resta piuttosto limitato nella cooperazione sociale.
Complessivamente il caso della cooperativa capogruppo resta quindi un fenomeno numericamente limitato, ma che investe le cooperative di grandi dimensioni: quasi tutte le cooperative di lavoro aderenti a Legacoop con un fatturato
superiore a 100 milioni di euro sono delle capogruppo che redigono il bilancio
consolidato46.
Tab. 23 - Dimensione dei gruppi controllati da una cooperativa capogruppo
anno 2008 (Milioni €)
Totale
Coop Lavoro
Valore partecipazioni:
Coop Sociali
- imprese controllate
- imprese collegate
Numero cooperative che redigono il
bilancio consolidato (gruppo)
1.285.1
19.6
347.9
11.0
64
6
Fonte: nostra elaborazione su dati forniti da Centrali Cooperative
45 Alcuni casi di grande interesse furono presentati in un convegno del 2007 e pubblicati in [1].
46A. Zevi [32].
70
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
A. Zevi [9] individua almeno cinque motivazioni alla base del ricorso a questo
specifico strumento di crescita dimensionale47:
a) La costituzione del gruppo controllato da una cooperativa capogruppo
sembra l’unica strada possibile per espandersi all’estero, sia per gestire
stabilimenti localizzati in altri paesi ovvero per gestire reti commerciali.
c) In alcuni casi la scelta del gruppo è dipesa dalla necessità di diversificare
il rischio imprenditoriale, specie a fronte di iniziative innovative.
d) L’entrata su nuovi mercati a volte richiede una joint venture con imprenditori privati. In questo caso costituire società di capitali (anche solo collegate) è sembrata la sola soluzione possibile (a volte anche nel caso in
cui tutti i soggetti erano cooperative, ma con diversi apporti di capitale di
rischio, per cui il tradizionale sistema di governance, basato sul principio
una testa – un voto, rischiava di non rappresentare il diverso grado di
rischio assunto da ogni partecipante).
e) In un numero molto limitato di casi, concentrare parte delle proprie attività in una impresa di capitale è diventato il modo per raccogliere capitali
sul mercato borsistico, visto l’enorme difficoltà incontrata a quotare titoli
cooperativi.
47 Meno convincente ci pare l’ipotesi di Bonocore secondo cui lo sviluppo del gruppo controllato
da una cooperativa capogruppo sarebbe il riflesso della decadenza dell’istituto consortile, “…
non più in grado di soddisfare le nuove esigenze” [6] pag. 328. Opinioni simili si trovano anche
nella ricerca curata da S. Bitossi [5].
71
PROOF
b) Alcune cooperative, per i motivi più diversi, si sono trovate a gestire attività diversificate. In questi casi le stesse hanno scorporato alcuni rami di
attività in imprese di capitale ad hoc per facilitarne sia il controllo sia per
dare più autonomia ai gruppi dirigenti delle singole attività. Spesso questo processo è stato combinato con operazione di acquisizioni di imprese
di capitale già esistenti.
Capitolo 1
Buone pratiche nr. 7
Sacmi: una cooperativa capogruppo multinazionale
La SACMI di Imola è la più importante cooperativa capo gruppo multinazionale in Italia.
La cooperativa viene fondata nel 1919 per opera di nove operai meccanici con oggetto
sociale “l’esercizio diretto di una o più officine per riparazione macchine in genere,
acquisto e produzione di macchine”.
Nonostante l’avvento del fascismo non risparmi ai soci violenze ed intimidazioni, la Sacmi
inizia la propria ascesa e, negli anni trenta, produce la prima macchina a proprio marchio
per la pulitura delle arance.
PROOF
Una svolta decisa si presenta nel secondo dopoguerra, quando la Sacmi inizia una
importante collaborazione con un’altra grande cooperativa del territorio, la Cooperativa
Ceramica di Imola (vedi Buone pratiche nr. 1).
La Cooperativa Ceramica diventa oggetto di importanti commesse per la fornitura di piastrelle
da rivestimento, ma gli impianti sono ancora fortemente danneggiati dai bombardamenti
subiti durante la seconda guerra mondiale.
La Sacmi viene chiamata in aiuto per ripristinare i macchinari. Questa esperienza si
trasforma da occasione per nuova occupazione in opportunità di acquisire know how che
porterà la cooperativa, negli anni ’50, a diventare un’azienda leader per la produzione di
impianti integrati per la produzione e cottura per piastrelle in ceramica.
Più o meno negli stessi anni, la Sacmi inizia a produrre macchine per tappi a corona, base
per il successivo sviluppo nel settore del packaging alimentare.
La Sacmi si inserisce velocemente nei mercati internazionali e costituisce la prima società
controllata commerciale con sede in Milano finalizzata al commercio con l’estero.
Nella tabella seguente riportiamo alcuni dati significativi del gruppo (valori in milioni di
euro):
Anni
Fatturato
Cap. Netto
Occupati
2006
1.074
510
3.751
2007
1.243
533
3.474
2008
1.172
541
3.658
2009
972
541
3.681
In questi anni il fatturato è stato realizzato mediamente per il 14-15% in Italia e per 8586% all’estero.
Oggi la Sacmi è una cooperativa che controlla un gruppo multinazionale organizzata in sei
divisioni operative:
a) Ceramica: progettazione e fabbricazione di macchinari e impianti completi per la
produzione di piastrelle, refrattari, prodotti estrusi, laterizi e ceramici strutturali,
sanitari, stoviglie, ceramici tecnici, anodi carbone e coniatura metalli;
72
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
b) Beverage & packaging: progettazione e fabbricazione di macchinari e linee
complete per l’imbottigliamento, l’etichettaggio, il confezionamento, le preforme
in PET, capsule e contenitori in plastica;
c) Iniezione plastica: progettazione e commercializzazione di macchine e sistemi
completi per lo stampaggio a iniezione di materie plastiche;
d) Food processing: linee complete per processi alimentari per la produzione di
cioccolato;
e) Controllori di processo: sistemi di ispezione NIR per controllo frutta; sistemi di
visione e sistemi olfattivi;
f) Aziende di servizio: servizi di spedizione internazionale e logistica; servizi tecnici
e tecnologici per le aziende manifatturiere; servizi amministrativi.
a) nr. 21 a livello internazionale;
b) nr. 11 a livello europeo;
c) nr. 119 a livello nazionale.
Fra società di produzione, distribuzione e di servizi, la Sacmi controlla 70 imprese sparse
in 24 paesi.
La Sacmi, nel proprio bilancio sociale 2009, ribadisce la propria mission all’interno dei
valori cooperativi: “Garantire ai Soci e alla collettività prospettive di sviluppo e di scambio
mutualistico nel rispetto dei principi e dei valori della democrazia cooperativa”.
(www.sacmi.com)
E’ indubbio come il diffondersi di questo strumento apra nuovi temi di discussione all’interno di ogni cooperativa, in particolare:
▪▪ come ricondurre l’attività svolta con imprese di capitale alla logica mutualistica che sorregge l’impresa cooperativa;
▪▪ come coinvolgere i lavoratori delle imprese controllate che non sono soci,
tenuto conto anche delle possibilità aperte dall’art. 2349 cc, riguardanti
“azioni e strumenti finanziari a favore dei prestatori di lavoro” operanti
anche all’interno di un gruppo controllato da una cooperativa capogruppo.
Nella fig. 3 abbiamo rappresentato una sintesi degli strumenti di crescita per
aggregazione.
73
PROOF
Queste attività sono supportante da un Centro di Ricerche e Sviluppo che occupa più di
200 persone e che nel 2009 ha realizzato investimenti per 25 milioni di euro. Nel solo
2009 questa attività di ricerca ha portato alle seguenti richieste di brevetti:
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Fig. 3 – Processi di crescita per aggregazione
Fusioni & Acquisizioni
Pubblici appalti (l. 422/1909)
Processi di
crescita per
aggregazione
Cooperative di secondo grado (l. 127/71)
Consorzi
Coordinamento produzione (l. 127/71)
Consorzi sociali (l. 470/97)
PROOF
Gruppi
Cooperativa capogruppo (l. 72/83)
Gruppo Paritetico (D. Lgs. 6/2003)
Consorzi, gruppi cooperativi paritetici, fusioni e cooperative capogruppo
sono istituti che condividono il tema della crescita dell’impresa cooperativa,
ma si differenziano per il grado di autonomia fra i soggetti (dominazione vs
autonomia) ed il grado di integrazione (forte vs debole).
Combinando queste variabili possiamo descrivere i modelli come nella fig. 4.
I consorzi lasciano inalterato il rapporto fra le cooperative associate quanto ad
autonomia giuridica: ogni cooperativa associata è una società autonoma senza
alcun vincolo di subordinazione.
I consorzi che realizzano un processo di integrazione del processo produttivo,
come quelli prevalenti nella cooperazione agricola, realizzano fra le associate
una integrazione forte, in quanto sono creati per svolgere una fase del processo
produttivo non svolto dalle singole associate.
I consorzi che condividono uno scambio di servizi, come nel caso di una centrale
per gli acquisti collettivi o per la partecipazione a gare di appalto, sono strutture
da cui è molto più semplice recedere.
I gruppi controllati da una cooperativa capogruppo ed il gruppo cooperativo
paritetico sono caratterizzati da un rapporto in cui alcune imprese sono
subordinate ad una “capogruppo”, che esercita un controllo o azionario (nel
primo caso) o per contratto (nel secondo caso).
74
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Fig. 4 – Forme di raggruppamento fra cooperative
ALTA INTEGRAZIONE
Consorzio
produttivo
Consorzio
produttivo
Consorzio
di scambio di servizi
o di partecipazione
a gare d’appalto
Consorzio
produttivo
INDIPENDENZA
CONTROLLO
3. GLI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO PER LA CRESCITA
3.1. Strumenti diretti: capitale e riserve
Nella prima sezione abbiamo già documentato statisticamente come, a partire
dagli anni ’70 del secolo scorso, il processo di crescita delle cooperative sia
stato maggiore rispetto a quello delle imprese non cooperative.
Il problema da capire è come le cooperative abbiano finanziato questi processi,
considerato che storicamente sono nate per iniziative di persone fisiche scarsamente dotate di capitali ed hanno presentato una maggiore difficoltà di accesso
ai mercati finanziari, rispetto alle imprese capitalistiche.
Le difficoltà di accesso al capitale di rischio sono facilmente intuibili e ricollegabili:
a) ad un regime proprietario che attribuisce ai soci diritti limitati sulla disponibilità del valore dell’impresa;
b) al regime di distribuzione degli utili, che ne privilegia l’assegnazione a
ristorno e a riserva indivisibile, piuttosto che a dividendi.
75
PROOF
BASSA INTEGRAZIONE
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
La subordinazione del capitale rispetto ai diritti dei soci cooperatori sembra
essere un ostacolo insormontabile per le cooperative per accedere direttamente
ai mercati del capitale di rischio.
Date le limitate capacità dei soci di finanziare direttamente le proprie cooperative con capitale sociale, la possibilità per le cooperative di crescere per vie
interne è dipesa in primo luogo dalla possibilità di accumulare utili non distribuiti ai Soci. L’istituto della riserva indivisibile è stato lo strumento principale
utilizzato dalle cooperative italiane per finanziare i propri processi di crescita.
PROOF
Secondo l’attuale legislazione il capitale sociale di una cooperativa può essere
suddiviso in quote di capitale, ma, come indicato all’art. 2525, il valore delle
quote possedute da un singolo socio cooperatore non può superare il valore di
100.000 euro48.
Al termine del rapporto mutualistico, il socio ha diritto al rimborso delle
quote sociali, della propria quota parte di riserva divisibile e dell’eventuale
sovrapprezzo, secondo le modalità fissate per statuto.
Anche nel caso di scioglimento della cooperativa, i diritti patrimoniali dei soci
non vanno oltre ai diritti sopra enucleati e l’eventuale capitale residuo deve
essere devoluto ai Fondi per lo sviluppo della cooperazione49.
La riserva indivisibile è alimentata da utili non distribuiti e non distribuibili
fra i soci, anche in caso di scioglimento della cooperativa; inoltre ne è limitato
l’utilizzo solo per la copertura di perdite di esercizio50.
La riserva indivisibile è stato uno strumento determinante del processo di capitalizzazione delle cooperative, proiettando la vita dell’impresa oltre l’interesse
48Questo limite può essere superato nelle cooperative con oltre 500 soci, purché previsto nell’Atto
Costitutivo, ma un Socio non può mai detenere più del 2% del capitale sociale. Da questo computo vanno comunque escluse le quote o azioni derivanti dalla distribuzione di riserve divisibili
o ristorni. Questi limiti non valgono per i soci persone giuridiche e per i soci finanziatori dotati
di poteri amministrativi (art. 2525 CC).
49 Vedi oltre § 3.2.2.
50 Nel caso una cooperativa utilizzi la riserva indivisibile a copertura di perdite di esercizio, non
potrà comunque distribuire in futuro utili fintanto che la riserva indivisibile utilizzata non sia
stata ricostituita.
76
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
dei soci presenti51, ma resta pur sempre un procedimento distribuito nel tempo
e non in grado di fronteggiare situazioni che richiedono disponibilità di mezzi
propri in tempi ristretti.
Indubbiamente questa forma di accumulazione è stata incentivata dal regime fiscale di supporto52. Con la riforma del 2003 l’agevolazione fiscale sugli accantonamenti a riserva indivisibile è stata ridimensionata. La situazione attuale non è
facile da riassumere perché ha introdotto molte differenziazioni, sia fra tipologie
di cooperative (il regime fiscale delle cooperative di lavoro è diverso da quello
delle cooperative di consumatori), sia per l’estensione dello scambio mutualistico
(cooperative a mutualità prevalente vs cooperative a mutualità non prevalente).
a) Riserva legale: la cooperativa è obbligata a destinare a riserva legale il
30% degli utili conseguiti per ogni esercizio. Questa riserva è indivisibile
per legge ed è completamente detassata.
b) Riserve indivisibili volontarie: dedotte le destinazioni obbligatorie – riserva legale (30%) e quota ai Fondi per lo sviluppo della cooperazione
(3%) – la cooperativa può destinare gli utili residui, a propria discrezione,
a riserva indivisibile. Sino al 2003, se la cooperativa optava per questa
51 Può essere sorprendente come molti economisti fatichino a penetrare l’essenza di questo istituto:
com’è possibile che i soci, nella loro qualità di residual claimers, rinuncino volontariamente ad
appropriarsi di quanto da loro prodotto? Infatti in molti modelli interpretativi delle cooperative
di lavoro, per esempio, la posizione assunta dagli economisti è che i soci lavoratori massimizzino
il reddito pro-capite (ipotesi avanzata da B. Ward nel 1958), il che equivale alla completa
distribuzione di quanto residua, pagati i costi. In questi modelli non c’è spazio per le riserve
indivisibili! La più ampia concessione sul tema arriva ad ipotizzare che i soci possano anche
destinare a reinvestire gli utili, ma restano condizionati dal tempo di permanenza in cooperativa
del socio mediano, il cui orizzonte temporale resta comunque finito, al contrario di quanto
succede nelle imprese di capitali, dove la circolazione del titolo allunga l’orizzonte temporale
all’infinito (ipotesi avanzata da Furubotn e Pajovich nel 1970). Com’è allora spiegabile questa
asimmetria fra il cooperatore in carne ed ossa e l’Homo cooperativus degli economisti?
52 Il tema delle agevolazioni fiscali sugli utili destinati a riserva indivisibile è motivo di continue e
lunghe discussioni. Molti commentatori (compresi autorevoli dirigenti cooperativi) propongono
di assimilare questo regime fiscale per gli utili delle società per azioni reinvestiti nell’impresa. A
nostro avviso questa assimilazione è impropria. La ratio della detassazione degli utili destinati
a riserva indivisibile non è il reinvestimento, ma la rinuncia assoluta dei soci cooperatori alla
loro distribuzione. Per una società per azioni, l’utile reinvestito non comporta alcuna rinuncia al
residuo in capo all’azionista, che semplicemente sostituisce la possibilità di appropriarsene come
dividendo, quella di appropriarsene come capital gain (oltretutto fiscalmente più vantaggioso).
77
PROOF
Limitandoci a descrivere il caso di una cooperativa di lavoro a mutualità prevalente, la legislazione attuale prevede le seguenti tipologie di riserve indivisibili:
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
soluzione, l’utile era completamente detassato, mentre, nel nuove regime,
la cooperativa è tassata per una quota pari al 30% dell’utile, indipendentemente dalla sua destinazione finale (ferma restando la detassazione
integrale per le cooperative sociali, data la loro finalità).
PROOF
Accanto a questi strumenti, in Italia, i soci possono partecipare al finanziamento
della propria cooperativa anche con prestiti volontari (prestito sociale),
regolamentati da apposita legislazione. Questo istituto figura per la prima volta
nella legislazione italiana nel 1971, quando era già praticato da molte cooperative.
Con la L. 127/71 vengono regolate le finalità della raccolta al raggiungimento
dell’oggetto sociale, i limiti per i depositi individuali e gli interessi elargibili,
norme variate nel tempo per tenere conto degli effetti dell’inflazione53.
Una cooperativa non può raccogliere prestiti per un importo totale superiore
a tre volte il patrimonio netto, elevabile a cinque volte, purché sostenuto da
adeguate garanzie a favore dei soci depositanti.
Sin dagli anni ’70 in Italia si è svolto un intenso dibattito sulla possibilità che
potessero entrare nelle cooperative anche soci finanziatori, che apportassero
solo capitale, senza intraprendere alcuno scambio mutualistico.
La possibilità per le cooperative di emettere titoli indirizzati a soci finanziatori
è stato alla fine introdotta dalla legge 59/1992 che aveva previsto due fattispecie
di titoli azionari:
a) Azioni socio sovventore, che incorporano sia diritti patrimoniali in proporzione del capitale versato che diritti amministrativi, come il diritto
di voto in assemblea (ordinaria e straordinaria) nel limite massimo di un
terzo dei voti totali ed il diritto di eleggibilità di propri rappresentanti
nell’organo amministrativo, ma sempre in posizione di minoranza rispetto ai rappresentanti dei soci cooperatori.
b) Azioni di partecipazione cooperativa, dotate di soli diritti patrimoniali
sotto forma di remunerazione maggiorata rispetto agli altri titoli di capitale e diritto di prelazione sul capitale di liquidazione della cooperativa.
53 Attualmente per le Cooperative di lavoro il prestito non può eccedere 67.167 euro per socio,
mentre il tasso di interesse è variabile e non può superare il tasso sui buoni fruttiferi postali
maggiorato di 2,5 punti percentuali. Gli interessi sono tassati nella misura del 20% in capo al
socio prestatore.
78
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Pur registrandosi alcuni casi interessanti54, questi istituti non hanno sostanzialmente rappresentato una soluzione di portata generale.
Successivamente con la l. 448/1998 è stata introdotta la possibilità da parte
delle cooperative di emettere titoli obbligazionari, in misura non superiore al
capitale versato e alle riserve risultanti dall’ultimo bilancio approvato.
Infine con la riforma del Codice Civile del 2003, la possibilità delle cooperative
di emettere strumenti finanziari è stata sostanzialmente equiparata a quello delle imprese di capitale e lasciata all’autonomia statutaria. I titoli socio sovventore
e di partecipazione cooperativa, rappresentano ora una possibile forma, fra le
altre, di strumenti finanziari e non le sole due tipologie previste per legge sino
al 2003.
L’attuale quadro istituzionale è piuttosto variegato, lasciando ampia autonomia
alla cooperativa emittente di variare i diritti patrimoniali (diritti di remunerazione
e di rimborso) ed amministrativi (diritti di voto e di rappresentanza negli organi
sociali) dei titoli55.
Queste modifiche hanno aperto alle cooperative la possibilità di emettere titoli
54Fra questi casi merita un riferimento la CPL di Concordia, nata nel 1899 e che oggi sviluppa un
fatturato di oltre 260 milioni di euro, occupando 1.300 addetti. Nel 1998 la CPL per consolidare
parte dell’indebitamento a breve termine, emise azioni APC per circa 10 milioni di euro, tramite
prospetto informativo, approvato dalla CONSOB, la società che vigila il funzionamento dei
mercati mobiliari, non senza qualche difficoltà, sia dovuta alla novità del titolo, sia alla scarsa
conoscenza da parte della Consob delle imprese cooperative e della relativa legislazione.
Il collocamento delle APV venne garantito da un consorzio bancario e risultò così frazionato:
- Soci e dipendenti: 6,78%
- Sottoscrittori privati: 28,90%
- Finanziarie Cooperative: 5,00%
- Consorzio di garanzia: 59,32%
Dopo il 2003 i sottoscrittori avevano il diritto di chiedere il rimborso delle APC. Dati i buoni
dividendi sempre corrisposti, al 31/12/2008 era ancora in circolazione il 44,7% delle APC
emesse nel 1999.
55 Fra gli istituti più originali introdotti da questa riforma, un accenno particolare meritano, a
nostro avviso, l’ art. 2350 che permette l’emissione di azioni “fornite di diritti patrimoniali
correlati ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore” e 2447 decies che regola la
possibilità di partecipare al finanziamento non dell’intera attività della Cooperativa, ma di uno
specifico affare.
79
PROOF
A tutt’oggi non risultano casi di cooperative di lavoro o sociali che abbiano
emessi prestiti obbligazionari, con sollecitazione del pubblico risparmio.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
quotabili, ma dopo oltre un lustro non si può proprio dire che questi strumenti
abbiano avuto il successo sperato.
Le motivazioni sono ancora argomento di discussione. Il Prof. Lamandini, in un
convegno del 2006, rimproverava le Associazioni cooperative affermando: “…
ciascuna delle grandi centrali ha seguito una strada per affrontare il medesimo
problema della quotazione, con il risultato che una politica di sistema si è persa
e si sono viceversa affermati modelli di finanziamento che sono delle imitazioni
acritiche dei comportamenti profit oriented …”.
PROOF
L’idea di Lamandini di dare vita ad un mercato ad hoc per i titoli cooperativi
sembrò prendere una certa consistenza quando nel 2006 venne lanciata l’idea
del Mercato Alternativo dei Capitali (MAC) per le piccole e medie imprese, ma
senza alcun successivo sviluppo per le cooperative.
E’ opinione diffusa che i titoli cooperativi non possano trovare un mercato
secondario di scambio perché:
a) non permettono la contendibilità della proprietà dell’impresa;
b) non permettono la realizzazione di capital gain.
A nostro avviso entrambe le motivazioni sono però poco convincenti.
Circa il primo punto è sufficiente fare riferimento al fatto che nella Borsa italiana sono quotate numerose Banche popolari cooperative, rette dal principio
del controllo democratico “una testa un voto”. Le azioni di questi istituti sono
regolarmente scambiate sul mercato borsistico, senza che il principio democratico rappresenti un vincolo insuperabile.
Più complessa da affrontare e la questione del capital gain, vale a dire la possibilità che il valore del titolo possa modificarsi rispetto al proprio valore nominale.
Nei casi in cui una cooperativa emetta titoli di capitale per soci finanziatori,
riteniamo fondamentale stabilire un sistema di remunerazione coerente con la
natura del rischio e la redditività della cooperativa stessa.
Se la remunerazione viene ancorata a parametri finanziari esterni (per esempio il tasso Euribor o il tasso sui depositi postali, ecc.) finisce per assumere le
caratteristiche di un titolo obbligazionario e non di un titolo azionario, la cui
remunerazione dipende dagli utili conseguiti.
80
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Se, per esempio, la cooperativa emette titoli azionari remunerabili con una percentuale fissa sugli utili prodotti, variazioni sulle aspettative degli utili futuri
creano variazioni nel valore di scambio dell’azione. Se una cooperativa delibera
di remunerare i soci finanziatori con l’X% degli utili prodotti, se l’utile raddoppiasse, allora i soci finanziatori raddoppierebbero il proprio tasso di rendimento
ed il valore delle azioni non potrebbe non tenere conto di questo cambiamento.
A nostro avviso quindi esistono le potenzialità per creare un mercato dei titoli
di capitale di rischio dei soci finanziatori creando meccanismi di remunerazione meglio calibrati, pur tenendo conto della necessità di “tipizzare” questi
strumenti.
Quanto sopra riguarda comunque cooperative di dimensioni sufficientemente
grandi per potere emettere titoli scambiabili sul mercato. Le cooperative di
piccole dimensioni restano comunque tagliate fuori da questa prospettiva, né
più né meno delle piccole imprese di capitale. Per le piccole imprese il problema
infatti non è la forma giuridica ad impedirne l’accesso ai mercati del capitale di
rischio, ma la limitata dimensione.
Più complesso risulta invece capire le difficoltà per le cooperative ad accedere
al mercato del credito di finanziamento. La ragione più spesso adottata è che le
cooperative sono scarsamente capitalizzate, ma, come molte analisi empiriche
hanno dimostrato, questo aspetto non può essere generalizzato. Il problema può
essere rilevante per cooperative di nuova costituzione, ma assai meno per quelle
che operano sul mercato da lungo tempo e che hanno accumulato importanti
riserve di capitale.
Altre motivazioni richiamate sono state:
a) per una banca è più facile trattare con pochi manager nominati dagli azionisti, che con assemblee di soci-lavoratori difficili da governare in momenti di crisi aziendale;
b) nei mercati finanziari caratterizzati da razionamento del credito, le co81
PROOF
Se titoli di capitale di rischio fossero remunerati come obbligazioni, fissando
cioè un tasso d’interesse, sganciato dalla variazione degli utili prodotti, per
quale motivo un investitore dovrebbe sottoscrivere titoli di questa natura, la
cui remunerazione risulta slegata dagli andamenti economici della cooperativa
stessa, mentre resta coinvolto nella rischiosità gestionale?
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
operative partono svantaggiate perché, in ogni caso, rappresentano una
eccezione istituzionale rispetto al prevalere di imprese di capitale;
c) si deve riconoscere anche l’opportunità dei soci-lavoratori di non concentrare il rischio (posto di lavoro e risparmi) in una sola attività.
Il problema del razionamento del credito rappresenta, in questa fase critica
dell’economia mondiale, un problema per molte imprese. In periodi di crisi,
molte imprese sono disponibili a pagare il tasso richiesto dalla banca, ma questo
non è sufficiente ad ottenere il finanziamento, per cui scattano meccanismi di
razionamento, non legati alla legge della domanda e dell’offerta.
PROOF
Anche se nel mondo cooperativo esiste un forte sistema di banche cooperative,
non è pensabile che queste possano sostenere il peso derivante dalla domanda
di finanziamento delle imprese cooperative56.
Nella fig. 5 abbiamo rappresentato una sintesi del quadro istituzionale degli
strumenti finanziari disponibili per una cooperativa a sostegno dello sviluppo
diretto.
Fig. 5 – Strumenti finanziari a sostegno dei processi di crescita per via diretta
Riserva indivisibile
(l. 904/72)
Per via interna
Prestito sociale – (l. 127/71)
Processi di
crescita diretti
Socio sovventore
Azioni partecipazione
Per via esterna
Obbligazioni – (l. 448/98)
56 In momenti di difficoltà le banche locali, dove quelle cooperative sono preminenti, svolgono
comunque una operazione di sostegno all’economia locale di gran lunga superiore alle grandi
banche internazionali. Su questo tema si veda Birchall-Ketilson [4]. E’ stato valutato che le
BCC rappresentino il 22% del totali dei finanziamenti erogati alle imprese artigiane, il 16% alle
imprese minori e l’11% alle istituzioni senza scopo di lucro.
82
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
3.2. Strumenti esterni
In questa sezione esamineremo le istituzioni che le Associazioni cooperative
hanno sviluppato per sopperire la mancanza di un mercato del capitale di
rischio e dell’interesse pressoché nullo dimostrato dai Fondi di private equity
per le società cooperative.
3.2.1. I Fondi per lo sviluppo della cooperazione (“Fondi mutualistici”) - Legge 59/92
L’art. 11 della L. 59/92 stabilisce la possibilità da parte delle Associazioni
nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo di
dare vita a fondi per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
Le Associazioni cooperative hanno costituito tre società per azioni finalizzate
alla gestione di queste risorse:
- Coopfond – Legacoop
- Fondosviluppo – Confcooperative
- General Fond – AGCI.
Per legge le cooperative devono versare ai Fondi:
a) una quota pari al 3% degli utili ante imposte annualmente conseguiti;
b) il patrimonio residuo derivante dalle liquidazioni di cooperative che cessano l’attività.
Il comma 2 dell’art. 11 della L. 59/92 definisce l’oggetto sociale dei “Fondi mutualistici” come segue:
”L’oggetto sociale deve consistere esclusivamente nella promozione e nel finanziamento di nuove imprese e di iniziative di sviluppo della cooperazione, con
preferenza a programmi diretti all’innovazione tecnologica, all’incremento
dell’occupazione ed allo sviluppo del mezzogiorno”.
Il comma 3 definisce le modalità di intervento che risultano, giustamente,
discrezionali fuori da ogni indirizzo dirigistico:
83
PROOF
Gli aspetti più innovativi della L. 59/92 sono stati, senza dubbio, l’istituzione dei
Fondi mutualistici e la possibilità di emettere titoli a favore di soci finanziatori,
non legati alla cooperativa dallo scambio mutualistico.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
a) promuovere la costituzione di società cooperative o di società da queste
controllate;
b) finanziare specifici programmi di sviluppo di società cooperative o di
loro consorzi;
c) organizzare e gestire corsi di formazione professionale;
d) promuovere studi e ricerche su temi economici e sociali di rilevante interesse per il movimento cooperativo.
I Fondi hanno adottato dei regolamenti per disciplinare i propri interventi a
sostegno delle imprese cooperative e possono intervenire sia con capitale di
rischio che di debito.
PROOF
Coopfond, Fondosviluppo e General Fond condividono due tipologie basilari di
finanziamento:
a) interventi di promozione per la creazione di nuove cooperative e nuove
società controllate da cooperative;
b) interventi di sostegno a fronte di progetti di investimento in immobilizzazioni.
L’ammontare massimo dell’intervento finanziario del Fondo è generalmente
pari al 50% del valore dell’investimento, ma nel caso di sottoscrizione di capitale di rischio, il valore sottoscrivibile dal Fondo non supera quello in capo ai
soci cooperatori.
Sino ad ora i Fondi hanno preferito intervenire nel capitale di rischio in qualità
di socio sovventore, in quanto si tratta di una forma che permette di definire il
piano di fuoriuscita del Fondo dalla compagine sociale (way out). Gli interventi,
sia in capitale di rischio che di finanziamento, non hanno mai durata inferiore
a cinque anni.
Uno dei tre Fondi prevede anche la possibilità di finanziamenti a sostegno di
processi di fusione o di altre forme di integrazione fra cooperative e, limitatamente alle aree geografiche economicamente più deboli, prevede interventi
di consolidamento della struttura debitoria della cooperativa, a condizione comunque che la stessa sia in equilibrio economico-gestionale e presenti significative potenzialità di crescita.
Un solo Fondo prevede la possibilità di erogazioni a fondo perduto per l’abbattimento degli oneri finanziari e a sostegno di corsi di formazione mirati.
84
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Tutt’e tre i Fondi prevedono invece la possibilità di sostenere oneri legati alla
promozione di studi, ricerche o anche piani di fattibilità per progetti di investimento innovativi.
Parimenti comune è l’impegno a sostenere, a tempo indeterminato, processi di
capitalizzazioni di imprese che l’Associazione cooperativa ritiene strategiche
per l’intero movimento cooperativo.
Un recente esempio che ha accomunato i tre Fondi è stato il comune sostegno
a Cooperfidi Italia57.
Fondosviluppo nel 2009 ha avviato l’iniziativa “Primi Passi” per sostenere la
capitalizzazione di micro-cooperative e consentire loro un “salto di qualità”. Il
Fondo si fa inoltre parzialmente carico dell’attività di assistenza gestionale per
garantire la buona esecuzione del progetto di crescita finanziato, in un’ottica di
sistema.
L’importo massimo erogabile come socio sovventore per le operazioni di startup è di 25.000 euro, mentre negli altri casi è possibile un intervento sino a
50.000 euro come finanziamento a medio termine a sostegno di processi di
capitalizzazione da parte dei soci.
Coopfond si è fatto compartecipe del progetto lanciato da Legacoop per dare
vita al progetto “Mille cooperative in tre anni”. La cooperativa richiedente può
ottenere un finanziamento massimo di 100.000 euro erogato da UGF Banca,
assistito da una garanzia fidejussoria rilasciata da Coopfond.
Gli stessi Fondi hanno anche avviato processi che favoriscono l’accesso dei soci
al credito bancario per promuovere aumenti di capitali nelle proprie cooperative.
L’intervento del Fondo permette di abbattere il costo finanziario dell’intervento,
entro parametri quantitativi definiti.
57 Un altro caso che ha visto l’azione congiunta di Coopfond e Fondosviluppo ha riguardato lo
start-up di Obiettivo Lavoro spa, società costituita nel 1997 a seguito della L. 197/77 con cui
venne introdotto in Italia il contratto di lavoro temporaneo, esercitato da società appositamente
riconosciute. Obiettivo Lavoro è nata da una iniziativa comune fra Cooperazione e Sindacato.
Dopo una fase di avviamento non facile, Obiettivo Lavoro si è stabilizzato occupando una
fetta di mercato dell’8/9%. Con la stabilizzazione della società, i Fondi sono fuoriuscite dalla
compagine sociale, ma il controllo è restato in capo a due Cooperative di lavoro.
85
PROOF
Due Fondi hanno avviato progetti di incentivazione per la promozione di nuove
imprese.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Spesso i Fondi impongono sistemi di monitoraggio concordati e si riservano
di indicare loro rappresentanti negli organi amministrativi della cooperativa.
I Fondi non mettono poteri di veto sulle delibere della cooperativa né vincoli
sulla nomina dei revisori58.
PROOF
Di natura diversa è la recente iniziativa avviata da Coopfond per la costituzione di
Cooperare spa, il cui oggetto sociale è affiancare le Cooperative nell’acquisizione
di imprese private di dimensioni rilevanti: l’importo minimo previsto erogabile
da Cooperare è di 4 milioni di euro.59. Cooperare ha un capitale sociale di
246,5 milioni di euro, di cui il 46,5% è sottoscritto da Coopfond. A Cooperare
partecipano altre società finanziarie controllate da cooperative, che operano sul
territorio, nonché tre banche che possiedono circa il 10% del capitale.
Tutti i Fondi hanno sottoscritto convenzioni con Istituti Bancari, dove spiccano
l’Istituto Centrale delle Banche di Credito Cooperativo (ICCREA), UGF Banca
(facente parte del Gruppo bancario assicurativo UGF, a controllo cooperativo) e
Banca Etica, banca popolare cooperativa.
Negli anni 2005-2009 i Fondi hanno finanziato 310 operazioni a favore della
cooperazione sociale e di lavoro, erogando complessivamente quasi 113 milioni
di euro, di cui più di un terzo a titolo di capitale di rischio. Gli interventi a
favore della cooperazione di lavoro sono stati pari a poco più del doppio rispetto
a quelli a favore della cooperazione sociale, ma hanno assorbito quantità di
risorse molto più rilevanti.
Tab. 24 - Interventi realizzati dai Fondi Mutualistici 2005 – 2009 (€/000)
Coop. Lavoro
Coop. Sociali
Totale
213
97
310
c/ capitale
34.757
6.192
40.949
c/ prestito
64.651
7.212
71.863
99.408
13.404
112.812
Numero interventi
Finanziamenti:
Totale
Fonte: nostra elaborazione su dati forniti da Fondi Mutualistici
58 Solo un Fondo prevede la possibilità, comunque assai limitata, di diritti di veto.
59 Nel settore della cooperazione di lavoro, nel 2009 Cooperare ha sostenuto l’acquisto da
parte di Manutencoop Facility Management – società controllata dalla Manutencoop dell’attività di facility management della Pirelli Real Estate, sottoscrivendo per 20 milioni
l’aumento di capitale deliberato pari a 180 milioni. All’aumento di capitale hanno partecipato anche diversi Fondi di private equity.
86
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Limitatamente a due Fondi, abbiamo potuto ricostruirne gli interventi per il
periodo 2005-2009, seguendo lo schema concettuale esposto nel paragrafo 2.1.
Tab. 25 - Finanziamenti Fondi Mutualistici per tipologia di intervento – 2005-2009
Tipologia Intervento
Numero
Interventi
Workers buy out
Numero
Finanziamenti erogati (€/000)
posti di
c/capitale
c/prestito
lavoro creati
5
51
275
2,000
1
41
150
350
Fusioni
6
595
2.500
3.050
- Coop lavoro
2
150
1.229
100
Progetti sviluppo
90
358
9.843
25.093
- Coop lavoro
34
1.820
2.223
6.551
21
362
5.279
13.566
- Coop sociali
39
797
10.289
12.191
Altri interventi
198
3.934
30.960
62.275
Totale
162
2.204
28.336
56.250
- Coop lavoro
36
1.970
3.452
6.651
- Coop lavoro
Spin-off
- Coop lavoro
- Coop sociali
- Coop sociali
- Coop sociali
Creazioni società
controllate
- Coop lavoro
- Coop sociali
Fonte: nostra elaborazione su dati forniti da Fondi per lo sviluppo della cooperazione
I progetti di sviluppo (realizzazione di nuovi investimenti) risultano di gran
lunga le operazione maggiormente finanziate dai Fondi.
I lavoratori occupati nelle cooperative finanziate sono stati circa 4.000.
87
PROOF
- Coop sociali
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
3.2.2. Cooperazione Finanza Impresa
La legge 49 del 1985 (Legge Marcora), con la quale si volle dare sostegno alle
cooperative che nascevano da imprese private in crisi60, è il frutto di una fruttuosa collaborazione fra movimento cooperativo e sindacato.
PROOF
Con la L. 49/85 venne data la possibilità di costituire società finanziarie che
avrebbero ricevuto contributi pubblici a fondo perduto per intervenire nel capitale
di rischio di nuove cooperative costituite da lavoratori in cassa integrazione o
comunque espulsi dal circuito produttivo.
Questo intervento poteva essere pari a tre volte il capitale sociale sottoscritto
dai soci, con un limite massimo corrispondente a tre annualità di Cassa
Integrazione Guadagni (CIG). Con questa operazione lo Stato sostituiva ad un
costo certo a sostegno dell’occupazione, la CIG e l’indennità di disoccupazione,
una scommessa che, se vinta dai lavoratori, avrebbe trasformato l’intervento
dello Stato in una partecipazione.
Le Associazioni cooperative ed i sindacati costituirono CFI spa, Compagnia
Finanziaria Industriale (in seguito ribattezzata “Cooperazione Fnanza Impresa”)
per promuovere nuove cooperative.
CFI, sin dall’inizio del suo operare, volle distinguersi per il rigore dell’intervento, ritenendo fosse puramente demagogico e non produttivo porsi come un
erogatore di risorse pubbliche a fondo perduto, dandosi l’obiettivo di investire
solo in imprese che presentassero progetti imprenditoriali credibili, valutandone attentamente le iniziative proposte, le loro possibilità di successo, la capacità manageriale dei promotori, la capacità della nuova iniziativa di stare
sul mercato, condizioni indispensabili per permettere ai lavoratori di garantirsi
l’occupazione.
CFI approvò un regolamento, indicando i diritti amministrativi (nomina di un
rappresentante nel Consiglio di Amministrazione, indicazione di un membro del
Collegio Sindacale) ed economici (diritto al dividendo ed alla restituzione del
capitale investito) che le spettavano in quanto socio della nuova cooperativa.
La logica degli interventi di CFI era che il capitale investito, a fronte del suc60Recentemente F. Dandolo [14] ha ricostruito la genesi storica di questa legge che durò dal 1981
al 1985.
88
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
cesso dell’intervento, dovesse essere restituito per potere alimentare un fondo
di rotazione, diversamente le risorse erogate dallo Stato si sarebbero esaurite
in tempi rapidi, senza dare continuità a questa esperienza61, in contrasto con la
posizione assunta dal Ministero dell’Industria.
Appena risolto il contrasto con il Ministero, nel 1997 la DG Concorrenza della
Commissione Europea aprì una procedura di infrazione nei confronti dello
Stato italiano, definendo il meccanismo della Legge Marcora come aiuto di
stato, non compatibile con le norme comunitarie in materia di concorrenza.
La legge 57 del 2001, con i suoi decreti di attuazione, prevede un meccanismo
profondamente diverso da quello della precedente disciplina:
a) le risorse ministeriali sono state utilizzate per sottoscrivere capitale sociale della CFI62;
b) CFI può intervenire in cooperative di produzione e lavoro (senza più il
vincolo che siano cooperative costituite da lavoratori licenziati) e in cooperative sociali;
c) l’intervento può avvenire nella forma della partecipazione al capitale delle cooperative interessate o attraverso finanziamenti o concessioni di garanzie;
d) la partecipazione non può superare il capitale dei soci lavoratori o anche
di soggetti terzi o il suo doppio, se in presenza di un patrimonio netto
sufficiente;
e) l’intervento deve essere fatto a condizioni di mercato e prevedere una
adeguata remunerazione del capitale investito;
f) l’intervento in capitale è temporaneo, non potendo durare più di 10 anni;
almeno il 25% dell’intervento deve rientrare entro 5 anni;
g) l’intervento è riservato alle cooperative rientranti nei parametri delle PMI.
61 Il Ministero dell’Industria, sostenuto dalla Corte dei Conti, sosteneva invece che gli interventi di
CFI fossero una tantum e non dovessero contenere clausole sulla restituzione dell’investimento.
Alla fine però CFI riuscì ad imporre il proprio orientamento.
62 Attualmente il capitale sociale di CFI è pari a 83,6 milioni di euro, quasi interamente sottoscritti
dal Ministero (di cui 24.5 ancora da versare).
89
PROOF
La vertenza si protrasse sino al 2001 quando lo Stato italiano con la L. 57/01
modificò la normativa.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
Dall’avvio della nuova fase operativa (2002/03) CFI ha deliberato, al 31.12.2009,
41 interventi a fronte dei quali sono già stati erogati 59 milioni di euro. Di questo importo, il 51% è stato erogato come partecipazione al capitale, il 6% sottoscrivendo obbligazioni convertibili e il 43% sotto forma di prestito.
Nel loro complesso, le cooperative finanziate hanno realizzato nel 2008 un volume della produzione di 384 milioni di euro (con un incremento di oltre l’81%
rispetto al 2003).
PROOF
Nel periodo 2003-07 le stesse cooperative hanno realizzato investimenti per
oltre 70 milioni di euro.
Dall’ingresso di CFI nel capitale, le stesse imprese hanno incrementato il numero
di addetti del 16%63. E’ importante notare che i soci lavoratori partecipano in
proprio al capitale delle cooperative finanziate da CFI per 43 milioni di euro.
Al 31/12/09 gli investimenti in essere di CFI ammontavano complessivamente
a circa 40 milioni di euro.
Le cooperative finanziate da CFI operano in campi molto diversi, dalle costruzioni all’impiantistica, dalla cantieristica navale all’industria meccanica, dalle utilities ai servizi propri della cooperazione sociale ecc. Alcune di queste esperienze
sono molto originali, come per esempio Fraternità Sistemi, cooperativa sociale
che opera all’interno del Gruppo Fraternità di Brescia. Costituita nel 2003, avvia
l’attività di gestione di banche dati per gli accertamenti tributari nei comuni di
Brescia e Bergamo, ma passa, nel giro di poco tempo, alla attività di riscossione
diretta dei tributi ed oggi opera in 80 comuni. Fraternità Sistemi è l’unica società
cooperativa iscritta all’Albo dei Riscossori dei tributi. Nel 2009 CFI interviene a
sostegno della cooperativa, con un finanziamento di 5 milioni di euro, in quanto,
in base ad una modifica legislativa, la cooperativa doveva provvedere ad elevare
il proprio capitale sociale per mantenere l’iscrizione all’Albo dei Riscossori; a
sostegno della iniziativa è intervenuto anche Fondosviluppo.
Altro caso interessante è quello della Industria Plastica Toscana (IPT), cooperativa costituita nel 1994 sulle ceneri di una società di proprietà di una multinazionale statunitense. La cooperativa avvia l’attività di produzione di shopper e
buste per il mercato della grande distribuzione. CFI interviene una prima volta
63 E’ interessante notare che, nel corso dei suoi 15 primi anni d’attività, la CFI aveva investito
approssimativamente 80 milioni di euro nel capitale di cooperative di lavoro create dai lavoratori
di 159 imprese in crisi, e aveva salvato quasi 6.000 posti di lavoro.
90
nel 1996 con un finanziamento di 2 milioni di euro, ai sensi della originaria
legge Marcora. Nonostante la grande volontà dei soci, la cooperativa non riesce
a decollare e deve combattere con la crescente concorrenza delle importazioni
dalla Cina. Nel 2007 lo Stato italiano modifica la legislazione sugli shopper in
plastica che devono scomparire entro il 2011 a favore di shopper biodegradabili.
Il grande sistema distributivo di Coop decide di anticipare al 2009 l’introduzione dei nuovi shopper biodegradabili. E’ la grande occasione per la IPT per adottare la nuova tecnologia in tempi rapidi e diventare un fornitore privilegiato.
L’operazione, che richiede nuovi investimenti per 2 milioni di euro, riesce grazie all’impegno di CFI, che, accompagnato da altri organismi finanziari facente
capo alla cooperazione, ma anche da due banche, forniscono il denaro necessario con un prestito ammortizzabile in nove anni. Dal 2007 al 2010 il fatturato
della IPT si è incrementato del 50% ed i risultati di esercizio sono già tornati in
utile dal 2008. Anche in questo caso l’operazione è stata completata con l’intervento di uno dei Fondi per lo sviluppo della cooperazione (Coopfond).
Se nella prima fase l’attenzione della CFI era rivolta esclusivamente alle imprese
che nascevano da imprese private in difficoltà, nella seconda fase si sono
notevolmente ampliate le possibilità di intervento, privilegiando le situazioni
di crescita.
Negli ultimi mesi sono aumentate le richieste di intervento a CFI per la nascita
di nuove cooperative che vorrebbero rilevare attività di imprese in crisi. L’attuale
situazione presenta però molte differenze rispetto a fine anni ’80. In quel caso
si trattava in genere di imprese in crisi per incapacità manageriali a fronte di un
mercato che, superate le difficoltà dei primi anni ’80, era comunque in ripresa.
La situazione attuale invece presenta difficoltà oggettive, più connesse al calo
di domanda che non a deficienze manageriali.
Un’ultima osservazione su questo tema nasce dal confronto fra il dibattito che
promosse la legge Marcora contrapposto alla situazione attuale che, come analizzato nella sezione 2.1, non presenta una altrettanta attenzione al fenomeno
cooperativo come possibile soluzione per risollevare imprese in crisi.
E’ possibile individuare punti di convergenza e di divergenza fra la crisi fini
anni ’70 e la crisi attuale, rispetto al ruolo che la cooperazione può svolgere?
Affrontare questo tema richiederebbe una ricerca ad hoc, ma alcune domande
sorgono spontanee perché il clima di allora è profondamente diverso da quello
attuale, così viene naturale chiedersi se il movimento cooperativo presenti o
91
PROOF
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
meno un deficit di capacità promozionale per cui i lavoratori non conoscono
questa possibile soluzione per le crisi aziendale ovvero se il sindacato abbia
cambiato atteggiamento nei confronti della cooperazione per cui è portato a
difendere i lavoratori più con interventi di sostegno (per esempio ammortizzatori sociali più ampi e duraturi), anziché ricercare soluzioni imprenditoriali
autonome, come, appunto, l’avvio di una nuova cooperativa.
Sino ad ora è sembrato esserci stata una minore spinta a ricercare soluzioni
cooperative per risolvere crisi aziendali, ma la situazione potrebbe cambiare
anche rapidamente, specie se, perdurando l’attuale situazione, emergesse l’impossibilità di sostenere l’occupazione solo con l’estensione straordinaria degli
ammortizzatori sociali.
PROOF
3.2.3. Cooperfidi Italia
Da lungo tempo le Associazioni cooperative hanno cercato di facilitare l’accesso al credito bancario a favore delle proprie associate, specie se di piccole dimensioni, costituendo società ad hoc, in grado di rilasciare garanzie integrative,
in genere sotto forma di fideiussione, sui prestiti erogati.
La forma più diffusa di intervento è rappresentata dal Consorzio Fidi, generalmente costituto come società cooperativa, operante in un ambito territoriale
ristretto.
Le risorse dei Consorzi Fidi sono state fornite dai soci, dalle cooperative
beneficiarie della garanzia, da Enti territoriali (Comuni, Province, Regioni) e
Camere di Commercio.
Lo strumento operativo di intervento è costituito da una convenzione fra Consorzio Fidi e banca, che regola i rapporti contrattuali alla base del rilascio della
garanzia.
Il Consorzio Fidi deposita presso la banca convenzionata parte delle proprie
risorse che, moltiplicate per i coefficienti concordati64, delimitano l’importo
massimo dei finanziamenti concedibili da parte della banca stessa.
In genere la garanzia rilasciata dal consorzio è di importo inferiore al finanzia64 Se per esempio un Consorzio Fidi deposita 100.000 euro presso la banca convenzionata ed il
moltiplicatore concordato è 5, allora i finanziamenti concedibili possono sommare a 500.000
euro, in forma rotatoria.
92
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
mento erogato, con variabilità accentuate dal 20% all’80%, in funzione della
presenza o meno di altre forme di garanzia rilasciate direttamente dalla cooperativa (per es. ipoteche).
I finanziamenti concessi possono essere sia sotto forma di conto corrente a
revoca, o pluriennali, da ammortizzare in un arco di tempo concordato (prevalentemente di cinque anni). La banca resta comunque completamente ed insindacabilmente autonoma sulla decisione di concessione del finanziamento.
Le regole fissate dall’accordo Basilea II fra le banche ha però rotto l’equilibrio
così raggiunto, mettendo in discussione il sistema così come si era andato sviluppando.
Le regole di Basilea II stabiliscono parametri di capitalizzazione per le banche,
cioè rapporti fra il patrimonio netto ed il portafoglio investimenti. Il valore
degli investimenti è ponderato sulla base del rischio: meno l’investimento è
rischioso, minore è il capitale proprio che la banca deve immobilizzare.
Le garanzie fidejussorie rilasciate da terzi sono fra le modalità tecniche riconosciute per ridurre il coefficiente di rischiosità degli investimenti, purché il
garante abbia determinate caratteristiche di capitalizzazione fissate dalla legislazione bancaria stessa.
I Consorzi Fidi esistenti non avevano le dimensioni minime richieste dalla
legge, affinchè le garanzie da loro rilasciate servissero a ridurre il coefficiente
di rischiosità secondo i parametri di Basilea II.
Nove Consorzi Fidi, aderenti alle Associazioni cooperative, si sono fusi nel
corso del 2009, dando vita a Cooperfidi Italia soc. coop.
Al 31/12/2009 Cooperfidi Italia ha chiuso il suo primo bilancio di esercizio, dal
quale emerge il buon livello di mezzi propri accumulati, pari a circa 28,8 milioni di euro, di cui il 18,5% a titolo di capitale sociale, 13,8% a titolo di riserve
invisibili ed il restante 67,7% risulta costituito da Fondi rischi accumulati.
A fronte di tali mezzi propri, la Società aveva rilasciato garanzie per circa 78
milioni di euro, con un rapporto fra garanzie rilasciate e mezzi propri pari a
poco più di 3.
93
PROOF
Questo sistema ha trovato diffusione a livello nazionale, ma, come già ricordato, la base operativa di ogni Consorzio Fidi non è mai andata oltre il territorio
regionale.
Capitolo 1 - Italia: la forza di una rete intersettoriale
OPERE CITATE
[01] ANCPL Legacoop – Il gruppo societario nelle strategie di sviluppo cooperativo – 2007 Legacoop
[02] ANCPL Legacoop – Workers buy out. Trasmissione di impresa ai lavoratori – 2004 Roma
[03] Banca d’Italia – La domanda e l’offerta di credito a livello territoriale nel
2009 – Economie regionali nr. 22/2010
[04] Birchall J. – Ketilson L. H. – Resilience of the cooperative business model
in times of crisis – 2009 ILO
[05] Bitossi Serena (a cura) – I gruppi cooperativi – 2008 Il Mulino
PROOF
[06] Bonocore Vincenzo – Diritto della Cooperazione – 1997 Il Mulino
[07] Brealey R. A. – Myers S. C. – Principi di finanza aziendale – 1990 McGraw Hill
[08] Centro Studi Legacoop – La cooperazione italiana nei dati dei censimenti
[09] Centro Studi Legacoop – Processi di sviluppo e integrazione: i gruppi
cooperativi – [?] Roma
[10] Commissione delle Comunità Europea – Il trasferimento di proprietà delle imprese – 2006
[11] Commissione delle Comunità Europee – Raccomandazione del 7/121994
sulla successione nelle piccole e medie imprese.
[12] Commissione Europea – Relazione finale del gruppo di esperti sul trasferimento delle piccole e medie imprese – 2002
[13] Confcooperative Federsolidarietà – Le traiettorie della crescita del Sistema Federsolidarietà – Confcooperative dal 2003 al 2008 – 2009
[14] Dandolo Francesco – L’industria in Italia tra crisi e cooperazione – 2009
Bruno Mondatori
[15] Hansmann Henry – La proprietà dell’impresa – 2005 – Il Mulino
[16] Iengo Mauro – Il gruppo cooperativo paritetico – in Autori vari – Le cooperative dopo la riforma del diritto societario – 2005 – Franco Angeli
[17] Iris Network – L’impresa sociale in Italia – 2009 Donzelli
[18] Istat – Le cooperative sociali in Italia anno 2001 – 2003
94
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
[19] Istat – Le cooperative sociali in Italia anno 2003 – 2006
[20] Istat – Le cooperative sociali in Italia anno 2005 – 2007
[21] Marocchi Gianfranco (a cura) – Le questioni aperte. Rapporto Federsolidarietà – [senza data] Confcooperative
[22] Ministero dello Sviluppo Economico – Analisi statistica dei bilanci di
esercizio presentati dalle Società Cooperative iscritte all’Albo – anno
2008 – Pubblicazione di servizio
[24] Quattrocchi Carlo – Le dimensioni del fenomeno cooperativo italiano–
pubblicato in: Cusa Emanuele (a cura) – La cooperativa srl tra legge e
autonomia statutaria – 2008 Cedam
[25] Unioncamere – Imprese, occupazione e valore aggiunto delle cooperative
in Italia - 2009
[26] Unioncamere – Primo rapporto sulle imprese cooperative – 2003
[27] Unioncamere – Progetto Excelsior: Imprese cooperative – 2009
[28] Unioncamere – Progetto Excelsior: Imprese sociali - 2009
[29] Unioncamere – Secondo rapporto sulle imprese cooperative – 2004
[30] Unioncamere – Movimprese – Natalità e mortalità delle imprese italiane 1°
trimestre 2010 – 2010 – disponibile al sito internet www.unioncamere.it
[31] Zevi Alberto – I gruppi cooperativi – 2006 in Italianieruropei nr. 5
[32] Zevi Alberto – Il finanziamento delle Cooperative - in E. Mazzoli – S.
Zamagni – Verso una nuova teoria economica della cooperazione – 2005
Il Mulino
95
PROOF
[23] Ministero dello Sviluppo Economico – Rilevazioni statistiche del Movimento Cooperativo in Italia anni 2006-2007-2008 – Pubblicazione di
servizio
Capitolo 2
Spagna:
cooperazione imprenditoriale nelle regioni
Adrian Zelaia
LE IMPRESE DI PROPRIETÀ DEI LAVORATORI IN SPAGNA
Una peculiarità delle imprese di proprietà dei lavoratori in Spagna risiede nella
differenza tra cooperative di lavoro e sociedades laborales.
Sebbene in tutti i paesi vi siano società di capitali che presentano un grado maggiore o minore di partecipazione dei lavoratori, la Spagna si distingue per avere
emanato disposizioni esaustive e permanenti per le società di capitali con una
partecipazione maggioritaria dei lavoratori, definite “sociedades laborales”.
Benché le basi giuridiche e concettuali siano sostanzialmente diverse, sia le cooperative di lavoro sia le sociedades laborales rispondono al principio ideologico della partecipazione maggioritaria dei lavoratori nell’impresa. Ne consegue
che, nell’analizzare le cooperative di lavoro in senso lato, dovremmo andare
oltre il sostrato giuridico per includere anche le sociedades laborales65.
1.2. Contesto giuridico
In ambito cooperativo, una delle specificità della legislazione cooperativa spagnola risiede nel ruolo ricoperto dalla competenza legislativa regionale (Comunidades autónomas).
Normalmente, quasi tutte le Comunità autonome hanno competenze legislative
in materia di cooperative. Sebbene esista una legislazione nazionale - la legge
27/1999 del 16 luglio per le Cooperative – essa viene direttamente applicata
65 Dal punto di vista terminologico, nel presente lavoro ci riferiremo più volte all’insieme di
cooperative di lavoro e Sociedades laborales quali “imprese di proprietà dei lavoratori”.
97
PROOF
1.1. Spiegazione dei concetti di cooperative di lavoro e sociedades
laborales (società di lavoratori)
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
soltanto alle cooperative di credito e a poche altre grandi cooperative. Pertanto, le
cooperative di lavoro associato sono disciplinate dalla legislazione autónomica/
regionale pertinente. La legge nazionale vige a titolo suppletivo rispetto alle
leggi regionali.
PROOF
Occorre sottolineare che tale redistribuzione di competenze su base regionale
non ha prodotto differenze sostanziali tra l’una e l’altra legislazione. Le leggi
regionali sulle cooperative sono simili per struttura e concezione di base e questa similitudine si è mantenuta nel tempo perché una forte dinamica di rinnovamento legislativo è andata di pari passo allo scambio permanente di buone idee
e pratiche tra le diverse Comunità autonome.
In seguito a tale dispersione, però, si è talvolta rimproverato alla legislazione
spagnola di essere un po’ caotica ma si tratta, questo, di un parere che varrebbe
la pena di mettere in discussione.
Benché, infatti, da un punto di vista “accademico” la complessità della legislazione cooperativa spagnola possa creare notevoli difficoltà alle analisi delle
università, degli esperti, ecc., non si può dire lo stesso per gli altri ambiti. Le
cooperative di lavoro sono disciplinate dalla rispettiva legislazione regionale e
né le cooperative stesse né i giuristi, avvocati e consulenti in contatto con queste realtà, reputano che questa dispersione costituisca un problema.
D’altra parte, è ovvio che - proprio per effetto di tale dispersione regionale - la
legislazione cooperativa spagnola si adatta meglio alla società e alla realtà cooperativa locali ed è assai più elastica. Tutto ciò ne ha fatto probabilmente la
legislazione più innovativa dell’Unione europea.
Va sottolineato, infine, che esistono normative regionali volte a regolare in maniera specifica le “micro-cooperative” - di grande interesse per la promozione
di nuove attività - e le cooperative senza distribuzione degli utili (con denominazioni diverse quali le cooperative “sociali”, “d’utilità pubblica”, “d’iniziativa
sociale”, ecc.).
Quanto all’iscrizione al registro delle cooperative, le cooperative di lavoro hanno in tutte le Comunità autonome un proprio registro diverso dal Registro di
commercio. Le cooperative regolate dalla legge nazionale s’iscrivono ad un registro presso il Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione.
È bene sottolineare, inoltre, la specificità della cooperazione spagnola per ciò
98
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
che concerne la normativa contabile. Si tratta del solo Stato dell’UE che ha
elaborato norme contabili dettagliate e specifiche per le cooperative. Tale normativa era in via d’aggiornamento nel corso del 2010.
Le sociedades laborales sono invece disciplinate dalla legge n. 4 del 24 marzo
1997 sulle “sociedades laborales”, un regolamento ben più conciso rispetto a
quello che disciplina le cooperative di lavoro. In questo caso, il regolamento
sostanziale vale in tutto il territorio spagnolo, eccetto che negli aspetti fiscali,
rispetto ai quali la Navarra e i Paesi Baschi dispongono di poteri specifici.
Contrariamente a ciò che succede nelle cooperative di lavoro, le sociedades laborales sono registrate nel Registro di commercio, benché siano oggetto anche
di un’iscrizione ad un registro amministrativo presso i Dipartimenti del Lavoro
delle Comunità autonome.
Sociedades laborales
Fonte: CONFESAL
La sociedad laboral è una società che, pur avendo adottato la forma giuridica equivalente ad una Spa o una sprl, prevede che la maggioranza del capitale sociale
sia nelle mani dei lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato pieno o
parziale.
Capitale Sociale
Esiste una soglia massima di capitale sociale che può essere detenuto per ciascun
socio:
Un terzo del capitale sociale, tranne nei seguenti casi:
• Pubblica Amministrazione (Stato, Regioni e Comunità locali);
• Società pubbliche partecipate da un’Istituzione;
• Associazioni o organismi senza scopo di lucro.
99
PROOF
In conclusione, dal punto di vista fiscale la realtà legislativa è differente. La Navarra e i Paesi Baschi hanno poteri legislativi propri in tale materia, ma il resto
del territorio spagnolo è regolato dalla legge del regime fiscale per le cooperative del 1990. Tutte queste legislazioni condividono un’importante base analitica
e concettuale e sono il risultato di un significativo lavoro d’adattamento alle
caratteristiche sociali ed economiche specifiche delle cooperative.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
Tipi di soci
• Soci lavoratori.
• Soci di tipo generale (non lavoratori).
La legge impone un limite massimo all’assunzione di lavoratori a tempo indeterminato
non soci:
• Sociedades laborales con meno di 25 soci lavoratori: limite massimo del 25%
del totale delle ore/anni lavorati dai soci lavoratori.
• Sociedades laborales con più di 25 soci lavoratori: limite massimo del 15% del
totale delle ore/anni lavorati dai soci lavoratori.
Il trasferimento delle azioni e delle partecipazioni sociali possedute dai lavoratori è
regolato da un regime speciale
• libera per i lavoratori a tempo indeterminato e per i soci lavoratori.
PROOF
• Nel resto dei casi va osservato il seguente ordine preferenziale:
o Lavoratori a tempo indeterminato non soci
o Soci lavoratori
o Soci non lavoratori
o Lavoratori interinali
o La società stessa
o Terzo estraneo alla società
• Cessione obbligatoria: quando il rapporto di lavoro del socio lavoratore si estingue, quest’ultimo deve offrire in vendita le proprie azioni o partecipazioni sociali conformemente al diritto d’acquisizione preferenziale.
La sociedad laboral deve istituire, oltre alle altre riserve legali stabilite dalle leggi
generali che risultano applicabili, un Fondo di Riserva Speciale, alle seguenti
condizioni:
• Dotarlo in contanti del 10% dell’utile d’ogni esercizio.
• Applicare il 25% se si ricorre a vantaggi fiscali.
• Compensare le perdite soltanto se mancano altre riserve disponibili sufficienti.
In conclusione, le sociedades laborales sono formalmente SpA o sprl sottoposte
a una normativa specifica che le obbliga a mantenere la maggioranza del capitale nelle mani dei lavoratori. In tal senso, sono per certi versi società di capitali
“cooperativizzate”. Questi meccanismi d’attribuzione d’azioni o di partecipazioni ai lavoratori sono noti in tutti i paesi, ma ciò che rende particolare il caso
spagnolo è l’aver disciplinato giuridicamente questo tipo di società stipulando
una partecipazione maggioritaria dei lavoratori al capitale.
100
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
1.3. Statistiche e dati
Le imprese di proprietà dei lavoratori - cooperative di lavoro e sociedades laborales – rappresentano un’importante realtà sociale in Spagna ed una delle più
importanti in Europa:
I. DATI ANNUARIO CEPES (Confederazione imprenditoriale spagnola
dell’Economia Sociale)
IMPRESE AL 31.12.2009
LAVORATORI AL 31.12.2009
COOPERATIVE DI LAVORO
17414
251300
SOCIEDADES LABORALES
15679
88241
TOTALE
33093
339541
Fonte: CEPES. La Economía Social en España (L’Economia sociale in Spagna). 2009/2010.
Dati al 31.12.2009.
II. DATI COCETA (Confederazione spagnola delle Cooperative di Lavoro associato)
In base ai forniti da COCETA, il numero di persone occupate per settore al 31
dicembre 2009 è rappresentato nel seguente grafico:
Grafico 5 - Occupati per settore d’attività nel 2009
Servizi
Edilizia
Industria
Agricoltura
0
50.000
100.000
150.000
200.000
Fonte: COCETA
Tra i dati aggiuntivi riportati da COCETA, va evidenziata l’importante presenza
delle donne nelle cooperative di lavoro spagnole. Il seguente grafico riassume la
101
PROOF
Tab. 26 - Cooperative di lavoro e Sociedades laborales
numero d’imprese e di lavoratori
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
situazione attuale 66:
Grafico 6 - Distribuzione uomini-donne nelle cooperative di lavoro
COOPERATIVE DI
LAVORO ASSOCIATO
49%
51%
Uomini
Donne
Fonte: COCETA
III. DATI MINISTERO DEL LAVORO E DELL’IMMIGRAZIONE67 (MTIN)
PROOF
Società cooperative
I dati del Ministero si riferiscono a tutte le cooperative in generale, ma non
esistono dati sufficientemente precisi sulle cooperative di lavoro. Tuttavia, stime
storiche stabiliscono che l’occupazione nelle cooperative di lavoro costituisce
circa l’80% dell’occupazione cooperativa totale. Applicando tale percentuale ai
dati del Ministero, risulterebbero 217.411 posti di lavoro nelle cooperative di
lavoro al 31.12.2009.
La Confederazione COCETA elabora statistiche proprie, tenendo conto, oltre di
questa fonte ministeriale, delle relazioni e dei documenti elaborati negli uffici
delle proprie organizzazioni confederate, raffrontati ai rispettivi registri di
cooperative regionali/autonómicos, a cui abbiamo già accennato nel paragrafo
precedente.
66Per approfondire tali dati è possibile consultare il rapporto sulla situazione femminile nelle
cooperative di lavoro elaborato da COCETA nel 2009.
67 I dati del Ministero non includono nelle stesse tabelle i dati delle sociedades laborales e delle
cooperative di lavoro. I dati di queste ultime vanno estrapolati dalle informazioni generali riguardanti tutte le cooperative. Tuttavia, Il Ministero fornisce le informazioni date dal Ministero
delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi d’impresa 2007. Sulla base di queste ultime, nel 2007
compaiono 14.020 cooperative di lavoro e 27.323 sociedades laborales. Rispetto ai dati forniti
dal Ministero del Lavoro, per una serie di variabili essi non coincidono con i dati forniti dal settore, poiché i dipartimenti del registro non sempre mandano i propri dati al Ministero nella stessa
data e ci sono discrepanze tra i regimi di contribuzione alla previdenza sociale (tra il così detto
regime generale e quello speciale dei lavoratori autonomi, tutti e due applicabili alle cooperative
di lavoro). D’altra parte, la Confederazione COCETA, rappresentativa della cooperazione di lavoro in Spagna, dispone di dati ottenuti dai registri regionali degli organismi confederati. In base
a tali dati, al 31.12.2009 il numero di cooperative di lavoro associato era di 17.414.
102
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Sociedades laborales
Tab. 27 - Numero di sociedades laborales nei vari settori
VariaZIONI
Trimestre precedente
Anno precedente
Assoluto
%
Assoluto
%
Numero d’imprese
15.303
- 73
- 0,5
- 1,249
-7,5
Occupazione (generale)
87.651
- 275
- 0,3
- 6,387
- 6,8
Occupazione agricola
1.452
- 87
- 5,6
+ 343
+ 31,6
Occupazione industriale
21.486
+3
0,0
- 2.581
- 10,6
Occupazione edile
16.142
+ 812
+ 5,3
- 3.352
- 17,2
Occupazione in servizi
48.570
- 1.003
- 2,0
- 822
- 1,7
Fonte : MTIN (Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione)
1.4. Quadro istituzionale
Le cooperative di lavoro e sociedades laborales sono riunite in federazioni
regionali che, a loro volta, sono articolate nella confederazione statale corrispondente: COCETA, nel caso delle cooperative di lavoro e CONFESAL per le
sociedades laborales.
Sia COCETA che CONFESAL collaborano tra loro, e insieme ad altre organizzazioni, nella CEPES (Confederazione imprenditoriale spagnola dell’Economia sociale).
1.5. Le imprese di proprietà dei lavoratori negli anni che hanno preceduto la crisi
Nel periodo d’espansione 2002-2007, straordinario per ogni tipo di attività
economica in Spagna, le imprese di proprietà dei lavoratori hanno seguito
l’andamento consueto dei sistemi patronali autogestiti: Un livello di crescita
importante ma inferiore alla media del mercato.
Questa è l’evoluzione secondo i dati elaborati da COCETA:
103
PROOF
Trimestre
2/2010
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
Grafico 7 - Evoluzione dell’occupazione 2004-2008
320.000
318.000
316.000
314.000
312.000
310.000
308.000
306.000
304.000
2004
2005
2006
2007
2008
PROOF
Fonte: COCETA
Le ragioni della crescita relativamente inferiore di tale tipo d’imprese sono strutturali e derivano dalla logica economica stessa delle imprese di proprietà dei
lavoratori: il minore incentivo all’investimento in queste imprese nei periodi di
crescita dei cicli economici. L’origine di tale minore incentivo è la necessità di
distribuire i risultati dei nuovi investimenti non soltanto tra i soci che decidono di
investire, ma anche tra i nuovi soci lavoratori che partecipano alla nuova attività.
In particolare, le imprese di proprietà dei lavoratori sono di solito molto lungimiranti per i progetti d’investimento ad alto rischio e questa è forse la ragione
per cui, nei periodi di crescita, le cooperative e le sociedades laborales vedono
ridotto il loro peso specifico nell’economia.
A partire da tale premessa va precisato che:
▪▪ Una caratteristica specifica dell’ultimo ciclo di crescita (2002-2007) consiste nel ricorso da parte delle imprese di proprietà dei lavoratori all’assunzione di nuovi lavoratori dipendenti, in misura maggiore rispetto ai periodi
precedenti. Fino ad allora, e salvo eccezioni, le cooperative erano ricorse
sistematicamente all’assunzione di soci lavoratori. In anni recenti, la legislazione cooperativa ha reso più elastiche le possibilità d’assunzione dei lavoratori non soci e le cooperative spagnole hanno fatto ampiamente uso di
tale opportunità sancita per legge.
▪▪ L’effetto pratico di una tanto estesa assunzione di lavoratori dipendenti è
consistito in un discreto avvicinamento del comportamento economico delle cooperative a quello delle società di capitali. In particolare, si è manifestato con una minore reticenza a stanziare nuovi investimenti nel periodo
di crescita.
104
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
▪▪ Il comportamento “conservatore” o “prudente” diffuso nelle imprese di proprietà dei lavoratori si manifesta in modo assai diverso secondo le tipologie
d’impresa. Esso aumenta nelle imprese più piccole o caratterizzate da una
gestione partecipativa/democratica più accentuata. Al contrario, si attenua
in alcune grandi cooperative e sociedades laborales e in quelle nelle quali il
controllo democratico dei soci è meno forte, e dove i manager favoriscono
politiche di sviluppo che sono in contraddizione con l’interesse dei soci lavoratori che sono generalmente più “prudenti”.
1.6. La crisi finanziaria del 2007
Già a partire dall’autunno del 2008, gli effetti della crisi sulle imprese di
proprietà dei lavoratori si sono manifestati chiaramente. In sintesi, gli effetti
macroeconomici che influenzano direttamente le cooperative e le sociedades
laborales possono essere così descritti:
▪▪ Calo delle vendite internazionali.
▪▪ Calo di consumi e investimenti.
▪▪ Calo del credito alle imprese.
Ovviamente, tali effetti influenzano in modo diverso alcune imprese.
I primi effetti della crisi sull’economia spagnola si sono fatti sentire con un calo
sensibile del consumo interno nel 2008. Le prime a subire l’effetto di tale calo
della domanda interna sono state le imprese di proprietà dei lavoratori nei settori dei beni di consumo e dell’edilizia. Tuttavia, le imprese esportatrici hanno
scarsamente risentito degli effetti negativi della crisi durante i primi 9 mesi
dell’anno.
Dall’autunno 2008, dopo lo scivolone del mercato estero ed il conseguente
calo di vendite esteso ai vari settori dell’economia, l’entrata nel ciclo negativo
della crisi si è resa ben più palpabile. Anche le imprese con maggiore forza
esportatrice sono state duramente colpite dalla recessione, con cali di fatturato
del 20 e 30%.
105
PROOF
▪▪ A fronte di tale minore aggressività sugli investimenti, le cooperative hanno
in genere rischiato meno e si sono indebitate meno rispetto alle imprese capitalistiche. Come vedremo, ciò le mette in posizione meno sfavorevole per
affrontare l’attuale congiuntura economica.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
Quando si comparano le prime reazioni delle cooperative e delle sociedades
laborales con quelle delle società di capitali di fronte alla recessione, occorre
distinguere fra obiettivi di base e strumenti.
Gli obiettivi di base iniziali sono sul piano concettuale equivalenti per cooperative, sociedades laborales e società di capitali e possono essere così riassunti:
SFIDE DI BASE:
a) Affrontare il calo della domanda
b) Affrontare il calo del credito bancario
PROOF
OBIETTIVI DI BASE:
a) Adeguare i costi per affrontare il calo della domanda
b) Ottenere risorse finanziarie complementari o sostitutive al credito bancario
Come vedremo, i mezzi utilizzati sono stati tuttavia in buona parte diversi da
quelli delle società convenzionali.
STRUMENTI UTILIZZATI
Per ciò che concerne gli strumenti utilizzati, gli aspetti che presentano maggiori
similarità si posso così riassumere:
▪▪ Ritardo degli investimenti previsti
▪▪ Sospensione degli investimenti in corso
▪▪ Riduzione delle spese per assunzioni non indispensabili
▪▪ Ricerca di fonti alternative di finanziamento
Al contrario, i mezzi usati per contenere e/o ridurre i costi di personale sono
invece piuttosto differenziati.
106
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
2. STRATEGIE E STRUMENTI DI CRESCITA
E ANTICIPO DEL CAMBIAMENTO
2.1. Le imprese di proprietà dei lavoratori a fronte della crisi economica
2.1.1. Iniziali misure di base per affrontare il calo dalla domanda
IMPRESE CONVENZIONALI
· Contenimento delle spese
· Anticipazioni delle vacanze
· Licenziamenti temporanei
· Licenziamenti definitivi/congedi
· Ricorso ai subappalti
· Riduzione degli investimenti
IMPRESE DI PROPRIETÀ DEI LAVORATORI
(Attività differenti)
· Decisioni dei lavoratori di ridurre e/o
contenere le retribuzioni
· Ridistribuzione del lavoro tra le cooperative
(in reti o gruppi)
2.1.2. Misure di base per affrontare la stretta creditizia
In linea di massima, la stretta del credito bancario ha posto problemi simili alle
società di capitali e a quelle di proprietà dei lavoratori. Ne consegue che le reazioni sono state in un certo qual modo simili. In sintesi, si possono descrivere
così gli aspetti comuni e differenti delle attività sviluppate in questo ambito:
IMPRESE CONVENZIONALI
· Revisione dei modelli di
finanziamento/capitalizzazione
· Ricorso agli aiuti pubblici.
IMPRESE DI PROPRIETÀ DEI LAVORATORI
(Attività differenti)
· Prestiti intercooperativi:
· Cooperative di credito
· Sistemi di garanzia reciproca
Va specificato che quelle riunite sotto il nome di “attività differenti” delle imprese
di proprietà dei lavoratori rimandano non a un qualsiasi tipo di cooperativa o di
107
PROOF
La prima reazione delle imprese di proprietà dei lavoratori per affrontare il calo
della domanda è stata simile a quella delle società di capitali: ridurre i costi per
compensare o attutire il calo delle entrate. In estrema sintesi, possiamo riunire nel
seguente schema le misure normalmente adottate dalle società di capitali e quelle
che invece sono state adottate dalle cooperative e dalle sociedades laborales:
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
sociedad laboral, ma soltanto a quelle apparteneti a contesti o reti specifiche,
quali:
a) Le cooperative che appartengono a reti o gruppi cooperativi, nei quali i
trasferimenti interni di risorse finanziarie (prestiti intercooperativi, fondi
comuni d’investimento, ecc.) sono strutturati sistematicamente.
PROOF
b) Le cooperative inserite nel contesto di cooperative di credito coinvolte nel
tessuto del cooperativismo di lavoro (in Spagna, fondamentalmente, Caja
Laboral)
c) Le imprese di proprietà dei lavoratori appartenenti a reti finanziarie specifiche dell’ambito cooperativo quali le società di garanzia reciproca (Oinarri), i fondi di capitali-rischio dell’economia sociale, ecc. (Sono numerose le cooperative di lavoro integrate nella rete Coop57; d’altro canto, va
ricordato anche l’appoggio a progetti di finanza etica e d’economia sociale
da parte di organismi come FIARE y REAS Rete d’Economia alternativa
e solidale).
Tutte queste imprese, oltre alle risorse abituali degli organismi di capitali,
hanno fatto ricorso a questi fondi o a risorse specifiche dell’ambito cooperativo
o dell’economia sociale.
2.1.3. Misure di base. Mantenere l’investimento e soprattutto quello
nell’innovazione
Nell’applicare le strategie di difesa, rispondendo al calo della domanda e alla
stretta creditizia a breve termine, è necessario che tutte le imprese si posizionino
a fronte delle conseguenze strutturali della crisi e, soprattutto, che facciano in
modo di migliorare la propria competitività. Il calo della domanda rende questo
aumento di competitività una questione di vita o di morte per molte imprese.
A. Le imprese di proprietà dei lavoratori devono realizzare investimenti
e innovarsi per essere più competitivi nel proprio settore
Se il calo della domanda diventa strutturale, soltanto un miglioramento
della posizione competitiva delle imprese di proprietà dei lavoratori potrà
permetterne la sopravvivenza nei rispettivi settori d’attività.
108
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
B. Il compito sopraindicato non è facile da realizzare/mantenere
I motivi sono molteplici. Tra i principali:
 Non è facile mantenere o aumentare le attività d’investimento quando
si tagliano i costi.
 Nei primi mesi, le reazioni al calo della domanda nelle imprese di proprietà dei lavoratori si verificano molto velocemente. La gravità e l’urgenza della situazione creatasi, l’esigenza di rispondere alle sfide immediate ecc., tolgono tempo alla concezione di strategie di medio termine.
Logicamente, se le entrate si sono sensibilmente ridotte in molte imprese,
non soltanto serve una politica d’adattamento che compensi queste entrate
e consenta di mantenere il fatturato o eviti di andare in rosso: è necessario,
oltre a ciò, disporre di risorse aggiuntive, che permettano di mantenere o
aumentare le attività di investimento e innovazione.
D. Pertanto, la capacità dei lavoratori di fare uno sforzo speciale
risulta cruciale per le cooperative e le sociedades laborales
Da chi ottenere risorse supplementari per gli investimenti e l’innovazione?
In altre circostanze, le imprese di proprietà dei lavoratori potrebbero reperire
risorse esterne, sotto forma di capitale di rischio o credito bancario. Nelle
circostanze attuali, pero’, le cooperative o le sociedades laborales potranno
fruire di queste risorse soltanto in situazioni eccezionali.
Di conseguenza, dovranno forse essere gli sforzi speciali degli stessi soci
lavoratori a permettere alle imprese di proprietà dei lavoratori di affrontare
questa sfida. Sforzi, che, unitamente alla compensazione della perdita di
entrate seguite al calo della domanda, devono riuscire a fronteggiare anche
queste necessità d’investimento/innovazione. Fra gli strumenti più importanti, possiamo citare i seguenti:
a) Contenimento o riduzione delle retribuzioni lavorative
b) Versamento di capitale a titolo obbligatorio
c) Versamento di capitale a titolo volontario
109
PROOF
C. Superati i problemi d’adattamento a beve termine, servono risorse
complementari se si vogliono mantenere gli investimenti e l’innovazione
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
2.1.4. Misure di base: rivedere le strategie
I mutamenti radicali del contesto impongono con urgenza di rivedere le strategie.
Che tali mutamenti radicali del contesto si siano prodotti è palese: non si tratta
semplicemente di cambiamenti congiunturali o di breve termine, bensì di
mutamenti strutturali e di medio-lungo termine.
Gli aspetti che possono essere evidenziati in proposito sono i seguenti:
PROOF
A. Nonostante la tangibilità dei mutamenti strutturali in corso, rivedere le
strategie delle imprese di proprietà dei lavoratori in tali circostanze non è
di sicuro stato facile.
Tale difficoltà è stata dovuta, principalmente, alla necessità per i manager
delle imprese di proprietà dei lavoratori di adottare tempestivamente misure
a breve termine per far fronte al calo della domanda e al fatto che i vincoli
creditizi hanno accorciato sensibilmente il tempo da dedicare agli aspetti
strategici.
D’altra parte, la situazione di tensione psicologica vissuta dai manager nella
gestione delle sfide a breve termine, rende più difficile trovare tempo ed
energie da dedicare alla revisione strategica.
B. Se si considerano le stesse misure a breve termine, in questi due anni è
stato difficile anticipare i cambiamenti verificatisi nel contesto economico.
Con l’evoluzione naturale del mercato, l’incidenza delle politiche pubbliche
di rilancio della domanda e la minaccia dei settori finanziari in fase di
riconversione sono state (e sono tuttora) d’attualità: occorre tenere conto
di questi elementi poiché si tratta di fattori determinanti dell’evoluzione
economica a breve-medio termine, specie in paesi come gli USA, il Regno
Unito e la Spagna.
In sintesi, è stato ed è ancora difficile prevedere la gravità e la durata della crisi.
Ad ogni caso, le cooperative e le sociedades laborales non possono esimersi
dal prendere provvedimenti: per questa ragione, in Spagna molte imprese di
proprietà dei lavoratori hanno optato nel 2008 ed in via permanente di operare
una revisione delle proprie strategie a scadenza trimestrale.
110
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
2.1.5. Le strategie di contenimento dei costi di lavoro
Com’è prassi abituale in situazioni di crisi, le cooperative di lavoro e le sociedades laborales tendono a mantenere in generale un comportamento quantitativamente e qualitativamente diverso quanto alla gestione dei costi di personale.
Nelle società di capitali le strategie basilari di riduzione dei costi del lavoro
possono riassumersi così:
a) Riduzione dei contratti mediante licenziamenti, meccanismi di adattamento lavorativo, ecc.
Nelle imprese di proprietà dei lavoratori, si parte invece da una strategia di base
di difesa del lavoro, secondo cui il taglio dei costi poggia in sostanza sull’adattamento (contenimento/riduzione) delle retribuzioni, deciso dai lavoratori o dai
suoi rappresentanti negli organi sociali delle cooperative o delle sociedades laborales (Assemblea/Consiglio generale o Consiglio di Amministrazione/Consiglio Direttivo).
Tuttavia, va detto che in questa crisi la prima reazione delle imprese spagnole di
proprietà dei lavoratori, per quanto concerne gli obiettivi di riduzione dei costi
del personale, non si è distinta tanto quanto nelle precedenti crisi. Le circostanze
oggettive che spiegano questo attenuarsi del comportamento divergente delle
cooperative e delle sociedades laborales sono state già spiegate: il cospicuo
impiego di lavoratori dipendenti, cui le cooperative sono ricorse nell’ultimo
decennio. Come reazione al primo anno di calo del mercato, le cooperative di
lavoro spagnole, come le società di capitali, hanno usato in modo significativo
il licenziamento di eventuali lavoratori dipendenti.
Ciò non impedisce che, come vedremo, quest’attività sia stata resa compatibile
con altri tipi di misure specifiche delle imprese di proprietà dei lavoratori, il
cui modello si distingue proprio per il tipo di misure applicate in risposta alle
situazioni di crisi.
Le strategie essenzialmente diverse messe in pratica dalle imprese di proprietà
dei lavoratori nel ridurre i costi di lavoro hanno radici profonde e molto chiare.
Il fatto che la proprietà rimanga nelle mani dei soci lavoratori fa sì che, nel
definire le strategie volte ad affrontare la crisi, si privilegi la difesa dei posti di
111
PROOF
b) Per quanto possibile, riduzione o contenimento dei costi salariali.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
lavoro rispetto ad altri obiettivi, come, ad esempio, la difesa della redditività
del capitale.
Di fatto ciò implica che, per quanto possa sembrare paradossale di primo acchito,
le retribuzioni dei soci lavoratori delle imprese di proprietà dei lavoratori subiscano in modo più rapido e sostanziale il calo delle entrate generato dalla crisi.
PROOF
La ragione fondamentale di tale situazione risiede nell’atteggiamento ben diverso che assumono i lavoratori delle imprese di proprietà di lavoratori rispetto
a quelli delle società di capitali di fronte alle proposte d’adeguamento delle
retribuzioni.
I lavoratori delle società di capitali, logicamente, assumono in proposito un atteggiamento di difesa di fronte alle proposte d’adeguamento delle retribuzioni
poste dal proprietario. Tra le argomentazioni avanzate dai lavoratori delle imprese convenzionali per opporsi al taglio delle proprie retribuzioni, si contesta
spesso di non aver ricevuto la propria parte di risultati positivi ottenuti negli
anni di crescita del ciclo economico. Al contrario, i lavoratori delle cooperative
accettano con maggiore facilità il legame tra questi adeguamenti retributivi e
la difesa del proprio posto di lavoro. Spesso riconoscono che il contenimento o
la riduzione delle retribuzioni come misure necessarie a conservare i posti di
lavoro nella cooperativa. Sanno che le risorse prodotte saranno destinate in via
prioritaria a tal fine, e non alla difesa degli interessi degli investitori.
Se ne deduce che le retribuzioni dei lavoratori delle cooperative e delle sociedades
laborales si adattano di più e con maggiore rapidità a situazioni di crisi.
È importante sottolineare che quest’adattamento si realizza ricorrendo a tecniche
che cambiano sensibilmente da un’impresa proprietà dei lavoratori ad un’altra.
Infatti, mentre in alcune cooperative quest’adattamento si materializza mediante
accordi specifici degli organi sociali (Consiglio direttivo o Assemblea generale)
in seguito a situazioni di crisi, in altre cooperative o sociedades laborales,
l’evoluzione interannuale delle remunerazioni è regolata tramite norme
specifiche che prevedono un loro adattamento quasi automatico all’evolversi
della situazione economica o finanziaria dell’impresa.
Quali dei due sistemi di regolazione retributiva è dunque migliore? Vi sono
differenti pareri in merito, ma la maggioranza dei lavoratori delle cooperative
e delle sociedades laborales si esprimono a favore di un adeguamento delle
remunerazioni alle condizioni economico-finanziarie.
112
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Da un lato, alcuni affermano che è meglio avere una normativa chiara, che produce l’effetto di un adattamento quasi “automatico” delle retribuzioni all’evoluzione economica dell’attività. È ovvio che in questo modo l’adattamento è più
naturale e si evitano difficili attività di negoziazione con gli organi sociali circa
l’esigenza di contenere o ridurre le retribuzioni.
Ma è ovvio che l’adattabilità delle retribuzioni dei lavoratori alle circostanze
economiche e finanziarie dell’impresa è, di per sé, un significativo vantaggio
competitivo per le imprese di proprietà dei lavoratori quando devono affrontare
le conseguenze della crisi.
Le cooperative di lavoro accusano la crisi economica
Empresa y trabajo.coop. Número 14. Mayo-junio 2009
Nel 2008 si sono create meno cooperative di lavoro associato che negli anni
precedenti. La crisi economica ha influito sulla crescita della cooperazione, che ha
creato l’1,7% in meno di imprese rispetto al 2007. Tali dati emergono nell’ultimo
rapporto della Confederazione spagnola delle Cooperative di Lavoro associato
(Coceta), presentata di recente all’Assemblea annuale dell’organizzazione, che si
è tenuta a Murcia. Nonostante i dati negativi, le cifre delle cooperative di lavoro
sono migliori di quelle delle imprese commerciali, che hanno registrato una
mortalità fra le imprese del 7%. Inoltre, nelle cooperative di lavoro associato
68 In tal senso, il margine legale che la legge di Régimen Fiscal de Cooperativas 20/1990
offre, per la retribuzione media del mercato, è ampio quanto basta per non creare problemi
legali ai soci che volessero adottare tali misure:
“Articolo 8. Cooperative di lavoro associato.
Si considereranno specialmente protette le cooperative di lavoro associato che soddisfanno
i seguenti requisiti:
2. Che l’importo medio delle retribuzioni totali effettivamente percepite, compresi gli
anticipi e le quantità esigibili a titolo di sconti cooperativi, non superi il 200% della media
delle retribuzioni normali nello stesso settore d’attività, che avrebbero dovuto percepire se
la loro situazione rispetto alla cooperativa fosse stata quella di lavoratori per conto terzi”
113
PROOF
Altri, invece, sostengono che l’adattamento retributivo all’evoluzione dell’attività
dei lavoratori si riflette già nella partecipazione dei soci ai risultati aziendali
positivi o negativi e che, quindi, non è necessario che le remunerazioni mensili
si adattino all’evoluzione positiva o negativa dell’attività 68.
PROOF
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
è aumentato il tasso di occupati dello 0,12% per quanto riguarda il totale di
occupati in Spagna. “Questa crisi influisce sulle cooperative come sulle altre
imprese, è una crisi finanziaria”, ha spiegato Juan Antonio Pedreño, che è
stato rieletto presidente di Coceta nel corso dell’assemblea. “Succede che si sta
dimostrando che è anche una crisi di valori e in questo le cooperative hanno un
vantaggio certo, perché il nostro modello risponde a principi già strettamente
legati al nostro modo di creare e di fare impresa”, ha sottolineato Pedreño.
Ad oggi, nel paese esistono 18.625 cooperative di lavoro associato, che danno
lavoro a circa 300.000 persone (soci lavoratori e lavoratori per conto terzi).
Tale dato rappresenta l’1,64% delle persone occupate in Spagna. La maggior
parte delle cooperative esistenti nel paese è di lavoro associato. Seguono 3.200
cooperative edilizie e 2.400 agricole. Una delle principali caratteristiche delle
cifre sulla cooperazione di lavoro del 2008 è la stessa che si ripeta dall’inizio
della sua storia: la maggior parte delle persone che lavorano in queste imprese
ne è socia, e il 20% degli altri ha un lavoro a tempo indeterminato. In anni
recenti le cooperative di lavoro si sono distinte per due particolarità: la minore
dimensione e la loro crescente presenza nel settore dei servizi.
Occupazione femminile e dei migranti
Un aspetto da considerare in relazione alle cooperative di lavoro riguarda l’occupazione femminile. Secondo studi del Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione, la percentuale di donne attiva nel settore rispetto al totale delle cooperative (lavoro associato, agricole, edilizie, di consumo, d’insegnamento, marittime,
creditizie, di trasporti e servizi) è superiore tra le persone che hanno un lavoro
temporaneo rispetto a coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato.
Tuttavia, tale tendenza si inverte nel caso delle cooperative di lavoro, in cui le
donne socie, e quindi i proprietarie, costituiscono il 73,7% delle donne impiegate nell’impresa. La quota di donne che ricoprono cariche direzionali, poi, si attesta all’interno delle cooperative al 39,4%, percentuale di gran lunga superiore
rispetto ad altri tipi d’impresa. Un altro dato significativo dell’ultimo anno consiste nell’interesse crescente mostrato da parte degli immigrati in questo tipo
d’impresa. Come nel 2007, il 10% delle persone che hanno creato cooperative
proviene da altri paesi. Nel 2008, come ancora nel 2009, Coceta e le organizzazioni a essa associate lavorano per migliorare la situazione delle loro imprese,
siglando accordi con enti finanziari affinché le Comunità autonome garantiscano gli aiuti a favore delle cooperative. Pedreño assicura, tuttavia, che si tratta
di “una responsabilità condivisa tra governi (centrale, autonomi e locali), enti
finanziari, imprese cooperative e imprese dell’economia sociale”.
114
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Collaborazione tra sindacati e cooperative
I rappresentanti di CCOO e di UGT hanno espresso il passato 2 aprile, nel corso del “Forum europeo per la Promozione dell’informazione, consultazione e
partecipazione dei lavoratori nella Società Cooperativa Europea-SCE”, che si è
tenuto a Murcia, l’auspicio di poter collaborare con le cooperative di lavoro. I
sindacalisti e i cooperatori spagnoli ed italiani hanno analizzato e discusso il
coinvolgimento dei lavoratori nella SCE e i rapporti esistenti tra cooperative e
sindacati, il che segna un punto d’avvio per questa collaborazione.
La persona al centro
Digitando (in spagnolo) le parole “soluzioni alla crisi” in uno qualsiasi dei più
diffusi motori di ricerca, compariranno oltre cinque milioni di risultati. Tra
questi, molti fanno riferimento ad articoli diffusi da vari mezzi di comunicazione, a contenuto economico ma non solo, che riniviano ad un buon numero di
blog nei quali le persone esprimono la propria opinione in merito a quali misure
adottare per risolvere la crisi. Si va, così, da posizioni del tutto liberali a difesa
di misure dai contenuti strettamente finanziari, senza tenere conto delle persone, anzi passandoci sopra, ad altre soluzioni che invece rivendicano la necessità
di realizzare un’autentica rivoluzione sociale, basata sulla scomparsa dei mercati finanziari e di qualsiasi tipo di moneta per ritornare al baratto… Si trovano
anche soluzioni proposte da alcune note scuole di commercio o d’impresa che
possono essere riassunte in cinque differenti possibili misure volte al superamento della crisi economica. Fra queste, due meritano particolare attenzione: la
prima proposta suggerisce di “trattenere i talenti all’interno dell’impresa” e la
seconda di “tener sempre d’occhio la Responsabilità Sociale d’Impresa”, alludendo ad una serie di misure basate, ad esempio, sulla sostenibilità ambientale,
la conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare e la parità di genere. Misure,
insomma, che considerano la persona come elemento centrale per il superamento della crisi proponendo soluzioni che ci trovano pienamente d’accordo.
Infatti, è esattamente ciò che fanno le cooperative: considerano la persona il pilastro dell’impresa; mantengono i posti di lavoro nelle cooperative già create ed
inoltre, come si può capire dal dossier accluso a questo numero, nuovi progetti
imprenditoriali cooperativi stanno arrivando sul tavolo degli enti locali, il cui
sostegno fra i dirigenti fa sì che gli stessi progetti si trasformino in iniziative
115
PROOF
Empresa y trabajo.coop. Número 14. Mayo-junio 2009
PROOF
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
imprenditoriali. Ciò non impedisce alle cooperative di vivere momenti difficili
e delicati. Nel 2008, infatti, è stato creato un 20% in meno di cooperative rispetto al 2007. Tuttavia, i posti di lavoro sono aumentati di oltre il 25% nello
stesso periodo, un dato che fa ben sperare. Tale situazione di debolezza nella
creazione di cooperative, nonché le difficoltà oggi incontrate dalle cooperative
esistenti, è dovuta per lo più alla carenza di riserve per far avanzare la propria
attività imprenditoriale, su cui incide notevolmente il ritardo nei pagamenti
da parte delle amministrazioni e dei clienti locali. In altri casi, tali difficoltà
sono dovute al fatto che le istituzioni finanziarie hanno deciso di sospendere i
prestiti e i finanziamenti, a prescindere dalla solidità patrimoniale dell’impresa,
precludendo così l’avvio di iniziative imprenditoriali e il consolidamento delle
attività già avviate. Tali circostanze, unite al calo generalizzato del consumo e
al rapido aumento della disoccupazione, ostacolano la creazione di cooperative
e la crescita di quelle esistenti. I soci lavoratori del settore cooperativo si stanno
impegnando su diversi fronti per superare questa crisi; la principale “ricetta”,
pero’, non si può trovare tra gli oltre cinque milioni di risultati disponibili su Internet perché consiste nel mettere la PERSONA al centro dell’impresa. È questo
il nostro principale patrimonio cooperativo.
2.1.6. La sfida della stretta creditizia del sistema bancario
Esiste una differenza rilevante tra le imprese di proprietà dei lavoratori e gli altri
tipi d’imprese spagnole nell’affrontare la stretta creditizia del sistema bancario?
Benché ci sia stato un ampio dibattito a tal proposito, non è facile trarre conclusione chiare.
Da un lato, come già detto, all’inizio della crisi economica le cooperative e
le sociedades laborales si sono presentate - in linea generale - con un livello
d’indebitamento per investimenti rischiosi inferiore rispetto alla media delle
imprese presenti sul mercato.
D’altra parte, le difficoltà normalmente riscontrate dalle imprese di proprietà
dei lavoratori nell’accumulare capitale e risorse proprie fan sì che in alcuni casi
e, per pari livelli d’investimento, il rapporto patrimonio netto/credito è in genere inferiore nelle imprese di proprietà dei lavoratori, specialmente nelle grandi
cooperative.
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Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Senza sufficienti dati statistici non è facile trarre conclusioni chiare da questi
elementi. La stretta creditizia ha influito, come è logico che sia, anche sulle
imprese di proprietà dei lavoratori, ma quest’effetto, la sua dimensione e le sue
ripercussioni variano in base al settore e da impresa a impresa.
Come si vedrà, infatti, il problema della stretta creditizia ha caratteristiche specifiche che richiedono una serie di misure apposite perché esso possa essere
risolto.
▪▪ Da un lato, i problemi strutturali registrati nell’accesso al credito bancario
hanno spinto le imprese di proprietà dei lavoratori e promuovere istituzioni
finanziarie vicine al movimento cooperativo, all’economia sociale o ad associazioni o gruppi cooperativi, come le cooperative di credito, le banche
cooperative, le società mutualistiche, le società di capitali di rischio, i fondi
comuni d’investimento, ecc.
▪▪ Dall’altro, l’accesso ai mercati finanziari ha posto particolari problemi alle imprese di proprietà dei lavoratori, confermandosi una sfida permanente soprattutto per le cooperative e le sociedades laborales di una certa dimensione.
2.1.7. Le imprese di proprietà dei lavoratori nella seconda fase della crisi
Nonostante il tempo già trascorso dall’inizio della crisi, possiamo dire che fino ad
oggi abbiamo visto soltanto i primi effetti: adeguamenti/riduzione dei costi, ecc.
Il perdurare dell’attuale crisi economica implica di per sé l’ingresso in quella
che possiamo qualificare come una “seconda fase”, nella quale si cominciano
ad adottare decisioni non più di risposta immediata dinanzi ai primi effetti la
crisi bensì di carattere più strategico, inserite in una prospettiva di medio e
lungo termine.
Come punto di riferimento, potremmo fissare l’inizio di questa seconda fase
all’inizio del 2011. Il persistere della crisi economica avrà per effetto la necessità di adottare misure diverse da quelle di semplice adeguamento adottate fino
ad oggi.
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PROOF
Le caratteristiche societarie e finanziarie delle imprese di proprietà dei lavoratori
ne hanno sempre costituito un importante elemento distintivo nelle modalità di
finanziamento.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
Ci riferiamo a misure di tipo strategico, principalmente nei seguenti settori :
a) decisioni di posizionamento strategico
b) decisioni sull’innovazione
c) decisioni sugli investimenti
2.1.8. Principali linee guida strategiche
PROOF
Per definire le linee guida per il posizionamento delle imprese di proprietà dei
lavoratori, dovremmo cercare d’inserire le nostre imprese in una prospettiva di
medio/lungo termine rispetto alle sfide poste dalla crisi .
Senza avere la pretesa di compiere un’analisi esauriente, che non ci compete in
questo lavoro, faremo riferimento ai principali posizionamenti strategici di cui
devono tener conto le cooperative e le sociedades laborales fin qui considerate.
Essi potrebbero essere così riassunti:
Fig. 6 - Principali strategie delle imprese di proprietà dei lavoratori
Rafforzare il progetto
impreditoriale
Incidere sulle
politiche pubbliche
IMPRESE DI
PROPRIETÀ DEI
LAVORATORI
Rafforzare internamente
il Progetto Sociale
Progetto di
trasformazione sociale
È ovvio che nessuna di queste strategie può essere sviluppata in modo isolato,
senza tener conto dell’evoluzione delle altre.
Considerato l’oggetto del presente volume, ci concentreremo su uno delle quattro
strategie delineate, “Rafforzare il progetto imprenditoriale”.Occorre precisare,
però, che il futuro delle imprese di proprietà dei lavoratori dipende tanto dalle
condizioni interne (progetto imprenditoriale e sociale) quanto da quelle esterne
(politiche pubbliche, trasformazione sociale). Non va trascurato, infine, che le
cooperative e le sociedades laborales non rappresentano soltanto un progetto
imprenditoriale ma anche sociale.
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Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
2.1.9. La promozione imprenditoriale
Il futuro a medio termine delle imprese di proprietà dei lavoratori, e la loro
capacità di risposta alla crisi, è da rapportarsi, com’è ovvio, alla loro capacità
d’innovazione e, nella stessa misura, alla loro capacità di promuovere nuove
attività.
Nell’implementare una strategia di promozione di nuove attività (altrimenti
detta “diversificazione”), le imprese di proprietà dei lavoratori ricorrono a
meccanismi organizzativi di particolare interesse.
In particolare, nell’analisi bisogna tenere conto delle differenze che intercorrono fra la promozione di nuove attività organizzate in modo autonomo e la
promozione di nuove attività da parte di imprese già esistenti.
La promozione di nuove attività indipendenti assume caratteristiche speciali
all’interno delle imprese di proprietà dei lavoratori e, a maggior ragione, durante
i periodi di crisi.
Il calo generale dei profitti seguito alla crisi rende particolarmente difficile l’avvio
di nuove attività indipendenti secondo una logica imprenditoriale capitalista.
La logica imprenditoriale delle imprese di proprietà dei lavoratori è sostanzialmente diversa. Incoraggiare una nuova attività, anche quando il vantaggio
contabile può essere limitato, inesistente o anche negativo, può essere proficuo
per le imprese di proprietà dei lavoratori. Ne consegue che la promozione di
nuove attività indipendenti all’interno delle cooperative o delle sociedad laborales viene spesso incentivato nei periodi di crisi.
La politica di promozione di nuove attività da parte delle cooperative o delle
sociedades laborales già esistenti può optare tra differenti soluzioni dal punto
di vista organizzativo:
A. Nuove attività senza autonomia organizzativa specifica.
B. Nuove attività con autonomia organizzativa.
È rispetto a questa seconda alternativa che le specificità organizzative delle
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PROOF
Per quel che riguarda la sopra definita “seconda fase strategica” a fronte della
crisi economica, la politica di promozione di nuove attività rappresenta qualcosa
di peculiare del settore cooperativo e delle sociedades laborales e permette di
preservare la capacità dell’impresa di produrre valore aggiunto e, quindi, di
difendere posti di lavoro.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
cooperative richiamano di più l’attenzione.
In particolare, le seguenti strutture rivestono un ruolo speciale nella nostra
analisi:
a) Le sezioni
b) Le filiali cooperative
c) La diversificazione nell’ambito dello stesso gruppo gerarchico
d) La diversificazione all’interno del “gruppo cooperativo”.
PROOF
Nel promuovere nuove attività, le sezioni possono rappresentare un prezioso
strumento per mediare lo sviluppo interno di nuove attività facendole confluire
in una filiale o in un altro tipo di società autonoma.
Le sezioni interne ad una cooperativa possono infatti ottenere una maggiore
autonomia organizzativa rispetto ad un settore o dipartimento di una società di
capitali. Possono perfino avere organi propri (consiglio e assemblea) che, benché
sottoposti agli organi generali della cooperativa, seguono criteri autonomi nella
redistribuzione del capitale, dei profitti e nelle retribuzioni dei lavoratori, ecc.
I gruppi gerarchici o verticali rappresentano uno strumento insolito nell’ambito
cooperativo.
Ovviamente, nei limiti posti da alcune legislazioni, le cooperative possono sviluppare nuove attività mediante la costituzione di filiali come società di capitali.
Per quanto poco conosciuta e finora raramente utilizzata, la legislazione spagnola offre una possibilità di grande interesse concettuale: le cooperative filiali,
che permettono di realizzare la piena integrazione societaria tramite un rapporto di gruppo gerarchico o verticale con una “cooperativizzazione” parziale della nuova attività. Il ricorso a questa formula è divenuto sistematico ed è tuttora
crescente all’interno del Gruppo Mondragon. Esso ha permesso di superare la
dialettica tradizionale tra promozione interna e filiali non cooperative, consentendo una cooperativizzazione almeno parziale di nuove attività, dal punto di
vista organizzativo integrate o coordinate dalla cooperativa madre.
Infine, non bisogna dimenticare la funzione rivestita in tal senso dai tradizionali gruppi cooperativi orizzontali, soluzione intermedia tra lo sviluppo di nuove
attività mediante cooperative indipendenti da un lato e l’integrazione in una
sola entità dall’altro.
Approfondiremo le possibilità date da questi strumenti organizzativi nella
seguente sezione.
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Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
2.2. Strumenti interni
2.2.1. Introduzione
Abbiamo già spiegato le ragioni di un migliore posizionamento concettuale e
“strutturale” delle imprese di proprietà dei lavoratori a fronte alla crisi. Ma
come si concretizza tale posizionamento?
In linea di massima, si possono elencare le seguenti linee guida:
a) Trasformazione d’imprese convenzionali in imprese di proprietà dei lavoratori
c) Creazione “ex novo” di nuove cooperative o sociedades laborales
d) Diversificazione d’attività delle imprese preesistenti con la creazione di
nuove cooperative o sociedades laborales.
Data la loro importanza, esamineremo in questa sezioni i casi di trasformazione
di imprese di capitali in cooperative/sociedades laborales e ci soffermeremo
sull’analisi di uno strumento normativo di grande interesse in Spagna: la capitalizzazione del sussidio di disoccupazione ed il ruolo da esso giocato nella
conversione di attività in imprese di proprietà dei lavoratori. Infine, tratteremo
il caso delle sezioni come strumento specifico di organizzazione interna alle
cooperative di lavoro spagnole.
Nel paragrafo seguente, esamineremo nei dettagli la creazione di nuove cooperative o sociedades laborales da parte di imprese proprietà di lavoratori già
esistenti.
2.2.2. Trasformazioni
Le trasformazioni delle società di capitali in imprese di proprietà dei lavoratori
avvengono spesso nei periodi di crisi.
Questo fenomeno si configura come logica conseguenza del fatto che, in generale, le imprese di proprietà dei lavoratori registrano un migliore posizionamento strategico dinanzi al calo generale del tasso di redditività. Imprese che non
generano più sufficiente profitto per l’investitore capitalista continuano in molti
casi a costituire una ricchezza per i lavoratori, nella misura in cui consentono
loro di mantenere i propri posti di lavoro.
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PROOF
b) Sviluppo (investimenti/innovazione) delle attività cooperativizzate o delle sociedades laborales preesistenti
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
Queste imprese trasferite ai lavoratori come cooperative o sociedades laborales
hanno spesso saputo superare periodi di crisi e divenire, nel tempo, società con
alti livelli di redditività.
Vediamo alcuni casi di buone prassi69:
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IL CASO LOW POWER
Alla fine del 2007, i lavoratori dell’impresa metallurgica aragonese Low Power hanno iniziato a capire che qualcosa non andava. I fornitori cominciavano a creare problemi nella
consegna degli ordini e soltanto a gennaio di quest’anno hanno potuto percepire la retribuzione di novembre. Il datore di lavoro evitava di dare spiegazioni negando che ci fossero
problemi, ma alla fine di marzo Low Power ha chiuso i battenti, abbandonando al loro destino tutti i lavoratori, lasciando debiti di milioni e, cosa ancor più sorprendente, lasciando
molti progetti di lavoro incompiuti. Dopo molti conflitti, i lavoratori hanno formato la cooperativa Metalva. Ora stanno recuperando i clienti e riavviando l’attività metallurgica. Per la
loro formazione hanno potuto contare, tra l’altro, sulla collaborazione di alcuni fornitori.
IL CASO COSEMAP
“Questa all’inizio non era una cooperativa. Eravamo operai di un’impresa basca che
un giorno del 1982 decise di chiudere, abbandonarci a noi stessi, senza neanche un
indennizzo. Abbiamo fatto di tutto perché l’azienda potesse andare avanti: manifestazioni,
sit-in, scioperi della fame…e abbiamo fatto di tutto per farci pagare. Alla fine, dopo
tante lotte, siamo riusciti ad ottenere i macchinari e lo schedario dei clienti”.
IL CASO MOL-MATRIC
Mol-Matric è un’impresa avviata in modo simile a Cosemap. Ha iniziato l’attività negli anni
‘70 con molta speranza ma non senza intoppi. I soci non avevano la benché minima idea
di come gestire un’impresa, perciò le funzioni di direzione furono suddivise in funzione
delle attitudini di ciascuno. Divenne capo di produzione un dipendente che si distingueva
per essere ordinato e metodico; e l’attuale direttore, che è entrato nella ditta come uomo
delle pulizie, si incaricò dell’informatizzazione 15 anni fa, per via del suo forte interesse per
i computer. Oggi è un’impresa molto redditizia70.
69 Fonte: Settimanale “Empresa y trabajo.coop”, COCETA.
70 “Per sostenere lo start-up d’imprese cooperative come Mol-Maltric e Cosemap, il governo ha
creato un Fondo Nacional de Protección al Trabajo (FNPT), che eroga prestiti facilitati per
l’avvio delle cooperative e un presito speciale per assumere un manager per il primo anno di
attività. “Fu la crisi legata al petrolio”, come sottolineato da Rafael Calvo Ortega, minstro
del lavoro nel 1978, che spinse a ricorrere a questa msura, “tale misura dimostrò la propria
efficacia con un tasso di sopravvivenza delle cooperative e delle sociedades laborales maggiore
rispetto a quello delle altre imprese. I lavoratori, quando sono anche proprietari dell’impresa, vi
partecipano molto di più.”
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Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
IL CASO SHERLIMP
La cooperativa di tappeti Sherlimp, formata da 42 operai che hanno comperato l’impresa
al proprietario, ha scelto di mettere sotto contratto un manager, che dice: “molte persone,
anche il Ministero del Lavoro, davano due mesi di vita alla cooperativa”.
IL CASO CARTONAJES AITANA
Non essendo più in grado di corrispondere ai dipendenti le retribuzioni, alcuni proprietari
decisero di lasciare la fabbrica agli operai come forma di pagamento. Cartonajes Aitana,
ditta della Comunità di Valencia, anch’essa fallita negli anni ‘70, non soltanto ha prodotto
utili dopo essere passata nelle mani dei lavoratori, ma in seguito i lavoratori hanno deciso di
accettare come soci i figli dei vecchi proprietari. Per stare a galla, all’inizio tutti lavoravano
“giorno e notte come bestie”. Oggi è un’attività molto radicata nel territorio.
IL CASO PANIFICADORA DEL NOROESTE
La cooperativa galiziana Panificadora del Noroeste [Panetteria del Nord-ovest], sorta dopo
un iter di riconversione della ditta Paefsa, ha acquisito la fabbrica su cui pesava un’ipoteca
vincolata alla vecchia azienda difficile da pagare grazie al sacrificio di 35 lavoratori. Grazie
al sostegno di un’altra cooperativa, Meirás, oggi cooperativa di consumatori e utenti, la
cooperativa Panificadora è diventata una panetteria molto nota nella regione di Ferrolterra,
dove opera.
La realtà è che la maggior parte delle attuali cooperative di lavoro e sociedades
laborales spagnole trae origine da società di capitali trasformate in cooperative
per effetto della crisi.71
71 “Un gran numero di cooperative di lavoro nacquero negli anni ‘70 e ‘80 per effetto della imprese
che chiudevano per riconvertirsi ”. (Paloma ARROYO, “Empresa y Trabajo”, 2008)
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PROOF
IL CASO MANCLÚS
Un’impresa con un’esperienza simile, anch’essa della Comunità Valenciana, è quella della
famiglia Manclús, che ripara campanili; i proprietari hanno chiuso e ricominciato l’attività
come cooperativa. “Quando esci da situazioni conflittuali c’è diffidenza tra le parti e la
cosa migliore per chiarire e rendere tutti partecipi del nuovo progetto era passare in
cooperativa”, dice Salvador Manclús, uno dei fondatori.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
Mecanización y Rectificado de Precisión
(MERPRESAL) S.A.L.
Carla Herrera, Economia Social, aprile-maggio-giugno 2010
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12 lavoratori hanno deciso di comprare gli impianti e i macchinari della propria
impresa, per salvare i propri posti di lavoro e riuscire a posizionarsi come una
delle imprese leader nel loro settore.
La Sociedad Anónima Laboral Mecanización y Rectificado de Precisión, Merpresal, è stata creata nel giugno del 1995 a Logroño (La Rioja) grazie all’iniziativa coraggiosa di 12 soci lavoratori occupati in un’impresa privata sull’orlo
del fallimento. A quel punto i soci, che avevano tra i 20 e i 50 anni, decisero
di comprare i macchinari e gli impianti della ditta chiusa per costituirne una
nuova, Merpresal. Da allora, il personale è aumentato continuando però a perseguire gli stessi principi, vale a dire essere formati da professionisti molto qualificati e specializzati nella lavorazione di pezzi unici, in serie limitata e media,
prototipi e strumenti.
Inizi difficili
Come in ogni impresa, gli inizi non sono stati facili. Nel caso di Merpresal, si
è dovuto combattere su due fronti: la sfiducia dei clienti, che li associavano alle
inadempienze e ai debiti dell’impresa precedente, e la carenza di liquidità, che li
ha costretti a lavorare per due mesi 60 ore a settimana per far fronte alle spese.
Per fortuna, le cose sono cambiate in meglio. La fatturazione del 2008 è stata
di 1.400.000 euro e quella del 2009 è stata pari a 600.000 euro, il 60% in meno,
a causa della crisi economica. Tuttavia, Merpresal prevede che la fatturazione
per il 2010 sia di circa 800.000 - 1.000.000 euro, il che permetterebbe loro di
continuare a lavorare con garanzie. Attualmente, il personale è composto da
15 lavoratori attivi, 14 soci, un lavoratore per conto terzi (il gestore della ditta) e cinque soci non lavoratori. L’attuale situazione economica li ha costretti
ad adottare una serie di misure per non cessare l’attività commerciale. Hanno
scommesso molto sulla propria formazione, sia come lavoratori in officina che
come imprenditori. È stato fatto un grande sforzo anche nel reparto qualità e
prevenzione dei rischi e quest’anno si è dovuto ricorrere ad un drastico taglio
del personale destinato a durare fino a metà 2011. Per questa ragione, sono
felici di aver creato una Sociedad laboral, poiché “se fosse stata un’impresa
tradizionale si sarebbero verificati dei licenziamenti e non si sarebbero fatti
accordi”. Un altro vantaggio di questo modello imprenditoriale sta nel fatto
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che “i lavoratori sono più coinvolti dal loro lavoro poiché l’impresa gli appartiene”. Un altro è dato dalla possibilità di conciliare vita familiare e lavoro,
poiché, come dicono gli interessati, “se la gente partecipa ottiene vantaggi di
flessibilità oraria”. Un altro aspetto positivo che distingue questo modello imprenditoriale consiste, poi, nel fatto che le decisioni sono prese da tutti e non si
cerca il vantaggio di una sola persona (il proprietario), come avviene nelle imprese tradizionali. “Qui si lavora sorvegliando sempre il vantaggio dell’impresa nel suo complesso, poiché i proprietari sono gli stessi lavoratori”. Ci sono,
pero’, anche degli svantaggi. Tra gli aspetti a migliorare, occorre facilitare la
successione dei soci per evitare situazioni conflittuali, “poiché gli interessi dei
soci lavoratori e quelli dei soci non lavoratori non sono gli stessi”. Guardando
al futuro, si spera di rimanere senza perdite nel 2010 e dal 2011 così da poter
inserire nuovi lavoratori e nuovi soci “sperando che il mercato si riattivi” e, in
base a recenti statistiche, ci sono i presupposti per riuscirci. I pilastri della loro
identità, come precisato dalla stessa impresa, sono “garantire prodotti di alta
qualità e precisione, e fornire un servizio serio, integrale, efficace e preciso”.
Benché la maggior parte del lavoro si svolga secondo un piano o un campione
che dà il cliente, è l’impresa a gestire la concezione dei pezzi e dei macchinari
fino all’assemblaggio e all’aggiustamento degli assemblaggi, stampi, attrezzature, macchinari o elementi di verifica. Uno dei vantaggi di quest’impresa di
punta sta nella sua vasta “gamma di parti meccaniche”, pezzi di varie dimensioni e forme, listelli, pezzi fresati e/o rettificati. Merpresal fabbrica ogni tipo di
pezzo con alti standard di qualità e di precisione, come dimostrato dal fatto che
oggi rappresenta un’impresa di riferimento per altre concorrenti che non hanno
potuto soddisfare le esigenze del mercato. Merpresal s’incarica della fabbricazione integrale del prodotto, dall’acquisto del materiale alla sua lavorazione fino
alle finiture superficiali, trattamenti termici o chimici, rettificazioni e/o rivestimenti vari, ove richiesto. Si dispone di notevole esperienza nella produzione di
pezzi destinati ai settori della gomma, dell’estrusione e meccanici in genere.
L’impresa ha diversificato il mercato di riferimento diventando particolarmente attiva in settori come l’aeronautico, l’ingegneria industriale, le matrici e gli
stampi. Gli impianti utilizzati comprendono un complesso industriale in grado
di produrre su larga scala, composto da macchine con controllo digitale, argani,
punzonatrici, rettificatrici e frese adatte ad ogni tipo di materiale, con massima
precisione e affidabilità grazie a un efficace controllo di qualità. L’officina consiste in un capannone di 900 metri quadrati, con servizio completo di condizionamento d’aria, diviso in tre sezioni: uffici, laboratorio di metrologia e officina
meccanica. Merpresal è membro dell’ Agrupación de Empresas Laborales y de
Economía Social de la Rioja ( AREL). E garantisce che “le caratteristiche delle
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PROOF
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
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imprese dell’Economia sociale richiedono a La Rioja un’organizzazione dedita
soltanto al settore, per dare consigli adeguati alle imprese che li chiedono. Il
ruolo di AREL è importantissimo per lo sviluppo di una sociedad laboral”. Alla
Merpresal credono che “le sociedades laborales possono diventare un motore
dell’economia spagnola, come già avvenne negli anni ’90, purché gli organismi
competenti prendano sul serio la creazione d’imprese dell’Economia sociale. E
per questo serve una riforma della legge attuale”.
SCHEDA TECNICA
Merpresal S.A.L.
La Portalada. 46, 26006 Logroño
Tel. 941 242049
Anno di fondazione: 2005
Il personale è composto da 15
lavoratori attivi, 14 soci,
1 lavoratore per conto
terzi (il direttore)
e 5 soci non lavoratori
http://www.merpresal.es/
[email protected]
La trasformazione di società di capitali in imprese di proprietà dei lavoratori
avviene, di solito, nelle seguenti circostanze:
a) quando i proprietari decidono, al momento della pensione e trovandosi
di fronte alla mancanza di un chiaro cambio generazionale, di cedere ai
lavoratori la proprietà dell’impresa.
b) quando il proprietario sceglie di trasferire ai lavoratori un’attività in crisi.
Ovviamente, la prima ipotesi è generalmente meno traumatica. La situazione
economica dell’impresa non è necessariamente in crisi e ciò ne facilita molto la
trasformazione. Spesso, il cambiamento è pianificato negli anni e organizzato
mediante un iter graduale. Il personale direttivo rimane e i lavoratori si abituano gradualmente all’idea d’assumere la responsabilità di soci e dei proprietari
dell’impresa.
L’ipotesi più ricorrente nei periodi di crisi è, però, la seconda.
Tenendo conto di quanto sopra detto, va premesso che tali trasformazioni non si
verificano, al di fuori di rare eccezioni, nel primo periodo della crisi (il periodo
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Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
d’adeguamento). In questo lasso di tempo, le imprese confidano nella possibile
natura congiunturale della crisi e evitano di adottare misure strutturali che
potrebbero risultare premature.
È piuttosto con l’inizio della seconda fase (che, come punto di riferimento, abbiamo situato nel caso attuale dal 2011 in poi) che le imprese convenzionali
cominciano a posizionarsi strategicamente. Se le speranze d’evoluzione della
produttività sono chiaramente negative o insufficienti, si comincerà a valutare
la convenienza del mantenere l’attività, cercare un acquirente o, in taluni casi,
cedere la proprietà ai lavoratori.
Jose Luis Nuñez, Economia Social, gennaio-febbraio-marzo 2010
Dinanzi all’avversità, una sociedad laboral offre diverse soluzioni
Nor Rubber S.A.L. è un’impresa che fabbrica prodotti derivati dalla gomma.
Nor Rubber fabbrica una vasta quantità di prodotti di gomma che vengono richiesti dalle industrie più esigenti e competitive, il che permette loro di essere
a livello mondiale tra le prime imprese di fabbricazione di prodotti derivati
dalla gomma. “In Nor Rubber S.A.L riteniamo prioritario per il nostro successo prestare attenzione soprattutto alle necessità del cliente e alla QUALITÀ di
tutti i nostri prodotti, ecco perché siamo noi stessi a far partire tutti i processi
produttivi”, spiega il presidente del Consiglio d’Amministrazione dell’impresa,
Jose Manuel Quintana. Si tratta di una sociedad laboral sorta nel 2001 dopo
il fallimento di GESRUBBER, S.AS, la vecchia società dove lavoravano 200
dipendenti, 133 dei quali decisero poi d’intraprendere il progetto della nuova
sociedad laboral Nor Rubber. “Così nacque la nuova impresa, con un piccolo
portafoglio di clienti, quasi senza finanziamento, ma con un buono prodotto e
una grandissima voglia di portare avanti questo progetto da parte dei 133 lavoratori che, in fin dei conti, desideravano conservare il proprio posto di lavoro”,
dice Quintana. Oggi, e dopo avere passato tutta la fase delle difficoltà iniziali,
l’impresa prevede un fatturato di 8 milioni d’euro. Dei 133 soci iniziali ne sono
rimasti 119, per un totale di 130 lavoratori. “Ci stiamo occupando del mercato
estero, benché già il 25% della nostra fatturazione venga dall’estero”. I prodotti
dell’impresa sono ai primi posti nel settore della gomma, sia per qualità che per
vendite. “Siamo gli unici fabbricanti spagnoli di nastri convogliatori con anima metallica, e nei nastri tessili siamo tra i primi tre. Imprese come La Robla
(Léon) Pajares, Buñol (Valencia), Cementos del Cantábrico (Léon) e Endesa
possono certificare la qualità dei nostri nastri, che esportiamo in paesi come
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Nor Rubber SAL :
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Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
Marocco, Tunisia, Giordania, Cuba, Germania, India, Algeria, Regno Unito,
Portogallo, Francia , ecc.. Fabbrichiamo parabordo per rimorchiatori e porti
rifornendo i principali cantieri navali di Spagna; Armón, Zamakona, Const.
Navales Paulino Freire, Union Naval de Valencia, Balenciaga, ecc.”. I loro
tralicci elastomerici hanno la certificazione CE, indispensabile per la vendita di
tralicci strutturali per ponti e strade. I tralicci fabbricati dall’impresa sono installati nelle principali vie del paese da clienti come Sacyr, Acciona, Dragados,
F.C.C., Ferrovial, Preconsa, Prainsa, Castelo. “Esportiamo i tralicci nel mondo
intero. Abbiamo un’ampia gamma di rivestimenti in gomma e tra i progetti da
noi realizzati c’è il più grande bacino di desalinizzazione mai realizzato in Spagna, di 18 metri x 5 di diametro per l’impianto desalinizzante di Barcellona.
Tra gli altri prodotti fabbricati ci sono tubi, gomme solide per carrelli elevatori
e qualsiasi altro pezzo in gomma”. Il presidente del Consiglio d’Amministrazione di Nor Rubber SAL, Jose Manuel Quintana, non ha dubbi nell’indicare i
pro e i contro di un modello di partecipazione dei lavoratori come quello della
sociedad laborale. Secondo Quintana questo tipo d’impresa è più dinamico e
adatto ad integrare il proprio capitale umano, “e siamo tutti nella stessa barca”. Dinanzi alle avversità le possibilità di soluzioni si moltiplicano. Rispetto
agli svantaggi di questo modello, Quintana afferma che 121 occhi vedono le
cose in modo diverso, “e ciò può portare ad avere molte discussioni. In più,
alle istituzioni finanziarie e alle amministrazioni questo sistema non piace”. È
ovvio che, se non si fosse trattato di una sociedad laboral, le situazioni difficili
sarebbero state risolte in altro modo. “Avremmo certamente sofferto di più e i
lavoratori non sarebbe stati tanto coinvolti nella gestione e nel funzionamento
dell’impresa. Avremmo dovuto ottenere un finanziamento esterno, rendendo la
situazione più complessa”. Ma Nor Rubber è un’impresa in grado di superare i
propri problemi e, guardando al futuro prossimo, con una crisi imprenditoriale
senza precedenti, “saremo in difficoltà, ma credo che potremo affrontare la
situazione con ottimismo; siamo un’impresa abituata a soffrire e ad andare
avanti con i propri mezzi, abbiamo un prodotto ottimo e la nostra qualità è eccellente, abbiamo presentato tanti progetti di R&S, nel rispetto per l’ambiente
(recupero di materiali di scarto) e abbiamo messo a punto i nostri impianti;
speriamo che l’aiuto del Governo galiziano ci permetta di portarli a buon fine”,
ha detto alla nostra rivista José Manuel Quintana, presidente dell’azienda.
SCHEDA TECNICA DELL’IMPRESA
Nor Rubber SAL
San Martiño/Areas
Fatturazione prevista: 8 milioni
36700 - Tui
Impianti: 32.000m2
Pontevedra (Spagna)
Soci lavoratori: 119
Tel: : +34 986.603.510
http://www.norrubber.com
[email protected]
128
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Rete valenciana dell’imprenditore e dell’economia sociale
http://www.focoop.com/cooperativismo/red-emprendes
Per sostenere il settore dell’economia sociale, la Fundación Foment del Cooperativisme de la Comunitat Valenciana (FOCOOP), insieme alla Federación
de Empresas Valencianas de Economía Social (FEVES) e alla Federación Valenciana de Empresas Cooperativas de Trabajo Asociado (FEVECTA), hanno
creato la Red Emprendes che ha ricevuto finanziamenti da parte dell’Assessorato all’Economia, le Finanze e l’Occupazione della Generalitat Valenciana.
La Red Emprendes si configura come uno strumento a favore di attività decentrate nei territori della regione valenciana. Le tre principali realtà, FOCOOP,
FEVECTA e FEVES, insieme a diversi enti locali, offrono sostegno e risorse
alla rete.
2.2.3. Pagamento unico dell’indennità di disoccupazione
In Spagna, i soci lavoratori, sia quelli iscritti alla previdenza sociale che quelli
registrati come lavoratori autonomi, in funzione dell’opzione scelta dalla cooperativa, hanno diritto a ricevere un sussidio di disoccupazione.
Il socio lavoratore può richiedere l’indennità di disoccupazione nel caso in cui si
produca un’estinzione del rapporto di lavoro con la cooperativa, nelle modalità
previste dalla legge, o nel caso in cui la relazione di lavoro venga sospesa e, in tali
circostanze, interviene una contrattazione collettiva che richiede un’autorizzazione giudiziaria nella forma della Expedientes de Regulación de Empleo (ERE).
Le imprese di proprietà dei lavoratori in Spagna possono fruire indirettamente
dell’indennità di disoccupazione, in questo caso si parla di “capitalizzazione
dell’indennità di disoccupazione” o, come indicato dalla normativa vigente,
“pagamento unico dell’indennità di disoccupazione”.
Si tratta di un provvedimento previsto in Spagna da lungo tempo, che fa sì che
le persone con diritto all’indennità di disoccupazione possano trasferirne l’im129
PROOF
La Rete è stata creata per promuovere il settore dell’economia sociale nelle zone
dell’entroterra della Comunità di Valencia, zona in cui questo settore ha una
presenza importante benché, per ragioni geografiche, non abbia potuto contare
su alcuni servizi di promozione e di consulenza sul territorio.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
porto al capitale di una società cooperativa o sociedad laboral della quale entreranno a far parte come socio lavoratore, per costituire una nuova cooperativa
o sociedad laboral o per inserirsi come socio ad una cooperativa o sociedad
laboral preesistente.
Questa possibilità è stato considerata come elemento di grande importanza
nelle politiche pubbliche di promozione delle imprese di proprietà dei lavoratori
in Spagna.
PROOF
Tuttavia, i pareri sull’argomento divergono. Si ha la sensazione che l’effettiva
applicazione di questa opportunità sia limitata. Il governo, il movimento cooperativo e le sociedades laborales stanno ora prendendo in esame questo argomento, per comprendere per quale motivo tale misura venga poco utilizzata ed,
eventualmente, trovare un modo per incentivarla.
Come vedremo, le statistiche dimostrano che l’uso effettivo di tale capitalizzazione/pagamento unico d’indennità di disoccupazione non è stato esteso quanto
si sarebbe voluto:
Tab. 28 - Beneficiari di prestazioni e livelli di contribuzione registrati con il sistema di
capitalizzazione (pagamento unico) secondo il tipo di impiego,
giorni capitalizzati e importo per lavoratore (1).
AUTOEMPLEO
ANNI
TOTALE
Lavoratori
autonomi
Soci di
cooperative
Soci di
Sociedades
Laborales
Numero medio di
giorni capitalizzati
dai lavoratori
Importo liquido
in euro per
lavoratore
2000
10.833
93
4.198
6.542
455
10.298
2001
11.950
119
4.504
7.327
457
10.617
2002
11.873
573
3.612
7.688
413
9.859
2003
30.795
20.919
2.453
7.423
184
4.544
2004
61.560
50.250
3.176
8.134
146
3.482
2005
90.468
78.869
3.260
8.339
127
3.075
2006
125.944
114.776
3.380
7.788
140
4.166
2007
154.473
143.573
3.598
7.302
136
3.888
2008
164.196
153.932
3.838
6.426
130
3.693
2009
158.952
150.005
3.612
5.335
150
4.201
130
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
2009:
(Gen-Mag) 128.648
122.090
2.214
4.344
79
2.182
116.218
2.051
3.832
88
2.517
107.135
102.186
1.385
3.564
15
413
Gen
105.131
100.268
1.417
3.446
17
455
Feb
105.439
100.506
1.446
3.487
20
562
Mar
104.347
99.506
1.422
3.419
20
555
Apr
103.578
98.762
1.401
3.415
20
563
Mag
103.370
98.612
1.401
3.357
20
556
Giu
102.843
98.195
1.380
3.268
19
545
Lug
102.165
97.447
1.461
3.257
20
553
Ago
99.851
95.383
1.350
3.118
17
486
Set
99.832
95.166
1.524
3.142
20
570
Ott
99.431
94.931
1.397
3.103
21
590
Nov
99.271
94.838
1.359
3.074
22
606
Dic
96.818
92.576
1.298
2.944
18
520
Gen
95.885
91.672
1.276
2.937
19
550
Feb
96.182
91.893
1.299
2.990
23
670
Mar
96.333
92.089
1.336
2.908
24
684
Apr
95.573
91.354
1.340
2.879
23
650
Mag
95.561
91.378
1.365
2.818
22
650
2010:
(Gen-Mag) 122.101
2008:
Dic
2010:
(1) Dal settembre 2002 in poi si elencano i beneficiari stabiliti dal R.D.L. 5/2002 e poi dalla legge
45/2002.
Fonte: MTIN (Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione)
131
PROOF
2009:
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
2.2.4. Le sezioni come strumento di ristrutturazione
Fra gli strumenti utilizzati per differenziare e incorporare le attività, vanno
evidenziate in Spagna le “sezioni”, cioè settori d’attività differenziati con un
grado d’autonomia organizzativo, giuridico e societario inesistente negli altri
tipi d’impresa. Se ne possono distinguere due tipi fondamentali:
a) Le “sezioni di credito”, volte a realizzare operazioni di deposito e credito
per i soci della cooperativa. Sono molto diffuse nella Spagna dell’est. Approfondiremo quest’aspetto nella sezione dedicata agli strumenti finanziari.
PROOF
b) Le sezioni posso inoltre essere intese come strumento di differenziazione
delle attività dell’impresa. Si stanno collaudando come strumento organizzativo alternativo ai gruppi cooperativi e alla fusione di cooperative.
In particolare, questo secondo aspetto rappresenta uno strumento organizzativo
di grande interesse.
Come già spiegato, le sezioni permettono di dare alle attività all’interno delle
cooperative un grado di differenziazione superiore a quello fra uffici e reparti che
si ritrova negli altri tipi d’imprese. La differenziazione economico-organizzativa
che si può così raggiungere può essere ottenuta in altri tipi d’impresa soltanto
con la costituzione di organismi differenziati.
Basandosi su riferimenti normativi molto concettuali72, queste sezioni si sono
sviluppate sostanzialmente nell’ambito delle cooperative agricole, producendo
esperienze concrete di grande interesse.
Ci sono due casi che meritano di essere menzionati:
a) Le sezioni comunemente sviluppate all’interno delle cooperative agricole
e nelle cooperative di secondo grado (quei soggetti cooperativi che raggruppano più cooperative associate).
b) Le esperienze maturate dalle sezioni all’interno delle cooperative industriali.
72 “Las secciones cooperativas: novedades en la regulación de la Ley Vasca de 1993”.
Enrique Gadea Soler. Boletín de la Asociación Internacional de Derecho Cooperativo/
Journal International Association of Cooperative Law, ISSN 1134-993X, N. 30, 1998 ,
pagg. 37-46
132
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
La disciplina normativa delle sezioni in Spagna ha avuto due importanti punti
di riferimento:
a) La legge nazionale sulle Cooperative del 1999, nella quale si riconosce
esplicitamente la possibilità che le sezioni distribuiscano i risultati con
criteri differenziati.
Come si può facilmente constatare, la distribuzione differenziata degli utili, la
remunerazione differenziata del capitale e delle operazioni tra i soci, la differenziazione organica ecc. rappresentano concetti non facilmente comprensibili
al di fuori del contesto cooperativo ma hanno una propria funzionalità, se si tiene conto della difficoltà che le cooperative hanno nel differenziare attività per
gruppi di soci. In tal senso, la differenziazione organizzativa delle attività delle
cooperative si esprime al suo massimo grado nello strumento delle sezioni.
2.3. Strumenti esterni
In questa sezione, riguardante le strategie di ristrutturazione esterna, esamineremo alcuni strumenti di grande utilità per le imprese di proprietà dei lavoratori
in Spagna, che sono particolarmente importanti dal punto di vista della ristrutturazione imprenditoriale e che potrebbero essere di un certo interesse anche
per altre zone geografiche.
In particolare, esamineremo le cosiddette cooperative miste e, nella fattispecie,
le cooperative affiliate, le reti ed i gruppi cooperativi.
2.3.1. Le cooperative miste
Le cooperative miste costituiscono una risposta singolare della cooperazione
spagnola alle sfide poste dall’ordinamento giuridico.
Infatti, l’assenza di disposizioni giuridiche che consentano configurazioni
societarie intermedie tra il modello delle società cooperative e quello delle
società di capitali costituisce nel mondo intero una sfida per lo sviluppo
cooperativo. Il modello cooperativo si riferisce solo ad organizzazioni in cui il
controllo dell’impresa è attribuito sulla base di criteri democratici ai lavoratori,
133
PROOF
b) Il Regolamento sulle Cooperative di Euskadi del 2005 dove, all’articolo
20, si sviluppano nel dettaglio le possibilità di differenziazione patrimoniale economica ed organizzativa delle sezioni.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
consumatori, ecc.
La mancanza di una forma organizzativa intermedia prevista dalla legge si riflette nel fatto che, in pratica, si ricorre ovunque, per lo svolgimento delle proprie attività, alle società di capitali e agli strumenti societari delle azioni e delle
partecipazioni. Ciò ha notevoli conseguenze pratiche date dal fatto che questo
tipo di società tende ad adeguarsi agli standard delle società di capitali e, quasi
sempre, ad una riduzione graduale del peso dei lavoratori.
PROOF
Nella legislazione spagnola vanno evidenziati due tentativi di superare questo
problema. Il più noto, e quantitativamente più importante, è quello delle sociedades laborales che, con una forma giuridica capitalista, introducono adeguamenti destinati a garantire un peso maggioritario dei lavoratori come “titolari
di azioni o di partecipazioni”.
Il secondo tentativo, meno noto al di fuori della Spagna, è quello delle cosiddette
“cooperative miste”. Queste cooperative si trovano, come previsto dalla legge, a
metà strada fra le società di capitali e le cooperative, nella misura in cui la legge
le autorizza a cedere “fino al 49% del diritto di voto e dei utili” ad investitori
esterni, sotto la forma di partecipazioni con diritto di voto.
Il concetto di “socio investitore” è presente, sotto varie forme e denominazioni,
in quasi tutti le normative cooperative. Tuttavia, le seguenti due condizioni sono
quasi puntualmente contemplate:
a) Il pieno diritto di voto di questi soci si limita ad un 20/30% del totale
dell’Assemblea generale.
b) I diritti e i doveri sono distribuiti tra i soci in base al criterio “una testa,
un voto”, piuttosto che sulla base di criteri “capitalistici”.
La cooperativa mista spagnola ha fatto un vero e proprio balzo in avanti. Con
il 49% del diritto di voto e l’attribuzione di questa percentuale su base di criteri
“capitalistici” si permette a terzi non soci - o a capitalisti investitori - di avere
partecipazioni di controllo anche totale sulla cooperativa. Ovviamente, ciò
dipende quasi sempre dal grado di dispersione del voto tra i soci come risultato
del loro numero.
Inizialmente, lo scopo del regolamento (basato sulla Legge sulle Cooperative
di Euskadi del 1993) era quello di garantire alle cooperative miste la possibilità
134
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
di realizzare operazioni strategiche tra le cooperative e le imprese di capitali,
attraverso joint venture realizzate con l’acquisizione da parte di altre imprese di
partecipazioni strategiche, insieme al diritto di voto e alla partecipazione ai utili
della cooperativa. Nonostante l’applicazione di questo modello non sia egualmente diffusa fra le regioni spagnole, riveste oggi un ruolo di grande interesse.
In particolare, si è dimostrato che tale modello è molto utile nelle promozione
delle cooperative nei diversi settori.
In modo particolare, se ne possono evidenziare i vantaggi allo scopo di:
a) Facilitare la promozione di nuove cooperative autonome.
Nelle regioni in cui hanno conosciuto una maggiore diffusione, le cooperative
miste servono innanzitutto a incoraggiare i promotori di nuove attività ad usare
la formula cooperativa, senza rinunciare ad una quota significativa del controllo
sull’impresa e sugli utili.
Inoltre, questo modello ha incoraggiato l’emergere di forme cooperative inedite
per l’avvio di nuove attività che in passato si realizzavano perlopiù nella forma
di società di capitali. La diffusione della cooperativa mista ha quindi permesso
a queste nuove attività di costituirsi come società cooperative.
2.3.2. Filiali cooperative
Le filiali cooperative si sono gradualmente affermate in Spagna assumendo
diverse forme giuridiche (cooperative miste, cooperative di artigiani, cooperative
di secondo grado, ecc.). Tale modello consiste, in pratica, in una cooperativa
che, attraverso differenti escamotage giuridici, può essere controllata da altre
entità. Non si tratta di un’egemonia “contrattuale”, intesa come trasferimento di
poteri ai gruppi cooperativi, quanto piuttosto di un’egemonia “partecipativa”,
ottenuta tramite il controllo degli organi sociali della cooperativa.
Esistono due possibilità previste dalla legge in questo senso, chiaramente
distinte sia sul piano logico che su quello pratico: le cooperative filiali che
possono essere di proprietà di qualsiasi tipo di società e quelle che possono
esserlo soltanto di altre società cooperativa (ipotesi più diffusa).
135
PROOF
b) Agevolare la diversificazione delle attività di cooperative preesistenti tramite società cooperative filiali o partecipate.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
Come già osservato per le cooperative miste, l’utilità del sistema delle “filiali
cooperative” consiste soprattutto nel facilitare, mediante altre cooperative, lo
sviluppo di nuove attività da parte delle società cooperative o di gruppi cooperativi. Di fatto, è uno strumento utile ad evitare la decooperativizzazione di
cooperative e gruppi cooperativi che sviluppano attività tramite filiali a sistema
capitalistico.73
2.3.3. I gruppi cooperativi
PROOF
Tra gli strumenti di consolidamento imprenditoriale previsti nella normativa
spagnola, il “gruppo cooperativo” gioca un ruolo di particolare interesse.
È importante tener conto del fatto le norme che in Spagna regolano il gruppo
cooperativo hanno come obiettivo quello di chiarirne gli aspetti e facilitarne la
realizzazione.
Al fine di evitare facili equivoci, va tenuto presente che queste norme non vogliono in nessun modo introdurre una “nuova forma cooperativa”. Ciò, oltre che
essere superfluo, complicherebbe ulteriormente la già complessa articolazione
di differenti centri amministrativi all’interno dei gruppi cooperativi.
La scopo di tale normativa è quello di chiarire gli aspetti legislativi più ambigui
che fanno riferimento a situazioni concrete già esistenti e che la realtà imprenditoriale cooperativa ha definito con l’espressione di “gruppi cooperativi”.
Bisogna ricordare che l’espressione “gruppi cooperativi” è utilizzata nell’ambito
73 Occorre segnalare che, a prescindere dall’utilità di formule “intermedie” (come quelle delle
cooperative miste o delle filiali cooperative), è generalmente riconosciuto che per diffondere il
modello cooperativo “non tutto deve essere ammesso” nella legislazione cooperativa. O, perlomeno, che la denominazione “cooperativa” deve applicarsi ad un numero limitato di casi per
non correre il rischio di deterioramento o perdita d’identità della denominazione stessa. In particolare vi è la sensazione che, con il regolamento e la disposizione dello statuto di cooperative
miste e cooperative filiali, si è probabilmente arrivati ad una situazione “limite” nell’estensione
del quadro normativo del diritto cooperativo. Con ciò, non si rimette in discussione l’importanza di una regolamentazione giuridica del modello. Grazie ad esso, si può accelerare l’espansione del movimento cooperativo, senza dover rinunciare a forme cooperative “intermedie”
tra società di capitali e cooperative. Inoltre, sia le cooperative filiali che le cooperative miste
rappresentano strumenti di grande utilità per un inquadramento giuridico dell’attività durante
il suo avvio, per poi adeguarsi gradualmente, di pari passo al consolidamento dell’impresa,
agli standard del modello cooperativo convenzionale che sono in linea con i principi e i valori
dell’Alleanza cooperativa internazionale (ACI).
136
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
imprenditoriale cooperativo molto più spesso rispetto a “gruppi di imprese” o
“gruppi di aziende”, espressioni più diffuse nell’ambito delle società di capitali.
I gruppi cooperativi sono, di fatto, strutture orizzontali, di carattere federativo
e con obiettivi imprenditoriali. Di solito, condividono qualcosa di simile ad un
centro amministrativo.
Come dicevamo, i gruppi cooperativi sono strutture federative orizzontali nelle
quali vengono date a una struttura centrale determinate funzioni o capacità decisionali. Soltanto nel caso in cui tali poteri decisionali giungano a configurarsi
come “unità economica” avremmo un vero e proprio “gruppo”.
L’obiettivo della norma emanata nel 1999 – e delle disposizioni simili vigenti
nelle altre regioni spagnole – era quello di fare chiarezza. In modo particolare,
si trattava di chiarire se le disposizioni giuridiche permettessero, e se sì in quale
misura, la cessione ai centri amministrativi dei gruppi cooperativi di determinati poteri decisionali di carattere societario o imprenditoriale e, se così, in
quali forme.
La normativa sui gruppi cooperativi ha permesso di risolvere una serie di
ambiguità. Tuttavia, la mancanza di un adeguamento normativo del termine
“gruppo” ha portato a due proposte di modifica terminologica:
a) La distinzione tra “gruppi d’integrazione” e “gruppi di coordinamento”
introdotta nel diritto cooperativo basco tramite l’implementazione dalla
normativa del 2005.
b) La proposta di operare un distinguo nell’attuale definizione giuridica di
“gruppo cooperativo” tra “gruppi cooperativi” in senso stretto e “reti cooperative”, riservando il termine di “gruppo” alle strutture caratterizzate
da unità economica.
137
PROOF
Tutte queste caratteristiche sarebbero, nell’ambito delle società di capitali, insufficienti per poter utilizzare la denominazione di “gruppo” e, nell’ambito giuridico societario, fiscale, contabile e commerciale, essi non potrebbero essere
riconosciuti come tali senza soddisfare la condizione fondamentale di “direzione unitaria”/”unità economica”. Dal punto di vista giuridico, in mancanza
di tale requisito, sarebbero probabilmente classificati come “raggruppamenti”,
reti, etc.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
La definizione giuridica di gruppo cooperativo
legge nazionale SULLE COOPERATIVE DEL 1999
“Articolo 78.
Gruppo cooperativo.
1. In base alla presente legge, per gruppo cooperativo s’intende un gruppo
formato da varie società cooperative, appartenenti a diverse categorie, ed
un centro amministrativo del gruppo che esercita su di esso poteri o emette
istruzioni obbligatorie, in maniera tale da produrre, nell’esercizio di tali
poteri, un’unità decisionale.
PROOF
2. Le istruzioni impartite possono ripercuotersi in diversi ambiti della gestione
amministrativa, fra cui:
a) La definizione di norme statutarie e regolamentari comuni al gruppo di
cooperative.
b) L’instaurazione di relazioni associative tra le cooperative.
c) L’istituzione di accordi relativi agli apporti periodici di risorse, calcolati
in funzione della rispettiva evoluzione imprenditoriale o del bilancio.
3. L’annessione al gruppo cooperativo avrà bisogno, per essere approvata,
dell’accordo preventivo di ogni organismo di base, conformemente alle
proprie regole in materia di gestione e funzionamento.
4. Gli accordi generali raggiunti all’interno del gruppo dovranno essere formalizzati per iscritto, o all’interno dello statuto dell’organismo capofila, se
è società cooperativa, o con altro documento contrattuale, che dovrà includere la durata del contratto e, se limitata, la procedura per la sua revisione,
la procedura per la separazione della società cooperativa e i poteri che gli
vengono attribuiti come da accordo con l’organismo capofila. La modifica,
l’estensione o cessazione degli accordi sopra menzionati potranno realizzarsi, se così stabilito, dietro approvazione degli organi di governo del capofila. Il contratto deve essere registrato con atto pubblico.
5. L’accordo di annessione a un gruppo dovrà essere verbalizzato per ogni
società cooperativa nel Registro competente.
6. Le operazioni gestite direttamente dalle cooperative aderenti al gruppo
verso terzi, non devono collidere con il gruppo stesso, né con le altre società
cooperative ad esso associate.
138
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
I gruppi cooperativi di fronte alla crisi
In Spagna, i gruppi cooperativi hanno giocato un ruolo importante nello
sviluppo della cooperazione, specialmente nei casi del Gruppo Mondragon (ora
Mondragon Corporation) o del Gruppo ASCES (prima conosciuto come Grupo
Cooperativo Valenciano).
Di solito, infatti, le società di capitali dispongono di una copertura istituzionale
da parte dello Stato che permette loro di risolvere problemi strutturali che non
riuscirebbero a risolvere da sole. I paesi occidentali hanno fatto in modo di
garantire questa copertura o, se si preferisce, di risolvere i problemi non risolti
dalle società di capitali.
Ecco perché, in assenza di una copertura istituzionale da parte dello Stato, le
cooperative devono ricorrere ad altre forme di copertura istituzionale. I gruppi
cooperativi e le associazioni cooperative sono strutturate in modo tale da ottenere questo tipo di nascita e copertura istituzionale.
I gruppi cooperativi hanno avuto un ruolo straordinario nel realizzare esperienze
come quella della MONDRAGON Corporation. Strumenti come la condivisione
dei risultati, la gestione comune della disoccupazione, i fondi comuni ecc.. Tutti
questi elementi hanno contribuito a creare e sviluppare questo movimento e,
quindi, attirano grande interesse nei periodi di crisi come quello in corso.
I gruppi cooperativi elaborano idee e strategie comuni, collaborano per gestire
la crisi, cogestire disavanzi ed eccedenze finanziarie, gestire in comune la
disoccupazione, ecc.74
74 Una delle caratteristiche principali dei gruppi cooperativi spagnoli, come Mondragon e
ASCES, risiede nella loro natura intersettoriale o, se si preferisce, “agglomerata”. Uno
dei maggiori vantaggi competitivi di tale intersettorialità sta nella capacità di superare le
crisi di settore, facendo in modo che i settori più forti consentano a quelli deboli di andare
avanti, ristrutturarsi, ecc. Strumenti come la condivisione dei utili, i fondi comuni intercooperativi e la gestione comune della disoccupazione sono di grande importanza.
139
PROOF
I Gruppi cooperativi rappresentano un’ottima strategia di consolidamento imprenditoriale per le cooperative: essi conferiscono la necessaria copertura istituzionale, affinché possano superare l’isolamento imprenditoriale dato da un
mercato dominato dalle società di capitali.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
2.3.4. Altre modalità di intercooperazione
L’intercooperazione imprenditoriale non si limita alla forma dei gruppi cooperativi.
PROOF
Come già detto, una delle funzioni-chiave dei gruppi cooperativi consiste nel
fornirne alle imprese di proprietà dei lavoratori una copertura istituzionale strategica. È bene aggiungere che tale funzione, benché possa variare parecchio,
è sviluppata spesso dalle associazioni cooperative o dalle sociedades laborales
(federazioni/confederazioni). A differenza di ciò che è accaduto negli altri paesi, in Spagna le federazioni di cooperative e di sociedades laborales non hanno
avuto un importante sviluppo al di fuori di questa funzione rappresentativa/
istituzionale. Ciò può essere spiegato considerando una serie di fattori.
Le federazioni cooperative/sociedades laborales hanno un’origine relativamente
recente, che risale al periodo del post-franchismo, negli anni ‘80. Di conseguenza,
hanno fatto la loro prima apparizione quando, in zone come i Paesi Baschi o
nella la regione valenciana, esistevano gruppi già consolidati come Mondragon
e ASCES, disposte ad accogliere più che altro le cooperative interessate ad
essere dotate di strutture comuni. Lo sviluppo di tali strutture federative ha
avuto, quindi, un carattere complementare o suppletivo rispetto alle funzioni
già esercitate dai gruppi cooperativi.
Ciò non ha impedito che le strutture associative acquisissero un ruolo comparabile
a quello dei gruppi cooperativi poiché, oltre alle funzioni istituzionali, hanno
integrato funzioni normative, gestione di servizi, ecc., rafforzandone il carattere
imprenditoriale, come nel caso di alcune strutture fra le sociedades laborales
quali l’ASLE nei Paesi Baschi, e l’ANEL nella regione della Navarra.
IL CASO ASLE
Fonte: ASLE.
è la Agrupación de Sociedades Laborales de Euskadi. Rappresenta le
sociedades laborales dei Paesi Baschi.
ASLE
Servizi
La Agrupación de Sociedades Laborales de Euskadi presta servizi generali tra
i quali:
140
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
▪▪ Rappresentanza istituzionale
▪▪ Partecipazione a istituzioni e società sia pubbliche che private
▪▪ Accordi con le istituzioni finanziarie
▪▪ Accordi con altre organizzazioni imprenditoriali
▪▪ Studi giuridici
▪▪ Promozione industriale
▪▪ Diffusione di informazioni riguardanti sovvenzioni e programmi di sostegno nel settore industriale, economico e della formazione
▪▪ Comunicazione (circolari, rivista GATZA, notizie, eventi, seminari).
▪▪ Collaborazione con Lanbide, Ufficio di collocamento del Governo Basco
▪▪ Gestione di borse di studio
▪▪ Formazione
▪▪ Messa a disposizione degli uffici per le attività delle imprese
▪▪ Consulenza: tutte le imprese associate possono usufruire di una consulenza
tecnica messa a disposizione dall’organizzazione
Possiamo affermare, per concludere, che la funzione di “copertura imprenditoriale e istituzionale”, determinante per il futuro delle imprese proprietà dei
lavoratori, viene sviluppata in alcuni casi attraverso gruppi e reti cooperative
e, in altri, tramite associazioni o federazioni. Spesso le federazioni assumono
gradualmente la gestione di servizi imprenditoriali e riescono ad avere un ruolo
simile a quello che in altri contesti viene assunto dai gruppi cooperativi.
D’altro canto, la necessità di superare una condizione d’isolamento sul mercato
spinge le cooperative e le sociedades laborales a ricorrere a meccanismi alternativi ai gruppi e alle federazioni, che potremmo genericamente chiamare “reti
cooperative” nella misura in cui queste consentono loro di avere più stabilità.
141
PROOF
▪▪ Consulenza legale
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
Ucomur
Resistere unite alla crisi economica
Ucomur e Fecoam lavorano alla creazione di un mercato intercooperativo
La Verdad, 8 aprile 2009
Fra i possibili modelli intercooperativi, di cui esistono vari esempi in Spagna,
ci sono i “mercati sociali” che si formano, nella maggior parte dei casi, grazie
all’iniziativa di organizzazioni che riuniscono insieme imprese dello stesso tipo.
PROOF
Murcia ha fatto il primo passo in questa direzione. Lo scorso dicembre, le associazioni Ucomur e Fecoam hanno depositato la prima pietra del mercato intercooperativo nella Regione con un accordo volto a intensificare gli scambi
commerciali tra le rispettive imprese associate.
Un altro modello d’intercooperazione sempre più frequente in Spagna è quello
delle imprese che si uniscono per il raggiungimento di un obiettivo specifico.
Questo modello si può realizzare attraverso tre modalità differenti. La prima
consiste nell’intercooperazione orizzontale, l’unione di realtà impegnate nelle
stessa attività e nello stesso settore, ad esempio, per fornire certi servizi o
realizzare investimenti.
La seconda modalità consiste nell’intercooperazione verticale, che si produce
quando imprese che realizzano varie attività per lo stesso settore uniscono le
proprie filiere per coprire le differenti fasi del processo produttivo, dalla produzione alla distribuzione.
C’è, infine, la cooperazione intersettoriale che si realizza quando diversi settori
si uniscono tra loro per, ad esempio, l’utilizzo condiviso di depositi.
Altre cooperative si uniscono per ottenere finanziamenti. Il caso più evidente,
che ha funzionato molto bene, è quello di Coop57, formato da 28 organizzazioni.
I suoi soci partecipano dando un importo economico, in seguito destinato a
finanziare iniziative sociali.
Al di fuori delle disposizioni giuridiche, esistono altri tipi di reti di cooperative che lavorano condividendo conoscenze o spazi. Questa formula garantisce
molta più flessibilità rispetto alle caratteristiche di ogni singola cooperativa.
L’obiettivo principale della rete, in questo caso, non è la crescita interna ma la
condivisione.
142
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
GRUPPI E RETI. CASI DI BUONE PRATICHE
COOPERATIVE CHE SI SONO GIÀ UNITE
http://www.focoop.com/cooperativismo/red-emprendes
▪▪ AKOE EDUCACIÓ: nove cooperative d’insegnanti di Valencia si sono unite per sviluppare
insieme progetti educativi e imprenditoriali. www.akow.org
▪▪ COMUPA-HIPARÍA: una cooperativa di secondo grado che svolge servizi completi di
pulizia e giardinaggio. È stata ingaggiata per portare a termine un progetto condiviso
nel parco naturale di Las Lagunas.
▪▪ COOP57: composta soprattutto da realtà appartenenti a diversi settori economici, i cui
soci partecipano apportando un contributo economico che poi serve a finanziarne le
iniziative. www.coop57.coop
▪▪ GRUPO AVANZA: è formato da 25 cooperative per lo più di Villena. http://proyectoavanza.
com
▪▪ GRUP CLADE: è il primo gruppo imprenditoriale cooperativo della Catalogna, nato alla
fine del 2004 e formato dallo cooperative Abacus, Suara (a sua volta formata da altre
cooperative), Escola Sant Gervasi, Grup Qualitat, Grup Cultura 03, La Fageda y Plana
de Vic; dalle sociedades laborales La Vola y Telecsal, e dalla fondazione Blanquerna.
www.grupclade.com
▪▪ GRUP CONSOP: creato nel 1998 e oggi composto da sette imprese di servizi assistenziali
per bambini, giovani, anziani e famiglie. www.consop.org
▪▪ GRUPO EL YATE: oltre a gestire attività sociosanitarie, lavora all’attivazione di progetti
d’innovazione tecnologica in quest’ambito e opera come centrale acquisti per le
cooperative del gruppo. www.grupoelyate.com
▪▪ GRUPO LA VELOZ: servizio di Pony Express in bicicletta, consulenza per l’economia
sociale e vendita e promozione di biciclette. www.grupolaveloz.com
▪▪ GRUPO NIÑOS: dedicato alla gestione educativa delle scuole materne. È composto da
altre due cooperative d’insegnamento: Florida e Grupo Sorolla, entrambe con oltre 25
anni d’esperienza nel settore.
▪▪ LA MATESA: spazio di scambio tra enti, gruppi e professionisti dell’intervento sociale,
con condivisione di edifici. www.lamadeja.net
▪▪ LA TRAVIESA: formata da otto cooperative che si scambiano idee ed esperienze e
sostengono la creazione di nuove imprese tramite servizi di credito e consulenza.
www.latraviesa.coop
▪▪ MONDRAGON: frutto del movimento cooperativo avviato nel 1956 a Mondragón (Guipúzcoa), oggi è il primo gruppo imprenditoriale nei Paesi Baschi e il settimo in Spagna, nel settore industriale, finanziario e della distribuzione. www.mondragoncorpo143
PROOF
▪▪ GRUPO ASCES: con sede a Valencia anche se attiva a livello più allargato, le cooperative
che ne fanno parte si dedicano a varie attività, prevalentemente nel settore alimentare.
www.grupoasces.com
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
ration.com
▪▪ NOVOCARE: la prima cooperativa di terzo grado dell’Andalusia, si è occupata
innanzitutto dell’avvio e della gestione di vari residence in tutta l’ Andalusia. www.
novocare.es
▪▪ NTIC: cooperativa di secondo grado formata da due cooperative di Malaga: Andaluza
de Informática e Nuvitel, ambedue impegnate nei servizi informatici e con oltre dieci
anni d’esperienza nel settore. www.ntic.coop
▪▪ SITE SERVICIOS COMUNITARIOS: attiva nell’istruzione infantile, gestione di mense e di
attività sportive.
▪▪ SUARA COOPERATIVA: si è rapidamente trasformata in un “gigante” dell’assistenza
alle persone, presente in praticamente tutto il territorio catalano. www.suara.coop
PROOF
▪▪ TRASSA: unisce tre cooperative e i loro principali servizi, quali la gestione sociosanitaria, l’edilizia e lo sviluppo urbanistico, la pulizia, la formazione, la consulenza
sociosanitaria e l’elaborazione di progetti d’inserimento sociale. www.trassa.es
3. STRUMENTI FINANZIARI
Il finanziamento della ristrutturazione delle imprese è un elemento cruciale
in questo tipo di processo. Come vedremo, data la specificità delle imprese di
proprietà dei lavoratori in ambito finanziario, s’impone un’analisi specifica del
problema.
Dopo l’inizio della crisi finanziaria, con il calo della domanda, la stretta creditizia è stata la seconda sfida urgente che le cooperative e le sociedades laborales
spagnole hanno dovuto affrontare.
In queste circostanze, hanno acquisito un’importanza particolare tutti gli strumenti che il movimento cooperativo e l’economia sociale utilizzano per affrontare il bisogno di credito finanziario, sia per andare incontro ai tradizionali
bisogni delle imprese proprietà dei lavoratori - oggi aumentati - che per rispondere ai nuovi bisogni posti in essere dalla crisi.
3.1. Le cooperative di credito
È ormai noto il ruolo ovunque giocato dalle cooperative di credito/banche cooperative come strumento di finanziamento specifico per le cooperative, il cui
apporto è stato fondamentale nel compensare i deficit delle cooperative nell’accesso al mercato creditizio.
144
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Le cooperative di credito in Spagna sembrano, tutto sommato, affrontare meglio la crisi del settore finanziario rispetto alle cajas de ahorro (casse di risparmio) o alle banche società per azioni. La principale ragione di tale vantaggio sta
nell’aver partecipato in misura minora agli investimenti speculativi e, quindi, al
mercato immobiliare.
È nota l’importanza assunta dalla Caja Laboral nello sviluppare il gruppo
cooperativo Mondragon. Col tempo questa funzione ha perso importanza, dopo
l’espansione della Caja Laboral e la diversificazione delle fonti finanziarie delle
cooperative della Mondragon Corporation. L’esempio della Caja Laboral è
comunque di grande interesse come punto di riferimento storico sul ruolo che
gli strumenti finanziari come le cooperative di credito possono assumere nello
sviluppo della cooperazione in altri settori.
3.2. Le sezioni di credito
Le cosiddette “sezioni di credito” sono settori o reparti delle cooperative specializzati nella gestione finanziaria delle risorse dei soci della cooperativa, raccogliendo i loro versamenti e/o concedendo loro crediti. Esse hanno registrato
un’importante espansione nelle cooperative agricole spagnole.
Negli ultimi decenni, le sezioni di credito sono state oggetto di critiche da parte
di alcuni settori finanziari, provocandone un controllo crescente da parte dei
supervisori bancari o dei dipartimenti economici regionali o centrali.
Le basi concettuali a sostegno di tali critiche sembrano però essere a poco a
poco crollate negli anni più recenti. La prossimità fisica e concettuale tra investitori/depositanti e ricevitori dell’investimento oggi non sembra un elemento
negativo nella gestione delle risorse finanziarie. Anzi, dato il nuovo contesto,
le sezioni di credito e le cooperative di credito possono essere uno strumento
molto interessante per stimolare la crescita di grandi cooperative, gruppi cooperativi ecc.
145
PROOF
Va detto che le cooperative di credito in Spagna sono essenzialmente, almeno in
origine, cooperative di credito agricolo. Il nesso con la cooperazione di lavoro
si è realizzato per il tramite di due organizzazioni legate ai gruppi cooperativi:
la Caja Laboral nei Paesi Baschi e la Caixa Cooperativa nella Comunità
Valenciana, a cui bisogna aggiungere la Caja Mar, insieme ad alcune piccole
cooperative rurali e di credito locali.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
3.3. Strumenti per l’attrazione di capitale netto
Se fino a qualche decennio fa, la sfida fondamentale delle cooperative sul mercato finanziario consisteva nell’accedere al mercato creditizio, ruolo che è poi
stato assunto dalle cooperative di credito o dalle sezioni di credito, negli ultimi
decenni la vera sfida si è incentrata sull’accesso ai mercati finanziari per l’attrazione di capitale netto.
Dinanzi ai vincoli e alle difficoltà che la crisi economica ha prodotto nel mercato dei capitali e sul mercato creditizio, le strategie delle cooperative e delle
sociedades laborales per accedere al mercato dei capitali fissi hanno acquisito
molta importanza.
PROOF
Due sono gli obiettivi di base delle strategie d’accesso ai “mercati finanziari”:
a) l’accesso ai mercati finanziari aperti attraverso i mercati regolamentati;
b) l’accesso al mercato locale dei soci e del territorio più prossimo.
È possibile che, viste le caratteristiche sociali ed economiche delle cooperative,
l’obiettivo di maggiore interesse a medio termine sarà il contesto della cooperativa stessa e del suo ambiente locale per aumentare nel tempo lo sviluppo
cooperativo.
Tuttavia, gli sforzi di attrarre capitale sui mercati regolamentati hanno maggiore
risonanza mediatica ed attirano di più l’attenzione degli esperti.
In tale senso, vanno evidenziate due principali strategie:
a) l’adeguamento normativo della legislazione cooperativa per permettere e
facilitare tale tipo di operazioni;
b) le esperienze concrete di gestione di strumenti finanziari da parte delle
cooperative o di specifici gruppi .
La normativa vigente sull’accumulo di capitali
La normativa spagnola volta a regolamentare la ricerca di capitali ha perseguito
due obiettivi principali:
a) regolamentare alcuni strumenti finanziari specifici, volti a facilitare l’accumulo di capitali;
b) chiarire la fattibilità giuridica per le cooperative di usare strumenti giuri146
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
dico-finanziari specifici per l’accumulo di capitali.
Quest’ultimo obiettivo è stato sviluppato tramite varie disposizioni normative
che, in sostanza, stabiliscono:
a) La capacità delle cooperative di utilizzare ogni tipo di strumenti finanziari
salvo disposizione normativa che dica il contrario (di norma, tali disposizioni restrittive incidono sull’emissione di azioni con diritti di voto).
La regolamentazione di strumenti finanziari ad hoc per accumulare capitale è
stata una strategia un po’ controversa. In assenza di analisi sufficientemente
sistematiche, la legislazione centrale e quelle regionali hanno introdotto regolamenti “casistici” di strumenti finanziari particolari applicati in condizioni eccessivamente specifiche. Tali strumenti hanno avuto rara diffusione nella pratica cooperativa.
Vi è però stata, parallelamente, una linea d’analisi sistematica che ha portato a
un regolamento degli strumenti finanziari sufficientemente generale e con vincoli normativi definiti sulla base di un’analisi non casistica ma sistematica.
A conclusione di questo lavoro sistematico, insieme concettuale e legislativo, si
possono evidenziare due modelli:
a) Le azioni con diritto di voto nelle cooperative miste;
b) I casi in cui il capitale viene considerato come partecipazione speciale dal
diritto cooperativo generale (definiti come contributi finanziari subordinati nella Legge basca sulle Cooperative).
Le azioni con diritto di voto nelle cooperative miste sono particolarmente interessanti perché permettono di raccogliere capitale con diritti di voto i cui
diritti e doveri sono definiti in modo equivalente a quelli dei titolari di azioni e
partecipazioni nelle società di capitali.75 La differenza poggia sul fatto che, per
rendere compatibile questo modello con il carattere cooperativo dell’organizza75 Come stabilito al paragrafo 3 del citato articolo 107 de la legge nazionale sulle Cooperative:
“3. Nel caso di azioni con voto, i diritti e i doveri dei suoi titolari, e le modalità di
contribuzione saranno regolati dallo Statuto e, a titolo complementare, da quanto disposto
dalla legge sulle società per azioni”.
147
PROOF
b) Disposizioni specifiche che autorizzino le cooperative a formalizzare l’accumulo di capitali con strumenti giuridici contrattuali come le obbligazioni, contratti di associazione in partecipazione, ecc.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
zione, la combinazione tra diritto di voto e suddivisione degli utili attribuita a
questi titolari viene definita nello Statuto e non può superare il 49% del totale.
3.4. Partecipazioni speciali
Per quanto riguarda le norme concernenti le azioni di partecipazione senza
diritto di voto, si parla di “partecipazioni speciali” (o “apporti finanziari subordinati” secondo la Legge basca sulle Cooperative), lo strumento che ha riscosso
fino ad ora maggiore successo.
Ecco di seguito la normativa che regola questo modello nel diritto cooperativo:
PROOF
“Articolo 53. Partecipazioni speciali.
1. Gli Statuti potranno prevedere la possibilità di accumulare risorse finanziarie di soci o terzi, con il carattere di subordinati e con un termine minimo
di scadenza di cinque anni. Se la scadenza di queste partecipazioni avviene entro l’approvazione della liquidazione della cooperativa, saranno
considerate come capitale sociale. Tuttavia, tali risorse potranno essere
rimborsabili, a discrezione della società, secondo la procedura stabilita
per la riduzione di capitale tramite restituzione delle contribuzioni nella
legislazione sulle società a responsabilità limitata.
2. Tali partecipazioni speciali potranno essere liberamente trasferibili. La
loro emissione in serie richiede l’accordo dell’Assemblea Generale nel
quale si fissano le clausole d’emissione e, se necessario, il compimento
delle condizioni fissate nella normativa che disciplina la borsa.
3. Per quanto riguarda le cooperative di credito e assicurative, quanto stabilito nel presente articolo sarà applicabile soltanto quando la regolamentazione in vigore lo stabilirà espressamente, potendo raccogliere risorse con
carattere subordinato e previo accordo del Consiglio di amministrazione,
attraverso qualsiasi strumento e purché tale possibilità sia espressamente
prevista dagli Statuti”.
Come si può vedere, si tratta di un esempio di azioni senza diritto di voto, regolamentato in termini “generali”. L’indicazione di un termine precedente la
liquidazione non necessita di una normativa specifica, potendosi utilizzare per
lo stesso scopo il modello delle “obbligazioni subordinate”.
148
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Si tratta di un caso equivalente a quello che, nelle legislazioni regionali, viene
talvolta definito con l’espressione di “partecipazioni speciali” e, nel caso della
legislazione basca, “apporti finanziari subordinati”76.
Una volta entrata in vigore la nuova normativa, basata sugli standard internazionali di reporting finanziario, la preoccupazione fondamentale si è trasferita
dal concetto di capitale a quello di patrimonio netto. La preoccupazione fondamentale delle imprese emittenti è di garantire che le emissioni di queste partecipazioni speciali siano qualificate come patrimonio netto e non come credito da
riscuotere. Tuttavia, questa è una questione in via di risoluzione più nel settore
della contabilità che nella legislazione cooperativa.
3.5. Accumulo di capitali senza diritto di voto
Chiamiamo in questo caso “buone pratiche” quei casi di cooperative che hanno
concretamente realizzato emissioni titoli senza diritto di voto.
A tal proposito, si possono distinguere due ipotesi:
a) Le emissioni che puntano al locale: soci, cooperative dello stesso gruppo,
ecc. Queste emissioni sono state numerose, sia in specifiche cooperative
che in gruppi cooperativi. I fondi intercooperativi della Mondragon Corporation sono accumulati in questo modo.
b) Le emissioni sui mercati regolamentati. Sono due le cooperative che hanno realizzato ad oggi emissioni di “partecipazioni speciali” sui mercati
regolamentati: Eroski, S. Coop. e Fagor Electrodomésticos, S. Coop. In
ambo i casi, le emissioni sono quotate sul mercato a reddito fisso della
Borsa di Madrid.
Le difficoltà finanziarie dovute alla crisi del mercato creditizio hanno reso di
76 Dato il suo carattere più sviluppato attraverso la normativa, potrebbe rivestire un carattere
particolarmente interessante e sistematico la normativa stabilita al riguardo dal paragrafo 5
dell’articolo 57 (Capitale Sociale) della legislazione basca per gli “apporti finanziari subordinati”. Al fine di chiarire aspetti concreti dell’applicazione pratica di questa normativa, la
stessa si è sviluppata nel Regolamento del 2005.
149
PROOF
Le sfide normative di questo modello si sono evolute nel tempo. In una prima
fase, si trattava fondamentalmente di chiarire la fattibilità del suo uso da parte
di società cooperative e le condizioni del suo qualificarsi come capitale.
Capitolo 2 - Spagna: cooperazione imprenditoriale nelle regioni
nuovo attuale i problemi delle cooperative nell’accedere ai mercati per accumulare capitali.
Nonostante l’importanza delle esperienze già realizzate in questo ambito, i risultati dell’accumulo di capitale senza diritto di voto sembrano finora piuttosto
modesti.
Due sono le sfide maggiori per una diffusione significativa dell’uso di tali strumenti finanziari:
a) Usare questa possibilità come strumento per accumulare le contribuzioni
obbligatorie versate dei soci.
PROOF
b) Estendere questa forma di capitalizzazione senza voto agli ambienti vicini alla cooperativa emittente: soci, genitori di soci, territorio locale ecc.
Queste due sfide possono essere correlate, nella misura in cui dinamizzarne una
apra le porte ad un’espansione dell’altra.
In una prospettiva d’applicazione pratica dei progressi teorici e normativi in
materia, a parer nostro la sfida fondamentale che questo problema pone alle
cooperative spagnole è quella di:
a) incoraggiare l’uso delle azioni senza diritto di voto inteso dalla normativa
come strumento per incanalare le contribuzioni obbligatorie dei soci
trasferibili verso terzi77;
b) creare un mercato di capitale cooperativo senza diritto di voto negli ambienti vicini alle cooperative emittenti (soci, familiari, territorio locale).
77 A titolo complementare va detto che varie proposte di riforma legislativa hanno messo in discussione la convenienza che le dotazioni delle cooperative messe nei fondi di riserva obbligatori siano sostituite da dotazioni obbligatorie in fondi di capitale trasferibile, rendendo compatibile la capitalizzazione a lungo termine con la creazione di un mercato finanziario in ambienti
vicini tramite gli apporti dei soci trasferibile a terzi.
150
Capitolo 3
Francia: uno sforzo nella
trasformazione delle imprese
François Soulage
Introduzione
Mancando però, dall’inizio, un forte impegno del movimento sindacale, dovuto
alla tradizione francese del sindacalismo rivendicativo, le cooperative di lavoro
francesi (chiamate SCOP in Francia) non hanno potuto svilupparsi come negli
altri due paesi studiati, cioè l’Italia e la Spagna.
Per capire meglio il ruolo delle cooperative di lavoro associato nella loro creazione
o espansione, e apprezzare la loro capacità di resistenza come imprese, abbiamo
limitato la nostra osservazione agli ultimi vent’anni.
1. DATI RIGUARDANTI LE COOPERATIVE DI LAVORO ASSOCIATO IN
FRANCIA DAL 1989 AL 2009
1.1. Quadro statistico generale
Nella tabella qui di seguito viene rappresentata l’evoluzione del numero
di cooperative di lavoro affiliate alla CGSCOP (la maggior parte delle
cooperative di lavoro francesi) e del numero dei lavoratori dipendenti in
queste realtà su un periodo di 20 anni (1989-2009).
151
PROOF
In Francia le cooperative di lavoro associato sono regolamentate sulla base
di specifiche normative che in parte si distanziano dallo statuto generale del
lavoratore dipendente e prevedono, ad esempio, incentivi fiscali per la loro
espansione.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
Tab. 29 - Numero di cooperative e lavoratori (1989-2009)
PROOF
Anno
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
1991
1990
1989
Numero di cooperative
1927
1884
1806
1628
1654
1563
1535
1536
1505
1498
1530
1481
1459
1437
1460
1392
1332
1275
1309
1275
1289
Numero di lavoratori
40.595
41.832
40.112
36.881
36.699
35.397
34.954
34.568
33.535
32.464
31.200
30.154
29.449
28.964
29.806
28.691
28.805
29.719
31.794
31.718
30.868
Fonte : CGSCOP
Grafico 8 - Evoluzione del numero di cooperative di lavoro associato (1989 - 2009)
2500
2000
1500
1000
Fonte : CGSCOP
152
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
1991
1990
0
1989
500
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
La crescita netta del numero di cooperative è stata pari al 49% in questo periodo,
con una crescita annua media del 2,5%. Nel 2009, in piena crisi, tale tasso di
crescita era lievemente inferiore (2,2%).
Grafico 9 - Evoluzione del numero di lavoratori nelle cooperative di lavoro associato
(1989 - 2009)
45.000
40.000
35.000
30.000
25.000
20.000
15.000
5.000
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
1992
1991
1990
1989
0
Fonte : CGSCOP
La crescita dell’occupazione nelle cooperative di lavoro associato è stata pari
al 32% in 20 anni, con una media annua dell’1,6%. La crescita è stata costante
tranne che nel 1991-1992 (calo del 2,6% nel 1992 rispetto al 1991) e nel 2009
(calo del 3% rispetto al 2008).
1.2. Creazione e mortalità delle imprese cooperative di lavoro associato
dal 1989 al 2010
3.451 cooperative di lavoro associato (SCOP) sono state create tra il 1989
e il 2010.
Nel 2010 ve ne sono 1.583, e 1.868 sono scomparse, con un tasso di
sopravvivenza del 46%.
▪▪ il 77% è costituito da creazioni ex-novo.
▪▪ il 12% è costituito da mutamenti d’imprese in buona salute.
▪▪ il 9% è costituito da riattivazioni d’imprese in difficoltà.
▪▪ il 2% è costituito da trasformazioni di associazioni.
153
PROOF
10.000
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
I tassi di sopravvivenza per categoria sono:
▪▪ Creazioni ex-novo: 42%.
▪▪ Mutamenti: 62%.
▪▪ Riattivazioni: 49%.
A livello settoriale:
▪▪ Il ramo edilizio copre il 19% del totale delle creazioni nel periodo, con un
tasso di sopravvivenza del 39%.
PROOF
▪▪ Il ramo dell’industria manifatturiera il 14% con un tasso di sopravvivenza
prossimo al 45%.
▪▪ Le attività scientifiche e tecniche costituiscono il 21% con un tasso di sopravvivenza del 59%, il più importante dei grandi settori.
1.3. Analisi secondo i motivi della creazione
I motivi della creazione sono cambiati.
Nel 1989 le riattivazioni delle imprese in crisi costituivano il 14% del totale
d’imprese create. Nel periodo in oggetto rappresentano soltanto il 6%. I mutamenti delle imprese sane passano invece dal 12 al 16% e le creazioni ex-novo
dal 74% al 78%.
154
155
TOTALE
841
661
920
2000/
2004
2005 /
2009
691
6196
5247
7 181
4576
Imprese Dipendenti
1995 /
1999
1990 /
1994
PERIODI
MUTAMENTO
RIATTIVAZIONE
TRASFORMAZIONE DI
ASSOCIAZIONI
6,7
7,9
8,5
6,6
671
533
662
551
3,3
4,7
4,1
4,1
2 168
1610
3 004
1 250
Fonte : CGSCOP
148
68
89
63
PROOF
2246
2480
2701
2244
14,6
23,7
33,8
19,8
55
58
89
77
1192
1094
1406
1082
21,7
18,9
15,8
14,1
46
2
1
0
590
63
70
0
Media
Media
Media
Media
Imprese Dipendenti
Imprese Dipendenti
Imprese Dipendenti
Imprese Dipendenti
Dipendenti
Dipendenti
Dipendenti
Dipendenti
EX-NOVO
Tabella 30 - Creazione d’impresa secondo i motivi della creazione
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
Il numero di creazioni varia molto da un periodo all’altro e sembra essere legato
a una politica della Confederazione Generale delle SCOP (cooperative di lavoro associato) anziché a fattori esterni. Si noti però che nel periodo 1995-1999,
la progressione è stata notevole, sicuramente legata alla politica governativa
francese a favore della creazione d’impresa in un periodo di crescita regolare
dell’economia.
Dal 2005 al 2009, il fortissimo aumento del numero di mutamenti d’imprese
sane in cooperative riguarda imprese sempre più piccole. È una tendenza accentuatasi nel corso degli anni. Al contrario, le riattivazioni, meno numerose,
riguardano un numero medio di dipendenti, anche se è in crescita.
PROOF
1.4. Sopravvivenza delle imprese
Questa tabella indica, per periodo e tipo di creazione, il tasso di sopravvivenza
a fine 2009, d’imprese create nel periodo studiato. Si rileva una maggiore solidità delle imprese cooperative create mediante mutamento d’imprese sane.
Tabella 31 - Sopravvivenza delle cooperative
Periodi
Ex novo
Numero
Cambiamento
Riattivazione
Tasso di
Tasso di
Tasso di
Numero
Numero
sopravvivenza
sopravvivenza
sopravvivenza
1990/1994
551
18%
63
37%
77
27%
1995/1999
662
29%
89
53%
89
53%
2000/2004
533
55%
68
63%
58
57%
2005/2009
671
81%
148
89%
55
84%
Fonte : CGSCOP
1.5. Analisi per settore d’attività
Le riattivazioni sono più frequenti nei settori dell’industria manifatturiera,
informazione e comunicazione, trasporti e edilizia.
Le creazioni ex novo sono state più importanti nel settore delle attività scientifiche e tecniche.
Dal 2000 quest’ultimo settore supera l’edilizia mentre nel 1994 si era registrata
una tendenza inversa.
156
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
L’industria manifatturiera si mantiene al 15%.
Il settore Informazione e comunicazione è in forte aumento.
Tabella 32 - Creazioni per settore d’attività
Edilizia Industria
Informazione e
Trasporti
comunicazione
Attività
scientifiche
tecniche
Settore
Servizi Commercio
immobiliare
1989/1994
163
106
32
19
87
2
20
47
1995/1999
207
149
46
34
174
4
39
88
2000/2004
124
106
49
20
173
2
48
54
2005/2009
148
141
80
14
242
5
68
83
Fonte : CGSCOP
L’analisi di questa tabella evidenzia le evoluzioni che vive il mondo della
cooperazione di lavoro. Il settore tradizionale di sviluppo era l’edilizia e più in
generale tutte le attività legate a essa o ad opera pubbliche. La quota di questo
settore non fa che scendere. Era quello nel quale vi erano più riattivazioni.
Anche la crisi del settore immobiliare che perdura dal 2007 spiega perché il
tasso di sopravvivenza è così debole. Le imprese che rimangono e si sviluppano
appartengono in genere a settori connessi come l’elettrificazione rurale, rivestimenti interni nel settore dell’edilizia e la decorazione d’interni. Ma le grandi
cooperative edilizie sono pressoché tutte scomparse.
Al contrario, il settore delle attività scientifiche e tecniche non cessa di svilupparsi. Si tratta generalmente di creazioni ex novo e ciò ne spiega la crescita progressiva. Si tratta però di piccole realtà, per cui si spiega il calo costante della
forza-lavoro per impresa creata.
Sebbene via sia stato un basso numero di riattivazioni, proporzionali al totale
delle creazioni, la loro dimensione media è aumentata, creando problemi di finanziamento per il rilevamento dell’impresa e di difesa dell’occupazione a lungo
termine. Il tasso di sopravvivenza delle riattivazioni è assai inferiore a quello dei
mutamenti, sicché la Confederazione Generale delle SCOP ha mutato politica
nel periodo 2000/2004. Ciò spiega senza dubbio alcuno perché i dati sull’attività
di tale periodo sono inferiori a quelli dei periodi precedenti e successivi.
157
PROOF
Periodi
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
1.6. Evoluzione dei posti di lavoro creati
Al momento della loro creazione, le imprese nel periodo considerato, dal 1990
al 2009, impiegavano 23.200 lavoratori.
Ma nel 2010 le imprese che restavano avevano al loro inizio 11.948 dipendenti
mentre oggi ne contano 19.454, registrando un aumento del 63%.
Ma quest’evoluzione è molto differenziata.
PROOF
Il settore dell’edilizia registra un tasso di sopravvivenza soltanto del 41%, ma le
imprese che sopravvivono sembrano sane ed hanno creato posti di lavoro. Queste
imprese impiegano il 68% del numero di dipendenti al momento della creazione.
L’industria manifatturiera ha sofferto di più, poiché il settore impiega solo il
64% dei posti di lavoro presenti al momento della creazione.
Con un tasso di sopravvivenza delle imprese del 59%, le attività scientifiche e
tecniche impiegano il 183% dei posti di lavoro presenti al momento della creazione. È il settore più dinamico delle cooperative francesi di lavoro associato.
Tabella 33 - Evoluzione dell’occupazione
Periodi
EX-NOVO
MUTAMENTO
Forze - Dipendenti
lavoro
alla
attuali creazione
Forza lavoro alla
creazione
delle
restanti
RIATTIVAZIONE
Dipendenti
alla
creazione
Forza lavoro alla
creazione
delle
restanti
Forze - Dipendenti
lavoro
alla
attuali creazione
Forza lavoro alla
creazione
delle
restanti
Forze lavoro
attuali
1990/1994
2244
406
873
1250
635
512
1082
403
759
1995/1999
2701
688
1691
3004
1898
2358
1406
662
922
2000/2004
2480
1047
4483
1610
1085
1435
1094
501
613
2005/2009
2246
1580
2405
2168
1628
1949
1192
694
757
Fonte : CGSCOP
Sono le creazioni ex novo ad avere le maggiori potenzialità di creazione di
posti di lavoro. Se molte imprese non ci sono più, quelle che rimangono hanno
registrato un fortissimo incremento di posti di lavoro che però non basta per
riavere il personale iniziale.
158
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Mutamenti e riattivazioni sono ben lungi dall’essere riuscite a mantenere i volumi iniziali di posti di lavoro. Ma qui va ricordato che si tratta di salvare dei posti
di lavoro, che altrimenti sarebbero andati persi, vista la situazione dell’impresa
che era stata rilevata.
2. LE DISPOSIZIONI GIURIDICHE PER IL FINANZIAMENTO
DELLE COOPERATIVE
La sottoscrizione del capitale delle cooperative beneficia dell’insieme delle norme del diritto comune francese. In molti casi esistono però delle deroghe favorevoli alla sottoscrizione del capitale delle cooperative.
In alcuni casi la sottoscrizione di titoli partecipativi si giova delle stesse norme.
▪▪ Qualsiasi sottoscrizione del capitale delle PMI (nella definizione europea
del termine, cioè meno di 250 lavoratori dipendenti e meno di 50 milioni di
fatturato) beneficia di una riduzione fiscale del 20% dell’importo sottoscritto sull’imposta sugli utili. La sottoscrizione del capitale delle cooperative
beneficia di questa disposizione se risponde al criterio di PMI. Così i cooperatori possono beneficiarne direttamente per le sottoscrizioni.
▪▪ Il secondo dispositivo è legato all’imposta di solidarietà sulla ricchezza detta “ISF”. La sottoscrizione del capitale di una PMI e delle cooperative che
fanno parte di questa categoria permette di dedurre il 75% dell’importo della sottoscrizione delle somme dovute a titolo di tale imposta. Una persona è
oggi soggetta all’ISF se il suo fondo proprio supera i 790.000 euro. Questa
possibilità esiste ora anche per la sottoscrizione del capitale di strumenti
specializzati nella sottoscrizione del capitale di PMI. Essa va a vantaggio
delle cooperative, esclusivamente per i cooperatori, e pochi di loro sono
oggi soggetti all’ISF.
▪▪ Poi vi è la partecipazione che è la distribuzione di parte degli utili dell’impresa ai lavoratori dipendenti ed è del tutto legata all’esistenza di utili per
l’impresa. L’importo di tale partecipazione è interamente deducibile dalla
base imponibile a titolo d’imposta sugli utili. Se l’importo ricevuto dal dipendente è bloccato per 5 anni su un conto aziendale, o attraverso un fondo
comune d’investimento, tale somma non è tassabile.
159
PROOF
2.1. Il conferimento di capitali propri con norme di diritto comune adattati
alle cooperative
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
▪▪ D’altra parte tutte le imprese beneficiano, per un importo pari al 25% della
partecipazione distribuita, della costituzione, al netto delle imposte, di una
riserva speciale di partecipazioni da utilizzarsi per gli investimenti nei 5
anni. Nel caso delle cooperative, l’importo di tale riserva speciale di partecipazione è pari al 100% dell’importo della partecipazione stessa.
PROOF
▪▪ Quando i dipendenti depositano i fondi della loro partecipazione nei fondi
comuni d’investimento detti “FCPE entreprise”, questo risparmio beneficia
da parte delle imprese di un pagamento complementare, chiamato “abondement” che beneficia, per le imprese, di una forte agevolazione fiscale.
Dunque una cooperativa può, con la partecipazione distribuita, con dotazione della riserva speciale d’investimento e tramite l’abondement suddetto,
ridurre o annullare il proprio carico fiscale.
▪▪ Il quarto dispositivo è la partecipazione agli utili slegata dai risultati aziendali, ma ritenuto un complemento di redditi distribuiti ai dipendenti. Questa partecipazione esonera l’impresa dall’imposta sulle società ed esonera
anche il lavoratore dipendente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche
se tale partecipazione agli utili è bloccata per 5 anni. All’atto pratico, le cooperative di lavoro associato propongono di mantenere tali somme nell’impresa per questa durata. La partecipazione non è oggetto del pagamento
complementare (abondement), ma se si contribuisce a un fondo comune,
l’abondement è possibile.
▪▪ Il quinto dispositivo è il risparmio salariale, e in particolare il risparmio
salariale solidale introdotto nell’ordinamento giuridico francese nel 1998,
per incoraggiare a canalizzare tale risparmio dei dipendenti dei differenti
tipi d’imprese, ma principalmente delle grandi imprese, verso le imprese
dell’economia sociale. Si tratta, da un lato di risorse che provengono dagli
incentivi economici e dalla partecipazione agli utili, dall’altro di depositi
volontari, messi in un fondo comune d’investimento, che possono anch’essi
beneficiare di un abondement come sopra detto. Quando i fondi sono depositati in fondi comuni solidali destinati all’economia sociale, il vantaggio
fiscale proposto alle imprese aumenta rispetto ai fondi comuni classici. Questo risparmio dev’essere, come la partecipazione, bloccato per 5 anni per
poter beneficiare di tali vantaggi.
I limiti di questi dispositivi di contributo in fondi propri
Le imprese cooperative possono costituire internamente dei fondi propri che sono
di natura diversa dai capitali esterni autorizzati dalle leggi del 1983 e del 1992.
160
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Ma tali contributi sono rimborsabili. Le somme delle partecipazioni bloccate
nell’impresa lo sono soltanto per 5 anni, dopodiché il dipendente può chiederne
il pagamento. Ciò indebolisce il sistema di finanziamento delle cooperative.
2.2. Le nuove possibilità offerte dalle leggi
sulle cooperative del 1983 e del 1992
Questa legge, e quella del 3 luglio 1992, hanno cercato di dare risposte nuove,
predisponendo una serie di strumenti che permettano alle cooperative di
procurarsi fondi propri presso investitori esterni così come presso soci della
cooperativa senza che essi siano sottoposti ai vincoli societari.
Ma per aumentare i capitali propri alle cooperative serve superare alcuni
ostacoli che derivano in particolare dalle loro regole di governance, ossia la
condivisione del potere (1 persona = 1 voto), la retribuzione limitata del capitale, il
reinvestimento delle eccedenze e l’esistenza di riserve indivisibili che porta alla
non appropriazione individuale degli attivi che creano plusvalenze. Le quote di
capitale di una cooperativa beneficiano di una bassa o inesistente retribuzione,
di un rimborso delle quote sociali al valore nominale, eventualmente mitigato da
uno sconto o, nel caso delle cooperative di lavoro associato, di una retribuzione
aggiuntiva sotto forma di quota-lavoro.
I meccanismi tradizionali di creazione di fondi propri, di sottoscrizione di quote sociali e di messa in riserva dei ricavi erano diventati insufficienti. La prima
tappa è dunque stata di creare il titolo partecipativo e di favorire l’esistenza
di strumenti specifici di finanziamento per l’economia sociale, in particolare strumenti in grado d’investire nell’acquisizione di titoli partecipativi creati
dalla legge del 3 gennaio 1983. Come vedremo in seguito, questa fu decisiva
per la creazione dell’IDES. Con altre leggi cooperative, sono stati creati altri
strumenti: il certificato cooperativo, il certificato cooperativo di socio, le quote
sociali con vantaggi speciali e le quote sociali con dividendo prioritario.
Come sopra detto, le autorità pubbliche hanno creato parecchi strumenti di apporto in fondi propri o fondi assimilati che possiedono caratteristiche specifiche
che occorre esporre nei dettagli.
161
PROOF
Fino alla legge del 3 gennaio 1983 non esistevano strumenti diversi dalle
partecipazioni sociali e dalle obbligazioni convertibili per apportare fondi alle
cooperative, oltre alla costituzione delle riserve indivisibili.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
2.2.1. Il titolo partecipativo
Il titolo partecipativo è stato creato dalla legge francese di sviluppo del risparmio del 3 gennaio 1983. La sua creazione era inizialmente prevista per le
imprese pubbliche al termine del periodo delle statalizzazioni. Occorreva far
sì che le imprese che non potevano ricorrere al mercato finanziario con titoli di
capitali potessero disporre di un titolo finanziario particolare e adeguato alla
loro specificità giuridica. Le cooperative rispondevano a tale definizione. Esse
hanno dunque avuto accesso a questo nuovo prodotto.
PROOF
Il titolo partecipativo è un valore mobiliare
Come tale, esso è sottoscritto principalmente da investitori finanziari
dell’economia sociale, in particolare con una struttura creata a tale scopo, l’IDES,
ma può esserlo giuridicamente da parte di ogni persona fisica o giuridica. Non
conferisce al titolare alcun diritto di voto né un diritto sull’attivo netto, ma
d’altro canto si beneficia di una retribuzione fissa minima e di un complemento
variabile indicizzato sul risultato dell’impresa. Infine, in occasione di eventuali
rimborsi, il sottoscrittore può esigere, nel contratto di sottoscrizione, un prezzo
superiore al nominale del titolo, fondato sui rendimenti ottenuti in precedenza
su tali titoli. Questo aumenta il tasso di retribuzione ottenuto dal sottoscrittore
dei titoli partecipativi.
Un bilancio mediocre dell’utilizzo del titolo partecipativo
Oggi, a 30 anni dalla creazione del titolo partecipativo, il bilancio è positivo
nella misura in cui esisteva in Francia uno strumento finanziario specializzato
nella sua sottoscrizione. Invece, non è stato possibile, salvo in maniera assai
marginale, mobilitare gli investitori. Tuttavia il coefficiente di rendimento
interno di operazioni riuscite dovrebbe poter interessare investitori alla ricerca di
un rendimento costante. È ovvio che uno dei motivi del successo era l’esistenza
dell’IDES come strumento di mutualizzazione, che permette di distribuire i
rischi dell’emissione di titoli su molte imprese.
Oggi constatiamo che il titolo partecipativo viene impiegato in 3 casi.
▪▪ Quando l’impresa, in passato, ha ottenuto una redditività cospicua, ma ha
distribuito sotto forma di partecipazioni la maggior parte dei propri ricavi,
e dunque non ha costituito fondi propri in quantità sufficiente. Il titolo partecipativo è un modo, per un’impresa sana, di dotarsi di fondi propri.
162
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
▪▪ Il caso di un’impresa che ha un forte piano di sviluppo con redditività importanti. Il titolo partecipativo è allora destinato a compensare gli importi
dati dall’impresa con i fondi propri, evitando di utilizzarli tutti in un’operazione di espansione d’impresa, in particolare forti investimenti per i quali le
entità finanziarie chiedono un’importante parte di fondi propri.
I limiti dell’impiego del titolo partecipativo
Tenuto conto della sua caratteristica di retribuzione limitata, il titolo partecipativo
non è un buon strumento di assunzione di rischi. Questa richiede, infatti, di
ottenere forti plusvalenze quando si ha successo per compensare le perdite in
caso di fallimento. Il titolo partecipativo non rappresenta dunque un buono
strumento per sviluppare la creazione d’impresa. Invece è molto interessante
e utile per finanziare la crescita esterna o per crescere rapidamente quando le
prospettive di mercato sono soddisfacenti.
Per via dei limiti del titolo partecipativo, non possiamo trascurare le soluzioni
di rilevamento di un’impresa da parte di una cooperativa sotto forma di SA
(société anonima) classica, la cui trasformazione in cooperativa si verifica
soltanto al termine di un determinato periodo di tempo. Questo schema di
rilevamento è sopra descritto.
I titoli partecipativi hanno le caratteristiche dei fondi propri
Per avere natura di fondi propri, indispensabile viste le regole contabili, e
permettere alle società finanziarie di far rientrare questo titolo d’investimento
in categorie esistenti, il titolo partecipativo ha la caratteristica di fondo proprio,
cioè il sottoscrittore non può esigerne il rimborso. È possibile un rimborso solo
su iniziativa dell’emittente e dopo un periodo minimo di 7 anni. Come ogni
valore mobiliare, esso è liberamente trasferibile e negoziabile sui mercati.
L’esistenza di una retribuzione fissa minima e di un complemento variabile
163
PROOF
▪▪ La terza ragione per utilizzare il titolo partecipativo è forse la più interessante. Si tratta di apportare a un’impresa cooperativa che realizza un’operazione di crescita esterna i fondi propri che le servono per evitare il sempre
rischioso ricorso a un forte indebitamento. Infatti, va ricordato che il titolo
partecipativo non è un indebitamento nel senso che il sottoscrittore non può
ottenerne il rimborso. È dunque importante per la cooperativa acquirente,
in caso di crescita esterna, disporre di veri fondi propri e non di fondi provenienti da prestiti per potere assumere i rischi della crescita.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
indicizzato per tale titolo partecipativo può far ottenere una redditività
sufficiente. L’indicizzazione scelta non può essere l’utile o il ricavo netto, ma
un indicatore dei risultati operativi, definito in occasione della stipulazione del
contratto d’emissione. Si tratta generalmente di “cash-flow”. É essenziale che
questo indicatore venga calcolato ogni anno.
PROOF
Poiché i titoli partecipativi sono fondi propri, beneficiano della garanzia pubblica
dei fondi propri delle imprese, gestita da OSEO, ente pubblico di garanzia
finanziaria per i prestiti bancari e contributi finanziari concessi alle imprese.
Questa garanzia è data agli intermediari finanziari specializzati e alle banche
che investono nei fondi propri delle imprese. Tuttavia, come è normale che sia
per il capitale di rischio, la garanzia di OSEO è limitata nel tempo, nell’importo
e, soprattutto, è orientata alla creazione d’imprese.
Le regole d’emissione del titolo partecipativo
È l’assemblea generale degli azionisti - o dei soci nella cooperativa - che decidono
di emettere tale titolo. È la stessa assemblea generale che decide la retribuzione
fissa, ed è infine questa assemblea generale che rileva ogni anno l’importo
variabile aggiuntivo indicizzato su un indicatore dei risultati operativi.
Uno statuto fiscale interessante
Nel diritto francese, la retribuzione del titolo partecipativo è assimilata a quella
delle obbligazioni convertibili. Si tratta fiscalmente della retribuzione di un
credito. È dunque un onere di gestione e non un dividendo, nei limiti identico a
quello delle obbligazioni convertibili.
Un rendimento elevato
Il titolo partecipativo ha dimostrato i suoi vantaggi, poiché oggi i rimborsi che
avvengono su iniziativa dell’emittente producono un coefficiente di rendimento
interno, cioè annuo, calcolato al momento del rimborso, superiore al 10% quando
vi si aggiunge, al tasso versato tutti gli anni, il prezzo aggiuntivo previsto nel
contratto, in occasione del rimborso.
La retribuzione fissa, tenuto conto del rischio assunto, è fissata al tasso medio
delle obbligazioni più un margine che va dall’1,5 al 3,5%. L’importo variabile
aggiuntivo indicizzato sui risultati aziendali aggiunge circa il 3% quando il
cash-flow è raddoppiato. Infine, il rimborso è effettuato con un premio che si
164
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
aggiunge all’importo nominale, in funzione dell’evoluzione del cash-flow, per
tutta la durata di proprietà dei titoli partecipativi.
2.2.2. Gli altri titoli di fondi “quasi-propri”
Il certificato cooperativo
Il certificato cooperativo di socio, creato nel 1992
Titolo senza diritto di voto, ma dotato di un diritto sull’attivo netto. È riservato
ai soci ed ha permesso alla Caisse Nationale du Crédit Agricole di acquisire il
20% del capitale delle Casse Regionali.
Le quote sociali con vantaggi speciali, creato nel 1992
Queste quote sociali dette B sono riservate all’uso esclusivo dei soci che
dunque devono avere necessariamente sottoscritto delle quote A. Tali quote B
il cui importo unitario è ben più importante delle quote ordinarie, beneficiano
normalmente di una retribuzione superiore a queste e rappresentano, ad es. per
il Crédit Mutuel, una parte sostanziale del totale dei fondi propri. La legge ha
dato base legislativa a una pratica statutaria preesistente.
Le quote sociali con dividendo prioritario
Con la stessa legge del 13 luglio 1992 sono state create delle quote con dividendo
prioritario, cioè quote senza diritto di voto suscettibili di essere sottoscritte o
acquisite dai soci non cooperatori o da terzi non associati e per i quali la scelta
di sottoscriverle è legata al fatto che l’interesse è prioritario e che i titolari di tali
quote, quando vi sono utili, hanno inizialmente diritto a un importo minimo
garantito. Tali quote non sono state utilizzate.
La rivalutazione delle quote sociali
La legge del 1992 ha creato la possibilità, per le cooperative, di rivalutare le
165
PROOF
È un titolo mobiliare senza diritto di voto, ma che, ed è la sua originalità, dà
un diritto sull’attivo netto dell’impresa emittente nella proporzione del capitale
che rappresenta, ma col limite del 50% dell’attivo. Solo Crédit Agricole l’ha
utilizzato per ora, poiché era il solo per il quale questo diritto sull’attivo netto
potesse essere garantito dall’esistenza di un vero mercato alimentato e gestito
da Crédit Agricole stesso.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
quote sociali con incorporazione parziale delle riserve col limite del 50% delle
riserve attuali il primo anno e il 50% dei ricavi annui poi. Tale possibilità non
è stata utilizzata.
L’intervento di capitali esterni. I soci esterni
PROOF
La legge del 1992 ha aperto il capitale delle cooperative agli investitori esterni.
Questi investitori non sono utenti della cooperativa e possono diventare associati
con un diritto di voto proporzionale al capitale detenuto nel limite del 35% del
totale dei diritti di voto, anche se possono detenere il 49% del capitale, che
significa che possono detenere la minoranza di blocco, quella che permette di
far sì che nessuna modifica statutaria intervenga nella cooperativa nella quale
hanno investito senza il loro accordo.
Per facilitare l’arrivo di fondi propri da parte di altre cooperative, si noti che la
legge del 1992, con l’idea di consentire la costituzione di veri e propri gruppi
cooperativi, aveva alzato al 49% il limite di proprietà del capitale e dei diritti
di voto quando un investitore è una cooperativa. Ciò permetteva, secondo il
modello classico cooperativa madre/filiali di costituire gruppi cooperativi.
Infine, vi è sempre la possibilità per una SCOP di detenere la maggioranza dei
diritti di voto in un’altra SCOP per 10 anni. Infatti, 2 articoli di 2 leggi diverse
permettono tale soluzione organizzativa.
▪▪ L’articolo 25 della legge del 1978 permette a una SCOP madre di detenere
per 10 anni oltre il 50% dei voti nella filiale. Prevede una rappresentazione
collettiva dei soci della madre nella filiale dando alla madre tanti voti nella
filiale quanti soci dipendenti essa ha, ma limita tale possibilità per tenere
conto del principio sancito dall’articolo 1. della legge del 1978 (le SCOP sono
gestite dai loro soci dipendenti) riducendo, eventualmente, i voti della madre
nella filiale al numero dei soci dipendenti della filiale. Dunque, si constata
che la madre può, dopo 10 anni, detenere fino al 50% dei voti della filiale.
▪▪ Il nuovo articolo 3 bis della legge del 1947 modificato dalla legge del 1992
introduce nei sistemi cooperativi la possibilità di dare a soci investitori i voti
proporzionali al loro capitale. Ma per rispettare il principio dell’articolo 1.
della legge del 1978, la percentuale di voti in Assemblea generale è limitata
al 35% se si tratta di investitori classici e fino al 49% per una cooperativamadre. Tuttavia, si prevede che nel caso specifico delle SCOP, se il capitale
di una SCOP è detenuto per più del 50% da soci non dipendenti, il regime
dell’articolo 25 si applica (oltre il 50% del capitale della figlia per 10 anni).
166
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
D’altra parte, l’articolo 3 bis ha consentito di allargare molto il raggio d’azione
dei soci esterni con voto proporzionale poiché le condizioni restrittive precedenti
sono state eliminate, così da permettere a una SCOP madre di intervenire in
una SCOP figlia fin dalla creazione, cosa prima impossibile.
Si noti che il limite del 35% conferisce una minoranza di blocco mentre il restante 65%, che è detenuto da una serie di soci, dà in realtà il potere all’investitore esterno. Questo lo si è visto in molti casi di editori di giornali in forma
di cooperative di produzione, dove molto rapidamente l’editore è diventato il
padrone delle decisioni.
3.1. I fondi propri derivati dal movimento cooperativo
Per sfruttare bene tutti questi strumenti, la Confederazione Generale delle
SCOP ha ora degli strumenti propri.
SOCODEN è il principale strumento di finanziamento interno al movimento
delle cooperative di lavoro associato, alimentato dai contributi delle cooperative.
Ha anche elaborato un sistema di prestito personale ai soci delle cooperative in
sostituzione delle sottoscrizioni di capitale sociale: vale a dire che i cooperatori,
con tale prestito personale, anticipano gli importi che devono apportare ogni
anno al capitale, in virtù delle disposizioni statutarie delle cooperative. I prestiti
sono concessi dal Crédit Coopératif.
Il movimento cooperativo ha dovuto, per consolidare e completare i mezzi di
cui dispone, creare, con il contributo di partner finanziari vicini, una gamma
differenziata di strumenti per soddisfare le principali necessità di finanziamenti
a lungo termine. Si tratta di società regionali di garanzia create con il sostegno
del Crédit Coopératif, che realizza un centinaio di operazioni l’anno, le strutture
SOFISCOP Ouest e SOFISCOP Sud-est. SOCODEN interviene spesso in
collegamento con la società SPOT, che è stata creata congiuntamente dalla
Confederazione Generale delle SCOP e il Gruppo ESFIN per apportare fondi
propri a piccole imprese.
La società SPOT interviene principalmente in titoli partecipativi in aggiunta
ad altre strutture come France, che come SPOT sono dotate di capitali interni
167
PROOF
3. GLI STRUMENTI PER IL FINANZIAMENTO IN FONDI PROPRI E QUASIFONDI PROPRI DELLE COOPERATIVE
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
o solidali che possono accettare una scarsissima redditività. SPOT interviene
principalmente per piccoli importi dove l’IDES, tenuto conto dei propri costi
operativi e della struttura del suo capitale, interviene di rado.
La specificità di SPOT è soprattutto quella di portare operazioni di acquisizione
e di trasformazione di imprese in SCOP, cosa che più ci interessa nel quadro di
questo studio.
3.2. Uno strumento per sottoscrivere titoli partecipativi: l’Istituto di
Sviluppo dell’Economia Sociale (IDES)
PROOF
La creazione dell’IDES
Per permettere la sottoscrizione di un titolo partecipativo, in Francia si è creato
l’Istituto di Sviluppo dell’Economia Sociale. Infatti, per permettere di lanciare
sul mercato il titolo partecipativo è parso necessario al contempo mobilitare
capitali destinati principalmente a sottoscrivere titoli partecipativi. Così è stato
creato l’IDES nel 1983, con un metodo originale poiché associa i principali enti
finanziari dell’economia sociale: le banche cooperative, le mutue assicuratrici,
le federazioni cooperative, le mutue, oltre allo Stato. L’IDES s’inserisce dunque
in un approccio di mutualizzazione delle risorse, i suoi azionisti non si aspettano rendimenti importanti ma una gestione sana ed equilibrata che permetta di
ottenere le risorse necessarie per proseguire l’attività tenuto conto delle caratteristiche dei suoi prodotti. L’IDES è stato dotato all’inizio della sua esistenza di
un capitale di 9 milioni di euro, elevato poi a 15 e quindi a 30 milioni nel 2002
ed è attualmente oggetto di un nuovo aumento di capitale.
Dalla sua origine, l’IDES ha per statuto due obiettivi:
▪▪ Apportare fondi propri alle imprese dell’economia sociale o alle loro filiali
sotto forma di titoli partecipativi o obbligazioni convertibili in azioni.
▪▪ Su richiesta dello Stato, realizzare missioni d’interesse pubblico che puntino
a creare situazioni favorevoli allo sviluppo del settore dell’economia sociale
e ad agevolare l’accesso delle imprese a nuovi mercati.
Pertanto, lo Stato ha sempre conservato una percentuale intorno al 26%,
essendo il resto del capitale posseduto sia da enti di Stato (la caisse des dépôts
et consignations il 10%), sia da enti a vocazione finanziaria dell’economia
sociale (banche cooperative e mutue assicuratrici).
168
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
L’IDES nel conferimento di capitali propri
Le società di capitale di rischio tradizionali cercano soprattutto di aumentare
il valore de propri investimenti. Sono quindi reticenti a investire nelle imprese
dell’economia sociale nelle quali quest’obiettivo non può essere raggiunto.
L’IDES è l’unica società di capitale di rischio in grado d’intervenire con
importanti fondi propri dell’economia sociale e di sottoscrivere titoli partecipativi
o obbligazioni convertibili in azioni.
Gli interventi dell’IDES
Al 31 dicembre 2009, partecipava a 105 imprese per un valore netto di 20.438
euro. Inoltre, i partner SOFICATRA e SPOT partecipano con essa per un valore
di 3,8 milioni di euro in una dozzina di operazioni.
L’importo medio degli investimenti dell’IDES nelle cooperative di lavoro
associato (SCOP) resta inferiore a 200.000 euro. È più alto per le cooperative di
commercianti o reti tipo BIOCOOP. Le poche eccezioni riguardano operazioni
di crescita esterna per le quali l’importo richiesto può raggiungere un milione
di euro.
Per la metà degli investimenti, l’IDES finanzia le imprese nelle loro operazioni
di espansione. Il 40% della sua esposizione finanziaria va in operazioni più
rischiose di creazione, ristrutturazione e rilevamento d’impresa. Infine, l’8%
riguarda operazioni di trasmissione d’impresa.
3.3. Gli strumenti creati dall’IDES
SOFINEI
Sofinei è stata creata nel 2005, per utilizzare le disposizioni favorevoli
all’investimento nell’economia sociale, ed è destinata al finanziamento delle
imprese d’inserimento, che, in Francia, a differenza dell’Italia, non sono in genere
delle cooperative di lavoro associato, ma i cui principi d’azione vi si avvicinano.
Le sue risorse vengono da un appello al pubblico risparmio. SOFINEI, come
l’IDES, consente una mutualizzazione dei rischi.
169
PROOF
In 27 anni d’azioni a favore dell’economia sociale, l’IDES ha investito 59,95 milioni di euro in 403 imprese di questo settore, di cui 280 cooperative di lavoro.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
COOPEST
COOPEST è un fondo di sviluppo a favore dei paesi che hanno appena aderito
all’Unione Europea o si accingono a farlo presto, creato nell’ottobre 2005 a
Bruxelles. E una società per azioni d’investimento di diritto belga, e opera con
i paesi dell’Europa centrale e orientale.
PROOF
Le cooperative, mutue, associazioni, fondazioni e le altre imprese dell’economia
sociale di questi paesi faticano ad ottenere capitali di lungo termine privati e
pubblici a causa della debolezza della loro struttura finanziaria. La missione
di COOPEST è dunque di dar loro un sostegno finanziario a lungo termine, in
particolare sotto forma di prestiti subordinati, assimilabili a fondi propri.
COOPEST dispone di 30 milioni di euro, e gli investimenti attuali di COOPEST
sono per lo più diretti a istituti di microcredito professionale la cui vocazione
è sostenere piccoli progetti in regioni poco sviluppate degli Stati che hanno
aderito all’Unione europea negli anni 2000 o in quelli che sono attualmente in
via d’adesione.
SICOOP: UN IDES CATALANO
SICOOP: Società d’Investimenti in Progetti Cooperativi di Crescita.
La SICOOP ha sede a Barcellona e investe in progetti di sviluppo e creazione
d’imprese dell’economia sociale di qualsiasi settore in Catalogna, tranne il settore
immobiliare e finanziario. Interviene, preferibilmente per periodi quinquennali,
con importi compresi tra 300.000 euro e 1.500.000 euro, e con partecipazioni
non che possono superare il 50% circa di 3,4 milioni di euro per 3 imprese.
3.4. L’accesso alle garanzie
Per quanto concerne le garanzie, il movimento cooperativo dispone, attraverso
SOFISCOP, di un concreto strumento di garanzia, in particolare per il Crédit
Coopératif, ma gli importi sono relativamente bassi. Invece tutti i crediti bancari
concessi alle cooperative possono beneficiare della stessa garanzia dei prestiti
concessi a tutte le imprese tramite SOFARIS, società francese d’assicurazione
del rischio, uno strumento pubblico che si offre come garante all’insieme dei
creditori e, a determinate condizioni, ai finanziatori di capitali.
170
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
4. CRESCITA, ANTICIPARE IL CAMBIAMENTO E LA SOPRAVVIVENZA
DELL’IMPRESA
La trasmissione del patrimonio è una preoccupazione costante dei dirigenti
aziendali. Numerosi finanziatori si interessano a questo mercato che, prima della crisi del 2007, sembrava una terra promessa con prospettive di rendimento
finanziario notevolissime. In tale contesto, la trasmissione di un’impresa sotto
forma di cooperativa era un’alternativa poco usata. Tuttavia l’analisi delle cifre
sulla durata prevedibile di tali trasmissioni, come figurano nella prima parte,
incita ad essere ottimisti se li si raffronta con i risultati ottenuti in dalle trasmissioni convenzionali.
Alcune imprese economicamente forti hanno un problema importante a causa
dell’assenza di una persona che prenda in mano il timone. In tali condizioni,
l’ipotesi di una conversione dell’impresa in cooperativa è prevista per garantire
tale successione.
4.1.1. Perché vendere l’impresa?
▪▪ Gli eredi attuali o potenziali dell’impresa ritengono di aver interesse a vendere a caro prezzo l’azienda per ottenere un risultato in fatto d’eredità.
▪▪ Lo stesso dirigente d’azienda desidera valorizzare il proprio patrimonio e
pensa che vendendo l’impresa farà un affare migliore. Si tratta semplicemente di sapere in quale caso tale fenomeno di successione può portare alla
creazione di una cooperativa.
4.1.2. Perché scegliere di creare una cooperativa per garantire il trasferimento?
Ci sembra di poter avanzare tre motivazioni principali:
▪▪ Il primo motivo è che, se il dirigente d’azienda desidera vendere la sua impresa al prezzo di mercato, può pensare che vendendola a persone che la conoscono perfettamente egli potrà ottenerne il prezzo auspicato. Tale versione delle cose è legata al fatto che oggi, dopo avere vissuto un periodo molto
positivo, il rilevamento dell’impresa sotto forma di leveraged buy-out (LBO)
non consente più, tenuto conto delle prospettive congiunturali, di ottenerne
forti guadagni. Infatti, le banche si dimostrano sempre più caute sulla LBO
171
PROOF
4.1. Trasferimento di un’impresa senza successore
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
sia a causa delle stime esagerate sul valore dell’impresa sia dell’eccessivo
indebitamento. D’altra parte, l’arrivo di nuovi dirigenti in una struttura che
è oggetto di una LBO non costituisce un risultato molto positivo.
▪▪ L’altra possibilità è che l’impresa non ha di per sé un forte valore in assenza
del suo creatore e che il mantenimento di tale valore dipende dalla capacità
dell’acquirente di conservare il “know-how” e i mercati, e solo in certi casi i
lavoratori dipendenti possono garantire il mantenimento di detto valore.
PROOF
▪▪ C’è una terza possibilità: la cessione ai dipendenti per evitare di vendere a
un concorrente. Perché il dirigente aziendale, quando desidera cedere, non
ha voglia di vedere il frutto del suo lavoro passare nelle mani di un concorrente, come spesso succede per le imprese convenzionali.
Nei tre casi previsti è il dirigente aziendale che prende l’iniziativa della trasformazione. Questa dipende dalle informazioni di cui può disporre quest’ultimo
per scegliere tra le diverse possibilità che gli si offrono per valorizzare il proprio patrimonio.
4.1.3. La trasformazione in cooperativa è complessa
Uno dei dirigenti attuali deve restare nell’impresa per garantire la transizione?
L’esperienza dell’IDES mostra che questo schema, previsto in partenza, all’atto
pratico non funziona bene. Al contrario, sembra necessario che il dirigente attuale garantisca una transizione breve in aree precise, ad es. il marketing diretto
o la stesura dei preventivi, se era lui a svolgere questa funzione, ma la transizione deve essere brevissima e l’impresa stessa deve produrre o trovare all’esterno
nuovi dirigenti capaci di dare un orientamento nuovo a questa impresa.
Sembra infatti che il dirigente che cede abbia voglia di fare altro con le somme
ricavate dalla vendita. D’altra parte, è importante che possa approvare o in ogni
caso aiutare a scegliere i dirigenti futuri. È infatti l’unico a conoscere i vincoli
del mercato a cui si rivolge l’impresa.
L’assenza di azionisti esterni
Con la trasformazione in cooperativa, l’impresa non è più sottoposta alla volontà
degli azionisti esterni come la famiglia, o non deve sostenere importanti oneri
d’impresa legati all’esistenza di posti di lavoro “protetti”. Se questo è davvero il
caso, la trasformazione sarà utile e più sostenibile perché gli utili non saranno più
distribuiti ad azionisti esterni e resteranno quindi a disposizione dell’impresa.
172
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
L’assenza di distribuzione di dividendi ad azionisti esterni sembra essere un
elemento importante nella motivazione dei dipendenti-acquirenti, grazie soprattutto al sistema di partecipazione sopra descritto. Ma l’assenza di sguardo
esterno e di vincoli finanziari comporta anche il rischio di privilegiare i dipendenti all’investimento. La legge del 1992 ha tentato, con l’introduzione degli
azionisti esterni, di ovviare a tale rischio, purtroppo senza riuscirvi.
Si può salvaguardare l’occupazione?
Il sistema di finanziamento
Quest’ultimo è tanto più facilitato dalle banche quanto la supervisione dell’impresa rimarrà nell’ambito della cooperativa. D’altra parte, a causa dell’esistenza
dei meccanismi di partecipazione, il finanziamento, anche mediante indebitamento, è facilitato, poiché gli utili possono essere mobilitati a condizioni fiscali
abbastanza soddisfacenti.
Il finanziamento per indebitamento o con capitali propri assimilati, che richiede
un rimborso delle somme prese in prestito, è quindi meno caro rispetto al caso
di un rilevamento classico.
L’utilizzo del titolo partecipativo consente l’accesso a capitali esterni, in particolare perché quest’ultimo, quando è sottoscritto dall’IDES, offre un più facile
accesso ai capitali esterni alleati dei movimenti cooperativi, in questo caso il
Crédit Coopératif che è spesso capofila di una cordata con altri istituti finanziari. D’altra parte, è bene ricordare che la retribuzione del titolo partecipativo
è un onere di gestione e non la distribuzione di un risultato.
Infine, poiché esiste un sistema di finanziamento specifico per le cooperative di
produzione, le Unioni regionali che garantiscono la supervisione dell’operazione di rilevamento possono trovare più facilmente il finanziamento necessario, e
sanno di poter mobilitare risorse importanti, se vengono dimostrate le prospettive di guadagno.
173
PROOF
Sembra che in molti casi la motivazione essenziale del venditore a favore di
una soluzione cooperativa risieda nella continuità dei posti di lavoro e nel
loro mantenimento in zone in cui, se l’impresa dovesse licenziare, le persone
faticherebbero a trovare un nuovo posto di lavoro. Ma ciò può portare, dopo la
trasformazione, a mantenere troppo personale.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
4.1.4. I differenti processi di trasformazione
Nel mondo cooperativo francese esistono due differenti modalità di trasformazione in cooperativa: il rilevamento da parte di una cooperativa di lavoro
associato e il mantenimento sotto forma di filiale prima di un’eventuale trasformazione, o la costituzione di un gruppo di fatto con una cooperativa madre e
una o più filiali esse stesse cooperative non ancora autonome.
A queste due soluzioni tradizionali se ne aggiunge una terza più recente: la
creazione di una holding di rilevamento dell’azienda.
PROOF
a) Il rilevamento da parte di un’altra cooperativa di lavoro associato
Ciò consiste nell’acquisizione dell’impresa da parte di una cooperativa esistente, il che non comporta necessariamente la trasformazione immediata in cooperativa, che può essere rinviata a un momento successivo.
La creazione di una o più filiali SCOP risponde a obiettivi precisi di sviluppo
esterno:
▪▪ acquisizione di un’impresa trasformata in filiale, anziché integrata nella cooperativa acquirente;
▪▪ ingresso in un mercato nuovo quando sembra preferibile non integrare la
diversificazione nelle attività preesistenti in modo da non far correre rischi
eccessivi alla SCOP iniziale;
▪▪ ricerca di costi ottimali a livello dell’insieme madre più filiale, pur preservando la flessibilità di una dimensione più ridotta di ciascuna realtà;
▪▪ spin-off di un’attività già esistente per associarvi altri partner ai sensi dell’articolo 3 bis della legge del 1947 perché il loro ingresso nella SCOP madre
non sarebbe possibile o auspicato.
Comunque, la SCOP madre obbedirà ad una motivazione strategica: i rischi
sono tali che la SCOP madre dovrà agire come le società-madri classiche, privilegiando il potere datogli dalla sua partecipazione al capitale, mantenendo
la partecipazione dei dipendenti della filiale entro limiti tali che il potere della
madre non sia esposto a rischi di dissenso.
A lungo si è pensato che l’impresa così rilevata sotto forma di filiale di cooperativa si sarebbe poi trasformata in cooperativa. Ma non è così, e si constata che
nella maggioranza dei casi la filiale rimane una filiale di diritto comune.
174
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Il risultato è che, nel caso di piccolo rilevamenti, l’impresa è generalmente integrata alla cooperativa acquirente. Quando si tratta di cooperative più grandi
che sono ricorse ampiamente a capitali esterni, esse rimangono sotto forma di
filiale. Questo è tanto più vero quando, per il finanziamento del rilevamento, si
è fatto ricorso, per i fondi propri della filiale società per azioni, a capitali classici. I contributori hanno voglia loro stessi di valorizzare il loro intervento.
b) La costituzione di un gruppo con una cooperativa madre e delle cooperative filiali
È per questo che occorre studiare in modo più attento l’approccio detto del
“gruppo di solidarietà” che è quello che attualmente ha permesso lo sviluppo
in Francia della banca cooperativa Crédit Mutuel, ed è anche l’approccio dei
gruppi paritetici italiani, esaminati nel capitolo 1. Quest’approccio del gruppo
di solidarietà dimostra che è possibile creare strumenti che non si limitino al
solo capitale. Infatti, per creare solidarietà reciproche, si possono mettere in
comune dei mezzi, delle persone, delle funzioni specifiche o delle risorse mediante contratti tra i diversi soggetti interessati che fan sì che l’insieme possa
essere governato sotto forma di gruppo senza che vi siano, peraltro, legami
capitalistici tra le strutture.
c) La creazione di una holding di rilevamento
L’IDES ha immaginato un iter nuovo che si applica a grandi trasformazioni.
L’organizzazione del rilevamento avviene secondo 3 modalità cumulate:
La società rilevata è filiale al 100% di una holding detenuta in via maggioritaria
dalla cooperativa
La filiale è, in questo modo, controllata di fatto dalla cooperativa, ma la ricerca
di un effetto leva è garantita dalla partecipazione di partner finanziari minoritari. Si procede a un indebitamento massimo della holding compatibilmente
con le capacità di risalita dei dividendi alla holding che rileva. Il passaggio dai
beni della holding consente di limitare la quota di fondi propri che la SCOP
mobiliterà per questo rilevamento. La prima tappa verso un’uscita sotto forma
di cooperativa dipende dal rimborso dell’indebitamento della società holding
175
PROOF
In diritto francese è molto difficile o impossibile dopo dieci anni (legge sulle
SCOP) organizzare un gruppo cooperativo nel quale le cooperative stesse deleghino delle competenze alla società madre per garantire una gestione dell’insieme.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
presso i partner bancari grazie alle risalite di dividendi, cercando un costo fiscale il più basso possibile.
Uscita degli investitori
Dopo il rimborso del debito d’acquisizione l’uscita è oggetto di un protocollo nel
patto di azionisti quando i finanziatori entrano con la cooperativa nella holding
di rilevamento. La cessione delle quote detenute dagli investitori finanziari si fa
obbligatoriamente alla cooperativa che detiene il 100% della holding.
PROOF
Fusione della società holding e della società che rileva
La società rilevata diventa una filiale della SCOP che può procedere come vuole, sia a una fusione di questa società a sé stessa, sia mantenendo una filiale al
100% nelle condizioni indicate prima, cioè per 10 anni, dopodiché occorrerà
cedere per gradi - ma ciò è del tutto possibile –le quote sociali ai lavoratori dipendenti che possono detenere, a regime, soltanto il 34% della filiale.
4.1.5. I rischi della trasformazione in cooperativa
Un indebitamento che può essere elevato
Nella pratica, indipendentemente dal sistema usato, e tenuto conto della limitata disponibilità di fondi propri da parte degli acquirenti, che si tratti delle cooperative per una filiale o direttamente dei lavoratori dipendenti che diventano
soci, vi sono debiti elevati che, indipendentemente dalla durata, vanno necessariamente rimborsati un giorno. L’impresa deve dunque badare a costituirsi dei
fondi propri per ridurre rapidamente i propri coefficienti d’indebitamento.
La perdita di clientela
La clientela può essere molto legata al predecessore ed il rischio per i clienti
è di veder peggiorare la qualità del prodotto. Tuttavia questo fattore oggi non
sembra determinante, nella misura in cui, eccetto nel settore dei servizi, è
l’apparato produttivo a sembrare determinante.
Una redditività aleatoria
Il terzo rischio è che la precedente redditività non si mantenga nel futuro, in
176
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
particolare in relazione alla congiuntura economica e agli attuali mutamenti
di settore. Questa redditività, già ridotta per i potenziali investimenti visto
l’indebitamento del rilevamento, dev’essere quindi più alta che in un’impresa
tradizionale. Ma la concorrenza è tale che oggi sono le imprese meno indebitate
ad attraversare la crisi con minori difficoltà.
La questione della dirigenza
4.1.6. I fattori chiave di successo
Un risparmio esistente
I dipendenti di parecchie imprese convenzionali possiedono fondi di partecipazioni che possono utilizzare e dunque dispongono di un risparmio preliminare.
Invece, i tentativi fatti per preparare la trasmissione costituendo un risparmio
preliminare prima del rilevamento non hanno dato frutti. Il diritto francese
non contempla dispositivi particolari per consentire ai dipendenti di rilevare la
propria impresa se si tratta di un’impresa sana. Invece, se si tratta di un’impresa
in crisi, esistono dispositivi speciali che prevedono l’ottenimento di bonus importanti che possono essere capitalizzati.
La natura dei settori interessati
L’esperienza mostra che le operazioni di trasmissione sono più facili da
realizzare quando non c’è da mobilitare molti capitali. E così, attualmente si
verificano una serie di trasmissioni di imprese nel settore dei servizi. Il valore
dell’impresa dipende in gran parte dai contatti professionali del proprietario e
dalle sue capacità relazionali. Dunque, le trasformazioni in cooperative sono
tanto più importanti quanti meno capitali i settori mobilitano.
Le trasformazioni del settore della produzione
I settori la cui evoluzione oggi è più favorevole sono quelli che investono più in
177
PROOF
I lavoratori dipendenti sono poco preparati alla gestione e pertanto ricorrono
spesso a un manager esterno, il cui inserimento può funzionare o no. Ecco
perché, nel rilevare un’impresa senza successore, ma che ha incontrato difficoltà,
l’esistenza di un leader sindacale oggi sembra, in base all’esperienza dell’IDES,
del tutto essenziale.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
intelligenza umana che in capitali. Questa mobilitazione dell’intelligenza umana
è agevolata dalla struttura cooperativa, poiché il rilevare un’impresa sotto forma
di cooperativa è anzitutto un’avventura di gruppo più che individuale.
Il prezzo di vendita
PROOF
Alcuni anni fa il quarto fattore agevolante sarebbe stato il prezzo di vendita. Ma
oggi, quando avviene la trasformazione in cooperativa, esso rimane molto alto,
e forse sarebbe anche più alto rispetto ad altri casi dal momento che l’impresa
rilevata dai propri dipendenti è più di altre destinata a durare a lungo e, in
particolare, i quadri dirigenti sono fortemente coinvolti in quest’acquisizione
dall’interno.
Conclusioni sulla trasformazione in
cooperativa di un’impresa senza successore
I fattori che agevolano la trasformazione di un’impresa in cooperativa
non sono numerosi e ciò spiega certamente perché, almeno in Francia,
questo rilevamento d’impresa sotto forma di cooperativa ha registrato un risultato fluttuante. Bisogna aggiungere che le organizzazioni
professionali di PMI non hanno dato, dal canto loro, le sufficienti informazioni che avrebbe permesso di mettere in risalto in modo molto
efficace la soluzione cooperativa. Questa responsabilità delle organizzazioni professionali, sicuramente causata dal disinteresse dei sindacati dei lavoratori dipendenti per la trasformazione in cooperativa,
non costituisce un elemento favorevole. Infatti, in Francia, la tradizione sindacale non ha per tradizione un legame con le organizzazioni
cooperative. Troppo spesso, le organizzazioni sindacali hanno vissuto
la trasformazione in cooperativa come l’ultima soluzione per la sopravvivenza di un’impresa, quando le condizioni di finanziamento e
di gestione del personale non sono in grado di creare un ambiente favorevole. L’assenza di legami con le organizzazioni sindacali di lavoratori dipendenti incide negativamente anche sul trasferimento delle
imprese in cooperative.
178
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Le quattro caratteristiche di successo della
trasformazione in cooperativa sono le seguenti:
▪▪ L’impresa era da un punto di vista finanziario in buona salute.
▪▪ I dirigenti, ex-proprietari, sono rimasti in azienda ma con la ferma volontà
di accompagnare la crescita dalla cooperativa.
▪▪ I dirigenti dell’impresa restano dirigenti nella nuova cooperativa, senza che
ci sia personale dirigente proveniente dall’esterno.
4.2. Il trasferimento di un’impresa in crisi sotto forma di cooperativa
Si tratta di imprese che sono state messe in liquidazione o sono in procinto
di esserlo, o che rischiano fortemente di esserlo per via della crisi: crisi di
gestione, crisi settoriale, crisi economica generale o crisi specifica settoriale, e
che per evitare di scomparire, si sono trasformate in cooperative, mediante il
trasferimento di attività a una cooperativa di recente creazione.
4.2.1. Le principali ragioni possibili per la trasformazione in cooperativa di
imprese in crisi sono:
I problemi di gestione e di leadership
Nell’esperienza dell’IDES, si rileva in particolare che la maggior parte delle
imprese che sono state trasformate in cooperative, e che dopo qualche anno
esistono ancora, avevano registrato problemi di gestione e di leadership sia
perché i proprietari avevano trascurato la ricerca o l’investimento, sia perché
le successioni familiari talvolta non si svolgono bene, e non sono sempre i più
competenti a rilevare l’impresa; sia, infine, perché dinanzi ai mutamenti la direzione non ha preso a tempo debito le decisioni del caso. La trasformazione
in cooperativa non è l’effetto di questi problemi gestionali, ma è soltanto una
delle forme che l’impresa può assumere quando, al momento della liquidazione,
i piani di acquisizione sono presentati in tribunale.
179
PROOF
▪▪ Gli utili aziendali consentono di finanziare la crescita e di distribuire quote
partecipative e profitti tali da permettere ai dipendenti di rimborsare rapidamente le somme messe a loro disposizione per l’acquisizione dell’impresa.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
L’assenza di riserve
L’impresa non aveva riserve sufficienti per affrontare gli inevitabili mutamenti.
Questo motivo è assai diffuso nelle imprese familiari che non tentano di creare
delle riserve, bensì di preservare alla meno peggio l’esistenza dell’impresa.
Una crisi settoriale
PROOF
Essa implica notevoli tagli salariali e può far pensare che la trasformazione in
cooperativa possa risolvere le difficoltà che hanno portato alla liquidazione o
in ogni caso alle grandi difficoltà riscontrate. Sebbene la motivazione sembri
essere importante, col passare del tempo non è sicuro che diventi un fattore di
successo. Tuttavia, agli occhi dei tribunali la cooperativa presenta il vantaggio
teorico di poter fare accettare ai dipendenti dei sacrifici salariali.
Le strategie di delocalizzazione da parte di gruppi e fondi d’investimento
La logica dell’economia finanziaria, che spinge gruppi e fondi d’investimento a
chiudere stabilimenti non a causa di una crisi vera e propria, ma per realizzare
margini superiori di guadagno, delocalizzando la produzione altrove, è uno
scenario che si sta imponendo sempre di più.
4.2.2. Le trasformazioni che si producono sono le seguenti:
Accettare mutamenti interni
La possibilità, per i dipendenti diventati così proprietari dell’azienda, di accettare
cambiamenti di modi di produzione resi necessari dalle evoluzioni settoriali è
un’alternativa che potrebbe presentarsi sempre più spesso in relazione ai grandi
mutamenti che il mondo della produzione industriale ha registrato negli ultimi
anni. I lavoratori dipendenti sono suscettibili di accettare più facilmente
sacrifici, o un piano sociale, rispetto a quanto avrebbero accettato se la
trasformazione non fosse avvenuta.
Ma sembra difficile avere una buona leadership, capace di far capire ai dipendenti che questi sacrifici sono indispensabili. Ciò pone l’interrogativo dell’arrivo in azienda di un dirigente che sia accettato dai soci, e che questo piano
sociale sia attuato da una persona che abbia sufficiente capacità di convinzione,
per far sì che i dipendenti abbiano fiducia nella pertinenza dei sacrifici che vengono loro richiesti.
180
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Il risultato dei sacrifici fatti è tangibile
I soci vedono rapidamente i risultati dei sacrifici fatti attraverso l’aumento dei
fondi propri che permettono alla cooperativa appena nata di accumulare del
capitale. Sarà necessario fare anche in modo che i lavoratori possano rapidamente
ricevere i rimborsi.
L’interesse della trasformazione in cooperativa risiede nel poter garantire una
quota molto più importante d’investimento che in un’impresa tradizionale mediante l’autofinanziamento e quindi di rassicurare le banche sulla perennità dei
loro investimenti. Ciò vale soprattutto quando l’impresa è di piccole dimensioni
e non ha richiesto un piano di finanziamento del rilevamento sotto forma di un
LBO descritto sopra. È vero che l’esistenza di una rete di finanziamento legata al
movimento rende anche più credibili gli interventi presso le banche sollecitate.
La seconda ragione agevolante è l’assenza di retribuzione degli azionisti e l’esistenza del titolo partecipativo che con l’autofinanziamento permette una migliore capitalizzazione degli utili. L’esistenza di un sistema di finanziamento autonomo permette di non essere interamente dipendenti dai creditori tradizionali e
dunque di riassicurare più facilmente le banche. Infine, e a patto che il piano sia
rispettato e che i dipendenti siano d’accordo, l’impresa così rilevata registrerà
una maggiore resistenza alla crisi grazie all’utilizzo degli utili per una migliore
capitalizzazione, a solo vantaggio dell’impresa e con l’accordo dei soci.
Un incentivo pubblico
Un elemento favorevole alla trasformazione in cooperativa è l’esistenza di importanti misure da parte dello Stato, non soltanto attraverso i titoli partecipativi,
ma anche attraverso una serie di dispositivi, a disposizione delle cooperative,
destinati a favorire la creazione d’impresa, che si tratti di creazione ex novo o
creazione a partire da un rilevamento. Ad esempio, esiste un dispositivo che
esonera l’impresa rilevata dagli oneri sociali per un anno. Ma la cosa più importante è che tramite la creazione della cooperativa vi è una mutualizzazione
dei sussidi ricevuti da parte di ogni persona, se si è stati ed esempio licenziati,
e che questa mutualizzazione permette di costituire fondi propri non trascurabili. Esiste tuttavia un limite per i grandi rilevamenti, poiché la somma totale
dei sussidi ha una soglia massima, per via della regolamentazione europea. Lo
Stato francese ha tendenza a liberarsi gradualmente di questo sistema, che sono
ora le Regioni a riprendere in mano.
181
PROOF
Favorire l’autofinanziamento
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
Rilevare un’impresa costituisce un’importante opportunità di cambiamento
La trasformazione in cooperativa e le sue possibilità di successo si giustificano se il rilevamento è seguito da effettivi cambiamenti. Se il nuovo dirigente
lavora bene, è l’occasione per mobilitare di nuovo i dipendenti. Detto ciò, la
storia mostra che tale mobilitazione ha un limite di circa due anni durante i
quali l’energia è presente ma tende progressivamente a stemperare. Pertanto, se
dopo due anni, l’impresa non è rimessa in piedi, l’entusiasmo iniziale tenderà
ad attenuarsi rapidamente.
PROOF
L’effetto rete
In realtà, il motivo fondamentale per il successo di un rilevamento sotto forma
di cooperativa è di certo ciò che si chiama l’effetto rete, che consiste nell’esistenza di un ambiente di consulenza e di un dispositivo finanziario importante
che permette agli acquirenti di andare al Tribunale di Commercio e presentare
un piano di rilevamento, sempre accompagnati da specialisti legati al movimento cooperativo.
Quest’effetto rete che si sviluppa particolarmente in alcune regioni francesi
attorno alle Unioni Regionali delle Cooperative e mostra tutta la sua efficacia
durante le crisi settoriali, quando le PMI male capitalizzate hanno faticato a
sopravvivere, e le trasformazioni di queste imprese in cooperative hnno rappresentato una soluzione molto apprezzabile.
Tale effetto rete non si ritrova al di fuori del mondo delle cooperative, poiché non poggia sulla stessa volontà che contraddistingue le cooperative nel difendere le proprie specificità, Questo effetto si esprime anche nella volontà di
disporre di propri strumenti di finanziamento. Per creare questi strumenti, le
cooperative di lavoro associato e i loro soci accettano un sacrificio finanziario
importante, tale da permettere un accumulo di capitale mutualizzato. È grazie
a questo capitale che il movimento cooperativo, attraverso i suoi strumenti ,
può partecipare, accanto ad investitori quali l’IDES, al rilevamento di imprese
in crisi, accettando un tasso di rischio più alto di quanto potrebbe accettare un
investitore convenzionale.
4.2.3. I rischi di una trasformazione in cooperativa
Il tempo
Nella maggior parte dei casi, la trasformazione in cooperativa si realizza quando mancano altre soluzioni e non deriva da una vera e propria scelta ma soffre,
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Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
più di ogni altra cosa, di un intervento troppo posticipato nel tempo, durante
il quale la situazione si è fortemente degradata, i clienti sono partiti e, in molti casi, i migliori lavoratori dipendenti anche. Va inoltre notato che, spesso, i
potenziali acquirenti presenti in Tribunale di Commercio non hanno fretta di
presentare le proprie proposte perché la maggior parte di loro non vuole rilevare
l’intera impresa coi suoi lavoratori ma soltanto l’attività commerciale e, quindi,
il fatto che la situazione economica peggiori incide solo parzialmente sul valore
commerciale dell’impresa, mentre ha grandi ripercussioni sulla possibilità di
mantenere tutti i lavoratori.
La questione essenziale, se una buona parte dell’aiuto finanziario proviene
dagli strumenti del movimento cooperativo, sta nella disponibilità delle risorse
finanziarie necessarie per le operazioni di rilevamento. La carenza di capitali
propri, che può essere in parte compensata dall’intervento d’imprese quali
l’IDES, dipende in gran parte, come già detto, dal ritardo nel rilevamento poiché,
più l’operazione è tardiva, e meno i finanziatori, anche se legati al movimento
cooperativo, saranno in grado di assumere forti rischi.
Una valutazione sbagliata
Una valutazione sbagliata delle cause che hanno generato la crisi porta spesso,
in partenza, a non capitalizzare l’impresa nel modo adeguato o ad impantanarsi
rapidamente per poi, una volta rilevata l’impresa, finanziarne l’espansione ad
adeguamento avvenuto. Questa crisi di capitalizzazione va considerata con attenzione, perché la natura dei rischi assunti oggi nelle cooperative sono spesso
di natura industriale ed esigono capitalizzazioni non trascurabili.
Il prezzo d’acquisto dell’impresa è troppo alto
Se il prezzo è troppo alto o, ciò che è uguale, se “gli scheletri negli armadi” cioè
i rischi nascosti dopo la prima valutazione non sono stati ben valutati, allora
naturalmente, dopo il rilevamento in cooperativa, si va verso le stesse difficoltà
che hanno portato l’impresa iniziale alla crisi.
I lavoratori dipendenti temono il futuro
Quando la trasformazione in cooperativa, come spesso accade, si verifica per
mancanza di soluzioni alternative, i dipendenti non hanno scelto di prendersi
183
PROOF
La carenza di capitali propri
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
nuove responsabilità e, perciò, diffidano dell’arrivo di nuovi proprietari. Insomma, oggi la trasformazione in cooperativa di un’impresa che ha dichiarato fallimento è molto spesso più un’accettazione fatalista che una scelta deliberata. Ciò
lo si avvertirà rapidamente negli anni successivi dell’impresa.
Accettare situazioni transitorie
PROOF
Volere andare troppo in fretta, cercare grandi imprese da rilevare per poi accettare
situazioni transitorie che non sfoceranno nella creazione di una cooperativa: è
l’esperienza che sta facendo l’IDES con l’acquisizione d’imprese in fallimento
da parte di cooperative che le hanno filializzate allo scopo di intercettarne i
capitali, salvo poi accorgersi che è più semplice lasciare l’impresa sotto forma di
filiale anziché trasformarla in cooperativa, cosa che impedirebbe d’intervenire
direttamente negli aspetti della loro gestione.
Conclusioni sul trasferimento d’imprese
in crisi sotto forma di cooperative
Le esperienze realizzate in Francia in questo ambito non soddisfano
del tutto, poiché la trasformazione in cooperativa si verifica spesso
per mancanza di alternative. Avviene dunque troppo tardi, quando la
situazione dell’impresa è già compromessa. Bisogna allora compiere
un importante lavoro d’informazione dei tribunali di commercio, dei
liquidatori e degli altri agenti, affinché la soluzione cooperativa possa
essere illustrata ai dipendenti in tempi rapidi, con riferimento a tutti
vantaggi che essa comporta, come l’utilizzo delle indennità versate
per la creazione d’imprese con cui, nei limiti non ancora risolti, si
possono accumulare rapidamente capitali propri che costituiscono,
insieme ai prestiti bancari, un importante effetto leva .
La questione del prestito bancario sembra essere una delle difficoltà
oggi incontrate nei trasferimenti delle imprese in cooperative. I fondi propri apportati dai fondatori non bastano e, benché intervenga
l’IDES , sono troppo spesso esigui. Inoltre, il ritardo nel rilevamento,
per quanto non è imputabile ai cooperatori, crea fragilità, specie sui
crediti in cassa. Ma rilevare un’impresa in crisi può anche presentare opportunità, specialmente quando, in queste circostanze e forse
perché rappresenta l’ultima soluzione, le giacenze sono cedute a un
prezzo relativamente basso e si può non perdere la clientela se la situazione viene loro spiegata nel modo opportuno.
184
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Infine, uno degli interessi essenziali e uno dei motivi principali del
successo di un rilevamento in cooperativa è dato dall’effetto di rete.
I gruppi di acquirenti, infatti, sono sempre accompagnati quando si
presentano dinanzi al Tribunale di Commercio per presentare un piano
di acquisizione. È qui che si manifesta l’importanza delle Unioni regionali delle cooperative: avvantaggiarsi di questo effetto rete e condividerne i vantaggi. La storia recente, però, c’insegna a essere cauti sul
rilevamento immediato di un’impresa in cooperativa. Si devono probabilmente accettare situazioni transitorie affinché il rilevamento in cooperativa non si imponga troppo velocemente a lavoratori poco preparati. Da questo punto di vista, la formula ideata e applicata dall’IDES di
una holding provvisoria per l’acquisizione, specie se il rilevamento in
oggetto è fatto da un altra cooperativa, è del tutto soddisfacente. D’altro canto, rilevare un’impresa in crisi con questa forma per una futura trasformazione in cooperativa non ci sembra oggi possibile, poiché
l’acquisizione da parte dei futuri cooperatori è sempre delicata. Infatti,
essi accettano con difficoltà, dopo un termine lungo un anno o due,
di acquisire l’impresa a un valore superiore a quello a cui l’investitore
l’ha rilevata, se hanno la sensazione, spesso giustificata, che la plusvalenza che sono destinati a finanziare è il risultato del proprio lavoro. Il
rilevamento-trasformazione in cooperativa deve dunque essere rapido
o fatto mediante uno schema di contrattualizzazione molto preciso fin
dall’organizzazione dell’operazione di acquisizione.
4.3. La cooperazione tra imprese, un mezzo di espansione
4.3.1. Una soluzione vecchia e poco utilizzata: l’Unione SCOP
Le cooperative di lavoro associato (SCOP) dispongono dalla legge del 1947
dello statuto dell’unione e benché l’unione abbia vocazione sussidiaria, cioè
deve normalmente essere incaricata di funzioni periferiche al servizio delle
varie SCOP madri, può spesso apparire come una buona possibilità. Tuttavia,
oggi è difficile per un’unione soddisfare le condizioni formali della legge del
1978, che disciplina le cooperative di produzione. Ciò riguarda ad esempio il
pagamento dell’imposta professionale o la ripartizione dei voti in Assemblea
185
PROOF
Avviene spesso che il rilevamento in cooperativa venga considerato
dai clienti un fattore di durata più forte di quanto accada con un rilevamento classico in cui esiste sempre il rischio di una scissione.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
generale. Pertanto l’Unione di SCOP esiste solo in settori professionali quali
l’edilizia, per l’acquisizione comune di merci.
PROOF
4.3.2. L’Unione d’Economia Sociale, uno strumento per cooperare
Il diritto francese ha creato inoltre una struttura specifica attraverso le Unioni
d’Economia Sociale che può permettere ad un gruppo d’imprese di cooperare
tra loro senza avere un legame giuridico di capitale. L’Unione d’Economia Sociale è una cooperativa di persone giuridiche che hanno lo statuto d’economia
sociale dunque, a maggior ragione, di cooperativa disciplinata dallo statuto generale della cooperazione, vale a dire la legge del 1947. Derogando però allo
statuto cooperativo ed anche allo statuto specifico delle SCOP (cooperative di
lavoro associato), i diritti di voto possono essere plurali, fondati sul fatturato
realizzato con l’UES o sul numero di soci delle entità costitutive, senza tenere
conto della parte di capitale posseduto. Essa può raccogliere imprese a statuti
diversissimi, contrariamente alle altre Unioni che raggruppano soltanto le imprese disciplinate da statuti identici.
Così, rispetto all’unione di SCOP, l’UES presenta i seguenti vantaggi:
▪▪ I diritti di voto sono fondati sull’importanza di ogni cooperativa presente
all’interno dell’unione.
▪▪ Tale unione può eventualmente, per ragioni di sinergie e attività, riunire
accanto a cooperative, associazioni, mutue o altre forme di imprese, che
costituisce ovviamente un notevole vantaggio. E poiché le UES sono cooperative, le riserve costituite sono indivisibili, la retribuzione è limitata,
ed esse possono emettere titoli partecipativi. Ma soltanto i 2/3 dei diritti di
voto possono essere posseduti da strutture d’economia sociale, il che vuol
dire che la struttura d’UES consente un’ampia collaborazione con altri tipi
d’imprese per garantire tali sinergie.
▪▪ È una società commerciale dotata di capitale sociale, ed è quindi sottoposta
a una fiscalità di diritto comune e diretta dagli organi sociali.
▪▪ Giuridicamente l’UES non è controllata dai suoi soci in funzione del capitale posseduto, ma in funzione del volume d’attività o del numero di soci di
ogni struttura associata.
▪▪ Infine, l’UES non risponde alla domanda di rapporto dei fondi propri poiché, come qualsiasi cooperativa, la realizzazione di plusvalenze finanziarie
186
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
Tenuto conto del suo modo di costituirsi, l’UES è giuridicamente una filiale e
non una società madre. Ma in una serie di casi i trasferimenti della maggior parte
degli attivi sull’UES o delle funzioni economiche essenziali all’UES ne fanno
il centro decisionale. L’UES è dunque idonea alla nostra ricerca, poiché restano
le organizzazioni costituenti a conservare il loro diritto decisionale. Siccome
lo statuto d’UES è oggi misconosciuto, non se ne possono trarre conclusioni
definitive. Sembra, tuttavia, che sia molto utilizzata per le attività commerciali
con statuto senza scopo di lucro. È il caso delle SCOP di tipografia che hanno
condiviso la loro attività commerciale, o anche di SCOP di falegnameria per
l’acquisto di materie prime.
4.3.3. La SCIC, Società Cooperativa d’Interesse Collettivo
Lo statuto della Società Cooperativa d’Interesse Collettivo (SCIC) è nato nello
stesso modo. La SCIC è una nuova forma d’impresa cooperativa, che ha per
oggetto “la produzione o la fornitura di beni e servizi d’interesse collettivo e
che presentano un’utilità sociale”.78 Come impresa, la SCIC ha uno statuto
di società commerciale ed è dunque sottoposta ad obblighi di rendimento e di
buona gestione.
Come cooperativa, la SCIC rispetta le regole di suddivisione del potere secondo
il principio 1 persona = 1 voto.
Infine, come tutte le imprese dell’economia sociale, la SCIC manifesta il proprio carattere di utilità sociale destinando una parte degli utili alle riserve indivisibili.
La SCIC concretizza l’avvento in Francia della cooperazione multi-staleholder
che permette di associare e fare lavorare insieme delle persone fisiche e giuridiche che hanno una relazione di natura diversa con l’attività: dipendenti, utenti,
finanziatori, volontari ecc.
78 Scanzi F. (2004) IDES, 20 ans après – Regards sur 20 ans d’économie sociale, see http://
www.esfin-ides.com/esfin-anciensite/pages/publications/LIVRE_20_ANS_IDES.pdf
187
PROOF
legate al possesso del suo capitale è del tutto esclusa. L’UES è molto utile
perché è costituita per condividere dei mezzi al fine di produrre meglio i
beni, servizi ed oggetti sociali delle entità costituenti. Le UES, come ogni
cooperativa, possono distribuire rimborsi o eccedenti restituibili.
Capitolo 3 - Francia: uno sforzo nella trasformazione delle imprese
L’oggetto sociale di una SCIC s’inserisce in un approccio d’utilità sociale.
I soci possono essere distribuiti in collegi e ogni collegio dispone di un numero
di voti definito liberamente negli statuti, nei limiti fissati dalla legge, cioè un
minimo del 10% ed un massimo del 50% dei voti.
Un’approvazione deve essere obbligatoriamente richiesta al Prefetto del dipartimento della sede della SCIC, valida per 5 anni. La valutazione del carattere
d’utilità sociale del progetto terrà conto “del contributo che dà a necessità emergenti o non soddisfatte, all’inserimento sociale e professionale, allo sviluppo
della coesione sociale, nonché all’accessibilità a beni e servizi79.”
PROOF
Per la propria crescita, la SCIC potrà beneficiare di molte forme di finanziamento:
▪▪ i contributi dei soci per sottoscrizione di quote sociali o contributi in conto
corrente;
▪▪ i ricavi accantonati a riserva;
▪▪ i contributi di fondi comuni d’investimento solidali per il risparmio salariale;
▪▪ i contributi di organismi finanziari di capitale di rischio in forma di sottoscrizioni ad emissioni di titoli partecipativi;
▪▪ i contributi dei risparmiatori beneficiari della riduzione fiscale per sottoscrizione al capitale di società non quotate.
Dal dicembre 2007, la costituzione delle riserve indivisibili della SCIC è esonerata
dall’imposta sulle società, il che corrobora l’attrattiva di tale nuovo statuto. Ciò
consente inoltre, sul modello delle SCOP, di costituire fondi propri.
La SCIC può anche emettere titoli partecipativi.
A causa della costituzione del suo capitale “multisocietario”, la SCIC non si
prefigge la distribuzione massiccia di rimborsi, ma la creazione di posti di lavoro
e d’attività secondo i criteri considerati per l’approvazione della sua “d’utilità
sociale”.
79 Ibid.
188
Conclusioni
Alberto Zevi
1. Il lavoro ha interessato tre paesi con una diversa ma comunque importante
tradizione di esperienze di cooperative di lavoro e sociali o comunque di azionariato tra dipendenti80.
In tutti i paesi considerati, negli ultimi decenni la cooperazione di lavoro, nelle
sue diverse forme ha avuto uno sviluppo molto significativo. In Italia le cooperative di lavoro e quelle sociali sono cresciute, in termini di occupati, più intensamente dell’insieme del settore privato. In Spagna, l’aumento pur notevole
dell’occupazione nelle cooperative e nelle Sociedades laborales è stato, fino
al 2009, meno intenso di quello manifestatosi nelle imprese private81. In tutte
le realtà studiate particolarmente significativo è stato lo sviluppo (in termini
di quantità d’imprese e di occupazione) delle cooperative di lavoro operanti
nel settore terziario. Nel caso francese e in quello italiano (in quest’ultimo soprattutto nel settore terziario) la crescita del numero d’imprese è da attribuirsi
prevalentemente alle iniziative di start-up. In Francia sono rilevanti i casi di
trasformazione d’imprese tradizionali in cooperative di lavoro. Dal 2010 in poi
si nota invece un notevole incremento di cooperative originate dall’iniziativa
di lavoratori che rilevano attività imprenditoriali in crisi. Rimangono limitati
(esclusa la Francia) gli esempi di trasferimento d’imprese ai lavoratori non derivanti da difficoltà aziendali ma conseguenti, ad esempio, all’assenza di eredi.
Anche se si è potuto verificare che nei paesi considerati la normativa generale
che disciplina l’ente cooperativo è simile, persistono alcune differenze che varrà
la pena di approfondire in un’altra ricerca.
Parzialmente diverso appare il contesto in cui le cooperative hanno operato e
80D’ora in poi per cooperative di lavoro si intenderanno sia le cooperative di lavoro vere e proprie sia
le cooperative sociali sia le imprese di proprietà dei lavoratori (comprese le sociedades laborales).
81 In Italia la crescita del PIL (e quindi dell’occupazione complessiva) è stata assai lenta. Viceversa
in Spagna, fino al 2008, la crescita del PIL è stata assai più intensa.
189
PROOF
L’esperienza spagnola e quella italiana sono quelle che hanno coinvolto il maggior numero d’imprese e di lavoratori. Quella francese interessa un minor numero sia d’imprese che di lavoratori ma presenta molti aspetti d’indubbio interesse.
Conclusioni
operano in relazione alle politiche pubbliche attuate dagli Stati interessati. Su
questo punto mi soffermerò più avanti.
Per quanto riguarda lo sviluppo, soprattutto in Italia e in Spagna, la crescita delle
cooperative ha comportato importanti processi di riorganizzazione. In molti casi,
infatti, le imprese si sono articolate in veri e propri gruppi imprenditoriali.
PROOF
Sebbene i dati a disposizione siano in tale caso ancora poco completi, i comportamenti delle cooperative verificatisi a partire dalla grande crisi finanziaria che
ha iniziato a manifestarsi nella seconda parte del 2007 e che si è successivamente acuita trasformandosi in crisi economica, sembrano avere molte analogie.
Con riferimento alle modalità con cui le cooperative di lavoro hanno affrontato
la crisi i tratti comuni sono significativi. Evidentemente le imprese cooperative
(soprattutto quelle operanti nell’industria e di meno quelle attive nel terziario)
non potevano non essere toccate dalla crisi. Ma le caratteristiche dell’assetto
proprietario e del coinvolgimento dei soci nel governo delle loro imprese hanno
permesso alle cooperative di adottare comportamenti soprattutto in termini di
flessibilità (di ogni tipo) che hanno a loro volta consentito di gestire il breve
termine spesso più efficacemente delle altre imprese. Ciò ha comportato, entro i
limiti delle possibilità, che la gran parte delle cooperative abbia sin qui preferito
fare variare i salari o le ore lavorate piuttosto che l’occupazione. Non sono
mancati casi di riduzione dell’impiego che si sono concentrati sui lavoratori non
soci ma, in generale, le cooperative hanno cercato di salvaguardare (anche, in
qualche caso, portando all’interno attività date in precedenza all’esterno) i livelli
di occupazione. L’apporto alla coesione sociale che un simile comportamento
ha dato non va sottovalutato. A differenza del comparto privato convenzionale
molto limitata è stata la pratica delle delocalizzazioni. Quest’ultimo fatto
peraltro risponde allo stretto legame che la natura propria delle cooperative le
lega al territorio d’insediamento originario.
Al contempo la natura non meramente ciclica della crisi in corso nei tre paesi considerati ha rafforzato la logica di più lungo termine tipica per molti versi
dell’ente cooperativo. Questo comportamento se supportato da idonee politiche
atte a compensare i sacrifici economici fatti nella prima fase della crisi potrebbero
consentire alle cooperative di lavoro di pesare di più nel prossimo futuro. Peraltro
la visione di lungo periodo che sembra caratterizzare l’atteggiamento delle cooperative nei tre paesi considerati appare come un’importante precondizione idonea
sia a fronteggiare i cambiamenti sia a creare le condizioni per anticiparli.
190
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
2. I tre contributi quando affrontano i punti di forza e di debolezza della cooperazione di lavoro finiscono per individuare gli stessi nodi.
In particolare due sembrano quelli che interessano l’insieme delle cooperative e
delle società di proprietà dei lavoratori attive nei tre paesi considerati.
Il primo riguarda la disponibilità di risorse finanziarie idonee a supportare la
nascita e lo sviluppo delle imprese.
2.1. Per quanto riguarda il primo punto, dai rapporti dei singoli paesi risulta
che le cooperative di lavoro incontrano una strutturale difficoltà nel raccogliere
sufficiente capitale di rischio e, contemporaneamente lamentano la scarsa disponibilità del sistema bancario o parabancario nel concedere credito.
Vale la pena di soffermarsi sui problemi indicati.
Per quanto riguarda la capitalizzazione delle cooperative di lavoro, il tratto
comune è che esse normalmente sono promosse da persone che non sono titolari
di grandi disponibilità. Anche per questo motivo i soci cercano di non rischiare
contemporaneamente lavoro e risparmi. Tenuto conto di ciò, storicamente, le
cooperative di lavoro sono riuscite ad aumentare il loro patrimonio investendo
nell’impresa tutto o gran parte degli avanzi di esercizio via via formatisi. Nelle
esperienze considerate, in generale, ciò è stato fatto destinando gli avanzi a
riserva indivisibile delle cooperative. Laddove questo è avvenuto, le cooperative
hanno potuto consolidarsi e svilupparsi. In molti casi, peraltro, o perché gli
avanzi e il cash-flow erano insufficienti o perché le esigenze d’innovazione (di
prodotto o di mercato) aumentavano o, infine, perché mutavano le condizioni di
mercato, la formazione interna di risorse da investire si sono rivelate insufficienti
a supportare uno sviluppo sostenibile. In questi casi le cooperative, non potendo
aumentare facilmente il capitale sociale, hanno iniziato ad avere problemi più
o meno seri.
Consapevoli di ciò, nei tre paesi considerati, e quasi contemporaneamente, sono
state approvate norme che puntavano a creare le condizioni di un intervento nel
patrimonio delle cooperative a investitori esterni alle stesse. Così è avvenuto in
Francia (nel 1983 e 1992), in Italia (nel 1992 e 2003) e in Spagna nel 1999.
191
PROOF
Il secondo riguarda i sistemi di relazioni che si manifestano tra le cooperative
stesse, tra queste e altre forme cooperative e tra di esse e i loro interlocutori
(privati e pubblici).
Conclusioni
Nei tre paesi, a partire dalle date indicate, si è consentito alle cooperative
(comprese quelle di lavoro) di avere soci non mutualisti in grado di apportare
appunto nuovo capitale, o comunque si è data alle cooperative la possibilità di
emettere titoli che avessero carattere di quasi - capitale.
PROOF
L’esperienza, anche se non ha mancato di rivelarsi preziosa, non sembra avere
dato i frutti che si attendevano. È peraltro interessante notare che l’insieme di
strumenti previsti dai diversi paesi è molto diversificato. Da questo punto di
vista il lavoro offre interessanti indicazioni alle organizzazioni cooperative per
valutare la loro possibile applicazione nelle singole realtà.
Se le innovazioni introdotte negli anni ’90 si sono dimostrate meno efficaci
di quanto originariamente previsto, ciò non significa che non lo siano state in
assoluto. A ben vedere il limite che ha accomunato tutte le esperienze è stato
quello di non avere creato sufficienti incentivi per raggiungere il più generale
mercato dei capitali. All’origine di ciò vi è stato il tentativo di non modificare
sostanzialmente la natura e la logica delle cooperative di lavoro82.
Peraltro, per quanto inferiori alle aspettative, l’emissione di titoli rappresentativi
di capitale o di quasi - capitale ha consentito che potessero apportare capitale
nelle cooperative, altre cooperative e/o istituzioni specializzate nell’intervento
nel comparto cooperativo. Ciò, in diverse forme è avvenuto nei tre paesi
considerati. In Francia, grazie a IDES e successivamente ad altre società create
nell’ambito della cooperazione o delle banche cooperative, è stato particolarmente
importante l’esperienza sviluppatasi facendo ricorso ai titoli partecipativi. In
Italia grazie ai Fondi per lo sviluppo della cooperazione e a Cooperazione
Finanza Impresa (CFI) sono state significative le esperienze d’intervento diretto
degli enti citati come soci sovventori o finanziatori. In Spagna con l’apporto di
altre cooperative (e nel caso delle cooperative basche del Gruppo Mondragon,
con la Caja Laboral fino agli anni ’80 e successivamente con i diversi strumenti
finanziari posti in essere dal Gruppo) molto interessanti appaiono le emissioni
di titoli di debito subordinato e perpetui emessi da alcune grandi cooperative.
Grazie a queste esperienze molte cooperative hanno avuto risorse finanziarie
nella forma di capitale di rischio o di quasi - capitale che altrimenti non avrebbero
avuto.
82 Le innovazioni introdotte hanno tutte cercato di tenere conto delle caratteristiche di fondo
dell’istituto cooperativo. Da questo punto di vista gli incentivi all’intervento di terzi sono
sembrati loro insufficienti per intervenire.
192
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
È interessante notare che tale apporto è avvenuto a favore sia di grandi cooperative
(è il caso dei titoli emessi da Eroski e Fagor in Spagna) sia di cooperative di
minori dimensioni.
Ed è pure interessante notare che l’apporto di queste istituzioni specializzate
(finanziate dal settore pubblico o da risorse della stessa cooperazione) ha avuto
almeno quattro effetti importanti.
1) ha abituato le cooperative ad avere soci “esterni”, seppur “amichevoli”, e
quindi a dover rispondere anche delle risorse messe a loro disposizione da
parte di terzi;
3) ha permesso alle cooperative interessate di dialogare meglio con gli altri
soggetti finanziatori (a partire dalle banche);
4) ha sollecitato e sostenuto (direttamente o indirettamente) la creazione di
un rapporto più stretto tra le cooperative.
Delle esperienze sviluppate meritano di essere richiamate le seguenti:
a) Fondi di sviluppo della cooperazione (esperienza italiana);
b) CFI (esperienza italiana) e IDES (esperienza francese);
c) Confidi (esperienza francese, italiana e spagnola);
d) Pagamento unico e anticipo dell’indennità di disoccupazione (esperienza
spagnola e italiana);
e) Incentivi all’aumento del capitale (esperienza francese).
f) Gruppi cooperativi (esperienza italiana e spagnola);
Vale la pena di soffermarsi sinteticamente su ognuno di essi, rimandando per i
dettagli ai singoli capitoli.
a) In Italia, l’obbligo di destinare il 3% degli avanzi di esercizio delle singole
cooperative di ogni settore a un Fondo, che a sua volta deve impiegare le
risorse ricevute a favore di nuove cooperative e al consolidamento e sviluppo di quelle esistenti ha avuto e sta avendo (anche grazie alle politiche
193
PROOF
2) ha permesso agli istituti specializzati di comprendere meglio il comportamento peculiare e la dinamica delle cooperative di lavoro;
PROOF
Conclusioni
attuate dai Fondi stessi) significative e positive conseguenze83. A ben vedere
si tratta di un’operazione di mutualità cooperativa. In particolare, per quanto riguarda le politiche va tenuto presente che il flusso di entrata di fondi
è stato da questi impiegato, in generale, non per dare contributi generici
alle cooperative, ma come sottoscrizione di capitale o come finanziamento.
Ciò ha consentito ai Fondi di avere risorse via via crescenti da impiegare
a favore degli obiettivi indicati. Al tempo stesso l’intervento in capitale,
con meccanismi diversificati per il rientro dei capitali stessi ha permesso
ai Fondi, sulla base dell’esperienza acquisita gradualmente, di partecipare
al capitale delle cooperative, riuscendo così a capire sempre di più i problemi interni delle singole unità cooperative. Ciò ha permesso d’incorporare
un’esperienza e un savoir faire di enorme valore nell’interesse di tutta la
cooperazione. L’intervento in capitale e in prestito dei Fondi a sua volta è
stato ed è un formidabile strumento per indurre i soci lavoratori delle cooperative ad aumentare il proprio apporto di capitale di rischio. Entrambe
queste azioni hanno poi rafforzato notevolmente le singole cooperative nei
rapporti con i terzi finanziatori (a partire dal sistema bancario).
Un aspetto da non sottovalutare è il fatto che le risorse raccolte dai Fondi
provengono da cooperative di ogni tipologia (di lavoro, di consumo, agricole, di credito, ecc.) e sono impiegabili ugualmente in cooperative di tipo
diverso. Questo fatto ha reso l’ammontare annuo delle entrate dei Fondi,
almeno in qualche misura, relativamente indipendente dal ciclo economico dei singoli settori. Pertanto, le possibilità d’impegno dei Fondi stessi
non hanno subito forti oscillazioni e ciò ha permesso, mediante l’impiego
di risorse provenienti da un settore in cooperative di altra tipologia, di superare fasi di particolare complessità. Ciò non sarebbe avvenuto se i fondi
fossero stati settoriali. Dunque, è rilevante evidenziare come ciò dimostri
il plus che si determina quando le cooperative di analoga tipologia creano
reti di qualche tipo tra di loro e ancora di più se le relazioni avvengono tra
cooperative di diversa tipologia.
Per molti versi l’esperienza di Mondragon (attraverso la Corporaciòn
Mondragon), che peraltro non deriva da una legge ma da accordi volontari, ha consentito e consente di giungere a risultati analoghi a quelli dei
fondi84.
83 Per le caratteristiche dei Fondi si veda il cap. 1.
84Per l’esperienza di Mondragon si veda il cap. 2. Gli accordi tra le cooperative che fanno parte
del Gruppo prevedono impegni ben più stringenti di quelli previsti per le cooperative che alimentano i Fondi italiani per lo sviluppo della cooperazione.
194
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
L’esperienza d’IDES è altrettanto interessante. Per un verso essa appare
simile a quella di CFI se si tiene conto che sorge da un’iniziativa pubblica86, per altro verso, a differenza di CFI, IDES svolge la sua attività
non solo nei confronti delle cooperative di lavoro ma anche delle cooperative di altra tipologia. Un particolare interesse suscita, nell’esperienza
d’IDES, lo sviluppo e le tecniche specifiche adottate per intervenire nelle
cooperative. Mi riferisco ai titoli partecipativi di cui si rimanda al capitolo riguardante il caso francese87.
c) Una modalità d’intervento pubblico a favore della capitalizzazione delle
cooperative di lavoro che appare interessante è quella spagnola del pago
unico, che ha il pregio di permettere la capitalizzazione di una cooperativa da parte di lavoratori disoccupati, il che pare oltremodo positivo per
l’avvio dell’iniziativa cooperativa e la rende al contempo più credibile
rispetto a eventuali terzi finanziatori. Forse un limite è di non concorrere
a creare le condizioni per un rapporto tra cooperative e di ostacolare il
trasferimento di esperienze da cooperative a cooperative. In ogni modo,
il provvedimento citato costituisce una modalità d’intervento pubblico
che certamente agevola coloro che, in quanto disoccupati, si trovano in
difficoltà, dando loro una possibilità in più. Analogo provvedimento vige
in Italia dagli anni ’90. E’ opportuno notare che in ambo i casi l’intervento pubblico ha comportato il fatto che risorse pubbliche (l’indennità di
disoccupazione) anziché essere impegnate per il solo sostegno del reddito
dei lavoratori disoccupati, grazie al pago unico o all’anticipo dell’inden85 Per un approfondimento del modo di operare di CFI si veda il cap. 1.
86Successivamente all’intervento pubblico si è aggiunto quello privato delle organizzazioni
cooperative francesi.
87 Per un approfondimento del modo di operare d’IDES si veda il cap 3.
195
PROOF
b) Analoga per molti versi è l’esperienza italiana di CFI. In questo caso si
tratta, a differenza dei fondi, di uno strumento settoriale (destinato solo
alle cooperative di lavoro e a quelle sociali) rientranti nella definizione
europea di PMI. Un’altra differenza è che la maggior parte delle risorse
provengono dallo Stato sebbene debbano essere impiegate a condizioni di
mercato. Anche in questo caso le politiche concretamente attuate da CFI
hanno permesso d’incorporare esperienza e di trasferirla alle cooperative
via via finanziate. Anche qui l’apporto di risorse in forma di capitale di
rischio ha rafforzato le cooperative sollecitando un maggiore impegno
finanziario da parte dei soci lavoratori85.
Conclusioni
nità di disoccupazione, sono impiegate in un’impresa e sostengono quindi
occupazione e produzione.
PROOF
d) Particolarmente interessante è la legislazione francese che, in varie forme
sostiene e sollecita la partecipazione dei lavoratori al capitale delle imprese. La disciplina, che riguarda la generalità delle imprese e non solo
le cooperative è stata particolarmente efficace nel caso delle cooperative
di lavoro88. Sarebbe assai interessante che gli altri paesi disponessero di
strumenti analoghi.
e) Da ultimo non si può non richiamare l’esperienza (che spesso assume forma cooperativa) dei consorzi fidi. Le forme assunte differiscono da paese
a paese. Talvolta il ruolo più rilevante lo giocano direttamente le strutture
pubbliche che forniscono garanzie ai finanziatori delle cooperative (come
in Francia dove esistono anche Consorzi fidi alimentati dalle cooperative
associate), in altri casi lo sviluppo di tali organismi è frutto dell’organizzazione autonoma delle cooperative. Gli enti che concedono garanzie
ai terzi finanziatori delle cooperative sono strumenti utili e preziosi per
agevolare le relazioni tra cooperative e istituti di credito o comunque terzi finanziatori e lo sono in particolare per le cooperative di più modeste
dimensioni e per quelle più giovani.
Ognuna delle pratiche citate ha concorso, nel contesto in cui si è affermata,
a rendere più agevole il rapporto tra le cooperative e il sistema bancario e
finanziario. Non si può peraltro tacere il fatto che tale rapporto spesso continua
a essere problematico quando il sistema bancario, per sostenere la crescita delle
cooperative o per consentire ristrutturazioni del debito, chiede alle cooperative
stesse forti e rapidi aumenti di capitale o la concessione di garanzie collaterali89.
Gli stessi titoli che le cooperative sono state in grado di emettere (azioni dei
soci sovventori o dei soci finanziatori, azioni di partecipazione cooperativa,
titoli partecipativi, obbligazioni permanenti) si sono rivelati molto interessanti
ma hanno coinvolto poche tipologie d’investitori: in generale solo le istituzioni
specializzate che abbiamo considerato. Con ogni probabilità le regole di Basilea
3 obbligheranno tutte le imprese a incrementare significativamente il capitale
88 Per l’esperienza francese riguardante l’azionariato dei dipendenti si veda il cap. 3.
89 Ciò avviene quando lo sviluppo richiede salti tecnologi o quando agli imprenditori sono richieste
garanzie personali. Per le cooperative di lavoro quest’ultima opzione è molto più difficile da
attuare a differenza di quanto accade per le piccole e medie imprese non cooperative.
196
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
di rischio90. Da questo punto di vista se le cooperative di lavoro e sociali non
si preparano, rischiano di essere ulteriormente discriminate dal mercato del
credito. È quindi ipotizzabile che le singole cooperative possano collocare i
loro prodotti finanziari direttamente sul mercato. Se quest’ultima eventualità
potrà riguardare solo poche grandi cooperative la possibilità per quelle di più
limitate dimensioni di accedere al mercato dei capitali e in particolare a quello
di rischio, sarà subordinata alla diffusione nel mercato d’intermediari, che da un
lato partecipino al capitale (o sottoscrivano un quasi-capitale) delle cooperative,
dall’altro possano raccogliere sul mercato le risorse necessarie per farlo.
f) Nei tre paesi considerati in questo lavoro si sono manifestati negli ultimi
anni fenomeni di riorganizzazione delle singole cooperative, di aggregazione tra cooperative e anche filiazione di società in forma cooperativa o
in altra forma.
Tutti questi comportamenti rispecchiano l’esigenza percepita dalle cooperative di adeguare la loro struttura ai cambiamenti del mercato. Anche
la legislazione si è evoluta per tenere conto dei nuovi problemi. Le cooperative miste spagnole e i gruppi paritetici italiani sono esempi di tale
evoluzione legislativa. Peraltro le esperienze di questo tipo suppongono
comunque che preesista un qualche tipo di rapporti tra cooperative. Le
connessioni di cui si farà cenno nel prossimo paragrafo, sembrano dunque essere la base dello sviluppo delle operazioni di fusione (o al contrario di scissione) che spesso sono la condizione per rafforzare le singole
cooperative.
3. Il secondo punto che deriva con forza dall’indagine riguarda il sistema di
connessioni e relazioni che si sviluppa tra le cooperative.
Sul problema dall’analisi comparata delle tre relazioni si può dire che vi è
correlazione positiva tra diffusione della cooperazione di lavoro e sviluppo
delle reti che le connettono.
90Gli accordi noti come Basilea 3 riguardano l’operatività degli Istituti di credito. Le condizioni
previste avranno per effetto la richiesta, alle imprese finanziabili, di aumentare in misura
significativa l’apporto di capitale o di quasi capitale da parte dei loro soci.
197
PROOF
Ovvero bisognerà creare le condizioni idonee affinché sul mercato dei capitali
si affaccino enti finanziari specializzati nell’intervento sulle cooperative.
Conclusioni
PROOF
A tale proposito spicca in tal caso l’esperienza italiana. A differenza di quanto
verificatosi negli altri paesi, in Italia (che pure è caratterizzata da molteplici
associazioni rappresentative delle cooperative) tutte le tipologie cooperative (di
lavoro, di consumo, agricole, ecc.) si riconoscono nelle stesse organizzazioni di
rappresentanza. Ciò ha consentito almeno due tipi di relazioni: da un lato quelle
di stampo più strettamente politico, derivanti dal fatto che le organizzazioni devono tenere conto dei numerosi problemi propri dei diversi tipi di cooperative;
dall’altro quelle di natura più chiaramente economica e sociale, che ha fatto sì
che si potessero immaginare strutture economiche orizzontali idonee a venire
incontro contemporaneamente alle esigenze economiche delle diverse cooperative coinvolte.
Nel primo caso l’attività di rappresentanza d’interessi e di lobby ha finito per
dare voce anche a settori cooperativi, che da soli non avrebbero potuto affermare le proprie esigenze nei confronti delle politiche attuate dai governi e delle
pulsioni provenienti dalla società. Per molti versi la cooperazione sociale in
Italia, inizialmente fenomeno marginale, si è sviluppata in misura davvero notevole, anticipando importanti mutamenti verificatisi nello stato sociale, grazie
alle spinte innovative provenienti dalla società civile, che hanno trovato un momento di coagulo e sintesi nelle associazioni di rappresentanza del movimento
cooperativo.
Nel secondo caso si sono potuti affrontare in una logica multisettoriali dei
problemi che sarebbe stato assai più difficile impostare settorialmente. A titolo
di esempio: istituzioni finanziarie e assicurative orizzontali come i Consorzi fidi,
CCFS, Unipol e Assimoco, iniziative nel campo della formazione, l’esperienza
dei Fondi per lo Sviluppo della Cooperazione.
I raccordi orizzontali tra settori cooperativi sono stati e sono tuttora un fattore
di enorme rilevanza. Se ci si riferisce alla storia degli ultimi quarant’anni si può
verificare che grazie a tali raccordi e alla conseguente possibilità di trasferire
risorse finanziarie e umane ed esperienze da un settore a un altro si è permesso
ai singoli comparti di fronteggiare momenti anche molto difficili, che in altre
situazioni si sarebbero spesso rivelati insuperabili.
Per alcuni versi l’esperienza spagnola di Mondragon (pure tanto diversa) ha
prodotto analoghi esiti.
Peraltro, appaiono altrettanto rilevanti nella cooperazione di lavoro e in quella
sociale le connessioni tra cooperative che si sono venute sviluppando attraverso
198
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
la costituzione di consorzi e che trae origine dai provvedimenti legislativi
approvati all’inizio del XX secolo e negli anni 70.
La formazione di cooperative di secondo grado (consorzi) nel comparto dell’edilizia e dei settori affini, quelle create nel settore dei servizi (CNS) e quelle (di
secondo e terzo grado) nella cooperazione sociale sono state e tuttora sono un
formidabile strumento d’iniziativa a favore del consolidamento e dello sviluppo
soprattutto – ma non solo – delle cooperative di più modeste dimensioni.
Le reti sviluppatesi costituiscono un importante fattore di coesione tra cooperative
e probabilmente spiegano in gran parte l’affermarsi della cooperazione di lavoro
nei paesi considerati. Mentre la minor diffusione del fenomeno cooperativo di
lavoro in Francia potrebbe spiegarsi appunto proprio con la minore diffusione
delle reti di collegamento.
Da quanto scaturisce dal lavoro esposto nei tre capitoli, discende con chiara
evidenza che superati gli ostacoli evidenziati la cooperazione di lavoro può dare
un significativo contributo non solo a fronteggiare il cambiamento ma anche ad
anticiparlo. In particolare, la cooperazione di lavoro potrebbe minimizzare la
perdita di risorse materiali ed umane che si manifestano nei casi di trasmissioni
d’impresa. Per quanto più volte sollecitate dall’Unione europea le politiche tese
ad affrontare questa problematica, anche con riferimento al coinvolgimento
dei lavoratori dipendenti non hanno sin qui dato risultati indicativi. Con ogni
probabilità ciò va attribuito non solo alla mancanza d’incentivi adeguati ma
anche al fatto che i titolari d’impresa non riescono a immaginare che i loro
dipendenti possano proseguire la loro attività e che gli stessi lavoratori non
riescono a immaginarsi protagonisti di un’iniziativa cooperativa. Da questo
punto di vista, le politiche intese a informare di queste possibilità ed a sostenerle
(anche mediante formazione) potrebbero accrescere ancor di più le potenzialità
della cooperazione di lavoro di guidare e anticipare il cambiamento.
Quest’ultimo punto è, con le altre indicazioni, parte integrante delle raccomandazioni generali formulate nel prossimo paragrafo che, dopo il confronto avuto
con le organizzazioni rappresentative della cooperazione di lavoro aderenti a
Cecop, sono l’esito finale del lavoro svolto.
199
PROOF
Anche in tale caso è possibile riscontrare analogie con l’esperienza di Mondragon
in Spagna.
Raccomandazioni per le politiche pubbliche
nell’ambito della ristrutturazione e
anticipazione del cambiamento
La rete imprenditoriale europea di circa 50.000 cooperative e altre imprese di
proprietà dei lavoratori attive nell’industria e nei servizi, che sono rappresentate
da CECOP quale confederazione europea, ha la responsabilità di rispondere
ai fabbisogni e alle sfide continue dell’economia europea in senso lato, e in
particolare la sostenibilità economica delle regioni, delle imprese e dei posti di
lavoro europei, e quindi anche l’accumulazione del capitale e lo sviluppo della
ricchezza generale.
Con tale spirito, mentre la maggior parte delle seguenti raccomandazioni politiche fa specifico riferimento alle cooperative (e altre imprese di proprietà dei
lavoratori) attive nell’industria e nei servizi, alcune di esse riguardano il mondo
più vasto delle imprese, poggiando interamente sull’esperienza concreta delle
nostre imprese, sia nei periodi normali sia in quelli di crisi, come rispecchia la
presente ricerca. Inoltre, alcune raccomandazioni sono legate a due aree in cui
il sistema cooperativo interagisce con il vasto mondo dell’impresa (in particolare le PMI): a) il trasferimento delle imprese ai lavoratori, e b) le cooperative
di PMI.
Focus generale sull’occupazione
Tutte le raccomandazioni riportate di seguito sono legate alla creazione e al mantenimento di un’occupazione economicamente sostenibile, obiettivo centrale della
nostra rete d’imprese e che la nostra esperienza dimostra essere fattore essenziale
per la sostenibilità aziendale. Pertanto, esse sono tutte trasversalmente connesse alle politiche occupazionali a livello UE e nazionale. Una lettura generale di
tali raccomandazioni andrebbe fatta, inter alia, dal punto di vista delle politiche
dell’occupazione.
Talune di queste raccomandazioni politiche sono rivolte alle istituzioni UE,
mentre altre puntano al livello nazionale, perché le politiche-chiave volte a
promuovere l’anticipazione del cambiamento nelle imprese spettano ad ambedue
201
PROOF
Testo approvato dal Cda della Confederazione europea delle cooperative di
lavoratori, delle cooperative sociali e delle imprese sociali e partecipative
(CECOP CICOPA-Europe), e basato sulla ricerca presentata in questo testo
Raccomandazioni per le politiche pubbliche nell’ambito della ristrutturazione e anticipazione del cambiamento
i livelli. L’interazione necessaria fra questi due livelli, quando presente, emergerà
nel testo.
1.Raccomandazioni di politiche a livello della UE
PROOF
1.1. Migliorare le disposizioni dell’UE in materia di aiuti statali e politica
industriale
▪▪ Disciplina degli aiuti di Stato. Chiediamo che siano create norme specifiche
di aiuti di Stato (coordinandosi con le politiche fiscali a livello degli Stati
membri dell’UE – si veda 2.1.), per salvare e sviluppare attività economicamente sostenibili che potrebbero chiudere, e in particolare tramite progetti
di trasferimenti di imprese ai lavoratori, realizzati in un idoneo ambiente di
supporto alle imprese.
▪▪ Politica industriale. È vitale elaborare una politica industriale generale UE
(coordinandosi con la politica industriale degli Stati membri – si veda 2.1.
sotto), con politiche tese ad anticipare il cambiamento nelle imprese attuali
e a promuovere la creazione di attività economiche che rispondano a bisogni emergenti (specie nuove bisogni sociali, sanitari e ambientali), concentrandosi anche sulla creazione di occupazione stabile a lungo termine, con
costante mobilità interna, formazione e incoraggiamento del know-how dei
dipendenti. Tale forma di lavoro è un elemento chiave della sostenibilità imprenditoriale (come lo rivela l’esperienza imprenditoriale concreta delle cooperative industriali e di servizi e altre imprese di proprietà dei lavoratori).
1.2. Lanciare un’azione specifica nell’ambito del Metodo Aperto di
Coordinamento (OMC)
Proponiamo il varo di un’azione specifica diretta dalla Commissione europea
nell’ambito del Metodo Aperto di Coordinamento per favorire le politiche nazionali citate al 2.2. (politiche tese a sostenere l’accumulo di capitale) e al 2.3.
(politiche tese a sostenere la creazione e la crescita dei sistemi, delle reti e dei
cluster imprenditoriali). Con tale azione, andrebbero cercate convergenze fra
una prima serie di Stati membri, che potrebbe poi essere allargata ad altri, se
possibile ai diversi territori regionali europei.
202
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
1.3. Promuovere meccanismi finanziari a livello UE
Coinvolgere la BEI e il FIE nelle raccomandazioni di politiche nazionali al
2.2.3.2. (creazione e rinforzo di istituzioni finanziarie non-bancarie per sviluppare le cooperative). La BEI e il FIE dovrebbero concorrere ad assistere le
banche nell’agevolare l’accesso al capitale delle cooperative e delle PMI.
1.4. Impegnarsi in nuove ricerche a livello UE
Varare ulteriori ricerche a livello europeo sulle diverse funzioni legate alla ristrutturazione e all’anticipazione del cambiamento e, inter alia, sui seguenti temi:
▪▪ l’effetto della struttura e della natura delle riserve aziendali sulla longevità
e la strategia di lungo termine dell’impresa;
▪▪ l’effetto di gruppi e consorzi imprenditoriali sull’anticipazione del cambiamento, specie in termini di mutamento strutturale;
▪▪ le misure interne di governance dell’impresa che favoriscono l’anticipazione
del cambiamento e la capacità di rispondere ai fabbisogni emergenti;
▪▪ i meccanismi che causano un superiore o inferiore livello di indebitamento
dell’impresa.
1.5. Promuovere misure a favore dell’occupazione sostenibile e, quindi,
contro la povertà e l’esclusione
Le politiche europee per l’occupazione dovrebbero promuovere la creazione
di un’occupazione sostenibile. L’occupazione sostenibile dovrebbe essere vista
non solo dal punto di vista della coesione sociale, ma anche sotto l’ottica dello
sviluppo economico a lungo termine dell’impresa: di fatto, lo sviluppo a lungo
termine di un’impresa senza continuità nei posti di lavoro è difficile da realizzare.
L’occupazione sostenibile genera la ricchezza e lo sviluppo a lungo termine dei
territori. Per risolvere la crisi attuale del lavoro che l’UE sta vivendo, non si
dovrebbe lavorare soltanto sulla creazione di nuovi posti di lavoro, ma anche sul
mantenimento di quegli attuali con misure innovative, quali i trasferimenti delle
imprese ai lavoratori. I trasferimenti riusciti mantengono più posti di lavoro di
quanti vengano generati dalle nuove imprese. Mantenere i posti di lavoro attuali
serve anche a prevenire la povertà e l’esclusione sociale di tanti lavoratori.
203
PROOF
▪▪ l’effetto leva di vari strumenti finanziari usati su fonti finanziarie esterne;
Raccomandazioni per le politiche pubbliche nell’ambito della ristrutturazione e anticipazione del cambiamento
1.6. Riforma del Regolamento sulla Società cooperativa europea (SCE)
Il Regolamento sulla SCE (società cooperativa europea) dovrebbe essere emendato per tener conto dei bisogni dei gruppi cooperativi già costituiti.
2.Raccomandazioni di politiche nazionali
PROOF
2.1.Politiche tese a creare un ambiente abilitante
▪▪ Nel settore educativo, l’esperienza imprenditoriale concreta delle cooperative e delle altre imprese di proprietà dei lavoratori attive nell’industria e
nei servizi, specie in fatto di innovazione e anticipazione del cambiamento,
andrebbe insegnata nei programmi di studio di base (conformemente all’art.
8.1. f) della raccomandazione 193 dell’OIL sullo sviluppo delle cooperative,
approvata da tutti e ventisette gli Stati membri attuali dell’UE91), e nei programmi di studi delle business schools e delle università, affinché tale esperienza possa essere meglio conosciuta dalla società europea in generale, e in
particolare dai leader politici e dagli imprenditori del futuro. Una migliore
conoscenza delle cooperative dovrebbe essere promossa anche nei sindacati e presso le persone/strutture (ragionieri, avvocati, tribunali fallimentari,
ecc) la cui missione è quella d’informare sulla creazione o sul trasferimento
delle imprese.
▪▪ Nel campo della politica industriale (riguardo alla politica industriale di
livello comunitario, di cui al punto 1.1. sopra), chiediamo un maggior sostegno all’innovazione al fine di a) prevedere il cambiamento nelle imprese
attuali e b) promuovere la creazione di attività economiche che rispondano
ai fabbisogni emergenti (in particolare i nuovi bisogni sociali, sanitari e
ambientali e ogni tipo di servizi d’interesse generale), con una visione che
considera la creazione di occupazione stabile e a lungo termine, la costante
mobilità interna, la formazione, e l’incoraggiamento del know-how dei dipendenti un elemento chiave della sostenibilità imprenditoriale. La nozione
d’innovazione dovrebbe abbracciare naturalmente quella d’innovazione organizzativa, rispetto a cui il modello cooperativo di governance democratica dovrebbe essere preso ad esempio.
91 “Le politiche nazionali dovrebbero in particolare (…) promuovere l’istruzione e la formazione
nei principi e nella pratica delle cooperative, a tutti i livelli appropriati dei sistemi nazionali di
istruzione e formazione, e nella società tutta” (si veda: www.ilo.org)
204
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
▪▪ Nel campo delle politiche di sostegno e di sviluppo dell’impresa (comprese
quelle fiscali), chiediamo che siano create norme specifiche per salvare e sviluppare le attività economicamente sostenibili che sono a rischio di chiusura,
in particolare mediante progetti di trasferimenti delle imprese ai dipendenti
in un idoneo ambiente di sostegno all’impresa, coordinandosi con le politiche
di aiuti di Stato al livello comunitario (si veda il punto 1.1.1 sopra).
2.2.Politiche tese a sostenere l’accumulazione di capitale
▪▪ Poiché le loro quote finanziarie sono, nella maggior parte dei casi, non immediatamente restituibili, ai soci-lavoratori delle cooperative di servizi e
industriali dovrebbe essere concessa la detassazione completa della propria
partecipazione finanziaria all’impresa e a tale fine dovrebbero potere contrarre prestiti con meccanismi limitati di garanzia.
▪▪ In particolare, i meccanismi finanziari volti ad aiutare i lavoratori a investire
nelle imprese in crisi o senza successore, per facilitare i trasferimenti d’impresa nei dipendenti, in particolare in forma cooperativa, sono fortemente
sollecitati.
▪▪ Dette politiche, che incoraggiano i lavoratori a partecipare al capitale e
ai risultati economici delle proprie imprese, andrebbero incoraggiate mediante concreti meccanismi fiscali anche nelle altre forme d’impresa, con
la necessaria tutela legale e la corrispondente quota di partecipazione alla
governance, alla supervisione, alla presa di decisioni e alla responsabilità
nell’impresa.
2.2.2. Sviluppo delle riserve delle imprese
Allo scopo di promuovere un più efficace finanziamento delle imprese cooperative, si dovrebbe considerare una completa detassazione delle riserve indivisibili (vale a dire le riserve che non sono divisibili neanche in caso di liquidazione e
che quindi sono usate per promuovere le imprese cooperative in genere).
▪▪ Si sollecitano norme legali che istituiscano delle riserve indivisibili completamente detassate (vale a dire riserve con un blocco sull’attivo) nelle cooperative di tutti quegli Stati membri UE in cui le riserve indivisibili non sono
205
PROOF
2.2.1. Partecipazione dei dipendenti al capitale dell’impresa
Raccomandazioni per le politiche pubbliche nell’ambito della ristrutturazione e anticipazione del cambiamento
già previste dalla legislazione. Nei paesi in cui le riserve indivisibili sono
già presenti nella legislazione, si chiede la detassazione completa di tali riserve. Effettivamente, le riserve indivisibili anche alla liquidazione si sono
rivelate uno strumento utili a mantenere e sviluppare a lungo termine le
imprese nei territori dove sono situate, nonché i loro posti di lavoro. Inoltre,
sono un elemento vitale dei sistemi di solidarietà tra generazioni.
PROOF
▪▪ Si esorta la promozione di ulteriori meccanismi per le cooperative e per le
altre imprese di proprietà dei lavoratori attive nell’industria e nei servizi,
quali la non- (o non immediata) distribuzione degli utili della cooperativa e
la rivalutazione delle quote dei soci (secondo meccanismi da definire e indipendenti dal mercato azionario), che dovrebbe essere incoraggiata e tutelata
per legge.
▪▪ La possibilità di ricorrere ad altre forme d’accumulazione di capitale non
restituibile per aiutare le imprese a ridurre il proprio livello d’indebitamento
ed, al contempo, un maggiore accesso a programmi d’investimento produttivo per un’efficace previsione del cambiamento, andrebbero esplorati e
incoraggiati in tutti i tipi d’impresa.
2.2.3. Meccanismi finanziari sistemici per l’accumulazione di capitale produttivo
▪▪ Chiediamo che venga introdotto per legge l’obbligo per tutte le cooperative
a dare una percentuale del proprio fatturato o dei propri risultati per concorrere a creare nuove cooperative, rafforzare quelle esistenti e trasformare
le imprese a rischio di chiusura in cooperative (come già avviene in Italia
con una legge nazionale che obbliga tutte le cooperative a dedicare il 3%
dei propri risultati a fondi di solidarietà che sviluppano cooperative, si veda
il capitolo italiano di questa ricerca). Quei fondi di solidarietà andrebbero
gestiti sotto il controllo delle organizzazioni cooperative stesse per tutte le
cooperative ad esse affiliate. Come strumento concreto di politica economica, quei fondi di solidarietà andrebbero usati per investire in determinati
settori strategici.
▪▪ Inoltre chiediamo politiche a favore della creazione e del rafforzamento di
istituzioni finanziarie non bancarie dedicate allo sviluppo delle cooperative
e delle altre imprese di proprietà dei lavoratori attive nell’industria e nei
servizi, che siano ben radicate nel movimento cooperativo, che cooperino
tra loro e che possano, inter alia:
▫▫Fungere da mediatori fra queste reti e i mercati finanziari, le banche e gli
206
Al di là della Crisi: Cooperative, Lavoro, Finanza
investitori istituzionali, con l’emissione di strumenti finanziari senza diritto di voto, sia restituibili (come le obbligazioni classiche) sia non restituibili (quali le obbligazioni partecipative che possono restare come fondi
di investimento nelle imprese per un periodo indefinito, e possono quindi
aumentare la capacità delle imprese di ottenere prestiti bancari per finalità
produttive). Inoltre, le politiche pubbliche dovrebbero promuovere l’interazione con le banche e gli investitori istituzionali al fine d’incoraggiare la
sottoscrizione di questi nuovi strumenti finanziari.
▫▫Favorire meccanismi comuni di garanzia.
▫▫Gestire fondi comuni fra le imprese.
2.3. Politiche tese a sostenere la creazione e il rafforzamento di reti di
aziende e cluster
▪▪ La creazione e il rafforzamento di istituzioni mutuali di sostegno alle imprese fra cooperative industriali e di servizi, nel campo del finanziamento,
della formazione e educazione, dei servizi di consulenza imprenditoriale e
legale ecc., di proprietà comune, e controllati in comune da imprese che le
usano, vanno promossi.
▪▪ In particolare, sollecitiamo la promozione, la creazione e il rafforzamento di
istituzioni di sostegno imprenditoriale che si dedicano in parte o interamente a dare consulenza ai lavoratori nelle imprese a rischio di chiusura, per
gestire l’intero procedimento dei trasferimenti di imprese ai dipendenti.
▪▪ La creazione e il rafforzamento di vari generi di gruppi, consorzi e reti fra
cooperative industriali e di servizi, in particolare i gruppi paritari (gruppi fra uguali) intesi a elaborare strategie imprenditoriali comuni ed a mutualizzare servizi comuni di sostegno imprenditoriale (per es. in R & S,
formazione, consulenza, piattaforme comuni di produzione e servizi, ecc)
risultano essenziali per lo sviluppo di un’impresa e vanno promossi in modo
rigoroso.
▪▪ Lo sviluppo delle cooperative e di altri gruppi orizzontali simili volti a generare strategie comuni e a mutualizzare servizi di supporto imprenditoriale
andrebbe incoraggiato non solo fra le cooperative, ma tra le PMI in genere.
207
PROOF
▪▪ La possibilità di applicare tali norme a tutti i tipi d’impresa dovrebbe essere
esplorata.
In controtendenza rispetto allo scenario disegnato dalla crisi economica e finanziaria del 2007/2008, questo libro evidenzia la resistenza dimostrata dalle cooperative
e dagli altri tipi d’imprese proprietà dei lavoratori attivi nel settore industriale e dei
servizi. Il presente studio, inoltre, prende in esame lo sviluppo di queste imprese nel
corso deglu ultimi decenni. Focalizzando la propria attenzione su tre paesi, Italia,
Spagna e Francia, la ricerca dimostra che:
 In Italia, a partire dagli anni Settanta, queste cooperative hanno registrato un
maggiore tasso di crescita in termini di posti di lavoro creati rispetto all’intero
settore privato.
 In Spagna, si sono creati diversi grandi gruppi d’impresa in grado di garantire
lavoro sicuro, fra cui Mondragon, diventato fra i setti principali gurppi nel paese.
 In Francia, tra il 1989 e il 2010 oltre 700 imprese a rischio fallimento sono state
trasformate in cooperative.
Le cooperative sono state certamente colpite dalla crisi ma, in generale, ne hanno
affrontato gli effetti a breve termine in modo più efficace rispetto a molte altre
imprese convenzionali, ed hanno saputo mantenere meglio i livelli occupazionali.
Cosa ancora più importante, le natura non ciclica della crisi ha reso più forte il loro
approccio basato su processi a lungo termine, pre-requisito fondamentale sia per le
strategie di cambiamento che per l’anticipazione del cambiamento stesso.
Questo è un libro che aiuta a riflettere, comprendere e agire.
Felice Scalvini,
Presidente di Cooperatives Europe,
Vice Presidente dell’Alleanza Cooperative Internazionale
A proposito di CECOP
CECOP - CICOPA Europe è la Confederazione europea delle cooperative e degli altri tipi d’imprese
proprietà dei lavoratori attive nei settori dell’industria e dei servizi. Raggruppa federazioni nazionali
in 16 paesi europei che a loro volta rappresentano 50 000 imprese attive nel settore per un totale di 1.4
milioni di soci lavoratori. Tra queste, 9 000 sono cooperative sociali, con circa 270 000 lavoratori.
CECOP
ISBN: 9782930651002
CICOPA Europe
European House of Cooperatives
Avenue Milcamps 105 - BE-1030 Brussels
Tel. +32 2 543 10 33 / Fax +32 2 543 10 37
E-mail: [email protected]
Sito Web: www.cecop.coop
9 782930 651002