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’eterna interazione tra atmosfera e
mare
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La temperatura del mare raggiunge i valori più alti nei primi
metri che sono in grado di assorbire circa l’80% dell’energia
solare incidente, diminuisce con la profondità fino a circa 50
m (il cosiddetto termoclino) e infine raggiunge una temperatura costante che, nel mar Tirreno per esempio, è di circa
10°C. Esiste un legame molto stretto tra la temperatura dell’aria e del mare; non a caso, un qualunque bollettino sullo
stato del mare parte sempre da una corrispondente informazione di natura meteorologica. L’interazione tra l’aria e il mare
avviene in maniera continua e con conseguenze immediate
sulle condizioni meteorologiche e sullo stato del mare. Gli
oceani sono in grado, perciò, di influenzare profondamente
la circolazione atmosferica e il clima a causa della loro estensione e della loro capacità di immagazzinamento del calore
che è circa 800 volte quella dell’aria. Nel Mediterraneo, in
particolare, la presenza di un mare caldo e della notevole
conseguente evaporazione riesce a dare contributi rilevanti
di energia ai sistemi nuvolosi in transito, accentuando condizioni di instabilità atmosferica; le brezze sono causate da una
differenza di temperatura tra l’aria e l’acqua del mare. Ma,
nel Mediterraneo poche sono le stazioni di monitoraggio della
temperatura del mare e questa mancanza di osservazioni rappresenta il vero motivo per il quale tutti i modelli fisico-matematici utilizzabili per simulare il movimento delle perturbazioni atmosferiche talvolta sbagliano le previsioni!
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ira la tramontana! No, sbagli: è
grecale
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Per gli amanti del mare è importante imparare a conoscere i
venti perché, in base alla loro direzione di provenienza, si
possono prevedere con largo anticipo le condizioni meteo
marine ed evitare così di trovarsi lontani dalla costa con un
mare che si gonfia improvvisamente e che può rendere difficile il ritorno a terra. Per denominare i venti, le popolazioni del
Mediterraneo fanno ricorso alla rosa dei venti che è una rappresentazione grafica della loro direzione di provenienza. Già
nel medioevo i naviganti la associavano alla bussola, accomunando i venti ai punti cardinali ed essa apparve per la
prima volta nell’Atlante Catalano, una carta nautica del 1375.
Secondo l’ipotesi più antica, il suo centro corrisponde all’isola di Creta e questo spiega l’origine dei nomi della maggior
parte dei venti: il libeccio, vento caldo di Sud Ovest, proveniente dalla Libia e portatore di cattivo tempo; lo scirocco,
vento caldo di Sud Est, proveniente dalla Siria e apportatore
di piogge, la tramontana, vento freddo e secco che spira da
Nord attraverso i monti (trans montes) della Macedonia e della
Grecia; il grecale, vento freddo e asciutto di Nord Est, proveniente dalla Grecia, tipico della stagione invernale; il Maestrale, vento freddo di Nord Ovest, proveniente da Roma,
soprannominata nell’antichità “magistra”; il Levante e il Ponente venti provenienti da Est e da Ovest, cioè dai punti in
cui il Sole sorge e tramonta; l’Ostro, vento debolissimo proveniente da Sud che deriva dal latino auster.
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ra il tempo non ha più segreti. Ma
prima…
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Chiunque oggi attraverso i mass media segua le previsioni
del tempo dà per scontato che da sempre sia stato possibile
usare strumenti di misurazione dei fenomeni atmosferici. Ma
non è così! Fino al 1600 la Meteorologia era fondata solo
sulle affermazioni di Aristotele che, nei ben quattro volumi
del trattato Meteorologica, traeva conclusioni, spesso errate,
a partire solamente dalla mutua attrazione del caldo e del
freddo e dalle evaporazioni prodotte dal Sole. Il passaggio
della meteorologia dal mondo del pressappoco al rango di
scienza avviene attraverso la costruzione dei primi strumenti
di misura dei diversi fenomeni naturali. Agli inizi del 1600,
Galilei costruì il termometro ad acqua per misurare la temperatura dell’aria e il suo allievo, Torricelli, il barometro a mercurio per misurare la pressione atmosferica; nel 1783, lo svizzero De Sausurre costruì l’igrometro per misurare l’umidità
dell’aria attraverso la variazione di lunghezza dei capelli. Il
vero salto in avanti avviene nel 1653, quando Ferdinando II
di Toscana, cominciò a raccogliere i dati meteo di alcune città
europee e a confrontarli tra loro. Durante la guerra di Crimea,
nel 1854, una violenta tempesta causò gravi perdite alla flotta anglo-francese. Un’inchiesta stabilì che quella perturbazione, con un’efficiente rete meteorologica, sarebbe stata prevista. Fu quella la spinta decisiva alla cooperazione internazionale per la previsione meteorologica in tempo reale resa successivamente possibile grazie all’invenzione del telegrafo.
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uei puntualissimi temporali estivi
sulla città di Napoli
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Molti napoletani, attenti osservatori di fenomeni naturali,
hanno notato che a Napoli, in estate e di pomeriggio, fenomeni temporaleschi isolati capitano sistematicamente e, quasi sempre alla stessa ora, in alcune zone della periferia nordorientale. Cercherò qui di dimostrare la realtà scientifica di
tale osservazione. La città di Napoli è affetta, come tutte le
aree metropolitane, dall’isola di calore urbana: una bolla di
aria calda che trae origine dal particolare tessuto urbano,
costituito da materiali quali asfalto, calcestruzzo, mattoni e
cemento che assorbono molto più energia solare delle zone
periferiche rurali. Nelle serene giornate estive pomeridiane,
quando la differenza di temperatura fra l’aria e il mare è massima, le intense brezze diurne che provengono sempre da Sud
Ovest sono in grado di spostare l’intera bolla d’aria calda
verso le zone interne periferiche di Nord Est che, quindi, divengono le aree più surriscaldate della città. Su queste aree
nascono movimenti spontanei d’aria calda verso l’alto che
ad una certa altezza incontra strati più freddi e si trasforma
nelle tipiche nuvole estive chiamate cumuli. Se poi, all’interno di queste nuvole la diminuzione di temperatura continua
a causare ulteriori fenomeni di condensazione, il calore liberato fornisce il carburante necessario per un’intensificazione
delle correnti ascendenti e la formazione di nubi a sviluppo
verticale che possono all’improvviso causare rovesci temporaleschi localizzati.
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iove? È un’impressione: il modello
matematico prevede sole
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I lettori si saranno sicuramente chiesti più volte come mai,
per esempio, sia caduta pioggia sebbene gli esperti di meteorologia di tv e giornali avessero previsto bel tempo e viceversa.
Colpa dei meteorologi? Non solo! Per le previsioni, difatti,
oggi si utilizzano i modelli fisico-matematici, complessi programmi informatici che simulano il movimento delle perturbazioni atmosferiche. I computer, però, sono in grado di risolvere, con una velocità elevatissima, solo operazioni semplici mentre nella realtà le equazioni che descrivono l’atmosfera contengono algoritmi molto più complessi: si è, perciò,
costretti ad utilizzare soluzioni approssimate delle equazioni
e ad introdurre inevitabilmente degli errori. Ma per una corretta previsione occorre conoscere con precisione anche il
tempo che fa, mentre, purtroppo, le osservazioni a Sud dell’Italia, soprattutto nel Mediterraneo, sono assai carenti per
cui i modelli previsionali partono già con un dato incompleto che li rende ulteriormente imprecisi. Inoltre, in Italia siamo particolarmente sfortunati perché in questi modelli risulta particolarmente difficile tradurre in formule matematiche
l’influenza delle montagne e noi abbiamo le Alpi e, importantissimi al Sud, gli Appennini. In ultimo, è da ricordare che
l’atmosfera è il regno del caos: il battito delle ali di una farfalla in Giappone può determinare un nubifragio in Italia anche
un mese dopo. Anche gli errori di previsione, però, possono
servire a rendere più affidabili le previsioni del futuro.
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apoli d’estate, ovvero, la città con
due Soli
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Il micidiale anticlone africano che, in estate e per più giorni ,
è solito imprigionare l’intera penisola all’interno di una bolla
d’aria umida e rovente, al posto del più mite anticiclone delle
Azzorre, è in grado di determinare una quasi completa immobilità delle masse d’aria, temperature di circa 5 gradi superiori alle medie stagionali e valori elevati di umidità con
condizioni di grave disagio per le persone. Basti pensare che
una temperatura di 30 gradi, con un’umidità dell’80%, viene
percepita come una temperatura di circa 43°C. Questo scenario meteorologico risulta molto più accentuato nella città
di Napoli che, stretta tra mare e colline, presenta una notevole cementificazione del suo territorio, piazze piastrellate da
materiale lavico e un centro storico costituito da vicoli stretti
ed edifici molto alti, le cui pareti intrappolano i raggi solari,
continuamente riflessi come palline di ping-pong. In estate,
nelle ore più assolate del pomeriggio, l’asfalto e le pareti esterne degli edifici di Napoli raggiungono temperature superiori
ai 70 gradi. Tutto questo determina un’intensificazione della
cosiddetta isola di calore urbana che per i napoletani si traduce in un ulteriore disagio climatico. È curioso osservare
che, da calcoli effettuati, risulta che a Napoli, in estate, nelle
ore di massima insolazione, splendono due Soli: O Sole mio
che diventa sempre meno visibile per l’aumento della nuvolosità e la città stessa in grado di riemettere la stessa quantità
di energia termica indotta dal Sole.
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