Le Oscillazioni de Haas van Alphen Alberto Ciarrocchi Dipartimento di Fisica ’E. Fermi’ Universita’ di Pisa 1. Introduzione 1.1 La Soluzione di Onsager La conoscenza della superficie di Fermi di un metallo è un’informazione di grande importanza, dal momento che la sua forma determina in gran parte le proprietà ottiche e di trasporto di tale materiale. Tra i vari metodi noti per indagare la geometria della superfice di Fermi, l’uso dell’effetto de Haas-van Alphen si è dimostrato come uno dei più efficaci. De Haas e van Alphen misurarono nel 1930 la magnetizzazione a bassa temperatura di un campione di Bismuto immerso in un campo magnetico H di intensità variabile fino a 14,2KG. Inaspettatamente il rapporto tra magnetizzazione e campo M/H dimostrò un andamento non lineare, ma oscillante con periodicità ben precisa in 1/H. Figura 1.1: Suscettivita’ magnetica Argento. dM dH al variare di H in campioni di Renio ed Landau aveva previsto oscillazioni di questo tipo quello stesso anno, nel caso di elettroni liberi in campo magnetico. Nella trattazione di Landau si dimostrava 1 in particolare come l’effetto dipendesse dalla quantizzazione delle orbite elettroniche dovuta al campo, rendendo quindi l’effetto dHvA un fenomeno osservabile puramente quantistico. L’importanza del fenomeno fu compresa nel 1952 da Onsager, che ricavò una relazione particolarmente semplice tra la variazione di 1/H e il periodo delle oscillazioni 2πe 1 1 = (1.1) Tosc = ∆ H h̄c Aext Aext e’ qui una sezione estremale della superficie di Fermi, in un piano normale al campo. Se si prende l’asse z lungo la direzione del campo H, l’area di una sezione della superficie di Fermi sul piano kx ky e passante per kz è S(kz ): si z) dice area “estremale” l’area S(kz ) per cui dS(k (dkz ) = 0. Si tratta cioè delle sezioni massime o minime della superficie di Fermi prese sul piano kx ky . Variando la direzione del campo magnetico applicato è dunque possibile, dalla misura del periodo delle oscillazioni, mappare differenti sezioni della superficie di Fermi, e ricostruirne la forma (fig. 1.2). Figura 1.2: Aree estremali per diversi orientamenti del campo magnetico. 2 1.2 Misura Sperimentale Nella pratica sperimentale, per la misura delle oscillazioni sono stati adottati essenzialmente due approcci. Come è noto, un oggetto magnetizzato posto in un campo è soggetto ad una forza di momento proporzionale alla sua magnetizzazione e al campo; pertanto, dalla misura delle oscillazioni nella posizione angolare di un campione appeso ad un filo e libero di ruotare, si può ricavare la magnetizzazione in funzione del campo applicato. La seconda tecnica utilizzata è invece basata sulla misura della differenza di potenziale indotta in una spira posta attorno al campione all’applicazione di un campo esterno impulsato: quedM dH sta sarà proporzionale a dM dt = dH dt e si possono misurare le oscillazioni della suscettività conoscendo il campo H. Figura 1.3: Apparato per la misura dell’effetto dHvA tramite oscillazioni angolari. 3 2. 2.1 Teoria Quantizzazione dei Livelli Energetici Consideriamo il caso di elettroni liberi, per comprendere l’effetto di quantizzazione dovuto alla presenza di un campo magnetico. L’hamiltoniana per gli elettroni in un campo H = ẑH costante è 1 e (P − A)2 Ĥ = 2m c 1 eH 2 Ĥ = )y] + Py2 + Pz2 [(Px − 2m c (2.1) (2.2) Con le sostituzioni eH = ωc mc h̄c kx y0 = eH diventa l’hamiltoniana di un oscillatore armonico su y ψ = exp i(kx x + kz z)f (y) 1 [P 2 + ωc2 (y − y0 )2 ]f (y) = 0 f (y) 2m y Gli autovalori dell’energia sono i cosiddetti “Livelli di Landau” (2.3) (2.4) (2.5) (2.6) 1 h̄2 kz2 h̄2 kz2 (Pz , j) = h̄ωc (j + ) + (2.7) 2m 2 2m Si nota chiaramente che mentre lungo l’asse z l’energia è continua, è stata introdotta una quantizzazione nei suoi valori possibili sul piano xy (fig. 2.1). La degenerazione di ciascun livello di Landau è ricavabile imponendo la condizione, piuttosto ragionevole, che le orbite dell’elettrone nel piano xy restino all’interno del campione, che assumeremo cubico di lato L. Dunque y0 < L, da cui: y0 = h̄c eH kx < L Condizioni al bordo periodiche impongono che kx sia quantizzato in x unità di 2πn L : h̄c 2πnx <L (2.8) eH L eH 2 nx < L =g (2.9) hc Si trova cosı̀ la degenerazione di ciascun livello di Landau, dipendente dal campo H applicato. (Pz , j) = 0 + 4 Figura 2.1: Quantizzazione dell’energia sul piano xy Come si vede dalla figura 2.1, i nuovi livelli energetici sono delle circonferenze concentriche sul piano kx ky : i nuovi stati non sono localizzati in alcun punto delle circonferenze, ma ruotano attorno all’asse z con pulsazione ωc . Gli elettroni inizialmente con energia intermedia tra i nuovi livelli quantizzati sono costretti a spostarsi sull’orbita più vicina, e dunque il numero di stati su ciascun livello è quello precedentemente localizzato nella regione ad anello in cui si trova. 2.2 Teoria Semiclassica degli Elettroni di Banda Nel caso di elettroni non liberi, ma all’interno di un cristallo, la soluzione non è cosı̀ banale, e le superfici isoenergetiche non saranno di forma semplicemente cilindrica. Tuttavia possiamo studiare in maniera agevole il problema con un modello “semiclassico”. In questo tipo di trattazione gli elettroni sono visti come pacchetti d’onda con un certo vettore d’onda ~k e posizione ~r. Questi pacchetti non collidono tra loro, ma evolvono nel tempo in presenza di campi elettrici o magnetici secondo le leggi seguenti: dr 1 ∂n (k) = dt h̄ ∂k (2.10) dk 1 dr = −e[E(r, t) + × H(r, t)] (2.11) dt c dt Dove n (k), cioè l’energia dell’n-esima banda, è data per nota, e contiene implicitamente tutte le informazioni circa la struttura periodica degli ioni: l’idea del modello è di legare fra loro le proprietà osservabili con la struttura microscopica, non di provare a ricavare quest’ultima. Questa analisi richiede tuttavia di fare alcune ipotesi, che ne restringono il campo di applicabilità: h̄ 5 1. La scala su cui variano i campi (lunghezza d’onda λ) dev’essere molto maggiore della dimensione del pacchetto d’onda, a sua volta grande rispetto al passo reticolare a. 2. L’indice di banda n è assunto come costante, e dunque non possono avvenire transizioni interbanda. Questo significa che il numero di elettroni in ciascuna banda è costante, e che le bande complete non contribuiscono alla conduzione. Inoltre segue che l’energia degli elettroni debba restare entro i limiti della banda in cui si trovano. Si ricavano le condizioni seguenti: eEa 2GAP (k) F (2.12) h̄ωc 2GAP (k) F (2.13) Per i campi dell’ordine del KG usati qui F ≈ eV e h̄ωc ≈ 10−4 eV : la condizione è soddisfatta per gap maggiori di 10−2 eV . 3. Inoltre anche h̄ωc GAP per evitare che un singolo fotone possa eccitare una transizione interbanda. Sempre nell’ottica di una teoria semiclassica, assumeremo valida la condizione di quantizzazione di Bohr-Sommerfeld I P · dr = 2πh̄(n + γ) (2.14) Se si applica un campo magnetico costante ed uniforme Hẑ, l’impulso della particella sarà dato dalla relazione P = h̄k − e A c (2.15) Dalle equazioni del moto già riportate, trovo per k la relazione e h̄k = − r × H c (2.16) Come si può vedere, le particelle percorrono delle orbite sul piano perpendicolare ad H, lungo superfici di energia costante (fig. 2.2). Il loro moto è inalterato nella direzione del campo, e sia kz che (k) sono costanti del moto. Dall’espressione per k appena ricavata si può calcolare l’integrale che compare nella quantizzazione di Bohr-Sommerfeld I I I e eH eH 2eΦ h̄kdr = − r × Hdr = r × dr = Sr = (2.17) c c c c dove Φ è il flusso di H attraverso l’area Sr dell’orbita. Infine calcolo anche il termine con il potenziale vettore I Z Z e e e e − Adr = − ∇ × AdS = − HdS = − Φ (2.18) c c c c E dunque la condizione di Bohr-Sommerfeld si riduce a e Φ = 2πh̄(n + γ) c 6 (2.19) Figura 2.2: Tubi di Landau e Superficie di Fermi Ricavo in questo modo la quantizzazione del flusso del campo magnetico in unità di hc e 2πh̄c(n + γ) Φn = = 2Φ0 (n + γ) (2.20) e hc 2πh̄c = = 2.0678 · 10−7 G · cm2 (2.21) Φ0 = e e La corrispondenza tra la superficie racchiusa dall’orbita nello spazio reale e dr quella nello spazio dei k è data dalla relazione già riportata tra dk dt e dt : h̄k = e dk ×H c dt (2.22) Facendo il prodotto vettoriale da entrambe le parti con un versore Ĥ parallelo al campo si trova Ĥ × dk e dr eH dr⊥ = Ĥ × ( × H) = − dt c dt c dt (2.23) h̄c Ĥ × [k(t) − k(0)] = [r⊥ (t) − r⊥ (0)] (2.24) eH Dove r⊥ è perpendicolare al campo. La proiezione della superficie reale Sr su un piano ortogonale al campo è dunque legata a quella nello spazio k Sk da una h̄c 2 rotazione ad angolo retto e da un fattore di proporzionalità ( eH ) − Sk = eH h̄c 2 Sr (2.25) Posso allora ricavare Sr e Sk da Φn : Φn = 2πh̄c (n + γ) = Sr H e (2.26) 2πh̄c (n + γ) eH (2.27) Sr = 7 2πeH (n + γ) (2.28) h̄c Abbiamo ricavato lo stesso risultato di quantizzazione già visto per gli elettroni liberi. Si può visualizzare quanto avviene in modo chiaro dalla figura 2.3: per ogni n, ho delle sezioni Sk normali ad H che tagliano la superficie di Fermi ad un’altezza kz . I contorni di queste sezioni, estesi in modo continuo lungo l’asse z, formano i cosiddetti “tubi di Landau” (seppur non di sezione cilindrica). Gli stati presenti su ciascuna sezione, all’attivazione del campo, si “condensano” su di un tubo allo stesso modo di prima (o più precisamente, quelli su una data sezione si sposteranno sulla curva di intersezione con il tubo). Gli stati si possono ugualmente immaginare circolanti sulla superficie dei tubi, con frequenza di ciclotrone. Sk = Figura 2.3: Tubi di Landau e Superficie di Fermi Si nota a questo punto che due orbite successive possono avere la stessa area con un opportuno incremento di H. In pratica aumentando l’intensità del campo posso far “allargare” tutti i tubi, e portare l’n-esimo nella posizione precedentemente occupata dall’n+1-esimo. Skn = 2πeH 2πeH 0 (n + γ) = (n + 1 + γ) = Skn+1 h̄c h̄c 1 1 2πe 1 − 0 = H H h̄c Sk (2.29) (2.30) E’ stata infine ottenuta la relazione di Onsager, indicata all’inizio. Resta ora da capire come questa sia legata alle oscillazioni sperimentalmente osservate. 8 3. Interpretazione Fisica delle Oscillazioni de Haas van Alphen A questo punto possiamo già dare una spiegazione intuitiva del’effetto dHvA. Consideriamo, come in figura 3.1, l’effetto che l’applicazione del campo magnetico ha sui livelli energetici degli elettroni: si passa da una distribuzione continua di energia tra 0 e il livello di Fermi ad una serie di livelli energetici discreti: gli elettroni saltano dunque nel livello più vicino, alzando o abbassando la propria energia di al più h̄ω2 c . Il livello di Fermi non coinciderà necessariamente con uno dei nuovi livelli quantizzati. Al variare dell’intensità del campo magnetico cambia la spaziatura dei livelli, e la loro degenerazione: questo fa sı̀ che possano “accogliere” più o meno elettroni al proprio interno, e che in ultima analisi cambi il numero di livelli occupati. Quindi, variando il campo, l’ultimo livello occupato si sposterà sopra e sotto l’energia di Fermi. Supponiamo per esempio (fig. 3.2a) che a T=0 il livello di Fermi (dell’ordine di alcuni eV) sia a metà strada tra due orbite magnetiche: il numero di stati al di sotto di F resterà immutato, ma Figura 3.1: Livelli energetici pri- l’energia complessiva cambierà di un ma e dopo l’applicazione del campo fattore h̄ωc ≈ 0 · 58 · 10−4 eV (per un 2 magnetico campo di 104 G per ogni elettrone al livello di Fermi che si sposterà nel livello magnetico più in basso. Se ora si aumenta il campo H, l’ultima orbita arriverà più vicina al livello di Fermi, e l’energia totale aumenterà. Tuttavia, quando questo livello supera F diminuisce la propria occupazione (l’aumento della degenerazione g() ∝ H riduce il numero di elettroni nel livello più alto), riducendo l’energia complessiva. L’energia totale raggiunge cosı̀ il minimo quando F si trova nuovamente a metà strada tra due livelli (con quello superiore nuovamente vuoto) ed il massimo quando 9 Figura 3.2: Occupazione dei livelli magnetici al crescere di H un livello magnetico coincide con F . Si capisce dunque come si possa ottenere un andamento periodico delle proprietà del metallo, dovuto allo “scorrere” dei livelli magnetici attraverso F . Infatti grandezze fisiche come magnetizzazione e suscettività non sono altro che derivate dell’energia, e presenteranno lo stesso andamento oscillante. Tutto ciò spiega anche come mai l’effetto sia osservabile soltanto a bassa temperatura o per campi deboli, quando kT h̄ωc . Infatti il livello di Fermi diventa meno “netto” ad alta temperatura, ed il suo allargamento termico (e dunque lo “spessore” d della superficie di Fermi) diventa paragonabile o superiore alla distanza tra i livelli magnetici, facendo sparire il comportamento oscillatorio. Più quantitativamente, per il campo di 104 G usato devo avere kT 10−4 eV , vale a dire T ≈ 1K. Poiché per una superficie di Fermi generica le sezioni prese a kz differenti avranno diverse aree, la risposta del sistema sarà la somma delle oscillazioni dovute a tutte le sezioni. Ci si potrebbe dunque attendere una forma assai complessa per il segnale osservato, dovuta al mescolamento di tutte queste componenti. In effetti è cosı̀, e per calcolare l’energia libera totale si deve integrare su tutti i kz . Tuttavia, solo i termini con kz corrispondenti a punti stazionari di S(kz ), cioè a punti della superficie di Fermi stabili rispetto a variazioni di kz , danno contributi apprezzabili. Si può capire questo concetto anche senza svol- Figura 3.3: g() al variare di H gere il calcolo, osservando la figura 3.3, dove si considera per semplicità il caso di elettroni liberi. Il cilindro rappresenta le orbite che per un dato n soddisfano 10 Figura 3.4: Suscettività magnetica di un campione di Ag al crescere di H, e sezioni estremali corrispondenti la condizione di quantizzazione, la cui area è data da 2πeH h̄c (n + γ). L’ellissoide presente in (b) e (c) rappresenta la superficie di Fermi (, + d), e dunque l’intersezione tra i due volumi sarà il numero di stati per quell’energia. Al crescere dei tubi per effetto dell’aumento del campo, le zone di intersezione si spostano lungo il tubo, variando però abbastanza poco in grandezza, e dunque l’energia totale resta costante. Si vede invece che, nel caso di un’intersezione in prossimità di punti stazionari (dunque corrispondenti ad aree estremali), il numero di stati cresce notevolmente perché l’intersezione è assai maggiore. Questi termini saranno quindi gli unici in cui la risposta del campione subirà delle variazioni significative. Superfici di Fermi Più Complesse Un caso a parte è quello in cui invece ci siano più superfici estremali normali al campo: in questa circostanza le oscillazioni si sovrappongono dando origine a dei battimenti. Tramite un’analisi in trasformata possono essere separate le due oscillazioni di periodi differenti. Si veda a questo proposito il grafico (fig. 3.4) della suscettività magnetica al crescere di H1 in un campione di argento. Ci sono due sezioni della superficie di Fermi perpendicolari al campo H, diretto lungo h111i: la risposta presenta i battimenti dovuti alle due orbite estremali, evidenziate nella figura. 11 Riferimenti 1. Ziman, J.M. (1972) Principles of the Theory of Solids. Cambridge U.P. 2. Ashcroft, N.W. & Mermin, N.D. (1976) Solid State Physics. Harcourt College Publishers. 3. Kittel C. (1986) Introduction to Solid State Physics. John Wiley & Sons 4. Huang, K. (1987) Statistical Mechanics. John Wiley & Sons 12