il rapporto di causalità

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“IL RAPPORTO DI CAUSALITÀ”
PROF. GIANLUCA D’AIUTO
Università Telematica Pegaso
Il rapporto di causalità
Indice
1
L’ART. 40 DEL C.P., IL NESSO CAUSALE TRA CONDOTTA ED EVENTO COME CRITERIO DI
IMPUTAZIONE OGGETTIVA DEL FATTO AL SUO AUTORE --------------------------------------------------------- 3
2
LA TEORIA CONDIZIONALISTICA ------------------------------------------------------------------------------------ 6
2.1.
PRETESE INSUFFICIENZE DELLA TEORIA CONDIZIONALISTICA (ESEMPI DI CAUSALITÀ ALTERNATIVA, IPOTETICA
E CAUSALITÀ ADDIZIONALE) E RELATIVI CORRETTIVI (RIFERIMENTO ALL’EVENTO CONCRETO E AL DECORSO CAUSALE
EFFETTIVO) -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
2.2.
LA TEORIA CONDIZIONALISTICA ORIENTATA SECONDO IL MODELLO DELLA “SUSSUNZIONE SOTTO LEGGI
SCIENTIFICHE” -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
3
LA TEORIA DELLA CAUSALITÀ ADEGUATA --------------------------------------------------------------------- 11
4
LA TEORIA DELLA CAUSALITÀ UMANA -------------------------------------------------------------------------- 13
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Il rapporto di causalità
1 L’art. 40 del c.p., il nesso causale tra condotta ed
evento come criterio di imputazione oggettiva del
fatto al suo autore
Il nesso di causalità è la relazione che lega, in senso naturalistico, un atto o un fatto con
l'evento che vi discende. Da un lato la prospettiva di chi agisce, dall'altro la prospettiva
dell'osservatore cui perviene il risultato dell'azione. Nella dinamica descritta, la sintesi delle due
prospettive si chiama nesso (da nectere, legare), ed altro non è che la forza naturalistica che causa
l'evento. Il nesso di causalità è il rapporto fra le due prospettive, studiato al fine di ricavare la
riconducibilità di un dato evento all'atto/fatto presupposto. Ciò che presuppone l'evento, dunque, è
un fatto ovvero un atto. Nel caso si tratti di un atto, questo può prendere le forme di una data
condotta umana, e il prodotto di quella condotta viene giuridicamente individuato come evento. Nel
caso si tratti di un fatto, questo viene considerato per lo più irrilevante per il diritto penale. Gli artt.
40 e 41 del codice penale hanno recepito la teoria della condicio sine qua non, secondo cui la causa
è ogni condizione dell’evento senza la quale l’evento non si sarebbe verificato (c.d. diritto positivo),
mettendo però una disposizione assai controversa, “limitativa”, prevista nel secondo comma
dell'art.41 c.p., ovvero le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da
sole sufficienti a determinare l'evento. Infatti, tale disposizione è alquanto contraddittoria in quanto
non è dato di ipotizzare concause da sole sufficienti a causare l'evento, ove letta accanto all'art. 40
sarebbe superflua, ed ove letta quale limitazione della causalità condizionalistica equivalente è
inutile, ingiusta o di nulla applicazione (dovrebbe ipotizzarsi una serie causale parallela a quella
efficiente, la quale rimane condicio sine qua non dell'evento). A chiarire tale disposizione, in piena
coerenza con quanto riportato dal codice, si è espressa la Corte Suprema di Cassazione la quale ha
stabilito che l'evento previsto nel secondo comma è frutto di “fattori concausali” sopravvenuti di
carattere eccezionale, ovvero imprevedibili e anormali. La suprema Corte ha quindi ristabilito la
giusta comprensibilità logica dell’anzidetta previsione normativa. Tuttavia, occorre precisare come
non risulti conforme alla giustizia il diverso trattamento delle cause sopravvenute rispetto a quelle
concomitanti o antecedenti. Al fine di evitare effetti aberranti di una siffatta applicazione, sarà
necessario applicare l'analogia in bonam partem1 facendo ricorso a tutti i dati sulla causalità (art.411
Ricordiamo che, l'analogia nell'ambito del diritto penale, è espressamente esclusa come disposto dall'art. 14 delle
preleggi: "le leggi penali e quelle che fanno eccezione ai principi generali non si applicano oltre i casi e i tempi in
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45, ivi compreso caso fortuito e forza maggiore). Importante nel caso dell'omissione il fatto che il
nesso causale sussiste solo quando questa sia stata indispensabile per la realizzazione dell'evento, e
che il reo non abbia avuto ostacoli nel poter agire. L'art. 40 inoltre, stabilisce che questo
impedimento dell'evento deve essere un obbligo giuridico sancito dalla legge. Descritto il concetto
in esame, inteso come relazione tra la condotta e la sua conseguenza, si pone il problema di
individuare quali fatti possono intendersi come “causa”. La dottrina ha elaborato diverse teorie in
proposito, nei paragrafi successivi esamineremo le più importanti. “Per chiarire meglio cosa si
intende per nesso di causalità occorre a questo punto fare una distinzione tra le due diverse
categorie di reati, ovvero, di mera condotta e con evento naturalistico. Nella seconda la tipicità è
descritta da un evento, in genere dannoso (ma non sempre, come ad esempio potrebbe essere il caso
del reato di incendio, ove l'evento è indubbiamente di pericolo rispetto al bene dell'incolumità
pubblica) che rappresenta il centro della figura e rispetto al quale la condotta è tratta mediante un
processo deduttivo in relazione alla sua portata eziologia, ciò in quanto non è umanamente possibile
selezionare in anticipo tutte le condotte potenzialmente eziologiche di un evento. Tenendo presenti
tali figure, la tipicità della fattispecie è ricavabile con un combinato disposto tra la norma di parte
speciale e quella di parte generale, la quale disciplina una volta e per tutte le regole rispetto alle
quali il giudice è chiamato a riscontrare la presenza del rapporto di causalità. Per questo può
affermarsi che le norme sul nesso di causalità rappresentano delle clausole generali che si
coniugano con tutte le figure di reato caratterizzate dalla esistenza di un evento naturalistico. Il
problema della causalità penale è quindi attinente al principio di materialità e rappresenta il
momento oggettivo del reato sia come visualizzazione della sua esistenza (nel senso che se si
stabilisse che un evento non è causato da un'azione umana non si sarebbe in presenza di una
fattispecie penalmente rilevante), che in relazione al riscontro del profilo dell'offensività.
All’interno del nostro ordinamento penale si riscontrano negli articoli 40 e 41 del codice i
esse considerati". L'esclusione dell'applicazione dell'analogia, sia legis che iuris, nel diritto penale, si desume, altresì,
dagli artt. 1 e 199 del c.p., secondo i quali nessuno può essere sottoposto a pena o a misura di sicurezza se non sulla
base di una norma di legge ed a quanto previsto dall'art. 25 della Costituzione secondo cui "nessuno può essere punito
se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fato commesso". Si discute in dottrina se l'analogia,
sulla scorta del summenzionato art. 14 delle preleggi, debba essere esclusa dall'ambito del diritto penale oppure il
generale divieto debba essere riferito esclusivamente all'analogia in malam partem residuando l’ambito di
applicazione per l'analogia in bonam partem. L'analogia in bonam partem riguarderebbe le cause di giustificazione, le
cause di esclusione della imputabilità e della punibilità. Secondo la dottrina prevalente, stante la ratio del divieto
dell'analogia da ravvisarsi nell'esigenza di tutela della libertà individuale delle persone, l'analogia in bonam partem
dovrebbe ritenersi ammissibile, salvo verificare se la norma, della quale si richiede l'applicazione analogica, non
abbia il carattere eccezionale di cui all'art. 14 delle preleggi.
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riferimenti normativi di tale clausola generale. Nell’art. 40 c.p. si impone al giudice, quale momento
della tipicità della fattispecie, di accertare la causalità tra condotta ed evento, precisando al
successivo comma l'equivalenza giuridica tra il “cagionarlo” e il “non impedirlo”, dotando in tal
modo di valenza giuridica la figura del reato omissivo improprio. Nell’art. 41 c.p. vengono posti i
limiti in senso negativo di tale rapporto, in presenza di cause ulteriori, sia umane che naturali, le
quali abbiano contribuito, unitamente alla condotta incriminata, alla produzione dei suoi effetti. Da
una lettura effettuata non in simbiosi dei due articoli potrebbe sembrare che il legislatore sia incorso
nell'omissione di disciplinare in base a quali regole il giudice debba compiere la sua valutazione
sulla esistenza del nesso causale, limitandosi a richiedergli di rilevarne l'esistenza. Se così fosse, si
potrebbe arguire l' incostituzionalità dell'intera disciplina sulla causalità per mancanza di tassatività.
La situazione non risulta in questo modo per due motivi fondamentali:
la causalità compenetrandosi al campo scientifico - naturalistico, può essere tranquillamente
recepita dalla legge, senza bisogno di alcuna sua interposizione, come si verifica nel caso in cui tutti
gli elementi naturalistici del reato, come ad esempio il concetto di morte nelle figure di omicidio;
la seconda scaturisce da una lettura compiuta congiuntamente degli articoli 40 e 41 del c.p.
che pone il dettato normativo del secondo degli articoli quale “limite giuridico all'applicazione dei
criteri scientifici sulla causalità”.
Tenendo presente quanto suddetto, a volere interpretare il dato normativo, si può affermare
che la causalità penalmente rilevante è quella desumibile da leggi scientifiche, con i limiti previsti
all'art. 41 (le c.d. concause). Successivamente avremo modo di specificare varie teorie, ma è
fondamentale per una visualizzazione organica della materia da trattare porre in evidenza che, il
problema della causalità investe i reati dolosi, rispetto ai quali è credibile che il soggetto, volendo
l'evento, operi un controllo personale sul fatto anche dopo aver messo in pratica la condotta e,
quindi, è probabile che riesca ad annullare altri fattori che potrebbero, combinandosi con la sua
condotta, dar vita ad un evento diverso rispetto alla sua programmazione, ma anche quelli colposi
nei quali, non volendosi alcun evento, è possibile che la condotta negligente si sposi con altri fattori
causali e solo insieme ad essi lo produca.”
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2 La teoria condizionalistica
Secondo la teoria condizionalistica, definita anche dell'equivalenza, per causa deve
intendersi qualsiasi condizione antecedente che ha prodotto un determinato evento. In altri termini,
è causa ogni condizione necessaria, ossia ogni fatto la cui presenza è stata indispensabile per il
verificarsi dell'evento. Per accertare l'esistenza del nesso condizionalistico si utilizza il
procedimento di eliminazione mentale, definito condicio sine qua non: è causa ogni fatto che se
eliminato, cioè non considerato, fa venire meno l'evento. Tale teoria presenta diversi limiti:
comporta il regresso all'infinito nell'individuazione degli antecedenti causali logicamente
inseribili tra le condizioni dell'evento (es. i genitori dell'omicida);
non spiega in maniera esauriente i casi poco chiari, infatti, nel cui processo causale
intervengono ulteriori fattori, come nelle ipotesi di causalità alternativa ipotetica (es. l'incendio
della casa del sig. Rossi non avviene per la dinamite posizionata a questo scopo, ma per le fiamme
propagatesi da un podere vicino) e di causalità addizionale (es. l'avvelenamento di Tizio ad opera di
Caio e Mevio), nonché quelle in cui sopravviene un causa che da sola è sufficiente a determinare
l'evento (es. il sig. Nero, ricoverato in ospedale per le lesioni provocate dall'automobilista
Sempronio, muore per lo scoppio di un incendio).
La dottrina più recente (Stella e Fiandaca - Musco) ha rimodernato la teoria
condizionalistica attraverso i seguenti elementi correttivi:
la valutazione dei fattori, dolo e colpa, delimitano l'ambito di rilevanza dei possibili
antecedenti del risultato lesivo, sanando in questo modo l'obiezione del processo di regressione
all'infinito;
la considerazione dell'evento concreto, cioè verificatosi con queste modalità e in questo
momento (non dell'evento astratto), smonta l'obiezione relativa alla causalità alternativa ipotetica,
mentre la valutazione della lesività del singolo fattore causale considerato vanifica la critica
riguardante la causalità alternativa addizionale;
il metodo generalizzante di spiegazione causale, caratterizzato da leggi generali che
individuano rapporti di successione regolare tra azione criminosa ed evento, considerati come
accadimenti ripetibili (cioè non unici), ha risolto il principale problema della teoria
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condizionalistica, relativo alla conoscenza in anticipo dei rapporti di derivazione tra determinati
antecedenti e conseguenti. In altri termini, l'accadimento particolare va spiegato in base ad una
legge generale di copertura, ossia ad una legge scientifica, che in alcuni casi è universale (in quanto
ad un evento si accompagna sempre un altro evento), in altri (i più frequenti) non può che essere
statistica (ad un certo evento si accompagna un altro evento in un'elevata percentuale di casi.
L'evento, cioè, è solo probabile, sia pure in misura notevole). Ciò in quanto è praticamente
impossibile rinvenire tante leggi universali quante sono le condizioni implicate nella produzione
dell'evento. Dunque, l'accertamento del nesso causale da parte del giudice comporta che egli ricorra
(nella maggior parte dei casi) a leggi statistiche e quindi avrà carattere probabilistico. Pertanto, nelle
ipotesi in cui non si possiedono conoscenze soddisfacenti sul meccanismo di produzione del
fenomeno, come nei casi del talidomide (il preparato farmaceutico ingerito negli anni sessanta da
donne durante la gravidanza: quasi tutte partorirono figli con malformazioni congenite) e delle
macchie blu (la comparsa di manifestazioni cutanee patologiche negli abitanti di una zona in cui era
collocata una fabbrica di alluminio che emetteva fumi all'esterno), la spiegazione statistica può
condurre all'individuazione di un nesso causale penalmente rilevante, sulla base degli elementi di
prova raccolti.
Concludendo, si può dire che la teoria condizionalistica tradizionale, per essere sostenibile,
deve essere corretta dal meccanismo della sussunzione del fatto sotto leggi scientifiche. La
giurisprudenza tradizionale si riallaccia alla teoria della causalità umana, mentre gli orientamenti
più moderni aderiscono alla teoria condizionalistica rivisitata sotto il modello delle leggi
scientifiche.
2.1.
Pretese insufficienze della teoria condizionalistica
(esempi di causalità alternativa, ipotetica e causalità
addizionale) e relativi correttivi (riferimento all’evento
concreto e al decorso causale effettivo)
Secondo la teoria della causalità naturale o teoria della condicio sine qua non, per la
causalità nel reato è sufficiente una qualsiasi azione che abbia posto in essere un fatto antecedente,
ritenuto indispensabile per la realizzazione dell'evento. Questa teoria è stata considerata
eccessivamente severa e aberrante, in alcune applicazioni pratiche, da molti giuristi. Analizziamola
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meglio. In primis occorre chiarire che, la causalità è diversa dal giudizio di responsabilità. La teoria
della condicio sine qua non si può applicare tramite il procedimento dell’eliminazione mentale,
ovvero se eliminando l’azione l’evento rimane, l’azione non è causale. Questo modo di procedere è
soddisfacente dal punto di vista della tassatività e della certezza ma non funziona per i casi
complessi e si è anche rilevato che questa teoria se portata alle estreme conseguenze porterebbe a
considerare causali anche i remoti antecedenti delittuosi, un regresso all’infinito per cui si potrebbe
sostenere che un omicidio sia da far risalire anche ai genitori dell’omicida che procreandolo
avrebbero posto le condizioni dell’evento. Il procedimento dell’eliminazione mentale presenta
ulteriori inconvenienti. Supponiamo che, in mancanza dell’azione del reo, l’evento sarebbe stato
ugualmente prodotto da una causa intervenuta all’incirca nello steso momento, è questo il caso della
causalità c.d. alternativa-ipotetica, come nel caso in cui il sig. Rossi uccide il sig. Nero un istante
prima che quest’ultimo prenda posto su di un aereo, che poco dopo il decollo precipita, cosicché
sarebbe con ogni probabilità deceduto ugualmente. Nel caso in cui invece l’evento sia prodotto dal
concorso di più condizioni, ciascuna capace di produrre da sola il risultato, si ha la causalità c.d.
addizionale. Nel caso di specie poniamo come esempio il caso in cui Tizio e Caio, i quali con azioni
reciprocamente indipendenti, propinano a Mevio due dosi di veleno, ciascuna delle quali è capace di
cagionarne la morte: tanto Tizio che Caio potrebbero asserire che le rispettive condotte non sono
rilevanti rispetto all’evento morte verificatosi, in quanto esso sarebbe stato ugualmente prodotto
dalla condotta dell’altro. In questi casi si arriverebbe al risultato paradossale che nessuna delle due
azioni è causale perché ciascuno dei soggetti agenti cercherebbe di scagionarsi dando la colpa alla
condotta dell’altro. Per i suesposti motivi si rende necessario un metodo generalizzante al fine di
rendere applicabile la teoria della condicio. Alcuni correttivi ipotizzano il verificarsi di un evento
concreto oppure ad decorso causale effettivo e non probabile. Le serie causali autonome sono fattori
causali sopravvenuti rispetto all'iter criminis, che però si compiono prima del verificarsi dell'evento
e sono estranee alla condotta criminosa, che è declassata a semplice occasione dell'evento stesso
(es. Nero spara a Rossi che muore perché colpito improvvisamente da un fulmine, mentre la
pallottola di Nero lo colpisce quando è già morto). Tali serie causali escluderebbero il rapporto di
causalità ex art. 40 comma 1 c.p., in quanto deriverebbe dalla semplice applicazione del principio
condizionalistico (di cui il primo comma dell'art. 41 c.p. è una ripetizione, forse ritenuta opportuna
dal legislatore, considerata la complessità dell'argomento). Dunque le cause suddette non
rientrerebbero nell'art. 41 comma 2, in quanto l'evento a cui fare riferimento (su quest'aspetto la
dottrina è concorde) è quello che si è verificato in concreto. Nel suo campo di applicazione
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rientrano le serie causali apparentemente indipendenti, ossia quei fattori causali sopravvenuti che
producono l'evento per forza propria, anche se presuppongono un iter criminis precedentemente
posto in essere, ossia una serie causale antecedente (es. Tizio muore colpito da un fulmine dopo che
Mevio, avendolo ferito, lo ha lasciato in un bosco ed è sopraggiunto un temporale). A tal proposito
si ritiene che il fattore sopravvenuto, ossia la serie causale apparentemente autonoma, debba essere
imprevedibile per interrompere il nesso di causalità, è il caso del fulmine che ha provocato la morte
di Tizio. Invece, nel caso in cui Sempronio ferisce Caio che muore perché lasciato su una strada al
alta densità di traffico, dove sopraggiunge un'autovettura che lo investe, in questo caso non si
verifica una vera e propria interruzione del nesso di causalità, anche se l'evento morte è
direttamente collegato ad una causa sopravvenuta, l'autovettura che sopraggiunge. In effetti qui la
concausa opera non indipendentemente, ma congiuntamente alla precedente azione di Sempronio.
Un ulteriore problema posto dal'art. 41 comma 2 è l'opportunità o meno di applicarlo anche alle
concause preesistenti o simultanee. In dottrina l’Antolisei ha sostenuto la tesi affermativa con
motivazioni di giustizia sostanziale. Altra teoria, caldeggiata dal Mantovani, invece afferma che il
concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento corrisponde a quello di caso
fortuito o forza maggiore di cui all'art. 45 c.p., ritenuti cause di esclusione del rapporto di causalità.
Sia la teoria condizionalistica che la tesi della causalità, quindi, non sono in grado di risolvere i casi
in cui l'azione criminosa è idonea ex ante alla produzione di un evento, infatti quest’ultimo si
verifica per il sopraggiungere di circostanze imprevedibili. Si consideri il caso di Tizio che con dolo
ferisce gravemente Caio, il quale è ricoverato in ospedale, qui, quasi completamente ristabilitosi,
muore a causa di un incendio scoppiato nel reparto in cui è ricoverato. Se la grave ferita,
considerata ex ante, appare idonea a provocare l'evento morte, è però indubbio che sarebbe
sproporzionato accollare al feritore la morte dovuta all'incendio. La tesi condizionalistica, infatti,
fallisce nei casi in cui sopravviene una causa successiva idonea da sola a produrre l'evento.
Rendendo attivo il procedimento di eliminazione mentale, e dunque supponendo che non sia
intervenuta la causa successiva, l'evento resterebbe collegato alla prima causa, con la conseguenza
paradossale di considerare proprio la causa reale dell'evento come priva di efficacia. Ugualmente,
come vedremo in seguito, non è risolutiva la tesi della causalità adeguata, perché la teoria non
chiarisce quale sia l'evento da considerare: evento morte in astratto oppure in concreto,quale
conseguenza dell'incendio in ospedale.
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2.2. La teoria condizionalistica orientata secondo il modello della
“sussunzione sotto leggi scientifiche”
Analizziamo ora la teoria condizionalistica orientata secondo il modello della sussunzione
sotto leggi scientifiche. La teoria in analisi (teoria della causalità scientifica, anche definita teoria
della causalità "vera") si fonda sullo studio scientifico del fenomeno, il nesso di causalità va
riscontrato tenendo in debito conto un “analisi controfattuale” la quale riveli se in mancanza della
condotta l'evento non si sarebbe verificato. Tale analisi deve condurre ad un “alta probabilità logica
ed una credibilità razionale”, scientifica del fatto. Secondo tale metodo occorre cercare una legge
scientifica generale di copertura la quale spieghi come da A si verifichi B, non già come fenomeno
singolo e unico, ma come accadimento ripetibile (poste le stesse condizioni). Queste leggi
scientifiche si distinguono in leggi universali e statistiche. Sono leggi universali quelle che danno
garanzia della certezza che si verifichi un evento (come leggi fisiche), sono invece leggi statistiche
quelle che danno una spiegazione probabilistica, esse infatti si limitano invece ad affermare che da
X segue sempre Y in una elevata percentuale di casi. A questo punto della disamina di questa teoria
si pone una problematica: qual è la percentuale sufficiente? Il dibattito in tal senso è aperto.
Federico Stella appoggiandosi alla giurisprudenza americana (degli anni ’70) secondo la quale la
probabilità deve essere almeno del 95% (c.d. criterio del bird) propone la percentuale del 98%
ritenendo che sia meglio un colpevole libero che un innocente in carcere. La giurisprudenza italiana
è divisa, una parte più garantista conviene con Stella, altra parte invece ritiene che siano sufficienti
percentuali molto più basse. Il nostro legislatore ha dedicato una norma, l’art. 41 del C.P., al
fenomeno delle concause, cioè al concorso di più condizioni (antecedenti, concomitanti o
successive alla condotta del reo) nella produzione di uno stesso evento (esempio:la responsabilità
di chi ferisce non viene meno se il soggetto ferito muore nel corso dell’intervento chirurgico a causa
di una sepsi). Invece cause sopravvenute da sole sufficienti a produrre l’evento escludono il
rapporto di causalità. L’ art. 40 del C.P. non parla di causalità generale (l’azione X ha aumentato il
rischio che si verifichi Y) ma di causalità specifica (X ha causato Y nel tempo T e nel luogo L)
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3 La teoria della causalità adeguata
La teoria della causalità adeguata fu elaborata in Germania alla fine del secolo scorso al fine
di attutire la rigidità dell'applicazione della teoria condizionalistica alle ipotesi contraddistinte da un
decorso causale atipico, cioè estraneo all'ordinaria prevedibilità, come i delitti aggravati dall'evento.
Secondo la teoria della causalità adeguata la casualità nasce con un evento c.d. adeguato, ovvero
con un'azione idonea a generarlo, escludendo gli effetti improbabili. Tale tesi, in sostanza, si
ripropone di considerare come causa dell’evento solo le condotte che, verosimilmente, si presentino
come possibili antecedenti all’evento, ovvero come causa adeguata alla sua produzione. Tenendo
presente questa delimitazione il nesso causale fra l’azione e l’evento potrebbe essere escluso nella
maggior parte dei casi in cui sono contraddistinti da un decoro causale atipico (come ad esempio
una lieve ferita, per effetto di una complicazione medico-chirurgica di carattere eccezionale). L’idea
su cui si fonda tale teoria era principalmente quella di considerare che l’imputazione oggettiva del
risultato, nei termini della sua rilevanza giuridica, non può che risiedere sulla idoneità della
condotta tipica a produrre il rischio dell’evento contemplato dalla norma incriminatrice. La critica
offerta a questa teoria è l'inidoneità dell'accertamento caso per caso della straordinarietà o meno
dell'azione che ha causato l'evento, troppo blanda per l'imputato e troppo discrezionale per il
giudice, oltre che ad essere viziata da un errore fondamentale sul metodo, in quanto la teoria in
esame pretende di interpretare, ovvero di correggere, una categoria di ordine naturalistico, la
causalità, utilizzando un criterio normativo – valutativo. Questa teoria inizialmente fu elaborata al
fine di spiegare i c.d. delitti aggravati dall’evento, intesa a limitare la rilevanza del nesso causale tra
la condotta e l’evento, quando l’evento ulteriore, da cui dipende la maggiore gravità del reato, si
presentasse come eccezionale ed anomalo, rispetto all’id quod plerumque accidit. Alla suddetta
teoria si muovono quindi, le seguenti obiezioni:
il riferimento alla probabilità di verificazione dell'evento per spiegare il rapporto di causalità
introduce un elemento di natura probabilistica, il quale risulta estraneo alle cause dei fenomeni
naturali.
si includono, nell'ambito oggettivo della causalità, considerazioni che invece appartengono
al piano soggettivo dell'imputabilità, in quanto si ritiene antecedente causale qualcosa di cui si
ritiene molto probabile il suo verificarsi. Dunque è prevedibile che, tenendo una certa condotta, si
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verificherà quel determinato evento, in questo modo si finisce per imputare solo quegli eventi
suscettibili di essere controllati da un punto di vista soggettivo, realizzando una trasposizione
dell'elemento psicologico in quello oggettivo, e riducendo il campo della responsabilità.
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4 La teoria della causalità umana
Secondo la tesi della causalità umana, elaborata dall’ Antolisei, gli eventi che rientrano nella
sfera di controllo dell'individuo sono da considerarsi quali conseguenze della sua condotta. In altri
termini, i risultati che l'uomo può dominare sono causati dall'uomo stesso. Pertanto solo i fatti
eccezionali, intesi come quelli che hanno una minima probabilità di verificarsi, sfuggono al
controllo dell'uomo. In realtà la tesi, pur tentando di differenziarsi da quella della causalità adeguata
specificando la differenza tra fatto atipico e fatto eccezionale, non riesce a proporsi come
concezione autonoma poiché, anche in questo caso, c'è una contaminazione inopportuna tra diversi
piani, oggettivo e soggettivo, che generano confusione tra rapporto di causalità e imputazione
psicologica2. Inoltre, i casi indicati per esemplificare l'intervento di un fattore eccezionale sono
spiegabili anche in base alla tesi della causalità adeguata. Lo studio della causalità della condotta,
per il diritto, non sorge dalla necessità di determinare categorie astratte di cause e conseguenze, esso
nasce per determinare cosa sia la “causa” giuridica di un dato evento. In altre parole, lo scopo dello
studio della causalità è quello di individuare dei correttivi che evitino la responsabilità per fatti che
non cadono sotto il dominio dell'uomo, che come universalmente noto, non controlla che qualcuna
delle condizioni che, solo pluralmente, sono in grado di causare l'evento. La teoria della causalità
umana propone una lettura della causalità condizionalistica, secondo cui si ha un adeguamento che
tiene in debito conto le variabili che sfuggono all'uomo. Questa teoria, spiega la sua efficacia
migliorativa rispetto alla causalità adeguata nel caso in cui restituisce alla punibilità gli effetti atipici
della condotta umana, escludendo gli eventi eccezionali. Al di fuori del dominium umano sta il fatto
eccezionale, che si verifica in casi rarissimi, pertanto, per aver causato un evento a lui imputabile,
un soggetto deve aver in positivo posto in essere una condizione dell'evento che non si sarebbe
altrimenti verificata, e in negativo ciò che ha causato non deve essere in concorso con fattori
eccezionali.
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Tale teoria è “accusata” anche di presentare i medesimi limiti della causalità naturale e di operare una
contaminazione fra elemento oggettivo e soggettivo, dal momento che la punibilità dipende da un'ambigua
prevedibilità o dominabilità dell'evento.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Università Telematica Pegaso
Il rapporto di causalità
Bibliografia
 C. Fiore , Diritto Penale parte generale volume primo, Torino, UTET, 1999 ristampa, ISBN
88-02-04719-7
 Giovanni Fiandaca ed Enzo Musco, Diritto Penale parte generale, Zanichelli editore, 2009
ristampa, ISBN 9788808161727
 Diritto & Diritti ISSN 1127-8579 Direttore Francesco Brugaletta
P.I.01214650887
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