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Ulisse Bresciani
COMMENTO ALLA PAROLA DEL VANGELO
PARROCCHIA DI SAN PIO X – MANTOVA
Anno 1988-89
Nota: la serie delle omelie era stata a suo tempo registrata con cura e assiduità dalla defunta
Luciana Crovetti, che aveva poi trasformato in testo scritto le registrazioni sonore e le aveva
raccolte in un volume. Su richiesta alcuni avevano avuto l’opportunità di avere copia della raccolta
stessa.
A partire dagli scritti su supporto cartaceo di una quelle copie, si è cercato di scannerizzare e
digitalizzare i testi, rendendoli così, (senza alcuna modifica) leggibili in file elettronici e pubblicarli
sul sito della Fondazione Don. Ulisse Bresciani a disposizione di chi voglia avere l’opportunità di far
tesoro del suo insegnamento.
I testi sono trascritti è non hanno la vitalità dell’ascolto, della visione di chi parla e del contorno
dell’assemblea lì raccolta e in attesa. Potrebbero pertanto risultare più freddi, più insistiti negli
insegnamenti e far apparire solo una parte della personalità di don Ulisse, quella del rigore e quasi
dell’intransigenza che si manifesta essenzialmente nelle omelie, e trascurare l’altro suo aspetto di
amicizia, familiarità e gioiosità che lo caratterizzava. Ci pare anche che tanti degli spunti che
emergono da queste omelie, quasi di ‘rottura’ e di novità per quei tempi (26-27 anni fa!), risultino
tutt’ora attuali e profetici rispetto all’evoluzione della chiesa di questi ultimi tempi (2015), e quindi
preziosi.
Nonostante nel sito si possa trovare l’intera raccolta, con un indice relativo ai vari periodi liturgici,
è forse consigliabile leggere con gradualità e consultare, di volta in volta, quelli che nel sito
vengono proposti, nei giorni liturgici corrispondenti.
Un grazie di Cuore alla fu Luciana Crovetti.
Per la disponibilità alla pubblicazione si ringrazia la parrocchia di San Pio X di Mantova
http://www.parrocchiaspioxmn.it/
--------------------Scannerizzazione e digitalizzazione dei testi a cura di Giuseppe Cigna
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CHI SEI TU
Cos'è questa pace
che mai volto amico
seppe darmi
e presso te ritrovo Signore ?
Ma la parola
in se stessa stranita s'infrange
esperienza di niente
come fossi all'inizio di tutto
perché più oltre sei tu
Non dico più niente
non posso
e sto qui
aspetto
Chi sei tu che avanzi
da sempre sei qui ?
Ulisse Bresciani
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INTRODUZIONE
Lo SCOPO di questo testo è di offrire a tutti coloro che desiderano conoscere e approfondire il
Vangelo un commento per interpretare, riflettere e meditare la Parola del Signore e porsi delle linee
comportamentali per uno stile di vita cristiano.
Il contenuto é dato dalle omelie tenute durante le celebrazioni delle SS. Messe da Don Ulisse
Bresciani alla sua comunità parrocchiale di S. Pio X a Mantova.
Le omelie sono state registrate dal vivo e poi trascritte lasciando volutamente l’impostazione del
parlato per l'immediatezza del messaggio. Esse, perciò, vanno lette tenendo presente che il
linguaggio orale si struttura secondo regole sintattiche e formali proprie, diverse da quelle di un
testo appositamente scritto.
Per ogni omelia viene specificato a quale celebrazione si riferisce. Questo perché la composizione
dell'assemblea cambia a secondo dell'orario, pertanto il commento è rapportato, mediato alla
specificità dei fedeli presenti. Quindi, pur essendoci spesso due omelie sullo stesso brano
evangelico, il contenuto delle riflessioni può ulteriormente completarsi e chiarirsi.
Durante la prima e la seconda Messa del mattino l'assemblea é costituita prevalentemente da
persone anziane e casalinghe. Le omelie rivolte ai bambini sono in gran parte dialogate con i
bambini stessi. A questa celebrazione partecipano anche molti adulti.
La composizione assembleare delle SS. Messe prefestive e vespertine é eterogenea.
L'ultimissima parte del testo é costituito dal commento delle Letture per il Sacramento del
Matrimonio.
All'avvicinarsi del Natale e della Pasqua, viene proposta alla comunità una meditazione in musica
con brani scelti da Don Ulisse stesso che é un appassionato ed esperto conoscitore della materia. Il
contenuto di queste meditazioni é stato opportunamente inserito.
L.C. (cioè: Luciana Crovetti)
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TEMPO DI AVVENTO
I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)
(VIGILANTI NELL’ATTESA DEL RITORNO DI CRISTO)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 21,25-28.34-36)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra
angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e
flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli
infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad
accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State bene attenti che i vostri
cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso
improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate e
pregate In ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti
al Figlio dell'uomo».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Geremia (Ger 33,14-16).
Ecco verranno giorni — oracolo del Signore — nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla
casa di Israele e alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio
di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. In quei giorni Giuda sarà salvato e
Gerusalemme vivrà tranquilla. Così sarà chiamata: "Signore-nostra-giustizia".
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi (1Ts 3,12 - 4,2).
Fratelli, il Signore vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, come è il nostro
amore verso di voi, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al
momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi. Per il resto, fratelli, vi preghiamo e
supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già
vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più. Voi conoscete infatti quali norme
vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.
(Prima messa del mattino)
Oggi, cari fratelli, iniziamo l'Avvento.
Dopo tanti anni forse ci risulta difficile trovare qualche accento di novità. Sembra, forse, un
ripassare atteggiamenti, cose, verità che tutti sappiamo e che dobbiamo far finta d'incontrare per la
prima volta.
Eppure io penso questo, lo penso nella fede, non é solo una opinione che nasce dalla parola di Dio
quello che sto per dirvi: che il tempo non si ricicla semplicemente, noi non stiamo giocando a
ricominciare da capo.
Noi non facciamo come quei bambini che, non riuscendo a mettersi d'accordo sulle regole del
gioco, decidono che il gioco termina lì e ricominciano da capo.
No, non termina lì, ma in ogni giorno, anche oggi, c'è la continuità della presenza di Dio.
L'Avvento é proprio questo: non giocare a far finta che Dio non sia venuto e quindi a far finta di
aspettarlo, ma essere certi di stare qui, dentro questa storia, proprio perché è già venuto ed é fedele,
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perché in Gesù ha scelto noi, ha scelto questa terra di uomini, ha scelto questa storia fatta di
ingiustizie e di sofferenze.
Ecco allora perché questa frase che voi trovate su questo cartello che sta alle mie spalle : "La vostra
liberazione é vicina ".
L'Avvento é l'opera di Dio che ci libera. Il fatto veramente grave, cari fratelli, é questo: che noi
forse non desideriamo, non abbiamo bisogno di essere liberati.
Noi siamo come i "bambini - salvadanaio" che son sempre là a prendere; che amano la nonna
perché si avvicina S. Lucia e farà loro un bel regalo. Se poi devono vederla e andarla a trovare,
oddio quanti compiti che hanno questi bambini!
Quanti compiti, perché non ne hanno voglia!
Siamo un po' così anche noi verso Dio. Siamo lì a tirargli la gabbana, a lamentarci perché non ci
risponde e a scandalizzarci perché é lontano. "Ma come non ci senti? Non ti ricordi di noi?"
Ma al di là di questo, se non ci fosse ( dite 1a verità?, sembra una bestemmia!, - ma internamente e
psicologicamente spesso abbiamo questo atteggiamento) se non ci fosse questo Dio sarebbe proprio
quella la liberazione.
Dove sta il senso dell'Avvento? Dice la parola: "Levate il capo, la vostra liberazione é vicina". Cioè,
vedete come la presenza di Dio sia davvero il punto sul quale si gioca la verità della nostra fede.
Noi abbiamo bisogno di un Dio distante e contemporaneamente abbiamo bisogno di un Dio vicino,
a seconda dei casi.
Ecco allora il senso dell'Avvento: Dio non é né distante né vicino perché ha scelto la storia degli
uomini, perché ha scelto, in Gesù, di essere dei nostri, di rimanere tra di noi, Non ha vestito l'abito
di scena, come un attore, come lo Bene che, finita la recitazione, é Carmelo Bene e Amleto.
Cristo é uomo, perché come Dio ha incominciato ad essere uomo e non ha più smesso di essere
uomo, pur rimanendo Dio.
Questo é l'Avvento. La liberazione é proprio questo. Sperare, sentire che i nostri giorni sono
diventati diversi, si sono fatti carichi di qualcosa d'altro, sono imbevuti di preziosità perché Dio é lì,
in essi, E le nostre povere mani, i nostri poveri gesti, le nostre stanchezza, i nostri dolori, i nostri
lutti, le nostre solitudini sono diventati diversi.
Non possiamo più disperderci e farci ingannare da ciò che appare, ma non ha sostanza, perché la
presenza del Signore ormai ha rivelato ciò che conta e ciò che non conta.
Ha rivelato ciò che al Suo venire finale avrà ancora valore, durerà, resterà inossidabilmente vero e
ciò che invece al suo venire rivelerà tutta la sua vuotezza, tutta la sua stupidità, la sua cattiveria, la
sua inutilità.
Questo Dio che noi abbiamo incontrato o meglio, che ci vuole incontrare, ci libera a questo livello.
Ecco allora, in conseguenza di questo, (proprio perché la liberazione é sapere ciò che é di Dio,
vivere ciò che é di Dio, questa é libertà!) l'altra frase del secondo cartellone: “Siamo tutti
responsabili di tutto e di tutti".
Cosa vuol dire passare dalla frase di prima (Levate il capo, la vostra liberazione é vicina) a questa?
Vuol dire che il tempo, il tempo dell'attesa é un tempo operoso.
Già qualche domenica fa, proprio a quest'ora, mi pare, ho detto un'idea di questo genere l'attendere
qualcuno significa vi vere il momento che passa in funzione di colui che deve venire. Allora l'attesa
di qualcuno che amiamo ci fa essere pronti per lui.
Essere pronti per il Cristo vuol dire superare tutti quegli atteggiamenti che sono da noi svuotati di
verità; sono atteggiamenti di egoismo in tutte le loro forme spaventosamente arzigogolate,
Riusciamo ad essere egoisti anche quando preghiamo il Signore; riusciamo ad essere egoisti nel fare
perfino il bene, perfino nelle opere buone riusciamo ad essere egoisti.
Ecco allora l'antidoto: "siamo responsabili",
Il tempo dell'Avvento non ci invita ad elevare nobili e raffinati pensieri a Dio. La spiritualità non é
un atteggiamento da collotorto; da dopo-comunione, con la testa fra le mani. Vera spiritualità della
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comunione é questa: "Io Signore ti ho ricevuto, tu ami il mondo. Non posso accogliere Te, non
posso essere liberato da Te senza diventare liberatore a tutti i livelli".
E liberatori si diventa se ci facciamo carico del fratello e non se aspettiamo (vi do un piccolo
suggerimento) delle organizzazioni cattoliche che ci organizzino il nostro fare il bene.
Il bene va visto con i nostri occhi, non con quelli degli altri che ce lo mettono davanti. Se non
vediamo il bene da fare, le liberazioni da operare, vuol dire che pensiamo solo a noi stessi.
"Spiritualità" é assumere questo atteggiamento, buttandolo dentro i nostri giorni, nei gesti che
facciamo. E' non accontentarci di buone intenzioni, non accontentarci di rette intuizioni, non
aspettare che qualcun altro ci chiami, perché il fratello che incontro e che vive in condizioni difficili, disagiate, é lui che mi chiama, non mi deve mandare né il papa né il parroco.
E' Dio che in quella persona, perché Cristo ha assunto tutti noi, e l'Avvento é la preziosità di questo
quotidiano così piccolo, così fragile, così apparentemente lontano. Chiediamo con sincerità al
Signore di incontrare le nostre vite, di liberarle e di farle diventare liberanti.
(Messa per giovani e adulti)
Noi non possediamo la tecnologia dagli effetti speciali, però cerchiamo di servirci di qualche umile
strumento artigianale per fissare la nostra attenzione sul messaggio. Ecco il perché di questi due
cartelli che vi trovate davanti. Guardiamoli un momento: il primo, dietro di me, reca scritto: "Levate
il capo, la vostra liberazione é vicina". Il secondo (che cambierà ogni domenica, mentre il primo
rimarrà fisso) dice:"Siamo tutti responsabili di tutto e di tutti".
Devo dire, umanamente, che mi piace più il primo. Spesso, e lo dico con vera partecipazione, noi
abbiamo il capo chinato a pausa delle difficoltà della vita perché, ad essere sinceri, spesso siamo un
po' provati. Però non sono sicuro (questa é la mia impressione; ciascuno di voi veda se può essere
d'accordo o no su questa ipotesi) che abbiamo vera voglia di essere liberati, che abbiamo vera
voglia di alzare il capo. Voi direte: "Ma come fai a dire questo?" Faccio un esempio clinico, di
infermità psicologica. Il nevrotico non sta bene (vero che non sta bene il nevrotico?), ma se gli
togliete le sue manifestazioni nevrotiche sta peggio. Da una parte vive tutti i suoi riti, i suoi
ammennicoli, i suoi gesti, i suoi pensieri, che sono angoscianti e lo fanno star male (e come sta
male), ma dall'altra il giorno che non potesse gestirsi tutte queste cose perché gliele tolgono e viene
liberato, starebbe peggio.
Sono, voglio dire, come quelle persone (le madri si riconoscono un po' in questo) che si lamentano
per le cose che hanno da fare perché sono eccessive, perché non possono smettere mai, perché gli
impegni si accavallano, ma il giorno che avessero meno da fare, si sentirebbero vivere nell'angoscia.
E' un meccanismo un po' subdolo, ma ci siamo dentro, credo, in tanti.
Ecco, é proprio questo: io non sono sicuro che neanche la prima frase, che intuitivamente va bene,
sia davvero quella che conta, perché vuol dire che il Signore é vicino.
"Alzate il capo" significa: "Oh, gente, voi siete preziosi, non svendetevi".
Noi siamo figli di Dio, noi non stiamo qui a gestire da capo una recitazione, quasi che ogni anno
dobbiamo far finta di ricominciare il tempo dell'Avvento a giocare a fare gli ebrei. No, no, perché
Cristo ha sposato questa umanità e noi siamo qui a dire che la liberazione sta venendo avanti.
Gesù Cristo non é sceso a fare la grande performance, come un grande attore che recita l'Otello,
Carmelo Bene é Otello, ma finito l'Otello si toglie i vestiti di scena ed é Carmelo Bene.
Gesù no, non ha fatto questo, non ha più smesso di essere uomo, non ha più smesso di avere come
parte di sé la nostra carne. La liberazione é questa: che mani d'uomo, cuore di uomo, pensieri di
uomo abitano in Dio. Non li ha più dismessi. "Alzate il capo" é questa preziosità, é questo valere
sempre, perché chiamati, perché perennemente, sostanzialmente chiamati ogni giorno. Perché
questa chiamata non é una voce fuori di noi, questa chiamata é dentro di noi; é stata gettata come
seme e anche se c'é un'ombra interiore, il seme non solo non é morto, ma lavora sotto.
Il tempo dell'Avvento dunque, come preziosità della storia. Ecco perché nel gesto penitenziale
all'inizio della messa, avevo richiamato come sia facile per noi frammentare l'attesa, che é radicale,
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che é il senso di che cosa stiamo a fare noi nella vita. "Semplicemente" é questa la domanda. E vi
auguro di continuare a porvela. Il giorno che non ve la ponete, vuol dire che vi bastano le cose
quotidiane e in esse vi siete o ci siamo affogati.
Il tempo dell'Avvento é lo stimolo per sentire sempre la differenza tra la domanda che é totale e le
risposte che sono parziali. L'Avvento é scoprire le preziosità della vita e non svenderle nella
banalizzazione di numerosi gesti quotidiani, anche buoni. Dentro ogni gesto, anche buono, la
domanda alla fine é sempre questa: "Dove va questo gesto? Perché l'ho fatto? Che cosa
cambierebbe se io non l'avessi fatto o l'avessi fatto in un'altra maniera?"
Cari fratelli, non sono domande angoscianti, sono domande di persone che inevitabilmente fanno i
conti con la vita. Perché se i conti non li facciamo con qualche consapevolezza, poi é la vita stessa
che, a tempo opportuno, ce li fa fare, volenti o nolenti. E se non é la vita (nel senso che purtroppo ci
vanno tutte dritte e quindi corriamo il rischio di diventare sempre più sciocchi e vuoti e con occhi
che non vedono niente) ce li farà fare nostro Signore Gesù Cristo, certamente con misericordia, ma
con grande chiarezza.
Ecco, allora, tra i tanti elementi che una riflessione del genere può comportare, la frase: "Siamo tutti
responsabili di tutto e di tutti". Cosa vuoi dire per un cristiano scoprire la preziosità dell'Avvento?
Significa scoprire che dentro il tempo c'é un cammino nel quale non é più possibile dire: "Io non
centro", dire: "Ho già fatto....", dire: "Ma insomma, che cosa si vuole ancora?"
Vorrei che il senso di tale preziosità fosse da noi percepito con animo sereno, non come ulteriore
impegno di avere ancora delle altre cose da fare, con l'acqua alla gola e angosciati per non esserci
riusciti. Non vuole essere questo, ma capire che il tempo che ci é dato, lungo o corto che sia,
confina con Dio. Di conseguenza i fratelli che incontriamo, simpatici o antipatici, coerenti o non
coerenti, moralmente seri o no, sono per noi oggi l'unica, vera opportunità che abbiamo di
rispondere alle preziosità del tempo. Perché il tempo e i fratelli sono carichi di un Dio che ha voluto
stare dentro il tempo e la carne come ogni altro mortale.
E allora, molto semplicemente, non c'é bisogno (anche se questo é utile e su questo cerchiamo di
lavorare) che le parrocchie, le diocesi, i preti, i documenti sul terzo mondo ci organizzino l'interesse
verso i fratelli. Gli occhi dobbiamo averli ciascuno di noi. Non dobbiamo andare a chiedere
l'indirizzo dei fratelli di cui interessarci: essi stanno in mezzo a noi. Se non li vediamo, non é perché
non ci sono, ma perché i nostri occhi sono chiusi, perché siamo dispersi nelle frammentazioni dei
nostri piccoli interessi e del nostro piccolo cabotaggio quotidiano. Noi non abbiamo più attenzione.
Avete notato come é difficile avere attenzione anche solo nella modalità acustica? Stiamo
mangiando e il televisore da qualche parte sta chiacchierando e mostrando delle immagini, magari
di là il figlio sta rockettando a tutto volume. Anche la dimensione acustica é indicativa di una
pienezza di vuoto. Noi non sentiamo più niente, siamo psicologicamente saturi e non c'é più posto
per nessuno, sentiamo arrivare dei rumori, ma non sentiamo parole. E' un sintomo. Anche la
presenza degli altri é visivamente percepibile, ma noi siamo ciechi, non vediamo. Ci isoliamo, gli
altri non esistono, o esistono quando ne abbiamo bisogno. Quindi, per favore, non chiedete al
parroco, e a nessun altro, dove stanno i fratelli.
Se giungessimo a Natale senza esserci accorti di nemmeno un fratello di cui sentirci
affettuosamente e umilmente responsabili (senza troppi grilli per la testa di andare a fare i
missionari, ma umilmente responsabili), siamo eséntati dal celebrare il Natale. Si, parlo
provocatoriamente!, vi autorizzo a far vacanza. Lasciate stare. Non venite né alla messa di
mezzanotte né alle altre, lasciate stare. Fatevi un bel giro dove volete, perché vuol dire che c'é
qualcosa di troppo importante che non va, senza angoscia, ma pensandoci su davvero.
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II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)
(PREPARATE LE VIE DEL SIGNORE)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 3,1-6).
Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea,
Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca
dell'Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel
deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono
dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone
sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie,
spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Baruc (Bar 5,1-9)
Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell'afflizione,
rivèstiti dello splendore della gloria
che ti viene da Dio per sempre.
Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio,
metti sul tuo capo il diadema di gloria dell'Eterno,
perché Dio mostrerà il tuo splendore
a ogni creatura sotto il cielo.
Sarai chiamata da Dio per sempre:
«Pace di giustizia» e «Gloria di pietà».
Sorgi, o Gerusalemme, sta' in piedi sull'altura
e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti,
dal tramonto del sole fino al suo sorgere,
alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio.
Si sono allontanati da te a piedi,
incalzati dai nemici;
ora Dio te li riconduce
in trionfo, come sopra un trono regale.
Poiché Dio ha deciso di spianare
ogni alta montagna e le rupi perenni,
di colmare le valli livellando il terreno,
perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio.
Anche le selve e ogni albero odoroso
hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio.
Perché Dio ricondurrà Israele con gioia
alla luce della sua gloria,
con la misericordia e la giustizia
che vengono da lui.
SECONDA LETTURA
Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi (Fil 1,4-6.8-11).
Fratelli, prego sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione alla
diffusione del vangelo dal primo giorno fino al presente, e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi
quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Dio mi è testimone del profondo
affetto che ho per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità si arricchisca sempre
più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere
integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di
Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.
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(Seconda messa del Mattino)
Siamo alla seconda domenica del nostro itinerario di Avvento. Il personaggio che qui compare é
Giovanni il Battista, personaggio austero, ponte tra l'Antico Testamento, di cui rimane l'ultima
grande figura, e il Nuovo Testamento che ormai é arrivato nella figura di Gesù.
Perché compare Giovanni il Battista con questa sua austerità? Perché ci viene presentato nel tempo
dell'Avvento? Perché non conta niente che Gesù sia venuto se noi non lo vediamo.
Voi mi direte: "Caro prete, sappiamo che ti piace "rompere": rompere gli schemi e vuoi essere
originale. Ascolta! cosa vuol dire, secondo te, ché siamo qui? Se siamo qui significa che abbiamo
visto Gesù, altrimenti saremmo da qualche al tra parte, vero? o a letto, si sta bene in queste giornate
d'inverno o a sbrigare le faccende domestiche, grande passione di molte persone o a fare un giretto.
Siamo qui; quindi l'abbiamo visto Gesù".
D'accordo: é vero, se siamo qui l'abbiamo visto.
Però il nostro pericolo, il nostro rischio, il rischio di tutti sempre, é che possiamo ripetere dei gesti
che dovrebbero significare l'incontro con Gesù senza realmente, personalmente incontrarlo.
A volte a me capita (a volte? purtroppo, devo ammetterlo, tante volte!) di arrivare in fondo alla S.
Messa e dirmi: "Ma dov'ero?" Ho fatto tutto, non ho sbagliato niente; sono andato con calma, non
mi sono lasciato prendere dalla fretta, ho cercato di essere dignitoso nel parlare, nei gesti.
D'accordo, tutto bene: ma l'incontro personale con Gesù c'é stato?
Vedete, non é così scontato incontrare Gesù. Noi che ormai abbiamo alle spalle molti avventi, molti
Natali e abbiamo Sempre ricominciato daccapo, dobbiamo ancora chiederci quest'anno, come se
fosse la prima volta: "Ma io, il Signore l'ho visto?"
Il compito di Giovanni Battista era proprio questo: dopo secoli di attesa, secoli di profeti che
annunciavano Colui che doveva venire, in realtà trovò un popolo addormentato e indifferente.
Badate bene, nel fare i loro affari erano svegli; nel curare i loro interessi non si lasciavano poi tanto
ingannare o distrarre.
Che cosa mancava? Che cosa c'era bisogno di rinnovare?
Ecco il massaggio del Battista: "Preparate la via del Signore. Raddrizzate i suoi sentieri. I passi
tortuosi siano diritti".
Cari fratelli, vedete, io non sto dicendo che il Signore viene perché noi siamo brave persone; il
Signore viene perché é una brava persona Lui. Se venisse perché siamo bravi noi, potrebbe
chiudere, andare in vacanza che sarebbe lo stesso. Non sto dicendo, quindi, che il Signore é presente
nella misura in cui siamo buoni, siamo già convertiti, siamo già totalmente cambiati di dentro,
perché allora vorrebbe dire che siamo noi a far venire Dio, siamo noi a meritarci Gesù Cristo.
Vorrebbe dire che Lui é stato costretto da tanto che eravamo bravi, mentre é proprio il contrario: é
venuto perché noi ci perdiamo..
Però, vedete, il Signore non viene a dispetto di nessuno, non prende nessuno per il collo, non
s'impone.,
Avete badato quante volte noi imbrogliamo il Signore sapendolo? (Non dico le volte che non lo
sappiamo o non ci accorgiamo). Quante volte lo imbrogliamo sapendo?
Non sto dicendo che sono peccati gravi o non gravi, non sto facendo questa distinzione in questo
momento. Perché? Perché é una distinzione troppo legalistica. Faccio un esempio, di marito e
moglie che si vogliono bene. "Ma io mia moglie non l'ho mai uccisa! (questa é una cosa grave,
no?). Un po' meno grave: " Non l'ho mai picchiata! E va be’! Però senza fare queste cose gravi,
quante volte le hai mancato di rispetto, di attenzione, di sensibilità. Se tu le manchi di rispetto anche
in cose da poco, vuol dire che tu il rispetto non l'hai. Attenti bene: a volte non manchiamo in cose
gravi non perché dotati di una moralità forte, ma solo perché siamo abbastanza bene educati. E' più
un prodotto di educazione che di scelta morale.
Noi con il Signore facciamo la stessa cosa: lo inganniamo. Sapete perché dico questa espressione:
"Inganniamo il Signore"? Perché purtroppo ieri é morto un bravissimo sacerdote, Don Mario
Chittolina, cappellano delle carceri, che difendeva tanto i carcerati da dire (sembrava esagerato) che
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saremmo da mettere dentro noi, piuttosto che loro. Questa era la sua teoria, a ragione, perché siamo
un mondo di grande ipocrisia.
E allora gli chiedevamo: "Ma Don Mario, come fa lei ad avere sempre tanta pazienza con questa
gente? Non continuano forse ad imbrogliare?"
Lui rispondeva: "E tu non hai mai imbrogliato il Signore? Il Signore accetta daccapo di farsi ancora
imbrogliare da te e non vuoi che io mi faccia imbrogliare ancora da loro?" Ecco qua, Giovanni il
Battista dice proprio questo: il Signore non viene se noi non lo accettiamo; se non raddrizziamo
qualche passo tortuoso.
Se ciascuno di noi, stamattina, di fronte a Gesù, per rispondere a Lui, per vederlo, dicesse: "Io ho
questa cosa che non va nella mia vita; ho questo atteggiamento, ho questa situazione, ho questo
modo di comportarmi. Ecco Signore per vederti, perché so che tu ci sei e vieni (ma a volte mi
sembri lontano) voglio togliere ciò che più m'impedisce di vederti, ciò che sono io in questa
situazione, in questo atteggiamento, in questo difetto".
E' come quando si va in montagna: chissà dov’é la meta, dobbiamo arrivare al rifugio, siamo
stanchi morti, poi sentiamo anche un po’ di fame, e non la ti vede. Si, giù in basso la si
intravvedeva; adesso é già un'ora che si va, si gira su e giù, avanti e indietro per questi costoni e non
la si vede più. Ecco, finalmente si fa l'ultimo tratto e compare li. Bisogna fare tutta la strada per
arrivare a vederla, la cima.
Gesù é già qui, ma se noi non raddrizziamo almeno una curva, forse l'ultima della nostra vita, noi
non vediamo la meta, non vediamo Gesù.
Se il nostro Avvento significasse semplicemente, ma concretamente, raddrizzare almeno una delle
tante tortuosità della nostra vita: un rancore, una cattiveria, qualcosa di sbagliato; ognuno di noi ne
ha. Se noi dicessimo a Gesù sinceramente: "Signore io voglio vederti? Che la mia cecità non sia
legata al fatto che, pur venendo sempre a Messa, pur dicendo ogni tanto qualche preghiera, io non
voglia lasciarti fuori dalla mia vita?"
Era questo che volevo dire all'inizio.
"VEDERE GESU'" non vuol dire solo celebrarlo. Vuol dire si celebrarlo e pregarlo, ma per
"vederlo", per accettare che Lui sia nei nostri gesti.
Dobbiamo essere sinceri, sinceri fino in fondo: abbiamo urgenza che Lui ci sia quando abbiamo
l'acqua alla gola. Ma se stesse "a casa sua" in tutti gli altri casi, non ci dispiacerebbe affatto.
Se questo succede dentro di noi, cari fratelli e amici nel Signore, vuol dire che abbiamo bisogno
davvero di fare un cammino di Avvento, abbiamo bisogno da capo di chiamare Gesù di prepararne
la, via.
(messa vespertina)
Oggi la liturgia propone la figura di Giovanni il Battista. E' una delle figure del periodo
dell'Avvento, figura dell'attesa, ponte gettato tra l'Antico e il Nuovo Testamento, l'ultimo dei grandi
profeti, voce finalmente levata, dopo anni, forse Secoli, di silenzio,
Questo uomo tutto d'un pezzo, segnato da una coerenza invincibile, dalla figura asceticamente
stagliata, dura anche, forse ci intimorisce un po'.
E invece io credo che proprio tempi come i nostri possano trovare grande giovamento da figure cosi
nette.
I nostri sono tempi di facile incoerenza, di fragilità, di difficile resistenza di fronte ai colpi
continuamente subiti.
Ma non voglio adesso soffermarmi più di tanto sulla figura del Battista come tale. Vorrei solo
indicare come il Gesù della pazienza, il Gesù della misericordia, il Gesù del lucignolo' fumigante da
non spegnere, della canna da non spezzare, si faccia precedere, per essere davvero accolto, da
questo messaggero di grande austerità.
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Ci deve essere, io credo, una ragione, Perché? Perché Cristo, che é l'amore del Padre, la finezza
dell'amore del Padre, la tenerezza, il dono di sé dell'amore del Padre, é anche, con ogni evidenza,
colui che va accolto. Dolcezza si, ma da accogliere, qualcosa di estremamente fine e delicato si, ma
da accogliere.
Proviamo a pensare se noi in questo Avvento abbiamo veramente accolto Cristo, se lo stiamo
accogliendo; o se parliamo di Lui, organizziamo cose su di LUI, ma mantenendolo distante. Ecco il
Battista che dice: "Preparate le vie del Signore. Preparate....".
Io ho l'impressione che sia Dio stesso che si prepara la via per arrivare a noi. Non é solo
impressione, é una convinzione di fede.
Noi non ci conquistiamo Dio, noi non ci meritiamo la sua presenza; é Lui che viene, é Lui che,
venendo, si prepara la strada per arrivare fino a noi. Non dimentichiamo che il Cristianesimo é una
religione di gratuità.
Dio viene perché Lui è ricco di amore.
Allora cosa vuol dire "preparare"? Vuol dire non porre ostacoli, lasciare spazio alla sua venuta; vuol
dire non lasciarci riempire da tutte le altre cose cosicché non ci sia più spazio per il suo venire.
Faccio un piccolo esempio. I bambini sono un segno molto chiaro di questo. Qualche volta noi ci
rimaniamo male perché magari deve venire la nonna, le si prepara la venuta, abita in un'altra città e
viene a trovarci. La nonna arriva prima dell'ora prevista e lui (il bambino) é impegnato in un gioco
con degli amici, ebbene, in fondo, che venga la nonna é solo una seccatura in quel momento. Lo so
che questo é poco piacevole per la nonna, ma di fatto é così. Lui non ha niente contro la nonna (il
bambino dell'esempio) anzi fra un'ora, magari é pieno di attenzioni nel volerle bene, adesso no: é
impegnato.
Ho l'impressione che avvenga con il Signore allo stesso modo: siamo contenti che Lui ci sia, siamo
felici che venga, celebreremo senz'altro il Natale (e questa chiesa non riuscirà a contenerci tutti)
però noi siamo impegnati, siamo occupati. "Preparare la via del Signore" significa proprio questo:
concedere a questo Cristo degli spazi, senza riempirci solo di tutto il resto.
Faccio un esempio semplicissimo: uno non impara ad andare in bicicletta, se non andandoci. E'
inutile dare delle spiegazioni teoriche sull'andare in bicicletta. Ne prendi una, incominci ad andarci
sopra, se mai ti tengo dietro, per la sella, così ti aiuto, ma dovrò pure lasciarti andare da solo con la
bicicletta, non in casa a discuterne, fuori,
Gesù é uno di cui discutiamo - in casa. Cioè non c'é mai per Lui, solo per Lui, un luogo, uno spazio
(non quando abbiamo l'acqua alla gola per fargli delle richieste) per Lui da solo, non in quanto
esauditore di richieste pressanti: "Lui". Non c'é per Lui un tempo, per piccolo che sia, solo suo.
Siamo già riempiti, dite la verità, é tutto occupato. Se dovessimo pensare alla preghiera c'é come da
fare a gomitate su tutto il resto per farle spazio, non c'é già uno spazio ad essa dedicato.
A casa nostra, per quanto piccola sia, c'é lo spazio della cucina, sarà magari un fornellino piccolo,
ma c'é, é già stabilito, non é occupato dal resto, Perché? Perché è importante mangiare, Non saranno
pranzi secondo le ricette della "nouvelle cuisine", non saremo raffinatissimi come Gualtiero
Marchesi, però mangiamo.
A casa nostra non avremo un letto con la spalliera intarsiata del '500, però una sala, dove mettere
una rete con un materasso, le lenzuola e qualche coperta c'é. Perché? Perché non confondiamo il
tempo del riposo con altri tempi: abbiamo bisogno di riposare e gli dedichiamo un tempo e un
luogo.
Provate a vedere se nelle nostre giornate c'é l'angolo di cottura, se c'é la branda per nostro Signore
Gesù Cristo.
Noi diciamo di concedere qualche spazio al Signore, ma quando ci viene questa bella idea, se mai ci
viene, questo spazio é già occupato.
Pensate: "La nonna la rivedremo fra un'ora". E' da vedere se la nonna (o Gesù) fra un'ora ci sarà
ancora.
Seconda piccola riflessione: "I passi tortuosi diventino diritti".
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Oltre a questa difficoltà di fare questo spazio per Lui e solo per Lui, credo, che il Signore non venga
nelle nostre vite perché lo lasciamo fuori anche dai gesti, dai gesti che viviamo.
C'é una grossa distanza, una vera dicotomia tra le affermazioni su cui siamo d'accordo in chiesa e le
cose che facciamo fuori di chiesa dove viviamo.
"I passi tortuosi siano diritti". Un esempio: il problema della casa. Coppie di giovani non sanno
dove sbattere la testa se sentono il desiderio di sposarsi (come é sacrosanto secondo il Padre
Eterno). Però in compenso troveranno facilmente i "cosiddetti" appartamenti ammobiliati che sono
sciocchezze infinite dove alcune carabattole di mobili sono buttate lì, perché questo significa far
soldi in altro modo. Chissà perché spesso quando chiedo informazioni alle coppie di giovani, c'é
qualche persona che é molto domestica con le chiese, magari va, sempre, anche in qualche terzo
ordine dei frati. (Io non riesco a capire!) e sottobanco vuole, oltre a questa maggiorazione di prezzo,
che é già oscena per conto suo, un extra-busta senza niente di scritto. State tranquilli: domani
mattina farà la comunione, il suo Gesù é salvo.
Cari fratelli dobbiamo stare molto attenti perché Dio non é fatto di teologia raffinata là dove se ne
discute da parte degli esperti, Dio ha scelto in Gesù di camminare dentro questa storia.
"I passi tortuosi". Vuol dire che dobbiamo rendere puliti, semplici, corretti tutti i rapporti fra di noi;
altrimenti anche se facessimo lo "spazio" al Signore, la brandina per Lui, Lui non ci verrà mai ad
abitare. Perché non ha scelto di stare in un cuore che è mistico nei momenti ecclesiali e che é un
cuore avaro fuori dalla chiesa.
L'esempio che ho fatto é evidente sul piano sociale; ma anche a livelli più personali, non abbiamo
noi una tortuosità da raddrizzare?
L'Avvento é il tempo adatto perché Dio ha, bisogno di passare su questa strada.
E' nostro compito raddrizzare la strada. su cui passerà.
IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)
(CON MARIA VERSO IL NATALE)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 1,39-48).
In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse In fretta una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, Il bambino
le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le
donne, e benedetto II frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga e me? Ecco,
appena la voce del tuo saluto è giunta al miei orecchi, Il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E
beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore».
Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e li mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha
guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Michèa (Mi 5,1-4).
Cosi dice il Signore: E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi
uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti.
Perciò Dio II metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà; e II resto del tuoi
fratelli ritornerà ai figli di Israele. Egli starà là e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del
Signore suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra e tale
sarà la pace.
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SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 10,5- 10).
Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo Invece mi hai
preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo — poiché
di me sta scritto nel rotolo del libro — per fare, o Dio, la tua volontà».
Dopo aver detto: «Non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il
peccato», cose tutte che vengono offerte secondo la legge, soggiunge: «Ecco, io vengo per fare la tua
volontà». Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo. Ed è appunto per quella
volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per
sempre.
(Seconda messa del mattino)
Oggi nel Vangelo ci sono due donne che occupano tutta la scena.
Anzitutto la madre di Gesù, perché é già cominciata la sua esperienza, e questo racconto si inserisce
appena al termine dell'Annunciazione. Maria ha detto "sì" e nel suo corpo sta prendendo corpo il
figlio di Dio. E subito parte e va da sua cugina Elisabetta (1'altra protagonista) perché dall'angelo ha
saputo che é ormai giunta al sesto mese. Pensate, questa donna da sola fa un viaggio anche lungo,
difficile, oltre 100 Km in montagna su e giù. Cosa vuol dire questo?
Noi siamo arrivati, come dicevo all'inizio della S. Messa, verso la fine dell'Avvento. E come ci
siamo arrivati? Che cosa é mutato dentro"di noi?
Badate, non sto dicendo nel senso che abbiamo raggiunto dei risultati, lo sto dicendo nel senso più
vero, che almeno abbiamo cercato di fare qualche cosa.
Queste due donne che cosa ci insegnano?
La loro attesa del Cristo é un'attesa che passa non attraverso buone, sante intuizioni, ma attraverso
il loro corpo. Elisabetta sta dando "corpo" a Giovanni, il precursore; Maria sta dando "corpo" nel
suo corpo al corpo di Cristo.
Cari fratelli io mi sono accorto che é un po' di tempo che insisto sul corpo. Penso che sia importante
riflettere perché mi pare che la nostra fede corra un grande rischio che é quello di una
spiritualizzazione sospetta.
Ne volete un altro esempio nella parola del Signore?
La seconda lettura: Cristo, riferisce l'autore della Lettera agli Ebrei, entrando nel mondo dice: "Tu
non hai voluto (è un dialogo che avviene quasi ancora all'interno della Trinità tra il Verbo e il
Padre) né sacrificio né offerta (badate cose di chiesa, cose di tempio, cose spirituali) un "corpo",
invece, mi hai preparato. Allora ho detto:"Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà".
Ecco l'Avvento come ulteriore aiuto che il Signore ci dà per fare "il culto nelle strade". Non
guardatemi con sospetto: "il culto nelle strade" vuol dire il culto che supera il vecchio sistema che
fa diventare religioso solo ciò che é in chiesa.
Il Tempio più alto dell'incontro tra Dio e gli uomini non fu il Tempio di Gerusalemme, ma il
CRISTO. E nell'attesa era il corpo di Maria, la vera arca dell'alleanza.
Nelle Litanie della Madonna "Foederis arca" vuol dire proprio questo "arca dell'alleanza", luogo
dove é presente Dio. E dov'era? In una casa tra le più umili e semplici di Nazareth.
E' rischioso quando la nostra fede lascia i gesti che riguardano Dio solo in chiesa.
Cristo ha fondato un altro sistema religioso; il vero culto reso a Dio si compie nella vita quotidiana.
Ecco l'Avvento. Siamo stati noi in questo Avvento (che poi é il tempo di tutta la vita) un po' più
attenti a dire a Dio come Gesù Cristo entrando nel mondo: "Ecco io vengo, o Dio, a fare la tua
volontà come madre, come moglie, come figlio, come prete, come studente, come lavoratore?"
"Signore nella mia giornata io ho cercato nel mio corpo, quindi nei miei gesti, nelle mie parole (le
parole vengono fuori at traverso il corpo), costruendolo con le mie mani, un rapporto con Te di vero
culto?"
A porci queste domande andiamo un po' in crisi. Ma non deve essere una crisi di sofferenza
psicologica. Anzi dobbiamo ringraziare il Signore quando ci manda in crisi; significa che ci apre gli
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occhi. E' grazia del Signore vedere i nostri peccati. Invece noi ci illudiamo che quando siamo più
addormentati del solito, e non vediamo niente, di essere bravini, ci sentiamo bravini. Andiamo in
crisi quando apriamo gli occhi.
E' il contrario, cari fratelli. Se avessimo fede dovremmo ringraziare che il Signore ci apre gli occhi
sui nostri errori perché é l'inizio della grazia.
Ecco qua, allora qualcuno mi dirà: "Ma tu caro prete ogni tanto ci inviti a stare fuori; non vorrai che
per caso abbandoniamo la Chiesa? No, No, non fatemi dire questo perché non solo non l'ho detto,
non lo dico e nemmeno lo penso e non corrisponde soprattutto a quello che vuole il Signore, dato
che la domanda é: "Che cosa vuoi, o Signore?"
Noi veniamo qui proprio perché ci accorgiamo che siamo fragili da soli; proprio perché ci
accorgiamo che senza il Signore non riusciamo a diventare religiosi nella vita.
Non credeteci a quelli che dicono il contrario, sono il 90%. Non hanno tutti i torti per certi versi
perché noi siamo così incoerenti che smentiamo, sempre con il corpo, ciò che nella mente e con le
parole affermiamo. E qualcuno dice: "E' uno sport nazionale!" In genere chi sostiene questo non ha
le proprie crisi. Chi dice così lo fa per difendersi perché la miglior difesa é l'attacco, é vecchia la
faccenda. Però non hanno tutti i torti, lo dico qui fra di noi, di dire:"Ah! Cosa significa andare in
chiesa, se io conosco......."
E io devo ammettere che é vero. Se penso a me e se penso anche a tante cose che facciamo; gli
diamo un po' l'alibi. Ecco, cari fratelli, voglio dire questo: la testimonianza. Il Signore é creduto,
certamente, perché Lui trova le sue strade per arrivare al cuore degli uomini, ma badate, dipende
molto anche da noi, dal passaggio dalla chiesa al mondo, dalla chiesa alle strade.
Non serve a niente in termini di annuncio evangelico che noi siamo bravissimi qui, se é solo qui che
siamo bravi.
Vedete l'Avvento come é importante, come ci invita a cambiare mentalità. Ci invita a rafforzare il
momento dell'incontro con il Signore nella chiesa, negli spazi di silenzio, di preghiera, ma a
rafforzarlo per viverlo nel nostro corpo, come queste due grandi donne che noi oggi abbiamo il
piacere di contemplare: Maria la più grande di tutte e sua cugina Elisabetta.
Mi fermo qui e chiediamo insieme umilmente al Signore di convertirci sempre di più al culto nelle
strade, al culto nelle scuole, al culto nelle cucine con la scopa in mano, con il soffritto di cipolla. Il
Signore é lì, altrimenti io temo che Lui sia venuto da fuori dal Padre qui su questa terra e dopo
2.000 anni se non siamo ancora arrivati lì, non abbiamo capito ancora la cosa più importante.
Allora preghiamo anche per tutti quei fratelli che hanno la loro fede ballerina e che però a Natale li
ritroviamo quasi tutti.
Se fossero stati salvezza per il mondo, il Verbo di Dio avrebbe detto: "Signore io ti eleverò buoni
sentimenti e dall’alto dei cieli penserò buoni sentimenti".
Ha fatto una strada diversa, ha assunto un corpo ed é diventato, dicevo, e adesso lo spiego, la
religione delle strade. Non più la religione delle chiese, del tempio perché la vera presenza di Dio
non è più il Tempio di Gerusalemme e nessun altro tempio, é solo CRISTO, perché solo lui
pienamente e totalmente é il luogo dell'incontro tra Dio e l'uomo. E il tempio che cos'é se non
questo incontro tra Dio e noi?
Il tempio fu sua madre; non dico niente di sconvolgente, cito le litanie "Foederis arca" - arca
dell'alleanza, luogo dove avviene l'alleanza, che riceve e porta il segno concreto dell’alleanza, il
corpo di Cristo, Verbo di Dio, figlio del Padre.
La religione ha cominciato a camminare lontano dal tempio; c'é andato Gesù perché riconosceva
che questo era il segno della fede, ma quando arriverà alla stretta finale e gli contesteranno di voler
abbattere la religione, dirà:"Distruggete questo tempio e io ve lo riedificherò in tre giorni"« Loro
hanno capito, tutti, il tempio di pietra, Gesù parlava del tempio che era il suo corpo.
Quindi una religione che é vera non per la ritualità principalmente, la ritualità é il punto di aggancio
con il mondo di Dio, ma é solo la prima, essenziale certo, ma la prima parte del culto della
religione.
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La parte che conta é che partendo da questo corpo, l'Eucarestia corpo del Signore, il nostro corpo
traduca, viva, sperimenti, annunci quanto nel mistero della fede ha incontrato e sperimentato.
Maria é questo. Ecco perché non sta ferma, ecco perché, pur nella particolare circostanza - una
maternità incipiente - parte, va.
Ecco perché, cari fratelli, l'Avvento é questo.
E' questo centrare una fede che fa i conti con il tempo, una fede che si misura con i gestì, una fede
che diventa non azione, nemmeno buona azione, ma "corpo". Non é, spero non sia, una sottigliezza
quella che sto dicendo perché, in realtà, é vero qualche buona azione si può sempre fare. Infatti noi
le facciamo volentieri a volte purché non cambi niente del resto. Siamo lì, arginiamo un po' il
rischio di essere troppo coinvolti e recitiamo; questo é il versante del momento in cui ci difendiamo
da tutti e dal Signore principalmente.
La vera fede, la vera religione ha bisogno di invocare umiltà e coraggio; dobbiamo credere e sperare
chiedendolo al Signore, non tanto per riuscire a fare qualche gesto, ma per diventare corpo.
E qui, purtroppo, la mia condizione di maschietto mi impedisce di sondare quelle cose, che pure
trovo affascinanti per quello che riesco a intuire e che solo le donne madri potrebbero degnamente
raccontare. loro sanno e solo loro, cosa significa non tanto fare questo o quel gesto, ma diventare
corpo, costruire un corpo, costruire una persona.
La nostra fede finché non diventerà questa maternità che cresce dentro di noi, cosicché Cristo in
qualche modo é anche nostro figlio, gli diamo corpo dentro il nostro corpo e quindi i nostri gesti
non saranno lì, quanti Avventi ancora dovremo celebrare con la pazienza che ha il Signore e con la
speranza che noi abbiamo fidandoci di Lui.
TEMPO DI NATALE
NATALE DEL SIGNORE - MESSA DELLA NOTTE
(QUEL BAMBINO È UNA SFIDA)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 2,1-14).
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo
censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno
nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide
chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme
a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non
c'era posto nell'alloggio.
C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la
guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi
furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che
sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo
per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».E subito apparve con
l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaia (Is 9,1 -3.5-6).
Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano In terra tenebrosa una
luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando
si miete e come si esulta quando si divide la preda. Poiché tu, come al tempo di Madian, hai spezzato il giogo
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che l'opprimeva, la sbarra sulle sue spalle e il bastone dell'aguzzino. Poiché un bambino è nato per noi, ci è
stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: "Consigliere ammirabile, Dio
potente, Padre per sempre, Principe della pace"; grande sarà Il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono
di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre;
questo farà lo zelo del Signore.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito (2,11-14).
Carissimo, è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare
l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della
beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato
se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle
opere buone.
(Messa di mezzanotte)
Mi meraviglio perché, anche dopo molti anni la notte di Natale riesce sempre a commuovermi e si
che sembro essere più uomo di durezza che di lacrime facili e il vederci qui in tanti certamente non
lascia indifferenti.
C'é una pluralità nella presenza, uno spessore profondo nell'essere anche insieme che certamente
porta in sé del calore, ci dà, prima ancora che noi ne parliamo, prima ancora che ci fermiamo a
cercar di capire cosa vuol dire, commozione - é certamente qualcosa. Eppure al di là dell'emozione
non riesco umanamente, ma anche nella fede direi, non avvertire una difficoltà.
Non preoccupatevi non ho niente da dire a nessuno e da rimproverare a nessuno, é una difficoltà che
é dentro, mi pare, in questa modalità di vita di cui siamo in parte vittime, certamente, e di cui anche
siamo in parte, credo, responsabili.
Io ho cominciato la S. Messa dicendo: "Cari fratelli". Ho pensato che dovevo dirvelo e forse ve lo
dirò, vediamo come va a finire, non lo so neanche io.:
Che Dio é nato, che Dio si è fatto uomo, questo doveva essere il messaggio, ecco, la difficoltà
dov'é? E' che a ben pensarci non solo non é più chiaro complessivamente che cos'é e chi é Dio "parliamo" - questa sera possiamo ammetterlo senza vergognarci troppo.
Non é più tanto chiaro neanche chi é e cos'é l'Uomo, per cui dire: "Ci é nato mi bambino" dirlo di
Dio quando é difficile che oggi nascano bambini (non perché biologicamente siamo diventati
incapaci, é una incapacità psichica, mentale, culturale, di fede), quando oggi milioni di bambini
muoiono, non é più chiaro neanche che cosa significhi che si é fatto "Uomo" Dio.
E lasciamo pure nella sua difficoltà, nel suo mistero capire o comprendere o accettare chi é Dio
perché non sappiamo bene chi é l'Uomo.
E allora ripeto: "Cari fratelli" e ripetendolo, ci credo, voglio crederci. Perché se nella cristianità tutte
le volte che é Natale riusciamo a dire questo, questo ci é consegnato come gioia e insieme come
responsabilità.
Poterci dire "fratello", poter riconoscere quindi una fraternità perché "leggiamo" una "paternità".
E ancora. Io arrivo sempre a questa notte avendo, mi pare sempre più chiaramente davanti agli
occhi non le luci del centro (ormai la Parrocchia di S. Pio X non mi concede quasi neanche più di
vedere le luci del centro, non ne sento la mancanza), ma altre luci: di SOFFERENZA, quanta!
Parlo della sofferenza a tutto campo: quella fisica che nemmeno la morfina riesce a lenire; quella
morale; quella delle cattiverie per cui si fa fatica a dire anche in questa notte "cari fratelli"; quella
delle solitudini.
Io ringrazio il Signore che sempre più me la fa incontrare, perché? - Perché allora la poesia (e la
dico senza ironia, nel senso più alto del termine) come creazione di un mondo nuovo, come non
rassegnazione all'esistente, come non mollare di fronte a questa compattezza di ciò che sembra solo
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frenare e rendere difficile il cammino - quindi in questo senso dinamico di questa notte - non é
trastullarci, non é raccontarci favolette.
Gesù non é una favoletta é, e ancora lasciamo questa sua difficoltà, Dio che viene nella "tana del
lupo", permettetemi questa espressione; é Dio che non ha paura di contaminarsi.
Pensate, una delle fonti della sofferenza é la nostra paura, tutto sommato, diciamo perbenistica di
non contaminarci.
Non parlo solo di una cosa che va eccessivamente di moda e che forse non é la più pericolosa delle
altre, c'é di peggio. Come scatta il bisogno di pulizia e di purità sospetto.
Dio che viene proprio là dove é in rischio il suo venire. Ecco allora "fratelli" il messaggio della
gioia del Natale è questo: che se ci é dato di pensare, di sognare, di desiderare un mondo nuovo
(non difendiamoci da questo, non é inganno!) accogliamo fino in fondo questa idea, questa
speranza, questa luce che si illumina.
Ma, ecco, stiamo attenti a non parlarne, stiamo attenti a non elaborare ottimi pensieri, a non
diventare sottili dicitori, cesellatori di progetti.
Chiediamo al Signore la concretezza della sua parola perché il verbo si fece carne. La parola non fu
detta se non quando diventò carne. Lo diventò dentro la provvisorietà di questa storia, lo diventò
dentro la dura realtà di questa modalità di essere uomini, non buona.
Ecco, allora, ci é concesso di sognare, di accettare di fare poesia creando un mondo solo se ciascuno
di noi, là dov'é (dopo se ha fiato va anche un po' più in'là, ma già là dov’é) assume il criterio di
questa notte: farsi carne.
Guardate, "cari fratelli" -.lo ripeto perché ci credo, voglio crederci, lo accetto da Dio non-dalla
nostra capacità, da Lui sì, da questa notte sì - non fare chissà che cosa, ma fare subito, non tocca
agli altri, meglio tocca a tutti. Ma come diceva Don Mazzolari "Io non aspetto che si impegni un
altro per avere motivo di impegnarmi. E se anche tutti non lo facessero, il Verbo di Dio che si fa
carne, mi impegna a questa linea, a questo livello".
Vedete, ora che ci é dato non di fuggire chissà dove, io non vorrei che questa chiesa fosse fuori
dall'oscurità e dal freddo che c'é attorno, non può esserlo, né di lasciarsi toccare. Questa é la fede,
perché questa é la strada che Dio ha percorso e per chi accoglie il Verbo di Dio che si fa carne, non
ci sono altre strade: condividere, stare insieme, portare come diceva. S. Paolo "gli uni i pesi degli
altri", accorgersi di chi é solo, di chi sta male, di chi soffre.
E badate non vorrei aver fatto un'altra retorica contro la retorica delle parole. Ve l'ho già detto, non
ho paura delle parole, le parole sono uno strumento stupendo, ma ciò che incide sono i nostri gesti,
é il nostro cuore, non il beffeggiare.
Allora, ecco, io nel nome del Signore, a nome anche degli altri sacerdoti, auguro a tutti voi (non c'é
un augurio che cade addosso dall'alto da chi ne sta fuori) che il Signore conceda nessuna epopea,
certamente no, ma mani, mani che fanno, cuori che accolgono. Dove? Dove volete. Per fare questo
non c'é nemmeno bisogno di avere soldi. Provate ad ascoltare qualcuno che non ha chi lo ascolti,
non costa niente. Lo può fare anche chi poi non saprebbe rispondere in modo spedito. forbito.
profondo. Non ci chiedono spesso, se ci badate, risposte, ci chiedono accoglienza.
Cristo nasce se oggi noi ci accogliamo, se non ci accogliamo. lo ripeto "Viva le belle cerimonie",
ma non metterci dentro Gesù Cristo, per favore.
E siccome io credo che Gesù Cristo si sia messo dentro con tale profondità che nemmeno il nostro
rifiuto lo scalfirà, mi dico e vi dico "Buon Natale".
NATALE DEL SIGNORE - MESSA DEL GIORNO
Dal vangelo secondo Luca (Lc 2,15- 20).
Avvenne che, appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro:
«Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono
dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. E dopo
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averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle
cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore. I
pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era
stato detto loro.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isala (Is 62,11-12).
Ecco ciò che il Signore
fa sentire all'estremità della terra:
«Dite alla figlia di Sion: Ecco,
arriva il tuo salvatore;
ecco, ha con sé la sua mercede,
la sua ricompensa è davanti a lui.
Li chiameranno popolo santo,
Redenti del Signore.
E tu sarai chiamata "Ricercata",
"Città non abbandonata».
SECONDA LETTURA
Dalla lettera dl san Paolo apostolo a Tito (Tt 3,47).
Carissimo, quando si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci
ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di
rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di
Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza,
della vita eterna.
(Messa dei bambini)
A me fanno sempre un po' impressione i pastori. Non tanto perché da piccolo li ho maneggiati
mettendoli nel presepio e rompendone parecchi, ma da quando ho scoperto che i pastori non
valevano niente agli occhi di tutta la gente. Non solo, di peggio, pazienza valessero niente; dei
pastori, era opinione comune, non ci si poteva fidare.
Volete un esempio di oggi per capire bene com'erano valutati i pastori? Voi lascereste le porte
aperte se vedete gli zingari girare vicino a casa vostra? Risposta corale: "Nooo..!° Ecco i pastori
avevano la stessa credibilità, la stessa reputazione che hanno oggi ai nostri occhi, gli zingari.
La scommessa di Dio è di servirsi proprio di loro: ecco ciò che mi fa impressione!
Suscita profonda impressione che Gesù, nascendo, mandi i suoi incaricati, gli angeli, a dare il primo
annuncio proprio a loro, ai pastori.
Lo sapete che, se in un tribunale entrava un pastore e doveva testimoniare sotto giuramento, la sua
versione dei fatti, non era ritenuta credibile?
E Gesù manda proprio loro a dare lo stupendo e gioioso annuncio della sua nascita.
Questo deve essere un vizio del Signore perché anche alla fine della sua vita manderà altre persone
poco credibili.
Le donne non erano ritenute credibili neanche loro, meglio dei pastori a dire il vero, un po' meglio,
però.... Ecco una donna non le si credeva tanto, aveva poco valore in senso sociale. Tanto é vero che
anche gli Apostoli, che nonostante lo Spirito Santo erano rimasti un po' maschilisti quando
sentirono che Gesù era risorto, dissero: "E' sì, vai a credere alle donne!" (Mi scusino le donne che
ora sono la maggioranza in Italia, ma voglio chiarire la situazione di allora).
Perché cito l'inizio e la fine della vita di Gesù? Ma perché, cari miei, qui c'é un messaggio favoloso
che ci riguarda tutti.
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Gesù non ha bisogno di "perfetti”, ci pensa Lui un, po' alla volta con la vita e con tutto il resto a
lavorarci di cesello; non ha bisogno che siamo già perfetti.
Ha bisogno che gli crediamo, che siamo disponibili, che abbiamo poche "fole" detto in mantovano.
Ve lo immaginate? Se fosse andato a "disturbare" qualche dignitario della corte di Gerusalemme, si
sarebbe alzato di corsa? Sarebbe andato con gioia a dire a tutti: "Si, é nato"? Sarebbe andato a
vedere se davvero era nato, facendo a piedi la strada? Ve li immaginate? Si sarebbe mosso
qualcuno? Mi balla un occhio; nessuno si sarebbe mosso!
E gli Apostoli alla fine - cosi presi dal loro dolore, poveretti, dolore di essere scappati per tempo in
modo da non rischiare troppo la pelle - non si facevano vedere tanto attorno al sepolcro perché
sarebbero stati individuati: "Eccoli lì, sì sono dei suoi, teniamoli d'occhio". E' no, via .....nascosti.
Invece le donne nella loro vera semplicità e autenticità, (dicevo prima senza tante "fole") seguendo
il loro cuore, sono andate a portare gli unguenti (noi oggi porteremmo dei fiori) perché nel loro
cuore non avevano paura di cosa avrebbero detto, pensato o fatto gli altri; non gliene interessava.
Dove il cuore comanda, si corre.
Avete già capito, tiro la conseguenza e ho già finito, semplicemente.
Dicevo: Gesù non ha bisogno che siamo perfetti. Di che cosa ha bisogno? Che siamo dei cuori
semplici, della gente che é disponibile.
Non chiedetemi dove, come e quando, perché altrimenti tiriamo fino a mezzanotte dell'anno
prossimo quando nasce ancora Gesù. La cosa grande é questa: essere DISPONIBILI.
Vi traduco, perché é una parola molto usata "essere disponibili". Sapete cosa vuol dire? Vi
sorprenderà; vuol dire "disponi tu di me". Essere disponibili non vuol dire: "Io vengo finché ne ho
voglia". Eh, no, no. Secondo la grammatica che aiuta a capire, "DISPONIBILE" significa "mi'
lascio disporre da te".
Cosa vuol dire "innamorarsi"? Vuol dire "io lascio che tu prenda in mano la mia vita. Prendila in
mano tu, non me la tengo, te la do. E tu mi dai la tua".
Finché non siamo arresi davvero, non siamo arrivati fino in fondo, né alla disponibilità né all'amore,
é tattica.
Dio mio, quante famiglie sono ancora ferme alla "tattica"!
C'é chi celebra il cinquantesimo e non ha ancora finito di usare la tattica, non ha pronunciato fino in
fondo: "Io mi lascio agire da te".
Qualche volta purtroppo ce n'é anche il motivo (e non é sempre male, secondo me) però non é
amore, non é profondità, non é verità di incontro.
Ecco, allora, Gesù non ha bisogno di organizzazioni, ve lo dico subito, Gesù non ha bisogno che
siamo al massimo della virtù (poi anche se ci buttassimo, sarebbe un disastro peggiore di prima),
Gesù ha bisogno di gente vera, semplice, che é capace di farsi su le maniche là dov'é e in quello che
sta facendo (e se poi ce la cava può pensare a qualcosa d'altro!) ma intanto lì dov'é.
Allora, cari amici e fratelli, l'augurio di Natale che ci scambiamo, perché ne abbiamo bisogno tutti,
é proprio questo: "Signore facci il dono di essere veri come i pastori che scattano in piedi è vanno.
Non hanno messo fuori il termometro per vedere com'era la temperatura, erano già fuori. Non
hanno guardato se erano vestiti bene, sono partiti.
Per fare del bene, cari amici, non c'é bisogno di essere buoni, basta avere un cuore semplice, essere
disponibili. Perché non tentare un po', dai piccoli ai grandi, oggi, una volta, una volta sola?
Cambieremmo un po' il mondo! Oggi, tutti, un gesto - uno! non due, di disponibilità. Cari amici io
spero che ci sia la vostra mamma e che magari ne approfitti a tavola. "Già, hai sentito cosa ha detto
don Ulisse, allora ….." Lo so che qualcuno forse mi maledirebbe. Però se ci facessimo tutti
disponibili anche in una sola occasione, oggi sarà davvero una grande giornata. Dunque se questo é
il senso del farci auguri, facciamoceli: "BUON NATALE A TUTTI".
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26 DICEMBRE S. STEFANO
Dal vangelo secondo Matteo (Mt 10. 17-22)
Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e
sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. E
quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire. perché vi
sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre
vostro che parla in voi.
Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire.
E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 6,8-15; 7,54-60)
Stefano incarcerato. – Stefano intanto, pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il
popolo. Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei «Liberti » comprendente anche i Cirenei, Alessandrini
e altri della Cilicia e dell'Asia disputare con Stefano, "ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con
cui egli parlava. Allora istigarono alcuni perché dicessero: «Lo abbiamo udito pronunciare parole blasfeme
contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo
catturarono e lo condussero davanti al sinedrio. Presentarono quindi falsi testimoni, che dissero: «Costui non
fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù,
questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato».
E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro il suo volto come quello di un
angelo.
Martirio di Stefano. - All'udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro
Stefano.Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di
Dio e disse: «Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio». Allora, gridando
a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della
città e si misero a lapidarlo. E i testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E
lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e
gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì.
(Prima messa del mattino)
Dovrebbe farci riflettere come la chiesa accosti il bianco, colore dei paramenti di Natale a quello
rosso di oggi.
Cristo che nasce e subito la festa è riservata ad un martire: il primo.
Credo che ci sia una sapienza della fede in questo. Anche perché la festa è abbinata al Natale da
subito, da quando é stato stabilito proprio il 25 dicembre, nel quarto secolo. Da allora il 26 dicembre
si celebra la Festa di S. Stefano; quindi non é un abbinamento casuale, sono cresciute insieme.
Perché questo? Perché non si può credere in Cristo senza stare dalla sua parte. Non si può
accogliere la sua venuta se non si diventa testimoni della sua venuta.
Ecco, allora, questo giovane, Stefano, presentato pieno di grazia e di potenza perché pieno dello
Spirito di Cristo. Perché ha accolto Cristo assimilandolo, facendolo diventare vita della sua vita.
Quindi Stefano, accogliendo Cristo, rimane con Lui nella logica della sua Pasqua.
Vedete, il Natale ha inevitabilmente un legame con la Pasqua. Perché quel Gesù che ieri abbiamo
contemplato teneramente nella fragilità del suo essere appena nato, é l'agnello di Dio che toglie i
peccati del mondo.
E Stefano, che oggi vediamo segno concreto, vede in Gesù Bambino l'agnello pasquale offerto sulla
croce e risorto.
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Ecco perché Stefano vede "i cieli aperti e il Figlio dell' uomo che sta alla destra di Dio" nel mistero
della Pasqua. Ecco perché Stefano diventa seme di nuova fede.
Quel Saul che assiste alla sua lapidazione e custodisce il mantello da lapidatore, diventerà
l'Apostolo Paolo, lui stesso innamorato di Cristo e lui stesso, per Cristo, testimone fino al martirio.
Vedete, allora, cari fratelli nella fede, noi stamattina siamo qui in pochi e possiamo parlare un po'
più del solito sul nostro essere cristiani.
Noi a volte siamo preoccupati del fare per essere efficaci. Non credo sia qui il problema, dovremmo
solo preoccuparci di seguire Cristo.
Io non so se Stefano sapesse che lì c'era Saul, non credo sia da preoccuparsi tanto, ma poiché
Stefano fu veramente discepolo fino in fondo, da lì, seme di novità, parte e porterà frutto dopo molti
anni faticosamente..
Il vero problema della Chiesa, cioè della fede, é questo: seguire davvero Gesù.
E allora a Stefano chiediamo, che dopo il grande fulgore del Natale, dopo la luce che si é accesa
nelle tenebre, ci sia data questa fedeltà é questa forza di amare e di seguire ogni giorno
concretamente Gesù, il nostro Signore.
(Messa per giovani e adulti)
Vorrei sviluppare il pensiero che ho già accennato iniziando la celebrazione: perché la Chiesa, nel
secondo giorno del Natale, celebri S. Stefano, Perché passi dal bianco dei paramenti di ieri, con la
chiara simbologia della luce che si accende nelle tenebre (questo é il senso della Messa di mezzanotte, soprattutto), perché si passi dal bianco che é luce, innocenza, bellezza di valori nuovi che si
ripropongono al mondo, al colore rosso del sangue del martirio.
L'accostamento é antico come il Natale. Voi sapete che la Festa del Natale si é assestata, nella
liturgia cattolica cristiana, intorno al quarto secolo; e dal quarto secolo, insieme con il Natale, si é
celebrata subito la festa di S. Stefano. Quindi non é un abbinamento casuale, c'é sotto
evidentemente una pedagogia. Qual é questa pedagogia?
Il Cristo che abbiamo contemplato farsi carne, non viene accanto alla nostra storia. Non ci fa, voglio
dire, una passeggiata e nemmeno un weekend. Gesù Cristo ha scelto di stare dentro questa storia di
uomini, fatti come sono fatti, da sempre, gli uomini: con tante buone intenzioni (quando ci sono;
perché sempre purtroppo, non ci sono) ed anche con tanta incoerenza.
C'é un mondo fatto di furberia, di indifferenza, di malizie, di arrivismo; ecco, Dio manda suo figlio
in questo mondo. Ecco, dunque: il Natale si lega alla Pasqua. Come? Inevitabilmente, se Cristo é la
luce, non può andar bene alle tenebre.
In questo momento io spero che nessuno di noi stia pensando: chissà dove sono le tenebre.
Non facciamo dei dualismi che separano le tenebre dalla luce facendo passare il confine da persona
a persona così come, (vi ricordate la vecchia lavagna dei tempi di scuola?) tra "buoni e cattivi",
c'era in mezzo una linea che separava. Purtroppo non é così semplice. La linea non passa tra due
persone, passa all'interno del cuore di ciascuna persona.
Ciascuno di noi ha intera la lavagna perché ha dentro l'elenco delle cose cattive e ha dentro l'elenco
delle cose buone, per cui seguire Cristo significa accogliere la serietà della sua presenza,
rispondergli, stare con Lui, facendolo cioè diventare carne, come Lui é diventato nostra cerne.
Il Vangelo dice: "Sarete odiati tutti a causa del mio nome". Cari fratelli, qualche volta i Cristiani,
preti per primi, non hanno una grande accoglienza. E ci mancherebbe!
IL grave é che spesso siamo mal accolti per i nostri difetti. Magari fossimo non accolti o vituperati
perché siamo veramente fedeli al Signore!
A volte noi cerchiamo il successo e non dovremmo; nemmeno il successo della fede cristiana.
Nostro compito dovrebbe essere solo: essere fedeli, essere costanti, essere non velleitari in grandi,
stupendi, bellissimi propositi o in paginette di diari spirituali che andrebbero senz'altro pubblicati
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per la loro profondità. No, ho, “pubblicata” dovrebbe essere la nostra vita nelle cose di tutti i giorni.
Da lì dovrebbe nascere la nostra capacità di trascinare.
Infatti c'é un testimone alla lapidazione di Stefano, si chiama Saul. E' un fariseo. Diremmo, oggi, un
integralista alla Khomeini; uno di quelli che non sopporta niente e nessuno, di fronte a cui non si
sgarra. Uno di quelli che definiremmo difficili da ammorbidire, difficili da cambiare.
E Stefano non gli parla.. Nessuna predica, nessun discorso, e sì che era stupendamente bravo nel
parlare. Era dotato, dicono gli Atti degli Apostoli, di una dialettica che confondeva i più agguerriti
avversari, rabbini e farisei che fossero. Stefano gli parla con un altro linguaggio, che é quello di
aver seguito e perseverato sulla strada di Gesù fino alla fine. Perché quello che ci é nato é l'Agnello
di Dio, immolato per i nostri peccati, rifiutato da chi maneggia la Bibbia, ma non vuole seguire Dio,
e tutt'oggi non é difficile essere campioni di questo sport!
Stefano convertirà Saul e Saul certamente conoscerà il Cristo sulla via di Damasco, ma il seme
parte dalla testimonianza di Stefano, vero seguace di Gesù..
Ecco, cari fratelli, la nostra vera capacità di diffondere il Vangelo è seguire Cristo. Non é predicare
bene, non é sapere le cose giuste, non é dirle, anche se tutto questo può servire e va fatto. Nessuno
di noi dovrà impegnarsi troppo nel fare cose che sa, se contemporaneamente, e prima di queste, (é
un prima logico, non temporale), costantemente non é impegnato ad essere seguace di Gesù, non é
impegnato a prenderlo sul serio.
Ecco perché, dicevo, questa é una festa che va collegata strettamente al Natale, per non ridurlo in
chiave romantica. Per carità, é bello, il Natale, anch’io mi commuovo sempre a Natale, ormai sto
invecchiando si vede, mi commuovo sempre di più! Ma mi fido poco del mio commuovermi, come
del resto del vostro, se lo vedo.
Io aspetto sempre S. Stefano, il giorno dopo. Voglio vedere che cosa di me si é cambiato con
l'incontro col Cristo. Voglio vedere con gli altri, nell'impatto con gli altri e non con quelli che sono
già umanamente e fraternamente vicini. Nell'impatto con i "seccatori" che sono sempre a piede
libero e imperversano dappertutto.
Chiediamo, quindi, a S. Stefano che per primo ha preso sul serio Cristo, che anche noi, come Cristo
ha preso seriamente la nostra vicenda umana, così da assumere carne (e non l'ha più mollata;
pensate, ora, in Dio, nella Trinità, c'é la nostra carne umana, per me é sconvolgente questo!), che
assumiamo anche noi Cristo senza mollarlo mai.
Se vai a ballare, porta con te Cristo. Se vai a lavorare porta con te Cristo. Se stai in casa porta con te
Cristo.
Questo é l'augurio che di nuovo ci rifacciamo, perché l'incarnazione di Gesù diventi incarnazione
dentro la vita dei cristiani.
MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO
(FESTA A PIÙ DIMENSIONI)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 2,16-21).
In quel tempo, i pastori andarono senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella
mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono,
si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel
suo cuore. I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e
visto, com'era stato detto loro. Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu
messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del Numeri (Nm 6,22-27).
Signore si rivolse a Mosè dicendo: «Parla ad Aronne e ai suoi figli e riferisci loro: Voi benedirete così gli
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Israeliti; direte loro: Ti benedica Il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare li suo volto su di te e ti sia
propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace. Cosi, porranno il mio nome agli Israeliti e
io li benedirò».
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Paolo apostolo al Gàlati (Gal 4,4-7).
Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò II suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per
riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli ne è
prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori Io Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi
non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio.
(Seconda messa del mattino)
Abbiamo già anticipato che questa di oggi é una festa molto composita: porta dentro di sé numerosi
e non secondari motivi di riflessione. Dirli tutti significa, forse, sacrificarli; tenterò di essere breve
almeno su qualcuno.
Il PRIMO, che é più legato all'anno civile, é che oggi iniziamo il 1989 e quindi abbiamo davanti a
noi, come si dice, una novità.
Allora ecco qui la Prima Lettura! in fondo abbiamo letto gli "auguri". Se voi la rileggete con
attenzione, questa del Libro dei Numeri é la benedizione che i sacerdoti davano al popolo al termine
delle grandi feste liturgiche, particolarmente nella festa dell'anno nuovo.
Vedete "fare gli auguri" non é solo vuoto formalismo. Se noi li intendiamo in termini cristiani "fare
gli auguri" vuol dire questo: affermare che la felicità nostra, la felicità delle persone non dipende
solo da noi o da loro, significa che siamo nelle mani di Dio.
Quindi in termini cristiani il senso degli auguri é dire: "Io ti voglio bene, ti guardo con simpatia,
vorrei fare per te del bene, ma non controllo più di tanto né la mia vita né la tua: affido la tua e la
mia nelle mani del Signore".
"Fare gli auguri" é ammettere the rispetto a ciò che possiamo fare le nostre forze sono sempre molto
piccole e abbiamo davvero la necessità interiore di affidarci a Dio.
E affidarci a Dio vuol dire questo:"il Signore rivolga su di te il suo volto, ti guardi".
Lo vedete, il guardarci significa che il rapporto scorre sereno, che non ci sono sotterfugi, che
possiamo fidarci.
Non avete mai visto 1e persone che non guardano mai in faccia, negli occhi? A volte é per
timidezza, a volte perché sono un po' impirpiolate, magari per conto loro, oppure nelle nostre case
quando ci sono dei motivi di difficoltà. E' difficile parlarsi in quei momenti e se ci si parla non ci si
guarda in faccia.
L'augurio" é che il Signore ti guardi sempre in faccia, che non abbia motivo di essere arrabbiato con
te e anche tu guardi sempre in faccia il Signore.
Brevemente questo era un primo momento di riflessione.
Il SECONDO, che vorrei non trascurare perché é veramente grande, é la figura della Madonna.
Il primo giorno dell'anno celebra, essendo l'ottava del Santo Natale, la madre di Cristo. Non
dimentichiamo che ci ha dato Gesù, che Dio ci ha raggiunto ed é venuto in mezzo a noi ed é
diventato carne della nostra carne attraverso Maria. (Ed io sono dell'idea che nel giorno dei
compleanni dei figli, bisognerebbe sempre fare il regalo alla mamma). Ecco qua la "Madonna
madre" e vorrei solo riflettere su questo tra le tante cose che si potrebbero e si dovrebbero dire.
avete visto che ci sono molti personaggi intorno a Gesù: personaggi buoni, volonterosi; per
esempio, i pastori che a differenza di tanti altri partono, si muovono, sono generosi, cercano Cristo;
sono i primi propagatori della lieta novella. Personaggi negativi: Erode che si spaventa. Abbiamo
celebrato tre giorni dopo il Natale la festa dei SS. Innocenti, primi testimoni nel sangue della venuta
di Cristo, inconsapevoli certo, ma primo vero frutto di questa fedeltà al Signore.
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Ecco, vedete, la Madonna ha una sua vera originalissima fedeltà al Signore: intanto lo ha accolto.
"Accogliere" - credo che qui dovrebbero parlare tutte le mamme, anche per ragioni fisiologiche
oltre che di scelta interiore. Intanto cosa vuol dire aspettare, volere, accogliere di dentro?
Immaginate la grandezza di questa accoglienza per questa donna. Accoglieva nella fede non solo
quello che era un figlio, ma il suo Signore.
Ebbene, se ci badate, nella lettura del Vangelo di fronte al furore di Erode, all'indifferenza di
Betlemme e dei capi, all'agitazione dei pastori, lì c'é la Madonna che é come ferma. E dice il
Vangelo che "serbava tutte queste cose meditandole nél suo cuore".
Ecco, la Madonna che non é in agitazione, non é nell'indifferenza, non si muove e non parla, sembra
solo immobile. E' silenziosa, é colma di stupore. Anche lei si meraviglia,non é scontato quello che
succede, ma non, si agita. Non diremmo nemmeno che é chiusa, che si é messa in un atteggiamento
solitario, no, no. Ascolta, rivive, é attiva, ma é attiva non esteriormente, é attiva nella profondità
dell'interiorità.
Meditava nel suo cuore, si preparava al futuro. Come noi lo siamo all'inizio del nuovo anno, ci
prepariamo a una incognita che può essere aperta a tutto.
Maria si prepara al futuro di questo figlio che le é dato, meditando, lavorando di dentro, lavorando a
capire la grandezza ed a adorare la grandezza, a pregare per essere dentro a quello che il Signore
vuole.
Mi pare che questo sia un grande atteggiamento per noi che iniziamo il nuovo anno. Noi che a volte
ci agitiamo anche per il bene, ma non ne varrebbe la pena. Val la pena essere attivi, ma la prima
attività é diventare profondi di dentro, fermarsi davanti al Signore, accoglierlo, meditare, pensare a
Lui. Leggere e rileggere e pensare a confrontarci con la parola che Lui ci dice, altrimenti se questo
non avviene dentro di noi, noi é vero che andiamo con buone intenzioni, siamo sinceri, ma
arriviamo vuoti, poveri e diamo ai fratelli la nostra povertà, la nostra agitazione. E se non c'é pace
nel cuore, non serve essere presenti, attivi.
La Madonna ci insegna la verità più profonda del fare il bene che non é accumulare cose, é esseri
veri nel fare quelle poche che possiamo, essere veri fino in fondo. Lei non ha recitato la parte della
mamma, non ha recitato la parte della Madonna (espressione che abbiamo poi coniato noi), ha fatto
la donna fino in fondo nella sua dimensione di madre e di credente. Perché mentre lei dava Gesù,
seguiva Gesù, era al seguito, era la prima discepola, si faceva ammaestrare da questa presenza, lo
interrogava pregando. Mi capite? Io credo che sia una cosa altissima avere in mano questo bambino
piccolo, fragile, bisognoso di tutto, come tutti i bambini, che é suo figlio in termini totali e
interrogarsi e dire:"Ma chi sei tu che io stringo fra le mie braccia? Chi sei tu che io allatto? Chi sei
tu che io pulisco? Che cos'é tutto questo che avviene intorno a te, pastori, angeli, Erode?" Ed essa
era lì, non era in posa per i fotografi, non ha venduto, passatemi l'espressione, in esclusiva a nessun
rotocalco, non c'erano ancora, ma mi capite, non aveva questo atteggiamento. Era li ad adorare ciò
ché teneva in braccio, a dedicargli la propria vita mentre lo allattava e lo teneva preziosamente.
Questo é quello che facciamo noi nell'essere credenti: la vita come mistero che Dio ci dona.
E allora, vedete, stiamo facendo delle cose che contano poco? Quante! Sono la maggioranza, ci
avete badato? Chi di noi può alla fine di un anno fare un bilancio di cose importanti? Ne abbiamo
accumulato di infinitamente quotidiane, qualche volte seccanti, di poca importanza. Se noi facciamo
la vita con queste piccole cose l'abbiamo persa; si tratta di cogliere il mistero di questa piccolezza.
Se io guardo la mia giornata di cose importante, quelle che credevo di fare come prete, non ne
faccio mai. Sono addetto alla quotidianità più stupida, più vuota: "Ma Dio mio, cosa conta, “cosa
conta?" - me lo chiedo.
Credo che anche voi quante volte pensate o dite:"Essere nonne, essere madri, guarda qui …..”. Le
grandi realtà dove sono? E se non le portiamo di dentro nel fare anche queste piccole cose.
Voglio fare solo un cenno al TERZO motivo che é quello della pace: "La libertà si misura sui
pochi". E' stato Paolo VI che ha deciso che il primo giorno dell'anno fosse dedicato dai cristiani a
riflettere e a pregare sulla pace. Ogni anno c'é un tema, quest' anno é questo: "i pochi le minoranze".
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Pensate agli Armeni perseguitati dagli Arabi, ai Palestinesi nella loro terra che non é la loro terra.
Pensate, e dobbiamo pensarci insieme, ai marocchini che vengono qui. Dobbiamo chiedere al
Signore di allargarci il cuore perché noi non dobbiamo affondare nel benessere vuoto in cui siamo
dentro. Provate a pensare ai soldi che buttiamo via complessivamente. Non sto parlando di voi, lo
so che si fa sempre la predica alle persone sbagliate perché quelle che dovrebbero sentirle non
vengono mai, certamente vanno da qualche altra parte. Non é una predica, é una riflessione.
"Le minoranze" - Guardate, io ho un grande rispetto dei marocchini, é gente che prega, sono in
genere musulmani, loro pregano. Sono in genere gente pulita, di cuore, semplice che porta pazienza
con queste gerle, fatte con delle cassette con dentro delle chincaglierie. Li vediamo sulle spiagge,
passano per le nostre case, sono dappertutto.
Avete mai provato a parlare con loro anche se non prendete niente? Scoprire la loro realtà di
persona umana, Dio mio, quanto abbiamo da imparare!
La pace anche tra i grandi avverrà se il nostro cuore é aperto. Vedete, i motivi sono tanti, il Signore
ci ha fatto dono di cominciare l'anno con delle grandi realtà e delle grandi prospettive. Lodiamolo
non tanto con le parole, ma cercando da oggi, da subito, di mettere il nostro cuore attento a ciò che
succede attorno a noi. Attento ai fratelli, anche soprattutto, a quelli delle minoranze, a quelli che
sono in pochi, che sono diversi, che sono strambi ai nostri occhi,- che non siano il nuovo modo che
Cristo ha di raggiungere il nostro cuore un po' freddo e distratto?
E allora, se mi permettete, a questo punto, di farci gli auguri: é raccogliere tutta questa grandezza
che il Signore ci dà. E nel farceli ci accogliamo anche noi reciprocamente, ci perdoniamo se
abbiamo qualche cosa di cui chiederci perdono. E soprattutto chiediamo al Signore di farci essere
più in comunione in questo 1989, e allora "Auguri".
EPIFANIA DEL SIGNORE
(LA CHIAMATA DELLE GENTI ALLA FEDE)
Dal vangelo secondo Matteo (Mt 2,1-12).
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e
domandavano: “Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per
adorarlo” .All’udire queste parole, Il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi
sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero:
«A Betlemme di Giudea, perché cosi è scritto per mezzo del profeta: "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei
davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele"».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la
stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete
trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché
giunse e si fermò sopra Il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una
grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi
aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da
Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaia (Is 60,1-6).
Alzati, rivestiti di luce, perché viene le tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, le
tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria
appare su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi
Intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie
sono portate In braccio. A quella vista sarai raggiante, palpiterai e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze
del mare si riverseranno su di te, verranno a te I beni dei popoli. Uno stuolo di cammelli ti Invaderà,
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dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro incenso e proclamando le glorie del
Signore.
SECONDA LETTURA
Della tenera di san Paolo apostolo agli Efesini (Ef 3,2-3.5-6).
Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per
rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente. Esso non è stato
manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti
per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare
lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo,
(Messa prefestiva)
Cari fratelli, oggi é dato l'annuncio della Pasqua e delle grandi solennità in cui noi riviviamo il
mistero di Cristo. Il mistero di Cristo, come dice S. Paolo nella Seconda Lettura, si manifesta.
"Epifania" è manifestazione, é il rivelarsi, é l'apparire nel la luce piena della sua grandezza di quello
che Cristo é.
E per una particolare attenzione della Chiesa d'Oriente, che secondo me ha perso molto meno di noi
il senso del mistero di Dio, io vi ricordo, e mi ricordo, che in quella Chiesa la vera celebrazione del
Natale è l'Epifania. Perché l'Epifania non é una rilettura un po' romantica del venire di Dio in Gesù;
l'Epifania, in Oriente, é davvero la rivelazione, nella carne umana della gloria del Padre che
dall'eternità vive, esiste e ama.
Ecco, allora, questa grande intuizione che la Prima Lettura . stupendamente racconta. Questo invito
a Gerusalemme a rivestirsi di luce perché viene la luce del mondo che é (permettetemi, uso una
parola un po' complessa) la "diafania", cioè l'illuminazione, é Dio che illumina.
Se ci badate, Gerusalemme é illuminata perché tutti quelli che si sono persi nelle tenebre, vedendo
la luce, sappiano dove volgere il loro cammino.
Ecco, allora, che la "diafania" - l'essere illuminati - diventa "Epifania" - manifestare la luce del
Signore perché sia di guida, di significato, di valore a tutti i ricercatori dell'assoluto. Qui, cari
fratelli, sta tutto il senso del nostro essere Chiesa: il vivere, cioè, la diafanìa, l'essere illuminati. La
luce non viene da noi; quindi essere condotti noi per primi da questa luce, lasciarcene permeare, non
sottrarci ai suoi raggi, gioire che la luce del Signore ci raggiunga.
Mi viene in mente una definizione di peccatore data da Santa Bernardetta, quella a cui é apparsa la
Madonna a Lourdes, quando le hanno chiesto, proprio per vedere se erano fantasie sue o se era
davvero luce del Signore, che definisse chi era il peccatore. Noi avremmo detto chi fa i peccati, no,
lei disse: "Chi ama i peccati".
Vedete, qualche volta noi non amiamo il Signore non tanto perché facciamo dei grandi peccati, ma
perché amiamo non essere disturbati nel nostro piccolo tran-tran, che magari forse peccaminoso non
é, ma nemmeno aperto a Dio, che non gioisce del venire di Dio, anzi, é disturbato e qualche volta
un po' irritato.
Ecco qua, lasciarci illuminare - primo momento. Vedete come é più facile celebrare i misteri di Dio
Che lasciarcene illuminare.
Io penso a queste feste che stiamo concludendo. Penso al fatto che attorno a queste celebrazioni
molti cristiani (e non solo loro, mi pare: tutti rivendicano questo diritto e forse questa gloria di
essere cristiani) sono convenuti intorno alla luce di Gesù. Certamente credo e spero che sia Gesù a
chiamare queste persone e a chiamare anche noi: però, alla fine, loro e noi ci lasciamo illuminare da
Lui? Cioè è lui la luce, il criterio, la verità dei nostri gesti, delle nostre scelte, del nostro a volte
affannoso e faticoso cercare? Perché se non avviene questo in profondità, se non lasciamo a Dio il
tempo e lo spazio di venire, di attecchire, di prendere forma nella nostra vita, il secondo momento,
l'Epifania, cioè il mostrare, il rivelare il suo messaggio e la sua luce sarà inevitabilmente monco,
inevitabilmente frammentario. Non sarà testimonianza, voglio dire. E testimonianza, voi lo sapete,
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cari fratelli, non è sapere bene le cose, nemmeno dirle bene, è esserne permeati, esserne quasi
istintivamente, come senza pensarci, guidati.
E' come l'artista che riesce a vedere e a captare delle bellezze che sono nei suoni, nella musica, nei
colori, nelle forme. Non vede qualcosa di diverso, vede quello che vediamo noi, mai lui ha la chiave
di lettura, lui non si ferma alla crosta, va dentro, ne percepisce dei legami interni che fanno gioire la
sua sensibilità.
Essere testimoni, quindi, non é semplicemente, come dicevo prima, aver capito, dire; significa avere
del "feeling",, entrare in sintonia, in consonanza, risuonare.
Uso dei paragoni artistici perché è molto più profonda la dimensione artistica e creativa di quella
solo ragionativa, è più coinvolgente, comporta una partecipazioni più totale. Infatti è a questo
livello di'creatività, è un fatto artistico l'innamoramento: si fa un mondo nuovo, non è ragionare.
Ecco, noi con Gesù Cristo ci ragioniamo, non siamo condotti a questa dimensione così
coinvolgente. Perciò lo testimoniamo a malapena, a fatica e con incertezza, Perciò non siamo come
Chiesa, sia come singoli che come comunità, un riferimento che dà gioia a chi cerca l'assoluto di
Dio. Ed é grave!
Io non sto dicendo questo perché, come al solito, voglio disturbare; (lo so che ho questa
valutazione, ho questo giudizio su di me) ve lo dico tranquillamente non mi interessa disturbare
nessuno. Dobbiamo ammettere che é così, e da questo riprendere il nostro cammino perché noi
siamo tutti un povero popolo, com'era un povero popolo Israele.
Si tratta davvero di mettere al centro il Signore, di uscire dal nostro piccolo cabotaggio, in cui è
eccessivamente, pericolosamente, mescolata una mentalità troppo umana, troppo nostra. Non siamo
ancora cioè illuminati: per questo siamo poco in grado di illuminare, per questo facciamo fatica a
testimoniare Cristo. E del resto il Vangelo ci dice che testimoniare Cristo significa, e qui sta
l'annuncio della Pasqua che abbiamo detto, testimoniare il Cristo che é crocifisso.
La poesia del Natale rimane romantica, come dicevo prima, finché non la si toglie da questa
equivocità e la si mette al posto giusto di fronte alla croce. Il Natale va rapportato direttamente alla
croce e alla Pasqua, altrimenti si filosofeggia con troppi angioletti che girano, con eccesso di buoni
pastori e pecorelle e cose varie. E anche in questo si tradisce la grande intuizione di S. Francesco
che diede vita al presepio non per fare della falsa e bolsa poesia, ma perché voleva condurre gli
uomini che "teologizzavano”, cioè facevano grandi impianti teorici sulla fede, alla concretezza di un
bambino che é nato. Voleva che questa concretezza, come lui fece, alimentasse la nostra voglia, il
nostro desiderio di andare avanti, di credere e di accettare il Signore.
Ecco, allora, che la nostra Messa é una preghiera per poter essere una Chiesa che si lascia
illuminare.
Di una cosa noi diciamo é "diafana" perché é trasparente alla luce. "Diafania" è essere trasparenti
alla luce per farla passare - "epifania" farla vedere a tutti. Ma non perché ci mettiamo chissà dove,
come dice il Vangelo, un lucerna, senza assumere arie di nessun tipo, solo perché é una lucerna
accesa, fa luce. E allora, vedete, cosa contano i fari se non si accendono? Cosa conta celebrare i
misteri di Dio se non accendono la nostra vita?
Invochiamo Dio perché questo con pazienza, con perseveranza, quotidianamente succeda nelle
nostre vite personali e nella vita della nostra comunità che crede nel Signore.
(Messa dei bambini)
Si vede che la stella ha portato tutti in montagna, cosa dite,eh? Allora mi dispiace perché avevo
bisogno dei miei amici oggi per dialogare, invece mi toccherà sopportare tutto' da solo o quasi.
Dunque abbiamo detto che oggi è la festa....? - "dell’ "Epifania”. Queste volta mi é andata bene
perché un altro anno mi avete risposto che é la Befana. Io ho guardato sul calendario della Chiesa e
non ho trovato nessuna santa o beata che avesse un nome del genere. Giusto, bravissimi "Epifania".
E' un nome un po' ostrogoto, veramente è un nome greco. Avete la pallida idea che cosa significa?
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"Ma Don Ulisse caro, ma cosa vuoi …..siamo in vacanza...!"
"E-pi-fa-nia- vuol dire ma-ni-fe-sta-zio.-ne, ri-ve-la-zio-ne.
Vuol dire che Gesù, che è venuto finalmente, fa, si direbbe, il ballo delle debuttanti, si presenta in
società.
Sapete, in certi ambienti che non so perché anch'io non conosco a dire il vero, ma a Milano anche
qui a Mantova nel nostro piccolo queste cose si fanno; a 18 anni le fanc1ulle di bella speranza e di
buona famiglia si presentano in società, si fanno vedere (è un pezzo che si fanno vedere, ma lì è
ufficiale!)
Ecco, Gesù (mi perdoni perché uso questo paragone per tenervi un po' svegli) finalmente debutta,
esce fuori allo scoperto, al di là di pochi intimi si presenta a tutto il mondo.
Infatti abbiamo alcuni rappresentanti di tutto il mondo, chi sono? Bravi, siete pochi, ma i migliori
sono rimasti.. "I Re Magi". Perfetto. Quanti sono? - "Tre". Oggi proprio sono soddisfatto, siete
bravissimi.
Sono, dicevo, i rappresentanti di chi? I rappresentanti di Gesù? - "No" - Di chi? Bravi - di tutto il
mondo, di tutti i popoli. Perché? Gesù é venuto e oggi è la festa della luce per essere la luce di
Betlemme? Di Betlemme e basta? Di Betlemme più Gerusalemme? Mettiamoci anche Cafarnao, va
là, oggi esageriamo! - solo? - "Ma di tutto il mondo"!
Ecco qua il grande problema: come si fa oggi, secondo voi, ad accendere la luce di Gesù perché si
veda davanti a tutti i popoli? Ah, vi volevo! E' difficile qui rispondere, é difficile! Gesù ha dato
l'incarico a noi di essere con la sua grazia, perché lui ce l'ha data, luce. Allora, mamma cara, che
responsabilità! Chi riuscirà ad essere la luce?
C'é un rito nel nostro battesimo. A questa messa fra due giorni celebreremo i battesimi, ci sarà il
cero pasquale che significa Gesù risorto, la luce. Nella veglia pasquale si accende il fuoco là fuori di
notte. Quando c'é tutto buio attorno, la chiesa é tutta spenta, si accende il cero pasquale che é Gesù
risorto, la luce di tutti gli uomini e man mano prima il sacerdote, poi i chierichetti, poi tutta la gente
che ha in mano la candela spenta, va ad accenderla al cero, e questa chiesa tutta buia, anche solo
con le candele, comincia ad illuminarsi.
E nel battesimo che ricorda la Pasqua di Gesù, ai papà dei bambini (speriamo che ci credano)
faremo loro fare questo gesto: di andare ad accendere la loro candela al cero pasquale dicendo:
"Questa é la fede".
Allora la luce di Gesù sono i cristiani che avendo fede in Lui incominciano ad illuminare. Cari miei,
per illuminare bisogna essere.? - "Il-lu-mi-na-ti".
La luna ha luce sua? - "NO" - Ferrati anche in scienze, bravissimi! Che luce é quella che noi
vediamo riflessa dalla luna?
- "Quella del sole".
Noi come cristiani dove abbiamo la nostra luce? Chi é la nostra luce? - "Gesù, il sole" - Chi é il
sole? - "Gesù, Gesù", Infatti hanno fatto la festa di Natale il 25 dicembre, sapete perché? Perché i
pagani, essendo quelle le giornate più corte dell'anno e avendo un grande desiderio del sole,
celebravano la festa del sole.
Allora i Cristiani hanno detto! "Ma chi é il vero sole? - Gesù" - Messa di mezzanotte perché li si
apre il vero sole.
Cari fratelli, vedete che siamo in pochi oggi, vi ricordate a Natale a quest'ora? Non tutti accettano di
essere illuminati da Gesù.
Ecco qua, cari Cristiani, tocca a noi essere la bella luna piena, senza nebbia che non ha luce sua,
però, cari miei, quando é bella rotonda, limpida, eh, insomma! Se andate in bicicletta in campagna
senza fanale vedete la strada. Non è il sole, però insomma, ci si vede attorno.
Allora facciamoci gli auguri di essere gente che crede così profondamente in Gesù da lasciarci
illuminare da Lui e quindi di essere luce per chi cerca il Signore. Glielo chiediamo? Quante volte
gente che sinceramente cerca la luce, si scoraggia perché incontra noi che dovremmo essere la luce
riflessa di Gesù, ma lo oscuriamo. Allora preghiamo bene insieme.
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BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO C)
(IL SUO E IL NOSTRO BATTESIMO)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 3,15-16.21-22).
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non
fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «lo vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di
me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito
Santo e fuoco». Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in
preghiera, Il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu
una voce dal cielo: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaia (Is 42,1-4.6-7).
Cosi dice il Signore: «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto in cui mi compiaccio. Ho posto il mio
spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la
sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il
diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; e per la
sua dottrina saranno in attesa le isole. lo, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti
ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e
faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».
SECONDA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 10,34-38).
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di
persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la
parola che egli ha inviato al figli d'Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo,
che è il Signore di tutti. Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea,
dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di
Nazareth, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché
Dio era con lui».
(Prima messa del mattino)
Il tempo di Natale si conclude oggi nonostante il detto popolare: "L'Epifania tutte le feste si porta
via". Dal punto di vista liturgico la conclusione del Natale é il Battesimo di Gesù. Il Battesimo di
Gesù, quindi, chiude la celebrazione del mistero e apre quello che, sempre liturgicamente, si chiama
"il tempo ordinario”. Il tempo nel quale non si contempla il mistero di Dio, ma il mistero dell'essere
cristiani, cioè l'accoglienza che noi facciamo del dono del Signore. Quindi la coerenza nel cammino
di fede, di carità, di speranza dentro il tempo che il cristiano compie perché l'ha ricevuto da Dio.
Questa piccola annotazione serve per darci un po' la chiave di lettura anche della festa. Perché la
chiave di lettura?
Perché mi pare ci piano due grandi momenti: il primo é ancora la contemplazione del mistero di
Cristo - che cos'é il suo battesimo, cos’è per lui,– il secondo è l’apertura al cosiddetto "tempo
ordinario": che cos'é per noi il nostro battesimo. Dirò due pensieri spero semplici.
Il primo é appunto che cos'é il Battesimo di Gesù. Innanzitutto é molto chiaro che Gesù non si fa
battezzare perché ha bisogno di essere redento dai peccati, questo certamente no. Quindi il suo
battesimo ha un altro significato e lo si desume dal. racconto. Se ci badate nel racconto appaiono
degli elementi che nella Bibbia sono indicatori.
Primo: il cielo che si apre
Secondo: lo Spirito Santo in una forma di visibilità
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Terzo: la voce
Quarto: Gesù che prega.
Certamente non mi soffermerò a delinearli tutti. Brevemente dirò queste.
"Il cielo che si apre”: il battesimo non indica che Gesù deve essere redento, ma indica la
condiscendenza di Dio verso il mondo. Il "cielo" nella simbologia biblica rappresenta Dio, non uno
spazio in alto, azzurro. E il cielo si apre perché si apre sugli uomini e per gli uomini. Questo indica
che Dio ha deciso di essere vicino a noi e nella sua condiscendenza si fa compagno di viaggio di
questa umanità, la nostra.
Lo Spirito Santo, presentato in questa particolare conformazione di colomba che vola, richiama la
prima parte della Genesi dove si dice che lo Spirito Santo si librava sulle acque. Cioè si librava sul
"caos", il caos primigenio da cui l'opera di Dio ricavò il "cosmos" che é l'ordine, che é il mondo ordinato, predisposto perché l'uomo venga, vi abiti e ne divenga in nome di Dio, responsabile. Quindi
anche qui é una nuova creazione, un nuovo uomo che comincia ad esistere perché (come allora lo
Spirito si librava e il verso biblico indica proprio simile al volare planante dell'aquila che sta per
posarsi sul nido, va alla covata; é Dio che in qualche modo, é un'espressione che viene dalla Bibbia,
quindi nessuna meraviglia, a me pare molto bella, "cova il mondo") finalmente una vita piena,
ordinata, una vita che conduce a Lui, si manifesti e si realizzi.
Quindi in Gesù è chiaro questo: in lui finalmente è finita la Creazione. Non è Adamo l'uomo del
progetto di Dio, è GESU’; questi è davvero l'UOMO, che Dio intendeva.
L'altro elemento che voglio commentare è Gesù in preghiera. Certamente è indicato con forza un
atteggiamento che è ineliminabile per essere uomini Secondo Dio, quello della preghiera. Se non vi
sembrerà (spero che non vi sembri, o se vi sembra è lo stesso) propaganda, in questo atteggiamento
di Gesù è ravvisabile quella linea pastorale che da anni stiamo cercando di capire e di fare, con
difficoltà e senza alcun successo né di critica né di pubblico, è la spiritualità della lectio Divina. È il
pregare perché si apra il cielo e arrivi la voce. La voce del Signore non, è udita da parte di nessuno
se non in questo atteggiamento orante. Non c’è ascolto solo perché abbiamo orecchi di carne. Non
c'è ascolto della parola di Dio solo perché con gli occhi la leggiamo sulla pagina stampata. Bisogna
che attraverso la preghiera il nostro orecchio diventi sensibile, si sintonizzi, (È una espressione
legata alla radio o alla ricezione televisiva: se non si è sintonizzati, non si sente bene, si è disturbati,
si accavallano le stazioni).
Noi pretendiamo di essere figli di Dio, e quindi di realizzare il suo progetto, senza fare opera di
sintonizzazione. La preghiera é questo, è sintonizzarsi con il progetto di Dio.
Noi preghiamo quando dobbiamo chiedere; la preghiera di domanda non é da eliminare, fa parte
anche questa, Ma viene dopo - non é fuori elenco, ma viene dopo.
La preghiera radicale è un'altra: "Signore, voglio vedere che cosa mi tocca fare perché lo vuoi tu,
voglio capirlo. Voglio, capendolo, essere disponibile a Te nella pace del cuore e nella gioia della
fede".
Io temo che sul nostro battesimo non farò in tempo a dire più di tanto. Ma mi pare che, in filigrana,
sia possibile rileggere nel battesimo di Gesti il nostro.
Mi permetto solo una piccola osservazione: Gesù con il suo battesimo, diremmo, inaugura la sua
missione pubblica. Finisce l'epoca in cui Gesù a Nazareth fa l'operaio nella bottega di Giuseppe.
Termina il momento in cui é figlio di famiglia, diremmo, esce, va per realizzare la volontà del
Padre. Comincia la sua missione dopo aver così profondamente maturato che cosa vuole Dio da lui.
Guardate che lo ha capito nella preghiera,ci sono meno angeli e meno rivelazione di quanto non
crediamo nel Vangelo.
Lo ha capito e lo ha accolto questo progetto di Dio nella preghiera e dalla preghiera comincia la sua
missione
Nel nostro battesimo prima ancora (é un "prima" di tipo logico anche se di fatto le cose avvengono
contemporaneamente nella vita) di essere capaci di annunciare Cristo, di manifestarlo, di
testimoniarlo, dobbiamo farci una piccola radicale domanda:"Ma l'abbiamo accolto? Stiamo
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accogliendolo? Siamo sintonizzati? Abbiamo la lunghezza d'onda di Dio?" Perché se non abbiamo
questo, se non é maturato questo, faremo con la nostra testa le cosiddette opere buone.
Il problema; é di farle dove, come, quando vuole Lui. Di gente che fa buone opere, e che sarebbe
meglio stesse ferma, c'é pieno il mondo. Non vi sembri cattivo questo. Buone opere non secondo
Dio! Intanto probabilmente danno fastidio al prossimo, ma su questo mi basta solo una piccola
battuta.
Certamente il problema serio é: "Siamo secondo te, o Signore? O siamo secondo quello che ci va
bene, secondo la nostra psicologia, i nostri problemi, i nostri bisogni?"
E allora nella serenità della fede diciamo: "Signore fa che scopriamo la preziosità dell'essere tuoi
figli, affinché da questa preziosità scaturisca il nostro vivere nella fede". Preghiamo insieme vi
invito anche a pregare per quei bambini che alla messa delle ore 10, oggi, riceveranno il loro
battesimo. Vi invito a pregare più per le loro famiglie che per loro, a dire il vero, loro sono
senz'altro davanti a Dio,
per i loro papà e le loro mamme perché ciò che é importante é che cresca la nostra fede.
(Messa per giovani e adulti)
Oggi, abbiamo detto all'inizio della celebrazione, la festa è sul grande mistero del Battesimo di
Gesù.
Anzitutto voglio darvi alcune indicazioni liturgiche. Nonostante il detto popolare che "l'Epifania
tutte le feste si porta via", l'ultima festa di Natale é quella di oggi, non é l'Epifania. Ed é molto
importante perché da domani il colore diventa quello verde ed è il tempo liturgico chiamato
"ordinario". Voi mi direte: "Stai invecchiando, ritorni alle rubriche".
No, no, non torno per niente alle rubriche, torno a una riflessione di fede per intendere cosa
significa per noi celebrare misteri di Dio. Ritorno alla riflessione nella quale il celebrare Dio vuol
dire continuamente con lo stesso amore, con la stessa chiarezza e importanza, rimeditare e vedere
cosa significa il nostro vivere.
Dunque il. Battesimo di Gesù chiude il tempo del Natale. Il riflettere sul nostro battesimo apre il
tempo della vita concreta: la fede dentro il tempo, la fede nelle case, la fede dove si gioca, la fede
dove si insegna, la fede dove si maneggiano i soldi, la fede dove si soffre. Se noi non riusciamo a
fare questa combinazione, perdura una difficile situazione dalla quale siamo un po' tutti segnati. È la
difficoltà di combinare il nostro totale essere d'accordo, la nostra profonda sintonia (ci parrebbe,
almeno, con la mente) con il dono di Dio da una parte e dall'altra la difficoltà estrema di mettere un
collante sufficiente perché questo accordo, questo essere insieme ad affermare la fede di Dio possa
coniugarsi con un'altrettanta decisa esperienza vissuta.
Quindi altro che rubriche! La Chiesa nella liturgia non intende farci fare delle belle cerimonie, non
le interessa. Non è un estetismo ecclesiastico che qui si tratta di andare a rinverdire, una capacità e
anche una volontà, certamente, di accogliere la fede e di viverla.
Io vedo che mi sono già mangiato mezza predica con il tempo, pazienza, ridurrò drasticamente.
Iniziamo, anzitutto, con il Battesimo di Gesù. Perché é importante? Perché é diverso dal nostro?
Devo precisare che Gesù non é stato battezzato come siamo stati noi; il suo é un battesimo diverso,
ha un altro valore, ha altri significati. Gesù non si fa battezzare perché deve essere redento dal
peccato, Gesù si fa battezzare per indicare la solidarietà di Dio con la nostra condizione di peccato,
é diverso. Ora esaminiamo un po' gli elementi che il Vangelo ci offre per cogliere cosa vuol dire
solidarietà di Dio, condiscendenza di Dio con la nostra condizione.
Primo elemento é il "cielo". Il cielo si apre, non é un problema di azzurro, nella Bibbia "cielo" é
Dio. Il cielo si apre perché Dio cerca la comunicazione con noi. Cerca una comunicazione a tale
livello che la sua parola per farsi da noi intendere diventa parola fatta carne. Non é più sufficiente
nemmeno la parola detta, la parola della Bibbia, la parola dei profeti. Anzi la parola detta diventa
vera di un'altra verità molto più profonda e decisiva perché la parola che dall'eterno é pronunciata
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nel seno di Dio, diventa nel tempo uomo nato da donna. Ecco la grandezza allora: il Battesimo di
Gesù é questa scelta che Dio fa di aprirsi all’uomo. Io temo che mentre noi diciamo questo, siamo
assuefatti all'idea, cioè il discorso é scontato: "E va beh, é una vita che diciamo questo!" No, no.. Io
vorrei che la nostra fede non diventasse banale, non é scontato. Lo ripeto: non é scontato, nemmeno
dopo che Gesù é venuto, non é scontato che il cielo si é aperto. Bisogna rileggere l'Antico
Testamento per andare a riprendere il senso profondo della distanza di Dio e soprattutto del silenzio
di Dio. Guardate che la prima rottura del silenzio dopo qualche secolo é Giovanni. Ci fu un grande
silenzio. Noi diamo troppo per scontato che Dio sia automatico come gli elettrodomestici che
abbiamo in casa, salvo che manchi la corrente, ma in generale si attaccano e vanno. E no, no, Dio
non é "a macchina" per fortuna! Non c'é come dato così banalmente scontato che Dio funziona
sempre. No. Quindi che "i cieli" si aprono, vuol dire che Dio vuole, ma vuole anche dire che Dio
qualche volta non vuole. E' sempre collegato a come ci comportiamo noi personalmente. Vorrei che
avessimo meno sicurezza nel dire: "Be', adesso non faccio tanto bene, ma poi riprendo e lì c'é". No,
no, non é detto che si faccia proprio trovare quando abbiamo voglia noi se per tanto tempo non
abbiamo avuto voglia di averlo nei nostri gesti, di averlo sul nostro cammino, che il cielo si apre.
Antro elemento: lo Spirito Santo. C'é questa particolare forma, questa colomba che vola, ormai é
diventata diffusa nell'iconografia cristiana. Andiamo a vedere cosa significa anche questo segno.
Vedete, qui é richiamato il primo libro della Bibbia, anzi la prima pagina, le prime righe, le prime
parole. Quando ancora esiste se non il "caos" informe, quel caos che Dio poi predisporrà a diventare
"cosmos", che vuol dire "mondo ordinato, perché l'uomo finalmente arrivi, lo abiti e
responsabilmente lo riconduca a Dio, ebbene, dice la Bibbia che lo Spirito si librava sul caos come
l'aquila che raggiunge il suo nido e muove le ali per planare dolcemente sul nido. Questo animale
grande, rapace che conosce la dolcezza di arrivare sul proprio nido, che conosce la dolcezza di
covare le proprie uova e di nutrire i propri piccoli, é la forza, il vigore, la dolcezza, l'attenzione, la
cura di Dio. Lo Spirito che arriva sottoforma di colomba é questo. Su questo uomo, il Verbo di Dio
che si fa carne ed entra nel mondo, si rivela lo Spirito perché "i cieli aperti" sono la forza di Dio, sì
a "covare l'uomo”, a covare il mondo perché cresca, perché si rafforzi, perché possa spiccare il volo.
Un'altra conseguenza é che finalmente su questo uomo, che é il Cristo, il figlio di Maria, si
conclude la Creazione. Questo è davvero e finalmente, nel senso che é il punto finale, l'UOMO che
Dio aveva in mente, questo é l'UOMO-CRISTO.
E ancora un'altra annotazione. Questo uomo che é veramente il punto culminante della Creazione di
Dio, é un uomo che accoglie il dono del Padre e quindi accoglie la propria missione. Non
dimentichiamo che il Battesimo di Gesù é l'inaugurazione della sua missione pubblica.
Ecco perché domani - il tempo ordinario - comincia la missione, comincia il tempo della Chiesa,
comincia il tempo dentro la storia. Ebbene, questo uomo figlio di Dio scopre, conosce, accetta il
piano del Padre mentre prega: "Mentre Gesù stava in preghiera, il Cielo si apri" con tutto quello che
ho già detto.
Non faccio propaganda, ma dico un'intenzione che é molto forte e che dovremmo con la grazia del
Signore capire e fare, é la Lectio Divina a livello di Gesù.
La parola del Padre non la si intende perché si studiano i libri, perché si leggono i commenti, perché
si va a scuola di teologia, perché si é culturalmente preparati, anche se tutto questo serve. E' chiaro
che il cristiano é obbligato a diventare esperto anche in questo, é una forma di amore essere meno
pressappochisti, più preparati anche nella fede. Ma tutto questo da solo senza essere in preghiera
davanti alla parola di Dio, in adorazione di questa parola, senza amare la parola che vogliamo
capire, non si può né capirla né annunciarla né farla diventare significativa per se stessi e per gli
uomini. Questo deve essere e sarà, lo è già, il compito della Chiesa. Una chiesa che per certi versi (é
una battuta, passatemela, sto diventando molto buono, mi preoccupo) dovremmo celebrare di meno
per diventare più assimilatori nel silenzio e nella preghiera della parola di Dio. Altrimenti ci
illudiamo perché tutte le cose che facciamo, le organizzazioni che pure dobbiamo compiere,
escogitare, inventarne ancora, ebbene tutto questo senza avere introiettato, digerito, maturato, fatto
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nostro di dentro quello che il Signore ci vuol dire, non ha nessun valore, non dico che ne ha poco.
Perché se quello che noi facciamo, organizziamo é pieno di organizzazione, di intelligenza, di
cultura, di tutto quello che volete, lì Dio non passa, perché facciamo noi, magari siamo anche bravi,
perché dobbiamo sempre tirarci addosso. Magari oltre che bravi, siamo in più volonterosi, facciamo
con rette intenzioni d'accordo. Ma il regno di Dio é un'altra cosa, passa su altri parametri, conosce
altre strade: é quella del crescere di dentro, in profondità, senza fretta su quello che il Signore
davvero ci dice.
Allora mi pare sia abbastanza chiaro quello che é il nostro battesimo. Nel Battesimo di Gesù noi
rileggiamo il nostro compito dentro il tempo, dentro la storia, dentro la nostra condizione così
com'é, ed é per questo che lo é con fiducia. Anche se il compito é difficile, é arduo; anche se il
compito non avremmo nemmeno voglia forse di prenderlo veramente in considerazione (ho questo
timore anche), noi dovremmo avere fiducia. Perché? Perché io penso a questa grande aquila che é
ancora sul nido. Penso alla sua forza e alla sua tenerezza e al suo calore. Dio é così, non gli si può
dare confidenza, come non la si può dare alle aquile o alle tigri. Sono animali stupendi, io rimango
incantato da questa bellezza, da questa eleganza. Però io vedo che una tigre con il suo tigrotto é
dolcissima, se arriva uno come me, stia lontano, giusto? Ecco, io non vorrei che di Dio avessimo
un'immagine troppo domestica. Ha la fierezza e la grandezza dell'aquila e della tigre e ha la
dolcezza dell'aquila e della tigre. Non dimentichiamolo, per noi che nel tempo, a fatica, con buona
volontà, ogni tanto perdendoci, cerchiamo di essere suoi figli: confidenza certamente, ma
consapevolezza di quanto Lui sia grande e possa essere distante.
TEMPO ORDINARIO
II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
(DIO SPOSA LA CAUSA DELL'UOMO)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 2,1-12).
In quel tempo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche
Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre disse: «Non hanno più vino». E
Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi:
«Fate quello che vi dirà».
Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione del Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù
disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ore attingete e
portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, Il
maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò Io sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno
buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono».
Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e suoi discepoli credettero
in lui. Dopo questo fatto, discese a Cafàrnao insieme con sua madre, i fratelli e I suoi discepoli e si
fermarono là solo pochi giorni.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaia (Is 62,1-5).
Per amore di Sion non mi terrò in silenzio, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga
come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada.
Allora i popoli vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; ti si chiamerà con un nome nuovo che la
bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella
palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più "Abbandonata" né la tua terra sarà più detta "Devastata" ma tu
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sarai chiamata 'Mio compiacimento" e la tua terra, "Sposata", perché il Signore si compiacerà di te e la tua
terra avrà uno sposo.
Si, come un giovane sposa una vergine, cosi ti sposerà il tuo creatore; come gioisce lo sposo per la sposa,
cosi il tuo Dio gioirà per te.
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo al Corinzi (1Cor 12,4-11).
Fratelli, vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il
Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso
dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di
scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico
Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli
spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro infine l'Interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è
l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole.
(Seconda messa del mattino)
Ho detto all'inizio della S. Messa che oggi siamo a nozze. Avete sentito che nel Vangelo si racconta
questo classico brano delle nozze di Cana con Gesù che viene e opera questo miracolo, così gradito
oltretutto. C'é anche la prima lettura di Isaia, molto bella anche quella. Io farò solo due o tre
riflessioni perché debbo dirvi sinceramente che é un argomento che mi piace moltissimo e avrei
voglia di parlarne con amici nella fede anche molto a lungo essendo ricchissimo di grande
sfaccettature. Ma noi siamo qui, abbiamo anche fretta, voi avrete dei fornelli da andare a
riaccendere e anch'io devo tornare ai miei fornelli..., quindi riduciamo.
Parto dalla prima lettura. E' presa dalla terza parte del profeta Isaia. E' un profeta del dopo esilio e
quindi non é proprio Isaia, é confluito in quel libro, ma vi risparmio tutte le annotazioni. È un
profeta che si trova davanti questa situazione. Dopo la grave e difficile esperienza della
deportazione e dell'esilio, Ciro, re dei Persiani, ha emesso un editto per cui concede a questi popoli,
portati via in cattività, il ritorno a casa loro. Voi mi capite, l'euforia, l'entusiasmo. Sennonché
tornare dopo oltre 50 anni e tentare di ricostruire non solo le mura delle case, il tempio distrutto, ma
il tessuto dello stare insieme, si erano accorti che alla fin-fine era più facile ricostruire delle case che
ricostruire i rapporti tra la gente. Erano diventati difficili, erano diventati estranei l'uno all'altro.
C'era lì della gente che era stata deportata da altri posti (questo era il sistema dei regni antichi). I
Samaritani, per esempio, derivano da questo periodo, sono gente straniera portata li apposta per
creare divisione. In questo contesto, voi mi capite, c'era una grande depressione. E in questa
difficoltà questo profeta del dopo esilio dice: "Ecco, avete visto, questa terra é abbandonata, così
appare ai nostri occhi. Questa terra é devastata, é desolata". Ecco il messaggio del Signore:"Io ti
imporrò, o Gerusalemme (che é un po' la personificazione di tutto il popolo), un nome nuovo, ti
chiamerò "mio compiacimento, sposata"..
Altroché abbandonata, altroché vedova (l'esilio era considerato la morte dello sposo ed era la
vedovanza del popolo di Dio, potremmo dire), il Signore chiama il suo popolo "delizia dei miei
occhi". Pensate, questo popolo che era stato bravino solo all'inizio. Sono come i matrimoni, pare
vadano meglio i rapporti del fidanzamento che dopo. Nel momento in cui erano fidanzati ed erano a
braccetto nel deserto il Signore e il suo popolo, in cui non c'era distrazione, sembrava che tutto
andasse bene, poi arrivati in Palestina si sono montati la testa, hanno abbandonato tutto.
Ora, vedete, dopo tutto questo disastro il Signore dice:"Io ti darò un nome nuovo. Tu sei ancora
vergine, sei la mia fidanzata". Io sto qui, senza commentarlo, mettendovi davanti il messaggio di un
altro profeta, Osea: "Io ti riconduco, ricomincia mo da capo".
Torniamo, allora, su di noi perché é per noi che é detto questo, non é scritto solo per gli antichi.
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Noi abbiamo un nome nuovo da Dio: "Ti chiamerò delizia dei miei occhi. Ti chiamerò fidanzata. Ti
chiamerò rinnovata". Perché? Perché nella Bibbia il nome non é come da noi una specie di etichetta
che appiccichiamo. Nella Bibbia il nome, quando poi lo dava Dio, era qualcosa che decideva chi eri
tu. Se ti dava questo nome, ti faceva diventare il nome che avevi addosso.
Quindi, mi capite, questa immagine di Gerusalemme distrutta, ormai una vecchia paranzana di
vedova che nessuno neanche più avrebbe guardato, diventa proprio, perché Dio la chiama così, una
fanciullina di quelle scattanti. Al di là dell'immagine é questa la misericordia di Dio. Noi quando
pensiamo alla misericordia di Dio, pensiamo a una grande opera di bonifica. I centri di estetica cosa
volete che facciano: restaurano la facciata, giusto? Quando ci riescono. Gli anni, le malattie e le
fatiche che abbiamo addosso non ce li leva nessuno:
Nel regno di Dio, invece, é il contrario, se Lui dice: "Tu sei la delizia dei miei occhi, sei la mia
fidanzata, tu sei giovane". Io sono giovane, sono la fidanzata, divento bella, come Chiesa, come
popolo di Dio, come credente.
La misericordia é questo: che il Signore opera, fa che noi siamo giovani, siamo belli, siamo
desiderabili. Non scandalizzatevi di questo linguaggio, é nella parola dì Dio, é stupendo. Noi a volte
ci perdiamo in cose un po' complicate, astruse, questo lo capiamo tutti, giusto? Molto semplice.
Ecco qua, tiriamo le conseguenze. Chi é Dio? E' il fidanzato. Che rapporto ha Dio con noi uomini?
E' innamorato.
Gli innamorati vedono bellissima la persona che amano. Il Signore se ci vede bellissimi, ci fa
bellissimi, ci rende bellissimi. La misericordia é proprio questo: Dio é mio sposo, un fidanzato, un
innamorato fedele, affettuoso é sempre pronto a salvare la sua sposa che siamo noi.
Questo messaggio: "Ti chiamerò delizia dei miei occhi, non é rivolto alle mura di Gerusalemme, al
tempio che é sbrecciato, é rivolto a noi, al popolo di Dio.
Ora voi mi capite che, per quanto siamo sbrecciati, devastati fisicamente, moralmente,
spiritualmente, noi siamo la "delizia dei suoi occhi" e se Lui lo dice non é un complimento. Il
Signore é così, Lui vuole così. Fossimo anche proprio uno scarto da buttar via a tutti i livelli, il
Signore mi dice, me lo dice, Dio per me ha perso la testa. Quindi é proibito, cari fratelli, lo dico
anche a me, buttarsi via. Non si può dire: "Chi vuoi che mi voglia". Accidenti, ce n'é uno che
é il Padre Eterno che ha posto i suoi occhi su di noi e non ha cambiato opinione né la cambierà.
A Cana con tutto questo grande impegno del vino, mica vino, Gesù ridichiara da capo questa cosa
che ho detto. Il vino, l'acqua, tutta la simbologia biblica che a spiegarla diventa lungo, é proprio
questo. E' il dono di nozze dello sposo, che é Gesù, che dice: "Sono qua, quel vino che vi ha
fidanzato, finalmente vi sposa".
Io celebro sempre il Natale, ma ve l'ho già detto credo, come una festa di nozze. Perché? Perché a
Natale Dio é l'umanità si sposano indissolubilmente nell'unica persona di Gesù. Io sono invitato a
nozze il giorno di Natale perché lo sposo é venuto, ci sposa e non molla più l'osso.
Mi perdonerete il modo semplice di parlare, spero che il Signore ci abbia fatto capire un po' di più
la bellezza, la grandezza, la sicurezza, l'affettuosità e la dolcezza del suo amore.
Se noi credessimo un briciolino questo che qui stamattina é stato detto e proclamato,
incominceremmo ad essere più coerenti, più buoni, più veri. Non fatelo mai perché avete paura di
Dio, non fatelo mai perché volete essere in regola con tutti i comandamenti, fatelo e facciamolo
perché scopriamo di essere "la delizia dei suoi occhi".
Siamo dunque invitati a nozze, la Messa che facciamo é il banchetto, nessuno manchi.
(Messa vespertina)
All'inizio della S. Messa avevo riassunto e introdotto il tema delle letture dicendo che la fede é un
fatto nuziale, d'incontro. Questo é il tema di quanto rifletteremo. Cercherò di dire poche cose perché
il rischio che corro é che io sia lungo. Infatti queste letture sono stupendamente ricche e
profondamente rasserenanti.
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Parto dal profeta Isaia e probabilmente non ne uscirò visto il tempo che un'omelia consente.
E' l'ultimo tratto del libro di Isaia, quello che gli specialisti chiamano "Il terzo Isaia". Si tratta di un
profeta anonimo il cui scritto confluisce nel grande libro di Isaia, ma che Isaia non é, é un profeta
del dopo esilio. Il contesto della: situazione che lui ha davanti é disastroso;
La gente é tornata. Dopo l'euforia data dall'annuncio dell'editto di Ciro, re dei Persiani, che concede
la libertà di tornare alle proprie terre, l'impatto con la realtà, una volta tornati in Palestina, é
durissimo. Tutti si accorgono della difficoltà della ricostruzione. E non parlo del momento,
soprattutto, della ricostruzione delle case, del tempio distrutto, non é questo, anche se il problema
non é completamente scontato. La cosa più difficile, defatigante, scoraggiante é ricostruire il
tessuto dei rapporti. C'é gente che é nata in esilio, che torna a quasi cinquant'anni, sradicata; non sa
cosa vogliono dire le tradizioni. Credo sia tremendo, peggio ancora che dover ricostruire le case. E
allora in questa situazione ecco arrivare lo scoramento, la sfiducia.
Il profeta comunica il grande annuncio: "Per amore di Gerusalemme (che rappresenta e simbolizza
tutto il popolo di Dio) non tacerò, non mi darò pace. E allora a questa terra devastata, abbandonata,
distrutta sarà dato un altro nome da parte di Dio. 'io la chiamerà "mio Compiacimento, sposata”.
Questo non é nuovo, già un altro profeta aveva usato questi termini, Osea. Per indicare in che modo
Dio si rapporta al suo popolo, Osea ha usato un'immagine profetica più chiara e più profonda:
l'immagine dell'innamorarsi, l'immagine del fidanzamento, l'immagine dello sposarsi. La usava nel
bene e nel male: nel bene per indicare la potenza di Dio, nel male quando voleva indicare al popolo
la sua infedeltà. Ecco questa condizione! "Tu «sarai chiamata delizia dei miei occhi". Questo non è
detto a Gerusalemme, non è detto al tempio. La parola di Dio che noi leggiamo, sempre quando la
leggiamo nella fede, e rivolta a noi.. Pensate, a noi Dio si sta rivolgendo proprio in questo momento,
dicendoci "Voi siete la delizia dei miei occhi. Voi siete la mia sposa".
E non sto facendo una poesiola ad uso e consumo delle nostre consolazioni. E' dalla Bibbia! Dio,
quando dice, nel suo dire c'é l'efficacia del fare. Non dimentichiamo che la Creazione di questo
mondo, che a noi pare un’impresa veramente colossale, avvenne perché Dio disse: "… e furono i
cieli.... E fu il mare". La parola di Dio opera, crea.
Pensate, se ha creato dal nulla tutto questo grande cosmo che non finisce di stupirci (anche se siamo
molto tentati e ci stiamo riuscendo di rovinarlo) come non riuscirà Dio a dire e a far sì che sia vero
che il nome nostro, quello che ci definisce, sia "Mio compiacimento, mia delizia, mia fidanzata, mia
sposa"?
Ecco la stupenda riflessione della fede: non c'è nessuno così malmesso, disastrato, tagliato fuori, in
errore dal punto di vista fisico, morale, spirituale che sia fuori da questa proclamazione "tu sei la
delizia dei miei occhi" perché io ti amo. E' detto ad ogni Singolo ed è detto a tutte le nostre
comunità nelle quali certamente perdurano difficoltà di impegno, di volersi bene, di camminare
insieme, di sperare insieme. Ad ogni singolo e a tutti insieme Dio dice: "Io ti ho sposata. Io
continuo a sposarti". 'Ogni matrimonio è un risposarsi da capo, sempre. È la stessa cosa che fa il
sacerdote: riaccettare da capo, che cosa? che prevalga l'amore gratuito, paziente, fedele.
Non abbiamo diritto nella fede, non ci dovrebbe essere consentito, anche se lo facciamo spesso, di
abbatterci, mai. Nemmeno quando la colpa é nostra, nemmeno quando le combiniamo grosse. Mai.
Perché Dio guardandoci, sempre pronuncia un'unica parola ed é una parola creatrice "tu sei la mia
delizia". Io credo che dobbiamo rivedere molti atteggiamenti. Non sto dicendo che é facile perché
quando ci arrivano addosso delle cose e tutte le nostre case e tutte le nostre storie individuali sono
segnate inevitabilmente, non sto dicendo che é facile. Sto dicendo che noi dimentichiamo in quei
momenti l'unica verità di fede che sta da vanti a tutto, perché tutto il resto è solo conseguente, cioè
che Dio ci guarda amandoci, volendoci bene, lo dico cosi. "un bene dell'anima".
La fede é vera quando scopre questa dimensione nuziale: innamorarsi, fidanzarsi con Dio. Io
celebro sempre il Natale in questa prospettiva. Sono fuori da tutti i romanticismi dei presepi,
personalmente sono anche un po' infastidito da questo, perché offusca il mistero più vero che è la
nuzialità del Natale.
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A Natale avviene non solo il matrimonio, ma avviene la copula, l'unione tra Dio e noi. Perché
nell'unica esperienza di quest’ uomo che cammina in Palestina a nome di Gesù, sono unite
indissolubilmente insieme la divinità e la nostra umanità. E non ha più fatto divorzio, non si é più
nemmeno momentaneamente separato, non ha più mollato il suo corpo su questa terra.
L'Ascensione é la fedeltà di Dio che avendo sposato l'umanità la porta dentro la Trinità. Ma ci
pensate che la Trinità ha dentro la corporeità di Cristo umanamente lasciata nella sua dignità di
uomo e non solo assorbita, ma rispettata nella sua umanità?
Dio non fa discorsi, ci ha sposati. Io ho già visto l'orario e il Vangelo lo lascio stare.
Ma a Cana succede questo. Attraverso una serie di simbolismi un po' complessi che evidentemente
non metto neanche davanti ai vostri occhi, alla fine i discepoli hanno capito questo: che erano
giunte le nozze. I discepoli hanno capito da buoni intenditori, da credenti nella parola del Signore
che avevano letto e sulla quale avevano cresciuto la loro fede, che finalmente le nozze erano
avvenute, che Dio aveva sposato l'umanità.
E l'ultima pagina della Bibbia, l'ultima dell'Apocalisse, termina così, siamo quasi alla fine: la sposa
che scende - la Gerusalemme nuova, il popolo di Dio che siamo noi - e Giovanni scrive
"stupendamente preparata per l'incontro con il suo sposo”. E il libro finisce con la sposa che scende
con lo Spirito, che é lo Spirito Santo, e dice allo sposo perché ne sente la nostalgia: "Vieni Signore
Gesù". E la Bibbia si conclude così, con lo sposo che risponde: "Sì vengo presto".
Ecco, la fede é questo: in qualsiasi momento sapere che lo sposo ci é fedele.
Stiamo soffrendo, cari fratelli, non é andato lontano; non so dirvi dov'é, non so dirvi che progetto
ha, non lo so sul mio quindi non lo so sul vostro, ma nella nostra fede dovremmo sempre dire:
"Sposo della mia vita, tu mi stai amando e io ti sto dicendo di me queste cose perché vorrei capire
che cosa vuoi da me". Ma non dovrebbe mai venir meno l'idea e la convinzione che proprio in quel
momento da Lui siamo amati. Gesù, cosa credete che lo abbia condotto fino alla croce, Lui che
vacillò nell'orto dei Getsemani, stette male, voleva scappar via. Io capisco così quella pagina
misteriosa e terribile, voleva scappar via. Ma che cosa lo fece star là? Che cosa gli fece pronunciare
sulla croce parole di perdono? Questo, io credo che sia solo questo: la certezza che lì l'amore del Padre c'era con tutta la sua forza, sembra contradditorio, con tutta la sua dolcezza. E' un bel rebus, ma
questo é quello che la parola del Signore oggi ci dice.
III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
(RIPARTIAMO DALLA PAROLA )
Dal vangelo secondo Luca (Lc 1,1-4; 4,14-21).
Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno
trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, cosi ho deciso
anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato,
illustre Teofilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con le potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse In tutta le
regione. Insegnava nelle sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi. Si recò e Nazareth, dove era stato
allevato; ed entrò, secondo II suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli tu dato il rotolo del
profeta Isaia; apertolo trovò Il testo dove era scritto: "Lo Spirito del Signore é sopra di me; per questo mi ha
consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare al poveri un lieto messaggio, per proclamare ai
prigionieri la liberazione e ai ciechi le vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia
del Signore". Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga
stavano fissi sopra di lui allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che vo avete udita con
i vostri orecchi».
LITURGIA DELLA PAROLA
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PRIMA LETTURA
Dal libro di Neemla (Ne 8,2-4.5-6.8-10).
In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all'assemblea degli uomini, delle donne e di quanti
erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno, in
presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci di intendere; tutto Il popolo porgeva
l'orecchio a sentire il libro della legge. Esdra, lo scriba, stava sopra una tribuna di legno, che avevano
costruito per l'occorrenza. Esdra apri il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutto il
popolo; come ebbe aperto il libro, tutto popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore Dio grande e tutto
il popolo rispose: «Amen, amen », alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra
dinanzi al Signore.
l !eviti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e con spiegazioni dei senso, e cosi facevano
comprendere la lettura. Neemla, che era il governatore, Esdra sacerdote e scriba e i !eviti che ammaestravano
il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato al Signore vostro Dio; non fate lutto e non
piangete!». Perché tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
Poi Neemla disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che
nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la
gioia del Signore è la vostra forza».
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 12,12-31).
(Fratelli, come il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un
corpo solo, cosi anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo
corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito. Ora li corpo non risulta di
un membro solo, ma dl molte membra.) Se il piede dicesse: «Poiché io non sono mano, non appartengo al
corpo», non per questo non farebbe più parte del corpo. E se l'orecchio dicesse: «Poiché io non sono occhio,
non appartengo al corpo», non per questo non farebbe più parte del corpo. Se il corpo fosse tutto occhio,
dove Sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo
distinto nel corpo, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece
molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l'occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te » ; né
la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più
necessarie; e quelle parti dei corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e
quelle indecorose sono trattate con maggior decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno.
Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse
disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle atte. Quindi se un membro soffre,
tutte le membra soffrono insieme, e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. Ora (voi
siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.)
Alcuni perciò Dio Ii ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in
terzo luogo come maestri; poi vengono I miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue.
Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti operatori di miracoli? Tutti possiedono doni di
far guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? Aspirate ai carismi più grandi.
(Messa prefestiva)
Mi trovo come il vecchio asino di Buridano tra due mucchi di fieno e probabilmente morirò di
fame. Cioè, al di là della metafora, questa parola del Signore offre due ricchissime, direi succulenti,
linee di riflessione.
Una é la centralità, il valore e il significato della parola del Signore nella Chiesa: sono la prima
lettura e il Vangelo. La seconda linea di riflessione é data dalla seconda lettura e anche dalla
concomitanza fortuita, ma importante di essere letta durante la settimana di preghiera per l'Unità dei
Cristiani. E allora dirò qualcosa e decido di essere attento alla seconda lettera - l'unità dei Cristiani.
Quindi il grande fenomeno moderno dell'ecumenismo, cioè quell'atteggiamento che all'interno della
diverse chiese ha fatto rinascere dopo secoli la scoperta che é scandaloso credere nell'unico Cristo
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e non riuscire a parlarsi, anzi, sospettarsi a vicenda, raccontare a vicenda, forse per ignoranza e
stupidità che non per indolenza, cose false.
Ecco, questa barriera ha, per fortuna, cominciato a vacillare e devo dire (lo dico piano tra di noi)
che i primi e i più forti fautori di questo non sono stati certamente i cattolici. Recitando il mea culpa
perché stiamo tra l’altro celebrando l'incontro con il Signore e dobbiamo essere sinceri, diciamo:
"Signore, perdonaci. Perdonaci perché noi abbiamo avuto alterigia, supponenza. Siamo stati forti di
un dogmatismo che certamente doveva riguardare più la forza, centralità di Dio che non il nostro
modo di rapportarci ai fratelli. E se voi ci badate, Dio non é centrale normalmente nelle nostre vite,
mentre é centrale l'arroganza di chi parla in nome di Dio.
E allora, vedete, questo che sto dicendo non è semplicemente il fiato per arrivare al dunque e
nemmeno per dare degli excursus storici. Sto dicendo delle cose che appartengono alla nostra storia,
ma che sono degli indicatori di peccati, che non solo come singoli, ma anche come comunità, come
Chiesa noi commettiamo.
Fatta questa premessa, mi serve a dire, ecco: "Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani". Cari
fratelli, riusciamo una volta o l'altra ad uscire da quello strano sapore di esotismo che queste
celebrazioni ci fanno gustare?
Quando il nostro carissimo amico e fratello nel Signore, il pastore valdese, che é un autentico
cristiano, crede nel Signore con una forza, con una carità stupenda, é fraterno amico di noi
sacerdoti, l'abbiamo spesso nostro ospite, preghiamo bene il Signore insieme, arriva qui in mezzo a
noi, a me pare che sia un po' come, ma chissà, un essere misterioso. Noi abbiamo questa idea. Ci
viene, cari fratelli, mi pare anche dal fatto che numericamente, stando perlomeno ai registri, siamo
in tanti ad esigere di essere cattolici. Non lo siamo poi molto quanto a centralità in nome di Dio e
importanza ai nostri occhi della sua parola. Però se qualcuno offende le cose nostre, anche se a noi
di queste qui non ce ne importa più di tanto, facciamo corpo unico. Anche la famiglia più
sgangherata, quando qualcuno dei componenti é offeso, diventa improvvisamente unita, non
all'interno, ma contro gli altri.
Ecco allora la conversione, cosa facciamo? Ci mettiamo a discutere di teologia? Dio mio, ci
perdiamo; poi credetemi a un certo punto non solo ci si perde, ma si diventa anche superbi credendo
di saperne di più.
Cosa facciamo? Andiamo a dividerci, siccome sono pochi gli altri, almeno qui da noi, li
rimpolpiamo partecipando alle loro liturgie? Non mi pare proprio il caso. E' un ecumenismo di
quelli un po' bolsi perché non capisce niente, semplicemente accumula celebrazioni.
Cosa facciamo? Ecco, mi pare che S. Paolo dica delle cose molto fruttuose: facciamo l'ecumenismo
all'interno. Sì, perché nella Chiesa cattolica, io non ampio poi tanto il discorso, mi basta guardare S.
Pio X, ci sono molte chiese, non ce n'é una sola. Non nel senso probabilmente, anche se poi non lo
escludo per quello che ne so, che si credono cose diverse. Noi pur celebrando l'unica Messa, che poi
non é vero che é unica, abbiamo delle altre agenzie che celebrano altre messe nell'ambito della parrocchia, pur facendo l'unica comunione, noi non siamo molto capaci di stare insieme. Stiamo
insieme finché entriamo, non ci guardiamo in faccia, non assumiamo nessuna cosa da discutere, da
programmare insieme, poi usciamo. Finché lasciamo questo tipo di celebrazione e riteniamo che la
Chiesa sia quella, c'é unità nel senso che uno viene qui e poi torna via.
Provate, io sto provandoci a lavorare e dire: "Troviamoci, ci sono questi problemi, queste aree nelle
quali forse é necessario che siamo presenti. Riflettiamo come essere presenti". Improvvisamente in
quel momento vi accorgete che esistono molte chiese. E' uno scandalo? No. Paolo parla di unità e di
pluralità. Non c'é scandalo nello scoprire che abbiamo mentalità, convinzioni, atteggiamenti,
qualità, temperamenti diversi, anzi é segno della grande ricchezza di Dio. Dov'é che comincia il
problema della divisione e dello scandalo, quindi in termini di fede la necessità di convertirci?
Quando guardando le cose, le situazioni, i problemi, noi diventiamo improvvisamente attaccati
fermamente, duramente al nostro modo di vedere, oppure alla cosa che facciamo noi. E allora voi
vedete che istintivamente quello che pensiamo noi, quello che facciamo noi é già un po' meglio di
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quello che pensano e fanno gli altri. Non nel senso che ci riconosciamo senza difetti, ma nel senso
che quello che noi desideriamo fare é certamente più decisivo, più forte, più risolutivo di quello che
pensano gli altri. Non lo si dice così perché abbiamo imparato, purtroppo, l'educazione, la quale non
ci rende più educati, ci rende più capaci di svicolare dalla brutte figure. L'educazione
fondamentalmente é questa nel nostro contesto. Uno non dice più a un altro: "Sei un cretino" - per
ché questo non corrisponde ai canoni, però glielo fa capire. Voi mi capite che il peccato non é dirlo,
é pensarlo.
Nella Chiesa, nella nostra chiesa, non solo a Mantova, ma qui da noi abbiamo bisogno di fare un
ecumenismo all'interno. Da una parte c’è chi non gliene importa niente di nessuno, di fare un
ecumenismo, di sentire che non si capisce bene che comunione faccia con Gesù che unisce tutti
nell'unico corpo che é la Chiesa, se lui ritiene di essere autocefalo. Chi si interessa, ma poi non si
interessa nel nome del Signore (é un po' inevitabile, forse il peccato ce lo portiamo addosso), ma
con volontà di esportare, di fare il colonialista su degli altri e non é attento a tutte le diversità.
Guarda più quello che fa uno e che non fa, al modo che gli é lasciato se é importante o no, se ha
creduto o no, se conta agli occhi degli altri o no. Questi sono criteri, cari fratelli nella fede, e lo dico
con grande sincerità, che non sono cristiani.
Non sto dicendo che noi siamo così puliti, così già purificati dagli atteggiamenti umani, da essere
ormai inossidabili alla voglia di emergere, alla voglia di essere riconosciuti, alla voglia che ci
smangino il nostro spazio, per carità è normale, ma non deve essere una ragione di vita. Non deve
essere più importante del credere e del portare senza prosopopea il nostro piccolo contributo a
costruire una realtà di comunione, una realtà di maggiore intesa, una realtà di pazienza reciproca. E
allora voi vedete che l'ecumenismo all'interno é proprio questo: imparare a comunicare insieme non
perché siamo reciprocamente il massimo della facilità nel trovarci, non perché siamo dotati per
grazia del Signore di stupendi caratteri arrendevoli, no. Ma perché tra me e te, caro fratello, fra i
miei difetti, i miei peccati e i tuoi difetti e i tuoi peccati, fra le mie buone volontà, le mie sincerità di
ripresa e le tue buone volontà e sincerità di ripresa, non ci siamo solamente noi con questi
ingredienti negativi e positivi, ma c'é il SIGNORE. Se io ti vedo, leggo non solo le cose belle che
fai e mi vai bene;.non leggo solo le cose brutte che fai e non mi vai più bene, ma leggo la
misericordia di Dio che lega te e me all'unico Cristo. Questo è il problema nostro, non possiamo
andare a fare ecumenismo verso nessuno se questo ecumenismo non ci lega di dentro. Se questa
capacità di essere insieme con tutta la fatica, la pesantezza degli errori e dei difetti che abbiamo,
non parte da Cristo e a Cristo non arriva, noi saremo sempre una Chiesa che conosce sistole e
diastole: ci allarghiamo perché c'é il prete simpatico, ci restringiamo se il prete é un po' meno
simpatico.
No, no, i criteri dovrebbero essere altri e non ci siamo ancora arrivati. Certamente il Signore deve
avere delle grandi pazienze, siamo fortunati in questo senso.
Ma noi non dobbiamo assumere una riflessione che ci terrorizzi. Voglio dire, non abbiamo dei fucili
nella schiena, però dobbiamo sentire che domani, accogliendo il pastore valdese e qualche
rappresentante della sua comunità, non siamo ecumenici perché poi, per fortuna, vanno a casa loro e
noi stiamo qui e quindi tutto sommato si fa un po' di bella cera, si passa per gente all'avanguardia.
Da anni il pastore viene a predicare nella nostra chiesa e poi se da qualche parte lo sanno: "Oh,
come siete avanti voi in S. PIO X"! E va, beh, se questo vuol dire essere avanti, siamo avanti!
Ma se l'ecumenismo significa fare questo cammino insieme, diciamo: "Signore, non so se siamo
avanti o indietro, tu dacci grazia di camminare, non stancarci. E dacci la gioia di esse re insieme nel
tuo nome e perché crediamo in te".
Buon ecumenismo a tutti!
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(Messa dei bambini)
Buongiorno. Avete sentito le letture della parola del Signore, sono due: la prima con due nomi che
si conoscono poco Esdra e Neemia. Io avrei giurato che Esdra era una donna! Invece... Che cosa fa
questo Esdra? E' un ….. (Nessuna risposta) - Buongiorno o buonanotte? Che cos'é? E' uno scriba.
Cosa vuol dire scriba? - "Una persona che sa leggere e scrivere". No, no. Uno scriba é uno che sa
bene la Bibbia e la commenta, é un esperto.
Avete già capito che il centro di queste letture é la "parola di Dio", giusto? C'é una parte della
Messa che é dedicata a questa parola di Dio? Qual é? (nessuna risposta) - Questa che stiamo
facendo. L'abbiamo letta e adesso c'é qui il sacerdote che dovrebbe, speriamo che lo faccia, aiutarvi
a capirla. Chi é che fa la parte dello scriba in questo momento, qui in mezzo a voi? Chi? - "Ma te" Si, io io.
Cosa facevano nella prima lettura i Leviti e gli scribi? Cosa facevano? - La spiegavano alla gente.
Facevano fatica perché la gente, qui siamo dopo l'esilio 430-440 a.C., non sapeva più l'ebraico,
parlava un dialetto che é l'aramaico, il dialetto che parlava Gesù. Allora, siccome leggevano la
Bibbia in ebraico, c'erano gli scribi, i Leviti che facevano la traduzione simultanea (tipo Oxford,
quella roba li l’hanno inventata da un pezzo!).
Ecco, noi facciamo qui in chiesa alla domenica un sacco di cose, ma ce n'é una che inizia, che viene
fatta sempre per prima, la ……? - "Il segno della croce" - Sì, ma io parlavo di tutta la prima parte:
quella di leggere la parola e di fare la traduzione simultanea.
"Ma ascolta Don Ulisse, pazienza quando eravamo giovani noi (da me in su) che c'era il latino e si e
no lo capiva il prete e poi andavamo via in fretta". (Io ricordo che al mio paese c'era un prete che
diceva la messa in dodici minuti e la gente sosteneva che era bravo in latino!) Allora una volta era
in latino, adesso é in italiano, cosa c'é da tradurre?
E cari miei, c'é da tradurre perché la parola del Signore non é solo soggetto, predicato,
complemento e si capisce. Ha un altro problema la parola di Dio: che ci chiede di ascoltarla non
solo con la testa, qua nel cranio, il cervello, l'intelligenza, la cultura, i libri. Ci chiede di ascoltarla
con il cuore, ma non intendo il muscolo, ma l'anima più profonda.
Faccio un esempio. Quando arrivano certi orari la mamma dice: "Luca ….." - che é di là. Voi sapete
già che in quell'ora lì vi chiederà, dato il momento, o di preparare la tavola o di andare giù a
prendere il latte perché si dimentica sempre. Ora in quel momento lì diventiamo improvvisamente.
sordi. Ma non sordi perché non abbiamo sentito qui nelle orecchie, sordi perché di dentro non ci
interessa niente, anzi dà fastidio rispondere, giusto? Capita anche a voi? Capita anche a me, devo
ammetterlo.
Ecco, la parola del Signore va tradotta perché a uno che ha sentito, ha voglia di sentire, bisogna
dargli una mano a capire bene che cosa dice. E soprattutto a togliere quei detriti che sono sulla
strada del Signore che rendono più faticosa, più lunga, più difficile la risposta.
Ecco perché all'inizio sempre si fa la lettura della parola di Dio e se ne fa la traduzione in
simultanea.
Secondo voi, basta ascoltarla bene la parola del Signore? Nel senso che entra qui (orecchie), capito
tutto qui (testa), se mi fermo a quel punto lì, sono un vero ascoltatore della parola di Dio, orecchie e
testa? - "No" - Perché? - Perfetto. "Perché la devo mettere in pratica" - mi ha risposto. Sapete
perché facciamo la comunione dopo? Per metterla in pratica.
Ho finito. Vi do un compito per questa settimana. Avete il Vangelo tutti in casa? Sì o no? Ci sono
dei genitori che hanno un'edizione rilegata, stupenda, con delle foto dentro che sono una meraviglia,
però é là, deve almeno occupare un metro e mezzo di scaffale altrimenti é tutto vuoto. Avete quelli
tascabili, magari? Leggiamoci almeno due o tre volte in questa settimana. Dovete poi prendere
l'abitudine di leggere un po' di Vangelo prima di addormentarvi alla sera. Ce l'avete in casa? Lo
tirate fuori? Allora prendetevi un'edizione dove sia facile sfogliarlo e prima di addormentarvi,
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salutando il Signore, leggetelo. Non delle cose lunghe, un minuto, un pezzettino piccolo. Va bene? Buon lavoro a tutti.
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
(AL RIFIUTO RISPONDIAMO CON l'AMORE)
Dal vangelo secondo Luca (4,21-30).
In quel tempo, Gesù prese a dire nella sinagoga: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita
con i vostri orecchi».
Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e
dicevano: «Non è II figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose: «Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico,
cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accade a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!». Poi aggiunse:
«Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c'erano molte vedove in !sraele al tempo di Elia,
quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di
esse fu mandato Elia, se non a una vedova In Zarepta di Sidòne. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo
del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, II Siro». All'udire queste cose, tutti nella
sinagoga furono pieni dl sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del
monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dai precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se
ne andò.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Geremia (Ger 1,45.17-19).
Nel giorni del re Giosia, mi fu rivolta la parola del Signore: «Prima di formarti nel grembo materno, ti
conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni. Tu, dunque, cingiti i fianchi, alzati e di' loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti alla loro vista, altrimenti ti farò
temere davanti a loro. Ed ecco oggi io faccio dl te come una fortezza, come un muro di bronzo contro tutto il
paese, contro i re di Giuda e I suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti muoveranno guerra
ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti».
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera dl san Paolo apostolo al Corinzi (1Cor 12,31-13,13).
Fratelli, [aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte. Se anche parlassi le lingue
degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che
tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la
pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche
distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi
giova].
La carità è paziente, è benigna la carità; non è Invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di
rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'Ingiustizia,
ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. La
nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che
è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da
bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio,
in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo Imperfetto, ma allora
conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la
speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!
(Messa prefestiva)
Abbiamo due linee di riflessione in questa parola che ci é stata annunciata. La lettura di Geremia e
del Vangelo parlano del profeta, cioè di colui che annunzia con fortezza, con decisione, senza
guardare in faccia a nessuno la parola del Signore. E inevitabilmente il profeta, quindi
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l'annunciatore di quello che Dio intende, di quello che Dio vuole (uso la parola, non
scandalizzatevi) é un rompiscatole. Il profeta che non fosse questo, forse sarebbe nemmeno un
profeta.
Io non voglio in questo momento essere pittoresco, anche perché ogni tanto mi gabbate in questo.
"E' originale il nostro prete!", quindi sembra che con quella bocca possa dire quello che vuole, tanto
é lo stesso. Per carità, la mia bocca non conta niente perché io non sono un profeta. Ma quanto sto
dicendo in «questo momento é importante perché credo che il profeta come annunciatore é anche
oggetto di scontro, anche non ben accetto quindi alle nostre tendenzialmente pacifiche e
addormentate comunità, si fa sempre per dire.
Ecco, non é che siano le nostre chiese il luogo della parola annunciata. Io qui non voglio fare delle
polemiche con qualcuno, anche se mi tenterebbe, tanto mi sveglierei un po' perché sono
stanchissimo. Ogni tanto sento, per esempio, che c'é a volte qualche spunto un po’ vivace che un
pochettino pizzica le nostre coscienze. Ora io vedo che si compatta su questo una strana
interpretazione: che se veniamo nel luogo del Signore é scontato che abbiamo la fede e quindi
esigiamo, bene o male, un trattamento un po' più riguardoso.
Detto in altro modo ci pare che la parola del Signore annunciata a noi che siamo gente già provata
dalla vita, debba tener conto di questa condizione. Nel nostro venir qui assomigliamo, secondo
l'immagine biblica, ad un gregge di pecore sbandate, affaticate, oppresse.
Ecco un'immagine biblica dei profeti: essere pastore di questo popolo disperso. E' un tema molto
caro a Ezechiele.
Noi diciamo: perché infierire? Noi arriviamo già a questa con vocazione affaticati e provati dai
problemi e dalle preoccupazioni, che gusto c'é a far soffrire la gente? Per carità, qualche volta può
darsi che ci sia qualche testa bislacca che da questa parte dell'altare faccia queste cose, ma credo
che la parola del Signore - e lo vediamo da Geremia e da Gesù stesso - é una parola che, anche
incontrando gente seria (penso che fossero seri quelli che andavano nella Sinagoga a Nazareth) crea
problemi.
L'annuncio della parola di Dio crea inevitabilmente problemi, dà colpi bassi, non agli zuzzurulloni,
non a quelli che non credono in niente. No, no, no. E' questo che voglio dire: noi non dobbiamo
difenderci. Lo ritraduco in un'altra maniera. Noi non dobbiamo difenderci dalla parola del Signore
quando questa pare colpirci. Non é qui in termini consolatori, voglio dire, il luogo della serenità. E`
certamente il luogo della serenità perché qui incontriamo il Signore e siamo sicuri, nella fede, del
suo amore anche quando ci dà addosso, ci sveglia, ci spinge a rinnovarci. Non sono colpi dati a
tradimento e contro di noi, sono per noi!
Era quello che non capiva la gente di Nazareth quando a Gesù che torna, richiede il classico
miracolo, inteso nel senso del fenomeno straordinario che non costa niente e che soprattutto risolve
qualche problema. Questo per loro era il miracolo. Ma Gesù faceva i miracoli per tutt'altra
intenzione e cioè per far venire un po' di dubbio che questo Signore che arrivava lì e sembrava solo
essere uno che disturbava, perché poneva e dava dei colpi fortissimi a una coscienza falsamente
tranquilla, voleva far capire attraverso i miracoli che era per loro che veniva, che era per loro che
c'era questo annuncio. E se dava fastidio era solo perché, pur essendo gente seria, e lo dico senza
ironia, non era ancora gente secondo la volontà di Dio, secondo il messaggio di Dio, secondo la
logica di Dio.
Badate, cari fratelli, che io do per scontato che noi siamo gente seria, non voglio dire impeccabile,
così ingenuo non lo sono, ma seria sì.. Ma tra essere seri ed essere cristiani, eh, ce ne corre ancora!
ce ne corre...!
Perché essere cristiano vuol dire essere catturato dalla logica di Dio. Una persona seria é seria
secondo la sua logica, e va beh, tanto di cappello, anche qui senza ironia, davvero tanto di cappello.
Ecco, allora, un fatto sul quale, credo, dovremmo con sincerità riflettere. Questa parola del Signore,
ho l'impressione e lo dico nelle mie esperienze, ogni tanto mi turba. Io vorrei ogni tanto cancellare
qualche pagina; un'edizione ridotta secondo le nostre esigenze la faremmo tutti volentieri, vero?
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Invece la grandezza del messaggio é la totalità di questa parola. Perché a volte capita che dopo anni
che una certa parola del Signore non ci poteva stare nella nostra vita, ci dava fastidio, voglio dire,
l'avremmo volentieri cancellata dai sacri testi, comprendiamo - sempre per grazia di Dio - quanto
era importante che ci fosse. Quanto non fosse semplicemente una voglia. di Gesù Cristo di metterci
in imbarazzo...e lo si capisce dopo.
Permettetemi un paragone musicale che a me piace molto. I contemporanei di Mozart erano molto
più duri certamente, musicalmente, di quanto non fosse Mozart che é un genio che svetta altissimo.
Non avevano ragione loro quando dicevano che Mozart era inascoltabile. Loro avrebbero tolto delle
note da quello che scriveva lui e che le orchestre suonavano e che i cantanti cantavano. Le
avrebbero fatte diverse, ma a loro, che pure navigavano basso rispetto al genio di Mozart, sarebbero
sembrate buone, meglio anzi. Il Signore mi perdoni se lo paragono solo a Mozart: ma voglio
indicare la nostra distanza da Mozart per indicare quanto sia grande la distanza da Lui. Aveva
ragione Mozart non i contemporanei perché lui era avanti.
Ecco, allora, quando c'é qualche pezzo di Vangelo che vorremmo togliere, che non vorremmo
sentire, che vorremmo cancellare, sul quale vorremmo un po', così, fare gli sconti, chiediamoci:
"Signore che non sia proprio questa la pagina di cui ho bisogno?" Non come a Nazareth che
sbattono fuori Gesù, e lo sbattono fuori portandolo (Nazareth é sul fianco di una montagna) verso
un precipizio, che tuttora credo si possa ammirare perché é là ancora. E se non fosse che Lui si é
liberato, certamente in modo prodigioso, Gesù avrebbe finito un po' presto la sua carriera, l'aveva
appena iniziata, l'aveva inaugurata dieci minuti prima. Tempo di fare il primo discorso e già non
andava bene, già c'era da cancellare, perché delle parole in più ce n'erano con quegli orecchi, che
sono poi i nostri.
Ecco, la parola del Signore là dove non ci piace molto: la profezia é forse proprio lì.
Guardo l'orologio...., lasciamo stare la Seconda Lettura, quella può essere un ottimo ringraziamento
alla Comunione. Perché in fondo, e dico solo questo, tutto questo impegno, tutto questo disturbarci
di Dio, questo venire a metterci, sembrerebbe, più grattacapi di quanti ce ne sono già, é solo per che
cosa, cari fratelli? Ma perché noi svuotati dai nostri egoismi, dai nostri peccati, diventiamo gente un
po' più capace di amare. Avrei voluto arrivare lì, ma mi sono perso lungo la strada. Il tempo ha
detto di férmarci, ciascuno di noi può agevolmente, pregando, con il Signore nel cuore, rileggere
queste parole e capire che se il Signore disturba, é solo perché c'é da togliere dei detriti che
ostacolano ancora una volta il cammino di Lui. E se il Signore sembra essere un distruttore, é solo
perché vuol fare una strada grande, aperta e comoda, cosicché l'amore possa finalmente, non dico
trionfare, che ancora è presto - aspettiamo la fine del mondo nel giudizio universale, dopo c'é il
trionfo dell'amore - , ma almeno attecchire. Far vedere il primo verde tenero di un grano del cui
raccolto celebreremo la festa quando faremo un'altra assemblea, che non é questa, ma é quella che
chiamiamo del Paradiso, a casa, quando il Padre non avrà più niente da dirci, ma semplicemente
gioirà del fatto che saremo insieme con Lui.
(Messa dei bambini)
Buongiorno fratelli e sorelle. Ho preso del maschilista perché dico sempre solo fratelli!
Allora, stamattina abbiamo un brano del Vangelo di Gesù che, se vi ricordate, inizia proprio con le
parole con le quali finiva domenica scorsa. Nessuno ricorda, gli occhi sono lì inespressivi, allargati,
allora breve riassuntino. Gesù é andato al suo paese dove ha vissuto tutta la sua infanzia e fino a
quando ha incominciato la vita pubblica.
Il suo paese qual era? "Betlemme" - A Betlemme é nato. "Gerusalemme" - No, no.-'"Nazareth" Bravo. Nel secondo quadrimestre siamo un po' scarsi, vediamo di migliorare.
A Nazareth va nella sinagoga, legge un pezzo del profeta Isaia e come si faceva allora se c'era un
personaggio un po' conosciuto, un po' celebre e Gesù era abbastanza celebre già, anche se era
all'inizio, lo si invitava a fare lui il commento sulla parola del Signore e Gesù lo fa.
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Isaia diceva: "Arriverà il Messia. Il Messia é interessato, impegnato a fare del bene a tutti i tagliati
fuori". Lo dico un po' più semplice: prigionieri, malati, poveri ecc. ecc.
E Gesù dice, ecco l'inizio: "Amici oggi qui perché sono arrivato io che sono l'inviato di Dio, questa
é una promessa non così che vi arriverà chissà quando, é già arrivata". La gente é entusiasta subito,
all'inizio. Infatti nel Vangelo si legge: "Era meravigliata e gli rendeva testimonianza per le parole di
grazia". Parole bellissime che rallegrano, che danno fiato all'anima. Quanta gente era lì magari
piena di sofferenze, con tanti dolori, dispiaceri in casa, malati, sentire questo le si allargava il cuore.
Gesù però é un piantagrane. E si Gesù é stupendo, ma va a stanare tutti gli angolini, tutte le cose che
sono poco chiare.
infatti dice: " Vedo che siete già d'accordo, troppo d'accordo. Cosa vuol dire che é arrivato qui per
tutti noi il dono di Dio?". E la gente che cosa ha capito?
Nel paese accanto, a Cafarnao, erano successi miracoli "a gogò", ne aveva fatto di tutti i colori
Gesù: guarito, risuscitato, una roba meravigliosa. Allora cosa hanno detto:"Che bello, formidabile, é
arrivato Gesù, dunque, qui siamo a bolla, abbiamo già risolto tutti i nostri problemi: abbiamo una
vecchiaia serena, assicurata, c'é da mangiare, si sta bene in salute.
Gesù: "Ferma tutti, ferma tutti, voi credete a Dio solo se avete interesse o gli credete davvero?". E
siccome quel piantagrane di Gesù aveva intuito giusto e sbatte loro sulla faccia degli esempi da
arrabbiarsi davvero, e c'é riuscito a farli arrabbiare davvero, dice: "Cara la mia gente, comodo dire
che siamo un popolo di Dio".
"Ah, io sono un cristiano". Io mi chiedo sempre come mai c'é questa rivendicazione a essere
cristiani, quando non c'é la stessa rivendicazione a "fare i cristiani". Mi chiedo sempre il perché. Era
il problema che poneva Gesù. Provate voi a dire a uno che non gliene importa niente né di Gesù né
della preghiera né del Vangelo né del comandamenti: "Guarda se quello lì é un cristiano!" Vi
prende a botte, se non lo fa é solo perché é un po' educato, magari. Ma hanno tutti delle reazioni
tremende!
Ora Gesù dice: "Attenti! chi é cristiano?" Non chi va a batter cassa a Gesù. Ho bisogno: dal compito
in classe alla malattia. Badate che io non dico che non si deve pregare per questo. Va bene pregare
per la salute, per i nostri cari, per tutto va bene pregare. Solo, che se la nostra preghiera é solo batter
cassa è poi ci dimentichiamo...e allora é un po' sporca la faccenda, é un po' sospetta, giusto?
Ecco, Gesù dice: C'è della gente che non é di chiesa, che non é dei nostri secondo la nostra
mentalità, ebbene, il Signore ha fatto i miracoli per loro non per gli altri". E il finale qual é? Che se
Gesù non é svelto …...Nazareth é su un pendio di una collina, attorno ci sono delle montagne e c'é
un posto che fanno vedere tuttora con una scarpata bella giù dritta nella quale probabilmente Gesù
fu portato perché erano decisi proprio a farlo fuori. Cosa ha detto di così sconvolgente? Ma niente..
Ha detto solo questo: che nessuno di noi é garantito un buon cristiano se non gioca qualcosa della
sua vita con Lui.
Io ho un grande rimprovero dagli anni scorsi (adesso sono bravissimo, da qualche anno a questa
parte, tra virgolette, bravissimo), per esempio il giorno di Natale. La gente che viene solo per Natale
é infastidita se noi le diciamo che Gesù é nato, é diventato carne per continuarlo ad esserlo. Non ha
fatto il grande concerto la notte di Natale, mi sto spiegando? - poi, ritirato l'incasso, é andato a casa
sua. C'é sempre. Sono infastiditi, infatti non lo dico più. Perché lo devo dire se infastidisco ?
Oppure, vediamo un po', facciamo venire i più giovani. Abbiamo ricevuto il battesimo tutti e molti
di noi anche la Cresima. Cosa vuol dire? Oh, ragazzi, ma quelli che hanno ricevuto la cresima,
mentre per il battesimo erano così piccoli da non capire, nella cresima, secondo me, capivano, poi li
conosco sono anche intelligenti. Hanno detto: "Signore, io scelgo". Sono le intonazioni delle
promesse quando si dice: "Credi in Gesù Cristo? Scegli di stare con lui?" Tutto a posto, tanto c'é il
regalo che mi aspetta! Bene, quando li trovo: "Non ti vedo più". - "Ah, i miei amici non vengono
più, cosa vengo a fare io?" Ascoltate, cari ragazzi, c'era la ressa per andare tutti sotto la croce? No,
no. Degli apostoli chi c'era? Guardate che poi la Chiesa li ha fatti tutti santi, tutti. Chi c'era degli
apostoli? Uno! C'era, la mamma di Gesù, c'era Giovanni. Gli altri? Avevano messo, credo, tanti di
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quei catenacci, di quei chiavistelli alle porte che prima di andarli a stanare ci voleva solo lo Spirito e
anche Lui a fatica. La madre di Gesù ha detto? - "Ma le altre mamme, un po' più furbe, hanno già
tagliato l'angolo". Ha dettò così?
Cari amici, seguire Gesù vuol dire andare continuamente sull’orlo del precipizio per essere buttati
giù. Io voglio dire questo per incoraggiamento a tutti noi. Non fermiamoci a guardare se siamo in
tanti o in pochi, se siamo guardati bene o di storto, Gesù ci chiede di stare dalla sua parte.
La vera fede non é batter cassa, non é fare domande quando siamo con l'acqua alla gola. La vera
fede é camminare dietro di Lui, pochi o tanti che siamo, con successo di critica e di pubblico o con
grandi derisioni nella schiena, giusto?
Vedo delle facce preoccupate. Infatti ve lo dirò, sono un po' preoccupato anch'io di questa faccenda.
Ma la cosa bella é questa che il Signore non ci lascia fare gli eroi, anzi il Cristianesimo non é una
religione di eroi, é di gente normale, ruspante, ma di parola. Chiediamo al Signore di essere
semplicemente di parola. Ho finalmente finito!
PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
(PRESENTAZIONE DI GESÙ AL TEMPIO)
Dal vangelo secondo Luca ( Lc 2,22-32).
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè. portarono il bambino a
Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà
sacro al Signore: e i:er offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la
Legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il
conforto d'Israele; e lo Spirito Santo che era su di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte
senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i
genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
Il cantico di Simeone
« Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli,
luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele ».
(Messa feriale serale)
Questa. é una festa che la riforma liturgica ha recuperato nel Suo valore cristologico. Infatti, anche
se noi popolarmente la chiamiamo "La Candelora" e l'abbiamo trasformata in una festa della
Madonna, é in realtà una festa di Cristo. Perché? Perché é una festa ponte, anche se vi sembra un
linguaggio sindacalese, tra il Natale e la Pasqua. Chiude il Natale perché Gesù viene presentato al
Tempio come figlio primogenito maschio é di Dio. Ogni creatura umana e degli animali, se era
primogenita, era di Dio, perché il popolo era un popolo liberato, era un popolo che Dio si era
conquistato portandolo fuori da una condizione di schiavitù; di disperazione.
Ecco perché Dio si rivendicava in qualche modo il diritto sui primogeniti, perché erano suoi.
Certamente era un diritto che bastava poco ad essere riscattato. Chi era povero, come la famiglia di
Nazareth, era sufficiente portasse al tempio l'offerta di una colomba o di una tortora. Vedete, non
era comicizzato, però era detto con chiarezza la centralità di Dio. Ebbene, Gesù viene presentato al
Tempio non per essere riscattato, e qui é il passaggio dal Natale alla Pasqua, ma per essere l'Agnello
di Dio che toglie li peccati del mondo.
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Cioè viene presentato al Tempio per porre il primo passo verso la croce, il primo panno verso la
Pasqua. Per porre in lui, ancora bambino, il segno inequivocabile che due grandi anziani nella fede
avevano con chiarezza individuato, cioè il segno della sofferenza redentrice.
Tra l'altro quest'anno il calendario ci fa celebrare molto vicino questa festa e l'inizio, ormai
prossimo fra sette giorni, della quaresima, quindi la fede salda profondamente questo mistero.
Che cosa dice a noi questa festa? Primo - dice che tutta la nostra fede trova il suo fondamento, il suo
punto di riferimento, la sua pienezza solo nel Cristo luce delle genti. In fondo, se ci avete badato,
oggi abbiamo fatto una anticipazione della grande e più solenne processione della Pasqua, quella
del Sabato Santo, quando nel buio della notte arde solo il cero del Cristo risorto e da lì tutti i fedeli
attingono la luce. E' bello fare i gesti, sono belli ed efficaci nel loro simbolismo, ma come abbiamo
cantato prima "Tu sole vivo", tu Signore sei la luce per me. Ecco qua la grande chiarezza: Cristo é
la luce del cristiano.
E mi permettete (ma non é un rimprovero per nessuno, ci siamo dentro tutti fino al collo ormai): se
Cristo é luce, lo é , mi pare, a mezzadria con tante altri luci, che pretendono di essere luci.
Dobbiamo dircelo con chiarezza, cari fratelli nella fede, Cristo non ha la centralità nella nostra
preghiera, nella nostra predicazione, per esempio. Ogni tanto ci rifletto e mi chiedo se la nostra
predicazione é buonsenso riverniciato di cristianesimo (ammesso che, ed é già presuntuoso
pensarlo, che sia buonsenso oltretutto, ma diamolo per buono) o se é fede, Cristo luce, parola di
Cristo. Mi pare che abbiamo un compito molto serio perché siamo di fronte ad un mondo che é
scristianizzato, ma non solo il mondo. A me piacerebbe fare un'inchiesta tra di noi, non lasciare a
nessuno delle domande troppo sfumate; chiedere se crediamo nella Risurrezione, se c'é qualcosa
nell'aldilà, se c'é il Paradiso. Io ho la mia impressione che ormai ho verificato, per me il 90% dei
praticanti non crede nella vita eterna, non crede nella Risurrezione, non crede in quello che
chiamiamo Paradiso che é terminare nella pienezza di Dio.
Guardate, me ne accorgo quando c'é qualche lutto, quando parlo a tu per tu. Noi non crediamo in
Dio, noi non crediamo profondamente in Cristo. Siamo religiosi, ma attenti bene, non voglio
sottilizzare troppo, avere religione non é ancora avere fede, cioè non vuol dire ancora essere aperti
alla luce di. Dio.
Se ci badate, infatti, noi quando andiamo al Signore oppure lo preghiamo, non lo preghiamo in
termini di fede, abbiamo già o crediamo di sapere già ciò che é da chiedere. Facciamo l'elenco
secondo i nostri criteri, la nostra logica che é ancora solo umana. E se su questa logica Dio non ci
segue, noi cosa facciamo? Quanti non sono più qui con noi a pregare perché, pur essendo
frequentatori abituali della religione, non avevano come luce unica il Cristo, 1a speranza del Cristo,
la risurrezione di Cristo, la sua parola resa vera dalla sua resurrezione. Credo che sia importante
metterci a riflettere di fronte a Cristo che abbiamo proclamato, abbiamo simbolizzato nella luce
delle candele, essere la luce della nostra fede. O ci accontentiamo di fare dei bei riti oppure davanti
a Cristo ci poniamo con tutti i difetti, gli errori, le fuoriuscite di strada che possiamo avere
commesso e come singoli e anche come Chiesa. Dobbiamo dirlo, non siamo sempre brillantissimi
neanche come Chiesa complessivamente.
Allora se siamo qui con verità di fede diciamo: "Ecco, Signore Gesù, io credo che tu sei davvero la
luce mia personale, la luce di questa comunità, la luce di noi che siamo gente comune, di noi che
crediamo in te e forse crediamo in quel modo un po' non vero, non pieno. - come abbiamo appena
delineato brevemente - Signore siamo qui, però, e se siamo ancora qui é perché, pur con tutto ciò
che sembra negarti, noi abbiamo fame e sete di te.“
Allora preghiamo, celebrando questa S. Messa perché questa fame e questa sete non siano soffocate
o pseudo-alimentate da banalità quotidiane, dal raccontarcela in altri termini o dall’addormentarci,
che ci sia sempre questo stimolo che non é agitato, se viene dal Signore è sereno e dà pace, a
credere in Lui; ma a non smettere mai di cercarlo, a non essere, secondo una mia espressione,
troppo cattolici, essere un po' più cristiani. Avere un po' meno le colonne di Piazza S. Pietro che ci
difendono e un po' di più Gesù Cristo che ci manda verso i fratelli e dice: "Cercate i fratelli, non
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limitatevi a celebrare: Celebrando io vi chiamo alla vostra vita, vi chiamo fuori, vi chiamo ad
essere, non solo a celebrare.'
Se Celebriamo é perché davvero la sua vita da LUI passi a noi e in noi porti frutto,
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)
(QUALCUNO SI RIFIUTA DI ANDARE?)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 5,1-11).
In quel tempo, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genezaret e la folla gli faceva ressa intorno per
ascoltare la parola di Dio, Gesù vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano
scesi e lavavano le reti. Sali in una barca, che era di Simone, a lo pregò di scostarsi un poco da terra.
Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «prendi
il largo e calate le reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo
preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le
reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'atta barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e
riempirono tutte e due le barche al punto the quasi affondavano. Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle
ginocchia di Gesù, dicendo: »Signore, allontanati da me che sono Un peccatore». Grande stupore infatti
aveva preso lui e tutti que!li che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e
Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: “Non te-mere; d'ora in poi sarai
pescatore di uomi-ni»
LITURGIA DILLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro dei profeta Isaia (Is 6,1-2.3-8).
Nell'anno in cui mori il re Ozia. io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto
riempivano il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali e proclamavano l'uno all'altro:
»Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti
delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! lo sono
perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me;
teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. Egli mi toccò la bocca e mi
disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato».
Poi lo udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E risposi:«Eccomi, manda
me!»
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 15,1-11).
Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal
quale anche ricevete la salvezza, se Io mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato. Altrimenti,
avreste creduto invano! Vi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i
nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che
apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la
maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli
apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. lo infatti sono l'infimo degli apostoli, e non
sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio
però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io
però, ma la grazia di Dio che è con me. Pertanto, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.
(Seconda messa del mattino)
Spero di dire due pensieri e di arrivarci in fondo.
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Avete visto che il centro é la parola del Signore e colui che é chiamato ad annunciarla, e questo é il
primo pensiero. Il secondo é come ci poniamo noi sia come singole persone sia come comunità di
fronte alla parola del Signore.
Primo punto - Il libro di Isaia racconta, in questa lettura di oggi, la vocazione del profeta. Se ci
badate, in tutta una scenografia un po' alla orientale, con un re sul trono e tutti i generali li attorno,
questo uomo é chiamato ad essere uno che annuncia la parola e la volontà di Dio. E subìto si
accorge, come é ovvio per chi ha fede, di essere distante, lui uomo, dal poter annunciare agli altri la
parola del Signore. Riconosce di avere le labbra impure e di avere anche un popolo dalle labbra
impure. Ecco la scena: uno dei serafini gli purifica con un carbone acceso ardente le labbra, é un
gesto simbolico per dire proprio: "Io ti ho purificato”. Si trova in fondo un po' in tutte le spiegazioni
orientaleggianti questo: che il Signore vuole parlare al Mondo. E per parlare agli uomini non si
serve, ha deciso di non servirsi degli angeli, ma di altri uomini. Questo pone in grave difficoltà sia
chi annuncia sia chi ascolta. Perché? Perché chi annuncia intanto non pub fare il furbo, che spesso
lo si faccia questo purtroppo é vero, ma stando alle verità di fede uno non può dire: "Adesso ci
penso io perché lo voglio io". No, no. E' il Signore che sceglie chi vuole. E una volta che questa
scelta é fatta, uno non può, approfittando della posizione che occupa, dire quello che ne ha voglia
lui - benché magari vi sembri che io lo faccia, ma é il modo con cui lo faccio che é mio. Io avrei su
tante cose delle altre convinzioni personalmente, ma non ve le dico perché non ho il diritto di
dirvele, se si fa una discussione a due, è va beh, se ne parla. Ma il momento in cui siamo qui insieme, é un momento sul quale non possiamo scherzare. Perché? Perché non é mercanzia mia, né se
parlasse il vescovo é mercanzia sua, se parla il papa, anche quella non é mercanzia sua. Nessuno di
noi che parla, cioè, é al di sopra della parola che annuncia, ma al di sotto, giudicato da quello che
dice.
Cari miei, quante volte vorremmo farci lo sconto, ad esempio, su certe pagine, saltarle via
velocemente perché non ci vanno tanto bene, perché sono dure, perché ci costringono a ripensare a
noi stessi in un'altra maniera, vero? A parte che lo facciamo purtroppo! In certe epoche provate a
citare alcune frasi del Vangelo, diventano tabù. Ecco vedete, noi cadiamo probabilmente senza
accorgersi, in questo. Infatti il rischio grosso cos'é? E' dire: "Dunque stamattina ancora devo predica
re, importante é andarcene fuori, cioè dire qualcosa". No, no. Dopo lì c'é il tipo che come le parole
le tira fuori e bene o male, arriva alla fine. Ma domanda: "E' fedele alla parola del Signore?
Annuncia quello che il Signore vuole o quello che gli piace? Vedete come siamo fortemente
accentrati e giudicati da questa parola che si pone veramente come perno della nostra fede.
E infatti anche Gesù nel Vangelo é Lui che parla perché addirittura, noi lo sappiamo, l'abbiamo letto
il giorno di Natale "il verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Quindi, il "verbo", la
parola di Dio é diventata esperienza umana, é Gesù. Ma Gesù dà l'incarico ad altri di continuare
l'annuncio del suo Vangelo e lo dà ad alcuni nella Chiesa.
Ma, seconda parte del primo pensiero, attenti bene, l'impegno dell'annuncio é certamente di chi é
chiamato (ecco allora il ruolo del sacerdote ecc.), ma, cari fratelli, io devo dire delle cose molto
serie. Nel battesimo tutti siamo stati consacrati profeti. Forse vi sta sfuggendo, ve lo richiamo. Nel
battesimo ci sono due unzioni con due oli santi diversi (ripasso di catechismo perché siamo molto
indietro tutti, ho l'impressione): la prima é con l'olio dei catecumeni, la seconda é con il crisma,
quello stesso che sarà usato nella cresima. Il crisma é quello che consacra i sacerdoti. Quando il
vescovo mi ha consacrato e mi a unto le mani, la ha fatto con il sacro crisma. Anche i vescovi sono
consacrati con il sacro crisma, anche le chiese quando vengono consacrate. La nostra non é
consacrata, é solo benedetta; l'altare, invece, é stato tutto unto di sopra con il sacro crisma. Dove
voglio arrivare?
Avete visto che c'é tutta un'operazione che coinvolge ciascuno di noi nel piano di Dio. La seconda
unzione con il crisma dice questo: "Ti consacro sacerdote, re e profeta". Lascio stare sacerdote e re
altrimenti arriva domani mattina. Profeta - mi fermo su questo. A chi tocca annunciare la parola di
Dio? Certamente a qualcuno in particolare, già l'abbiamo capito sacerdoti ecc.; ma ogni cristiano é
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consacrato nel battesimo profeta che non vuol dire andare ad indovinare le partite del totocalcio,
profetizzare i risultati, combinare i numeri del lotto. Vuol dire "essere chiamato annunciatore della
parola di Dio e del Vangelo". A che punto siamo, come siamo noi non dico chissà dove, in S. Pio X,
dato che siamo qui bene o male, scalcinati o bravi? Se questo che il Signore dice é vero, cari fratelli,
come siamo quanto ad ascolto e approfondimento della "parola"? Ad annuncio in qualità di profeti
consacrati tali nel battesimo? Non lo so com'era la Chiesa 50 anni fa perché non c'ero ancora, ma
non m'interessa perché qualcuno dice: "Ma qui cambia tutto!" - No, no. Ad esempio, quando mi
sono sposata io non c'era la preparazione al matrimonio..." Ed ho risposto, proprio ieri: "Bene
Signora, forse quando si é sposata lei si presupponeva che fossimo dei cristiani. Oggi, per fortuna,
non lo si presuppone più perché non é cosi facile né cosi vero che siamo dei cristiani".
Ecco qua, noi dobbiamo passare, e non ci siamo ancora passati, siamo indietro, da una Chiesa che
sacramentalizza "a gogò”.... alé! battezziamo tutti, cresimiamo tutti, tremendamente sposiamo tutti.
Provate voi a dirglielo, venite qualche volta a mettervi nei miei piccoli panni, quando a qualcuno,
secondo me, sarebbe bene dire: "Ma mettetevi insieme tanto lo fate già, no? Giusto?" E' da un pezzo
che lo fanno, non illudetevi! - Dire: "Hai bisogno del Vangelo". Mi guardano come se fossi un
deficiente, ve lo dico sinceramente. Mi è comunicato spesso questo tanto che sto convincendomi,
infatti, di essere un po' tocco! Cos'é che conta? Ah, quante critiche! Certe famiglie ipercattoliche:
"Ma quel prete li cosa vuole." Cosa volete che voglia, me ne starei tanto in pace, lascerei tutti a casa
loro, credetemi. Ho delle passioni che non riesco a soddisfare: quella di leggere, di studiare, che una
volta avevo, adesso... Non voglio niente, mi pare da cristiano che ha qualche responsabilità,.che il
Signore su questo chi chiami, perché sento dire: "Io in qualcuno ci credo. Dio mio, chissà com'é
sufficiente questo qualcuno senza volto; non é sufficiente a guidare niente.
Mi piacerebbe fare qualche volta un'inchiesta scientifica su alcuni argomenti, sui contenuti della
nostra fede. Dico di noi che siamo qui normalmente, costantemente. Siamo gente, lo dico
serenamente senza prendere in giro, seria, ma ci sono dei buchi nella fede, é una fede vuota di
contenuto, é fatta di sentimento. Se capita una contrarietà seria, basta…., uno molla tutto. E' deluso
come i bambini: "Io non gioco più, tu non muori mai? Ti ho sparato tre volte, adesso io non gioco
più, vado a casa." Perché questo? Ma perché la nostra é una fede di sentimento, per sentito dire. Che
cosa davvero c'é nella parola di Dio, non cito l’Antico Testamento che é molto complicato, ma
almeno il Vangelo, S. Paolo, gli atti degli Apostoli, - zero. Cari fratelli questo vuol dire che noi non
abbiamo ubbidito a Gesù che ha detto che al centro doveva esserci la sua parola. Noi al centro
abbiamo messo le celebrazioni liturgiche non alimentate dalla parola e questo é falso, conduce a una
Chiesa non vera. Infatti di tutti i battezzati e i cresimati, ma non c'é d'aspettare tanto, un giorno dopo
la cresima io non li vedo più. Chi é che insegna loro questo? I battezzati e i cresimati che sono i loro
genitori, perché cos'é lo scopo dell'essere cristiani? "Cuccarsi, scusatemi, é tremendo, sono umiliato
tutti gli anni, tutte le volte, umiliato perché? Perché c'é la farsa, lo ripeto, la farsa, Gesù Cristo non
centra niente. "Sa, noi siamo democratici, rispettiamo il bambino, siccome non deve essere diverso
dagli altri, gli diamo tutte queste robe". Meno ne prende e più presto ne salta fuori, meglio é; però,
siamo a posto con i sindacati, quelli della Chiesa, voglio dire. E' umiliante, sarebbe meglio che noi
fossimo in quattro gatti che ci credono che essere con le chiese piene.
Per esempio, c'é un matrimonio? Se la predica li coinvolge, e qualche volta se mi ci metto ci riesco,
fanno la comunione tutti i parenti, mai visti prima! Anzi da quello che vedo e parlo non gliene
importa più di tanto, ma é stato bello!
Funerale: "Sa noi non veniamo mai in chiesa, ma ci crediamo". Per carità, e come quelli che sono
innamoratissimi della loro fidanzata e non vanno mai a trovarla, a me balla l'occhio..., ma insomma,
comunque se lo dicono loro...! Mi capite, commossi fino alle lacrime: la comunione. Cosa
spartiscono con questo Gesù Cristo io poi non lo so, perché tanto non credono nemmeno che c'é la
vita eterna, non ci credono come forse molti di noi.. Noi non crediamo che c'é un aldilà secondo la
parola del Vangelo, non lo crediamo.
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Allora qual é la situazione oggi? Io non ho fatto delle grandi rivoluzioni anche se sono passato nei
suoi anni per rivoluzionario. H semplicemente tentato una cosa della quale sono ulteriormente
afflitto, ma sono ancora qui nel nome del Signore, finché reggo sto qui: la PAROLA al centro della
comunità, non vi ho chiesto di fare le comunioni.
Mi ricordo che il mio parroco diceva per l'Epifania: "L'anno scorso (contava le ostie evidentemente)
8.653 comunioni, 50 in più dell'anno precedente". Non ho mai detto questo, ma non perché non lo
ritengo importante, io la comunione la faccio tutti i giorni, celebro la messa tutti i giorni,
evidenteménte ci credo, non solo perché devo firmare il cartellino. Sto dicendo da anni:
"Troviamoci a imparare, a digerire, a capire, ad approfondire la parola di Dio". È scattata una fuga
di massa, cioè é continuato quello che c'era prima, giusto?
Bisogna abolire le messe (sono consapevole, andate a dirlo in curia, così almeno faccio carriera,
vado da un'altra parte, ma comunque sto dicendo delle cose con serietà e spero di non dire delle
opinioni mie), se ci fossero molto meno messe perché poi non é il massimo come siamo presenti,
permettetemi, c'é diffusa una grande sciatteria. Vi invito, venite qualche volta dove sono io su in
alto, a qualsiasi messa controllate quanti vanno e vengono. Per carità se uno ha dei problemi a casa,
arriva in ritardo per quello d'accordo, ma io sono venti anni che vedo certe persone sempre con lo
stesso ritardo, io regolo l'orologio..!
Meno messe, più parola di Dio per arrivare ad incontrare nella messa Dio in un modo più vero,
altrimenti incontriamo quello che vogliamo noi, mi capite? Le comunioni che ho citato di quei
matrimoni e di quei funerali, a che cosa approdano secondo voi, a Gesù Cristo? No. Io non so dove
approdino! Poi si arrangerà lui a fare i conti, ma non ci siamo.
Abbiamo tolto una messa noi apposta al giovedì per fare la Lectio Divina che é: fermiamoci sulla
parola del Signore". Sì, c'é un gruppettino, 30-40 persone su una parrocchia di 13.000 abitanti, é
una cosa ridicola.
"Gruppo degli anziani", ogni 15 giorni - sto facendo da qualche anno per fare un po' di Bibbia senza
uccidervi, la fede dei personaggi biblici, ora siamo nel Nuovo Testamento.
La Parola di Dio, ci siamo intesi, messa al centro che guida la nostra fede. E se per caso siete
impossibilitati in tutte queste cose gli orari ecc., non é impossibile prendere in mano la parola di
Dio anche per conto vostro. Per tanto che capiate poco, dato che avete lo Spirito santo ricevuto dal
Battesimo e dalla Cresima, ne capite abbastanza per trovare una luce nuova nella vostra vita. Io vi
incoraggio, non abbiate paura di diventare protestanti, magari lo diventassimo un po'! Il rischio non
é quello, il rischio é che non conosciamo Gesù.
TEMPO DI QUARESIMA
I DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
(ALLA PARTENZA C'È SEMPRE LA TENTAZIONE)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 4,1-13).
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto
dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo, Noti mangiò nulla in quel giorni; ma quando furono
terminati ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane».
Gesù gli rispose: «Sta Scritto: "Non di solo orla vivrà l'uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, e mostrandogli In un istante tutti i regni della terra, gli disse: «ti darò tutta
questa potenza e la gloria di questi regni, perché é stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti
prostri dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: "Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui
solo adorerai".
Lo Condusse Gerusalemme, Io pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù;
sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano"; e anche: essi ti sosterranno
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con le mani, perché Il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «È stato detto: "Non tenterai li
Signore Dio tuo". Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, Il diavolo si allontanò da lui per ritornare al
tempo fissato.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del Deuteronomio (Dt 26,4-10).
Mosè parlò al popolo, e disse: «II sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all'altare del
Signore tuo Dio e tu pronunzierai queste parole davanti al Signore tuo Dio: Mio padre era un Aramèo
errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e
numerosa. Gli egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù.
Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò le nostre voci, vide la nostra
umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall'Egitto con mano potente e
con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi, e ci condusse in questo luogo e ci diede
questo paese, dove scorre latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore,
mi hai dato. Le deporrai davanti al Signore tuo Dio e ti prostrerai davanti al Signore tuo Dio.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (Rm 10,8-13).
Fratelli, che dice la Scrittura? "Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore": cioè la parola della
fede che noi predichiamo. Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo
cuore che Dio lo ha risuscitato dal morti, sarai salvo. Con II cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e
con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
Dice infatti la Scrittura: "Chiunque crede in lui non sarà deluso". Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e
Greco, dato che lui stesso è li Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l'invocano. Infatti: "Chiunque
invocherà il nome del Signore sarà salvato.
(Seconda messa del mattino)
Io credo che questo sia davvero un Vangelo sconcertante: Gesù che é tentato. Ebbene la tentazione
esiste.
Noi abbiamo modernamente tutto psicologizzato per cui sono solo dei fatti così interiori,
modificazioni dell'umore, di gestione più o meno difficile. Abbiamo banalizzato la lotta e la scelta
tra Dio e il resto. Per questo non vediamo più la differenza tra il bene e il male, tra la fede e l'ovvio,
la banalità, la quotidianità più ottusa. Ecco la tentazione.
Infatti non é mai qualcosa di sciocco e di volgare perché non ne saremmo tentati, anche se uno cede
a tentazioni che poi alla fine risulteranno sciocche e volgari, ma alla fine.
L'inizio con cui si cade in questo tranello, è sempre molto sofisticato.
Nel Vangelo ci é dato da un demonio che é esperto in Sacra Scrittura, deve aver studiato dai rabbini,
cita esattamente senza sbagliare il Deuteronomio. Però attraverso la citazione giusta c'é
un'impostazione che nega Dio, questa é la tentazione: negare Dio.
Noi siamo ancora così banali che abbiamo fatto diventare tentazione solo i pensieri impuri; le
tentazioni della purezza o giù di lì, non perché non esista questo settore e come esiste! L'abbiamo
prosciugato dal punto di vista morale e religioso perché ormai non esiste più niente da questo
versante rispetto a tutte le angherie di quanto eravamo ragazzini noi, che erano tutti turbati da
questo, oggi più nessuno é turbato. Mi domando se sia un progresso o se sia un regresso, ma non so
rispondere.
La tentazione vera é proprio questa: vivere (cito un libro che ha fatto i soldi con delle stupidaggini)
e bene senza Dio (il libro é "Come vivere e bene senza i comunisti" é di D'Agostino mi pare, libri
estivi).
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Ecco, io credo proprio questo che noi riusciamo a coniugare celebrazioni religiose, ma dal punto di
vista sostanziale ha nostra tentazione è uguale a quella di chi non mette piede nelle chiese, perché
riusciamo a vivere e bene, sottolineo, senza Dio.
Infatti dov'é la tentazione? Questa, é la seconda, la più radicale per Gesù, quando il diavolo mostra
a Cristo tutti i regni della Terra e gli dice: "Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni
perché sono state messe nelle mie mani e io le do a chi voglio. Se ti prostri dinnanzi a me tutto sarà
tuo".
E' questa la tentazione, cioè la potenza: come, cioè, sbarcare la vita senza troppi danni. Come, cioè,
non essere i più cretini di tutti rimanendo fedeli a delle verità interiori, se lo fanno tutti....?
Ogni tanto vado dal mio amico teologo moralista e provocatoriamente gli dico: "Ascolta qua, tu che
studi tanto, c'é qualcosa che si può fare che ieri era peccato e oggi no? Che non sia io l'unico che
non lo sappia". E mi butta fuori dallo studio, giustamente, perché é una provocazione.
Ma mi pare che sia proprio questo: che cosa si può fare senza rimetterci troppo. La "potenza" é
proprio assumere i criteri che sono opposti a Dio. Badate, sono i criteri che fanno fortuna nella
nostra società.
Io sono molto in imbarazzo, infatti, perché ai bambini e anche agli adulti, ma il problema mio sono i
bambini perché sono verso la vita, insegniamo loro in chiesa e al catechismo delle cose che non
contano. Faccio degli esempi. "Insegnare il perdono" (ognuno di noi veda a che punto é coi suoi
perdoni) vuol dire agli occhi dell'idea dominante, insegnare ad essere di poco carattere, ad essere
degli sconfitti, ad essere dei derisi.
Ma questo non é che la punta dell'iceberg, quello che si vede, di un problema che sta sotto,
sommerso che non si vede, ed é proprio Dio.
In realtà non é Dio la potenza della mia vita, della nostra vita, sono i criteri umanamente dominanti
nel momento in cui vivo, per cui se nel momento in cui vivo (ma é da sempre così) il criterio
dominante é far carriera, per esempio, allora il prete di S. PIO X se non lo fanno monsignore,
poverino si sente deluso. E' un esempio stupidissimo, ma le cose sono più sottili.
Se non siamo sufficientemente valutati, riveriti, noi siamo in crisi. C'é una nevrosi da casalinga che
hanno anche le non casalinghe e i non casalinghi. E', per esempio, l'incapacità di gestire in termini
significativi una vita fatta di cose molto semplici. Ancora più sotto di questo é che in termini di fede
non so a chi e per quale motivo tiro avanti la carretta, a chi sto offrendo questa carretta. Perché io
immagino, uso un linguaggio un po' giovanilistico, che non sia il massimo delle libidini fare la
madre di famiglia, io non ho provato anche perché ho ovvie difficoltà però...., fare il padre. Io mi
chiedo: ma chi me lo fa fare. E credo che ogni madre si dica certe sere: "Ma chi me lo fa fare!"
La gloria, la potenza, ciò che sembra vincere é proclamato altrove. Allora il problema é questo t, o
qui siamo tutti degli sconfitti, (va beh, questa era una vecchia idea del buon Nietzsche) dei tagliati
fuori e allora facciamo comunella tra di noi, dato che fuori dove ci sono quelli che contano non
riusciamo a sfondare, può darsi. "O ancora una volta credo che il denaro, il potere; il possedere, il
guadagnare, il far carriera, ecco il punto, mi dia benessere, felicità, significato alla vita. Perché, cari
fratelli, se a voi e a me io dicessi: "Guardate che il benessere vero, profondo del nostro esistere, la
vera felicità, la serenità del cuore deriva dall'essere davanti a Dio, fondati su' di Lui, certi di Lui, voi
mi guardate e dite: "Ma stanotte non hai dormito?" Lo so che siete d'accordo, siete credenti, anch'io
sono d'accordo su questo che sto dicendo. Ma quando mi manca qualche benessere in termini umani
mi va in crisi Dio, é questo che voglio dire, perché finché sto bene e cito Dio, tutti sono d'accordo,
per carità, siamo qui in chiesa, vuoi che non siamo d'accordo? La prova del nove é che quando mi
viene meno tutto quello che sul versante umano della concretezza che si tocca, perché per me Dio é
più concreto di questo leggio, quella sul quale sta in piedi la facciata della società, a me non basta
più Dio o perlomeno vado in crisi profonda. Allora la quaresima é proprio questo, noi che siamo
consumatori di cose religiose é: andiamo a costruirci un rapporto più vero e più profondo con Dio.
Ed é proprio questa la domanda: "Io ho degli idoli che adoro?" E gli idoli non sono Marte, Venere,
sono banalità. Gli idoli sono proprio tutti quei riferimenti che nella nostra vita diventano portatori
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di serenità, di agitazione, di durezza, di voglia di scappare quando mancano perché allora Dio, la
fede, la preghiera, la logica del Vangelo non ci bastano. Mi capite?
La prova del nove sulla mia vita non é quando sono qui, qui alé! sono una forza anche perché
predico sempre agli altri, questo é il pericolo, ma predico anche a me, per carità.
Ma la tentazione é professionalizzare: "Adesso se la cuccano loro!" E' una tentazione. Come quei
genitori che insegnano le belle cose ai figli, tanto le devono insegnare, no? Questo é il problema.
Voi mi capite che il vero digiuno, a proposito ci siamo ricordati di farlo?, é utile per dominare
questa sete e questa voglia di avere sempre tutto a nostra disposizione. Facciamo pure il"magro",
per carità, fatelo, ma il magro davvero é un'altra cosa: é mettersi su una certa lunghezza d'onda.
Ecco, mi fermo su una tentazione, credo sia quella radicale. La tentazione non sono i film osceni,
per la gente normale non sono quelli i problemi; la tentazione é che noi riusciamo a vivere e bene
senza Cristo e senza Dio. E se li citiamo e se ricorriamo a loro é spesso più funzionale ai nostri
bisogni che non una vera fede. Siamo avvertiti, che il tempo della quaresima ci aiuti a guardare
dentro e a mollare gli idoli sui quali abbiamo fondato, tutto sommato, la nostra serenità.
II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
(IL VERO VOLTO PASQUALE DI CRISTO )
Dal vangelo secondo Luca (Lc 9,28-36).
La trasfigurazione di Gesù
Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a
pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco,
due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che
stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si
svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui,
Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e
una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua
ombra. All'entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio,
l'eletto; ascoltatelo!». Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a
nessuno ciò che avevano visto.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro della Genesi (Gen 15,5-12.17-18).
Poi condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse:
«Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa
terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una
giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo». Andò a prendere
tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all'altra; non divise però gli uccelli. Gli
uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo
assalirono. Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente
passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest'alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d'Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate;
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Fillippesi (Fil 3,17-4,1).
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Fatevi miei imitatori, fratelli, e guardate a quelli che si comportano secondo l'esempio che avete in noi.
Perché molti, ve l'ho già detto più volte e ora con le lacrime agli occhi ve lo ripeto, si comportano da nemici
della croce di Cristo: la perdizione però sarà la loro fine, perché essi, che hanno come dio il loro ventre, si
vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra.
La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale
trasfigurerà II nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di
sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete saldi nel Signore cosi come
avete imparato, carissimi!
(Messa prefestiva)
Siamo alla seconda tappa del cammino quaresimale e la pedagogia della Chiesa é formidabile
nell'offrirci una grande riflessione dopo, e accanto, a quella di domenica scorsa.
Se vi ricordate, siamo partiti con Gesù alle prese con la tentazione. Gesù tentato, Gesù che deve con
chiarezza fin dall'inizio scegliere o un messianismo di gloria, quindi di potenza esteriore, quindi di
vittoria con gli strumenti umani del denaro, della potenza politica, degli appoggi religiosi o
scegliere la strada dell'inermità sprovveduta, umanamente piccola e ultima. E questa é la strada che
Lui sceglie.
Voglio ulteriormente dire che i discepoli hanno capito che Gesù non ha fatto dei discorsi di povertà,
di umiltà e non ha scelto verbalmente solo di essere a noi proposto.
Gesù percorre coerentemente questo cammino e si sta già indirizzando verso Gerusalemme.
Ebbene, Gesù nella sua vita di fede, pregando, con la grande sensibilità, anche umana che egli ha di
intravvedere l'ottusità cattiva, malevola di chi lo circonda, ha già intuito che non si può percorrere
questo tipo di strada senza urtare frontalmente tutti coloro che questa strada non hanno scelto.
Quindi a prevedere, in una preveggenza di fede, che Gerusalemme sarà il suo destino. Questo nella
sua vita, nella sua preghiera, nella sua totale dedizione al Padre, coniuga due grandi momenti: la
Passione e morte, ma contemporaneamente la gloria della Risurrezione e dell'Ascensione come
intronizzazione presso il Padre.
I discepoli, da uomini poveri come noi, vedono solo e temono solo e hanno paura solo di questo
mistero di sofferenza, di questa umiltà buttata fuori dalle mura, dal recinto della città. Hanno paura
e sono angosciati da questa solitudine che ormai non li sorregge più. Perché? Perché a questo punto
Gesù, ormai, é quasi solo.
La gente dopo il primo momento dei miracoli, quando ha capito che non bastava esaltarsi per le
guarigioni che Gesù faceva, perché dava un messaggio attraverso le guarigioni.
E questo messaggio era che voleva essere preso sul serio, che voleva e chiedeva che lo seguissero
sulla stessa strada che Lui stava percorrendo: Ebbene la gente quando ha intuito con chiarezza che
questo era il prezzo dello stare con Cristo, lo abbandona.
I capi che sornioni avevano mandato i loro delegati a saggiare il terreno, come tutti quelli che hanno
in mano il potere hanno annusato molto in anticipo che costui, proprio perché non voleva andare al
loro posto, era più pericoloso di quelli che volevano andarci perché quelli basta usare le armi solite
si sa come controbattere. Ma costui proprio perché non mirava al seggiolone, avrebbe iniziato una
logica diversa che avrebbe ben più pericolosamente minato la loro sete di potenza e di gloria.
Resto dei suoi: dodici apostoli e un gruppo di discepoli. In questo periodo della sua vita Gesù si
dedica a stare con loro, ad ammaestrarli, ad insegnare perché vuole tenerseli più illuminati, più
radicati, più sicuri nella via del Vangelo. ECCO perché per un momento sul monte apre lo spiraglio
della sua vita divina, fa intendere un assaggio proprio a loro che hanno dubitato, proprio a loro che
sono atterriti di stare con Lui; dà un assaggio della sua gloria presso il Padre. E lo dà non per far lo
sconto sulla croce, non per imbambolarli, diremmo oggi con gli effetti speciali, ma perché davvero
credano che nell'umiltà della sua esistenza, nella povertà del suo cammino, é viva, operante,
presente, la potenza di Dio. Questo é il senso della trasfigurazione, é proprio per riprendere un
cammino sul quale nessuno vuole stare.
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Chiarito questo, allora vediamo cosa significa per noi. Il sen o di questa meditazione non é darvi
una inquadratura complessiva dell'esperienza di Gesù e di come questo gesto arrivi al momento
opportuno, questo é detto per noi. Non a caso anche noi, mi pare, quando si tratta di Dio; quando si
tratta del Vangelo, quando si tratta di testimoniare la nostra fede, siamo spesso atterriti, abbiamo
paura. Dio non ci pare sufficientemente solido, l'urto delle cose, delle situazioni ci pare più forte,
più immediatamente percepibile della forza che Dio ci promette e che non sappiamo mai dov’é.
Ecco allora la grande lezione - ma questa lezione, dicevo prima, non vuole accettare la logica di
Cristo con tutta la sua vita vissuta. Cristo non ha mostrato, voglio dire, i muscoli per un momento
per far vedere che poi sarà Cristo re; non si contraddice, qui non c'é uno squarcio di paradiso come
fuga dalla quotidianità che dobbiamo pure tutti percorrere e pagare.
Alla fine, cessata la visione, rimane questo messaggio che viene dal cielo, ma é ormai fuori dalla
visione, dice: "Questi è il Figlio mio, l'eletto". Non dice,: "Guardatelo". Non dice: "State qui".
Squarciate le nubi, forzando il mistero di Dio dice: "ASCOLTATELO!'.
Ecco, cari fratelli, noi non abbiamo altro che la sua "parola"; la nostra forza é ciò che Lui ci dice. La
nostra certezza è proprio il Vangelo - e solo il Vangelo, che é altra logica dal mondo, che é altra
logica di ciò che pare, appunto, più intelligente, più anche di buonsenso, più concreto, é altro:
"Ascoltatelo".
Noi non sappiamo mai dov'è Dio, abbiamo paura di Lui, pare continuamente sfuggirci. Noi
cerchiamo la visione, noi cerchiamo, cioè, ciò che sta al posto nostro in qualche modo, che sia così
evidente da costringerci ad ubbidire senza discorsi. E se ce n'é,bisogno da costringere chi sta attorno
a noi e scuote la testa ed é incredulo ed é qualche volta pesantemente blasfemo, ad inchinarsi e a
vedere che ha perso. Ma non lo facciamo perché vogliamo difendere, passatemi l'espressione, i
diritti. Non lo facciamo perché vorremmo trovare al di là di Gerusalemme e senza passare per
Gerusalemme la gloria, gli effetti speciali.
Noi vorremmo che Cristo fosse un bel sogno nel quale perderci e svegliarci al mattino, come il
giorno di S. Lucia, con tutti i doni che sono ormai preparati. E tanto in quel giorno, buoni o cattivi
che siamo, cosa volete mai, é bello sognare e sogniamo tutti, soprattutto chi prepara i regali di
solito. E' stupendo preparare perché il sorriso dei bambini ci ripaga di tante quotidianità che ormai
sono spente o si trascinano stanche.
Cristo non è questo sogno, Cristo va ascoltato. Cristo non é al di là di un bel sogno che ci ripaga di
tante sconfitte, Cristo é dentro, ma non ha nessun'altra linea, nessun'altra rivelazione che la sua
parola. Badate, fratelli, non il "libro", qui ci differenziamo un po' dai protestanti. Noi non siamo la
religione del libro, questo vi spiegherà la differenza tra noi e quei poveri figli di Dio che sono i
Testimoni di Geova che non capiscono niente della Bibbia - ho rispetto per loro, ma non capiscono
niente. Non é la religione del libro, é la RELIGIONE della PAROLA - che non funziona perché lo
si legge, funziona perché lo si ASCOLTA.
E voi lo sapete bene quanto é grande la differenza tra leggere e ascoltare. Lo sanno anche i miei
amici chierichetti che differenza c'é tra sentire la mamma che dice: "Preparami questo..." - e
ascoltarla.
Quante volte abbiamo sentito senza ascoltare! Ecco il mirabile disegno pedagogico della Chiesa.
Satana di domenica scorsa é un esperto del libro di Dio, sapeva tutte le citazioni giuste della Bibbia:
non aveva incontrato la Parola del Signore, Gesù sì, non era un esperto del libro, era un attento
ascoltatore della "Parola".
Cari fratelli, quindi questo é il problema nostro: DIVENTARE ASCOLTATORI della PAROLA di
DIO. Pensate,- non siamo ancora nemmeno arrivati al libro.
Ho già, guardato l'orologio due volte, quindi non mi impantano nel rapporto tra "libro e parola",
perché facciamo l'alba.
Ma certamente, mi pare, che abbiamo inteso questa grande serietà. Ve lo dico in una immagine sola:
il libro é la Bibbia, la Parola é Cristo. Ognuno di voi può lavorarvi sopra mentre prega.
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(Messa dei bambini)
Buongiorno. - Io scommetto che abbiamo capito poco, già confermato in prima fila. Bene. Cosa é
successo in questo Vangelo che abbiamo letto oggi. Gesù ha anticipato il Club Alpino Italiano che
organizza gite in montagna ?- "No" - Gesù é andato su una montagna alta, a Pietro poi é venuta
l'idea di anticipare i campeggi: "Mettiamo qui tre tende, si sta bene, c'é una bell'aria fresca". E'
questo che voleva dire questo racconto? "No". Allora siamo d'accordo su quello che non vuol dire,
cioè che non si tratta di gita in montagna e di campeggi estivi. Allora, di che cosa si tratta? Che cosa
succede oggi? Mancia competente a chi sa dare la risposta di quelle che stanno in piedi. Cosa
succede? - Perfetto - "Gesù si trasfigura davanti ai suoi apostoli". A tutti? Quanti sono lassù in
montagna con Gesù? Due? - "Tre:.Pietro, Giacomo e Giovanni" - Bravissimi. Poi ci sono altri due
personaggi, mi pare, un po' vecchiotti. "Elia e Mosè" - Siete quasi preparati oggi.
Allora, tutta questa gente lì sulla montagna che cosa combina? E poi ancor più importante, cosa
vuol dire che Gesù si trasfigurò davanti a loro? Ha cambiato faccia? Si….? Cosa
succede? - "Cambia aspetto " - E' una buona risposta. Però
ancora devo dire: "Perché cambia aspetto?" Cosa vuol far vedere cambiando aspetto? Cos'é che
vuol far vedere secondo voi? - "Che é Figlio di Dio" - Bravissimi
Allora se Gesù deve far vedere che é Figlio di Dio, vuol dire che ci credevano poco? Perché lo fa
vedere? Seguitemi e vi faccio capire il perché.
Abbiamo detto che ci sono Giacomo, Giovanni e Pietro - adesso lasciamo passare un po' di tempo,
andiamo avanti nella vita di Gesù. Vi dico anche la data: dopo l'Ultima Cena, di notte. Incomincia il
giorno che é nel giardino, é venerdì del mese di aprile di quell'anno, si sta. per celebrare là Pasqua
degli Ebrei, Gesù è da solo nell'Orto....? . - "Degli Ulivi" - Oh, meno male. Nell'orto degli Ulivi. E
cosa sta facendo? - "Sta pregando" - Brava! Sta pregando.. E gli altri tre cosa stanno facendo? Sono
gli stessi: Pietro, Giacomo, e Giovanni. - "Stanno dormendo". Cosa Che fanno anche oggi.
Dormono perché non hanno fede a Sufficienza, non credono fino in fondo al Signore. Hanno, lo
dico in mantovano, due fette di salame sugli occhi.
Ecco, allora, che Gesù li chiama sul monte, perché loro non vedevano che lui era il Figlio di Dio.
Sapete il perché? Perché Gesù, modesto com'era, sincero com'era, ha fatto loro capire chiaramente
come sarebbe andata a finire e cioè ha detto: "Cari miei, noi stiamo andando a Gerusalemme". Dopo
il CAI, Gesù inventa le agenzie di turismo? = Andiamo a Gerusalemme, la capitale... Andiamo a
visitare Roma... Cosa va a fare a Gerusalemme, il turista? Cosa va a fare? - "Per inventare la
religione" - Per inventare la sua religione?
Cosa va a fare a Gerusalemme? Dillo. “Va a morire in croce". Bravo, questa é la risposta.
Pietro, Giacomo, Giovanni e tutti gli altri quando hanno sentito questo, parapa-pa-pa!, se la sono un
po' fatta sotto, eh! Hanno avuto una paura folle, una fifa tremenda. Hanno incominciato a dire:
"Chissà se é proprio il Figlio di Dio. Ma guarda te se il Figlio di Dio deve andare a Gerusalemme,
prenderle da tutti, far la figura del cretino! Eh, no, no, qui cambiamo squadra".
Ecco che cosa loro non volevano capire. Ecco perché dormivano. Hanno dormito qui su questo
monte e hanno dormito sull'altro, quello degli Ulivi, perché? Ma perché assomigliano a noi, gli
Apostoli. Noi siamo gente che capisce, siamo intelligenti, anche fin troppo qualche volta, capiamo
così bene che cosa vuole Gesù, che...cosa facciamo? Tagliamo l'angolo prima che Lui c'incastri
toppo, vero?
Lo dicevo ieri ai miei amici di seconda media, l'anno scorso 90 si sono, passatemi l’espressione, lo
dico apposta, "cuccati" la cresima, giusto? Ecco, hanno capito così bene cosa vuol dire "seguire
Gesù" che subito si sono addormentati, cioè: "Non capisco..."
E' come quando la mamma dice: "Ehi, Giovanni, ascolta, io sto stendendo il bucato, fai un salto, vai
in latteria, prendi due mezzi litri di latte". - E Giovanni non sente. - Ha sentito così bene che non ha
interesse ad aver sentito, vero?
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Infatti, infatti, se voi ci badate, quando finisce tutto questo racconto di oggi, che cosa dice la voce
dalla nube? Dice: "Guardatelo, vedetelo, sentitelo; guardate com'é bello Gesù trasfigurato.- schermo
panoramico a colori - dice questo?
Bravissima - dice di ascoltarlo perché é suo Figlio. Oh, siete una meraviglia!
Questo dice: "Oh gente, io vi faccio vedere chi sono perché anche quando sarò sotto la croce e il più
stupido di Gerusalemme si permetterà di fare ironia su di me, violenza, di prendermi a calci, di
sputarmi addosso, non dimenticatevi che io sono il Figlio di Dio. E se vi chiamo a stare con me, ad
ascoltare le mie parole, non é che voglio fare delle conferenze stampa, poi andiamo a casa e siamo a
posto. No, no, vele dico perché vi chiamo a seguirmi, a stare con me".
Cari amici, questo é il problema serio. Ed allora se io faccio qualche annotazione, da vera persona
pesa, non lo faccio apposta. Io, per esempio, ho avuto bisogno del vostro rincuorarmi perché per
metà messa mi é `scappata la voglia di celebrarla. Dunque, abbiamo iniziato con l'atto penitenziale,
poi la Prima Lettura - non é ancora dar la vita per Gesù questo - però voglio dire: come saremo noi
bravi discepoli di Gesù sol siamo un po' dei "savasoni”, passatemi l'espressione, nell'incontrarlo,
nello stare con Lui. Non possiamo ascoltarlo bene, per esempio, se io da qualche domenica vedo di
quelli che sono là in fondo che leggono i giornalini. Ma io glieli regalo, non m'interessa niente,
purché li leggano a casa, tutto qui. Come possiamo ascoltare Gesù leggendo il giornalino. Come
possiamo celebrare le sue lodi se poi ci mettiamo negli angoli della chiesa nei quali parliamo meglio
senza che Don Ulisse venga a scovarci. Io lo so, appena passo, le facce si ricompongono in alta e
sublime attenzione ascetica!
Io mi permetto di parlare dei più giovani perché loro sono meno permalosi dei grandi, ma non é una
delizia neanche da una certa età in su. Ecco, perché queste osservazioni? Ma perché ho
l'impressione che spesso noi non sentiamo Gesù perché sbagliamo il modo di ascoltarlo. Avete mai
sentito una radio un po' vecchiotta con le pile scariche o siete in una zona un po' brutta e volete
ascoltare un programma? Poniamo a uno interessa la partita e sente continuamente, non so Vasco
Rossi che canta sulla partita, é un disastro, non si riesce ad ascoltarla bene. Ecco noi abbiamo
contemporaneamente tre, quattro, cinque stazioni che trasmettono sulla lunghezza d'onda di Gesù e
vai a capire che cosa dice!
Mi avete sopportato già così tanto e con totale senso del dovere, che mi sono quasi commosso, che
ho propria voglia di riprendere con voi la S. Messa, pregando Gesù che ci aiuti a sentirlo perché il
vero ascoltare la mamma, a proposito dell'e esempio del latte in due mezzi litri, é dire: "Sì, mamma,
ho capito" - oppure dire niente, partire e tornare con il latte. Quante volte noi abbiamo detto a Gesù:
"Sì, sì, sono d'accordo, perfetto!" - che non sia quella vecchia fola che si raccontava - Armiamoci e
partite: Armiamoci e partiamo - diciamo di sì a Gesù.
III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
(LASCIAMOCI "LAVORARE" DA DIO)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 13.1-9).
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato
con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galei fossero più
peccatori di tutti l Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo
stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Slloe e li uccise, credete che fossero più
colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso
modo».
Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne e cercarvi frutti, ma non ne
trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo.
Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché io
gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai»
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LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro dell'Esodo (Es 3,1-8.13-15).
In quei giorni, Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il
bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, I'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve In una fiamma di
fuoco In mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si
consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo meraviglioso spettacolo: perché II roveto non brucia?». li
Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose:
«Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra
santa!». E disse: «io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di !sacco, il Dio di Giacobbe». Mosè
allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa del suoi
sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo
uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele». Mosè disse
a Dio: «Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno:
Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «lo sono colui che sono!». Poi disse: «Dirai agli Israeliti: "lo-Sono" mi ha mandato a voi».
Dio aggiunse a Mosè: «Dirai agii Israeliti: li Signore, il Dio del vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di
!sacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui
sarò ricordato di generazione in generazione».
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo al Corinzi (1Cor 10,1-6.10-12).
Non voglio che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare,
tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale,
tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e
quella roccia era il Cristo. Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti
nel deserto. Ora ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le
desiderarono. Fratelli, non mormorate, come mormorarono alcuni di essi, e caddero vittime dello
sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento
nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.
(Prima messa del mattino)
E' passaggio senza troppe sfumature se assumiamo almeno il Vangelo e la Seconda Lettura: ciò che
ci é detto arriva a delle conclusioni molto chiare.
La Seconda Lettura fa una rilettura della storia dell'Antico Testamento e Paolo annota nella Lettera
ai Corinzi che sotto la nube, la nube che guidava il popolo, che era nella notte il segno del cammino,
che era nel giorno segno della presenza di Dio a proteggere il suo popolo, c'erano tutti. E ancora
tutti attraversarono il mare, ed é un'immagine del battesimo. Tutti cioè lasciarono la sponda
egiziana che é la sponda della schiavitù. Tutti passarono dall'altra parte che é la sponda della libertà
dei figli. Tutti mangiarono la manna, cibo che viene dal cielo, cibo che dona forza per il cammino,
cibo quindi che rende stabili nella fede. Tutti bevvero dalla roccia quando Mosè la fece sgorgare per
il popolo assetato. E Paolo dice che la roccia era Cristo, cioè era dono di Dio, era la grazia del
Signore, era sostegno perché questo popolo fosse un popolo vero, vivo, operante.
Ciò che é sconcertante è l'esito finale.
Tutti, tutti, tutti, tutti: questo é il soggetto della prima parte.
Ma la maggior parte di loro non piacque a Dio perciò furono abbattuti nel deserto.
Andiamo avanti, passiamo al Vangelo, poi recuperiamo.
A parte il fatto di cronaca a cui Gesù si riferisce: Pilato che ne ha combinato una delle sue
uccidendo della gente che stava partecipando evidentemente a un rito religioso, infine il crollo di
una torre con i morti che rimangono sotto, oggi potremmo citare gli aerei e gli incidenti stradali,
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allora la domanda é - quelli secondo noi sono più colpevoli di tutti gli altri? La risposta é no. E
Gesù dice: "Se non vi convertite, anche voi finirete cosi".
E quindi la parabola ha un senso molto chiaro. Se uno ha una pianta di frutti va a cercare il frutto
maturo quando è la sua stagione, non ha altro senso. Se non lo trova decide di impiegare meglio il
terreno sul quale questa pianta é posata e che succhia gli umori che servirebbero meglio ad altre
pian te, perciò la decisione sarà questa: molto più fruttuosità. È molto chiaro, tutti avete già capito.
Ne tiriamo solo una conseguenza o due conseguenti. Anche noi siamo tutti battezzati, ci sarà il 2%
non battezzato. Anche da noi, non ne sbagliamo nessuno, tutti fanno la Prima Comunione, con la
retorica del giorno più bello della mia vita, con le mamme trepidanti, le nonne che non stanno in sé
dalla commozione e via dicendo di sceneggiata. lo credo che siano sinceri tutti costoro, forse non
vanno più in là di questo. La cresima é già un po' meno intima. Non dura la coerenza dell'aver
ricevuto Cristo con una continuità, non dico di conversione del mondo, di andare a fare i missionari,
non so, ma semplicemente la continuità di pregare Dio, almeno ogni tanto di andare a rivivere il
giorno più bello della propria vita nella liturgia domenicale. C'é un improvviso raffreddamento, c'é
una fondamentale incoerenza.
Tutti, tutti, tutti …… qualcuno, c'é questo decadimento..
E poi, per chi ancora resiste, per chi ancora é coerente nella sua pratica religiosa, cammina
regolarmente, c'é ancora il rischio di chiedersi: "Sì, d'accordo, sono ancora qui certamente,
partecipo alla liturgia del giorno del Signore, ma i frutti quali sono?" I frutti nella seconda parte
della S. Messa che é fuori di chiesa. Quella liturgia che siamo invitati, é un ordine che ci viene dato,
ma non perché la Chiesa si preoccupi dei vostri fornelli che vi stanno aspettando, ma perché la
Chiesa dice: "Andate - andate a finire quella messa che abbiamo qui celebrato. Andate a vivere quel
messaggio in cui credete. Accoglietelo nei gesti, non quelli da inventare che sono difficili, ma nei
gesti che già esprimono la vita di ciascuno, lì completare, lì condurre a termine il dono che abbiamo
ricevuto da Cristo. Portare frutto. La conversione non é un sentimento, non é star male di dentro,
affliggersi, piangersi addosso. No. È una serena, forte decisione che diventa, oggi, oggetto concreto.
Non é un pianto sul passato convertirsi. Quello é un problema più da psicologi che da prete star
male sul passato nel senso di colpa, che é un riciclaggio delle acque sporche dentro di sé, che è stare
sempre su quella pietra e non muoversi più, che è il contrabbando di una sofferenza che
sembrerebbe purificarci e semplicemente ci blocca su quello che é stato ieri.
La conversione é un sereno e forte cammino nell'oggi, cioè nell’oggi quello che mi dispiace nella
mia coscienza davanti al Signore. Io oggi questo, proprio questo, non qualcosa d'altro, incomincio a
bucare, a cambiare. Io non sono così narcisista, cioè amante di me, da pretendere quando finalmente
ho capito dove devo cambiare; da pretendere che l'abbia bello capito per essere capace, l'itinerario é
sempre lungo, é sempre esigente disciplina. E' vero dappertutto.
Se avete qualche nipotina che fa danza classica prima di camminare in un certo modo, di fare alcuni
passi di danza in un certo modo, quale disciplina lunga deve fare.
Se avete qualcuno che suona pianoforte, prima di fare un pezzettino anche di quelli Semplici, senza
interruzioni, pulito, senza sbavature, quanta disciplina.
Cioè ci vuole l'apprendistato, una cosa che oggi, ad esempio, non é più tollerato. Io mi ricordo il
periodo della mia generazione che andavano a bottega. Chi non studiava, andava a bottega
velocemente. Oggi chiedono per prima cosa che cosa prendono e non ci stanno perché é troppo
poco. Per carità, é giusto, anche quella parte è importante, e come!
Ma la cosa grande é imparare, se poi sei il Michelangelo del bullone, dei pistoni se fai il meccanico,
o sei un Michelangelo delle porte, delle finestre, va beh, ti farai pagar bene domani.
L’ apprendistato - imparare le cose molto semplici.
Nella nostra fede noi siamo degli intellettualoidi o corriamo veloci per capire o così ci pare.
Secondo me capire non é comprendere che 2+2 fa 4, ma capire é starci dentro, non avere la testa
fuori.
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Allora, ecco, tutti nel battesimo, tatti a celebrare il Natale. Anche qui, celebrare il Natale é ricevere
Cristo, per S. Stefano Cristo non c’entra più.
Ecco, chiediamo al Signore una cosa molto seria: di avere la mentalità del vecchio garzone di
bottega che non credeva di essere un padreterno, che sapeva benissimo che era lì per imparare, che
prima di assumere degli incarichi più prestigiosi doveva fare dei servizi molto umili, come avvitare
dei bulloni e via di questo passo.
Però non vi sembri poco, perché Michelangelo, Leonardo, tutta questa gente, ha fatto il garzone di
bottega presso altri artisti. E prima di dare la prima pennellata, magari sull'ultima piuma di un
arcangelo, che sì e no uno ci bada su un quadro di qualche metro, Raffaello, Michelangelo ecc.
hanno pestato, perché allora i colori si facevano in bottega, le terre, le hanno diluite, hanno
preparato i barattoli al maestro.
Io non dico a me e a voi: "Oggi saremo un popolo di Dio sfolgorante perché so benissimo che
questa é una stupidità, é una ingenuità; però possiamo chiedere al Signore: "Dammi questa
mentalità della gavetta, la gavetta della fede, cominciare daccapo da certe cose nostre”. Hai la
durezza nel carattere, ma non dire: "Adesso sfonderò il mondo". Perché tanto non ci riesci e forse
non ne hai neanche la capacità. Incomincia a dire: "Sarò dolce. Se devo dire una cosa che devo
proprio dirla, non posso tacerla, la dirò bene". E' un esempio stupido, questo forse non cambierà il
mondo, ma incomincerà a farci stare sul quotidiano con una concretezza che i grandi principi non
avranno efficacia di fare.
Se ci avete badato, quanti terzomondisti sensibili, ma senza finzione ai problemi del terzo mondo, ai
poveri, sono dei principi in casa, dei signorotti serviti, altezzosi.
Io mi ricordo, quando era di moda il Biafra, che durante la messa dei bambini fece un po', di
scalpore perché dissi una battuta così: "A quella biafrana di tua madre che cosa devi fare?" Perché?
Perché ci sono dei bisogni subito che certamente non sono sconvolgenti come il Biafra, ma che
hanno questo pregio che ci riguardano subito, ci riguardano concretamente e sono utilissimi per
incominciare ad affinare anche verso gli altri.
(Messa per giovani e adulti)
La gente va da Gesù con le disgrazie del tempo. Oggi noi avremmo preso lo spunto dagli portelloni
dei boeing che si aprono sradicandosi, dagli aerei che cadono. Ecco, lo stesso c'era la cronaca di
quel tempo con le sue disgrazie e vanno da Gesù. Solo che Gesù, come al solito, non si assesta a
parlare del tempo se piove o non piove, va subito dritto e quindi sbatte addosso ai suoi interlocutori
di che pensare in profondità e dice; " Cari miei, portate in giro la Madonna delle Grazie, potremmo
dire in mantovano, e vi é andata bene, anche voi siete nell'elenco; non siete meglio di quelli là,
dovete capire che le opere di Gesù vogliono durezza.
Cosa fa? Cosa fa del terrorismo? Lavora,sulla poca tranquillità di tutti, anche quando ci sembra di
essere dei bravi figlioli.
Basta vedere il trucchetto che hanno i genitori e i preti con i ragazzi: "Giovanni, eh, eh,...allora?"
Un ragazzo ha sempre di che temere che qualche cosa debba avere ben combinato, poi alla fine non
é un momento facile. Anche Gesù va su questa strada? E direi proprio di no, la imposta meglio con
più serietà.
Allora prendo la rincorsa dalla Seconda Lettura per arrivare poi a quello che dice Gesù.
Nella Seconda Lettura S. Paolo fa un rilettura della storia dell'antico popolo d'Israele. E'
impressionante una progressione rovesciata, in negativo, di chi? Tutti i nostri padri furono sotto la
nube, era il segno della presenza di Dio che conduceva il suo popolo. tutti attraversarono il mare,
quindi passarono da quella sponda di schiavitù ad un'altra che é quel la della dignità di vita, della
terra promessa, di figli in casa propria, non schiavi in casa del padrone, é ben diverso. Tutti furono
battezzati nel mare, quindi morirono a quella logica che battezzare vuol dire immergere annegare;
quindi annegarono lasciando dietro di sé tutto ciò che era negativo, pesante, distruttivo. Tutti
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mangiarono il Cibo spirituale della manna, il pane disceso dal cielo, nutrimento di Dio per
sorreggere i passi nella lunghezza e nella fatica del cammino.
Tutti hanno bevuto dell'acqua spirituale perché la roccia che sgorga l'acqua nel deserto é segno di
Cristo, la vera acqua che disseta.
Bene, diremmo ottimo - Tutti - spettacolo favoloso - Dio questa volta ci è riuscito. No, non c'é
riuscito.
Per la maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto. E'
impressionante, é molto chiaro. Facciamo un saltino sull'oggi. Tutti abbiamo ricevuto il battesimo,
in Italia ce ne scappa sì e no il 2%-3%. Tutti abbiamo fatto la Prima Comunione. E sembrerebbe in
quel giorno che davvero fosse importante Gesù Cristo: le mamme trepidanti, le nonne che sono in
agitazione da un pezzo, i regali. O gente! ma io ho fatto un rapido calcolo perché i ragazzini sono
sinceri, te la dicono tutta, solo in liquido diventano in quel giorno milionari, non parliamo poi del
resto. Diremmo: se uno spende, se il denaro é una cosa seria, é importante.
Ebbene, basta che arriviamo alla cresima che già cade l'entusiasmo, é la festa degli addii' I genitori
dicono: "Tieni botta, resisti, lo so che Don Ulisse é un accidente. Stai attento se ci vai, non creiamo
discussioni; tu resisti fino al giorno della cresima, ti fai vedere una volta o due tanto per dare il
contentino a queste povere catechiste, molto frustrate nei loro esiti, ma sono figlie di Dio e pare che
anche Dio sia molto frustrato.
Dunque, andiamo avanti, pazienza questi addii, andiamo avanti. Noi, che teniamo botta, ancora
siamo qui, non siamo passati nella terra promessa, siamo una minoranza - la minoranza che si
salva? Dio mio, chissà poi se é vero! La domanda é qui. Perché essere nell'orto, come é scritto nella
parabola, avere l'agricoltore diretto che ci cura ed é Gesù Cristo ed é la fede ed é il fatto che noi
partecipiamo alle sacre funzioni, veniamo alla Santa Messa, facciamo la comunione, non é ancora
detto che é Portare frutto.
Cari fratelli, é questo che voglio dire: dobbiamo passare dalla convinzione di essere dei geni perché
capiamo, perché la testa tutto sommato funziona; poi c'é questo incontro, c'é la messa più tranquilla,
parabolette che anche un bambino capisce. Dobbiamo passare dal fatte che avere capito significhi
che siamo già cristiani. Questo é il nostro equivoco. Il fatto di stare sotto la nube non vuol dire che
siamo già di Dio. Il fatto che abbiamo la comunione facile non vuoi dire che siamo " in comunione
con Cristo ". Con il fatto che siamo d'accordo sostanzialmente con le parole del Vangelo non vuol
ancora dire che su queste scommettiamo un centesimo. Si dovrà passare dalla libertà del genio che
ha capito e quindi crede di essere già capace di farlo, alla mentalità dell'apprendista di bottega. Io
ricordo quand'ero ragazzo che finite le elementari si facevano in pochi le medie, non erano scuole
dell'obbligo, é si andava a garzone: chi dal meccanico, chi dal falegname ecc. Non é come oggi che
uno appena arriva, non é neanche capace di tenere in mano il martello, dice: "Quanto mi dai
all'ora?" Allora era chiaro questo: "Tu vieni qui e impari. Forse dovresti darmene un po' a me
perché perdo il tempo ad insegnarti. Ti darò un mestiere più ricco di conoscenze di tutte le scuole
professionali del mondo dove fanno i ragazzi teoria e quando devi piantare un chiodo rompi il legno
ed é da asportare tutto e da buttai via.
Ecco, noi abbiamo la mentalità, credo, di essere universitari solo perché andiamo a messa, solo
perché qualche volta leggiamo il Vangelo. (Sì, però se arriva un testimone di Geova, che é
ignorante altrettanto come noi sulla Bibbia, però é preparato su quattro versetti, noi nemmeno quei
versetti riusciamo più a disimbastire). Però abbiamo l'idea di essere universitari, premio Nobel non
so di che cosa. La mentalità di bottega. Io ho in mente che Michelangelo, Raffaello, cito dei nomi
piccoli per stare in tema! - secondo l'arte del tempo andavano a bottega dei grandi maestri, e prima
di farli dipingere l'unghia del piede del personaggio minore di quell'angolo in fondo al quadro,
pestavano ore e ore i Colori, giusto? No, noi no. Noi siamo niente però diamo dei colpi di pennello
da genio. Cosa vuol dire al di là della metafora e dell'immagine che é molto semplice. Vuoi dire,cari fratelli, che noi ci riempiamo la mente con delle cose verissime, stupende, incantevoli sulle
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quali certamente bisogna essere d'accordo, ma dobbiamo se mai pestare ancora il colore per un bel
po' di tempo, avvitare dei bulloni per un bel po' di tempo.
Lo ritraduco meglio, più concretamente. - Portare frutti - Dove? Su quelle cose in cui sei già dentro,
in cui siamo già dentro. Invece di terzomondisti facili di oggi, c'é gente che é disfatta, proprio
davvero si danna per delle cause giustissime, seguiteli in casa come trattano i figli, la moglie. Io non
discuto che sia tutto vero l'impegno, la verità delle cose per le quali credono, ma che cosa conta,
non voglio ridurre tutto a virtuosità interiori, fare qualcosa all'esterno se nella propria modalità di
stare al mondo non si cambia niente. Cosa vuol dire.
Ecco qua la quaresima come apprendistato, andare a bottega. Faccio un esempio, la quaresima é
dedicata alla carità, non ho neanche ancora messo fuori il bidoncino dei soldi perché sono in crisi.
Perché? Perché se io chiedo dei soldi, voi li tirate fuori, pensate: "Allora vuol dire che c'é carità".. E
no. Perché i soldi che mandiamo, l'anno scorso abbiamo fatto il pozzo in Senegal - stupendo,
perfetto - ma questo impegno che va bene là, al di là del mare, dove si vede qui? Questa pianta così
rigogliosa che dà frutti al di là del recinto, ma nel recinto che cosa produce? Nella continuità dei
rapporti dove si vede che é trasformata la nostra vita dalla carità che ci fa costruire il pozzo nel
Senegal? Dove si vede nel pianerottolo del condominio? Dove si vede nel modo stesso di stare
insieme nella liturgia, di condividere quei problemi che abbiamo nel quartiere, di stare attenti alle
necessità, ai poveri, alle situazioni difficili soprattutto? Dove si vede? Facciamo gli universitari il
più lontano possibile con delle belle idee sulle organizzazioni del mondo, sul capitalismo,
d'accordo, qualcosa andava smosso, però …. Mi fermo.
Caro Don Ulisse, caro padre che, sei un padre di famiglia, cara madre che sei una madre di famiglia,
noi qui queste cose dove le traduciamo subito, immediatamente? Probabilmente la nostra risposta é
incerta, questo é il problema.
Non le cassette riempite, ma un gesto subito. Non il quadro di Raffaello, anche se qualcuno volesse
tentare, nessuno di noi lo é, ma saper avvitare,un bullone in modo che sia sicuro ciò che é stato
fatto, piantare un chiodo che non spartisca a metà il listello perché era nel posto sbagliato, sulla
quotidianità, subito, oggi. Io non so se questo cambierebbe il mondo, ho l'impressione che
qualcosina però succederebbe.
Ho l'impressione che questo qualcosa che succederebbe sarebbe il frutto che Dio si aspetta, perché i
grandi uomini che hanno fatto grandi gesti, non li hanno improvvisati: erano grandi anche nel gesto
più piccolo.
Noi invece siamo un po' favolistici, abbiamo l’idea che verrà il principe azzurro della virtù e poiché
noi avremo espresso un desiderio, saremo già felici e contenti per tutto il resto della vita sommersi
di grandi virtù. E invece no, c'é da fare la gavetta. Chiediamo al Signore di fare i garzoni
di bottega e di smetterla di fare i geni.
IV DOMENICA DI QUARESIMA - LAETARE (ANNO C)
(IL DIO DALLE BRACCIA APERTE)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 15,1-3.11-32).
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi
mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
Allora egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. li più giovane disse al padre: Padre, dammi
la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio
più giovane, raccolte le sue cose, parti per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da
dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel
bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nel campi a
pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci ma nessuno gliene dava.
Allora rientrò In se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui
muoio di fame) Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;
non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno del tuoi garzoni. Parti e si incamminò
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verso suo padre. Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse Incontro, gli si gettò al
collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro dite; non sono più degno di
essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo,
mettetegli l'anello al dito e i calzari al piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo
festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono
a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò
un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: E tornato tuo fratello e il padre ha fatto
ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si indignò, e non voleva entrare. Il padre
allora usci a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mal trasgredito un
tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio
che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli rispose il
padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi perché
questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro di Giosuè (Gs 5,9.10-12).
In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «0ggi ho allontanato da voi l'infamia d'Egitto». Gli Israeliti si
accamparono a Galgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nella steppa di Gèrico, Il
giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della regione, azzimi e frumento abbrustolito in quello stesso
giorno. La manna cessò II giorno seguente come essi ebbero mangiato i prodotti della terra, e non ci fu più
manna per gli Israeliti; in quell'anno mangiarono frutti della terra di Canaan.
SECONDA LETTURA
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo al Corinzi (2Cor 5,17-21).
Fratelli, se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero
della riconciliazione. E stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non Imputando agli i uomini le
loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo
in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da
peccato In nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia dl Dio.
(Seconda, messa del mattino)
Chissà perché, ma ogni volta che viene proclamata questa parabola, cresce in tutti noi una forma di
attenzione e di coinvolgimento che altre pagine non riescono a suscitare.
Anch'io personalmente, ogni volta che la leggo, e sono ormai centinaia, scopro sempre cose nuove.
Perché succede questo? Perché noi tutti sentiamo dentro il bisogno di essere amati e di essere
accolti, qualsiasi cosa abbiamo fatto, comunque noi siamo. E avvertiamo the in questo racconto si
rivela un volto sicuro, si manifesta l'atteggiamento che davvero noi speriamo venga usato nei nostri
confronti.
Ma andiamo un po' con calma, rivedendo, rispetto alla grandezza di questo testo, alcune piccole
cose.
Al centro non stanno i figli, il centro di questa parabola é il padre. Noi la chiamiamo, chissà perché,
la parabola del figliol prodigo, privilegiando di immeritata centralità solo un lazzarone, un
opportunista, uno che nemmeno quando torna, é davvero cambiato. Torna solo perché ha fame. E
poiché non può presentarsi senza chiedere almeno scusa, si prepara un discorsetto. Non é niente di
buono costui! Questo è importante da sottolineare perché il ritorno di questo figlio non é il ritorno
di un vincitore, di una persona rispettatile e buona. Lo dico in modo più forte, é il ritorno di un
cretino..
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Sta qui la grandezza della parabola il padre ama il figlio non in quanto buono e némmeno può
amarlo in quanto pentito perché non é pentito.. E' solo un opportunista perché dopo essersi
mangiato fuori tutto, pensa " Casa mia é casa grande, c'é posto anche per me!" Ma non conta di
tornare per riannodare un rapporto, egli conta solo su se stesso e sui suoi bisogni.
Noi sappiamo quanta fatica di costa perdonare anche se ci é chiesto scusa! Ebbene Osserviamo il
comportamento del Padre. "Quando ancora era lontano, il padre lo vide e, commosso, gli corse
incontro, gli si gettò al collo e lo baciò". E' sorprendente! Il padre non sa perché suo figlio torni, ma
é commosso prima ancora di vederlo da Vicino. E' commosso perché da lungo tempo sta aspettando
che all'Orizzonte si profili la sua figura. È un padre che é in servizio permanente effettivo di ronda a
guardare se questo qui arriva. E' un padre che non vive più per se stesso, vive in attesa di colui che
si é allontanato. Vive in attesa di colui che in modo arrogante ha chiesto la sua parte, senza tener
conto di nessun legame, di nessun rispetto, di nessuna attenzione umana.
E' stupendo ed é veramente commovente: questa parabola ci parla di Dio che in Gesù rivela la sua
più grande passione: di amare chi é fuori strada.
Infatti all'inizio della narrazione é scritto che Gesù racconta la parabola proprio perché Lui non solo
stava con i pubblicani e i peccatori, ma con loro era spesso a mangiare insieme.
Anche presso di noi il mangiare spesso insieme, indica una grande comunione. Ma ancor di più
nella Palestina del tempo di Gesù, il condividere anche un boccone con un altro voleva dire che si
era molto intimi. Gesù mangia con questa gente e sta con loro. Ecco, Dio sta con tutti. Non ci tira
nella schiena, passatemi l'espressione, nemmeno quando noi la Schiena gliela voltiamo e irridiamo a
Lui.
E ancora ecco questo Dio, questo padre, che proprio là dove il figlio lo ha imbrogliato, proprio là, lo
reintegra a pieno titolo negli stessi diritti di prima.
E' il significato dell'anello e del rivestimento della bella tunica. Non gli regala "uno a erre" l'oro per
ricordare i momenti che contano. Su quell'anello c'era il sigillo della famiglia che si usava con la
ceralacca nelle transazioni. Tradotto in termini a noi più comprensibili vuol dire: "Dato che tu mi
hai mangiato fuori tutto, vieni, andiamo in banca e ti do la firma sul conto corrente di casa. Tu sei
un mascalzone e hai rubato, ma sei mio figlio, io non discuterò niente con te, il tuo solo posto é di
essere vicino a me e di condividere tutto quello che io sono e tutto quello che io ho. Io non ti tengo
in quarantena per vedere se ti comporterai bene. Non ho bisogno di verificare il tuo buon
comportamento per farti entrare pienamente e senza riserva in casa. No. Tu sei mio figlio e non c'é
più nessun altro discorso da fare. Eri perduto e ora sei qui, non sapevo dov'eri e adesso ti posso
abbracciare".
Io immagino che quando questo ragazzo avrà tentato di dire il discorsetto che si era preparato
quando era accanto alle ghiande dei porci e alle carrube, il padre non lo ascolti nemmeno, ma dia
subito ordine ai servi di preparare la grande festa. Perché? Ma perché non sono i discorsi che
contano. E' come se il padre dicesse: "Taci, ma sta' qui; perché se tu starai vicino a me, saprai cosa
vuol dire amore, incomincerai ad imparare da me cosa vuol dire perdonare. Incomincerai a capire
da me quanto sei prezioso, dopo esserti svenduto.
E tutte le tue care 'donnine" che ti hanno divorato il denaro, quando non ne hai più avuto, dove sono
sparite? Ti hanno mollato, questa é la vita. Tuo padre é qui. Impara da me, stando vicino a me, che
cosa vuol dire amare. Non farti dei discorsi, stai qui. Io ti sto abbracciando e non voglio nemmeno
sapere che cosa hai fatto, mi basta averti qui.
E infine l'ultimo personaggio, quello verso il quale, tutto sommato, dimostriamo simpatia, perché
siamo un po' d'accordo con lui. Ci rappresenta nella nostra mentalità di bravi figlioli che siamo
sempre in casa a tirare la carretta con grande senso del dovere. Ho l'impressione che costui sia un
po' taccagno e non molto sveglio, a dire il vero. Il primo é un po' sveglio e farabutto, questo qui non
é farabutto perché non ci arriva. E' di quelli che lavorano tanto e capiscono poco. Vedete l'ottusità di
questo secondo figlio: non é nemmeno capace di organizzarsi le feste con gli amici. E crede di
essersi guadagnato di più l'amore del padre perché sgobba, quando non é nemmeno capace di
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guardarlo in faccia, anzi non si accorge nemmeno che c'é suo padre, tanto ha da fare i suoi lavori e
tirare la carretta. Però si scandalizza e si sente offeso quando il fratello torna e c'é festa. E' quello
che dice uno scrittore moderno poco conosciuto svizzero che immagina i santi in Paradiso che si
scandalizzino perché quando arrivano i cosiddetti peccatori, il padre vuole loro così bene che li
perdona. E dicono: "Ma anche a loro? Ma non perdonerà anche a quelli li? - commentando tra di
loro il giudizio che il Signore fa.
Alla fine questo fratello maggiore siamo noi. Siamo attenti alle cose, alle fatiche, magari anche alle
virtù e quanto ci costa essere virtuosi, ma non siamo attenti al Padre. Siamo come quegli amici che
donano un regalo e sono preoccupati di farti capire che il regalo costa tanto, perché se tu non te ne
intendi e non ti accorgi che costa tanto, pare loro di non star bene. Questo é un atteggiamento scemo
e offensivo. Perché? Perché non pone attenzione alla persona a cui giunge il regalo, sta attento al
regalo, sta attento al proprio gesto, a se stesso, alla propria bella figura.
Pensate un po' quanto il Signore centra poco nella nostra fede. Io credo che ci siano in noi delle
forme atee di religione: Dio non centra, centriamo noi che non sopportiamo di non essere brava
gente, che non riusciamo ad essere sereni se non abbiamo il primato mondiale in qualche virtù. E il
giorno che siamo illusi di avere il primato, vuol dire elle abbiamo due fette di salame davanti agli
occhi.
Finché non arriveremo al Signore, a Dio, a Lui solo, non avremo ancora una fede vera. Finché non
ci accorgeremo che le bontà di Dio é la prima gioia per tutti noi, non sapremo che senza un fratello
la festa non può riuscire; non ci accorgeremo che senza l'ultimo, il più sgangherato dei fratelli, la
festa non é festa. È la centralità del Padre, il riferimento a Dio che ci manca, persino nella
dimensione religiosa.
Voglio citarvi un esempio macroscopico. Sapete che la litigiosità aumenta intorno a Natale? Poiché
siamo tutti impegnati ad essere buoni, perciò stesso scopriamo di più i nostri difetti, manchiamo di
controllo sulle dinamiche che muovono i nostri gesti essendo tutti sbilanciati verso l'esterno, verso il
bene da compiere. Quante discussioni si accendono nelle famiglie sul dove passare la vigilia di
Natale. Perché siamo altrettanti fratelli maggiori, che si lasciano prendere dall'impegno delle cose
da fare, delle cose buone e importanti e non ci accorgiamo più dei rapporti, delle persone. Ai fratelli
imponiamo la violenza del bene da fare a tutti i costi. E i più tremendi, in questa gara, sono coloro
che si richiamano ai grandi principi. Certamente, salviamo i principi, ma ricordiamo quel che
diceva, da buon padano tutta concretezza e con grande intelligenza, don Mazzolari: "I principi si
salvano da soli, salviamoci noi se siamo capaci".
Ecco, allora vedete, salviamo un po' meno i principi della fede, della virtù, della religione, della
patria. Salviamone un po' , ma soprattutto stiamo un po' più attenti ad incontrare con serenità e
fiducia Dio perché se non incontriamo Lui - nonostante crediamo il contrario -, noi non
incontreremo nemmeno i fratelli.
Il fratello maggiore, che non ha capito di stare accanto al Padre, non ha potuto capire chi era suo
fratello. Si é fermato ai gesti di suo fratello, si é fermato agli errori di suo fratello, ma non ha
provato gioia perché non ha incontrato la persona di suo fratello..
Chiediamo al Signore di farci gustare la gioia di incontrare il Padre e, in Lui, i fratelli.
(Messa vespertina)
Anche se ci ostiniamo a chiamarla parabola del "Figliol prodigo" accreditandogli un onore che
veramente non merita, il centro é il padre, la stupenda figura del padre.
Anzitutto vorrei parlare dei figli per capire quanto é grande il padre. Non vi sembri una battuta, ma
questa é una famiglia di deficienti, vedete quanto valgono i figli. Quello giovane é certamente un
gaglioffo; uno che non si prende le sue responsabilità, che nemmeno quando torna, torna veramente
pentito, ha solo fame. Egli si dice: "Cosa sto qui a tribolare lontano da casa, quando a casa anche il
servo meno importante ha a sua disposizione molto di più'?" Quindi torna per interesse. Non é
nemmeno vero nel discorsetto che prepara per il padre, sa tanto di artefatto, lui non c'é.
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Non é vero che torna, lui non va a casa, va a prendere. Tanto é vero che nel suo discorsetto incappa
in una affermazione molto gretta; spera di andare a casa di suo padre per fare il servo e lavorare
nella stalla. E' un'offesa irrispettosa dell'amore del padre. Un figlio quando torna, non torna Mai, se
non come figlio agli occhi del padre. Anche in questo é un superficiale.
L'altro figlio non é gran che. E' il classico frequentatore. di chiesa; di quelli che sono così
addormentati da non riuscire nemmeno a fare i peccati, (quello giovane perlomeno era sveglio), di
quelli che se il padre non gli organizza la festa, non sono capaci di organizzarsela per conto loro. E'
una famiglia disastrata.
Ma perché il Vangelo ci presenta un quadro così disastrato? perché ci mostra la distanza che corre
tra il padre e i figli. Tra Dio e noi.
E il padre che cosa fa? Il padre è stupendamente, una presenza a tutto tondo, chiarissima. Il padre
rimane nella sua verità e profondità anche:di fronte a questa bassezza dei figli. E' il padre che rivela
il nostro valore, é lui che ci dice chi siamo; senza di lui non lo sapremmo.
Vediamolo di fronte al primo - quello che si é mangiato tutto lontano e che nel momento della
solitudine, della fame, della miseria, rimpiange il benessere di casa sua e non suo padre. Ed é il
padre che lo rimette in gioco, perché lui torna con la mentalità piccola e vuota del figlio non
cresciuto, che nemmeno nell'abbracciare il padre ha sospettato la grandezza di chi l'aspettava. E il
padre non ha bisogno di aspettare che il figlio apra bocca, perché lo vede da lontano. La parabola
non dice che il figlio vide il padre (ancora una volta ha la vista corta), é il padre che vede il figlio.
Il padre doveva essere permanentemente di vedetta a scrutare l'orizzonte. Il padre lo vede ed é il
padre che corre incontro. al figlio, che gli si getta addosso, che lo bacia. Il figlio non ha ancora detto
niente, poi lo dice, purtroppo, ed é quella misera cosa che abbiamo considerato prima. Tanto é vero
che il padre non prende nemmeno in considerazione quanto ha detto. Non prende, per fortuna,sul
serio quella mostruosità di essere a casa a fare lo sguattero, e subito gli mette la veste più bella
addosso, l'anello al dito.
Cari fratelli, non è il regalo di S. Lucia questo anello al dito, sapete che cos'é? A questo figlio che
gli ha mangiato fuori tutto, gli dà l'anello coli il quale poteva ancora sigillare nella ceralacca i
documenti, é l'anello con il sigillo.
Traducendolo oggi, la prima operazione che il padre fa é questa: lo lava e lo pulisce. La seconda,
dice! "Andiamo in banca, ti ridò la firma".
Dio mio, altro che sguattero! "Laddove mi hai tradito, ti ridò tutta la, mia fiducia perché tu non puoi
essere niente di meno che mio figlio. Non perché te lo meriti, ma perché io non ti vedo in
nessun'altra maniera. E sarà bene che anche tu cominci a vedermi con gli occhi con i quali ti vedo io
(bisogna avere dignità) perché tu sei mio figlio. Guarda me, vedi come ti tratto ed impara ad avere
rispetto di me".
Che grandezza! Pensate, il padre raffigura il comportamento di Dio nei nostri confronti.
Andiamo avanti: l'altro fratello é un po' imbranato, l'abbiamo definito così. E' uno che non vede
niente, di quelli buoni a lavorare e basta, incapace di stare perfino con gli amici é di organizzarsi
una festa.
E' il classico moralista di chiesa, di quelli che non amano Dio perché preferiscono temerlo. Di quelli
che amano la propria Virtù, amano il proprio stakanovismo nell'essere "bravi". Di quelli, come forse
può capitare anche a noi, che rischiano di essere atei invece che religiosi, perché al centro il padre
non c'é; ci sono loro con la loro laboriosità instancabile, che non ama neanche le feste. Vede solo la
zappa alla quale è legato, non vede le persone che gli stanno attorno, non vede il padre. Di quelli
che non trasgrediscono mai i comandi per non perdere sicurezza, non perché amano la verità. Di
quelli che si perderebbero se dovessero cercare la loro strada nel confronto con gli altri, nella fatica
di una propria dignità personale. Ebbene, il padre deve uscire incontro anche a questo figlio. A uno
che sembrava sempre in casa, ma non era vero: in casa non c'era affatto. Non si era accorto che il
fratello era perduto; era "bravo'' lui, cosa gliene importa degli altri?
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È la stessa situazione che uno scrittore svizzero, poco conosciuto, ambienta in Paradiso quando i
santi si scandalizzano del giudizio di Dio e commentano meravigliati; "Ma come, ma non perdonerà
anche a quelli?"
Ecco, sempre bravi noi.
Dunque, che cosa ci dice questa stupenda parabola che forse vi ho raccontato in modo nuovo e
sorprendente, ma spero fedele al testo del Vangelo. Cosa dice? Questo, anzitutto: la grandezza, la
grandezza dolcissima del padre. E questo é vero sempre. Non c'é nessuna cosa che possiamo
combinare che sia così grande, dico così enorme, da superare il suo volerci bene. Non c'é nessuna
realtà più grande del suo amore paterno.
Cosa vuol dire questo; che siamo autorizzati ad approfittarne allegramente? No. L'amore non fa mai
lo sconto, anzi é esigente, e così é anche l'amore di Dio.
Ma la scoperta di Dio, il vero senso della fede, non é martirizzarci con i nostri sensi di colpa. Il vero
senso del1a fede non é star male sul passato. Il vero senso della fede e scoprire che Dio sempre
aspetta, aspetta proprio te.
Non aspetta puntando genericamente nel mucchio. No, no, aspetta te, aspetta me. E ,non aspetta le
mie giustificazioni, questo é infantile.
Infatti il figlio più giovane é infantile, tant'é vero che non si fa carico delle sue responsabilità
nemmeno quando torna.
Ve l'ho già detto, lui non torna, lui ha fame, lui ha freddo, lui é senza vestiti, ma non torna. Colui
che lo fa ritornare é solo il padre perché lo prende e se lo mette in casa e gli dice: "Stai davanti a me
adesso, e recupera quello che sei tu guardando me e rispondendo a me".
Cari fratelli, la nostra fede risponde a Dio? Io ho l'impressione che noi rispondiamo ancora a noi
stessi, ai nostri bisogni, alle nostre paure;- ci ricicliamo, Siamo a circuito chiuso. La vera capacità di
convertirci, dato che siamo in quaresima, questo é il tema, non é l'elenco delle cose da fare, esso
conduce a quel classico esempio di stupidità moralistica che é rappresentata dal fratello maggiore.
La vera conversione parte dalla scoperta dell'amore di Dio, non dalle idee, dai sentimenti, dalle
emozioni, dai propositi. Ed é veramente tremendo constatare quanto Dio non ci sia proprio nelle
nostre chiese.
Non possiamo essere credenti se non permettiamo a Dio di essere al centro della nostra vita. I nostri
brodini e i nostri pentolini, non sono sempre coerenti con il Vangelo e al servizio del Vangelo. Solo
quando ricompare con chiarezza e con forza Dio, solo quando a Lui rispondiamo, a Lui torniamo,
con Lui ci ritroviamo, allora ricompaiono i fratelli. Altrimenti siamo come il fratello maggiore a cui
non gli importa del fratello che é tornato e siamo anche come il fratello minore a cui non importa
di scialacquare i beni di casa e di andar via senza avere rispetto per nessuno..
Quando finalmente i due terranno conto del padre incomincerà un dialogo fra di loro, ma la
parabola non ce lo dice. Non ci dice se il fratello é tornato in casa, se ha accettato di fare la festa;
non ci dice se quello giovane si è preso le sue responsabilità. Ma solo cercando questo rapporto con
il padre, sarà possibile che i fratelli fra di loro comunichino.
Noi non possiamo essere, nel tempo, segno e strumento della misericordia di Dio se guardiamo gli
esiti dei rapporti fra di noi. La capacità di accoglierci senza nessun alibi ci sarà solo se Dio
comincerà ad essere presente, interlocutore vivo della nostra esperienza religiosa. Si perché ci può
essere una religione senza Dio e vado convincendomene sempre più. La religione può divenire un
gioco di riti, in cui si cade come nel vizio delle carte. In questo bisognerebbe rivalutare un po' le
grandi critiche alla religione di Marx e di Freud. Non hanno detto delle stupidaggini; hanno capito
poco della religione, devo dire il vero, ma hanno capito abbastanza di come i cristiani si servono
della religione.
Chiediamoci, dunque, ma chiediamocelo nelle nostre case, nei discorsi che facciamo, nella
mentalità che abbiamo assunto, nelle convinzioni morali che portiamo avanti: c'é questa figura del
padre o ci siamo sempre e solo noi, sbandati e superficiali come il figlio minore, oppure ottusi e
perbenisti come il figlio maggiore?
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Chiediamolo per non perdere la speranza. Ma ricordiamo che la speranza c'è, per tutti, solo nella
presenza di questa nobile, stupenda, grandissimamente nobile figura del Padre.
V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)
(IL CRISTIANO SI PROTENDE IN AVANTI)
Dal vangelo secondo Giovanni (8,1-11).
Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava
da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna
sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante
adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».
Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a
scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è
senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito
ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo.
Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno,
Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più»
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaia (Is 43,16-21).
Così dice il Signore, che offrì une strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire
carri e cavalli, esercito ed eroi Insieme; essi giacciono morti: mai più al rialzeranno; si spensero come un
lucignolo, sono estinti: «Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! ECCO, faccio
una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò
fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al
deserto, fiumi alla steppa, per dissetare li mio popolo, iI mio eletto. li popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (Fil 3,8-14).
Fratelli, tutto io reputo una perdita di fronte alle sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per
quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di
essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante delle legge, ma con quella che deriva dalla fede In
Cristo, cioè, con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede.,perché io possa conoscere lui, la potenza
della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza
di giungere alla risurrezione dai morti.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla,
perché anch'io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So
soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la
mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.
(Messa dei bambini)
Allora - questo,é un Vangelo facile. Mica tanto? Se non é facile é perché o parlavi o dormicchiavi!
"No".
Quali sono i personaggi? "Gesù e la donna" - Gesù e la donna che ha commesso l'adulterio. Non ce
n’é più nessun altro? "Gli uomini" - Come si chiamano quegli uomini? "Gli scribi e i farisei". - Gli
scribi e i farisei sono gente che conosciamo già, già sentiti, già incontrati in altri Vangeli? "Si"
Che testa hanno gli scribi e i farisei? Vuol dire come la pensano, come vedono i poveri, le persone.
Nessuno sa niente? Secondo me sono molto "pesi"' dicendolo con il linguaggio vostro "rompono".
Perché, Perché hanno la mania di essere bravi (é meglio trovare qualcuno che é poco bravo,
secondo me, che qualcuno che abbia la mania di essere bravo perché é asfissiante). Gesù per fortuna
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non ha quella mania li. No no, non, ha quella mania di essere bravo. Perché? Perché Gesù é venuto
a rappresentare Dio, a farci capire Dio e Dio ha un'altra mania. Ne ha una anche Lui, ha un debole.
Qual é il debole di Dio che Gesù rivela? Qual é? Questa é una domanda molto difficile. Dio mio, mi
ha risposto! "Ha la mania di perdonare a tutti i loro peccati". Ti meriti non so che cosa. E' vero. Non
ha la mania di essere perfetto, ma questa si ce l'ha. Ha un debole appena ci vede traballanti,
incerottati da tutte le botte che prendiamo facendo i "balossi". C'é in italiano "balosso"? - "No" Ma siete birichini!
E' bella questa notizia? Si degna di fare un piccolo cenno con il capo come dire: "Ma sì...! Io, ed é
questo che é sconvolgente, se mettessi al totocalcio e vincessi, sai, in quelle giornate quando sbaglia
il risultato quella squadra che stravolge tutte le regole più normali delle squadre e allora salta fuori
che c'é una vincita di qualche miliardo, io immagino che una notizia cosa vi sorprenderebbe di più
che di fronte al fatto che Dio dice: "Io ti voglio bene sempre. Me ne hai fatto di tutti i colori e più tu
me ne fai e più ti voglio bene". E noi: "Ma si..., ma sì". E' meno importante credere che il Signore ci
vuole bene che sapere che sabato é festa, c'é un giorno più di vacanza.
Vedete come siamo fatti?
Seconda notizia - Quando Gesù ha perdonato a questa donna che cosa le ha detto? Ho avuto due
risposte: "Va senza peccare più" - dall'amico qui di destra. E lui che ha detto: "Non ti condanno".
Perfetto.
Non ti condanno" l'abbiamo capito, é la prima notizia.
La seconda notizia é questa: che noi quando sentiamo la notizia bella che il Signore ci perdona
sempre, mentalmente facciamo un'operazione molto stupida, diciamo: "Che bello! Dio perdona
sempre" - e traduciamo così - "dunque sono autorizzato ad insistere" - giusto?
Ecco, questa, é una cosa sbagliata perché Gesù dice: "Io non ti condanno, ma....Tra l'altro ha fatto lo
scherzetto ai "pesi" di prima. Io non so, sono curioso, il Vangelo non dice che cosa Gesù ha scritto
in terra. Ma! C'é qualcuno che dice che ha cominciato a fare l'elenco di quello che facevano loro.
Non credo che sia vero, però mi piace questa idea. Ha messo il loro nasino nelle loro cosette, come
il gatto; e come il gatto hanno tagliato l'angolo. Perché? Perché il perdono di Gesù non é il perdono
di uno che é un po' sclerotico e che si dimentica. Attenti! Lui non si dimentica per niente.
Vuol dire che ha fiducia in noi. Vuol dire che non ti inchioda al tuo errore.
Ci avete badato come siamo tra di noi vendicativi? Uno ci fa qualcosa, noi magari pretendiamo
anche che ci chieda scusa, questo l'abbiamo imparato, però quello lì con noi ha chiuso, vero? Altro
esempio sciocco - mettetevi a giocare. Se uno ci fa un brutto scherzo, con lui non giochiamo più. Se
uno é un "brocco" nel giocare al pallone, non gli passiamo neanche un pallone neanche se scoppia
lì.
Gesù, Dio, il padre di Gesù, invece dice: "Ti passo tutti i palloni anche se li sbagli perché spero che
uno lo indovinerai". Vi ricordate domenica scorsa la parabola del Vangelo? Mamma cara! Che
parabola c'era domenica scorsa? "Quella del figliol prodigo". Sì, la chiamiamo sempre quella del
figliol prodigo, ma non ne vale la pena perché era uno stupidotto. Era quella del "padre buono" che
é un'altra cosa, il principale é il padre.
Vi ricordate il padre che cosa fa? Voleva dire: dove sbagliamo il Signore ci dà nella schiena?
Quando gli dà l'anello, l'anello era quello con il quale si sigillavano i contratti con la ceralacca.
Lo traduco per oggi. Non avete mai visto il papà con il libretto degli assegni? Ecco, lì se non hai la
firma giusta, tu puoi scrivere la cifra che vuoi, ma la banca non ti dà niente, ammesso che là i soldi
ci siano, giusto? Bene, il padre dice: "Tu mi hai imbrogliato, mi hai mangiato fuori tutti i soldi in un
modo stupidissimo e cattivissimo, vieni qua. La prima cosa che facciamo é: questo é il libretto degli
assegni, andiamo in banca, ti rido la firma, così che tu hai tutto come prima". Quindi la finale della
nostra riflessione é questa. Quando il Signore ci perdona non dice: "E' lo stesso". NO, no., Dice: "Io
ti voglio così bene che adesso voglio vedere quanto me ne vuoi tu". Vero? E invece, e qui dobbiamo
un po' convertirci, cambiare vita, noi diciamo: "Ma il Signore é buono!" e ci freghiamo le mani.. E
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diciamo: "Ma, insomma, possiamo andare avanti!!' - NO. Incontrare Gesù, essere perdonati da Lui
ci chiede di non offenderlo più, giusto?
Provate a pensare quando qualcuno ci offende, noi lo perdoniamo. Che fatica! Ma se quello ci
offende ancora……. Qui ho visto delle facce che dicono: "Ma quello é finito poi davvero". Ci sono
delle facce che fanno: "Aah, aah!" Ecco, la nostra risposta é quella lì, il Signore non ci indica
niente, non abbiamo voglia di ascoltarlo.
Allora - ho finito, meno male! (sfumato sottovoce)
SETTIMANA SANTA
DOMENICA DELLE PALME (ANNO C)
(DOMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE)
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Luca (Lc 22,14-23,56)
- Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione
Quando venne l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare
questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si
compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi,
perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».
- Fate questo in memoria di me
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi;
fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la
nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
- Guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito!
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell'uomo se ne va, secondo
quanto è stabilito, ma guai a quell'uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciarono a
domandarsi l'un l'altro chi di loro avrebbe fatto questo.
- Io sto in mezzo a voi come colui che serve
E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. Egli disse: «I re delle
nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. Voi però non fate così;
ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più
grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come
colui che serve.
Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi un regno, come il Padre
mio l'ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a
giudicare le dodici tribù d'Israele.
- Tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli
Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua
fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». E Pietro gli disse: «Signore, con te
sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non
canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi»
- Deve compiersi in me questa parola della Scrittura
Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?».
Risposero: «Nulla». Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non
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ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della
Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». Ed
essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».
- Entrato nella lotta, pregava più intensamente
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro:
«Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e
pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua
volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più
intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Poi, rialzatosi dalla
preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: «Perché dormite?
Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
- Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?
Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li
precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio
dell'uomo?». Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore,
dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio
destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l'orecchio, lo guarì.
Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e
anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. Ogni giorno ero con voi nel tempio e non
avete mai messo le mani su di me; ma questa è l'ora vostra e il potere delle tenebre».
- Uscito fuori, Pietro, pianse amaramente
Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva
da lontano. Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in
mezzo a loro. Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche
questi era con lui». Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». Poco dopo un altro lo vide e disse:
«Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». Passata circa un'ora, un altro
insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che
dici». E in quell'istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su
Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi
rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
- Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?
E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, gli bendavano gli occhi e
gli dicevano: «Fa' il profeta! Chi è che ti ha colpito?». E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.
Gesù davanti al tribunale ebraico
- Lo condussero davanti al loro Sinedrio
Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo
condussero davanti al loro sinedrio e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve
lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non mi risponderete. Ma d'ora in poi il Figlio dell'uomo siederà alla
destra della potenza di Dio». Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro:
«Voi stessi dite che io lo sono». E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza?
L'abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».
- Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna
Tutta l'assemblea si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che
metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re».
Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». Pilato disse ai capi dei
sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest'uomo alcun motivo di condanna». Ma essi insistevano dicendo:
«Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui».
Udito ciò, Pilato domandò se quell'uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l'autorità di Erode, lo rinviò a
Erode, che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.
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- Erode con i suoi soldati insulta Gesù
Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito
parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli
non gli rispose nulla. Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell'accusarlo. Allora
anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo
rimandò a Pilato. In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata
inimicizia.
- Pilato abbandona Gesù alla loro volontà
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest'uomo come
agitatore del popolo. Ecco, io l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest'uomo nessuna delle
colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la
morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di
mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in
città, e per omicidio.
Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo!
Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui
nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce,
chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse
eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi
richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
- Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero
addosso la croce, da portare dietro a Gesù.
Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di
lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su
voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: «Beate le sterili, i grembi che non hanno
generato e i seni che non hanno allattato». Allora cominceranno a dire ai monti: «Cadete su di noi!»,e alle
colline: «Copriteci!». Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». Insieme con lui
venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.
- Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra.
Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le
tirarono a sorte.
- Costui è il re dei Giudei
Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il
Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano:
«Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
- Oggi con me sarai nel paradiso
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece
lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi,
giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto
nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti
dico: oggi con me sarai nel paradiso».
- Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era
eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. 46Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre,nelle tue mani
consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
(qui si genuflette e si fa una breve pausa)
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Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest'uomo era giusto».
Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne
tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea,
stavano da lontano a guardare tutto questo.
- Giuseppe pone il corpo di Gesù in un sepolcro scavato nella roccia
Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla
decisione e all'operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si
presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un
sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. Era il giorno della Parasceve e già
splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse
osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e
oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.
(Prima messa del mattino)
La passione del Signore non sopporta nessun commento e non lo farò; Volevo solo ricordare a me e
a voi l!importanza di ripercorrere l'amore di Gesù per ciascuno di noi. Più che tante letture, libri,
teorie é efficace seguire Gesù sulla via della croce. E nella settimana santa questo ci é dato con
una profondità di celebrazioni che nessun altro tempo produce. Basterebbe che noi ci facessimo
guidare dalle celebrazioni di questi giorni. Ecco, allora, prendere luce che cosa significhi stare, per
quel tempo che possiamo, in adorazione da vanti a Gesù. Significa davvero accogliere il suo amore
che si fa presenza. Significa andare davanti a Lui per chiedere perdono dei nostri peccati, delle
nostre dimenticanze. Significa andare davanti a Lui per imparare che cosa vuol dire amare e
perdonare.
E infine nel triduo sacro - dal giovedì che ricorda per noi il nostro stare insieme. Noi non stiamo
insieme perché siamo la parte più buona dell'umanità, non é vero. Noi stiamo insieme perché
accettiamo, pur da piccoli, poveri e incoerenti,che il Signore continui .a volerci bene. Noi crediamo
al miracolo di questo amore.
Il Venerdì. Santo - il giorno della Passione - in cui Cristo vive l'abbandono, come non ricordare
tutte le storie che ogni persona, ogni famiglia, porta dentro di sé, di difficoltà, di sofferenza, di
solitudine?
E una giornata che io credo dovremmo rivalutare é il Sabato Santo. Il giorno più tremendo non é il
venerdì: il venerdì Gesù é in azione, Gesù lo vediamo amarci. Il sabato é solo il silenzio del
sepolcro, lunghissimo. E dovremmo rivivere nella sepoltura del Signore i nostri momenti nei quali
la speranza non ci sorregge. Non é sempre, necessariamente, mancanza di fede.
Cari fratelli, io ho timore che il nostro trattare di Dio e con Dio, ce lo faccia diventare scontato. Dio
non é scontato, c'é e fa parte del cammino della fede il silenzio, Dio che tace, Dio che non risponde,
Dio che scompare. E allora in quel giorno ricordiamo le nostre difficoltà a credere e a fidarci di Lui.
In quel giorno ricordiamo coloro che non lo sentono più, che l'hanno perso; coloro che hanno
smesso di cercarlo; coloro che continuano a svenderlo e a tradirlo. Ecco allora che si fa strada in
tutta questa gamma profondissima di questa settimana. Arriveremo alla Pasqua non più con dei riti,
ma con la profonda esperienza di avere incontrato Dio in questi giorni. di grandezza.
(Messa per giovani e adulti)
Questa lettura della Passione non sopporta nessun commento, certamente. Mi permetto di sottoporre
alla nostra comunità un riferimento.
Noi entriamo, ho detto all'inizio, nella settimana che chiamiamo "Santa". Che cosa facciamo in
questa settimana. Che cosa succede.
Gesù é presente non commemorandolo lontano, distante.. E' presente qui per me e per voi, per tutti,
anche per quelli che non vengono qui.
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Allora, ecco, l'interrogativo: il rapporto tra lo strano contrasto di folle e di pubblico che Gesù ha
quando entra a Gerusalemme e la solitudine della croce. Lo si può lasciare solo Cristo andando in
chiesa, lo si può lasciare solo non andandoci, dipende dai conti che facciamo con Lui: se é una frase
che ci chiama o se é una presenza.
Ecco, allora, cari fratelli, il grande triduo pasquale.
Giovedì - abbiamo la mensa del Signore preparata per tutti noi che abbiamo fame.
E Venerdì - questa sofferenza solitaria per tutti noi che abbiamo tanta sofferenza. Ogni famiglia ha
le sue sofferenze, anche dove la facciata sembra bella, al di là di essa c'é dolore. Sabato Santo - che
é il giorno più terribile della settimana santa. Perché? E' meno terribile il venerdì perché al venerdì
Cristo, pur morendo, è con noi. Il sabato è un giorno senza nemmeno liturgia perché è il giorno del
sepolcro. E il sepolcro tace, non avviene niente, c’è la fissità di un tempo che si é fermato.
Cari fratelli, dobbiamo saperci dire che Dio tace, talora. Noi l'abbiamo un po' troppo, mi permettete
a "gogò", l'abbiamo troppo si casa, crediamo troppo che abiti nelle nostre chiese, nelle nostre
cerimonie. Dio rimane più grande delle chiese e delle cerimonie che lo cercano e lo celebrano.
E Dio talora tace, Dio talora non si fa trovare, non si fa sentire. Siamo troppo frettolosi di arrivare
alla risurrezione, lo diamo scontato che c'è.
Pensate e pensiamoci per trovare nei giorni in cui niente ci risponde, e capita; nei giorni in cui
giooni ci pare ci sia qualcosa che ci dà fiato, motivo per riprendere. Ecco, ricordiamoci che Dio c'è,
ma Dio può tacere. Dio c'è, ma può non rispondere. E allora anche questo sarà un momento, quello
del silenzio di Dio, da portare dentro la fede: non è solo il vuoto, può essere dentro. Questo è bene
che ce lo diciamo per poter raccogliere da Lui la speranza in quel punto, la speranza in quel
momento perché noi nel silenzio di Dio aspettiamo sempre e ancora il suo aiuto.
“PROPOSTA PER IL MOMENTO DI ADORAZIONE DURANTE LE “QUARANTORE”
Adorare dio in spirito e verità
Cosa vuol dire venire qui ad adorare il Signore. Cosa vuol dire farlo in questa settimana che é quella
che ricorda la Passione di Gesù.
Vuol dire riconoscere che Gesù, presente in mezzo a noi, é il centro, é il motore, la forza della
nostra fede. Vuol dire riconoscere che Lui non ci ha amato una volta lontana nel tempo. Vuol dire
riconoscere che si é consegnato a noi, ha voluto rimanere nelle nostre mani, ha voluto abitare in
mezzo alle nostre case. Ha voluto essere, cioè, per noi che siamo dei pellegrini nel tempo, il pane di
comunione.
E la prima cosa da fare per compiere l'Eucarestia non é l'adorazione, la prima é mangiare Lui per
vivere in Lui. L'adorazione serve proprio perché spesso noi mangiamo del Corpo di Gesù in modo
superficiale, poco consapevole, poco rispettoso della grandezza del suo nome. Fermarci qui ad
adorarlo ci aiuta a recuperare il senso della sua presenza, che é una presenza dinamica, cioè che
porta, che spinge, che addita ad un cammino desiderandolo. L'adorazione é riconoscere il valore del
cibo che ci é dato. E' un po' una battuta che vuol essere lì a intronizzare. Non stiamo davanti a un
frigorifero che contiene bene Gesù così che non vada a male, mi capite? Non va messo in freezer il
Signore. il Signore, lo sanno bene i miei giovani amici qui, é fresco di giornata, non è congelato.
Quindi, vedete, l'adorazione non congela, ma riconosce che Lui é certamente il Signore, più grande
di tutti noi, anche se é per noi.
Una seconda piccola riflessione che dovrebbe aiutarci é questa.. E' qui per noi perché impariamo a
trattarci tra di noi come gente che ha un unico padre. Quindi é qui in mezzo a noi per farci stare
insieme nel suo nome. E allora voi vedete che se é sempre valido il suo nome, incominciano ad
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essere meno importanti i nostri difetti, le nostre vedute, le simpatie e le antipatie che contribuiscono
a separare. Perché? Perché é l'unico vero Signore colui che ci fa stare insieme
TEMPO DI PASQUA
DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE (ANNO C)
(FRATELLI CRISTO È RISORTO)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 20,1-9)
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e
vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo,
quello che Gesù amava, e disse foro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno
potato». Usci allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano Insieme
tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le
bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel Sepolcro e vide
le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un
luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli doveva risuscitare dai morti.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 10,34.37-43).
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea,
incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito
Santo e potenza Gesù di Nazareth, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il
potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella
regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al
terzo giorno e volle che apparisse, non a'tutto ii popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo
mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dal morti. E ci ha ordinato di annunziare ai popolo e di
attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio. Tutti i profeti gli rendono questa
testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési (Col 3,1-4).
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio;
pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con
Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella
gloria.
(Seconda messa del mattino)
Un breve, breve pensiero su questa grande festa della nostra fede che é "La FESTA".
C'é un Vangelo un po' strano. Sembra l'apertura delle Olimpiadi, ci avete badato? Qui vanno come
il treno! Arriva prima uno, dopo l'altro ecc.. Cosa vuoi dire. Vuol dire che Giovanni é più giovane
di Pietro e quindi arriva prima? Non lo so, può darsi. Ma quello che é importante é proprio questo:
che Giovanni rappresenta l'amore, Pietro rappresenta tutto l'apparato, lo dico in termini cristiani, il
ministero, le cose da fare nella Chiesa.
Se ci badate, il primo che arriva, ma non solo fisicamente, al sepolcro, é il primo che arriva a capire
che cosa é successo "...e vide e credette". Perché anche Pietro ha visto, ma non ha subito capito,
quindi non ha subito creduto.
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E allora il primo che arriva è l'Amore; la fede cristiana é un incontro. E come sempre, qui tutti credo
abbiamo fatto almeno un'esperienza in vita, anche più di una - chi ama arriva a capire. Magari non
riesce a spiegarsi bene, un conto é spiegarsi.
Ci sono quelli che hanno la capacità di spiegarsi bene, ma non é detto che abbiano capito di più. Ci
sono di quelli che capiscono di più, ma non si spiegano bene..
Ecco qua, la FEDE é proprio questo: arrivare a capire, a entrare in contatto, a sentire che cosa é
davvero successo per ché lo si sente profondamente di dentro.
Un esempio é questo. Quante volte le mamme dicono: "Ma, io non sono tranquilla", Tutti: "Ma tu
sei esagerata! Sei,sempre quella!" Magari era proprio quella che aveva ragione.
Mi ricordo che una volta mia mamma mi ha telefonato: "Ma nani, come stai? - ero in seminario:
"Sto bene". Non era vero, aveva ragione lei. Aveva sentito, ha telefonato: "Non stai bene". Cosa
vuol dire questo, non sono stregonerie.
E' che la strada della verità non é principalmente la testa. La testa serve molto, mai disprezzarla, ce
l'ha data il Signore. Ma se vogliamo la profondità, la testa é insufficiente. La testa, se volete, dà
chiarezza, ma la profondità nasce da un'altra parte.
Noi nella nostra fede, specialmente oggi, abbiamo tante domande, tanti dubbi, Quando ho tempo,
volentieri parlo con i miei fratelli sui loro dubbi. Però mi accorgo di questo: che una persona, anche
molto intelligente, non arriva a capire niente se non ha di dentro una tensione, un interesse, un amo
re. E c'é a volte il cristiano che é praticante, ma é freddo, E' praticante più per timore di sgarrare che
non per adesione vera, profonda,
Ecco, Pietro doveva fare ancora tanta strada per amare il Signore: lo aveva appena tradito. Pietro é
bravissimo, é un po' un tipo spontaneo, quindi parte in tromba, poi le sbaglia tutte. Ma Pietro é
molto sincero, lo ammette, e ci metterà tutta una vita per arrivare davvero ad amare il Signore, E
proprio quando il Signore ha detto: "Ecco, é cotto al punto giusto"- gli ha dato il dono della fede:
raggiungerlo attraverso il martirio. Ma prima lo ha purificato cosicché diventasse un vero discepolo
perché innamorato di Gesù.
L'altro, Giovanni che per esempio come temperamento era molto più duro di Pietro, scrive il
Vangelo "così tutto amore". E' uno che non sgarra dietro al Signore; é l'unico, ricordate? che rimane
sotto la croce: c’è Maria sua madre e lui. Doveva essere un elemento di una forza! Ebbene non
arriva al Signore perché ha un carattere forte, arriva al Signore con una velocità, perché é
innamorato di Lui e capisce che cosa é successo. Vedete, cari fratelli, era questo il messaggio di
Pasqua, lo dicevamo all'inizio dell'atto penitenziale.
Quante volte noi abbiamo voluto che Gesù fosse presente, ma a comando, quando c'era da batter
cassa, troppo vivo lì tra i piedi ci piaceva poco. Sono come i parenti, «li vediamo volentieri
nell'attesa però che tornino a casa loro. Ma é affetto vero, non é che non sia affetto vero. E' che
ciascuno di noi ha le sue "robe' da fare e alla fine é importante non avere sempre qualcuno attorno.
Ma é affetto, non sto dicendo che non lo é, é vero.
Gesù, io credo, lo amiamo, per noi é importante, ma non é uno di casa, ecco quello che volevo dire;
é un parente, ma non uno di casa.
Aver fede é proprio questo: non chiamare i parenti per le grandi feste e verso sera guardare
l'orologio tre volte: "Ma questi qui non vanno mai via" - vero? Ho l'impressione che volentieri sì li
vediamo, ma che non si sbaglino di piazzarsi in casa nostra.
Invece la fede é proprio questo: é Gesù che coabita con me, é mio marito, é mia moglie, é mio
fratello, é lì.
La vera fede, allora, é proprio non averlo presente solo nei posti che sono esplicitamente suoi, in
chiesa, fuori siamo a posto, stiamo bene: No, no. Un figlio, qui le mamme presenti capiscono
meglio di quanto non capisca io mentre lo dico, può essere anche soldato, può essere chissà dove,
ma se siamo mamme, se siamo papà, ce lo scorrazziamo sempre con noi: facendo i mestieri,
andando a fare la spesa, andando in chiesa, telefonando - é li perché dove te lo porti ce l'hai dentro.
Ecco qua la grande scoperta che la Pasqua ci dà: noi siamo davvero cristiani quando Gesù l'abbiamo
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nel cuore e quindi ci riferiamo a Lui, lo pensiamo in continuazione. Se siamo meno di questo vuol
dire che siamo ancora come Pietro dei principianti. Pietro dopo é arrivato, quindi'c'é speranza
per tutti. Però é questo il grande fatto: averlo dentro, vivo, un nostro contemporaneo. E allora, voi
mi capite, che se questo incomincia ad essere vero, Gesù comincerà anche ad entrare nel modo con
cui faccio gli affari, perché se io ci penso mentre sto facendo un contratto, io vedo in un modo di
verso tutto quello che sto facendo. Se sto dicendo delle falsità, se sto magari dicendo delle verità,
ma sparlo contro gli altri nella schiena, se ho Gesù nel cuore dico: "No".
Ho fatto degli esempi semplici, però mi pare che ci siamo capiti, é questo: Gesù vivo.
La fede non é sapere tutto, é sapere una cosa sola: che Lui é vivo oggi, é vivo dentro di me, é vivo
qui.
E allora, cari fratelli, cari amici nel signore, adesso vi faccio gli auguri che vogliono dire questo:
non imbalsamate Gesù, non mettetelo nel freezer, tanto é fresco, no, é congelato, non é fresco.
Giusto?
Un Gesù vivo che abita con noi nella nostra vita, questo é lo stupendo messaggio di oggi. E farci gli
auguri é dirci questo: che Gesù sia vivo dentro il tuo cuore. Allora vedrete, ma lo sapete già perché
é una vita che queste cose le credete e le tentate, come può coesisterà magari la fatica e la serenità;
la malattia e la serenità, grattacapi in famiglia e preoccupazioni e ugualmente la serenità.
E quindi ci facciamo gli auguri proprio perché ci diciamo la cosa più bella: che il Signore sia vivo
nel tuo cuore sempre.
allora "Buona Pasqua".
(Messa vespertina)
È' un po' strano questo racconto evangelico perché, con tutto quello che un Vangelo può raccontare,
si ferma a scrivere due che corrono e a dirci chi dei due arrivò prima. E a dirci che il primo che
arrivò non entrò, entrò prima l'altro.
Mi capite che dovremmo essere un po' sospettosi di questa minuziosità narrativa. Certamente non
ha voluto fare la cronaca, ha voluto dirci qualcosa d'altro. Tentiamo di decifrarlo.
Chi va più forte é probabilmente quello più giovane e quindi non ci sarebbe di che meravigliarsi: é
Giovanni, l'autore di questo brano evangelico che abbiamo appena letto. Ma che cosa significa?
Se ci badate ci sono Giovanni e Pietro. Pietro é in qualche modo l'istituzione, l'incaricato di reggere
i pilastri della Chiesa che il Signore stava fondando. Giovanni non é questo, non ha il compito di
fare la Chiesa. Che compito ha? Ecco, questo é il problema. Giovanni rappresenta non
l'organizzazione, non l'impegno a costruire, diciamo pure, anticipando un po' le cose, prima non era
così; non l'efficienza, ma la creatività dell'amore. La capacità di intendere, di compiere, di andare
fino in fondo nella giusta profondità che é tipica più di chi ama che di chi é intelligente.
Ecco il primo dato: Cristo risorto non é capito subito da chi ha il compito di tener su la barca. E'
capito subito per quella stupenda e perfetta intuizione che scaturisce in chi ama, da coloro che sono
innamorati di Gesù.
Pietro ci arriverà, ci arriverà ad innamorarsi, ci vorrà tutta la vita. E quando sarà innamorato al
punto giusto, Pietro darà serenamente la sua vita crocifisso per il suo Signore. Ma quanta strada
dovrà fare, lui così irruente, così vero, perché é l'unico che ammette sempre i suoi sbagli. Ma quanta
strada dovrà fare per avere finalmente un cuore pulito che non tradirebbe Gesù.
Ma Giovanni, lui sì - lui che posò il suo capo sul cuore di Cristo nell'Ultima Cena, lui che
certamente tra tutti i dodici che erano amici di Gesù, era ancor più amico degli altri.
È questo ci fa piazza pulita di tutti i nostri sensi di differenza che abbiamo addosso. C'é la libertà di
un amore e quindi non sono tutti, ripeto per fortuna, allo stesso livello. Tutti amati, ma non tutti alla
stessa maniera e questo non é ingiustizia.
Ebbene, non c'é qui nel racconto, lo leggeremo nelle prossime domeniche, un'altra che capisce bene,
é Maddalena. Perché? Perché lei ha capito chi era Gesù dall'abisso del suo errore. E non ha avuto
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bisogno di sottili ragionamenti per intendere che Lui, in nome di Dio, la accoglieva, l’ha perdonata,
la rifaceva creatura nuova. E' anche lei una persona che capisce il mistero..
Ecco, allora, cari fratelli, una brevissima conclusione perché non voglio tediarvi, specialmente in
queste cose é meglio essere sintetici.
Quindi la prima e forse unica conclusione é questa: andare al Signore senza disprezzare la testa,
anche quella viene da Dio, ce l'ha data dobbiamo usarla. Se ci badate l'ha messa anche sopra a tutto
perché continui a restare sopra a tutto. Ma la strada del Signore, quella più vera, quella più
profonda, quella che conosce meno incertezze é quella dell'amore; é quella che si getta, accoglie.
Quante volte noi, pur essendo dei cristiani perché ci interessa il Signore, pur essendo anche dei
cristiani praticanti, noi non siamo entrati in questo contatto così intimamente personale.
Faccio un piccolo esempio. Vedete, una madre che ama davvero non é, e per fortuna, psicologo,
non è un medico, eppure quante volte dice, magari il figlio é lontano, é soldato, é all'università:
"Ma, quel ragazzo là non sta bene".
Io ho un episodio, niente di grave, mi telefona mia madre: "Come stai?" - "Sto bene" - classica
risposta al telefono. "Ma, non sono contenta". Aveva ragione lei. Chi gliela ha detto?
Quante volte, qui ci sono delle madri presenti, che cos'è che le fa essere così profondamente e direi
in termini precisi, infallibili, attente conoscitrici di che cosa succede? Magari non sono capaci di
raccontarlo, di esprimerlo, di dargli un contenuto dignitoso da poterne parlare liberamente con altri,
ma l'intuizione molto implicita é esatta.
Ecco, é questo che ci manca nei confronti del Signore. Io lo vedo, quante spiegazioni del mistero
diciamo, quanti approfondimenti, dobbiamo ammetterlo rispetto a 50 anni fa, tutto sommato, la
Chiesa oggi ci offre molto di più e più riccamente, occasioni di riflettere, di pensare la fede. Ma
perché non amiamo ugualmente? Forse é per questo: ci-accontentiamo di conoscere in termini
esteriori, di idee.
Ma voi mi capite che ciò che conta non é avere le enciclopedie su Gesù Cristo. Ciò che conta non é
che tu abbia in casa l'enciclopedia sul matrimonio, ma che tu lo viva, che tu ci stia dentro, che tu sia
coinvolto. Solo dal di dentro certe cose sono vere, non perché le parole in sé siano false; hanno una
loro verità, ma una verità troppo povera, troppo piccola, non scalda niente, non muove, soprattutto,
niente.
E allora chiediamoci: questo Cristo (nel quale certamente crediamo, dove l'abbiamo piantato? Nelle
idee giuste?
E' vero che ci sono dei cristiani che, senza giudicare nessuno, non scommettono qualcosa della loro
vita su Cristo. Io talora li sento intervenire, precisare senza dire delle stupidaggini su Gesù Cristo,
perfetto, é importante, ma é ancora distaccato.
Mi pare che correggono certe idee che non vanno bene più di quanto seguano, camminino, stiano
dentro con la loro vita a queste idee.
Questo é il nostro problema: seguire Gesù. Allora oggi chiediamoci, proprio oggi che lo veneriamo,
lo crediamo vivo - questo é il senso della Risurrezione - vivo che vuol dire operante, presente in
mezzo a noi: "Dov'é Gesù?" - E' vivo nei nostri pensieri? Ma Lui, non, come idea, ma come una
moglie, come un figlio, come un marito, ha il suo ascendente nelle cose che facciamo e nel modo
anche con cui le facciamo, nel significato che in queste cose troviamo? 0 l'abbiamo isolato, per
esempio, mettendolo solo in chiesa: E' uno dei modi per uccidere Gesù. E' vero dentro un luogo che
é per definizione sacro e ora li siamo raccolti, preghiamo, abbiamo dei sentimenti buoni - e questo
lo dico senza nessuna forma di ironia, credetemi. Ma sono come le lettere che i figli soldato
scrivono a casa perché queste ricordano tutto il clima che la famiglia offre. E quando tornano per un
paio di mesi sono ancora abbastanza bravi; dal terzo mese in avanti si dimenticano e incominciamo
a credere che sia tutto dovuto e via di questo passo.
Ecco, questo Cristo é il Cristo di quando si é via, di una malattia, di qualche preoccupazione? E
allora vedete come ci preme che ci scrivano, i genitori che mandino qualche pacco. E allora ci
preme che Dio ci ascolti, che sia li vicino, che non si allontani, che ci dia sicurezza.
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Il Signore che ci vuol bene di questo non si scandalizza, gli va bene tutto. Ma pensiamoci un istante,
se facciamo questo, non siamo un po' veri a metà dimenticarsi dell'altra metà? Non siamo un po'
incoerenti? Non siamo un po' opportunisti?
Un figlio é tale nell'età stupenda che sono da mangiare tanto sono belli, due anni, tre anni. È figlio
anche quando quindicenne con i brufoli in faccia, antipatico, pare faccia apposta ad essere
indisponente; é figlio anche in quel momento li. Una moglie non è tale solo quando é nel fulgore dei
vent'anni, ma anche quando comincia a diventare un po' anzianotta e fatica e via di questo passo.
Il Signore mi perdoni se lo paragono a una moglie un po' vecchiotta, ma mi pare che sia un qualcosa
di molto affettuoso, di molto vivo, di molto dentro la nostra vita. Ecco non trasformiamolo in una
miss da mettere sulla copertina finché ha vent'anni, poi quando ne avrà 80 nessuno sulla copertina
gliela mette più. Ecco, noi continuiamolo sempre a portare nel cuore come portiamo nel cuore a
qualsiasi età, in qualsiasi momento le persone che amiamo.
Ma forse l'unica domanda da fare é questa; "Signore tu che sei vivo, fa che ti amiamo, facci
innamorare di te, facci sentire che tu sei presente".
LUNEDÌ FRA L'OTTAVA DI PASQUA
(LUNEDÌ DI PASQUA)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 20, 11-19).
Maria invece stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e
vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il
corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore
e non so dove l'hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse
Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino,
gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse:
«Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi
trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: «Salgo al Padre mio e
Padre vostro, Dio mio e Dio vostro»». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il
Signore!» e ciò che le aveva detto.
(Messa per giovani e adulti)
Una brevissima riflessione. La prima é una annotazione liturgica,
La Chiesa considera gli otto giorni della Pasqua come giorno unico per cui è come se fosse una
celebrazione continua.
Pensate, per esempio, il breviario, cioè la liturgia delle ore, quella nella quale si pregano i salmi
ecc.., si dice sostanzialmente sempre l'attesa del giorno di Pasqua. Cosa significa questa piccola,
ma, grande cosa che sto dicendo. Vuol dire che noi ormai viviamo in quello che é definito l'ottavo
giorno.
Se Facciamo i conti e rileggiamo il primo racconto della Bibbia, della Genesi - la creazione del
mondo - là ci é detto come il Signore Dio abbia compiuto tutto in sei giorni e il settimo si sia
riposato: il sabato, sacro a Dio, sacro alla famiglia, agli affetti.
L'ottavo giorno é quello che dopo sabato inaugura quello che potremmo definire l'unico e definitivo
giorno della storia. Quello nel quale Gesù, risorgendo, riapre in una forma nuova la Creazione, Noi
ogni tanto cantiamo "Cieli e terra nuova" e questo é l'ottavo giorno.
Noi siamo al di là della creazione, siamo, ormai, nell'unico ottavo giorno del Signore che é vivo e
risorto.
Un secondo piccolo pensiero che sarebbe da sviluppare, ma ho deciso che sarò brevissimo, quindi
non lo sviluppo, é un'idea da tener presente nei nostri giorni di fronte alle malattie, alle difficoltà,
alle prove che subiamo, siamo dentro l'ottavo giorno.
L'altra piccola annotazione riguarda proprio il Vangelo.
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Al di là dell'episodio di questi soldati che dormivano, e perciò non si sono accorti che “rubavano”
Gesù, la cosa che volevo far rilevare é che il messaggio di Cristo risorto cammina con i piedi degli
uomini e delle donne.
Vi ricordate ieri? Sembrava di essere alle olimpiadi, quei due che correvano: Pietro e Giovanni.
Ancora oggi ci sono le donne, le prime del resto che sono andate al sepolcro, é anch'esse corrono.
L'annuncio del Signore, la verità del Signore, la presenza del Signore cammina con le gambe degli
uomini e delle donne.
Il Signore Gesù non ha scelto di andare a farsi vedere (dopo l'ha fatto, ma più tardi e comunque con
pochissimi) ha scelto di essere narrato, di essere raccontato, di essere annunciato. E' tempo della
Chiesa, é il tempo nel quale il Vangelo, cioè la bella notizia che Gesù è vivo, che l'ottavo giorno é
cominciato, cammina solo con le nostre gambe. Ma non perché Dio non faccia il resto, anzi in
generale é proprio Lui che salva, ma ha deciso che dobbiamo essere noi gli annunciatori della sua
parola.
Mentre la messa prosegue riflettiamo sull'ottavo giorno e se le nostre gambe portano o no il lieto
annuncio di Gesù.
II DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
(OGNI DOMENICA È LA PASQUA DI CRISTO)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 20,19-31).
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si
trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò In mezzo a loro e disse: «Pace a voli».
Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere Signore. Gesù disse loro di
nuovo: «Pace a voli Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di
loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non il rimetterete,
resteranno non rimessi». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Diamo, non era con loro quando venne Gesù.
Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue
mani il segno del chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non
crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù,
a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voli». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e
guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nei mio costato; e non essere più incredulo ma credente!».
Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati
quelli che pur non avendo visto crederanno!». Molti altri segni fece Gesù In presenza del suoi discepoli, ma
non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di
Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 5,12-16).
Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare Insieme nel
portico dl Salomone; degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Intanto andava
aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore fino al punto che portavano gli
ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua
ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati
e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.
SECONDA LETTURA
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 1,9-11.12-13.17-19).
lo, Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione, nel regno e nella costanza in Gesù, mi
trovavo nell'Isola chiamata Pàtmos a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesù. Rapito in
estasi, nel giorno del Signore, udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: quello che
vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese.
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Ora, come mi voltai per vedere chi fosse colui che mi parlava, vidi sette candelabri d'oro e in mezzo al
candelabri c'era uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino al piedi e cinto al petto con una fascia
d'oro. Appena lo vidi, caddi al suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la destra, mi disse: Non
temere io sono li Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la
morte e sopra gli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle che sono e quelle che accadranno dopo.
(Messa prefestiva)
Abbiamo Tommaso che ha sempre avvolto la nostra fantasia circa il rapporto di fede con Gesù.
Anzi, lo facciamo passare un po' per quello che ci mette il naso, il proverbio: "Tommaso che non ci
crede finché non ci mette il naso".
Vorrei smentire questo luogo comune perché Tommaso non é nemmeno riuscito a metterci il naso.
Perché dico questo? Ma perché, come diceva S. Agostino commentando questo brano quando
sottolinea il fatto che é vero che Tommaso tocca Gesù, "Aliud tetigit, aliud credebit". Va tradotto
così: "Toccò una cosa e ne credette un'altra". Cioè, in fondo chi toccò Gesù, che cosa? - Un corpo. Che cosa ha creduto? - Che quel corpo umano con i segni non abbandonati, mantenuti anche dopo
la resurrezione, della passione - che quel corpo umano, oggetto di violenza e sofferenza, fosse Dio.
In questo senso ho detto che non è riuscito a metterci il naso, perché tra ciò che ha toccato e ciò che
ha creduto c'é un salto enorme. Quindi Tommaso non é proprio, come nei nostri modi di dire, il tipo
che verifica. Anche perché il Vangelo non dice che Tommaso. abbia poi toccato il corpo di Gesù. E'
Gesù che gli dice di provare: "Metti qua il tuo dito". E il Vangelo continua: rispose Tommaso: "Mio
Signore e mio Dio". Che cosa vuol dire questo brano evangelico? Vuol dire che c'é un salto tra il
"vedere", perché proprio questo è successo - ha visto non é detto che ha toccato, e il "credere".
Che cosa ha visto Tommaso? L'abbiamo appena detto, ha visto un corpo, ha visto il Gesù di sempre,
ha visto ciò che da anni vedeva quotidianamente, perché quotidianamente condivideva la giornata di
Gesù.
E allora cosa succede? Succede proprio questo: che la fede é - dice la Lettera agli Ebrei - la sostanza
delle cose sperate". È proprio questo: la fede dà un corpo, dà sostanza, dà concretezza
all'atteggiamento di fondo secondo il quale ci sia gente che si fida di Dio; cioè dà consistenza a quel
Dio che se promette, é di parola. E quindi la fede é credere, é esser certi, é sapere di dentro in fondo
al cuore che mai e poi mai noi saremo delusi, traditi dalla promessa di Dio.
Questo fa capire, se siamo attenti, ciò che ha fatto per primo Gesù. Tutta la lunga, drammatica
sequenza di eventi della sua passione, preparata per tempo da tutte le lotte, le trappole che gli hanno
teso i suoi avversari, in fondo tutta questa dura esperienza non é altre che questo: "Nelle tue mani
affido il mio Spirito". E cioè, il Salmo 22 - "Il Signore é il mio pastore: non manco di nulla.... Se
camminassi, anche, per una valle oscura, non temerei alcun male, perché Tu sei con me". Il Salmo
90: "Guardati attorno, apri i tuoi occhi e vedi che il Signore è con te; cammina seguendo i tuoi
passi". E' tutto lì. Quanti hanno visto il Signore senza leggere nella sua presenza questa sicurezza e
questa sostanza, dicevo prima, delle cose sperate. In fondo la vita di chi crede e si fida fino in fondo
del Signore e la vita di chi non riesce a credere e a fidarsi quindi del Signore, non é dal punto di
vista di ciò che appare, di ciò che succede, diversa. Voglio dire, tribolazioni tante, gioie qualcuna,
mi pare le abbiano tutti. Dal punto di vista di ciò che appare, di ciò che si può vedere non c'é
nessuna differenza. Ciò che é diverso é proprio questo;"fidarsi". - "Sono - parlo di quello che crede
- in una valle oscura..." e questo é il dato esperienziale. Fede; chiave di lettura "...ma tu sei con me".
"Sono in una valle oscura"- chiave di lettura senza fede - c'é solo lui, solo solo. Interpretazione di
chi non crede: la vita alla fine é solo un imbroglio. Poi se é ottimista dice: "Bisogna arrangiarsi
perché almeno si sa con chi si ha a che fare i conti e non ci si aspetta niente da nessuno, ci si
difende, ci si arrangia. Se c'é da lamentarsi, ci si lamenta di se stessi. E' una forma un po' eroica, un
po' inconsapevole.
Il credente non è uno, quindi, che gli va bene tutto, no, non gli va bene tutto: sente la fatica, sente
anche la delusione, soffre la solitudine. Non volevo dire che é inossidabile, volevo dire che alla fine
capisce e coglie molto di più di quello che vede. Perché? Perché attraverso quello che tocca, quello
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che sente, quello che partecipa, riesce a dire come Tommaso: "Mio Signore e mio Dio"' , sì, anche
nelle prove della vita, anche nelle delusioni. Facciamo tutti così alla fine? Quando ci capita
qualcosa non é che siamo poi felicissimi, insomma! Se trovo felicissime delle persone sulle
disgrazie, sulle prove, io sono un po' perplesso personalmente, perché o poco normali o sono
santissime, ma insomma! Anche Gesù, secondo me, ha accusato il colpo, e meglio di Gesù, mi
permettete, mi balla un occhio! meglio di Gesù non c'è nessuno.
Però al di là di queste battute, é vero o non é vero che se riteniamo ancora di fare i conti con il
Signore, non lo buttiamo via, ci ripresentiamo a Lui, ci poniamo ancora davanti a Lui con tutte
queste prove sulle spalle - alla fine dobbiamo ammettere (alla fine, eh!? ma non subito perché é
pericoloso, é un po' sospetto) che quei periodi della nostra vita che sono stati anche i più duri, i più
ingiusti per certi versi, quindi portatori di grande sofferenze con il pericolo di scoraggiamento, sono
stati periodi di grande lavorio da parte del Signore che ci ha fatto digerire delle cose sulle quali
eravamo già d'accordo in termini di intelligenza, di comprensione, di adesione anche sincera,
personale, ma sulle quali avevamo la paura, il timore di giocarci' più approfonditamente, più
decisamente la nostra vita.
Ecco allora il dire: "Mio Signore e mio Dio" di fronte a un corpo come quello di Cristo pieno di
cicatrici é la stessa cosa che dirlo su di noi. Su periodi nei quali non vorremmo essere tanto
d'accordo perché non li abbiamo accettati volentieri, ci hanno lavorato fianchi, ci hanno piallato,
dire:
"Mio Signore e mio Dio".
Là dove mi lamentavo di Te e dicevo: "Dove sei andato, mi hai abbandonato?" - ecco, scoprire nella
fede, come Tommaso scopre, in questo compito di salvarci che li proprio in quella limitatezza, in
quella povertà, in quelle ferite, é abitante il Dio vivo, il primogenito dei poveri, il primo della nuova
stirpe di fratelli che aspetta e cammina verso la luce. E' questo dire: "Mio Signore e mio Dio".
Perché allora vuol dire che noi abbiamo percorso e percorriamo la strada di Cristo risorto senza
saltare (questo é un vezzo dei cristiani, ho fatto un cenno il Venerdì Santo, brevemente lo ripeto
adesso) il difficile e duro momento del Venerdì e del Sabato santi; non finiamo precipitosamente in
gloria anzitempo.
E' vero che Dio ha per tutti una parola, ma con tutta la pazienza, con tutta la fatica delle logiche
umane, dei ritmi umani, delle ingiustizie umane, delle cattiverie umane.
Non dimentichiamo che Gesù offre se stesso, arriva a compiere il suo purissimo gesto di amore, in
un contesto di totale cattiveria, stupidità, giochi di potere. Non dimentichiamo questo, perché
altrimenti estrapoliamo dalla storia, dalla concretezza della storia, la possibilità di credere in Dio.
Non mi soffermo, adesso guardo l'orologio, Dio mio, scusate, Ecco "Mio Signore e mio Dio", io
spero che il Signore ce lo conceda come ultimo gesto di fede; non ce lo conceda come grido di
vittoria sospetto prima di tutta la trafila come l'ha passata Gesù. Questo vuol dire davvero credere in
Lui, non solamente in chiesa, non solamente durante le funzioni, non solamente quando, prendendo
in mano il Vangelo, sentiamo nascere dentro di noi dei buoni sentimenti, ma là dove viviamo. Là
dove aspettiamo la sua venuta, là dove abbiamo tutti delle zone oscure nelle quali ci pare che non ci
sia più speranza, chiediamogli la grazia di dire; "Sì, mio Signore e mio Dio".
(messa per giovani e adulti)
Questo testo del Vangelo di solito cattura la nostra attenzione per l'episodio di Tommaso. In realtà
in questo testo ci sono molte più cose. Ne vediamo qualcuna.
Prima cosa che volevo rilevare e che ho accennato nel momento d'introduzione all'atto penitenziale,
é questa. Se ci badate noi siamo oggi nella linea dei discepoli che hanno la visita di Gesù. Intanto la
sera stessa di Pasqua - "la sera di quello stesso giorno" vuol dire proprio il giorno di Pasqua quando
non c'é Tommaso. Poi Gesù ricompare, sta insieme con i suoi il giorno dell'ottava.
E' da qui che nasce subito nella Chiesa il preciso senso del giorno del Signore; dies dominica giorno del Signore. Ed é la precisa comprensione nella fede che ogni volta che i discepoli si
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riuniscono nel nome del Signore, si riuniscono perché il Signore, il vivente, il risorto, si
accompagna a loro, é con loro, li visita.
Ho usato un terminologia precisissima che é "visita". Il Signore che visita vuol dire il Signore che é
presente e che é presente per ricondurre a perfezione, a compimento l'opera che "Lui ha cominciato.
Quando si dice: "Sono riuniti nel nome del Signore", noi facciamo "nel nome del Padre", siamo
abituati, abbiamo perso il significato.
"Nel nome" - ancora é dizione biblica vuol dire questo: là dove é il nome, é la persona. Dire: "Io ti
benedico nel nome di Dio, nel nome di Cristo, non significa che cito verbalmente la parola che
designa Lui, é troppo poco. Quando dico " nel nome" - ti benedico nel nome - ti mando nel nome vuol dire che, mentre invoco questo gesto, in questo gesto per la fede che abbiamo, é presente,
chiamato a compiere il gesto stesso, Dio - Cristo.
Noi abbiamo verbalizzato, nominalizzato le cose, per questo siamo molto esteriori.
Ora voi vedete, é qua la linea che sto brevemente richiamando. Oggi é l'ultima puntata, provvisoria
perché l'ultima davvero sarà quando chiuderemo tutta la storia e si inizierà l'ultimo ottavo giorno,
quello del Paradiso (questa parola per noi é una scorciatoia mentale).
Questa é l'ultima puntata, la provvisoria, l'ultima,che é cominciata il giorno di Pasqua. Gesù il
giorno di Pasqua é sta o con i suoi, otto giorni dopo é stato con i suoi...., da questo abbiamo già
capito che ormai il giorno in cui il Signore era presente a operare, a stare in termini ancor più pieni
con i suoi, era passato dal sabato - giorno ebraico - alla domenica, che é diventata il giorno di
Cristo.
Ecco, allora, l'importanza decisiva dalla domenica nella vita del cristiano. A me piange il cuore
perché vedo che tutta la generazione nuova é di fatto assente dalle nostre celebrazioni, é assente
quasi totalmente. Ed é assente non perché non crede più in Cristo, in qualche modo forse un po'
velato, forse un po' nebuloso, ma ci crede, sente il fascino di Cristo.
Non ha più capito o non sta più capendo da molti anni che rapporto ci sia tra il Cristo stesso come
presenza vivente e l' ottavo giorno: la celebrazione, il trovarci ad annunciare la sua parola, il
trovarci a crederlo presente nei gesti che facciamo perché la messa, voi lo sapete, non la celebra né
Don Ulisse né voi, la celebra Cristo attraverso il sacerdote, attraverso la comunità che crede in Lui.
Mi piange il cuore perché vuol dire che si impoverisce una fede che poi in qualche modo c'é, vuol
dire che la si volatilizza. Vuol dire che non la si alimenta nella paziente continuità dell'incontro con
il Signore che per primo si é assoggettato al ritmo degli otto giorni per dare, come dire, l'inizio,
l'input a una tradizione della Chiesa che sa essere presente e vivo il Signore là dove nel suo nome
(badate cosa vuol dire adesso) noi siamo riuniti. Questo é un elemento. Ne tralascio un altro grande
che é la remissione dei peccati nella luce della Pasqua perché sarebbe un argomento veramente
molto ampio.
E vado ora da Tommaso perché tutti ce l'aspettiamo una breve visitazione all'amico S. Tommaso,
Anche qui ci sono delle riflessioni, secondo me, importanti. Sì, dirò una battuta, così forse vi
ricordate almeno quella. S. Tommaso passa per quello che non crede se non ci mette il naso, giusto?
Ecco, l'unica cosa che non ha messo in tutta la faccenda é proprio il naso, secondo me. Perché
Tommaso, se leggete attentamente il Vangelo, non ha, forse, nemmeno toccato con le sue mani il
corpo di Gesù. Perché quando Gesù lo invita a non essere incredulo e a mettere le dita e le mani
nelle sue ferite, il Vangelo ci racconta che Tommaso risponde; "Mio Signore e mio Dio".
Cosa é successo? Secondo me, Tommaso non ha fatto una richiesta poi così assurda di voler vedere
lui di persona. Del resto, se stiamo attenti, nella prima apparizione - il giorno di Pasqua - Gesù,
dopo aver detto il saluto pasquale "pace a voi" (altro tema che sappiamo) mostrò, é Lui che lo fa,
ma di sua iniziativa, loro le mani e il costato.
Quindi, voglio dire, Tommaso non ha chiesto la luna, ha chiesto solo di esserci come c'erano gli
altri. Sennonché il suo gesto ci dà una grande apertura su quello che é tutto il grande tema della
fede. Ed é proprio questo: che anche centomila prove con i sensi, con le mani, con gli occhi non
dimostrano niente. Le prove si fanno, secondo me, sulla calcolatrice, la prova del nove.
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Ma quando si va al di là di questo, per esempio si entra, com'é la fede, in rapporto personale, le
prove non sono possibili.
La fede, infatti, non é, sapere tutta una serie di verità su cui sono d'accordo, perché vuol dire che
anche i non credenti hanno la fede perché anche loro sono d'accordo con voi su molte verità, ma
non é questa la fede o perlomeno non é che sia solo questo, non é l'aspetto principale. L'aspetto
principale é un rapporto personale con una persona, é entrare in fiducia con questa Persona. E allora
voi provate a vedere se nella vostra vita, io nella mia ho già guardato, ma non mi vengono i conti, se
siete stati sicuri, parlo nei rapporti interpersonali, perché avete verificato. Se siamo onesti alla fine
dobbiamo dire: "Sono sicuro perché mi fido di lei o di lui". Nei rapporti interpersonali é solo così.
Faccio un esempio. Mettete che a uno della famiglia venga il tarlo, spero non venga a nessuno, della
gelosia. Andare a fare la prova del nove a chi ha questo tarlo, c'é da impazzire. Non ne salta più
fuori, non avrà nessuna possibilità di dimostrare niente, é vero? Non esiste la tabellina per questo.
Ecco perché in realtà l'episodio di Tommaso ci regala che la fede é sempre, non dimentichiamolo,
in qualche modo anche un salto. Ha la sua logica la fede, ma é dopo il salto che ha la sua logica,
prima no.
Volete un esempio? Per uno che é innamorato la persona di cui é innamorato é bellissima; magari
non é proprio il massimo dell'immagine della bellezza, ma cosa vuol dire, è bellissima. E all'interno
di questa adesione, in questo modo la persona innamorata vi dimostrerà che é vero in una logica
stringente dal suo punto di vista. Dall'interno, voglio dire, di questo rapporto, che questa persona é
bella, é buona, ha tante qualità ecc. ecc. Un altro che non é coinvolto guarda e dice: "Boh, ma sì
non c'é male, ha anche un bel carattere, ma insomma...!" E' così. Ciò che qui il Vangelo oggi dice é
proprio questo: che c'é un salto. E infatti Tommaso che cosa avrebbe potuto dire anche toccando
Gesù? "Ciao, Gesù di Nazareth - questo avrebbe potuto dire - Ciao carissimo compagno di tante
avventure, di tante esperienze". Ma qui dice molto di più; non vede semplicemente l'identità
psicofisica fra questo corpo, fra questa persona che gli sta davanti e colui che per le strade di
Galilea aveva combinato un sacco di cose, No, dice di più di quello che ha sempre visto, dice; "Mio
Signore e mio Dio". Perché Gesù é morto e come uomo é morto da uomo nato a Betlemme e vissuto
a Nazareth, uomo ben conosciuto nella bottega di Giuseppe il falegname, ma dire: "Mio Signore e
mio Dio" - anche toccando, ce ne corre, ce ne corre e come! Ecco perché diventa irrilevante a
questo punto: toccare e vedere - non toccare e non vedere.
E io ringrazio il Signore di non averlo incontrato ai tempi della Palestina, di vivere lontano nel
tempo da Lui, mi pare più semplice. Perché? - Perché conoscendomi, non mi sarei fidato di niente
di quello che vedevo. Ho meno difficoltà come voi a credere a tutto dallo Spirito Santo. Ma se
dovessi averlo visto, chissà quante prove mi sarei messo in testa a cui sottoporlo per fargli l'esame
finestra! E giudicare che cosa? Che ancora, arrivando alla fine delle prove, bisogna fare un
salto per dirgli: "Sì, Gesù di Nazareth, tu sei il mio Signore e il mio Dio".
Voi non avete provato mai a fare il prete, ma io sono stato malissimo quando per la prima volta ho
detto messa. Stavo male perché fin che c'erano gli altri a dire: "Questo é il mio corpo", io ci
credevo; ma quando é toccato proprio a me, la prima volta, io mi sono dato dei pizzicotti: "Io con
quello che sono, ma é proprio vero?" - Vedete il salto.
Ecco perché Gesù ci dice che é meglio farlo senza toccare e vedere ed é per questo che ci ha definiti
"beati", perché in realtà anche chi ha toccato e visto, come noi, ha dovuto fidarsi, fare questo salto.
Ho cercato di riassumere moltissimo, ma ciò nonostante ho sforato, come direbbero i tecnici della
RAI, il tempo. Allora chiediamo al Signore di aumentare la nostra fede, di aumentarla di dentro
nella profondità dell'incontro con Lui e di capire quanto sia importante per camminare a crescere
nella fede proprio questo gesto della domenica, questo trovarci a celebrare, questo riunirci nel suo
nome.
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III DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
(TESTIMONI DELLA FEDE NEL RISORTO)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 21,1-19).
Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si
trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e
altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te».
Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse
loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete
dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande
quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena
udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri
discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se
non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un
po' del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di
centocinquantatre grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a
mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il
Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si
manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?».
Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di
nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai
che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di
Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?»,
e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In
verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai
vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con
quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 5,27-32.40-41).
In quei giorni, il sommo sacerdote cominciò a Interrogare gli apostoli dicendo: «Vi avevamo espressamente
ordinato di non Insegnare più nel nome di costui, ma ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra
dottrina e volete far ricadere su di noi Il sangue di quell'uomo». Rispose allora Pietro Insieme agli apostoli:
«Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi
avevate ucciso appendendolo alla croce. Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per
dare a Israele la grazia della conversione e il perdono del peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo
Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui». Allora li fecero fustigare e ordinarono loro
di non continuare a parlare nel nome di Gesù; quindi Ii rimisero In libertà. Ma essi se ne andarono dal
sinèdrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù.
SECONDA LETTURA
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 5,11-14).
lo, Giovanni, vidi e intesi voci di molti angeli Intorno al trono e agli esseri viventi e al vegliardi. II loro
numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L'Agnello che fu immolato è
degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione».
Tutte le creature del cielo e della terra, sotto la terra e nel mare e tutte le cose ivi contenute, udii che
dicevano: «A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i
quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E i vegliardi si prostrarono in adorazione.
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(Seconda messa del mattino)
Mi dispiace molto non poter commentare tutto questo Vangelo, altrimenti andiamo per le lunghe.
Comunque ho visto sui vostri volti, oltre che aver sentito dentro di me, quanto questo racconto sia
stato capace di catturarci in un'atmosfera molto particolare.
Devo dire che mi pare quasi di vederlo questo Cristo sulla spiaggia; queste prime luci dell'alba per
cui le figure sono incerte, non ben definite« Ma poi, soprattutto, non é che manchi la luce, manca la
luce di dentro.
I discepoli non hanno ancora bene capito che cosa aveva detto Gesù. Quindi ancora non credono
fino in fondo alla risurrezione.
Ecco, allora, questo primo episodio della pesca a cui segue il dialogo tra Gesù e Pietro.
Del primo episodio dirò solo questo: i 153 pesci. Dunque, con tutte le notizie che il Vangelo non ci
dà' di Gesù, chissà perché deve dare questo numero. Perché? Vuol dire questo: ormai il Vangelo
non sarà più trattenuto da quella piccola area geografica che é la Palestina. Non si rivolgerà più
esclusivamente e principalmente ad un popolo, ma sarà per tutti.
Quindi, ecco la risurrezione come mistero che rende universale il messaggio, la presenza, l'opera di
Gesù. "Venite, vi farò diventare pescatori di uomini" - aveva detto Gesù a Pietro e agli altri.
Ed ecco questa pesca notturna- Guardate che Pietro se ne intendeva, per di più il Lago di Tiberiade
é un lago pescosissimo tuttora. Quindi non prenderne neanche uno non é da Pietro che sa il suo
mestiere, guarda le correnti, sa le zone.
Era evidentemente un preludio per fare intendere che tutte le pesche prossime future, cioè
l’annuncio del Vangelo, il raccogliere nella speranza, il raccogliere sulla sponda non più del Lago di
Tiberiade, ma sulla sponda del Regno dei Cieli tutte le persone, non era più un atto di perizia, non
era più un gesto che avrebbe rivelato le capacità del pescatore. Ma d'ora in avanti ogni vera pesca
che raccoglie fedeli a Dio, credenti in Lui, sarebbe stata opera del Risorto. Non opera di Pietro, di
Giacomo, di Giovanni, di Papa Giovanni Paolo II, dei sacerdoti, dei catechisti, no, ogni vera pesca,
ogni azione che conduce avanti la speranza e la fede, é opera del Risorto.
Se oggi, spero che avvenga questo, qualche parola del Vangelo risuona nei vostri cuori, badate, non
é perché qui c'é uno che sta parlando, ma perché c'é Cristo che a ciascuno di noi attraverso lo
Spirito Santo annuncia e annuncia di dentro facendo capire il Vangelo. Questo é grande. Ecco
perché Pietro non prende niente, non può prendere perché é solo Cristo.
Voi mi capite che Pietro avrebbe potuto dire: "Ascolta Gesù, tu sei figlio di un falegname, fa il tuo
mestiere. Io é una vita che pesco, questo lago lo conosco come le mie tasche, so dove buttare la
rete". Invece, ecco, la rete é piena.
153 pesci - Ci sono vari tentativi di spiegazione, comunque finisco quello che vi ho detto. Io ho
fatto il riassunto, il nocciolo, cioè tutti gli uomini vengono dentro in questo grande regno del cielo.
153 - perché stando a Plinio naturalista le specie conosciute di pesci a quell'epoca erano 153. Quindi
vuol dire: non manca nessuno, ci sono tutti.
Un'altra spiegazione possibile é questa. Voi sapete che gli Ebrei giocano con la cabala, c'é un
rapporto tra i numeri e i significati. Comunque questo é un numero triangolare - mettendo i numeri
in un certo modo, la somma, la moltiplicazione danno sempre 153, sono i numeri primi. Anche qui
é un sistema, evidentemente simbolico, per indicare che la somma di tutti i numeri indivisibili fino a
un certo punto, che vuol dire la totalità, mescolati tra di loro danno il tutto. Ancora l'idea che ho
dato all'inizio era quella buona: cioè che non manca nessuno.
Secondo momento - Ci trasferiamo dalla barca a terra. Qui c'é il solito Pietro. Dunque non é passato
molto tempo da quando l'ha tradito, pochi giorni. Non lo conosceva, vi ricordate? Ha negato di
essere dei suoi.
Ecco il dialogo, stupendo dialogo - tre volte - lo capisco che alla terza volta Pietro vada in crisi. Io
sinceramente sarei andato in crisi alla prima, perché"quello là "aveva due occhi che ti scavavano in
fondo, non c'era bisogno che per tre volte lo chiedesse per sentire quanto si é distanti dal volergli
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bene. Però Pietro è grande anche qui. Pietro vuole bene davvero al Signore - non sottolineo questo
aspetto che tante volte abbia mo detto, ne sottolineo un altro.
Perché il Signore sceglie proprio Pietro? Sarebbe da dire per ché Lui é di parola e Pietro no. Glielo aveva già
detto che l'avrebbe fatto diventare la "pietra" e quindi mantiene la parola anche dopo che la "pietra" si é rivelata
fragile.
Il punto della riflessione che vorrei fare é proprio questo: Gesù sceglie Pietro nella sua autorità di
pastore e lo sceglie come uomo fragile. Sceglie proprio lui, sceglie proprio colui che lo ha
rinnegato, sceglie proprio colui che é molto emotivo e quindi ama Gesù intensamente. Ma sapete
bene che agli emotivi bisogna sempre farci la tara sulle loro dichiarazioni, sia su quelle buone che
su quelle cattive - sia quando sono spampanati nel dichiarare che ci vogliono bene sia quando
s'arrabbiano e sparano fuori tutto.
Pietro é così, é uno che pare dare tutto se stesso, poi pare debba dare niente. Vedete, é un modo
umano di attaccarsi a Gesù. Gesù lo sapeva che Pietro gli voleva bene, ma gli voleva bene da uomo
fragile. Gli voleva bene da uomo non maturo ancora.
Ecco, allora, il secondo pensiero. Il Signore prende tutti, non prende i migliori, non sa che farsene.
Cioè non prende i migliori perché non prende le cose che da sole stanno in piedi. Attraverso la sua
grazia, attraverso il suo perdono, attraverso la sua parola vuol farci diventare persone che non
stanno in piedi per se stesse, per le loro umane capacità, ma ci fa stare in piedi per grazia sua.
Ecco perché é possibile essere dei fragili, dei peccatori ed essere cristiani. Se fosse vero che é
cristiano solo il perfetto, noi avremmo buttato via la speranza, avremmo buttato via la possibilità di
credere nel Signore. C'é una vita intera che ci deve educare a questo.
Infatti Gesù gli dice: "Caro Pietro, adesso tu fai un po' il galletto, ma arriverà il tempo che tu andrai dove tu non
vorrai andare? Verrà un tempo dove tu tenderai le mani, ma non per prendere un'altra mano che ti sorregga, ma
perché le tue mani saranno inchiodate a una croce. Dal tuo tradimento di qualche giorno fa di fronte a una
donna curiosa e ben informata a quella fedeltà per la quale tu senza fuggire, per quello che - fragile, non di
parola, emotivo, con grandi slanci e grandi paure - arriverai non fuggendo dalla tua condizione di uomo, tu
rimarrai sempre Pietro".
Infatti se siete un po' informati e leggete gli Atti degli Apostoli e anche le Lettere di S. Paolo, Paolo non ne ha
perdo nate neanche una a Pietro, perché ne ha fatto delle altre. Non era un deciso, aveva paura di quello che gli
altri pensavano, si faceva molto condizionare..
Mi piace molto Pietro perché é uno dei nostri. E la speranza é questa: Gesù risorto riesce da ciascuno di noi,
così com'é, con tutti i suoi difetti a trarre un autentico figlio di Dio.
E Pietro arriverà a grandi altezze perché quando sarà inchiodato sulla croce non dirà niente, sarà veramente in
quel punto, dopo una vita, arreso al suo Signore. E gli si sarà arreso con l'umiltà di essere crocifisso con la testa
in giù perché il suo Signore, che lui ha tradito, non poteva essere imitato. E' grande, é grande proprio perché ha
creduto nel Signore. Infatti nell’ultima risposta non dice più: "Io ti amo". Pietro lo sa che é facile ad autoingannarsi; gli dice: "Signore tu sai tutto, tu sai che ti amo". È bellissimo, non dice più: "Io lo so, lo -sai Tu, mi
metto nelle tue mani".
Ecco, cari fratelli voglio finire con questo: metterci nelle mani del Signore.
Guardate, qui ci sono delle persone anziane che dovrebbero essere già state lavorate dalla vita e dal Signore,
dite la verità che non molliamo mai il mazzo? Al Signore non tanto, non ci fidiamo di Lui.
Pietro lo aveva già fatto in un altro episodio di questo genere, quando andò, lui irruente: "Voglio
camminare anch'io come te sulle acque". E siccome c'era un po' di maretta, non si fidò più del
Signore e cominciò ad affondare. Noi siamo come lui: "Sì, Signore,., vengo, mi fido di te". Basta
qualche onda in più, qualche prova e andiamo giù a picco. Ecco allora, se in questa S. Messa noi
riuscissimo ad avere più speranza, a pregare, a credere, a gioire di'questo Signore. Tu ci chiami tutti.
Ci sono tutti i pesci nella rete tra l’altro é probabile che ci siano anche quelli non buoni. Signore, tu
hai scelto Pietro, allora c’é speranza. Non farci scappar via da te, mai, che succeda mai.
Allora voi capite perché la fede, l'ho detto all'inizio dell' atto penitenziale, non é sapere le cose
giuste, Pietro le sapeva tutte. La fede é amare il Signore e soprattutto lasciarci amare da Lui.
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(Messa per giovani e adulti)
Il brano si compone chiaramente di due parti, di due avvenimenti. Solo qualche riflessione rispetto
alla ricchezza del brano stesso.
Sulla prima - E' strana questa pesca, all'alba, dopo una notte senza bottino, quando davanti ai loro
occhi sembra esserci Lui, il Cristo, ma non c'é luce sufficiente per distinguerlo. E la luce non é
quella brillante che dà il Sole, é l'incertezza dei cuori che ancora non riconosce Cristo. Ma
finalmente, da parte del più anziano, c'é il riconoscimento.
E infine il gettare la rete sulla sua parola e questa grande ricchezza di pesci - Che strano! Il
Vangelo, che ignora un sacco di notizie su Gesù, oggi é così preciso da dirci che i pesci erano 153,
ed erano grossi. Perché ce lo dice? Forse il messaggio che ci propone sta proprio in questo .
Pietro va a pescare perché é il suo mestiere, lo ha sempre fatto prima di seguire Gesù. Egli crede di
tornare alle occupazioni di prima; crede che la croce abbia posto fine a una grande, importante
parentesi della sua vita. Pietro si é dimenticato che Gesù lo ha destinato ad essere pescatore di
uomini. Crede di andare ancora a pescare i pesci. E poiché questa barca é, ormai la barca della
Chiesa, la barca dei discepoli che hanno con sé vivo, presente, quindi operante il Cristo, non ci sarà
più niente che noi facciamo da noi stessi« Non ci sarà più niente che facciamo da soli, quasi
fossimo sganciati dalla sua presenza viva, quasi fossimo autonomi dalla sua operatività attuale,
oggi, in mezzo a noi.
Per questo a Pietro era impedito di prendere pesci benché fosse un esperto conoscitore del tuttora
pescosissimo Lago di Tiberiade, Pietro non poteva andare a pescare al modo di prima, doveva
esserci il Cristo. Pietro non aveva ancora creduto che il Cristo si accompagnava alla sua Chiesa, ai
suoi discepoli. Pietro non aveva ancora fino in fondo realizzato che il Cristo ormai era presente e
operante.
Ecco perché la pesca avviene, e avviene in questa grande dismisura, solo su ordine di Cristo e dove
vuole e dove indica il Cristo.
Perché 153 pesci? incuriosisce. Vi do il risultato e due tentativi di spiegazione.
Il risultato é questo: che la pesca degli uomini ("Io vi farò pescatori di uomini" - aveva detto)
raccoglie tutti. Non é più per Israele, non é per un popolo, é per tutti i popoli. Non é per chi ha
incontrato fisicamente Gesù in quei pochi anni della sua vita pubblica, ma è per tutti i tempi.
153 pesci - Stando a quanto scrive Plinio, l'autore latino, le specie conosciute a quel tempo erano
153. Ci sono tutti, tutte le specie, non manca nessuno; la presenza di Cristo é veramente efficace,
raccoglie tutti.
La rete gettata non é una rete che intrappola, ma una rete che conduce alla riva. La riva é Dio, la
riva é la vita eterna, la riva é la speranza finalmente realizzata,
E i pesci non sono detti tutti buoni ma ci sono tutti. Ecco cosa vuol dire che Cristo sia risorto.
Passo alla seconda sezione del brano evangelico di oggi. La seconda scena trova protagonisti Gesù e
Pietro.
Cosa chiede Gesù a Pietro? Se lo ama. Glielo chiede tre volte. Io non so come Pietro abbia resistito
fino a tre. Io mi sarei inabissato senza che Gesù avesse finito fino in fondo la prima volta la sua
frase. Ve lo immaginate davanti a voi quel Cristo che ci guarda? Altro che esame finestra!
Gesù chiama Pietro a pescare le sue pecorelle, é un'altra immagine della Chiesa e del regno di Dio
che viene avanti. Chiama Pietro perché glielo aveva promesso: "Ti farò pescatore di uomini". Gli
aveva detto: "Tu sarai "pietra" per tutti i tuoi fratelli".
Pensate, sono passati solo pochi giorni dal suo tradimento, sì e no una decina. E a Pietro Gesù dice:
"Tu sei il fondamento, la "pietra".
Lo dice a Pietro che é fragile. A Pietro che é, in questa fase, una persona non sicura, di cui sarebbe
meglio non fidarsi perché non é un uomo di parola, anzi è un traditore!
"Pasci le mie pecorelle" - è l'altro aspetto della Risurrezione. Esso annuncia che Dio ci chiama a
compiere le sue opere e ci chiama scegliendoci come siamo.
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Pietro solo alla fine della sua vita giungerà ad essere fedele al suo Signore e Gesù oggi glielo
anticipa. Pietro morirà anche lui, finalmente fedele al suo Signore, sulla croce. Pietro ne ha
combinato delle altre, oltre a queste; basta leggere gli "Atti degli Apostoli'!
Pietro é un uomo insicuro, ha paura delle critiche, vuole sempre essere giudicato bene e per questo
vende l'anima, ma Pietro é anche un entusiasta. Non é coerente, é fragile.
E' bellissimo, é stupendo. Dio costruisce la sua speranza at traverso quella povera, fragile,
incoerente realtà che siamo noi.
Questa é la vera immagine di Chiesa, che non racchiude i migliori, nemmeno i migliori nella
coerenza, ma gli "uomini". Tutti, come i 153 pesci, quelli buoni e quelli no, tutti.
E' Cristo che dirige la pesca, é Lui che nella Chiesa, attraverso il ministero di Pietro, uomo
inaffidabile e fragile, costruisce la nostra fedeltà dentro il tempo. Cari fratelli, dobbiamo essere
contenti che la Chiesa raccolga tutti (potrebbe essere anche un po' meglio, a dire il vero, non siamo
una gran roba complessivamente), ma dobbiamo essere contenti che sia così, perché non é la scuola
dei geni né intellettualmente né moralmente. Essa é dove si raduna un'assemblea amata da Dio.
Questo deve essere chiaro.
Se non scopriamo al centro del nostro radunarci questa forza della gratuità che ci convoca, noi non
possiamo resistere insieme. Se non avvertissi che a riunirci c'é l'amore di Dio ché perdona e che ci
convoca, io non sopporterei di stare con voi né voi potreste sopportare di stare con me o con chi
altro. Perché fuori da questo schema mi piace quasi niente di quello che facciamo. Mi piace quasi
niente di quello che succede nella Diocesi di Mantova; non sono entusiasta di come va la Chiesa
adesso.
Ma questo é irrilevante, é irrilevante perché a noi, che come Pietro siamo così incoerenti e cosi
fragili, é annunciato che Cristo é vivo, é presente e ci manifesta l'amore di Dio. Allora é proprio in
questa Chiesa che si deve celebrare questo amore; sì proprio noi, perché in noi é chiaro quanto é
grande l'amore di Dio; perché siamo come Pietro, perché come Pietro non reggiamo più di tanto..
Conosciamo grandi entusiasmi, ma senza radici, frutto più di emotività passeggera che non di
scelta vissuta.
Vedete, Gesù ha promesso a Pietro che alla fine anche lui sarebbe arrivato e c'é arrivato davvero. È
arrivato con una grande serenità alla croce del suo Signore. E c'é arrivato con la consapevolezza di
non poterla occupare nel verso giusto, ha voluto rovesciarla.
Ecco, é la vita il grande lago in cui il Signore continua a pescare. E ci pesca (ci salva) proprio lì
dove ci sono le cose che ci danno fastidio, per le quali con Lui ci lamentiamo, e quanto, e quanto
insistentemente ci lamentiamo. Ci pialla, (sono figlio di un falegname, ci pialla).
Quante volte, se siamo onesti nella fede, dovremmo dire: "Grazie, Signore, per aver piallato sul
vivo, altrimenti non mi sarei arreso al tuo amore". E quante volte dovremmo dire: "Grazie, Signore,
perché non mi hai impedito di errare perché attraverso di esso ho capito molto più profondamente
quanto avessi bisogno di te di quanto non lo capissi rimanendoti fedele".
Ecco perché proprio noi nel nostro radunarci, intoniamo l'Alleluia.
Allora cantiamo davvero l'Alleluia perché questa assemblea sia piena della dolcezza di essere amati;
perché questa assemblea sia piena, finalmente, della gioia di essere amati perché ripulita del falso
orgoglio che si dispiace, non per l'errore, ma di non essere inossidabilmente perfetta. Ma proprio
questo é pericoloso perché é contro Dio, é contro la fede perché nega la gratuità del suo amore, nega
la resurrezione.
IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
(GESÙ RISORTO È IL BUON PASTORE)
Dal vangelo secondo Giovanni (10,27-30).
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
lo do loro la vita eterna e non andranno mal perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.
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Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. lo e il
Padre siamo una cosa sola».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (13,14.43-52).
In quel giorni, Paolo e Bàrnaba, attraversando Perge, arrivarono ad Antiòchia di Pisidia ed entrati nella
sinagòga nel giorno di sabato, si sedettero. Molti Giudei e proseliti credenti in Dio seguirono Paolo e
Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, li esortavano a perseverare nella grazia di Dio.
Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola di Dio. Quando videro quella
moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo, bestemmiando.
Allora Paolo e Bàrnaba dichiararono con franchezza: «Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la
parola dl Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai
pagani. Cosi infatti ci ha ordinato il Signore: lo ti ho posto come luce per le genti, perché tu porti la salvezza
sino all'estremità della terre».
Nell'udir ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti quelli che
erano destinati alla vita eterna. La parola di Dio si diffondeva per tutta la regione. Ma i Giudei sobillarono le
donne pie di alto rango e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li
scacciarono dal loro territorio. Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio,
mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.
SECONDA LETTURA
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo (7,9.14-17).
lo, Giovanni, vidi una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e
lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti In vesti candide, e portavano
palme nelle mani.
E uno degli anziani disse: «Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato
le loro vestì rendendole candide col sangue dell'Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli
prestano servizio giorno e notte nel suo santuario; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di
loro.
Non avranno più fame, né avranno più sete, né colpirà il sole, né arsura di sorta, perché l'Agnello che sta in
mezzo al trono sarà loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio tergerà ogni lacrima dai
loro occhi.
(Messa vespertina)
E' tradizionalmente la domenica detta del "Buon Pastore" perché noi leggiamo questo brano nel
quale Gesù presenta se stesso e il senso ed il valore della sua missione attraverso l'immagine del
Buon Pastore.
Credo che dobbiamo operare delle correzioni. Non se ci ave te badato; ma abbiamo così a lungo
parlato di Dio e di cose cristiane che oggi per poterne ancora parlare, abbiamo sempre necessità di
correggere anzitutto le storture. Allora la stortura prima é proprio questa. E' come a Natale quando
saltano fuori i pastori; noi abbiamo subito, chissà perché, dei riflessi condizionati, delle immagini
bucoliche.
Ecco, il termine "pastore" é chiaramente all'interno di un discorso polemico. Pensate: nella Bibbia é
un discorso polemico. Contro chi? E' contro i capi del popolo ed ha una connotazione precisa. E' il
profeta Ezechiele che dà chiarezza e forza a questo discorso. Cosa vuoi dire? Vuol dire che Dio si é
stancato di noi, di tutti quelli che avrebbero dovuto e dovrebbero rappresentarlo. Quelli, cioè, a cui è
dato il compito di Seguire, di guidare, di difendere, di proteggere, di ammaestrare il suo popolo, e
che, a detta di Ezechiele invece, si servono del loro posto per accudire se stessi, per accumulare, per
falcidiare sulle spalle degli altri e diventare loro forti, ricchi e protetti. Ecco, allora, il discorso é
politico perché Dio dice: "Basta, adesso questo popolo non lo farò più guidare da nessuno, ci penso
io. Io direttamente mi occuperò di questo popolo che mi sono liberato e che voglio condurre alla sua
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meta". Per cui quando Gesù arriva e dirà: "Io sono il Buon Pastore" - in fondo concluderà questo
discorso.
E infatti se voi andate a leggere tutto intero il capitolo I del Vangelo di S. Giovanni e lo inquadrate,
vi accorgerete che Gesù dice queste parole. dolcissime, stupende in polemica con i suoi interlocutori
classici: scribi e farisei, quindi in clima polemico. Ma cos'é il senso di questa polemica? E'
stupendo: vuoi dire che é Dio stesso che ci segue, che ci conduce, che sì prende cura di noi.
Ecco, allora, che dobbiamo rileggere anche il nostro essere qui stasera. Tutto questo armamentario
che é stato nei secoli anche molto sclerotizzato, pesante - direi - questo armamentario che é la
Chiesa, rileggiamolo in questa chiave: l'unico pastore é Gesù Cristo.
Qualcuno, direbbe che sono io: qui non c'é nessun pastore se non Lui. Allora i genitori, i catechisti,
i sacerdoti, gli educatori in generale, diranno: "Ma cosa stiamo a fare qui?" Siamo semplicemente
uno strumento perché Dio trovi la strada dell'incontro personale con ogni uomo, donna, con ogni
credente. Quindi la Chiesa non può amministrare niente. C'è un ambito di intimità tra ogni persona,
ogni anima e Dio nel quale entra nessuno: non il confessore, non il papa, nessuno.
Ho spiegato una prima parola: pastore.
C'è un'altra frase: "Le mie pecore ascoltano la mia voce”. Questa frase indica quale tipo di rapporto
si istaura tra Dio e noi.
"Ascoltano la voce" - Mi riferisco senza spiegare troppo perché é complesso, al matrimonio ebraico
preso dall'Antico Testamento. C'erano varie tappe nella celebrazione: una era il fidanzamento
ufficiale, che era praticamente già un matrimonio, sennonché i due non andavano ad abitare
insieme, ci andavano dopo la seconda cerimonia quella fatta nella casa del padre. Non si sposavano
nella sinagoga, era il padre che celebrava il matrimonio, in casa. (Badate che anche qui da noi dopo
il mille si é cominciato ad andare a sposarsi in chiesa, per dire che é un sacramento laico, non solo
religioso per certi versi).
Cosa succedeva? Succedeva: che nel matrimonio ebraico dal momento del fidanzamento fino alle
nozze vere e proprie c'era l'amico dello sposo che aveva il compito di seguire, di vigilare, di
proteggere la sposa. Cosicché sovraintendeva perfino agli ultimi preparativi: il vestito. Ci
pensavano le donne, però lui era responsabile, per cui la conduceva al momento delle nozze, la
affidava allo sposo.
Ora c'era un rito all'interno del complessissimo e lungo rito del matrimonio ebraico, nel quale i due
sposi venivano coperti con una specie di grande lenzuolo ricamato che indicava la presenza di Dio,
la benda che copre la presenza del Signore.
E mentre gli sposi erano sotto questo velo, i presenti che pregavano sentivano che lo sposo e la
sposa cominciavano e parlarsi: si sentiva la voce dello sposo e la voce della sposa.
Era il segno che i due dovevano capirsi un po' alla volta perché cominciava questo grande cammino
dei due, fatti nel nome del Signore in presenza sua.
San Giovanni Battista quando vuole definire chi é lui, dice: "Io sono l'amico dello sposo". Adesso
capite cosa voleva dire: "Io sono l'amico dello sposo”. Adesso che lo sposo é arrivato, si ode la voce
dello sposo: é Lui che deve parlare alla sposa, al popolo. Io l'ho condotta fin qui, se rimanessi
ulteriormente commetterei qualcosa di inaudito".
Tocca a noi quando Gesù dice: "Le mie pecore ascoltano la mia voce". Vedete, vuol dire proprio
questo: che é Lui. Ora tutti siamo solo amici dello sposo: i genitori, i sacerdoti, gli educatori ci
conducono fino là. Non devono più parlarci loto, ma deve essere lo sposo, Gesù a parlarci. E' lui
che dobbiamo ascoltare, intendere; a Lui dare la nostra risposta.
E ancora: "Ascoltano la mia voce e io le conosco". Anche qui nella Bibbia "conoscere" non'é
"sapere". E' un rapporto, ed é un rapporto vivo tra persone vive. E' un incontro nella Bibbia il
"conoscere". E' un'unione personale, é un amalgamarsi fino ad essere nello stesso linguaggio di
Gesù, davvero il segno dell'incontro più personale e più profondo che fa diventare lo sposo e la
sposa una carne sola.
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Ecco, allora, "le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco",- Ecco l'unione personale - La
fede é questo, tanto é vero che la Bibbia, nelle stupende pagine dell'Apocalisse, per indicare il
cammino di fede della comunità, la sposa sulla Terra, in attesa dello sposo dice che lo Spirito e la
sposa invocano: "Vieni Signore Gesù". E lo sposo risponde - questa é l'ultima pagina della Bibbia:
"Si, vengo presto". Allora il secondo punto che ho cercato di spiegare: quale rapporto - é chiaro, un
rapporto personale.
Terzo e ultimo punto. Qualcuno, credo, possa avere l'impressione che io oggi ho fatto propaganda
all'individualismo religioso. Ma io voglio dire questo che il rapporto con Gesù o diventa davvero un
rapporto di comunione, che ho brevemente cercato di descrivere, e allora é possibile la comunità o
non arriva a questo rapporto di comunione e allora non é possibile la comunità.
Vuol dire che se stiamo insieme senza partire da questa profondità che ho indicato, stiamo insieme
certo, non sto dicendo che non vero, ma significa che staremo insieme per qualche altro motivo. E
se stiamo insieme per qualche altro motivo, anche nobile, noi siamo una cosa bella, importante,
tutto quello che voi volete, ma non la Chiesa.
Non sto disprezzando niente, non sto dicendo che esiste solo la Chiesa, C'é una serie di rapporti nel
mondo stupendi, bellissimi i quali non sono la Chiesa, non sono la fede, non sono significativi del
cammino della fede secondo la volontà di Dio, questo é il fatto.
- Se noi rispondiamo a questo Dio siamo Chiesa, non se facciamo tante cose. Ora il problema
grosso é che questo sia vivo, che noi abbiamo con Lui vivo, un rapporto vivo. Il fatto grande é che
con Gesù abbiamo un' rapporto schematico, é uno schema.
Ecco perché con gli sposi, negli incontri di preparazione al matrimonio, prima di dire le cose del
Vangelo, spessissimo cerco di smantellare gli schemi che si hanno nella testa sul Vangelo. Perché
se c'é uno schema, non c'é Cristo, non c'é fede.
Mi pare che complessivamente abbiamo commentato mezza riga del Vangelo, E' un Vangelo
importante proprio perché le nostre comunità, hanno bisogno di comunione con Cristo. Da questo
parte la speranza di creare rapporti di verità fra di noi, rapporti di attenzione, di carità fraterna, di
giustizia.
Ecco, allora, il nostro domandare al Signore nella fede, nella preghiera, nell'incontro con Lui nella
parola: Signore fa' di noi una Chiesa viva. Suscita in ciascuno di noi un apporto con Te non
schematico, ma da vivente a vivente. Fa' che ogni nostro giorno sia questo grande richiamo della
sposa che ti dice: "Vieni Signore Gesù". E facci sentire con sicurezza che la tua risposta é vicina a
noi, che non ci tradisce perché tutti i giorni vieni e tutti i giorni porta te verso di noi.
V DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
(IL COMANDAMENTO DELL’AMORE, SEGNO CRISTIANO)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-35)
Quando Giuda fu uscito dal cenacolo, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è
stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato In lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà
subito.
Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come
io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se
avrete amore gli uni per gli altri».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dagli atti degli Apostoli (At 14,21-27)
Dopo aver annunciato il Vangelo a quella città e aver fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono
a Listra, Icònio e Antiòchia, confermando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede «perché dicevano - dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni». Designarono quindi per loro in
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ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano
creduto. Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge,
scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l'opera
che avevano compiuto.
Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come
avesse aperto ai pagani la porta della fede.
SECONDA LETTURA
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostoli (Ap 21,1-5)
E vidi un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c'era
più. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa
adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva:
«Ecco la tenda di Dio con gli uomini!
Egli abiterà con loro
ed essi saranno suoi popoli
ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio.
E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi
e non vi sarà più la morte
né lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate».
E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». E soggiunse: «Scrivi, perché queste
parole sono certe e vere».
(Messa prefestiva)
Possiamo partire dal libro dell'Apocalisse, ci é offerto dalla Seconda Lettura ed é una pagina che é
ormai alla fine del libro stesso. Presenta la meta - la meta di tutto il lungo cammino che gli uomini,
che noi quindi, percorrono e percorriamo dentro il tempo, dentro queste situazioni di vita.
E la meta é, in termini di simbolo, rappresentata da una città che é Gerusalemme, la città luogo
d'incontro tra Dio e il suo popolo. Città che é addirittura sublimata nell'immagine stupenda di una
sposa pronta a tornare per lo sposo.
Questa é la Chiesa, cioè é questo essere radunati insieme, questo essere città-vita insieme. Non
dimenticate che le città antiche erano separate dal resto dalle mura che insieme difendevano da ciò
che veniva dall'esterno, ma soprattutto contattavano, tenevano insieme, radunavano tutto quello che
stava all'interno.
Però questa immagine non é tanto l'immagine di città quanto l'immagine della sposa, la sposa che é
giunta al giorno delle nozze, che é preparata per questo grande evento. E questo evento che cos' é?
E' un popolo dal quale é tolto ogni lutto, lamento, affanno. Un popolo a cui é stata tersa ogni
lacrima perché le cose vecchie, le cose di prima sono tutte passate, perché il mare ormai é
scomparso. Il mare qui é, come sapete dalla Bibbia, il simbolo di tutto quello che é pericoloso per
l'uomo, di tutto quello che lo fa stare incerto durante la sua vita.
Ecco, tutto questo è cambiato, il lutto non c'é più, il lamento é finito, é finito l'affanno che ci
attanaglia il cuore, le nostre lacrime sono asciugate. La morte che é il riassunto totale di tutta questa
negatività, rappresentata qui dal mare, è prosciugata.
Ecco la meta – L’essere Chiesa dal punto di vista della meta é questo: é l'incontro, é la gioia
dell'incontro, perché nell'incontro é sciolta, superata, vinta ogni incertezza, ogni pericolo é stato
allontanato. Ciò che é contro di noi, pericolosamente contro di noi, non ci ha vinto, non ci ha fatto
uscire dal binario dell'incontro.
Questo é il senso della storia, é il senso del cammino dell'essere Chiesa. Cioè coloro che sono
radunati dall'amore di Cristo, coloro cioè che hanno in Lui creduto, non sono tolti dalla fatica,
dall'affanno, dal pericolo del tempo, ma attraverso questo cammino, che rimane duro e difficile,
sono chiamati alla dolcezza, alla totalità, alla gioia, alla novità dell'incontro. Sì, perché lo sposo é
Dio, é Cristo Signore.
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Quindi, vedete, quello che noi chiamiamo in termini molto approssimativi il Paradiso, é questo. E'
in realtà un incontro, ma un incontro nuziale. E' il perdersi nell'incontro pieno d'amore, per
ritrovarsi finalmente nella pienezza della gioia e della pace. Questa é la meta, la Chiesa é questo.
Ora, voi mi capite, che qui c'é un prevalere della Chiesa come mistero, della Chiesa cioè, che
certamente nel tempo si organizza, per certi versi é inevitabile, siamo persone umane, se non
abbiamo qualche orientamento diventa tutto molto complicato e diventa forse anche pericoloso, ma
certamente non é questo ciò che serve dentro la Chiesa. E' un piccolo strumento e non di importanza
vitale, anzi é un segno di pericolo, a dire il vero, perché la tentazione di contarsi, la tentazione di
organizzarsi, la tentazione di servirsi di questi strumenti umani, credendo più in essi che nella forza
del Signore, é sempre grande. Ecco perché dicevo: "Guardiamo alla meta". Perché la meta ci rivela
il senso del nostro cammino: la Chiesa come mistero. Che cosa vuol dire? Vuol dire questo: la
Chiesa Santa, la voglia, cioè, di scegliere Cristo. La Chiesa, cioè, non é, anche in questo camminare
verso la meta, un affare umano, una scommessa umana. Noi non siamo legati fra di noi dal nostro
credere in fattori di tipo storico, umano, noi siamo insieme ,perché veniamo da Dio, perché scelti da
Dio, perché amati da Dio.
Noi non siamo insieme come chi si dà una meta umana e poiché c'é la convergenza di tutti su quella
meta, stanno bene insieme. Questa modalità di stare insieme definisce il club. Il club dei pescatori,
per esempio; indica una volontà umana rispettabile, buona di raccogliere insieme tutti coloro che
sono appassionati alla pesca. Voi capite che il senso del loro stare insieme si definisce con questa
precisa volontà, una volontà che nasce da questi uomini e che dura finché questi uomini avranno
voglia di stare insieme,
Il nostro stare insieme, anche in questo momento, non nasce da una matrice di questo tipo, non
nasce, voglio dire, dalla nostra volontà. Il nostro stare insieme, che pure sente la difficoltà di
temperamento, la difficoltà a volte delle diverse visioni, in quanti le abbiamo diverse pur credendo
nell'unico Signore, non é uno stare insieme, quindi, per una volontà umana, ma perché in mezzo a
noi, a unirci, é la fede che ciascuno ha in Gesù Cristo.
Allora per concludere torno al Vangelo, vengo a noi, dove questo comandamento, quello che Gesù
chiama il "suo comandamento”, chiama il "nuovo comandamento", é davvero il centro della nostra
esperienza di fede. E' chiaro questo: che noi siamo insieme perché Dio ci ama e accettando il suo
amore tentiamo di rispondergli e ritentiamo ogni giorno di rispondergli amandoci tra di noi. Ecco,
allora, la Chiesa come mistero. Se noi non arriviamo a questa profondità, cari fratelli, ma chi ci fa
stare insieme, ma ci pensate? Basta solo il nostro gruppo di stasera, quanti temperamenti diversi
sono qui rappresentati e profondamente inconciliabili tra di loro, eppure siamo qui e ci ritroviamo
ancora. Perché? E se non é perché stiamo accogliendo Cristo e a Lui rispondiamo, qual é il motivo?
Non ce ne può essere altro.
Ecco, allora, questo "amarsi" gli uni gli altri che non é niente di sentimentale, amarsi tra noi vuol
dire eliminare non solo le differenze, ma i contraccolpi che le differenze fanno sentire su ciascuno
di noi.
Questo é il senso; il nostro trovarci é veramente decisivo, importante perché ci rimanda a Gesù
Cristo, perché ci rimanda a Dio. Non ci rimanda mai a noi stessi, non ci rimanda mai nemmeno, per
fortuna, né ai preti, né alle curie, né al Vaticano, eppure ci devono essere i preti, ci devono essere le
curie e il Vaticano. La cosa importante che non può non esserci é Gesù Cristo, é questo importante.
Allora l'amore a cui siamo chiamati è mettere in centro, in mezzo a noi, capace di coagularci pur
nella nostra diversità, il Cristo, sentire che a Lui rispondiamo o a Lui corrispondiamo. Perché se i
conti li poniamo sempre o quasi sempre o esclusivamente o in modo eccessivo al nostro livello, ci
pensate, ma chi ci farà stare insieme? Chi? Solo che venga un prete o l'altro sull'altare, quanti uscirebbero se radunasse solo il rapporto. E' ben
diverso, é diverso se a questo ci chiama Gesù Cristo.
Il nostro amarci non é niente di affettuoso nel senso sentimentale del termine, il nostro amarci é
accoglierci in profondità perché tutti amati, scelti, convocati da Gesù.
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Allora é bello vedere la diversità, anche la diversità di chi potrebbe darmi fastidio nella sua
diversità, come la mia diversità potrebbe dar fastidio a lui. E' bello perché vuol dire questo:
"Signore c'é posto per tutti. Ciò che é discriminante non é né la diversità né il peccato, ciò che é
discriminante é fidarsi di Te e affidare a Te le nostre vite, sentendo che la meta verso la quale
camminiamo é questo incontro stupendo, incantevole, gioioso, innamorato dello sposo e della
sposa.
E allora la fatica del cammino é proprio questo che man mano decadono tutti i falsi motivi di stare
insieme, decadono per le prove della vita, decadono perché non ci danno risposta fino in fondo. E
alla fine rimandano a ciò che davvero conta e sei Tu, nostro Signore, risorto per tutti noi nel quale
crediamo.
(Messa dei bambini)
Buongiorno. Vediamo un po' se siete svegli. Oggi c'é un Vangelo corto, ma di quelli molto
importanti.
Intanto vi siete accorti a che punto della sua vita Gesù pronuncia queste parole? A che punto? "Nell'Ultima Cena" - Brava. Nell'Ultima Cena. Nell'Ultima Cena mancava tanto a morire? - "No" (quanto mancava? - "Neanche un giorno" - Neanche un giorno perché era alla sera del giovedì e Lui
al venerdì pomeriggio alle tre era già non solo crocefisso, perché l'hanno crocefisso verso
mezzogiorno dopo tutta una notte di qua e di là: Ponzio Pilato, Erode, torna indietro, sommi
sacerdoti, una notte tremenda, ma già morto.
Sapete come lo chiamano questo brano del Vangelo con tutto il discorso di Gesù nell'Ultima Cena?
Lo chiamano il. . . .? vi metto sulla strada. Quando uno vuol lasciare.... "Il testamento" - Brava. Noi
che abbiamo tutti dei cari che sono morti, ci ricordiamo molto, molto più di tutto il resto, le ultime
parole, quelle degli ultimi giorni quando uno dice magari delle frasi importanti che tutti ci portiamo
di dentro con una profondità diversa dalle altre parole che ha detto. Ci sembra, infatti, ed é giusto,
che le ultime parole che uno dice siano quelle più importanti da ricordare sempre.
Ecco, Gesù ha detto queste ultime parole poco prima di morire e sono il suo testamento. Lo sapete
che anche per la legge civile un testamento scritto (perché non ci sia lite tra i parenti) così di proprio
pugno senza il notaio, senza gli avvocati, senza niente, ha valore di legge e nessuno può cambiarlo?
Bene, Gesù ha dato valore di legge a una cosa importante. Che cosa ci ha detto?' Qual é il
messaggio che ci hanno dato queste poche parole? - "Amatevi come Lui ci ha amato" - Perfetto!" "Amatevi gli uni gli altri".
Ah, ecco qua, poi dice: "Da questo riconosceranno . . . Che siete...? - "I miei discepoli".
Io avrei pensato a una cosa: noi che siamo qui, siamo discepoli di Gesù? Avete il coraggio di dirlo
anche se vi state accorgendo che insomma....! stando al testamento che ci ha dato Lui non é tanto
vero? Ma siamo discepoli di Gesù? Ci crediamo? Stiamo ascoltando la sua parola? Siamo stati
battezzati nella sua morte e risurrezione? Molti di noi, qui, l'abbiamo ricevuto e lo riceveranno
anche stamattina nella comunione e viene dentro di noi? - "Si". Uno dice: "Che bello, ma allora
sono tutti dei veri cristiani!" - E' poi vero?" - Le vostre facce diventano più calme. Ahi, ahi, siamo
un po’ incerti! Test-prova. Io vorrei fare questo esperimento. Mettete che venga un extraterrestre,
scegliete voi se da Marte o da Venere, da dove volete, é lo stesso, uno che non sa niente di tutte
queste faccende. E allora, arrivando sulla Terra, incontri, mettiamo, uno di noi e gli dica: "Ascolti
qua, io Vorrei capire qualcosa. Sto vedendo che oggi in alcune parti sono tutti là riuniti. - Ora va
beh, Mantova non é molto grande, vede che qui c'é gente insieme, in S. Andrea c'é una messa a
quest'ora e anche lì dell'altra gente, in S. Barnaba, poi anche in Africa, in America Latina, su a Oslo
in Svezia. “Ma che cosa succede? Si tratta di un avvenimento sportivo? Cos'é?" "Allora, guarda,
dato l'orario non é ancora lo stadio, anche perché quello ne riunisce, forse, molti di più. Dato l'orario
sono i Cristiani"'. - "Ma che merce é?" - "No, non é della merce, sono delle persone che credono in
Gesù". - "Ah, sì, e come faccio a distinguerli dai non cristiani?" - "Guarda, é semplicissimo. Il loro
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capo, che é Gesù, poi ti spiegherò se ho tempo, ha detto: "Voi sarete miei discepoli ……. e voi
sapete tutto il resto.
Ma "il far vedere"…….. Vi faccio una domanda: se ci vedesse tutti qui, e qui pare vada abbastanza
bene, anche i più litigiosi fra di voi sono abbastanza quieti, secondo voi riuscirebbe a capire che
siamo dei cristiani, cioè persone che si distinguono, hanno la caratteristica di amarsi l’un con l'altro?
- "No" - anche secondo te: "No" - "No" - "No".
Carissimi adulti, piccoli, medi, vecchiotti, anzianotti, preti, la risposta é che, secondo i nostri amici
qui, questo marziano, questo extraterrestre, non riuscirebbe a capire che rapporto c'é tra Gesù e noi.
Se ci interrogasse, come io sto interrogando: "Tu credi in Gesù?" - "Ah, moltissimo, vado sempre a
messa".
"Credi in Gesù?" - "So tutti i comandamenti, se non sbaglio sono tredici, no?" - "Sono dieci". - "Ah,
sono dieci, tu te li ricordi ancora.
"Ah, reverendo - qualcuno più anziano - non si capisce più niente! Ai miei tempi....!" Sa ancora tutti
i precetti della Chiesa, cosa che voi non sapéte. - ".. Ora, ascolti qua, lei oltre a sapere i precetti della
Chiesa, come se la cava nella sua vita?" "Bene. Sono un brav'uomo, lavoro, sono onesto". - "Ma....
quella vecchia lite....tra voi fratelli per via dell'eredità, l'avete risolta?" – “Ah, non ci parliamo più
da anni!"
Allora il marziano che arriva qui dice: "Questo qua sa tutto di Gesù Cristo, sa che i Vangeli sono
quattro, sa anche chi so no i profeti. E' formidabile costui!" Però non gli vengono i conti.
Cari i miei amici, là gatta grossa non é star bene qui in chiesa, anche se magari il sacerdote qualche
volta non la finisce proprio velocemente, la gatta grossa da pelare che non finiscono più i peli, é
questa: che si riconosce che siamo cristiani da questo "amore".
Io sto pensando che se dico la:parola “amore" - é una parola difficile da capire bene, siamo tentati di
pensare che c'é un trasporto affettivo. "Ah, come si vogliono bene! Oh, che feeling!" - Si dice così?
- Che feeling che abbiamo!" No, no. L'amore cristiano non è provare .feeling, non é che non ci sia
un po' di antipatia, istintivamente sì, cosa vuol dire?
Io stavo pensando che Gesù dice queste parole quando Giuda gliel'ha già combinata tutta: aspettano
solo che esca di lì per poi prenderlo. I soldati sanno già che a una certa ora arriva in un certo punto,
che va giù per la discesa, in fondo all'avvallamento comincia la salita dell'Orto degli Ulivi che va
fin sulla cima, e Gesù passa sempre'di lì con i suoi quando va a pregare, era facilissimo arrestarlo.
Gesù, secondo voi, in quel momento aveva feeling con Giuda? Provava in termini di emotività, di
emozione, una grande gioia nel vederlo? Non credo, però, vedete, a Giuda voleva bene.
Per esempio, la vostra mamma quando a volte le combinate, é un po' risentita? - 'Sì" - Secondo voi
ha smesso di volervi bene? - "No". Vedete che si può star male dal punto di vista degli affetti e
voler bene. Quindi il voler bene non é fare tanti complimenti agli altri. No, no. Se uno é onesto non
deve recitare la parte di chi si dilunga in tante smancerie, no, no. E' nelle cose che si vuol bene.
Esempio: prestare qualcosa - far giocare il brocco anche lui, il brocco quello che le sbaglia tutte,
quello che non ci prende neanche in un pagliaio. Non é dire: "Uh, che sentimento!"
No. - "Vieni qua, vieni a giocare nella nostra squadra, nel nostro gruppo". - "Ma perdiamo - dice il
tifoso del risultato - perdiamo". - "E' lo stesso, giochiamo un'altra volta". E via di questo passo.
Diventa troppo lunga, chiedo scusa, mi fermo subito. Ci siamo capiti un po'?
Riassunto velocissimo. Gesù fa testamento. Se fa testamento vuol dire che ci tiene, quello che dice é
importante. Il testamento dice: "Voi siete della mia razza, siete dei miei, dei miei amici, se vi
amate".
Il marziano che arriva dice: "Bravissimi, dicono delle cose giuste, mi pare che non le facciano".
Ecco l'impegno; incominciare, tentare, ritentare di farle giuste.
Allora ciascuno di noi durante la comunione, invece di parlare, pensi: "Dov'é che io ho più bisogno
di amare?" E se c'é qualche lite in giro, risolverla. - Ho trattato male qualcuno? Andarlo a cercare,
rinnovare l'amicizia.-Sono stato egoista in casa? Ricominciare daccapo.
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Durante la comunione, se davvero comunione vuol dire testamento di Gesù, o salta fuori questo o
altrimenti abbiamo perso una grande occasione.
Allora: Buon testamento a tutti!
VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
(SIAMO ANIMATI DALLO SPIRITO SANTO)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 14,23-29).
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e Il Padre mio Io amerà
e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; la parola
che voi ascoltate non é mia, ma del Padre che ml ha mandato.
Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi, Ma II Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà
nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che lo vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come le dà il mondo, lo la do a voi. Non sia turbato Il vostro cuore e
non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io
vado dal Padre, perché Il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando,
avverrà, voi crediate».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 15,1-2.22-29)
Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l'usanza di
Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e
Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad
Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i
fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di
Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai
quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri
animi. Ci è parso bene perciò, tutti d'accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri
carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù
Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch'essi, a voce, queste stesse cose. È
parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose
necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni
illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».
SECONDA LETTURA
Dal Libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 21,10-1è.22-23)
L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che
scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma
preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste
porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. A oriente tre porte, a
settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici
basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.
In essa non vidi alcun tempio: il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio.
La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l'Agnello.
(Messa per giovani e adulti)
Questo é un Vangelo di grande sublimità. Ci vuole, quindi un po' di coraggio ad accostargli qualche
parola, un tentativo di commento. Lo facciamo invocando lo Spirito Santo poiché il Vangelo non é
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questione di storica o biblica lettura: il Vangelo è incontro. Ed ora nello Spirito del Signore, senza
del quale non é possibile nemmeno fare in modo corretto il segno della croce, e in nome e nella
forza di questo Spirito cerchiamo di accostare questa parola.
Prima cosa che mi pare importante dire é questa. Se siamo davvero discepoli di questa parola,
certamente dovremmo buttare in soffitta, forse, una gran parte della nostra religiosità. Non voglio
turbare nessuno, se mai sono turbato io sul mio, c'é questo: abbiamo, forse inconsapevolmente,
certo ci abbiamo messo dei secoli, fatto diventare il Cristianesimo una religione di cose, di pratiche,
di celebrazioni, di organizzazioni. E badate che tutto questo va bene, non é già pregiudizialmente
negativo, può andar bene, può durare, può continuare ad esserci, solo che viene dopo. Solo che, se
ha senso, deve trovare qualche altro fondamento ed é questo il problema che questo Vangélo ci
indica. E qual è il fondamento? E' che il Cristianesimo prima di essere Chiesa, di essere dottrina, é
"vita", é vita comunicata. Cerchiamo di svolgere questa idea. Se voi ci badate, la dottrina elaborata:
ascoltare la sua parola, osservare la sua parola, sono legate alla presenza, presenza di unione, di
Padre Figlio, Spirito Santo nella vita del credente. E' questo il nocciolo del Cristianesimo, non altro.
Voi mi capite che se c'é questo, non ha senso il resto.
Facciamo un piccolo esempio che ci sta riguardando in questo momento. Il nostro essere qui deve
allargare la consapevolezza non solo psicologica, anzi non è importantissima, ma morale, di fede, di
vita, di come ciascuno di noi e tutti insieme riposiamo, siamo fondati, traiamo alimento, fiato, fiato
di vivere da Dio. Ma non un Dio generico, quello che presso una gran parte dei cristiani è ancora.
quella specie di operatore universale che ha il problema di non fare andare le stelle fuori strada o
poco. Il Dio di Gesù Cristo, quello che Lui chiama il "Padre", che ritengo sia per noi un illustre
sconosciuto. Il più illustre degli sconosciuti, forse il più sconosciuto degli illustri, è lo Spirito Santo.
Su di esso un vago, generico ricordare che tutto sommato ci é ricordato di volerci bene e fare del
bene ogni tanto.
Però, voi mi capite, le nostre chiese intorno a questo Gesù generico, a questo Padre assente, a
questo Spirito Santo addirittura latitante, si riempiono di tanto in tanto, con qualche successo
maggiore nel Natale, a lunga distanza nella Pasqua; Pentecoste, che sarà fra due domeniche, vuol
dire niente. E badate che ho citato i tre grandi momenti che dovrebbero renderci chiaro chi é Dio nel
suo mandare il Figlio, nel suo darcelo fino in fondo nell'abisso della nostra esperienza di peccato e
di morte, per ridarcelo nel suo abisso di vita e di splendore.
E infine la Pentecoste dove tutto questo che in Cristo é chiaro, diventa vitale per tutti noi.
Ma io ritengo che la vita di fede delle nostre comunità non abbia questo respiro trinitario, questo
respiro di vita a noi comunicata da Dio. Quindi la vita di fede, la vita di preghiera, per esempio, che
alimenta la fede, non é dialogo con questo Dio che ci é stato dato e nel quale noi viviamo e da cui
traiamo vitalità 'per il nostro cammino. E' sempre fuori, é sempre esterno o lontano o adirato, non é
dentro, non é ciò che sorregge, che rende vita.
Questo vuol dire che noi poniamo delle preghiere, quando le poniamo e non sono un ritorno alla
radice della nostra verità più profonda, ma sono in qualche modo un baratto, un contratto, una
richiesta, un arrabbiarci, un far valere quelle che sembrano i nostri diritti e quindi tutte le sfumature,
ma che avete dentro voi.
E badate che alla base della nostra fede c'é il battesimo che ci dona l'abitazione; e non prendete
questi termini, per favore, se ci riuscite, in modo blando e moraleggiante come idee o begli esempi,
sto dicendo delle cose che veramente sono fatti, non esempi. Quando dico inabitazione, presenza di
Dio, dico un fatto presente, non come se Dio fosse presente, Dio che é presente. Nel battesimo
questo ci é stato dato: inabitazione di Padre, Figlio e Spirito Santo e con la ripresa della Cresima.
Ogni volta che celebriamo un sacramento, é questo che succede. E se non succede questo, noi non
celebriamo un sacramento, ma una celebrazione dell'involucro, il rito abbiamo celebrato. Il
sacramento é che attraverso, per mezzo del rito, Dio é presente, fa, opera, trasforma, vitalizza, dà
fiato, dà vita.
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Allora vedete che al sacramento non si va con atteggiamento diverso (e che ciascuno vada a vedere
nelle sue esperienze per capire cosa significa) da quale, per esempio? Da quello con cui uno va da
un amico, va dalla fidanzata, dal fidanzato, dalla sposa, dal fratello. Non é possibile altro approccio
che questo. E allora noi siamo molto responsabili in termini e positivi e negativi dell'aridità, della
nostra fede quando prevale al modo, per esempio, degli antichi farisei. Ma badate che era gente più
seria di quanto noi li riteniamo; era gente che faceva davvero del buono. Gesù, sapete perché li
condanna? Non perché facevano finta, non facevano finta (ci andrebbe bene che facessero finta così
li eliminiamo), era gente molto seria, sennonché non andava al rapporto con Dio nel modo che ho
cercato di descrivervi. Andava al rapporto con Dio con le cose, le virtù, gli impegni, le fatiche, le
coerenze giocate su se stessi e quindi portavano a Dio un malloppo che inchiodava il loro Dio ad
essere rispettoso del loro rapporto e delle loro opere.
Il loro difetto é il nostro difetto: partivano da se stessi. Invece la vera fede cristiana è che noi
partiamo e ci sentiamo fondati in Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo.
E allora c'è da domandarci: ma la mia fede, la mia preghiera, fa, i conti con questo Dio cosa?
Io devo sinceramente dire che anni fa pregavo di più, credevo di più a questa linea, oggi sono
soffocato di più, devo convertirmi dalle cose. Sono più funzionale a quello che chiamo "la ditta".Ma
badate che questo non ci salva l'anima davanti a Dio, anche se piacciamo ai vescovi, se diventiamo
improvvisamente bravi perché si va avanti, ma non é questo, é davanti al Signore che bisogna
tornare.
Ecco, mi capite, é molto grave il problema, perché noi, credendoci gente seria, perché ci
impegniamo, vogliamo fare le cose bene ecc., alla fine corriamo il rischio di fare tutto questo senza
che ci sia Dio, senza partire da Lui e soprattutto senza arrivarci. Mi pare che sia importante riflettere
su questo..
Badate, anche in questo momento, ed io credo che dovremmo pensarci di più, o é il Dio Padre,
Figlio e Spirito che in Mezzo a noi ci coagulano o è niente.
Le parole che io dico, che spero di dire contro nessuno, ma per voi, é perché il cammino della fede
sia più vero. Parole che giudicano anzitutto chi le pronuncia e che dovrebbe sempre dirle con
timore, con paura di non sovrapporsi alla parole del Signore e tutto questo non ha senso se non
vanno da Lui e soprattutto non arrivano ad amarlo.
Ecco, dobbiamo chiedere al Signore questa chiarezza di stare dentro fino in fondo in quello che é il
luogo della nostra fecondità.
Lo sapete, io parlo di cose anche se me ne intendo poco, una gravidanza extrauterina in generale
non arriva a maturazione, é impossibile.
Ecco, noi abbiamo rispetto al Signore (mi permettete il paragone, forse un po' spinto, ma,..) non la
mancanza di fecondità, ma che é fecondità extrauterina, non arriva niente a maturazione, non nasce
più niente perché é fuori posto. Facciamo delle cose sacrosante, giuste, belle, importanti, ma non
sono piazzate dove c'é il luogo e le condizioni di vitalità.
Ho finito la predica.
Desidero dire un'altra cosa che non centra, che é da tempo che voglio dire perché mi affligge ogni
volta che celebro, ogni volta che sono qui. La S. Messa é l'incontro di tutti con il Signore dall'inizio
fino alla fine. Mi sembra non rispetti qualche mentalità cristiana il fatto che la nostra chiesa,
specialmente a questa messa, sia vuota all'inizio e si riempia man mano mentre si fa l'atto
penitenziale, si dice la preghiera, vengono lette le letture. La messa é la comunità che la celebra,
non una comunità che non c'é, che comincia ad esserci. Noi non facciamo il provino dei films della
settimana prossima, la messa vale dall'inizio. Lo dico questo, non perché sono il padrone della
chiesa, non sono il padrone di niente. Lo dico perché mi sembra che consenta una celebrazione più
rispettosa. Se avete dei problemi seri per cui non potete essere presenti dall'inizio, non
preoccupatevi, venite quando volete, ma se é semplicemente perché non ci pensate, ho deciso di
farvi pensare.
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V DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)
(TRALCI UNITI ALLA VITE)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 15,1-8).
In quel tempo, Gesù disse al suoi discepoli: «lo sono la vera vite e Il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio
che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete
già mondi, per la parola the vi ho annunziato.
Rimanete in me e Io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così
anche voi se non rimanete in me. Io sono le vite voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto,
perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e
poi lo raccolgono e io gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo ho
glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 9,26-31)
In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui,
non credendo che fosse un discepolo.
Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva
visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù.
Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del
Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a
saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.
La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel
timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 3,18-24)
Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa
esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la
riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli
altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In
questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
(Messa prefestiva)
Che cosa, che cosa vuol dire, al di là del pratico e dell'immediatamente comprensibile, questo
Vangelo?
Che cosa vuol dire, per noi, essere i tralci della, vite, che é Cristo?
Che cosa vuol dire "rimanere" nel Signore?
Essere d'accordo? Andare in chiesa? O secondo un generico atteggiamento che regna dappertutto
(ma poi non é vero): tutti amiamo il prossimo, tutti facciamo il nostro dovere, tutti paghiamo le
tasse e via di questo passo.
Che cosa vuol dire. se poi lo paragoniamo con quello che ci diceva la seconda lettura, "...chi osserva
i suoi comandamenti dimora in Dio e Dio dimora in lui..."
Ecco: rimanere, dimorare, osservare i comandamenti. Ecco qua, molto chiaro.
Rimanere nel Signore vuoi dire davvero aver fede in Lui, vivere di Lui.
Avere fede significa, voi lo sapete, essere fondati con la sicurezza, con forza su di Lui;
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Prima ancora di essere capaci, e Magari di avere voglia, di fare il bene, di essere buoni, prima
ancora, é avere sicurezza perché c'è Lui, perché il nostro fondamento è Lui; perché noi crediamo
che le sue parole, le sue promesse più sicure, più certe di questo messale liturgico, di me stesso che
parlo, della tua mano alla quale mi posso aggrappare perché sono incerto, delle tue parole che ti
chiedo per rassicurare la mia incertezza.
Rimanere in Lui, è credere in Lui, credere nella sicurezza assoluta delle sue promesse, della sua
parola.
Vedete, noi pur essendo profondamente d'accordo col Signore, se siamo qui certamente vuol dire
che siamo d'accordo, non riusciamo altrettanto a rassicurarci, a fondarci su di Lui
senza essere dubbiosi.
Questo é il primo, chiarissimo atteggiamento.
Ecco perché la nostra vita cristiana non va avanti e non va avanti pur facendo molte comunioni.
Noi consumiamo annualmente, pensate, 600-700 mila lire di ostie, una cifra impressionante.
Consumatori, vedete, consumatori anche qui.
Ormai siamo una parrocchia che va avanti a 3.000 all'ora, nella fede! Perché, non é cosi? Perché
non solo non andiamo avanti, perché correvamo ho l'impressione, non giudico nessuno. Sono qui
con sincerità davanti a voi e al Signore. Come mai? Credo, proprio perché non è vero che c'é alla
base di quello che noi facciamo, di quello che pensiamo, delle attività apostoliche, di tutto quello
che volete il Signore, non solo in voi, ma nel prete.. Presuppongo di farlo nel suo nome, e va beh,
speriamo che sia vero. Ma, a fondamento, c'é proprio il Signore? Quante volte c'é il mio io, c'è la
parola di Lui che mi dice teoricamente "voglio farlo". Ma il fondamento é che ho Capito? Il
fondamento é che voglio farlo, é il mio io, chi? o il Signore?
Vedete la differenza é enorme, Anche se si fanno le stesse cose.
E noi crediamo di essere proprio perché facciamo le cose di chiesa, di esseri il tralcio attaccato alla
vite, siamo qui davanti all’altare con i paramenti.
Se posso dire: “Fermati un secondo, hai indosso l'abito da scena, perché adesso é l'ora della tua
rappresentazione' o questo abito, in fondo, é dentro di te, dentro di noi, come comunità che crede? 0
questo abito lo tiriamo fuori per venire in chiesa, come certi costosissimi abiti da sposa vanno bene
solo quel momento li e basta? Avete visto qualcuno andare a. prendere il gelato in abito da sposa?
No!
HO l'impressione che il Signore sia per noi la grande cerimonia, la festa l'abito da sposa. Siamo in
ghingheri, Siamo come quelle spose che sono cosi agghindate e trasformate il giorno della loro
festa, che non le si riconosce nemmeno, La nostra chiesa è un po' così, trasformata, imbellettata,
recita bene la sua parte e dopo, magari a casa, durante tutti i giorni non si mette a lavare le
mattonelle, non accetta i vetri da pulire, Questa é la chiesa, non la cerimonia, l'abito da sposa, due
dita di belletto, tre ore dalla parrucchiera.
Ecco qua la chiesa, la vite, i tralci, essere in Lui, Dopo evidentemente non partiamo, non possiamo
farlo, non siamo fondati. Badate che possiamo fare comunioni su comunioni senza fondarci sul
Signore.
Io posso fare delle prediche che magari convertono i pazienti ascoltatori e non nascono dal Signore.
Solo perché ho un po' di mestiere, un po' di conoscenza teologica, un po'di abilità retorica oratoria,
sono un istrione. Potrei recitare, é uno dei mestieri che potevo fare. Qualcuno, cattivo, potrebbe dire
"Bravo Ulisse, tu in fondo di là, reciti te stesso". Credo non abbia torto.
Basta. Ci fermiamo qui. Chiediamo al Signore di entrare in rapporto serio, proprio con Lui, proprio
solo con Lui. Altrimenti é rischioso tutto: è rischiosa la liturgia, é rischiosa l'organizzazione
ecclesiastica, é rischioso il prete, è rischioso il papa, è rischiosa la chiesa, tutto!
E questo non è, cari fedeli, e lo dico tra parentesi, liturgia, parola. Vuol dire mettere l'accento giusto
al posto giusto, dentro, nel fondamento del Signore. Se non c'entra Lui, tutto il resto è davvero,
come dicevamo prima, recitazione. Magari buona, ma recitazione.
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(Messa dei bambini) - omelia dialogata
Buongiorno. Buongiorno anche agli ultimi arrivati che non ho potuto salutare all'inizio, come
comanda la regola della Messa. Una battaglia persa, lo so, E' che la liturgia non si potrebbe mai
celebrare se non c'è il popolo riunito in Dio. Lo dice il Concilio, non un prete di campagna,
Allora il Vangelo di oggi. Di che cosa ai tratta oggi nel Vangelo? Vediamo un po' se siete svegli. i
"Dei tralci e della vite".
Oggi é un Vangelo dedicato all’agricoltura. Ci dice delle cose molto strane, che non riesco a capire
bene e si che sano anni che leggo il Vangelo!
Gesù dice: "Voi siete i tralci della vite" - che é una pianta bella, che, fra l'altro, fa un frutto
gustosissimo: l'uva. Dall'uva, poi, si ricava un nettare che, come dice il Salmo, se preso in dosi
giuste, dopo no, "rallegra il cuore degli uomini".
Ho citato un salmo, sta scritto, quindi chi é buongustaio di vino, stia tranquillo, perché é addirittura
secondo la fede. Questo perché? Perché la vite indica la gioia, indica la bellezza dello stare insieme.
Infatti nelle famiglie se c'é il vino buono, c'é festa. Uno non si mette là, non si mette con il bicchiere
da solo, che ha già fatto festa. Invece un bicchiere insieme, perché c'è la compagnia, perché é bello,
é un segno di fraternità Per questo Gesù prende questo esempio.
Cosa dice? Dice questo: in ogni pianta, giusta come Dio comanda, non c'é nessun ramo da frutto
staccato dall'albero. Voi provate a prendere un ramo bellissimo, un ramo come avete visto fioriti in
questa primavera, bellissimi. Avete visto i fiori …..di che cosa? Del pero, del melo, del pesco,
bianchi e rosa, stupendi.
Ecco, voi provate a prendere un ramo di quelli fioriti, Voi sapete che dal fiore poi nasce il frutto,
quando c'é maturazione, proprio perché il ramo é bellissimo e fioritissimo dalla pianta. Lasciatelo li,
cosa succede? "Appassisce."
E verranno da quel ramo distaccato i frutti? No, non verranno più frutti.
Ecco Gesù che cosa dice "Carissimi, siete un ramo fiorito”. E Dio sa come é vero. Quante volte
siamo davvero fioriti. Il problema, dico, non é di fiorire bene, é di arrivare fino al frutto.
Io vedo questa nostra chiesa che fiorisce, voi guardate, date un'occhiata in giro. Vedete quante
persone ci sono, Ma c'è una distanza enorme. È cosi anche sugli alberi, perché di è.000 fiori
diventeranno frutto, non so, trecento, non so però, proprio pochi.
Cari amici, cosa vuol dire oggi il Signore? Essere nel Signore mi va bene? Cosa vuol dire: che
siamo d'accordo con quello che Lui ha detto? E' sufficiente questo? Mi dite di no. E pensare che c’è
un sacco di gente, se vi guardate in giro, che ha detto di Gesù Cristo che é bravissimo.
Poi ognuno se lo tira dalla sua parte. Chi é socialista dice: "E' stato il primo dei socialisti" E va beh!
Chi é un po' sul liberale dice: "Però Gesù ha gettato la libertà di base. Non ha fatto violenza a
nessuno."
Ognuno se lo tira dove vuole. All'epoca del '68 Gesù é stato rappresentato col mitra:
Il fatto è che noi non ci lasciamo tirare da Lui. Lo tiriamo, siamo sempre d'accordo.
Portare frutto vuol dire che osserviamo i suoi comandamenti, osserviamo la sua parola.
La seconda lettura dice! "Chi osserva i suoi comandamenti, dimora in Dio ed Egli in noi.
Posso ora citare i miei amici di seconda media senza che si sentano offesi? Cosa dicono? Non
vogliono essere citati. Niente, non li cito. Parlerò dopo. Badate non è solo questione di quest'anno, é
sempre così.
Vi ricordate la raccolta delle medicine? -"Oh! che meraviglia che siamo. Come stiamo andando
fortissimo!
I genitori: "Si, si va bene per i nostri ragazzi, certo." Fioritura stupenda. Io credo che quelle
medicine marciranno qui. No, non marciranno perché, in qualche modo, dove devono andare, ci
arriveranno.
Però credo, badate non é colpa vostra, é un esempio solo. Per i genitori i loro bambini sono sempre
impegnati, giustamente. Vigliacco, se perdete una danza, se dovete danzare. Vigliacco, se i nostri
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sportivi, che pure si credono della comunità di S. Pio X, vengono a Messa. E vigliacco, se perdono
una partita.
Cari i miei fratelli, fuori dai denti (già lo sapete, ho un brutto vizio): noi siamo sempre troppo
d'accordo. E' sempre bello quello che si deve fare, purché tocchi ad altri il farlo. Armiamoci e
partite.
"Dimorare in Gesù" vuol dire che Gesù non può essere importante al catechismo e non importante a
casa, non può essere importante in chiesa e non importante nella vita. Tutto li. Ci vuole pazienza:
ecco perché siamo qui.
Siamo qui perché siamo il più bel esempio della pazienza di Gesù verso gli uomini.
Siamo qui perché noi sappiamo di essere gente che fa fatica, per questo siamo qui. Siamo qui
perché senza Gesù non riusciremmo a fare il prete, a fare il papà, a fare i catechisti, a fare gli
insegnanti. Mi fermo. Cari fratelli, (ci state?) dedichiamo tutta questa S. Messa, tutta la preghiera, la
Comunione a questo scopo: di non essere sempre una fioritura stupenda a primavera e un albero
deserto di frutti quando è l'ora; di non accontentarci della lezione di Dio che, pure dopotutto, ha un
suo fascino. Ma se non c'é stata la pienezza dell'estate, la raccolta dei frutti d’autunno é molto
povera.
Chiediamo al Signore di essere primavera, estate e anche autunno, ma di essere gente che porta
frutto nel suo nome.
VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)
(TESTIMONIARE L'AMORE DI DIO)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 15,9-17).
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come ti Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi.
Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho
osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia
In voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho
amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se
farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone;
ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto
rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nei mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando:
amatevi gli uni gli altri».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 10,25-27.34-35.44-48).
Avvenne che, mentre Pietro stava per entrare (nella casa di Cornelio), questi andandogli incontro si gettò ai
suoi piedi per adorarlo. Ma Pietro Io rialzò, dicendo: «Alzati: anch'io sono un uomo!». Poi, continuando a
conversare con lui, entrò e, trovate riunite molte persone, disse loro: « In verità sto rendendomi conto che
Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui
accetto». Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che
ascoltavano il discorso. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliarono che anche sopra i
pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo; Ii sentivano infatti parlare lingue e glorificare Dio. Allora
Pietro disse: «Forse che si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito
Santo al pari di noi?». E ordinò che fossero battezzati nel nome dl Gesù Cristo. Dopo tutto questo lo
pregarono di fermarsi alcuni giorni.
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 4,7-10).
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce
Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio per
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noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta
l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima
dl espiazione peri nostri peccati.
(Messa per giovani, e adulti)
Dopo che questa parola é stata annunciata su di noi; ritengo che l'unica sarebbe: "Ragazzi,
prendiamo su, andiamo via." Perché? Perché, purtroppo, tutti noi siamo capaci, magari
con sforzo, con impegno, ma siamo capaci, fondamentalmente, di elaborare buoni proponimenti,
riflessioni anche ardite, generose: ardite nella generosità, nell'impegno, quanto a riflessioni.
Ma poi il problema non é che siamo in disaccordo. Ci va benissimo. Magari, in tanto grigiore, ci
riscalda un po' il cuore. E dopo? E dopo questa Messa? Magari il prete ci ha, anche, ben scaldati, ci
ha dato vigore. Chissà, forse ci montiamo la testa. Crediamo di poterlo spiegare agli altri. E dopo?
Ma, permettetemi un'altra perdita di tempo, che prima di arrivare a queste parole, l'abbiamo detto
nell'atto penitenziale; dicendo qual’é la verità che siamo qui.
Domenica scorsa la seconda lettura diceva: amiamo nei fatti e nella verità.”
Oggi, una domenica dopo, una bella notizia e una tremenda. La bella notizia é molto chiara,
l'AMORE è questo che è LUI che ci AMA.
La seconda lettura dice con chiarezza: "...in questo sta l'amore, non siamo stati noi ad amare Dio.."
Meno male che non ci è toccato partire, ma é Lui che ci ama. E per farci capire che Lui non ci ama
stando chissà dove, dice con chiarezza che ha mandato suo figlio in mezzo a noi, non in un collegio
d’educande, in questo mondo. Con le teste più dure del mondo: gli Ebrei. Non accusatemi di
antisemitismo, sta nella Bibbia: "Siete un popolo di dura cervice."
L'AMORE, quindi, questa é la bella notizia, che Lui ci è venuto incontro. Non ci è venuto incontro;
no, sto dicendo male. Lui coniuga un tempo solo: "ci VIENE incontro".
Non l'ha fatto, non si è riposato, ma ha un unico atteggiamento "ci sta venendo incontro".
La fede é questo: quando incominciamo davvero a sapere – per una sapienza interiore, per
un'esperienza profonda - che questo è vero nel nostro intimo. E se ci capita di essere stanchi, di
lamentarci, vuoi dire che noi abbiamo una fede solo teorica. Una fede dove, se ci viene posta
qualche domanda, noi rispondiamo subito. Una fede dove, se la domanda ci è posta dalla vita, (che
non è una teoria, é un'esperienza é il come reagisco di fronte ai fatti, alle persone), bene, di fronte a
questa domanda (che é quella della vita), non ci può essere una fede che un attimo prima é in grado
di convincere il più recalcitrante dei dubbiosi e un attimo dopo non mi risponde per vivere, non mi
sorregge nelle difficoltà. E allora significa che non abbiamo una fede profonda. Non ho detto che
non abbiamo una fede in assoluto; non é profonda. Non ha incontrato la concretezza che è limpidità.
Ecco, perché, cari amici e fratelli nel Signore, noi siamo spesso stanchi, un po’ afflitti, senza gioie
oppure affaticati dal nostro tirare avanti. Perché, non avendo sperimentato che l'amore é Lui che ci
ama, non siamo più d'accordo pur parlandone sempre. E' perché abbiamo tolto Dio dalla nostra vita,
Quando facciamo le cose, quando c'impegniamo e non salta fuori niente, ci lamentiamo. Atto di
fede: "Signore devo essere anch'io del tuo popolo di dura cervice? Chissà dove mi stai portando e io
non lo vedo!'
E giustamente, quindi, le cose non vanno, perché voglio che vadano come voglio io, E mi lamento
con te, mentre dovrei ringraziarti."
Se su questo devo farvi una predica, ci sto riuscendo, mi viene giusta, lo so che mi viene giusta.
Ma da soli, a ricominciare le giornate quando non se ne ha nessuna voglia, poter dire, con sincerità:
"Signore non ho scoperto dove tu mi stai amando."
Siamo come quei bambini che vogliono giocare con i coltelli che le donne usano per spolpare la
carne e, trovandosi di fronte ad un rifiuto, fanno i capricci. A dar loro un giochino che di solito
amano molto, ve lo sbattono indietro, offesissimi.
Mi pare che facciamo un po' così col Signore.
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Volendo giocare con delle cose pericolose, abbiamo deciso, leggendo il Vangelo, di essere migliori,
di essere perfetti. Ma l'abbiamo deciso noi.
Se Gesù fosse stato semplicemente un uomo quando alla grande svolta del Cap. 6° di S. Giovanni,
con tutta la gente che vuol farlo re (ma poi si scopre che é per aver mangiato gratis) avrebbe potuto
prendere la palla al balzo, era il momento buono: il popolo 'lo seguiva.
No, aspetta di essere messo in ridicolo per realizzare il sul suo donarsi. Lo prendono in giro, lo
sbeffeggiano: "Eccolo lì, che fa il furbo, che butta giù il tempio e poi lo riedifica in tre giorni. Vieni
giù di lì. Stacca il chiodo, se sei capace."
Bene. Cosa avremmo detto noi: "Questa gente che ho sfamato, che ho guarito, a cui ho annunciato
la speranza, non può trattarmi così".
Cosa avremmo detto? Avremmo detto si o no, che eravamo dei falliti, che Dio si era dimenticato di
noi.
Ci é andato vicino anche Lui. Questo ci consola un po', "Perché mi hai abbandonato?" È vero che
sta citando un salmo, il Salmo 21 che è una preghiera, però una preghiera della lotta, dell'incertezza.
Ecco qui, la prima bella notizia, forse è il caso di fermar ci. Quella tremenda ve la risparmio. Quella
tremenda siamo noi, quindi neanche ve la dico la notizia tremenda, ce la portiamo addosso; in
questo senso, che abbiamo lo sbaglio che ci perseguita; cioè l'alibi è questo, ma non è la parola
giusta - alibi - è equivoco più che alibi.
E' l'equivoco che, essendo d'accordo su tutto quello che abbiamo insieme riflettuto e meditato nella
fede. Essendo d'accordo su questo ed essendo d'accordo all'interno del grande momento costitutivo
della nostra chiesa, che é Cristo nell'Eucarestia, che è Cristo che ci ama, che rende presente e
operante qui il suo amore, che è diventato cibo del nostro cammino. In tutto questo altissimo livello
di grazia, poiché siamo d'accordo, noi abbiamo l'equivoco di essere gente che di questo vive, é un
po' troppo un impegno. D'accordo, fra 10 minuti sarò li ancora a lamentarmi. Sto diventando, ormai,
cronicamente brontolone.
Un signore mi ha detto questa settimana: "Oh, se sei impegnato, sei irriconoscibile!" Penso anch'io
che sia cosa. Credo che sia un calo di fede. Allora bisogna che ci mettiamo in questa notizia
tremenda che siamo noi a dimenticare tutto ciò che celebriamo e che crediamo.
Ecco, allora, la gioia di poter ancora guardarci in faccia, perché, per fortuna, pare che il suo amore
sia assolutamente gratuito. E questo é bellissimo. Non aspetta che siamo gente degna di amore, ma
ci ama a tal punto da vederci sempre degni di Lui.
Voglio dire: un figlio può darsi non sia il massimo della bellezza, ma un figlio é bello, é sempre
bello perché lo si ama. Un figlio dà dei dispiaceri, dà delle gioie, ma non si aspettano le gioie per
volergli bene, gli si vuol bene. Ecco noi siamo ogni volta e sempre amati da Dio gratuitamente in
questo modo.
Cari amici e fratelli nel Signore, allora accettiamo il crocifisso.
Quando mi lamento e ho poca fede, cosa faccio; vedo i difetti dei miei fratelli, li distinguo,
mentalmente li metto in categorie.
Se invece accolgo che io e i miei fratelli siamo tutti insieme amati, non ce n'è più nessuna di
categorie: siamo tutti e solo, con 300.000 esclamativi, tutti e solo amati. Ecco, ricordiamocene per
quando ci lamentiamo, per quando siamo stanchi, per quanto badiamo troppo a quello che facciamo
noi e troppo poco a quello che succede attorno.
ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO B)
(CRISTO NON CI ABBANDONA)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 18,15-20).
In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse lori: «Andate In tutto il mondo e predicate li vangelo ad ogni
creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà Salvo, ma chi non Crederà sarà condannato. E questi saranno i
segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue
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nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, Imporranno le
mani ai malati e questi guariranno».
li Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto In cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi
partirono e predicarono dappertutto, mentre ti Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i
prodigi che l'accompagnavano.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Degli Atti degli Apostoli (At 1,1-11).
Nel mio primo libro ho già trattato, o Teofilo, di tutto quello che Gesù fece e Insegnò dal principio fino al
giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agii apostoli che si ara scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in
cielo. Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni
e parlando del regno di Dio. Mentre al trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontananti da
Gerusalemme, ma di attendere che si adempiesse la promessa del Padre «quella che, che voi avete udito da
me: Giovanni ha battezzato con acqua, Voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni».
Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: «Signore, questo li tempo In ai ricostituirai il regno di
Israele?». Ma egli rispose: «Non tocca a voi conoscere tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua
scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni e Gerusalemme, in
tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra». Detto questo, fu elevato in alto sotto i
loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando li cielo mentre egli se
n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Gaillea, perché state
a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato tra di voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso
modo in cui l’avete visto andare in cielo».
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (Ef 4,1-13).
Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che
avete ricevuto,con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore
di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una
sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede,
un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è
presente in tutti.
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto:
Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. Ma cosa significa che ascese, se
non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di
tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose.
Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad
altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo
di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo
perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.
(Seconda messa del mattino)
Abbiamo già detto, e il Vangelo lo ricorda chiaramente, che noi celebriamo oggi la festa
dell'ASCENSIONE. Una festa che si richiama a un episodio che ha molti aspetti. Non é
semplicemente un trasferimento: Cristo che abbandona la terra e ritorna verso il Padre. Questo
corrisponde un po' alla nostra visione che é sempre un po' infantile. Quando parliamo di Dio, tutti
noi balbettiamo su di Lui, per cui tutto ciò che é in alto é buono, ciò che é in basso é cattivo.
A terra, anche perché vi abitiamo, é luogo di difficoltà, di discordia, di cattiverie e quindi Gesù,
dono di Dio, che deve ritornare alla purezza iniziale, alla sua origine, non può star troppo qui
mescolato con questo mondo. E' un'idea negativa che abbiamo.
L'ASCENSIONE, invece, non é questo Passaggio di abbandono, é l'inizio di un altro rapporto, di un
altro modo di rapportarci con noi da parte di Dio e di Gesù Cristo.
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Gesù scompare dagli occhi dei suoi. Dal Monte degli Ulivi, avendo di fronte il Tempio e tutta
Gerusalemme, li saluta e sparisce. Che cosa vuoi dire che Lui sparisce? Che cosa vuol dire che però
non é andato via ?
Vuol dire questo: sparisce come presenza rassicurante, è una sponda Gesù per i suoi che l'hanno
seguito.
Lo facciamo anche noi così tutti i giorni, quando ci mancano gli appigli, Gesù é la nostra sponda.
Vorremmo che fosse proprio lì, che ci parlasse, che ci rispondesse.
Ecco, Gesù ci fa capire che ormai non é più la sponda familiare di prima, che lo si chiama ed è li,
risponde e rassicura. Ora sarà presente, ma non più in questo modo. Sarà presente attraverso la sua
opera, attraverso la presenza dello Spirito Santo.
Lo so che quando dico a me e a voi - Gesù é presente ora attraverso l'opera dello Spirito Santo - alla
fin fine mi pare di rimanere lì come dire; "Boh!."
Quando si é bambini e c'é il compleanno del fratello, lui ha il regalo quello grosso perché é la sua
festa, e come tutti i bambini si é li con gli occhi invidiosi. Allora danno sempre un regalino di
accompagnamento perché non si rimanga troppo male. Però guarda il suo e se ne accorge che é di
consolazione, guarda quell'altro e dice:"Non é lo stesso".
Ho l'impressione che a parlare a noi e ai cristiani lo Spirito Santo sia: "Si, va beh, é un calcio
d'angolo, è un rimedio così." No, no, cari fratelli, é tutt'altro che un rimedio, perché adesso la nostra
presenza col Cristo, il nostro incontro con Lui, non sono più nei fatti esteriori, ma in una presenza
che non sta accanto a noi, sta dentro di noi.
Vedete, il rischio di tutta l'esperienza di Gesù con i discepoli é questa: si sono fatti tre o quattro anni
con Lui tutti i giorni. Noi, forse, nella nostra superbia diremmo: "Ma io se avessi fatto tre o quattro
anni tutti i giorni con Gesù,
accidenti, una roba da sparò! (usando un linguaggio dei ragazzi di oggi), sarei veramente cambiato."
No, no, é un'illusione.
Era necessario che Gesù partisse, che abbandonasse questa presenza rassicurante perché venendo lo
Spirito da compagno che stava accanto a loro, diventasse la forza, il coraggio, la fede che era dentro
di loro. E questo non si opera senza lo Spirito Santo, per cui lo Spirito Santo é colui che continua
l'opera, il messaggio di Gesù, non più accanto a loro, fino alle nostro orecchie, fino ai nostri occhi,
ma dentro di noi, al di là degli occhi, al di là delle orecchie.
Ed era necessario, quindi, che Gesù abbandonasse questa modalità terrena proprio perché lo Spirito
trasformasse il cuore dei discepoli,
Ecco allora, cari amici e fratelli, l'Ascensione ci dice: Cristo é presente, é presente attraverso il dono
dello Spirito. Ogni volta che noi annunciamo la parola, per esempio, vedete, in questo momento;
benché chi vi parla sia un poveraccio, il popolo presente sarà probabilmente un popolo di poveracci,
gente normale, con difetti, con peccati, con fatiche, con incertezze nella fede, con stanchezze, certo;
ma qui proprio perché noi siamo qui nel nome suo, é lo Spirito che sta lavorandoci.
Io ho il coraggio di dire le mie tre o quattro stupidatine, proprio perché non mi fido di me, e so che
il Signore, attraverso una piccola voce che dico, Lui nel suo Spirito Santo, se vuole e se il vostro
cuore gli dà spazio, arriva a toccare la vostra anima, ma Lui. Io faccio rumore, arrivo fino alle
vostre orecchie, mi fermo lì; dalle vostre orecchie in là, nella profondità della vostra vita e della
vostra esperienza, é Lui il Signore che vi parla, che ci parla con il suo Spirito. Stiamo spezzando il
pane; "Fate questo in memoria di me." Perché é vero questo? Ma non per la nostra dignità, ma
perché se noi crediamo al di là del pane, al di là della parola, Dio opera per lo Spirito Santo questa
trasformazione.
Forse l'abitudine alla Messa non ci ha fatto vedere che un momento prima della consacrazione, il
sacerdote stende le mani: é il gesto classico dell'invocazione dello Spirito Santo. Lo si fa nella
Cresima, lo si fa nel battesimo, nell'unzione degli infermi, lo si fa confessando (non lo si fa perché
uno si spaventa, non é abituato); però qualche volta io con i ragazzi lo faccio, anche con qualche
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adulto quando deve sentire anche nel gesto che è accompagnato dalla forza dello Spirito: la mano
sulla testa, lo Spirito su di te.
Invocando lo Spirito questo pane non é più solo pane, diventa il Cristo in mezzo a noi. E questa
assemblea non é più una assemblea di persone e basta, é la Chiesa di Dio, il luogo dello Spirito
Santo.
Ecco, vedete, allora che la partenza di Cristo valorizza la terra. Perché? Perché intanto sappiamo
che uno di noi é là, presso il Padre. Non dimenticate che Gesù va presso il Padre tutto intero come
uomo e quindi anche con il corpo che ha ricevuto da Maria.
E allora, ecco perché é sbagliata l'idea di prima: in alto bello, in basso brutto e cattivo. Perché Gesù
porta in alto la terra, anticipa perché porta là il mio corpo, nato da donna, gestito per nove mesi in
un seno materno, allattato; porta dentro Dio tutta questa umanità in tutta la sua concretezza. E'
proprio per questo che noi, mentre sappiamo che Lui é là, siamo invitati a scoprire la sua opera, la
sua presenza dentro nel mondo, e quindi a essere gente che nel mondo annuncia questa grande
realtà di Cristo.
Ecco il Vangelo:"Andate, fate discepoli tutti i popoli, annunciate loro il Vangelo." Pensate non c’é
un momento da perdere. Noi cristiani siamo molto seduti. Io non vi sto invitando ad essere come i
Testimoni di Geova, certamente è un altro discorso. Ma provate a pensare rispetto alla nostra fede
che cosa facciamo noi. Prima dovremmo evangelizzarci perché non siamo già evangelizzati, capite
bene. Noi non abbiamo digerito il messaggio di Gesù; di Lui farci carico.
E' questo il senso di un'operazione che stiamo cominciando tra paura, timore e grandi speranze: le
famose commissioni di cui abbiamo parlato e che, stiamo iniziando a fare partire: i cristiani
responsabili del Vangelo.
Non é un problema mio, mi capite. E' un problema nostro annunciare il Vangelo. Non é dei preti, é
anche, loro, hanno un ruolo particolare. .
Ma io non riesco da quando sono qui, e lo dico tranquillamente, io faccio di tutto e qualche volta
anche il prete. Lo facevo di più quando ero battitore libero (agli occhi di tutti il battitore libero fa
meno il prete). Mi sembra di essere il secchiaio un po' di tutte le ansie di questo popolo, e va beh,
opera di carità, spero che il Signore mi sconti i miei peccati.
Ma questo popolo dové a rispondere al Signore? Dov'è con questo Vangelo che ha ricevuto tra le
mani ad annunciarlo, a portarlo al mondo? Dov'é?
Siamo un popolo un po' seduto. Questo non è un rimprovero, avete tanti motivi per essere seduti; vi
abbiamo molto tenuti seduti, poi é anche un po' più comodo a dire il vero. L'ASCENSIONE, altro
che sponda: "andare”. E c'é un angelo, prendetelo come volete, comunque un messaggio che viene
da Dio che dice :"Ragazzi basta guardare su in cielo, andate, c'è la terra da percorrere."
Mi fermo qui. Mi pare che abbiamo un po' intuito la grandezza di questa festa, ci riguarda, riguarda
proprio noi, é una forza ed é uno stimolo.
Chiediamo al Signore di percepire con chiarezza che noi siamo suoi discepoli nel mondo, da Lui
chiamati a testimoniarlo. Non ho detto di fare tante prediche, a testimoniarlo vuoi dire, perlomeno,
desiderarlo di vivere.
(Prime Comunioni)
Buongiorno - Come va? Un po' di agitazione? Giusto Allora voglio essere, spero, breve perché io all'inizio sono poco emozionato, poi, a forza di vedervi
e vedere come siete veri, ecco allora mi emoziono, é uno dei rischi di chi sta invecchiando e
l'emozione non finisce più.
Che festa stiamo celebrando oggi? Certamente la vostra Prima Comunione, ma che domenica é
questa? "ASCENSIONE" - Perfetto, bravi.
Una piccola riflessione sull'Ascensione per arrivare alla vostra festa di oggi.
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L'Ascensione é avvenuta sul Monte degli Ulivi. Io sono fortunato, ci sono appena stato, ho visto
dov'é il posto. C'è una moschea adesso, guarda un po'! Di fronte c'é Gerusalemme con il Tempio, in
mezzo c'é una valle, la Valle del Cedron.
Più sotto in fondo c'é l'Orto degli Ulivi, dove Gesù ha pregato. Dal Monte degli Ulivi Gesù ha
salutato i suoi e li ha abbandonati, (usiamo la parola tra virgolette) li ha "abbandonati". Non é vero,
perché? Perché Gesù ha detto, gente, adesso basta, vi siete abituati troppo bene a vedermi tutti i
giorni, a stare con me. Adesso dovete camminare con le Vostre gambe, dovete crescere ed é sparito.
Ma é sparito, cari amici, solo ai loro occhi, a questi occhi di carne, quelli con cui noi ci vediamo
oggi ben ordinati e vediamo questa assemblea cosa vasta e attenta accanto a voi.
Gesù ha detto:"Io smetto di essere presente in questo modo visibile, incomincio ad essere presente
in un altro modo." Mi sapete indicare un altro modo con il quale Gesù é presente in mezzo ai suoi
discepoli? "L'Ultima Cena" - La risposta giusta perché nell'Ultima Cena ha inaugurato, che cosa?
"La Messa" Sì, uno dei modi con cui Gesù é presente é questo di oggi, per esempio.
Io non lo vedo qui con questi occhi: vedo voi, i vostri papà é le vostre mamme anche loro tesi, i
nonni agitati anche loro, gli amici, certo, ma Gesù é presente in mezzo a noi perché oggi Lui ci fa
diventare sempre meglio e di più la sua comunità, perché ci dà da mangiare se stesso.
La risposta data "L'Ultima Cena" é giusta. Noi, oggi, adesso! facciamo l'ultima cena. Vi ricordate
cosa ha detto:"Fate questo, - l'abbiamo preso in parola. - stiamo facendo questo in memoria di Lui.
"In memoria di me" i cristiani cosa fanno? Fanno anche loro degli errori gravi.
"In memoria di me" tutti fanno la Prima Comunione, magari la seconda e anche la terza e
poi....decadono, spariscono.
"Fare in memoria" non vuol dire:"Facciamo tutti la prima comunione, quindi abbiamo accontentato
Gesù". No, no, vuol dire che Lui diventa uno che sta sempre in comunione con noi. La cosa più
difficile non é di essere bravi qui in chiesa perché qui qualche volta ci riusciamo.
Ieri eravate qui, avete fatto le prove e siete venuti a confessarvi. Ma appena fuori di chiesa so che
c'é stato qualche incidente, qualche caviglia insomma ….. (Va beh! Siete semplicemente normali).
Però Gesù ci chiama e ci invita a fare "in memoria di Lui" questo: che avendo mangiato un unico
pane, noi siamo un'unica cosa sempre.
Vi dico delle cose difficilissime da realizzare perciò non guardate gli adulti perché altrimenti
diventano tutti rossi e non guardate neanche me. Perdonateci cari amici, voi che siete più buoni ci
date l'esempio perché dopo una volta o due, voi siete ancora capaci di cedere. Invece quanti adulti
che qui stamattina magari faranno la Comunione da anni non cedono e non perdonano.
"Fate questo in memoria di me" vale soprattutto da quella. prova là in avanti fuori chiesa: in ufficio,
in casa, con la nuora, con la suocera....
Amici ci date una mano, ci date una mano ad essere dei cristiani seri anche noi che siamo un po' più
grandi? Ci date una mano oggi a pregare perché questa comunità, (la uso con 300 virgolette questa
parola!) che é qui radunata, impari a fare un po' di più “l'Ultima Cena" nelle proprie case, dove vive
e lavora? Ci regalate una preghiera oggi? Io sono sicuro che se voi ci date questo aiuto, Lui ci
ascolta, anzi ne nono certo per esperienza personale. Se lo preghiamo bene, Lui ci ascolta
soprattutto oggi.
Non gli chiediamo per noi di diventare ricchi, di fare carriera, di diventare famosi, di scrivere libri
formidabili, di diventare scienziati, no, gli chiediamo: "Signore fa che noi, i nostri amici, i nostri
papà, le nostre mamme, i nostri sacerdoti, i nostri catechisti, i nostri nonni, i nostri maestri siamo
tutti un po' più buoni, riusciamo a volerci bene, riusciamo a perdonare.
Glielo chiediamo? Glielo chiediamo? (SI, sporadico). Io voglio un si deciso, altrimenti non mi fido.
"Siiiii ………”
Grazie. Ho già finito.
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DOMENICA DI PENTECOSTE (ANNO B)
(LO SPIRITO È L'ANIMA DELLA CHIESA)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 15,26-27; 16,12-15).
in quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dai Padre, lo
Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete
testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento
non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito dl verità, egli vi guiderà alla verità tutta
intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per
questo ho detto che prenderà del mio e ve l'annunzierà.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dagli Atti degli Apostoli (At 2,1-11).
Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti Insieme nello stesso luogo. Venne
all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte, gagliardo, e riempì tutta la casa dove si
trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi
furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere
d'esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto Il cielo.
Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.
erano stupefatti e fuori di se per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E
com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti e abitanti della
Mesopotàmia, della Giudea, della Cappadòda, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e
delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretési e Arabi e li udiamo
annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati (Gal 5,16-25).
Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne infatti
ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a
vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la
legge. Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria,
stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del
genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il
frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di
sé; contro queste cose non c'è legge. Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le
sue passioni e i suoi desideri. Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.
(Messa dei ragazzi)
Buongiorno - Io ho già detto che avrei oggi fatto une prova del vostro tasso di attenzione. Allora,
che festa é? "La PENTECOSTE". Vorrei dirvi tante cose in poco tempo senza annoiarvi ed é un Problema, é un
po' difficile.
Pensavo, soprattutto, che quando si tratta di parlare di Dio e si dice il PADRE, poiché i papà li
vediamo e ne abbiamo esperienza, lo so, bene o male, riusciamo ad immaginare come deve essere
un papà: papà buono, papà così cosi, papà che lascia desiderare, insomma fin qui ci siamo.
GESÙ, le seconda persona, il Figlio. Tutti noi siamo figli, allora non facciamo una grande fatica a
capire che cos’è il figlio.
Diventa delle gatte mostruose da pelare quando si dice lo SPIRITO SANTO. Che cos’è lo Spirito
Santo?
112
Allora io ho pensato a una cosa, chissà se é giusta, spero di SI. Come si fa a sapere se nella torta,
quando la si mangia, la mamma o il pasticcere o chi volete hanno messo il lievito? Si riesce a
distinguere il lievito aprendo o tagliando una fetta di torta? Secondo voi, si riesce a distinguere?
Sono molto incerti, l'arte della cucina non è molto penetrata nell'ordine delle azioni!
Secondo me, no, perché se esce il lievito per conto suo è tutto sbagliato. Il lievito deve perdersi
dentro tutta la pasta e farla crescere. Anche senza tagliarla si vede una torta non lievitata; deve
essere alta, morbida, soffice, se è bassa ei vuole il martello, ecco non c'era il lievito.
Allora mi sono detto - io stamattina ai miei amici dirò: "Come faremo a capire se c’è lo Spirito
Santo?" - Vediamo, allora, il risultato finale.
Vuoi sapere che cos’é, cosa fa lo Spirito Santo? - "Guarda gli effetti".
Vuoi sapere se nella torta c'é il lievito? – “Guarda gli effetti."
Allora vogliamo vedere un momento che cos'é, cosa fa lo Spirito?
Ho visto un bambino che fu offeso, aveva ragione lui. Ha cercato per primo, affinché non ci fosse
rancore, i compagni che lo avevano offeso. Che cosa c'é qui dentro, che ingrediente c'é? - "lo
SPIRITO SANTO".
Là dove vedete che un uomo, che un bambino, che un vecchio perdona sinceramente, cosa
difficilissima, (la gente è disposta a tutto pur di non perdonare, pur di non fare la pace) li c'é lo
Spirito Santo.
Facciamo un salto...nella foresta tropicale, bel salto eh? Là c'é una famiglia di gente che non ha mai
sentito nominare Gesù, il figlio, il Padre e nemmeno lo Spirito Santo. Non lo sa, neanche sentito! E'
gente che prega, che loda Dio, che cerca di comportarsi con giustizia, con onestà, che cerca il bene,
che vuole bene. Amici, lì non é passato'il missionario, ma lo Spirito Santo c'é già. Perché é arrivato
già. Questa gente ha lo Spi-ri-to San-to, perché lo Spirito Santo arriva prima, dopo arriva la Chiesa,
prima arriva Lui.
Mi pare che abbiamo capito bene.
Lo SPIRITO SANTO lo si può vedere dagli effetti che compie. Dagli effetti che compie dovunque
nel mondo: e nei cristiani, e nei non cristiani, e in quelli che non hanno mai sentito parlare di Lui.
Dai frutti che lu. fa, si vede cos’é lo Spirito Santo.
Ecco perché diventa una festa importantissima.
Volete un'altra prova, cari amici?
Io ho fatto venerdì scorso il supplente di catechismo. Non
sono bravo come i catechisti, ma qualche volta faccio il supplente. Con i miei amici abbiamo
parlato insieme dello Spirito Santo. Beh, e io ho visto davvero lo Spirito Santo in azione. Perché?
Perché sono stati tutti bravi, quieti? Non solo, perché sono stati calmi, non é un criterio sufficiente sono calmi - possono anche dormire e sono calmi. Ho visto che davvero ci siamo intesi non tanto tra
di noi, ma eravamo tutti: io che parlavo con loro, loro che mi rispondevano, di un al-tro - lo Spirito
Santo, perché parlavamo di Lui. Ci ha interessato di dentro il cuore è la testa; ho sentito che li c'era
lo Spirito Santo.
Un'altra prova, vedete, ecco adesso. Adesso io sento, lo sento per fede, non perché sono un
sensitivo, sento che qui c'é lo Spirito Santo perché nonostante le difficoltà noi siamo davvero riuniti.
Pensate come siamo diversi: di carattere, di idee,- di partiti politici, di sindacato, di mentalità;
eppure, pensate, al di là di queste differenze siamo insieme. E' lo Spirito'Santo.
Oggi pomeriggio, udite udite, se vi interessa venite alle 15,30 celebriamo dodici battesimi, È, si,
perché recuperiamo su diversi mesi, una volta si facevano ogni mese dodici battesimi. in questa'
parrocchia e anche di più. E' lo Spirito Santo. Amici carissimi, vi meritate l'oscar della bontà e della
pazienza, per questo un riconoscimento giusto. Spero che lo Spirito Santo non sia stato
ingarbugliato dalle mie parole, ma se ha voluto Lui, si possa essere servito anche di queste povere
parole per aiutarci tutti ad incontrarlo. Allora in tutta questa messa attenti, se saremo superficiali lo
Spirito é delicato, é come il lievito, se non viene ben distribuito in tutta la pasta, fa il mucchietto e
non serve a niente - deve essere dentro.
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Se allora lasciamo un po' di silenzio e di preghiera, lo spazio allo Spirito Santo, Lui arriva.
Buon Spirito Santo a tutti!
TEMPO ORDINARIO
SANTISSIMA TRINITA' (ANNO B)
(DIO COMUNIONE IN NOI)
Dal vangelo secondo Matteo (Mt 28,I0-20).
Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi
vedranno».
Mentre essi erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti
tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una
buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: «I suoi discepoli sono venuti di notte e l'hanno
rubato, mentre noi dormivamo». E se mai la cosa venisse all'orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e
vi libereremo da ogni preoccupazione».Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così
questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino ad oggi.
Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro,
si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e
sulla terra. andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i
giorni, fino alla fine del mondo».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del Deuteronomio (Dt 4,32-34.39-40).
Mosè parlò al popolo dicendo: «Interroga pure i tempi che furono prima di te: Dal giorno antichi, in cui Dio
creò l'uomo sulla terra e da un'estremità dei cieli all'altra, vi fu mai cosa grande come questa e si udì Mai
cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita tu, e
rimanesse vivo? O ha mai tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un'altra con prove,
segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi terrori, come fece per voi il Signore
vostro Dio in Egitto, sotto i vostri occhi? Sappi dunque oggi e conserva bene nel tuo cuore che il Signore è
Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra; e non ve n'è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che
oggi ti do, perché sii felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore tuo Dio
ti dà per sempre».
SECONDA LETTURA
Dalla lettera dl un Paolo apostolo al Romani (Rm 8,14-17).
Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto
uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del
quale gridiamo: «Abbà, Padre !». Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli dl Dio. E se siamo
figli, siamo anche eredi: eredi dl Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per
partecipare anche alta sua gloria.
(Per giovani e adulti)
Il titolo è già detto "Festa della S.S. Trinità". Ma pare un po' una festa riassuntiva a guardare.
Abbiamo in fondo concluso il ciclo che dall'Avvento alle Pentecoste ripercorre, direi, i fatti, gli
avvenimenti raccontati di questa grande storia che Dio ha cercato di imbastire insieme con noi.
114
Adesso, fino all'Avvento prossimo, é il tempo del cammino in cui non si racconta più questa grande
storia, perché é la nostra, quella di oggi che a noi non appare mai grande, che a noi appare colma
più di interrogativi che di risposte, di incertezze che di evidenze in Dio.
Ecco, allora, che questa festa ci appare un po' ambigua perché sembra quasi voler dire: "Facciamo il
punto prima di perderci, chiariamo fino in fondo che cosa é successo."
Perché, purtroppo, questa festa é stata oggetto di molte astrazioni perdendo molto tempo a
combinare "uno e tre" senza accorgersi che non era questo il centro della questione.
Cerchiamo, dunque, di esprimere insieme questo momento celebrativo; un momento nel quale a noi
non preme far vedere che siamo profondi, un momento nel quale non ci preme mostrare così sottili
strumenti intellettuali da far vedere che in fondo "uno e tre" insistendo un po', si potrebbero far
combinare. No, lasciamo stare tutto. Personalmente a suo tempo mi sono divertito e ho visto che
non ne vale la pena.
Ciò che il vangelo vuol farci capire é ben altro.
Che cosa dice?
Fa capire, innanzitutto, che questo Dio non é un Dio da Club d'intellettuali (con tutto il rispetto per
l'intelligenza che viene da Dio ed é un suo dono prezioso).
E' un Dio, cioè, che cresce nella storia. Non é un Dio che si definisce attraverso dei distillati
purissimi di verità; si definisce piuttosto attraverso l'operazione del mescolamento, (tutt'altro che
idee chiare e distinte!) dentro cioè i fatti, non fuori, dentro questa storia, non al di là di essa. Dentro
questa storia fatta da questi uomini che siamo noi, non da una piccola élite che ne sarebbe come la
scrematura.
E' un Dio cioè (questa è la prima lettura) che ci accompagna, che entra dentro e accetta di essere in
qualche modo condizionato da questa storia. E' un Dio, voglio dire, che accetta di essere in crisi più
che di essere così sublime da star fuori del rapporto. Anzi, è cosi vero che Lui é in crisi che
all'interno di sé è in rapporto, é in relazione, é un divenire, non è già compiuto e chiuso nella sua
distanza, perfettamente definibile nei suoi ingredienti, staticamente individuati. Perciò é tutt'altro
che definibile.
E' come nelle nostre case, nella grande avventura del volersi bene. Non esiste, per fortuna, ancora la
definizione statica e fissa del "volersi bene"; se ne può fare di volta in volta solo il fotofinish. Oggi,
addì 2g maggio 1988 alle ore 11,38 il mio amore per te é lì, alle 11,è0 non so. Io spero che vada
ancora avanti, ma non é detto. E' perpetuamente vivo, mobile.
E pensate un po' che il Dio che noi cerchiamo qui nel nostro cuore, (le idee che di Lui abbiamo) non
é dentro nella storia. Ecco perché andiamo in crisi, perché la nostra storia é fatta inevitabilmente di
incertezze, di dubbi, di ostacoli, di errori. E allora succede che ogni tanto Dio sparisce. Perché?
Perché non riusciamo mai a vederlo e a farlo abitare insieme con questa storia. Lui é là, é perfetto,
inaccessibile, é bravissimo, ci ama da morire, ma non entra mai dentro la nostra storia umana, non
lo mettiamo mai in questa combinazione.
La verità, é proprio questa che é un Dio (sto dicendo delle eresie tra virgolette) che si fa. Lo so che
in sé Lui é a posto, ma leggete attentamente la Bibbia, Dio non é mai definito per quello che é in se
stesso. Non esiste nessuna definizione di Dio. Ne cito due famosissime che sembrano definizioni.
Nell'episodio di Mosè (al roveto ardente); "Io sono colui che sono". Mi ricordo che da ragazzino
c'era qualcuno che si era sbizzarrito a darmi definizioni di metafisica aristotelica su .questa
definizione, ma non c'entra niente.
"L'Essere o l'Essenza". Me non é questo, é un'al tra cosa.
"Io sono.... Quello che io sono lo si vedrà attraverso quello che sarò . Attraverso, cioè quello che
sarò insieme con voi, accompagnandovi nei vostri giorni".
Vuoi sapere chi sono? Capiscilo dal mio stare con te, questo dice Dio a Mosè.
Vedete che é una definizione tutt'altro che definitoria; semplicemente dà una chiave per aprire i
nostri occhi a vedere cosa succede, Lì é il problema di Dio.
115
L'altro che sembra essere una definizione compare della Prima Lettera di S. Giovanni; "Dio é
amore". Dio é "agape" nel testo originale, cioè é amore di pura donazione. "E' amore che si perde in
colui che é amato". Non é detto "l'amore é Dio" per esempio, che sarebbe una definizione.
Dice "Dio è amore" non è definizione, perché per definirlo bisogna continuamente vedere cosa
succede in atto. Non lo si sa già, devono accadere cose. E l'ultima cosa che accade non è mai finita.
E' provvisoriamente raggiunta.
La nostra fede nel Signore è in difficoltà per vari motivi, ma uno è questo che l'abbiamo ibernato.
Abbiamo preteso di indagarlo, abbiamo preteso prima di capirlo e poi di stargli insieme.
No, questo uccide la fede.
L'altro piccolo pensiero: "dentro la storia", dicevamo dentro questa storia. Va bene. Ma come siamo
attrezzati per leggere, per capire, per intuire la sua presenza?
C’è una stupenda notizia che noi da buoni cattolici dobbiamo diffondere agli altri e che vorremmo
fosse solo nostra, ma per fortuna non lo è: è che ogni uomo ché viene al mondo ha già dentro di se
la ricevente sintonizzata. lo ripeto in termini religiosi. Ogni uomo che viene nel mondo é nato da
Dio e ha in se la possibilità di sintonizzarsi con Colui dal quale viene. Che sia credente o non
credente, cattolico, mussulmano, aborigeno dell'Australia, ogni uomo che viene su questa, terra è
già sintonizzato, è marchiato, è la voce del padrone. E' lo Spirito Santo.
Lo Spirito Santo riempie di sé la terra. E' l'anima interna viva e operante in tutto il creato, anche,
badate, nel creato non umano.
(Per chi interessa si può aprire un capitolo di ecologia teologica, non perché é nuova, ma perché
nasce da Dio. Se mai si é un po' in ritardo, si poteva partire prima. Il mondo va rispettato come dono
di Dio. Noi non abbiamo potestà illimitata sul mondo. Basterebbe rileggersi la Genesi. Noi siamo il
segno di Dio nel mondo e sul mondo, ma di Dio. Non dobbiamo mai rovinare ciò che Dio ci ha
affidato).
Lo Spirito Santo è dentro, é dentro di noi. Sapete perché non funziona.? E' come la vostra radio
finché non mettiamo la spina o la pila, cioè l'alimentazione, può essere stupenda, perfetta,
tecnologicamente avanzatissima ma non funziona.
Noi siamo tecnologicamente, della tecnologia di Dio, avanzatissimi, ma abbiamo perso le pile, ci
manca la presa della corrente.
Ecco, cari amici e fratelli nel Signore, la meditazione: a noi manca la contemplazione.
Non ho detto la preghiera perché creerei nelle vostre menti un equivoco, Se io dicessi "preghiera"
voi mi direste: "Ma ascolta, io dico le mio preghiere!"
Cari amici e fratelli, é vero, le preghiere le diciamo, ma non é vero che preghiamo. Perché "pregare"
vuol dire "alimentare". Dire le preghiere é un atto, un'azione fra le tante, é fare delle cose.
La contemplazione é mettersi a fare silenzio, alimentarci di Dio affinché la radio trasmetta, perché é
già sintonizzata sulla trasmittente giusta.
Nelle stesse nostre chiese facciamo un sacco di cose cattoliche e apostoliche, ma noi non ascoltiamo
Dio.
Anche noi, e lo dico con umiltà, ci siamo dentro; dalla mattina alla sera facciamo delle cose in nome
di Dio, ma quanto ad ascoltare Lui, a sintonizzarci con Lui, a lasciare che il suo Spirito possa
trasformarci, questo non succede.
Voi mi direte:"Ma, insomma, che cosa dovremmo fare?"
Vi suggerisco un piccolo consiglio, che da anni cerco di fare, ma senza riuscirci; chissà che voi ci
riusciate: un minuto al giorno di silenzio totale! Avete capito bene, solo 60 secondi. La durata di un
solo spot pubblicitario, di quelli che ve ne sorbite 40 per sera durante i films di qualche canale, TV
privato, uno solo, ma di silenzio totale. La fatica più tremenda sarà di far tacere tutte le stazioni che
interferiscono, come quando dovete sentire la partita e sentite tutte le altre, perché il vostro
transistor é un po' scarico.
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Il problema grosso é questo; che abbiamo interferenze as-so-lu-te. E anche quando ci pare' che sia
Dio, non é tanto vero che é Dio, è quello che noi vogliamo capire di Lui; purtroppo quello che Lui
vuole farei capire di Sé, non c'è ancora. Intanto una scommessa: provate, proviamo insieme.
Vi dico anche quando sarebbe meglio: o al mattino o alla sera, meglio al mattino quando ancora non
c'è nessuno in giro.
Lo so, ormai le giornate tendono molto al tardi alla sera e al mattino nessuno di noi é abbastanza
sveglio.
Allora un minuto senza muoversi, senza far niente, senza cercare nessuna delle occupazioni
fondamentali di cui dovremmo occuparci, senza pensare ai problemi che abbiamo in casa nostra,
che hanno i nostri figli, nostra moglie, nostro marito, senza pensare all'esame che stiamo
preparando. Niente. Arrivare ad avere niente che ci fa pensare, per essere pura recettività, spazio
vuoto nel quale Lui possa far giungere la sua voce. Cari fratelli, quanta sintonia dobbiamo ancora
recuperare! Dopo cominceremo, forse, ad incontrare Dio.
(Messa vespertina)
Quando abbiamo scelto la data di celebrare il Sacramento dell' Unzione degli infermi, lo abbiamo
fatto uscire dal limbo dei nostri fraintendimenti.
Ascoltiamo cosa dice la pagina del Vangelo nella festa della S.S. Trinità. Gesù dice: "Mi è stato
dato ogni potere in cielo e in terra. Andate, fate discepoli tutti gli uomini. Io sono con voi tutti i
giorni fino alla fine del mondo".
Percepiamo in questo momento la solennità di questa parola che Gesù ha pronunciato; "Io sono con
voi". E' su questa certezza di fede che noi ci ritroviamo insieme, che noi scandiamo il tempo della
nostra fede sul trovarci insieme.
E oggi, a titolo particolare, siamo certi che Gesù è presente, ed é presente operando in coloro che
credono.
Certi di questa parola, oggi noi celebriamo il sacramento dell'Unzione degli infermi.
Non è infermità solo quella grave, è l'infermità in se stessa che segna la nostra realtà interiore, che
grava sull'esistenza dell'uomo. In questo senso é malattia anche la vecchiaia, forse l'infermità
maggiore, la più dura.
Una malattia acuta che esige una forza d'impatto, é più sopportabile di una malattia cronica.
È molto diversa la prospettiva: ciò che continua e ha una soluzione non il miglioramento, ma per
ben che vada, il deterioramento, é pesante da sopportare e mette alla prova la nostra capacità di
affrontare la vita. Perché ciò che é duro non é soltanto ciò che si ha addosso, é anche quello che ci si
aspetta quello che si teme, quello che ci fa paura. Orbene, Gesù ha voluto attestare il suo amore per
noi istituendo nella Chiesa un sacramento per questo momento difficile, affinché noi non siamo
abbandonati, affinché noi non siamo atterriti, affinché la nostra anima di dentro non sia lacerata e
divisa.
Ecco il senso di questo sacramento e il valore di celebrarlo comunitariamente.
Anche in questo sacramento é decisivo il cammino della comunità. Non é "abra cadabra" per cui
stasera faccio lo stregone e vi tiro fuori dai vostri guai. Magari!
Qui é l’intercessione nutrita di fede da parte di tutti coloro che, essendo credenti e credendo che
Gesù é con loro tutti i giorni fino alla fine del mondo, sanno che se sono riuniti in due o tre nel suo
nome, hanno la capacità di chiedere tutto e l'otterranno.
Questo é l'efficacia del sacramento cristiano.
Ma la comunità non la si inventa, la si costruisce. La si costruisce nella fede della vostra presenza,
pregando, camminando nell'essere discepoli in ascolto della parola del Signore.
E' questo che fonda il trovarci qui nella comunione fra di noi. Pur con tutti i difetti, le difficoltà, le
incertezze che abbiamo siamo sicuri dell'aiuto di Dio perché siamo riuniti nel suo nome. La
comunità è qui in preghiera, sta con voi, invoca su di voi salute e salvezza. Ma facendo questo la
comunità riceve qualcosa da voi. In che modo? Perché sentiamo il bisogno di dare un senso alla
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sofferenza o addirittura di scoprirne il valore. In questo mondo tecnologico dove si è valutati per
quello che si produce, non per quello che si è, dove si è valutati a seconda della novità di modelli,
voi mi capite che un anziano e un infermo non possono essere un modello accattivante e piacevole.
Voi ci offrite questa grazia! di mettere in discussione questo modello, che io ho chiamato
tecnologico, e a cui si dà il titolo di progresso.
Voi ci ricordate che si può fare per il mondo e per gli uomini moltissimo anche senza avere
intelligenza, agilità, bellezza, prontezza, salute.
Si può ugualmente offrire la capacità di essere uomini in piedi, in piedi nell'anima. Si può offrire un
nuovo modello di verità che non funziona solamente quando tutto va bene ed é facile essere "furbi"
e "intelligenti".
Voi ci offrite questo modello nel nome del Signore, che si può essere portatori di serenità anche e
forse soprattutto in condizioni non ottimali. Questo certo non si improvvisa, perciò siamo qui.
Infatti per essere veri a questo livello abbiamo bisogno della grazia di Cristo Risorto che ci
sorregga, che ci rafforzi, che ci faccia "rimanere in piedi" dentro nell'anima, mai schiacciati dalla
prova e dal dolore.
SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO B)
(LA VITA PER IL MONDO)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 14,12-16.22-26).
Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che
andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo
loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al
padrone di casa: «Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei
discepoli?». Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per
noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete,
questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro:
«Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del
frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro dell'Esodo (Es 24,3-8).
Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola
voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!». Mosè scrisse tutte le parole
del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù
d'Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici
di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l'altra metà
sull'altare. Quindi prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il
Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto». Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco
il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 9,11-15).
Fratelli, Cristo, venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta,
non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione, entrò una volta per sempre nel
santuario, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue, dopo averci ottenuto una redenzione
eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca sparsi su quelli che sono
contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più Il sangue di ! Cristo, il quale con uno spirito
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eterno offri se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire Il
Dio vivente? Per questo egli è mediatore dl una nuova alleanza, perché, essendo ormai Intervenuta la sua
morte in i redenzione delle colpe commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano
l'eredità eterna che è stata promessa.
(Prima Messa del mattino)
Noi celebriamo la grande solennità del Corpo e del Sangue di Cristo. Vorrei sottolineare che
parliamo di "corpo" e di "sangue": vedete che forza di concretezza, vedete come il mistero di Dio
penetra dentro le cose, nella loro fisicità. E ogni tanto mi chiedo che rapporto corra tra la
concretezza che il Cristo vive e la nostra ormai esausta simbologia. Abbiamo delle ostie che
nemmeno alla lontana sembrano più pane; tanto vero che se in occasione delle Prime Comunioni
noi facciamo dei bei panoni grossi, alle vecchia maniera, quelle antiche, già subito le gente dice:
"Ah, che bello, come è significativo"
Uso una espressione pittoresca, anche se diffusa, come: c'é il caffè decaffeinato, cioè il caffè senza,
il caffè, così c'è una fede cristiana che non si riferisce alla concretezza di Cristo.
I segni delle nostra fede si riferiscono non a uno spirito. vagante, a. mezz'aria, ma a Gesù, nato nel
tempo, nato da Maria, che ha un corpo, un corpo dato per noi come dice il racconto dell'Ultima
Cena. Il suo corpo offerto sula croce affinché si veda l'AMORE.
E noi stiamo, ma da tempo, falsamente spiritualizzando tutti i segni. Dietro sta tutto un discorso che
parte già dal medioevo: un pane che deve sembrare sempre meno pane delle nostre mense. Infatti a
questo segue una devozione e una spiritualità eucaristica estremamente bolse, individualistiche, che
lasciano il Signore nel tabernacolo, che privilegiano, voglio dire, le ore di adorazione (che pure
sono importanti, non sto dicendo che non contano). Sto dicendo che questi segni da soli, nella
misura in cui rendono fermo, statico, lontano, "decorporeizzato" il corpo di Cristo, sono
bolsi, falsi, che diseducano dal vero significato di questa festa.
"CORPO", "SANGUE" - non pia intenzione, non benevolo sospiro misticheggiante, non buoni
propositi detti fra di noi nel momento pseudomistico di quando siamo in chiesa, ma "CORPO".
Provo a dipanare un pensiero o due, non di più, perché questa è una festa dalle molteplici
sfaccettature e voglio rilevare almeno questo: il segno del pane e del vino.
Il pane, il pane azzimo, non fatto fermentare perché si riferisce all'uscita dall'Egitto, perché non
c'era tempo.
E' il pane della fretta. E' il pane di chi deve smobilitare in quattro e quattr'otto la propria casa. E' il
pane di chi non può portarsi via il guardaroba. Dice l'Esodo:" Andrai via con la tunica che hai
indosso, ti metterai una corda'ai fianchi". (La, tunica era lunga e quando si andava in Viaggio
con una corda o con una cintura la si tirava su un po’ per non cadere, anche, eventualmente, per non
inzaccherarla; non c'erano gli asfalti allora!)
Il pane che noi spezziamo l'abbiamo fatto diventare un'ostia bianca fatta dalle suore; l'abbiamo fatto
diventare una realtà fuori del tempo.
E', invece, il pane che Gesù porta nel tempo, che porta nella concretezza, che si inserisce in quel
vecchio pane dell’antico esodo quando la gente doveva in fretta partire e quindi non poteva farlo
crescere con il lievito.
La fretta: é il pane del cammino, é il pane dell'urgenza dentro la storia. E' il pane del nostro uscire di
qui per andare fuori, nel mondo, nel tempo. Invece noi, rispetto a questa concretezza, rispolveriamo
una non meglio specificata spiritualità"; non a caso.
Da bambino guardavo quello che facevano i grandi al momento della comunione. Erano là con le
mani giunte, con la testa tra le mani. Per carità, intendiamoci, rispetto all'odierno dardeggiare di
sguardi, per cui ciascuno é sempre con la testa fuori …, meglio quell'atteggiamento. Ma voglio dire:
avevo imparato che quello era il momento dell'assoluta individualità, che lì non c'era più niente per
nessuno. Avevo imparato, guardando i gesti dei grandi, che quello era il momento in cui ciascuno
stava solo con se stesso.
119
Da ciò che vedevo non imparavo che quello era il momento in cui quella gente che arrivava dalle
sue storie, dai suoi problemi, dai suoi dispiaceri, dalle sue preoccupazioni, in quel momento,
proprio perché sorretta da questo pane, diventava un corpo unico, diventava una forza insieme,
unita. No, no, io non ho imparato questo. E il gesto che noi facciamo, invece, non indica io faccio il
mio ringraziamento secondo i vecchi libricini. Certo dobbiamo imparare a pregare in profondità, ma
non perché siamo da soli "perché sono io e il mio Signore".
Non c'é mai il momento in cui più di quello sia il nostro, di tutti, anche di quelli che non ci sono,
anche di quelli che non lo vogliono.
E' il pane della fretta in cui si esce, si va, bisogna andare.
Ecco perché il sacerdote ci manda via alla fine della Messa, l'ho spiegato più di una volta. Non è un
gesto finale per dire: "Veh! gente, adesso abbiamo finito, arrivederci, statemi bene". Sì, anche
questo; ci salutiamo certamente.
Ma fa parte del mistero che celebriamo; non é facoltativo uscire de quella porta. In che senso non é
facoltativo?
Nel senso che é fede, che é messa, che é eucarestia celebrata, che è pane condiviso, uscire e
ricordarsi di quello che abbiamo celebrato e celebrarlo nel mondo. E mondo vuol dire casa propria,
condominio, luogo di lavoro. Provate a vedere che rapporto c'é tra quello che noi celebriamo e
quello che noi facciamo nella vita.
Io non sto invitando i cristiani a impicciarsi dei fatti degli altri. C’è differenza tre impicciarsi ed
essere attenti come fratelli. Perché alcuni, quelli dai misticismi falsi, sono specializzati
nell'impicciarsi, ma quando c'é da spartire qualcosa e farsi su le maniche, improvvisamente
diventano persone che non sanno niente, non hanno visto, se c'erano, dormivano? Le maldicenze
nella schiena di quelle sappiamo tutto; anche quello che non succede sappiamo, ne abbiamo tutti i
dati.
Se c'é do spezzare un pane con qualcuno, ah! no, diventiamo improvvisamente rispettosi.
Dobbiamo convertirci. Il Signore ci dà grazia, speriamo che ce la dia, di cambiare testa, di cambiare
cuore.
Non ai può fare comunione con il Signore qui, se non si fa comunione con il Signore che è nei
fratelli. Non si può fare le comunione tutti i giorni ed essere dei grandi malpensanti e maldicenti su
tutto e su tutti e dei chiusi egoisti. Non si può. Dobbiamo stare lontani dall'eucarestia perché, la
smentiamo con i fatti.
Noi siamo stati lontani, magari nell'adolescenza dall'eucarestia perché c'erano dei grilli per le testa,
pensieri impuri, turbamenti sessuali, ecc., ma é molto meno peggio questo che i discorsi di critica,
di maldicenza, di cattiveria. Mi sto spiegando? E' una morale a senso unico ed é di una stupidità
totale. E' peggio.
A volte vedo gente tipo "alzo zero" e "sparo tranquillamente", affermare che Gesù ci vuol bene e
quindi si deve ricevere spesso la comunione. Noi bestemmiamo l'eucarestia quando facciamo
questo, cari fratelli. Non sto dicendo:"Andiamo alla comunione perché siamo riusciti a fare tutto
bene". Non sto dicendo questo perché allora dobbiamo stare fuori sempre tutti e non se ne parla più.
No, no, non é questo; é che questa realtà ci deve guidare. Che poi ci riusciamo o non ci riusciamo,
questo é un altro paio di maniche, al Signore non interessa più di tanto. Dobbiamo su questo
giocarci la nostra scelta morale. Dobbiamo tutti i giorni ricominciare da lì, umilmente, altrimenti,
cari fratelli, é meglio chiudere. Noi abbiamo preso troppa confidenza con l'eucarestia. Non
dimentichiamo mai che l'Eucarestia giudica la chiesa che la celebra.
È un peccato nel peccato fare tranquillamente l'eucarestia quando il resto smentisce l'Eucarestia che
abbiamo celebrata. Se il rito ci trova qui insieme riuniti ("Ah, la sua parrocchia, la chiesa é sempre
piena". Poi c'é da vedere se ne viene il 5% io riempio dieci volte la chiesa).
Ma non é la percentuale che conta; conta che noi, riuniti attorno all'Eucarestia, siamo segno del
Signore insieme con Lui. Siamo segno dall'inizio del segno di croce alla benedizione finale e siamo
segno anche dopo la benedizione, una volta ritornati nel mondo.
120
Celebrare il corpo e il sangue di Cristo vuol dire celebrare in Gesù l'unità tra ciò che si crede e ciò
che si fa. In Lui non c'é stata divisione. Non ha fatto discorsi stupendi per poi andare a passare le
ferie da qualche parte. Non si é accontentato di dire delle verità stupende.
Il discorso della montagna, il discorso del pane di vita, tutti i discorsi e i gesti che Egli ha compiuto
fino in fondo, si illuminano l’un l'altro.
Si può sopportare (perché qualche volta é insopportabile, dire in verità, il messaggio di Gesù), lo si
può sopportare e addirittura accogliere nella gioia perché quello che ha detto, Lui lo ha fatto fino in
fondo! nel suo corpo.
Noi, spiritualizzanti a poco prezzo, siamo invitati da Gesù a proclamare a tutti: "Fratello nessuno ti
chiede di essere perfetto”, nessuno te lo chiede, neanche il Padre Eterno quando dice: "Siate perfetti
come il Padre vostro che é nei cieli", lo sapeva già che non ci saremmo riusciti; E chi pub essere
perfetto come il Padre nostro che sta nei cieli?! Indicava una linea, una qualità d'impegno, l'umiltà
di ricominciare da capo mirando in alto. Ecco qua. Facciamoci gli auguri: non tanto di riuscirci
(perché sarebbe un augurio frustrante), ma di imparare a giocarci un po' nel nostro corpo. Quanto
alle buone intenzioni non c'è dubbio siamo "bravini". Si tratta con Cristo e come Cristo di passare
al livello del corpo.
XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(PAZIENZA E SPERANZA)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 4,28-34)
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul
terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno
produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è
maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È
come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono
sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così
grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole
non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Del libro del profeta Ezechiele (Ez 17,22-24).
Cosi dice il Signore Dio: «lo prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami coglierò un ramoscello
e lo pianterò sopra un monte alto, massiccio; lo pianterò sul monte alto d'Israele. Metterà rami e farà frutti e
diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami
riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l'albero alto e innalzo
l'albero basso; faccio seccare l'albero verde e germogliare l'albero secco. lo, il Signore, ho parlato e lo farò».
SECONDA LETTURA
Dalla lettera dl san Paolo apostolo a Corinzi (5,6-10).
Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore,
camminiamo nella fede e non ancora in visione. Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare In esilio dal
corpo ed abitare presso il Signore. Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo, Sia esulando da esso, di
essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la
ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male.
(Messa dei bambini)
Buongiorno. Abbiamo due belle parabolette, di quelle chiare chiare.
121
Partiamo dalla prima. Io credo che l'abbiate fatto anche voi perché é toccato anche a me. La maestra
o l'insegnante di scienze vi avrà fatto fare l'esperimento di prendere un chicco di granoturco o di
frumento, di metterlo in una provetta con dentro, in mancanza di terra, un po' di cotone idrofilo
imbevuto d'acqua e di lasciarlo li e vedere cosa succede. L'avete fatto? - "Si" - La scuola si ripete!
Ecco, allora cosa succede? - "Nasce la pianta". Bravi. Si gonfia, si rompe l'involucro del seme e da
un abbozzo di piantina spunta prima la radichetta e poi le prime due foglioline. Cari amici, cosa
vuol dire questo? Qualcuno dice: "Per forza, il seme nel terreno ha le sostanze chimiche, minerali e
trova il suo sostentamento". No, no, questo é vero dopo che la pianta è già nata. All'inizio il seme
non trova il sostentamento nel terreno perché ha tutto lui. Tant'é vero che nel cotone che cosa c'é
dentro? Solo l'acqua che é stata messa.
Il cotone ha delle sostanze da dare alla pianta? "No, nessuna". Secondo tratto - Hanno scoperto
qualche tempo fa in una tomba in Egitto, in una tomba dei faraoni, una manciata di chicchi
di frumento. Ragazzi, sapete a quanto andiamo indietro con questa scoperta? A quanti migliaia di
anni andiamo indietro? Da quello che ho letto circa 5.000 anni! Pensate che andare a Gesù ce ne
sono ancora 3.000, mamma cara come andiamo indietro!
Scoperta formidabile: questi chicchi dopo 5.000 anni hanno ancora la forza, di far che cosa? "Nascere" - Ma non solo di nascere, ma di crescere. Se noi questi chicchi li piantassimo, sono
ancora in grado di fare la pianticina. Altro che acciaio! I ponti in acciaio si rompono, il cemento
crolla. C'é .qualcosa di più potente dell'acciaio, del cemento armato ed é un chicco piccolissimo.
Gesù ha detto: "Oh gente, guardate che le cose del Signore: la fede, diventare figli di Dio - sono
potenti come un chicco. Sono piccole come un chicco, sono fragili, basta un niente per calpestarle.
Una volta calpestato, il chicco non funziona più.
Si fa presto a uccidere il Signore: basta essere disattenti, basta essere pigri. Quante volte dite: "Ma é
lo stesso, ho sonno. Uffa, adesso lasciami stare, é lo stesso”. Ma non solo voi fate così, non
meravigliatevi, anche i grandi lo fanno. Solo che loro hanno degli alibi: "Sa, ero molto impegnato"
– “Ho lavorato tanto!" - "Ho da mettere in ordine la casa". Fra poco anche voi avrete gli stessi alibi.
"Ho da studiare" - "Ho una interrogazione di fisica". Fare le vasche, però, per il centro quelle che
nel pomeriggio verso tardi non si passa neanche volendo, per quelle c'é sempre tempo, per il
Signore, no. “Dovevo studiare". Mi sono spiegato? Il Signore é potentissimo, é come il grano che
dopo 5.000 anni ha ancora l'energia e la forza, ma basta poco per ucciderlo. Basta, dicevo, essere
distratti, superficiali, avere sempre la scusa pronta. E allora il Signore viene come schiacciato, viene
come mandato via, viene come rifiutato.
Cari amici, io vedo che qualche volta voi siete preoccupati. Sì, preoccupati, ma non per la Prima
Comunione perché lì ancora anche i genitori più distratti vi accompagnano. Compaiono anche loro
accanto a voi, vengono qui in chiesa, ma poi dopo scompaiono, tornano nel nulla dal quale sono
venuti. E voi vi trovate soli e vi vedo preoccupati. Sono preoccupato anch'io perché poi, oltre a
sparire i genitori, incominciano a sparire anche i vostri amici. Cominciano a dire: "Ma credevo fossi
diventato grande, ancora in chiesa vai?" - Perché grande-uguale-non andare in chiesa, non pregare
Dio. E qualche volta ci sentiamo soli. Ci sentiamo come un granello di senapa che é piccolissimo,
pensate, così piccolo che - guardate il vostro palmo della mano, ha delle pieghe, provate a
smuoverle un po', vedete che si aprono e si chiudono - potrebbe nasconderei nella, piega della
nostra pelle nel palmo della mano.
Ecco, cari amici, io vi do una bella notizia che se anche siamo pochi, se siamo soli - é po-ten-tissimo, é for-mi-da-bi-le diventa un albero grosso, ha dei rami così grandi che vanno a prendere un po’
d'ombra e di refrigerio anche gli uccelli del cielo.
Bene, ho finito.. Notizia formidabile: abbiamo il dono del Signore che é più inossidabile dell'acciaio
inossidabile; é più resistente del cemento armato. E' formidabile come un piccolissimo chicco di
frumento, come un piccolissimo seme di senapa. Questo é stato gettato dentro di noi. Non guardate
se siamo in tanti o in pochi, non conta. Non guardate se qualche volta ci sentiamo soli, non conta
perché non siamo né pochi né soli. Abbiamo con noi il Signore e quello che Lui ha gettato, quello
122
che Lui ha incominciato lo porta a ter-mi-ne. Tanto é vero che dopo che il seme si é aperto,
compare la pianticina, la piantina cresce, si irrobustisce, crea la spiga, la spiga si riempie, diventa
pesante turgida di semi, arriva il caldo del sole che la matura e viene il momento in cui la falce
é posta e la raccogliamo perché il frutto è maturo.
Cari amici, noi stiamo maturando: non siamo né piccoli né poveri né soli - siamo una pianta
formidabile.
Allora chiediamo al Signore di seguirlo e non dimentichiamolo nel momento in cui ci pare di essere
della gente che vale poco, che conta poco, che é stanca.
Bacioni a tutti.
XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(GESÙ INVIA I DODICI)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 6,7-13).
In quei tempo, Gesù chiamò i dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti
immondi.
E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per li viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella
borsa; ma, calzati solo I sandali, non Indossassero due tuniche.
E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo. Se in qualche luogo
non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto al vostri piedi, a
testimonianza per loro». E partiti, predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti
demoni,ungevano di olio molti infermi e il guarivano.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Amos (Am 7,12-15).
In quel giorni, il sacerdote di Betél Amasia disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritirati verso il paese di
Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betél non profetizzare più, perché questo è il
santuario del re ed è il tempio del regno». Amos rispose ad Amasia: «Non ero profeta, né figlio di profeta;
ero un pastore e raccoglitore di sicomòri; Il Signore mi prese di dietro al bestiame e il Signore mi disse: Va',
profetizza al mio popolo Israele ».
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (Ef 1,3-14).
Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale
nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo
cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il
beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto;
nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della
sua grazia. Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi, con ogni sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha
fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto, nella sua benevolenza, aveva in lui prestabilito
per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo
come quelle della terra. In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui
che tutto opera efficacemente, conforme alla sua volontà, perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi, che
per primi abbiamo sperato in Cristo. In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo
della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato
promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è
acquistato, a lode della sua gloria.
123
(Prima messa del mattino)
Dopo la lettura é molto evidente che questo Vangelo parla del1a missionarietà della nostra fede. La
vera fede, cioè, di natura sua é missionaria: sente, rivela l'esigenza, l'urgenza di andare a portare, ad
annunciare anche agli altri quel tesoro prezioso e vitale che porta dentro.
Quindi, vedete, mentre dicevo la parola "missionaria", pensavo all'equivoco che avrei indotto, forse
inconsciamente, nelle vostre teste. Chissà quante palme sono spuntate nella vostra fantasia e, se ci
sono ancora, missionari e leoni, ma non lo so quello é un aspetto.
"Missionario" intendo qui in Valletta Paiolo. Ecco qua, fede missionaria, ho addirittura sottolineato
che la fede di natura sua é missionaria, cioè "va".
Voglio fare un esempio di missionarietà che nasce dalla convinzione di avere qualcosa di bello da
comunicare.
Se voi avete provato, poniamo, qualche diavoleria in cucina, ci sono cucine che sono molto
attrezzate con tanti piccoli elettrodomestici che svolgono delle funzioni utili e importanti con meno
fatica,io vedo che se quello che ci hanno, magari, regalato funziona bene, incontriamo l'amica: "Sai,
posso …?" e glielo comunichiamo e non pensiamo in quel momento di violare la sua libertà, di fare
propaganda indebita. No, glielo diciamo perché é una cosa, pur nella sua limitatezza, che ci ha dato
delle soddisfazioni.
Perché ho fatto questo esempio? Perché ho l'impressione che la nostra fede non sia tanto vera se non
riusciamo a dirla, come facciamo alle persone amiche, la scoperta che il tale elettrodomestico
funziona e allora glielo dico: "Guarda, compralo, fattelo prestare perché é utile. ti risparmia tempo,
fai tante belle cosine".
Se a quel livello diciamo e a quest'altro livello, quello della fede, non diciamo, non comunichiamo
nulla, dovremmo avere il sospetto che forse questa fede qui la tiriamo fuori come i vestiti della
festa, quando é festa. Poi i vestiti, passata la festa, li riponiamo, magari con attenzione; stando
attenti alle pieghine, che non ce ne sia nessuna, ma vanno ancora là nell’armadio.
Ecco, é l'invito che il Vangelo fa sempre: a passare da una fede di tipo passivo, da una fede troppo
chiusa nella chiesa come rito, come celebrazione, ad una fede che congloba, fa stare insieme,
cucisce tutti gli aspetti della vita. Una fede nella quale il popolo di Dio, che siamo tutti, finalmente
diventa, e accetta di diventare, missionaria.
Se io penso, ma non solo direi alla nostra parrocchia che tutto sommato, funziona ancora bene a
Mantova, ma, forse non dappertutto, in Italia e anche in alcune zone della diocesi, io ho l'immagine
di grave stanchezza, di pesantezza, di lentezza estrema. Sì, ogni tanto consumiamo un po' il
prodotto religioso, ma la vitalità di una persona é un'altra cosa. Certo occorre la presenza del
Signore, bisogna credere in Lui prima di pensare alla sua Chiesa. Ma credo che oltre Lui ci dà la sua
grazia che opera una svolta, che opera pienamente a diventare davvero di più, certo dico sempre con
pazienza, senza battere in ritirata, proprio crescendo. Un figlio arriva alla maturazione con molti
atti; perché nasca lo si porta in grembo nove mesi e qui ci vuole la pazienza della costruzione, lo
stesso è per costruire la Chiesa di Dio.
Quindi bisogna uscire dall'individualismo, uscire dall'essere soddisfatti per aver fatto bene dei gesti
religiosi e, come dicevo prima, passata la festa, é tutto riposto nell'armadio. Bisogna nel nome del
Signore con pazienza, con fiducia, ma davvero, oltre questa dimensione, arrivarci. Perché una fede
non comunicata, badate, non dico non predicata, facciamo meno prediche possibili, se riusciamo,
una fede che non comunica é una fede povera. E per comunicarla intendo una vera testimonianza,
ma non perché siamo grandi con il Signore, siamo perfettamente coerenti, non credo che bastino
due vite per essere coerenti con il Vangelo, ma perché l'amore é vero disinteresse. Perché tra ciò che
diciamo, crediamo, siamo quotidianamente impegnati a far sì che ci sia la minor distanza possibile.
Cari fratelli e direi anche amici nella fede, preghiamo; preghiamo proprio perché il Vangelo segni
una fede in cui siamo responsabili verso i fratelli tutti, sia al centro della nostra esperienza.
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(Messa per giovani e adulti)
Direi che é un Vangelo molto chiaro nella sua linea fondamentale. Gesù manda, e manda senza
troppi arnesi addosso: i sandali, una tunica solo, né bisacce, né zaini. E questo indica una estrema e
radicale attenzione alla necessità di muoversi, di camminare, di andare, di non star lì fermi. E'
quella che possiamo definire la dimensione missionaria della Chiesa e della fede. Io vi pregherei di
togliere dalla vostra fantasia tutte le palme, tutte le foreste, tutti i leoni, tutti i missionari dalla barba;
non perché quelli non centrino, ma perché quello é un capitolo che noi possiamo, purtroppo,
giocarci sulle sue origini cosicché tocca a loro. la Chiesa specializzata. No, no, la Chiesa non é iperspecializzata. Ci sono gli specialisti della missione i quali, i missionari, vanno. Togliendo palme,
missionari, leoni, foreste nere, qui andare qui, qui avere solo i sandali.
Cari fratelli ma avete voi l'impressione che in noi complessivamente, se non volete nella comunità
di S. Pio X, qui a Mantova, in tutta la diocesi, il nostro credere al Signore, la nostra fede abbiano
l'impulso dei sandali? Noi abbiamo l'impulso della poltrona anatomica su cui si schiaccia un
pisolino anche con il sottofondo della musica.
Perché la scommessa, se ho capito Gesù cosa dice é proprio questa: che una fede che non abbia
dentro di sé l'urgenza, la gioia di trasmettere, di comunicare agli altri come bella notizia, il Vangelo,
non é fede o pérlomeno dato che é difficile essere drastici su queste cose, non corrisponde a queste
indicazioni che Gesù ci dà. E se non corrisponde a queste indicazioni, é certamente, magari, sì una
fede, ma una fede molto scorretta e va quindi condotta sulla giusta strada, perché se non arriva sulla
strada, si ferma oppure rimane continuamente espressa in una ritualità religiosa che é sempre un po'
difficile da sostenere rispetto alle provocazioni radicali e di vita del mondo di oggi. Ci manca di fare
la strada ogni giorno, lo sprint.
Faccio un esempio banale. Se uno si prende una moto, e quindi c’é il gusto di possederla, cosa fa?
Va a fare un giro e si fa vedere dagli amici. Quando glielo chiedono é ben disposto a dare tutti i dati
tecnici: consumo, velocità, marce, raffreddamento, pressione dei pneumatici, tutto, tutto. Sa tutto
perché ha consultato venti cataloghi prima! E' sei mesi che lavora su quella moto e finalmente é
arrivato ad averla! Lo si vede che ne ha voglia se voi lo ritrovaste che gira con la sua moto. Sarebbe
disponibile, e quindi gli fa bene che qualcuno lo invidi, é lì apposta, a farvi fare un giro per il
centro, gli amici sono lì!
Ecco, se uno si compra una cosa bella, si gode. gioisce nel comunicarla, nel farla condividere agli
altri.
Da noi, invece, vige, pare per ragioni storiche e complesse probabilmente, una forma di pudore che
noi contrabbandiamo, cito contrabbandiamo, per rispetto degli altri. Un conto é il rispetto degli altri
verso la cui libertà siamo attenti e un conto é essere senza nessuna gioia da comunicare.
L'altro rispetto é visto; "A me non interessa …." E no, la necessità, che é una cosa di dentro, gli
comunichi perlomeno che siamo attenti. Sull' "attenti" possiamo anche imbastire, se volete, può
essere rispetto, delle questioni di dialogo, nel senso poi dialettico, no, no, lasciamo stare queste
cose.
Ma non possiamo evitare, se crediamo, se é gioia per noi la parola di Cristo, di portare di aver
incontrato la bellezza, la gioia, la speranza del Vangelo. Un conto, quindi, é il rispetto, ma un conto
é essere sensibili. Noi ci raccontiamo delle storie quando parliamo dell'essere rispettosi, non é vero,
noi non siamo rispettosi: abbiamo niente da dire. Ed é per questo che noi non abbiamo i sandali per
uscire, andare. E' per questo che abbiamo le poltrone, siamo ben seduti lì. E' per questo che abbiamo
due tuniche, tre tuniche, dieci tuniche, perché non ci muove l'urgenza di essere agili, perché siamo
fermi.
Non parlo solo di noi qui, C’è un aria un po' depressa, un'aria che a Mantova resiste da non so
quanti anni. Eppure ci sono, qualcuna io ne ho incontrate, delle città e delle comunità in cui si sente
questa voglia, questa gioia, questa vitalità del messaggio in cui si crede. E, badate, non sto parlando
di comunità perfette, fanno anche loro dei bravi, buoni, belli errori, ma non é questo. E' che gente
normale, gente che custodisce la gioia di dentro, annunciando il Vangelo agli altri, non pensa chissà
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quali cose: é attenta perché ogni fratello che si incontra é un fratello a cui comunicare ciò che si ha
dentro. Ciò che é contagioso non é essere bravi a fare dei bei discorsi. Gesù Cristo stesso, che
secondo me era bravino, neanche Lui ci é riuscito a contagiare più di tanto con dei bei discorsi. A
contagiare é che di dentro era incandescente, e nonostante questo, a Giuda non gliene è importato
più di tanto.
Ecco, chiediamo al Signore la freschezza, la gioia del comunicare agli altri il Vangelo. Io non vi
dico: “Fate questo, fate quello", perché oltretutto non so cosa dirvi. Ma credo sia chiaro questo
discorso: di non fare tante cose o forse di farne nessuna per adesso, ma di essere veri di dentro,
d'incontrare di dentro questa carica profonda e sconvolgente dell'incontro con Cristo.
XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(LA COMPASSIONE DI GESÙ)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 6,30-34)
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e
Insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo solitario, e riposatevi un po’». Erano
infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano più neanche il tempo di mangiare.
Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da
tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero. Sbarcando, vide molta folla e si
commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a Insegnare loro molte cose.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Geremia (Ger 23,1-6).
«Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. Perciò dice il
Signore, Dio d'Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le
avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere. Oracolo
del Signore. Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò
tornare ai loro pascoli; saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò sopra di esse pastori che le faranno
pascolare, così che non dovranno più temere né sgomentarsi; non ne mancherà neppure una. Oracolo del
Signore.
Ecco, verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà
da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra.
Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo, e lo chiameranno con questo nome:
Signore-nostra-giustizia.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini (Ef 2,13-14)
Fratelli, ora, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati vicini grazie al sangue di
Cristo.
Egli infatti é la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che
era frammezzo, cioè l'inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di
decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due
con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo
di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.
(Prima messa del mattino)
Prima di soffermarmi qualche momento sul Vangelo, desidero comunicarvi che questa Santa Messa
noi la celebriamo in suffragio e in ricordo di sette nostri parrocchiani che il 19 luglio 1985 morirono
nella tragedia di Stava. Siccome oggi il papa sarà in questa zona per ricordare questo evento e
pregare, anche noi, come già del resto facemmo negli anni precedenti, ricordiamo i nostri fratelli!
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Questo mi dà l'occasione, anche, di ricordare a voi che nell'Eucarestia é presente tutta la Chiesa.
Non solo, come noi forse ogni tanto crediamo di qualificarci nei punti importanti della fede, la
Chiesa che siamo noi, cioè la Chiesa che ancora cammina qui nel tempo sulla terra. No, la Chiesa
che siamo noi unita alla Chiesa che nella casa del Padre ha già raggiunto l'incontro gioioso con la
vita senza fine. Lo ricordo perché le messe di suffragio non dovrebbero mai essere considerate
messe per i defunti, ma sono semplicemente il riunire tutta la famiglia dei figli di Dio, quella che é
arrivata a casa e quella, come noi, che ancora con fatica e con incertezza percorre il cammino sulla
terra. Perciò, cari fratelli nella fede, questo é il senso, é un senso di unità, è la presenza che
nemmeno la morte toglie. Quindi sono stati con noi, sono con noi, lo sono adesso perché loro e noi
viviamo nell'unico Signore che é risorto. Dopo questa breve premessa, una piccola parola sul
Vangelo. E' un Vangelo un po' strano, forse, alle nostre orecchie. Anzi, lo ricordo, domenica scorsa
Gesù aveva mandato i suoi discepoli a due a due, li aveva mandati in missione. E, quindi loro
riferiscono quello che hanno detto e quello che hanno fatto. La dolcezza squisita, attenta di Gesù
che li trova molto stanchi, dice: "Venite in disparte, in un luogo solitario, a riposarvi un po'". Il
Vangelo nota, infatti, che non avevano nemmeno il tempo per mangiare tanta era la gente che li
aspettava.
Che cosa vuol dire questo? Io non credo che Gesù abbia fatto la teologia delle ferie. Le ferie solo di
recente sono entrate nella nostra cultura e nel nostro costume. Il discorso é molto più serio che
nemmeno le nostre ferie riescono a recepire: la necessità di fermarci é un atto d'amore.
Dico una cosa di cui non parlo, che dovrei tacere, ma che sto cominciando, spero, ad imparare: é un
atto di amore fermarsi. È utile ai figli, per esempio, che la mamma si fermi. Perché? Perché se
arriva ai figli, al marito che sono normalmente malto esigenti e molto svuotanti nelle nostre
famiglie, se arriva semplicemente svuotata alla risposta che loro chiedono, anche se ci metterà tutta
1a buona volontà, la sua risposta non sarà la vera risposta.
Gesù questo l'ha capito, non andava in cerca se c'era da fare un discorso importante, pregava.
Ecco, quanti errori anche noi sacerdoti si fanno lasciandoci prendere dalla nevrosi per raggiungere
tutto che poi, fra l'altro, é umanamente impossibile. Così come in una casa: impossibile fare tutto,
arrivare a tutto. A volte incontro delle signore che mi dicono: "Io verrei in chiesa, ma sa, i
mestieri….". "Ma scusi, lei signora é riuscita una volta in vita sua a finire i mestieri di casa? Perché
quando ha finito, tornata a casa, sono ancora lì". "E' vero", "E allora li smetta tre quarti d'ora prima
e trovi il tempo per il Signore, vedrà che i mestieri sono ancora lì, l'aspettano, non scappano via",
Ecco, noi abbiamo un po' tutti i mestieri: i mestieri del sacerdote, della madre di famiglia, ognuno
ha i suoi.
"Riposare" vuol dire certamente anche smettere le cose, ma vuol dire ricaricarsi, ricaricare le pile.
Gesù che era figlio di Dio, che era senza peccato, che era incandescente d'amore, Lui poiché di
giorno la gente lo assediava, passava le notti in preghiera, Io penso che avesse un bel fisico, ma
insomma, dormiva poco,
Ma ciò che conta é questo; non farsi trovare sempre, perché oltre che a rispondere ai bisogni,
qualche volta, purtroppo, rispondiamo alla nevrosi, é diventata una parola d'attualità. Non credo che
il Signore voglia questo, "Scaricare" i fratelli per ritrovarli dopo. Io non l'ho mai fatto, sto
cominciando a farlo, - "Ho proprio bisogno di te". - "Adesso aspetti". - "Ma ho fretta". - "Devo
pregare. Cosa te ne fai di un prete che non preghi? Aspetti, non é niente". Non l'ho mai fatto, é ora
di farlo. Anche voi fatelo, se ci riuscite.
A Gesù non é andata tanto bene, a dire il vero, perché la maggior parte ha intuito dove andava a
finire e a piedi lo ha addirittura preceduto e Gesù si commuove e tanto.
Alla fin fine noi non ci rivedremo, dice il Vangelo, né nei fratelli né negli impegni, sarebbero un
fatto egoistico. La preghiera non fugge da niente, non abbiate paura. Fugge dal pressapochismo,
fugge dall’ansietà, fugge dall'errore, dalla convinzione erronea di essere noi a fare le cose. No, non
ne siamo nemmeno capaci. Se arriviamo ai fratelli, alle cose dopo aver usato bene il tempo, saremo
anche noi migliori. Sì, perché a volte nella smania di fare il bene, non c'é alla radice il bene; c'é la
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voglia di non fare brutta figura, che é una forma di protagonismo, c'é la voglia di essere inossidabili,
che é una forma d'illusione moderna.
Noi siamo semplicemente delle povere creature che si stancano, che sono logorate, che sono
egoiste. E se noi saremo consapevoli di essere stanchi, logorati, egoisti, andremo con una verità
interiore così profonda che, senza avere l'illusione di essere bravi, saremo davvero bravi perché
siamo genuini. Non reciteremo la parte dei buoni, come spesso ci capita, senza essere buoni.
Avremo una bontà del 2%, ma sarà tutta nostra. E gli altri, che sono buoni intenditori, diranno:
"Guarda mia madre, non fa finta di non essere stanca e poi arrabbiarsi, mi dice che é stanca e nella
sua stanchezza mi ha dato tutto quello che poteva darmi. Se fossimo così veri, forse riusciremmo
anche a perdonare di più e andar bene insieme.
(Messa per giovani e adulti)
Gli apostoli ritornano. Voi lo sapete, il Vangelo di domenica scorsa li aveva visti in partenza. Gesù
li aveva mandati, li aveva mandati in missione verso i villaggi della Galilea. E ora, con l'ardore e
forse anche con l'ingenuità dei neofiti, tornano a raccontare tutto quello che hanno detto e fatto. E
certamente dovevano essere stanchi se Gesù dice loro: "Venite in disparte, andiamo dove non ci
possono trovare, andiamo a riposare".
Il "riposare" é davvero importate, non perché io creda che esista una teologia delle ferie, no,
secondo me, non esiste. Ma esiste una teologia più radicale che é quella di Dio che al settimo giorno
si fermò, ed é quella che a un Gesù dalle giornate estremamente piene, invase dalla gente, noi siamo
condotti alle sue notti quando, cioè, per ritrovare il senso di questo correre da una cosa all'altra, egli
si fermava, solo, davanti al Padre. Quindi non la teologia delle ferie, ma la teologia del fermarsi, del
ritrovare il tempo di cui, per fortuna, per grazia di Dio, non si é privi. La categoria dell' utilità é una
categoria che stritola le persone. E' la categoria che le conduce alla nevrosi. Lo é quella madre che
crede di poter essere presente, sempre e comunque, in tutte le occasioni alle attese delle richieste
della sua famiglia. Essere serenamente contattabili dalla famiglia non si può, e credo, non si debba
lasciarsi sempre e comunque trovare. Perché il nostro farsi trovare parte, spero, da un atteggiamento
di disponibilità e di generosità.
E' sempre ritenuto così da parte dell'utente perché gli fa bene e finché ci costringe a farlo. E quando
siamo proprio in mancanza di recupero spirituale da buttare sono quelli che ci hanno sfruttato, non
temete sono loro.
Gesù fa la teologia dell'inutilità: non sempre vuole farsi trovare.
E' l'errore grosso che si fa un po' tutti. Noi non vorremmo mai farci trovare in castagna da nessuno;
noi vorremmo sempre essere inossidabili, essere sempre sull'attenti. E questo non credo che sia solo
voglia di far bella figura, é una voglia parente dell'egoismo anche se ci costa e ci usura.
Gesù non ci invita all'usura, quella di sempre, ci dice: "Se tu continui a sfibrarti al di là di quello che
tu sei, presto o tardi tu darai quello che sei. E se di dentro c'é niente, se di dentro c'é il vuoto, tu
darai niente e darai il vuoto".
Quindi, ecco, la teologia dell'i-n-u-t-i-l-i-tà, la teologia del tempo "inutile", che é utile alla società in
questo senso ed é il tempo più utile alla società.
Io spero di convertirvi a questa idea di non farvi sempre trovare e chi vi sta accanto, qualcuno,
cammini con le sue gambette, che s'arrangi, gli fa solo bene. I genitori presenti anche loro sono
invitati a riflettere su questo. Ed é proprio questa inutilità che ci rende veramente e profondamente
utili ogni volta che usciamo e viviamo l'incontro con gli altri.
Un breve cenno ancora al Vangelo, ecco, vedete, oggi non é andata tanto bene neanche a Gesù
perché la folla ha intuito da che parte andava e addirittura se la trova già là.
Questo Vangelo ci serve come momento di passaggio a una serie che purtroppo é un enigma perché
a questo punto il racconto di Marco apre a Giovanni "La moltiplicazione dei pani e dei pesci" e la
liturgia dedicherà alcune domeniche a questa parte e ci darà l'altissimo e stupendo discorso di Gesù
sul "pane di vita" preso dal Capitolo 6° di S. Giovanni.
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Ora in questa introduzione il Vangelo di Marco ci dice che l'unico vero pastore é Lui, é solo Lui, é
gelosamente Lui. Noi non abbiamo nessun pastore al di sopra di noi, solo Cristo.
Ma qualcuno si chiederà: "Caro amico, tu cosa fai lì?" Io credo che la nostra posizione, virgolettata
moltissimo, di pastori, chiede di essere al massimo un segnale stradale: indicare la strada dove Lui
é, dove Lui opera, che cosa Lui intende e invitare tutti a non fermarsi al cartello stradale, ma di
entrare là dove quel cartello indica.
Perché, vedete, "VERONA' la trovate sui cartelli appena in fondo a Viale Fiume, ma nessuno di voi
si ferma al cartello se gli interessa Verona, seguendo le frecce arriva a Verona.
Nessuno di noi si ferma alla strumentazione della Chiesa perché tutto é strumento nella Chiesa:
papa, sacerdoti, vescovi, la Messa stessa non si ferma al prete, si ferma a Gesù e speriamo di
arrivarci a Gesù tutte le volte che andiamo a Messa.
Cari fratelli e amici nella fede, dovremmo meditare su questo: l'unico vero pastore della Chiesa é
Gesù Cristo perché é Lui vivo, presente che ci dà pane, rischiando, ma questa é misericordia sua, di
servirsi di strumenti quali siamo noi: papà e mamme, i primi educatori nella fede, sacerdoti,
catechisti, papi, omelie, messe, sacramenti, ma tutto confluisce, esige, chiama a trovare l'incontro
con Lui. E' personale la fede e Lui non concede a nessuno di frammettersi. Come "tra moglie e
marito non mettere il dito", lo stesso fra anima credente e il suo Signore. Quindi tutti noi siamo
avvisati: solo Lui, principalmente, esclusivamente Lui in termini personali. E se Lui ha, come
purtroppo in molti casi, ancora una dimensione nebulosa, credo sia un segnale. Abbiamo una fede
ancora troppo legata alle cose, cioè ai segnali, abbiamo i cartelli.
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
(MARIA SEGNO DI SPERANZA)
Dal vangelo secondo Luca (Lc 1,39-56)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella
casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel
suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e
benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco,
appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei
che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Il cantico di Maria
«L'anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà della sua serva.
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
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come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 11,19; 12,1-6.10).
Si apri il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l'arca dell'alleanza. Nel cielo apparve poi un segno
grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle.
Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme
drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diadèmi; la sua coda trascinava giù un terzo delle
stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire, per divorare il bambino appena nato. Essa partorì
un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con Io scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito
verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggi nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una gran voce nel cielo che diceva; «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro
Dio e la potenza del suo Cristo».
SECONDA LETURA
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 15,20-26).
Fratelli, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne
la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti
riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la Primizia; poi, alla sua
venuta; quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver
ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto
tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte.
I" PARTE
Inizierò oggi per finire domani a riflettere sull'Assunzione di Maria.
Voglio parlarvi del corpo. L'Assunzione di Maria é una festa del corpo. Noi siamo abituati,
purtroppo, ad una fede "decorporeizzata". Siamo abituati a pensare che lo spirituale si opponga al
corporale. Lo spirituale si oppone, direbbe Paolo, al carnale, che significa il corporeo egoistico, non
si oppone al corporeo. Le cose che il Signore fa, ha fatto e sta facendo riguardano tutto il fare
entrare, il far arrivare il dono di sé dentro la realtà corporea che noi siamo e dentro quella che noi
abitiamo, parlo della natura.
S. Paolo - nella Lettera ai Romani - cap. 80 — mi pare dica proprio questo: che essendo venuto Dio
dentro la storia degli uomini, ha preso così profondamente sul serio la concretezza della storia che
tutta quanta la natura geme, e qui il gioco della corporeità é profondo. Geme avendo come le doglie
del parto che sono doglie di vita, aperte alla comunicazione di vita; sono il dolore che più
decisamente si può sopportare. Pensate al dolore di chi è ammalato irreparabilmente, quanti ne
abbiamo nelle nostre storie, nelle nostre case, degli amici, e il dolore del partorire.
Faccio due esempi sulla corporeità per dire proprio che celebrare la festa di Maria Come donna - il
femminile é all'origine, é matrice di vita la femminilità - Dio entra nella storia con questa grande
sapienza certamente e vi entra per il corpo di una donna.
Ecco, noi celebrando l'Assunzione di Maria, celebriamo l'inizio di questa speranza che noi stiamo
vivendo. Nei celebriamo l'inizio della serietà estrema con la quale dobbiamo prendere tutta la
dimensione corporale.
Infatti, vedete, anche la stessa fede ci conduce continuamente a gesti che riguardano il corpo.
La prima eresia che ci fu nella storia della Chiesa, eresia alla quale tentò di rispondere il Vangelo di
Giovanni, l'ultimo che fu scritto, perché c'era già: era la "gnosi"- banalizzare la corporeità. Perché?
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Perché ciò che davvero é sorprendente é la serietà con cui Dio entra nella nostra dimensione e la
prende fino in fondo, l'assume.
Ora anche nella fede, vedete, lo so benissimo che rapporto c é tra Dio e andare a Messa. Lo so che
c’è un mezzo abisso, due abissi o tre abissi, d'accordo, è vero. "Andare a Messa" Si sopportano tre
quarti d'ora, compreso il prete di turno, Poveretto e quando ha finito andiamo via tutti, se é solo
questo, che corporeità é compromessa? Troppo poco. Però, vedete, é un gesto corporeo che ci é
chiesto a livelli nostri.
Voglio dire, un bambino chiede una carezza, forse a volte gli facciamo dei gran discorsi. Quando
poi cominciano a capire, crediamo di educarli perché facciamo lunghi discorsi moralistici, li
stanchiamo e basta. - Una carezza, un volto sorridente Anche tra di noi, magari si é un po' arrabbiati, a volte i discorsi lunghi vanno a ripescare delle cose
che era meglio lasciar cadere, l'altro s'infiamma subito, mina vagante. Un piccolo gesto: può essere
un gelato, un regalino, ti stringo forte la mano. "La corporeità", qualcosa, dico, che entra dentro di
noi e ci coinvolge.
Questa é la grande realtà, di Maria, ci voleva proprio una donna per ricordarlo. Certo parte da
Cristo, attenti bene, io non veglio fare adesso come quei mariologi d'assalto che, aiutati dall'anno
mariano, sparano stupidaggini. Maria viene dopo Cristo ed é il primo risultato di Cristo. Cristo fu
colui che fu generato da lei nella carne, che portò nove mesi nel suo grembo ed è da questa
corporeità che Lui assunse realmente la capacità di cogliere e di capire tutte le nostre esperienze
umane. Celebrare, quindi, Maria assunta in cielo vuol dire da una parte celebrare ancora la grande
potenza del morire, dall'altra vuol dire celebrare che questo morire non é più l'ultima parola, é la
penultima. E' tremendamente e totalmente la penultima, ma é la penultima.
Noi vediamo che lei, é importante che sia lei, perché finché é il Cristo i conti ci possono tornare,
Lui é figlio dì Dio, potremo dire: "E va beh, poveretto, dopo tutte le disgrazie che gli sono capitate,
ritorna dove aveva diritto di tornare" - e forse non potremo fino in fondo capire che ci riguarda invece lei è dei nostri, fino in fondo dei nostri, lei che nel Cristo ha creduto anima e corpo. Mi
piacerebbe far vedere, dall'inizio alla fine della vita di Maria, tutta la dimensione di corporeità
che la lega a suo figlie. E come lei, da donna, in tutti i momenti importanti non sia presente se non
fisicamente e corporeamente amando e credendo, Sotto la croce c'é un verbo di S. Giovanni che la
dipinge, la inquadra, la scolpisce direi: STABAT. “Stabat" vuoi dire "stava in piedi, stare in piedi lì,
in quel momento. Ecco, cari fratelli, ho davvero finito. Domani rifletteremo sulla nostra parte, cosa
riguarda noi di questo mistero. Intanto mi pare sia importante e decisivo assumere con serietà tutto
ciò che é corporeo, perché? Il bene e il male non si fanno se non attraverso il corpo. Nascono dal
cuore, il bene e il male, ma si fanno sempre attraverso il corpo e cito l'arma più temibile che
abbiamo: la lingua.
Ora anche il nostro gesto di oggi ci aiuti ad essere cristiani, non tanto che la sanno lunga, cristiani
fatti di carne ed ossa, che amano vivere la loro vita in carne ed ossa, che amano amare in carne ed
ossa. Tutte le volte che siamo troppo esperti perché i grandi principi ci illuminano, vi posso dire una
cosa? - non fidatevi, non fidatevi di voi stessi. Perché? Perché io devo ancora trovarne uno che non
sia d'accordo col messaggio di Cristo, non sto dicendo che devo ancora trovarne uno che lo metta in
pratica, però vedo che ce ne passa tanta tra l'essere d'accordo e i gesti che noi compiamo. Preghiamo
Maria di farci essere come lei sempre presente senza troppe parole, ma fisicamente.
II" PARTE
Ieri abbiamo posto le basi sulla riflessione che questa sera, almeno provvisoriamente, completiamo.
Credo che la domanda da farci sia questa: Dio ci raggiunge su questa terra, assume questa
corporeità, ma dove va a finire tutto questo? Va beh che ci raggiunge, va beh che il mistero di Dio
sia un mistero che incontra la storia e incontra, badate, la storia dell'uomo, e la incontra a quel
livello di concretezza corporea che definisce l'uomo. Questo é il punto d'arrivo, fino a qui e da qui
in avanti?
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Ecco, la riflessione di stasera completa perché anche il momento verso cui tendiamo, quello verso il
quale stiamo marciando, é un momento che assume e fa propria questa linea, questa modalità,
questo luogo d'incontro che é la corporeità. Infatti Cristo risorto conduce in Dio la sua corporeità,
non la lascia sulla terra.
Noi abbiamo delle idee su Dio molto statiche, invece il nostro Dio é un Dio dinamico, se non vi
scandalizzate, ma tanto lo dico lo stesso, é un Dio in "crisi". Nel senso greco "crisi" é
continuamente rimettere in questione, proprio perché é vitale, l'esperienza. Ciò che é morto non si
mette più in crisi, é fermo, è fisso, qualcosa, di vitale é continuamente in movimento. Bene, Dio che
noi pensiamo sempre molto statico, lo pensiamo in definizioni estremamente già compiute, ha
portato all'interno di sé la corporeità dall'incarnazione e non l'ha più smessa. Quindi in Dio
attualmente è (non chiedetemelo come, io non lo so, la fede non é dare spiegazioni, la fede é
fidarsi: mi fido perché questo corrisponde e risponde alle mie domande) quello che, noi siamo,
questo è già abitante e dimorante a pieno in Dio. Cristo risorto, abbiamo detto, porta in Dio la sua
corporeità. Ora il rischio é di pensare che, essendo Lui il Figlio del Padre, quello mandato, questo é
chiaro, noi siamo ancora. qui, no, no.
Allora ecco qui il segno: colei che prima di tutti e più di tutti ha scommesso la sua vita su di Lui al
punto che gli ha dato carne (la vera scommessa sulla vita é dare carne o tutto quello che davvero a
questo si avvicina, non si può dare altro: "carne" é il tempo, "carne" é l'attenzione, "carne" é anche
il denaro, quello che costa, non quello in sovrappiù), ebbene questo seme del dono di Dio é a tal
punto dentro l'umanità che la prima di tutti noi non é lasciata alle leggi della corruzione, é condotta
ad essere con ogni chiarezza per tutti noi che ancora siamo in cammino, l'evidente punto finale al
quale tendiamo. Il punto finale é questo: tutto ciò che é corporeamente espresso sulla terra si
completa in Dio. E' importante questo perché allora vuol dire che tutto quello che Dio ci ha dato
non lo butterà nel cestino perché é diventato vecchio, ma lo farà partecipare insieme con noi. Ed
ecco che recuperiamo, anche, il valore teologico della Creazione che abbiamo stupidamente lasciato
ai biologi. Infatti spiegando scientificamente il famoso evoluzionismo si può andare a cozzare con
la Bibbia: é vero l'uno o é vero l'altro. La scienza, va beh, se é vera me lo dimostri e mi va bene
tutto. Ma il discorso qui non é biologico, é che la Terra, se c'é, esce da Dio e torna a Dio, questo
vuol dire. Poi i biologi spieghino come sono capaci,e se sono capaci, come é avvenuto. E' teologica
la presenza della Natura, non é biologica semplicemente.
E' come il farsi nel seno di una donna del figlio. Certamente é un fatto biologico, riducendolo a
questo diventa una cosa che cambia aspetto. Ma certamente so tutta la faccenda dei cromosomi e
l'accolga tutta, ma ulteriormente mi chiedo: "D'accordo, questo é un meccanismo ma che senso ha,
dove si inserisce, che valore ha?"
Ecco, allora, la grande prospettiva che ci é data, che é bellissima, rasserena: niente di quello che le
mani di tanti uomini hanno fatto, va perduto. Io dico questo perché tante volte faccio il funerale di
gente umile, vecchi che nessuno quasi più ricorda, che ha costruito famiglia, ha accarezzato
bambini e li ha sculacciati, ha lavato panni, ha pulito sederini: "Signore questa è l'offerta che arriva
a te".
Ecco, allora, perché noi ci aspettiamo la risurrezione dei corpi. Io credo, cari fratelli, che il 90% dei
cattolici italiani, non so gli altri, non credono a questo, e questo è caratteristico del Cristianesimo. E'
tragico che nel momento in cui non si crede in niente, regni come fede, tra virgolette, un vago
spiritualismo che trascina tutto e poi ogni tanto, di solito in casi disastrosi, esami o giù di lì, allora si
va a finire a Dio, no, no. Il Dio della quotidianità, il Dio delle mani che lavorano, che impastano la
pasta, che puliscono il fornello, che correggono compiti, che piallano, questo non finisce in qualche
vago posto, così, evanescente, questo ritorna a Dio. Ciò che noi abbiamo compiuto nel corpo,
questo ritornerà risorto insieme con il corpo. Maria indica questa dimensione, indica il punto finale.
Voi, quindi, capite bene che dobbiamo rileggere tutti i punti intermedi alla luce di questo. Da qui
scaturisce la vera spiritualità che non oppone "materia e spirito" (questa é cosa vecchia, non siamo
neanche aggiornati, é di molti secoli fa). La vera spiritualità non é fare pensieri nobili, é "muovere
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bene le mani", é incarnarsi, avendo di mira dove si va a finire. Ecco, allora, che qui rileggo il
denaro. E' un discorso banale la classica lavagna: buoni e cattivi, è molto semplice, é sempre fuori
dalla realtà, le brace morte dove le mettiamo? Nei buoni? Sono nei cattivi. Vedete, il denaro noi lo
abbiamo reso in qualche modo come l'identificazione del demonio. Ma il Vangelo non é così
semplice, é molto più sottile. Parla di "mammona" e di iniquità quello che nasce dall'iniquità e
conduce all'iniquità. E' il denaro che diventa idolo, che diventa il punto a cui finisco. Il denaro é e
rimane strumento.
La politica non é sporca. Cari fratelli, io parlo sempre volentieri male dei politici, ma none é giusto
(quando se lo meritano é giusto che io lo dica), ma non é giusto avere questa idea della politica. E'
che molti ne fanno il loro scopo, non la vedono più come strumento, come sporcarsi le mani, in
senso positivo, per chi ha bisogno, per chi ha da risolvere dei problemi. No, si diventa conniventi di
chi ha già potere, finalmente si diventa di quelli che contano, si spartisce. Allora diventa sporca,
cattiva, fa del male.
La sessualità é dono di Dio. Ma la sessualità non é scopo, ma neanche se i due sono sposatissimi,
hanno la benedizione del papa perché manda il telegramma il Cardinale di Stato. C'é il meretricio
nelle camere da letto degli sposi, purtroppo c'é. Perché la sessualità é grande ed é totale
nell'incontro, che incontro è spesso: dei due, di qualche pezzettino che é erotico. Ma scherziamo? Si
prende tutta la persona, la si condivide: non si può improvvisare in quella stanza lì, ciò che nelle
altre stanze non si é condiviso. Non é banalizzarlo (il sesso), non é buttarlo via, non é negativo, è
cha diventa prezioso, alto.
Potrei continuare con gli esempi: tutto quello che é nella terrestrità, ciò con cui facciamo i conti.
Ecco, vedete, le feste della Madonna rilette in questa chiave, che é la chiave secondo me cristiana,
sono dentro nel mondo, non sono quelle statue lì, asettiche, Dio mio', mi fanno venire in mente tutto
fuorché il mistero di Maria. E' una donna, una donna vera. Il figlio che ha fatto, é un figlio vero,
dentro una storia vera: la nostra. Ed é verso questa meta, con questa verità che noi camminiamo.
Ora ringraziamo il Signore perché ci dà queste dritte di orientamento. Lo so, la nostra vita, la mia e
la vostra, é la vita spesso della banalizzazione, non perché lo vogliamo: é il ritmo, é la stupidità, é la
fretta soprattutto. Allora ci dimentichiamo di questo.
Io credo che, anche se abbiamo così semplicemente riflettuto, questo possa darci una mano a
ripensarci dove là siamo, dove operiamo, per riprendere in mano con Cristo i parametri della nostra
vita.
XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(SAPER CAPIRE LO SPIRITO DELLA LEGGE)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 7,1-8.14-15.21-23).
In quel tempo, si riunirono attorno Gesù i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto
che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate — I farisei infatti e tutti i
Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, e
tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione;
come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame —, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi
discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo cori mani immonde?». Ed
egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: "Questo popolo mi onora con le
labbra, ma il suo cuore é lontano da me. invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti
dl uomini". Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori
dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo
impuro» Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti,
omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte
queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo».
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LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del Deuteronomio (Dt 4,1-2.6-8).
Mosè parlò al popolo dicendo: «Ora dunque, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, perché le
mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso del paese che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per
darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi
del Signore Dio vostro che io vi prescrivo e li metterete in pratica perché quella sarà la vostra saggezza e la
vostra intelligenza egli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande
nazione li solo popolo saggio e intelligente. Infatti qual grande nazione ha la divinità cosi vicina a sé, come il
Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che io invochiamo? E qual grande nazione ha leggi e norme
giuste come è tutta questa legislazione che oggi vi espongo?»
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Giacomo apostolo (Giac 1,17-18.21-22.27).
Fratelli miei carissimi, ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall'alto e di-scende dal Padre della luce,
nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento. Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di
verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature. Accogliete con docilità la parola che è stata
seminata in voi e che può salvare le vostre anime. Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non
soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi. Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa:
soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo.
(Messa per giovani e adulti)
La parola che il Signore ci dice oggi, é una parola sulla quale é difficile arzigogolare. Che cosa vuol
dire "arzigogolare"? Farci su dei ricamini. Che cosa ci dice Gesù: che la religione, quella vera, non
può essere risolta con dei riti; che la religione, quella vera, si fa solo in minima parte dentro la
chiesa. La maggior parte, quella più significativa, la si fa nella vita; che l'unico modo di ascoltare la
parola del Signore é di non limitarci a fare delle buone azioni, ma di cambiare di dentro il cuore. E,
qui, credo, sta il nostro problema. Perché? Perché quando si é presi da buona volontà di
rinnovamento, qual é di solito la cosa che facciamo? E' quella di aggiustare i gesti. Se, per esempio,
siamo una persona che perde le staffe, ci controlliamo. Il Vangelo, che é intelligente in questo, ci
dice che la questione non é di mettersi a posto perché, se ci badate, quando siamo impegnati a fare il
bene, ci sentiamo bravini, bravini.
Se uno ha risposto male due volte, quando di solito ne fa tre, magari anche quattro, arriva a sera e
dice: "Oh, non ho risposto male a mia moglie per tre volte e avevo cinque motivi per farlo! Ci
caschiamo tutti, ma non é così. E' che io quando faccio così, noi facciamo così, siamo dei farisei,
siamo a posto con la legge, ma di dentro nel cuore, no.
E, badate, quando nella Bibbia si parla di cuore, non si dice la sede dei sentimenti. "Cuore" nella
Bibbia, lo sapete, vuol dire la parte più profonda di noi, là dove nascono davvero i pensieri, le scelte
che si fanno.
Gli psicologi oggi la chiamano "io", la personalità, il sé, là dove io, sono proprio io. Perché? Perché
nei gesti buoni io corro il rischio di non essere io, cioè mi do la verniciatina che a volte qualcuno dà
quando deve vendere la macchina che é stata molto usata. Va dall'amico carrozziere: "Ascolta,
guarda, voglio spendere il meno possibile, tu mi devi fare un lavoretto che per quindici giorni
sembri bella intanto che la vendo, dopo quello là si arrangia". Infatti "quello là" la compra: "Sì; mi
sta bene, quanto é bella, com'é pulita, lucida.." E dopo cosa fa? Prima macchia di ruggine….e via di
questo passo.
Noi facciamo così quando lavoriamo per fare i buoni sugli effetti. La vera osservanza della parola
del Signore non é sentirsi bravini perché qui e là c'é una pezza, ma é ripartire da capo, proprio sulla
volontà di cambiare le cose.
"Sì, se io pianto un bosco oggi, 1988, prima che questo bosco sia efficace a trattenere…..eh, passa
40-50 anni!"
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Ecco perché la strada della virtù, della virtù in termini seri, noi non la intraprendiamo, perché non la
fa nessuno. Arrivati a sera siamo ancora li con le nostre ire, siamo ancora lì a non avere
soddisfazioni, siamo ancora lì a morderci le labbra. Non é così il problema, mi pare non sia così. Il
Signore su questo ha pazienza e credo anche che ci vuole bene sia che siamo buoni o no, voi lo
sapete, é lo stesso, non ci spara nella schiena, non preoccupiamoci più di tanto.
Dobbiamo lavorare a cambiare in profondità, a cambiare dentro. Allora il dramma é proprio questo
che noi non siamo gente che ascolta davvero il Signore perché siamo preoccupati di rispondergli.
Ecco le famose pezze che dicevo ne mettiamo qualche migliaio al mese, facciamo i virtuosi, cioè tra
virgolette; rispondere male con nessuno, per esempio, ma il mio cuore é cattivo, ha già risposto
male di dentro. Allora la pezza si stacca domani, domani risponderò e domani farò quello che non
ho fatto oggi, ma perché? Ma perché non ho cambiato il cuore, perché nel cuore ho macinato ira, ho
macinato disaccordo, ho solo dall'esterno tappezzato tutto, ma nell'interno io ho pensato male contro
di te.
Cambiare il cuore é che magari mantengo ancora il carattere così comodo ma cerco di accoglierti.
Mentre dici una cosa che mi dà fastidio, comincio a pensare: "Per tanto che tu abbia torto, mi dico
che hai ragione. Capisco perché ti infastidisci. Mi metto dal tuo punto di vista. Abbandono per un
istante il mio nel quale ho sempre ragione, nel quale é giusto, nel quale sono bravo, ti capisco e
abbandono tutto questo, mi metto dal tuo punto di vista? Vedete, é diverso, molto diverso. Vuol
dire che si trova il dialogo, perché certi silenzi, virtuosi silenzi, purtroppo sapete cosa fanno?
Cancellano la persona che ti dice le cose. Sono così dannosi che la cancellano, questo é peggio che
rispondere male. Gli psicologi già che li abbiamo citati, dicono che tra il rispondere bene, che é la
cosa migliore, il rispondere male e il non rispondere - la,cosa peggiore é il "non rispondere".
Chiediamo al Signore di imparare a rispondere a Lui perché la religione é quella. Provate a pensare:
in questo momento stiamo rispondendo al Signore, per esempio, siamo in dialogo con Lui? Chissà
quante volte che siamo qui e Lui non c'é, non siamo in dialogo con Lui.
Per esempio, prima ero molto arrabbiato perché fa parte del nostro sistema il ritardo. Io non ho la
pazienza della chioccia e non ho voglia di farmela, ma sto dicendo che significato ha, per il Signore,
arrivare a 3/4 della sua parola, che ascolto potremmo dire di avere con Lui?
E' come nelle nostre case che magari la mamma ci sta parlando, si volta e non siamo lì, siamo andati
di là a vedere la televisione. "E no, Pierino vieni qua un momento, adesso sto parlando con te".
Ecco, noi siamo così sciatti che veniamo qui e facciamo qualche cosa per poi dire: "Beh, se ho
perso l'antipasto, mangio il primo e il secondo, c'é anche il dolce!"
Vedete, così siamo. Si va dall'amico, cosa conta che ho saltato l'antipasto. Se vado dagli amici, vado
a trovare loro, non i piatti che mi offrono, per questo non posso dire: "Beh salto il primo, arrivo al
secondo, é lo stesso". Ma loro non è, non vogliono incontrarti solo perché hanno qualcosa da darti.
Ecco rispondere al Signore anche la puntualità é rispondere a Lui, altrimenti abbiamo fossilizzato
tutto ed é un disastro, non é più religione.
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(LA SALVEZZA VERRÀ DAL SACRIFICIO)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 8,27-35).
Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i
suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri
dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose:
«Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani,
dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso
apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi
discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo
gli uomini».
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Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se
stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la
propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta lsaia (50,5-9).
Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e lo non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho
presentato li dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia
agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare deluso. E vicino chi mi rende giustizia; chi oserà venire a contesa con me?
Affrontiamoci. Chi mi accusa? SI avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà
colpevole?.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Giacomo apostolo (2,14-18).
Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo?
Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro:
«Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Cosi
anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa. Al contrario uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho
le opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed lo con le mie opere ti mostrerò la mia fede.
(Prima messa del mattino)
Nel Vangelo di Marco siamo a una svolta, una svolta geografica perché Gesù lascia la Galilea e si
dirige verso la Giudea. Ma la svolta é ancora parziale perché qui termina una fase della sua opera: la
fase dei grandi segni, la fase dei grandi miracoli. Quella nella quale Gesù vuole quasi visivamente
far capire chi é arrivato in mezzo a loro attraverso la sua persona, cioè il Regno di Dio: la speranza
nostra e degli uomini che Dio viene ad abitare in mezzo a noi.
Ecco perché alla fine di questa fase Gesù interroga i suoi discepoli. Non solo fa domande sulla vita
quotidiana, ma anche chiede a loro che cosa pensino di Lui. E la risposta, la risposta verbale, quella
nella quale anche noi siamo sufficientemente preparati, é ineccepibile: "Tu sei il Cristo", la risposta
é giusta e vuoi dire "la speranza degli uomini". La vita vissuta nella lotta "si é fatta carne"; l’amore
che vince l'odio "si é fatto carne", la speranza degli umili, dei tagliati fuori, che non saranno sempre
e perennemente solo sconfitti "si é fatta carne". Stupendo!
E Gesù fa vedere che cosa c’è dentro in questa affermazione. Ed ecco la svolta più radicale:
"Cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'Uomo doveva molto soffrire ed essere riprovato dagli
anziani e dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitato". Molto
chiaro. E qui Pietro, con un fare molto paternalistico, molto noioso rispetto a quello di prima "Tu
sei il Cristo", si mette a fargli raccomandazioni. Lo prende in disparte, lo rimprovera, lo richiama ad
essere un po' più normale, a stare con i piedi sulla terra, ed avere un po' di equilibrio, di buonsenso.
Gesù ha una reazione violenta, verbale: "Lungi da me Satana!" l'avversario di Dio, pensate! Pietro é
paragonato all'avversario di Dio. C’è una ragione: "Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo
gli uomini".
Ecco qua, noi pensiamo alle cose del mondo. Lo so, sulla prima parte, quella delle parole su Dio,
abbonati tutti, do per buoni cristiani, ma non é tanto vero la seconda, quella che é "vita".
Chi é Cristo per me quando io agisco? Chi é Cristo per me quando si tratta di soldi, quando si tratta
di carriera, quando si tratta, di sessualità, quando si tratta di politica, quando si tratta di lavoro,
quando si tratta di divertimenti? In tutto questo chi é Cristo per me?
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Se ci badate, in questo Piccolo e provvisorio elenco di Settori che ho fatto, non é cosi facile tirarci
fuori i criteri di Cristo. "Ah, lei, carissimo sacerdote in Cristo, va bene, - ma i soldi sono soldi - tutti
prestano - gli affari sono affari - o schiaccio io o sono schiacciato".
Ecco,vedete, qui non siamo convertiti al Vangelo. Se Gesù potesse parlare nei nostri confronti,
farlo, può farlo, credo che ci direbbe in moltissimi casi con la stessa potenza: "Stai lontano da me".
È qua dove si inserisce la croce: "Se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda
la sua croce e mi segua".
La croce non é principalmente, dal punto di vista cristiano, genericamente la sofferenza, ma é la
sofferenza che deriva dallo stare dietro a Cristo. È la sofferenza che deriva dallo scegliere nel
denaro, nella politica, nella carriera, nel divertimento ecc. Lui, questo é stare nella croce.
La croce é questo giocarsi nel seguire Gesù e giocarsi nel seguire Cristo vuol dire sempre pagare
qualche cosa. A quale livello? A livello delle differenti realtà quotidiane, delle mentalità correnti, di
ciò che appare semplicemente normale, corretto condiviso. Realtà, quindi, lo dico con molta
serenità e calma, in cui noi siamo dei pagani, non sappiamo molto chiaramente chi sia Gesù Cristo,
comunque non é semplicemente nell'andare a messa. Se fosse così, io ci metto la firma da una parte:
tre quarti d'ora alla settimana se il prete é lungo, quaranta minuti se il prete é veloce, c'é anche
qualche messa che con meno ci si riesce! Se si può un bel pellegrinaggio a Lourdes e non se ne parli
più. Andiamo a piedi anche alle Grazie e va beh!
La svolta di Cristo é seguire Lui, non scappar via da quello chi, proprio perché abbiamo Gesù, ci
pesa addosso: quella é la croce.
Ecco chiediamo con molta serenità: "Gesù fa che le parole che diciamo siano proprio il sì della
nostra vita, guidati da te e che prendiamo sul serio il Vangelo. Facci cogliere, capire e accettare con
sincerità quello che Tu fai da offrirci". La fede é questa.
XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(LA GRANDEZZA DEL CRISTIANO)
Dal vangelo secondo Marco (9,30-37).
In quel tempo, Gesù e i discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.
Istruiva infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo Sta per esser consegnato nelle mani degli
uomini e lo uccideranno; ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà». Essi però non comprendevano
queste parole é avevano timore di chiedergli spiegazioni.
Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo lungo la
via?». Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande.
Allora, sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuoi essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di
tutti». E preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: «Chi accoglie uno di questi
bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro della Sapienza (Sap 2,12.17- 20).
Dissero gli empi: «Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo ed è contrario alle nostre azioni; ci
rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze contro l'educazione da noi ricevuta.
Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di
Dio, egli l'assisterà, e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti,
per conoscere la mitezza del suo carattere e saggiare la sua rassegnazione. Condanniamolo a una morte
infame, perché, secondo le sue parole,il soccorso gli verrà»
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SECONDA LETTURA
Dalla lettera di san Giacomo apostolo (Giac 3,16 - 4,3).
Carissimi, dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni. La sapienza che
viene dall'alto invece è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti,
senza parzialità, senza ipocrisia. Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera
di pace. Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre
passioni che combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non
riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché
chiedete male, per spendere per i vostri piaceri.
(Messa per i bambini)
Io sono preoccupato per i loggionisti. I loggionisti sono quelli che tengono su i muri laterali e anche
quelli che tengono su i muri frontali. Speriamo non tanto che ascoltino me, che hanno poco da
imparare, ma che non si distraggano troppo davanti al Signore.
Allora qui Gesù come al solito continua nel suo vizio più tremendo che é quello di ribaltare, di
rovesciare quelli che sono i nostri criteri di sopravvivenza. Parlo dei criteri di sopravvivenza nei
confronti degli altri. Cioè noi, per non essere travolti, abbiamo e costruiamo quotidianamente delle
belle muraglie di difesa e anticipiamo anche quei materiali tecnologicamente più avanzati per essere
imperforabili da qualsiasi insidia di oggi. Cioè i nostri meccanismi con i quali ci difendiamo dagli
altri sono: "Io penso a me " "Faccio quello che mi é più agevole" - "Faccio quello che costa di meno
e mi rende di più" - "Faccio quello che fa capire a tutti che é meglio che stiano lontano, così non mi
disturbano" - e via di questo passo.
Gesù viene e ribalta, e dice: "Chi vuole essere primo, si faccia ultimo".
Vedete, tutti noi anche se facciamo un gesto di umiltà in realtà quando non veniamo riconosciuti per
quelli che ci sembrano umilmente i nostri meriti, umilmente facciamo notare a tutti che non siamo
riconosciuti. Umilmente di dentro ci crogioliamo in qualche piccolo rancore perché ci pare che
l'altro, che é meno bravo di noi, meno solerte di noi, meno laborioso di noi, più leccapiedi di noi
(anzi proprio per questo!) sia più riconosciuto, sia più rispettato. Pensate a scuola. ai ragazzi
ossequiosi; falsi ma ossequiosi. - "Sì, io ho un carattere brutto, dico quello che penso e quella
vecchia megera di professoressa mi ha inquadrato il primo giorno in prima media e fino agli esami
di terza mi sono cuccato il suo giudizio cattivo, pesante, acido. Ho già capito, ho già capito, non mi
sorprenderà più nessuno".
Poi i padri, le madri: "In questa casa …» - e fanno qui l'elenco delle cose che non vanno - di come
lei sia la povera schiava……
Io non sto dicendo che non é vero che magari si é un po' trascurati, che non é vero che gli altri fanno
di meno e fanno più passi in avanti. Questo c'é dappertutto, anche nel clero. Gesù viene e ribalta
questo equilibrio e dice: "Volete un criterio buono che resiste? Volete davvero fare i primi?.Fate gli
ultimi: mettetevi a servizio".
Io mi vergogno un po' stamattina a parlare perché di dentro sento, non so se lo sentite anche voi, che
c'é qualcosa più forte di me che respinge questo. Ma mi pare di avere intuito da dove si può partire.
E non é perché si é intelligenti e si capisce, ma é piuttosto perché ci si mette davanti al Signore. Lo
so che é vecchia anche questa, ma uno arriva quando può. Cioè, sapete perché noi siamo invitati a
"servire"? La parola servire - adesso qui, non ho guardato bene il testo originale, ma penso sia
proprio l'operazione dello schiavo. Sapete che gli schiavi non avevano diritti. "Essere schiavi" come
si fa? Semplicemente scoprendo questo che Gesù, lui che era il capo, ma un capo in modo
rovesciato, si é fatto il servo di tutti.
Gli apostoli sono un po' come noi, siamo in buona compagnia, hanno capito niente. Pietro, l'altra
domenica, si é preso del satana perché ha detto così: "Ma Signore cosa vuoi andare a morire, insomma stai calmo, siamo qui noi". Si vede, poi scapparono tutti! Oggi, durante la strada,
approfittando che Lui era un po' più avanti, si erano già spartiti i ministeri, é una faccenda molto
antica! E quando Gesù chiede (sapeva già che cosa di erano detti) "Di che cosa avete parlato?'"
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Sono sembrati come noi quando da bambini si mettevano le mani sulla marmellata. «Cosa stai
facendo?" "Sto spolverando, sto spolverando". E in modo fantozziano, megalattico la marmellata si
vedeva, magari, sul bordo delle labbra. Proprio così hanno fatto gli apostoli con il Signore. E
nell'Ultima Cena ancora non avevano capito quando Gesù si mette un panno davanti alla sua tunica,
si china a lavare i loro piedi.
E non é come al Giovedì Santo che le mamme ci mandano i bambini profumatissimi che noi non
facciamo nessun gesto di umiltà nel lavarli. No, no, camminavano a piedi nudi, capite bene che
quando si lavavano i piedi alla sera che brodini!
Il servo é quello lì, non Don Ulisse o Don Gabriele che al Giovedì Santo si chinano su piedi puliti.
Ecco qua perché "servire". Perché Gesù é il mio servo, il nostro servo. Se non mi riferisco a Lui e
vedo solo il papà, la mamma, Tizio, Calo, Sempronio, non reggo, non tengo botta, pianto lì, mi
stufo, tratto male. Perché? Perché la vera esperienza del servizio é sul "piede sporco", non su quello
già lavato. Lo traduco. La vera esperienza del servizio, non é servire quelli che ci fa già piacere
servire. È il piede sporco, é quello che arriva li e ti dice delle cose che sono antipatiche, almeno
l'educazione! no, neanche quella. Questo é il servizio perché lo schiavo non aveva diritto nemmeno
che gli chiedessero le cose per educazione.
Ora ecco perché pianto lì, Dio mio che fatica! Capite perché adesso ho fatto un bel discorsino. Fra
dieci minuti - dopo la Messa tutto bene, Gesù una cosa Meravigliosa – arriva uno di quelli lì col
"piede sporco» che é antipatico, fa domande assurde, é arrogante, é maleducato, io mi sono già
dimenticato, purtroppo, tutte queste belle cose perché mi danno fastidio. Ora é necessario che
preghiamo perché non basta capire.
Tutte le mattine bisognerebbe dire: "Signore sono qui, ricomincio, bisogna che tu stia con me tutto
il giorno, non mollarmi altrimenti é un disastro".
Quanto tempo vi ho sprecato? Troppo. Siete stati anche bravi, anche qualche loggionista si é
comportato bene.
Preghiamo il Signore che ci faccia capire, ma non solo nella testa che siamo tutti intelligenti, di
dentro, là dove nostro egoismo, il nostro io orgoglioso non ne ha nessuna voglia di prendere per
buono questo messaggio di Gesù. Non vado in crisi, credo che sia così anche per voi.
(Messa vespertina)
Gesù inizia il suo viaggio dalla Galilea scendendo giù verso sud, verso la Samaria, avendo come
meta Gerusalemme. Quella che vi ho detto certamente un'annotazione geografica, ma é soprattutto
una annotazione morale. Perché? Perché Gesù va per consegnarsi, per consegnarsi Lui, Figlio
dell'Uomo, inerme, senza protezione nelle mani di uomini che inermi non 'sono e che conoscono le
protezioni fino al governo. Soffermiamoci un istante e cerchiamo di vedere che cos'é questo
messaggio di Gesù di stare tutto nella sua scelta e di essere costretto, dalla chiusura degli Apostoli,
a spiegare con le sue parole perché essi, avete sentito, lungo il viaggio hanno pensato che nella
capitale avrebbero spartito i ministeri.
Ecco qua, Gesù ancora una volta ci colpisce e ci colpisce su quella costruzione che nessuno ci ha
insegnato ad alimentare e che siamo espertissimi nel difendere e si tratta di questo: di ruotare tutti
intorno al nostro "io", di ruotare tutti e tutti i gesti, compresi quelli religiosi, quelli di fede, quelli
della virtù; di ruotare in tutti questi campi, perfino nel fare il bene, perfino nel fare penitenza,
perfino nel sopportare le mortificazioni, le prove. Noi siamo come satelliti che girano attorno al
proprio "io". Ed é lì il problema della nostra fatica a resistere, ed é lì il senso della nostra mancanza
fondamentale di serenità. Dovevo dire la parola "gioia", ma la gioia nella fede si fraintende, perché
nel nostro linguaggio la parola gioia vuol dire fare chiasso. Invece é parente prossima della pace
interiore la gioia evangelica, é la serenità, é il cuore pulito, libero, la tranquillità dell'anima.
Noi per questo manchiamo dl tranquillità e quindi abbiamo sempre la tendenza a piangersi addosso,
a sentirsi molto vittime, a sentirci molto schiacciati. Perché? Perché l'io, anche quello, religioso,
anche quello che si riveste di tendenze alla virtù, vuole privilegiare, vuole fare bella figura, vuole
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essere riconosciuto, non dico riverito, ma riconosciuto sì. Vuole che la fatica che sta compiendo sia
perlomeno rispettata, vuole che i pesi che sono portati siano perlomeno non ridicolizzati. Ecco
perché Gesù dice: non avete capito niente: guardate chi sono io. Io esco dalle mani del Padre, il Dio
del cielo e della terra, e vengo qui e non nasco nella reggia di Erode, nemmeno nei palazzi dei
sommi sacerdoti a Gerusalemme, non nella Roma dei Cesari, ma a Betlemme e vivo a Nazareth
(paese che non gode nemmeno di grande fama). E sto andando a Gerusalemme non scortato, sono
consegnato, sono inerme e nella bontà della mia inermità non alzerò la voce, li lascerò dire: tanta
insipienza inciampa in se stessa".
Ecco, vedete, questo è il senso della croce cristiana. Non é andare a cercare delle finezze stupende,
delle mortificazioni particolari, delle virtù più difficili: é accogliere la durezza che sta dentro la vita,
accoglierla perché viene dalle mani di Dio.
La cattiveria ottusa, in malafede degli uomini di Gerusalemme é da Dio. Perché? Perché Gesù
questi insulti li riceve pensando e offrendo tutto a Dio.
Non é a caso che ho detto all'inizio della celebrazione quando c'era l'atto penitenziale, le nostre
azioni, il perché delle nostre azioni, il come delle nostre azioni, se partivano da Dio e a Lui si
riferivano. Credo si capisca bene perché l'ho detto. Perché allora, vedete, se li prendiamo tutti questi
avvenimenti, specialmente quelli che ci danno fastidio, quelli che ci ostacolano, non sono nella fede
né ostacoli né fastidi, ma sono il modo con il quale il Signore lavora il nostro "io" egocentrico, che
si rispecchia in se stesso, narcisista orgoglioso.
Ecco, allora, voi vedete quante volte si possono fare delle cose in se stesse giuste, in se stesse
sacrosante, evangeliche ma partendo da una radice che é marcia. Quante persone davvero si
sfiancano per gli altri nel senso che quello che fanno è a favore degli altri, ma lo fanno perché non
sopporterebbero di non essere brave in tutto, perché non sopporterebbero che vengano loro fatte
delle osservazioni su quello che sono e su quello che fanno. Tant’é vero questo, che abbiamo per
buono l'apparenza, dopo la fatica c'é l'apparenza; vuol dire che siamo partiti da noi stessi, dal nostro
"io". Voi pensate, Gesù in mano a quella serie di mascalzoni, perché tali erano. Se voi ci badate,
Gesù non se la prende con quel politicante di Pilato, non gli risponde nemmeno; non é per superbia
che non gli risponde, del poveretto gli dà, non c'é niente da dire. Con quella volpe di Erode che
cerca il fenomeno da baraccone: "Il grande profeta di cui tutti hanno parlato", Gesù non gli dà,
nemmeno una soddisfazione su questo:livello. E mentre é lì, ed é lì nelle loro mani, non li giudica,
non li odia, nemmeno li ammaestra. È un ribaltamento, un criterio ribaltato.
Il povero Pietro, di qualche Vangelo fa, quando sentendo l'intendimento di Gesù di andare a
Gerusalemme, ha fatto un discorso che diremmo di buonsenso. Sì, ma era un discorso secondo l'io,
Dio non centrava per niente, e lo chiama addirittura Satana.
Ecco perché Gesù lava i piedi nell'Ultima Cena ai suoi: era il gesto dello schiavo, questo.
E badate, lavare i piedi allora, come dicevo questa mattina alla messa dei ragazzi, non era come
quello che faccio io al Giovedì Santo quando lavo i piedi, in ricordo dell'Ultima Cena, con dei
ragazzini che la madre é passata, su quei piedi, almeno quattro volte e li ha profumati, é solo un rito.
Mi é capitato con gioia di constatare che uno sfuggì a sua madre o forse la madre non lo sapeva
nemmeno, e mi sono trovato, per grazia, davanti a un piede reale di quei ragazzini che calzano
quelle scarpette da ginnastica che sono l'ideale per certi profumi. "Ti ringrazio Signore perché noi ci
dimentichiamo che tu hai lavato i piedi a gente che camminava con sandalini o a piedi piedi". Mi
capite, ce ne passa.
E quando noi ci mettiamo al servizio del prossimo, pensiamo sempre a un prossimo che almeno é
educato e ci ringrazia. Il nostro prossimo non é il prossimo dal piede iper-lavato, é proprio quello
dal piede giusto, estivo; quello lì é il prossimo che il Signore mette sulla nostra strada per far vedere
che vuol misurare il credente. Il prossimo che arriva con arroganza, magari con stupidità e tu
vorresti dire: "Ma ascolta, almeno l'educazione ,cerca di impararla". Se fossimo davvero preparati a
dire: "Ecco Signore, il mio orgoglio che vuol badare più alla forma, ma che in realtà é offeso nella
sostanza". Quanta strada c'é da fare. Per questo ci manca la pace, come dicevo prima.
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Un bell'esame di coscienza per tutti: per la mamma verso i figli, per il sacerdote nei confronti della
sua comunità che piacerebbe a modo suo, probabilmente, o che crede che basti organizzare e invece
bisogna passare insieme con Gesù attraverso Gerusalemme, attraverso la croce; rinunciare all'idea
che in fondo si hanno delle doti e queste doti dovrebbero fruttificare. E no, non fruttifica niente
perché poniamo siamo abili nell'usare la parola, non fruttifica niente, perché non può essere che il
Regno dei Cieli vada avanti sulle proprie abilità umane. Non va avanti perché si é intelligenti, si é
studiato; non va avanti perché si hanno le buone maniere, certamente meglio usare sempre buone
maniere; non va avanti perché si ha carisma o fascino personali, non perché ci si fa commiserare:
"Poverino, ha corso tanto, diamogli un po' di soddisfazione …".
Dobbiamo passare tutti: genitori, preti, se siamo un po' seri, attraverso questo: "Chi vuol essere il
primo, sia l'ultimo di tutti, il servo di tutti", ma senza lamentarci, senza sentirci sottovalutati, senza
sentirci troppo virtuosi, senza piangerci addosso.
Ecco preghiamo il Signore perché qui ne abbiamo molto bisogno. Nessuno di noi é disposto a farsi
lavorare i fianchi su queste cose. Se fosse possibile arrivare a ottimi risultati su ciò che ci interessa
pagando poco e soffrendo poco, quello ognuno di noi, istintivamente farebbe. Ma Gesù ha, non so
se dire purtroppo per chi ha poca fede o per fortuna, e questo vuol dire che avremmo fede,
inaugurato un altro modo: quello del Venerdì Santo a cui sono attaccate, indissolubilmente, la gloria
e la risurrezione.
XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(IL CRISTIANO È ANZITUTTO TOLLERANTE)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 9,38-43.45.47-48).
In quel tempo, Giovanni rispose a Gesù dicendo: « Maestro, abbiamo visto uno che scacciava I demoni nel
tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era del nostri. Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché
non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare mele dl me.
Chi non è contro di noi, è per noi. Chiunque vi darà de bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete
di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, sarebbe meglio per lui che gli passassero al collo una mola
da asino e lo buttassero in mare. Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per le entrate nella vita
monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza,
taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che essere gettato con due piedi nelle Geenna. Se il tuo
occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato
con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del Numeri (Num 11,25-29).
Allora il Signore scese nella nube e gli parlò: tolse parte dello spirito che era su di lui e lo pose sopra i
settanta uomini anziani; quando lo spirito si fu posato su di loro, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più
in seguito. Ma erano rimasti due uomini nell'accampamento, uno chiamato Eldad e l'altro Medad. E lo spirito
si posò su di loro; erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda. Si misero a profetizzare
nell'accampamento. Un giovane corse ad annunciarlo a Mosè e disse: «Eldad e Medad profetizzano
nell'accampamento». Giosuè, figlio di Nun, servitore di Mosè fin dalla sua adolescenza, prese la parola e
disse: «Mosè, mio signore, impediscili!». Ma Mosè gli disse: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel
popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».
SECONDA LETTURA
Dalla lettera dl san Giacomo apostolo (Giac 5,1-6).
Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano! Le vostre ricchezze sono imputridite,
lo vostre vesti sono state divorale dalle tarme. Il vostro oro e li vostro argento sono consumati dalla ruggine,
la loro ruggine si leverà a testimonianza contro di voi e divorerà le vostra carni come un fuoco.
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Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni! Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno
mietuto le vostre terre, grida, e le proteste del mietitori sono giunte allo orecchie del Signore degli eserciti.
Avete gozzovigliato sulla terra e vi siete saziati di piaceri, vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete
condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza.
(Prima messa del mattino)
Vorrei soffermarmi sul ricordo del nostro patrono, S. Pio X, per riflettere insieme. Certamente non
commenterò la parola del Signore, spero di non fare violenza alla liturgia. Ma commenterò una
intuizione di S. Pio X che é ricordata anche dalla Chiesa ed é "condurre tutte le cose in unità del
Signore". "L'unità" -- Se io penso a questa comunità, dopo sette anni qualcosa si può avere in testa,
credo che dobbiamo fare ancora molta strada.
"L'unità" - stare insieme.
Stare insieme non perché siamo magari gelosissimi, reciprocamente simpatici; non perché siamo
omologati, anche se pare che la Chiesa stia ritrovando un po' la voglia di omologare tutto,
non per questo. Anche perché il criterio di omologazione chi deve essere: il parroco?, i preti?, i
catechisti?, gli sportivi? Io spererei fosse Gesù Cristo, eventualmente. Ed é proprio qui il problema.
Io credo che dobbiamo chiedere a. S. Pio X una grazia che é quella di credere e di operare in favore
dell'unità.
Vi faccio un esempio, un caso: la celebrazione dell'Eucarestia. Stando alta teologia, cioè alla fede, il
volto maggiore di unità, di un popolo che crede é l'Eucarestia domenicale.
Uno dei vizi,che sono dei difetti della nostra parrocchia é di essere passeggiatori delle varie chiese.
Lo sappiamo che é segno sacramentale non solo il Signore da solo, ma. il popolo radunato? Lo
sappiamo?
Lo sappiamo che il celebrare insieme l'Eucarestia é il punto maggiore di aggregazione comunitaria?
Io ho questa idea: se non celebriamo insieme l'Eucarestia, non sentiamo che le Chiesa é una
famiglia radunata nel nome del Signore. Quindi, di conseguenza, crediamo che comunque vada sia
come una ciotola di zuppa da prendersi perché si ha fretta. Io credo che questo significhi non essere
ancora costruiti come cristiani responsabili.
La Chiesa non é una centrale organizzata con sede a Roma e succursali ogni 200 metri per
consentire comodamente e senza problemi di usufruire di un servizio: La Messa non é un servizio
che la Chiesa vi offre e così siete a posto con il Padre Eterno, cioè essere privatisti nella fede. La
Messa costruisce anche in comunione tra di noi. Non é una catena di ristoranti: mi sono trovato
bene nella tal catena di ristoranti, passo da quelle parti, ce n'é uno aperto, vado dentro lì. Questo
favorisce quel cristiano anonimo che é attento a non sgarrare mai su quello che gli tocca ricevere,
ma é ancor più attento a non sgarrare mai su quello che gli tocca dare di suo. Però fa la comunione
tutte le domeniche, comunione con chi? Con quale Cristo? Se Cristo ha detto: "Se due o tre sono
riuniti nel mio nome, io sono lì in mezzo a loro".
Il cristiano di questo tipo é riunito nel suo nome ed é riunito solo con se stesso. E benché possa
legittimamente vantarsi di non aver sbagliato un colpo nelle domeniche, non ha celebrato nessuna
vera eucarestia.
Ecco, chiediamo a S. Pio X questo: di incominciare a crescere su questa dimensione.
Lo sapete che venerdì sera c'é stata l'assemblea parrocchiale. Certamente per certi versi é una cosa
un po’ strana, Ma non é la Chiesa, nel senso ecclesiastico, che ha già capito tutto? Cos'é che vuole?
No, é la Chiesa e tutto il popolo di Dio, é un tentativo di andare in questo senso. Ci vuole la
pazienza, la lungimiranza perché le cose diventino parte del nostro agire da cristiani.
Vi siete resi conto che Chiesa vuoi dire "assemblea",....non negozio che vende, non succursale che
dispensa? Assemblea - Ekkalé, chiamata insieme, convocata?
Ecco, chiedere proprio questo - l'unità - la parte che Dio non mette perché tocca a noi. Chiedere
l'umiltà di volerci bene, la pazienza di volerci bene, il rispetto di volerci bene.
Mi pare che il Signore ci chiami davanti a Lui. Mi pare che il Signore, e ve lo dico con convinzione
perché ci credo, sia buono, ci voglia davvero bene. La risposta non può essere individualista,
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personale, anche perché la mia esperienza non lunghissima, ma nemmeno tanto corta, mi fa vedere
spessissimo che chi ha alti misticismi solo personali, non é affidabile, spesso anche cattivo e spesso
non costruttore, ma distruttore.
Allora, cari fratelli nel Signore, non i misticismi pseudomistici, ma la continuità di trovarci nel suo
nome, di uscire dal nostro guscio. Io questo lo credo, questo lo spero, e questo é il senso con cui
chiedo al Signore di aiutarci.
(Messa per giovani e adulti)
Vorrei che insieme la festa di oggi ci aiutasse a capire un po' meglio e quindi ad agire un po' meglio.
Capire che cosa? Su che cosa agire meglio? Sul nostro essere qui in chiesa. Perché celebrare la festa
di un patrono può essere una cosa estremamente esteriore (e direi ci siamo riusciti bene finora a
lasciarla lì fuori, lontana come scadenza), oppure e questo vorrebbe essere il senso di questa piccola
riflessione, partire da questo e rileggere la nostra esperienza. Rileggerla, voglio dire, davanti al
Signore e quindi nel nome del Signore guardarci un po' in faccia senza aver paura. Chiedo allo
Spirito Santo di ispirarmi parole cristiane, non gli chiedo di dire parole consolanti né di dire parole
pungenti, di dire parole. E allora attenti. Abbiamo iniziato la celebrazione con l'atto penitenziale,
l'esame di coscienza circa i nostri peccati verso la comunità. Lo metto sul piano positivo. Essere
cristiani vuol dire un sacco di cose. Vuol dire essere, proprio perché sacerdoti, proprio perché
profeti (vedi Prima Lettura), costruttori di comunità. Vuol dire catturare la comunione del Padre, del
Figlio, dello Spirito Santo, cioè un mistero di comunione. Noi siamo cristiani se siamo costruttori di
comunione. Lo dico con una convinzione e una forza che se qualcuno già sta facendo un po'
l'autodiagnosi e vede che fa altre cose e non sta facendo queste, io non lo vorrò consolare nemmeno
per un istante, gli dico con franchezza: "Caro amico, non so chi tu sia, ma un cristiano secondo
Gesù Cristo, no". Ma qui credo ci sia un problema molto serio.
Ho taciuto per 6-7 anni, all'inizio dell'ottavo, non so se ho la crisi del settimo anno, ma se volete
saperlo io ho la crisi già dal primo giorno, semmai. Che cosa abbiamo fatto, ma non tanto, voi mi
capite, mi interessa l'efficienza, parlo nel senso della fede, del mistero di Dio. Che cosa abbiamo
fatto. Qual é l'attenzione di fede al camminare insieme nella comunione di Cristo, così da costruire
intorno a Lui comunità. Badate, é solo intorno a Lui, non può essere, non deve essere intorno al
prete. Sono lontane da Dio quelle comunità che si riempiono e si svuotano a seconda che il prete é
simpatico o no, intelligente o no. C'é una disciplina, di comunità che non é dettata da leggi né da
rigorosità che i preti inventano perché qualcuno o molti gli sfuggono. La disciplina rigorosa é
interiore, é credere in Cristo. Io non faccio il prete perché non potrei fare altro. Ho avuto in questi
anni vari inviti a fare bella figura dappertutto. Io faccio il prete perché credo in Gesù Cristo. E voi
perché siete qui? Spero per lo stesso motivo. Io non faccio il prete in S. Pio X perché ho mania di
grandezza, ma perché ubbidisco a Gesù Cristo. E noi siamo qui perché?
Ora mi capite che la disciplina interiore é stare con Lui, nella preghiera. E' accorgersi che costruire
la comunità é avere qualche carico sulle spalle, non é avere applausi. Non é avere successo di critica
e di pubblico. Ora qual é il peccato originale di questa comunità di S. Pio X radicato, di fondo,
pericolosissimo, serio. E' l'individualismo che conduce al consumismo religioso. Ne abbiamo
parlato nell'assemblea parrocchiale. Già, lo sapete che Chiesa vuol dire assemblea. Lo sapete che
questa qui é l' assemblea radunata nel nome del Signore. Ora nel nome del Signore non vuol dire
questo: venire a prendere e portarsi a casa finché si crede ci sia da prendere, sparire il giorno che si
prende di meno o quando non si é soddisfatti o per disinganno o per narcisismo.
Quante presenze fin troppo assidue in certi momenti e quante assenze fin troppo vistose in altri, lì
non c'era Gesù Cristo, non costruiamo niente. Ora mi capite bene che se fossimo in tanti su questi
equivoci convocati, Dio mio, é meglio chiudere subito tutto. La vera disciplina é interiore. Non
siamo qui perché siamo simpatici, non siamo qui perché abbiamo la stessa idea sociale o politica,
non siamo qui perché ci piace questa architettura. Non siamo insieme perché c'é un prete che parla
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molto bene ed è simpatico. La vera disciplina é andare al massimo livello di chiarezza davanti alla
nostra società. E qui il nostro peccato originale é questo: consumatori di occasioni religiose.
Se poi cambia il gusto, cambiamo rivenditore.
Permettetemi un'altra piccola osservazione che é la conseguenza di questo consumismo religioso. Io
non voglio fare la chioccia, per niente, ma radunarsi in termini di fede. Cercarsi la celebrazione
eucaristica perché é la comunità che va convocata per dare la parola e per l'Eucarestia. E
particolarmente si fanno tirandosi su le maniche in nome di questa parola e di questa eucarestia.
Uno che é consumatore va a beccare secondo progetti suoi, d'orario poniamo, messe qua e là,
possibilmente in centro: "Sa, noi facciamo il girino...".
Io voglio dire: "Vado in S. Andrea". E vacci, ma costruisci là la tua comunione, la tua comunità, mi
capite, perché c’é Dio.
"Vado in Ognissanti". E vacci e sta là a fondare la tua comunione con quella gente là, avendo
assunto come criterio, della tua fede quella porzione di Chiesa, ma stacci. E non il giorno che là non
va più bene, torno qui. Mi capite che il senso di quello che dico non é : "Vi voglio qui". Io credo
che da cristiano voglio che tutti siamo del Signore. Ma essere del Signore, sto dicendo, significa
essere nel suo nome sacerdoti, re e profeti costruttori di comunità. Altrimenti siamo come quelli, ad
esempio, uno di quei pensionati che giustamente per far quadrare un po' la pensione, fa i giri dei
supermercati e si accorge che alla Coop c'é interesse per il tal prodotto, che é 30 lire in meno,
invece al Bonmercato c'é interesse su un altro prodotto. E giustamente essendo un consumatore e
facendo i conti tra lo stipendio e ciò che spende, va dove spende meno, giusto?
No, per la Chiesa questo discorso, secondo me, non é possibile. E se uno si prende la Messa anche
tutte le domeniche in questo modo, ve lo dico tranquillamente, é meglio che perda Messa che non
conta esattamente niente. Lo fa solo per star buono con la sua pseudo-coscienza..
Allora, ecco perché dico: "Se non vuoi partecipare alla Messa con l'animo costruttivo, di essere lì,
figlio di Dio, chiamato tu stesso a costruire la sua comunità, non andarci". Perché? Perché non conta
niente, perché si riferisce a un comandamento ecclesiastico. Gesù ha detto: "Voglio che nel mio
nome vi raduniate a costruire la Chiesa". Non ha detto di andare a Messa alla domenica. Questo l'ha
detto la Chiesa, perché? Perché ogni otto giorni, e questa é una tradizione che ha iniziato Gesù,
Gesù appariva e spezzava il pane con i suoi dopo che era risorto, l'ha dato lì. Ma l'ha dato perché i
suoi, Pietro, quel famoso Pietro spaccamontagne che poi scappò e Tommaso incredulo e tutti gli
altri, anche loro che erano scappati, li riconvocava per mandarli appunto, a suo nome. E per
mandarli spezzò il pane come nell'Ultima Cena, perché questo era il senso dell'essere cristiani:
spezzare il pane, spezzarlo per tutti, spezzarlo per qualcuno. Questo noi abbiamo come dono di Dio
e questo abbiamo di conseguenza come impegno.
Ed ora la preghiera a S. Pio X, già prete ed ora nella gloria dei Santi. Si, ho delle riserve storiche,
qualcuna l'ha sbagliata, ma il problema non é tanto questo: é aver fede nel Signore e credo che lui
abbia avuto una grande fede nel Signore.
E ora S. Pio X, che proprio perché non é un primatista fra tutti i santi, però é santo, perché? Perché
come uomo con i limiti che aveva, d'intelligenza, di cultura, aveva accettato la croce di fare il prete,
il vescovo, il papa, lui pover'uomo, ed era consapevole dei suoi limiti, credo, da quello che so.
Allora in questo mi é simpaticissimo: era un uomo che con i suoi limiti ha creduto nel Signore.
Ecco qua il messaggio.
I nostri limiti - "Sì, Signore, ma noi crediamo in Te. E' nel tuo nome che ci accogliamo. È nel tuo
nome che accettiamo di stare insieme e di starci, qui, nel bisogno e Dio sa quanto ce n'é qui". Ecco
il messaggio: le manichette si fanno su, per chi ne ha voglia un posto c'é; chi non ne ha voglia é
avvisato: cerchi le chiese supermercato in cui, magari, le messe si fanno più corte e soprattutto,
magari, fanno pensare un po' meno.
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XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(L'INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 10,2-16).
In quel tempo, avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, domandarono a Gesù: - E’ lecito ad un
marito ripudiare la propria moglie?». Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla». Gesù disse loro: -Per la durezza del
vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio e
femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua Madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono
più due, ma una sola carne. L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto».
Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: «Chi ripudia la
propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne
sposa un altro, commette adulterio».
Gli presentavano dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano. Gesù, al vedere
questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è
come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un
bambino, non entrerà In esso». E prendendoli tra le braccia e imponendo loro le mani li benediceva.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro della Genesi (Gen 2,18-24).
Il Signore Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» Allora il
Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo,
per vedere come li avrebbe chiamati: In qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri
viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del
cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile.
Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e
rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la
condusse all'uomo. Allora l'uomo disse: « Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La
si chiamerà donna perché dall'uomo è stata tolta». Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si
unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera egli Ebrei (Eb 2,9-11).
Fratelli, Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, Io vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa
della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli sperimentasse la morte a vantaggio di tutti. Ed
era ben giusto che colui, per il quale e dal quale sono tutte le cose, volendo portare molti figli alla gloria,
rendesse perfetto mediante la sofferenza il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro
che sono santificati provengono tutti da uno solo; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.
(Messa vespertina)
Spiegare questo Vangelo non é facile, oggi. Dico "oggi" e intendo questo contesto nel quale
viviamo. Contesto nel quale tutti e su tutte le cose abbiamo un tornaconto. E sentire queste parole
sul matrimonio sembra quasi una di quelle scommesse, perdute in partenza, nelle quali la Chiesa
ogni tanto s'impegola perché afferma verità alte, mentre poi pare far finta di niente e s'accontenta di
quello che arriva.
Non penso sia cinismo, anche se talora serpeggia nei nostri discorsi.
Mi sorregge questa formidabile fiducia che viene dal Vangelo: per quanto siamo malmessi, Gesù ci
dà due indicazioni formidabili.
La prima é la meno importante e me la cavo velocemente: riguarda le questioni legali dei farisei. E'
la convinzione che la legge, circa queste cose, non conta niente. Non basta la legge civile, parlo
anche di quella ecclesiastica, voglio dire non sarà alzando il prezzo che sono risolvibili o
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decentemente risolvibili. Non é a questo livello legalistico, dove conta ciò che sembra più di ciò che
é. Per di più, in tutti i livelli legali, c'é sempre qualche azzeccagarbugli che perlomeno riesce a
confondere le cose.
Pensate, già presso gli Ebrei c'erano almeno due linee di pensiero rabbiniche: una rigorosamente
legalistica e una più blanda che lasciava correre e volevano intrappolare Gesù in simili questioni.
Capite bene quale speranza ne sarebbe risultata per ogni situazione di matrimonio: quelle in crisi e
quelle non in crisi. Avremmo elaborato situazioni per 300 casi e poi ci saremmo accorti che c'era
anche il 301; saremmo andati a 1.000 per vedere che c'era il 1.001 e non si finirebbe più.
Ecco quindi la strada da non percorrere in nessun caso, là dove talvolta il matrimonio entra in
difficoltà: é quella legalistica, quella della legge. L'unico da non consultare sarebbe l'avvocato,
questo é il mio piccolo parere, ma nemmeno quello ecclesiastico.
Allora qual é la, strada da percorrere? Cosa dice Gesù?
Gesù rimanda al livello primordiale della creazione. Notate bene, io parlo della creazione non
perché ho letto e assumo il criterio dei libri di biologia. Mi levo tanto di cappello, ma é un altro
discorso. Parlo della creazione che esce, per il credente, dalle mani di Dio. Da lì parto per affrontare
il discorso. Quali sono le intenzioni del Creatore? Parlo di quelle intenzioni, e lo specifico, che non
valgono in quanto vengono riconosciute dalle Chiese, dalle Religioni, ma sono prima di tutto
questo, perché sono nel progetto di Dio! E' il progetto col quale Egli segna ogni uomo che viene in
questo mondo..
Allora la vera strada per tutti, credenti e non credenti (ma il credente ha qualcosa in più!) é quella di
andare a reinterpretare, a rileggere, a rispolverare, a individuare quello che, senza dubbi e senza
incertezze, Dio ha gettato dentro il cuore di ognuno. Di questo si parla in una pagina stupenda che
noi abbiamo solo frainteso, quella famosa della costola; dove si dice che la dimensione dell'uomo é
una dimensione che non é né solo maschile né solo femminile. L'UOMO é nella capacità e nella
fecondità e nella verità dell'incontro.
Tanto é vero che per direi per questo, la Bibbia elabora un racconto per assurdo. Fa finta che
l'uomo, inteso come maschio, esistesse prima, per mostrare quanto sia insensata la sua vita, non
abbia valore, sia priva di scopo, semplicemente assurda..
Questo maschio, solo, sembra al centro di Houston alla sala di controllo dei veicoli spaziali, ha in
mano tutto.
Trasferiamo questa immagine sul piano religioso: l'Uomo ha la chiave per aprite tutte le cose create,
ne é il responsabile, tutto é affidato al suo impegno. Eppure tutto questo non gli dà significato, non
é sufficiente a rispondergli come creatura, sta male. Ecco allora il racconto della Genesi facendo
comparire la donna, mira a farci vedere qual ‘é il progetto di Dio.
Non esiste l’ “'individuo". L'individuo é un'invenzione dell'Illuminismo. Provate a farlo esistere se
siete capaci. Intanto ci vuole già in due per incominciare a farlo partire, quindi già in partenza non
esiste come individuo isolato.
L'Uomo per esistere ha bisogno dell'altro, di incontro. Per questo Dio ha fatto l'apologia della
costola, in cui ci dice: "Tu hai bisogno di una (potrebbe anche essere al plurale, non cambia niente)
e di uno che sia della tua pasta, per specchiarti, perché senza di lei tu non sai nemmeno che sei;
senza di lui tu non sai nemmeno che sei. E' lui che accogliendoti e rispondendo ti, definisce fino in
fondo il chi sei, il tuo nome". Questo é il luogo del matrimonio, ma é il luogo di sempre. Dico
sempre ai fidanzati che é proibito essere zitelli. Infatti secondo la legge cristiana, badate che non é
un problema di stato civile, è un problema morale.
C'é della gente sposata che vive in un profondo zitellaggio. Non li avete mai visti? Non si
incontrano più, non si parlano più. E' che i due arrivando al punto che dovrebbe essere l'espressione
più piena dell'incontro, ci arrivano a pezzi, ne hanno perso qualcuno lungo la strada, sono
nevrotizzati; non hanno più il tempo di guardarsi in faccia, sono lì senza esserci.
Badate bene che la stessa cosa é da questa parte. Io dico ormai le messe nevrotizzato.
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A cominciare dalle madri: non devono più essere tese, nevrotizzate; non devono più essere sempre a
tutte le ore per tutti i diritti della famiglia. E' bene che comincino a coniugarsi i cari componenti il
verbo "arrangiarsi". Non si può stare insieme, bisogna.
Alle famiglie giovani dico spesso: " Ma voi a casa vi parlate?" Perché purtroppo non é più vero. E
parlarsi non vuol dire inondare l'altro di chiacchiera, non é l'aggiornamento sul come vanno le cose
nel quartiere. E' che il mio io e il tuo incominciano a diventare "noi". Se questo é vero, può
succedere di tutto, perfino le corna, ma non si sfalderà. Se questo non é vero, come ho detto prima,
si riesce a sfaldarsi.
C'é un peccato originale che viene prima dei singoli peccati che si possono fare dopo, é questo: che
si é creduto che l'impegno del parlarsi, del guardarsi in profondità fosse l'impegno per arrivare al
giorno in cui si spedivano le partecipazioni. Dopo si é tutti arrivati, garantiti! Non é vero, non é
vero.
Mi accorgo di non aver fatto un discorso mistico, tutt'altro, però mi permettete, che questo modo di
dire sia più cristiano di tanti altri che hanno già l'aureola ispirata, pseudomistica. Bisogna andare sul
concreto. Ma che leggi, ma che Mosè, ma che Sacra Rota, andiamo là dove siamo usciti dalle mani
di Dio. Quello é il punto di partenza, il punto di inervamento. Ora ci mettiamo davanti al Signore
come siamo, non come vorremmo essere, come siamo, e riprendere il mano i doni che Dio ci
ha affidato mettendoci al mondo e lavorarci sopra piano piano senza pretendere di essere, in clima
di Olimpiadi, primatisti mondiali della virtù! No, no, con molta più umiltà, là dove si é, accogliendo
fino in fondo di giocarci quel poco o quel tanto che abbiamo fra le mani come dono di Dio - con
sincerità.
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(IL CRISTIANO DI FRONTE ALLA RICCHEZZA)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 10,17-30).
In quel tempo, mentre Gesù usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in
ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli
disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non
uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la
madre».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù,
fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va', vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un
tesoro in cielo; poi vieni e seguimi ». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva
molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, se ai suoi discepoli: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze
entreranno nel regno di Dio». I discepoli rimasero stupefatti a queste sue parole; ma Gesù riprese: «Figlioli,
com'è difficile entrare nel regno di Dio? È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un
ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più sbigottiti, dicevano tra loro: «E chi mai si può salvare?». Ma
Gesù, guardandoli, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Perché tutto è possibile presso
Dio». Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In
verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a
causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e
madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna».
LITURGIA DELLA PAROLA
LA PRIMA LETTURA
Dal libro della Sapienza (Sap 7,7-11).
Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza. La preferii a scettri e a
troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
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perché tutto l'oro al suo confronto è un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte ad essa l'argento.
L'amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce, perché non tramonta lo
splendore che ne promana. Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza
incalcolabile.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 4,12-13).
Fratelli, la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al
punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri
del cuore. Non v'è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a
lui noi dobbiamo rendere conto.
(Messa dei bambini)
Buongiorno. - Buongiorno proprio a tutti, anche a chi non sta ascoltando. E ci pensavo mentre
leggevo il Vangelo se commetterò il peccato di dispiacervi di più se non ascoltate me di quanto non
abbiate ascoltato la parola del Signore che ho letta. Perché sto attento e riflettevo, e riflettevo
seriamente con qualche tristezza. Siamo spaccati per quanto riguarda la nostra fede, ma sarà
un'analisi che faremo insieme.
Questo Vangelo tratta di un giovane molto bravo, stupendo, formidabile. Gesù che se ne intende del
cuore degli uomini, dopo che l'ha visto - dice il Vangelo - lo amò, gli é piaciuto moltissimo. Era
eccezionalmente pulito, serio, non di quelli che si fanno lo sconto - di quelli che davvero
scommettono la propria esistenza perché sono coerenti, non dicono 'una cosa e ne fanno un'altra.
Pensate, se uno così come lui, e io non oso paragonarmi nemmeno sul punto di partenza, non é stato
in grado di dire: "Sì, Signore, vengo con Te" - chi sarà in grado? - Infatti gli Apostoli si sono un po'
spaventati e hanno detto: "Ma allora é impossibile!" - E Gesù rispose: "Sì é vero, tranquillamente,
é impossibile dal punto di vista umano".
E' impossibile essere cristiani dal punto di vista umano. Noi siamo una ditta in fallimento se ci
consideriamo dal punto di vista umano.
Cosa vuoi dire seguire Cristo? - Vi faccio delle domande a cui cercheremo di rispondere insieme.
Io penso ogni tanto per me che il martirio, cioè il fondare la vita, anche violentemente per la fede, è
il criterio della fede. Non perché capiterà a noi - no, speriamo di no, ma perché é a quel punto che si
vede qual é la fede vera. E io quando faccio l'esame di coscienza mi trovo angosciato a dire: "Signore, ma io scapperei via forse. Io ti tradirei come ha fatto Pietro. lo farei finta di non conoscerti;
volterei la faccia dall'altra parte se ti incontrassi perché io ho paura di soffrire, ho paura di essere da
solo. Chissà se sarei dalla tua parte". E ci penso seriamente, sono preoccupato. Allora mi dico: "Se
questo giovane così in gamba, così bravo, che osservava i comandamenti non è stato in grado di
seguire il Signore, noi, io, noi come comunità?"- Sapete perché pongo la domanda? - Perché credo
di avere dei segnali preoccupanti. Faccio degli esempi, nessuno se ne offenda se qualcuno in questi
esempi incapperà.
Io qualche anno fa ho detto quando la chiesa ricominciava a riempirsi (lo dico ancora oggi, sono
ancora di quell'idea): "Cari amici, abbiamo una fede stagionale - che poi é di mezza stagione perché
d'estate é troppo caldo, d'inverno é troppo freddo". - Siamo ancora lontani dal martirio, però mi
capite. Questa estate quanti di voi hanno avuto - ma non perché ve le dice il prete, non fatelo per
questo, non serve a niente, é sbagliato, il desiderio, l'impegno d'incontrare Gesù. Ma come si fa a
vivere una intera stagione senza riferirsi a Lui. Quanti bambini non hanno più pregato; adesso che
stanno arrivando le interrogazioni pregheranno. Hanno saltato la messa continuamente, perché? Ma perché tra Gesù Cristo e la mia amica che mi può criticare se vado a Messa, chi scelgo? - Che la
mia amica non mi critichi.
Io giro spesso in bicicletta per la parrocchia: vado a trovare gli ammalati, gli anziani, e incontro
talora ragazzi che io conosco bene. Penso di non essere sconosciuto a loro' tanto meno qui nel
quartiere e voltano la faccia dall'altra parte, ma non per me, non é per me, non credo ce l'abbiano
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con me, non ho fatto loro niente. E poiché credono che io non li veda mentre vado facendo le mie
cose, si voltano a spiare se li ho notati. E se incontrano il mio sguardo, Voltano subito la faccia da
un'altra parte.
I papà non vengono molto in chiesa, sì ce n'é qualcuno, ma la maggioranza no. Uscendo dalla messa
delle ore 8, ho visto un nutritissimo gruppo di papà accompagnare i loro ragazzi a giocare le partite
di pallone. C'era pieno il piazzale e mi chiedo: "Ma che merce é la mia, che ‘poi é Gesù Cristo’ (mi
scuserò con Lui per avere detto merce), che vale così poco?"
Abbiamo tante colpe noi sacerdoti, ma non tutte. Una é quella di farvi pagare poco le cose che vi
diamo, ma non parlo di moneta, i soldi non mi interessano, state tranquilli. Sembra un diritto avere
le cosiddette "prestazioni" della Chiesa: comunioni tutti, cresime 99%. La domenica dopo, dopo la
cresima, ragazzi, ma é chiaro.... Così si viene in chiesa per ricevere la comunione e la cresima,
questa é l'idea. A nessuno viene il sospetto che si viene in chiesa per seguire Gesù Cristo, che é
molto più complesso che non venire in chiesa, ma che non può stare senza la preghiera, senza
venire in chiesa.
Cosa vuoi dire avere ascoltato la parola di Cristo quando lo scopo dei nostri ragazzi é di uscire.
Fra l'altro non so perché fanno la comunione, me lo chiedo, hanno l'ostia ancora lì e la presa diretta
da qui - ditemi se non é vero, i guardiani della porta possono confermare - é uscire, si va.
Non é ancora il martirio, mamma cara, se ce ne passa!
Ecco, allora, ho l'impressione che si é spaccati, é una brutta parola, ma mi pare renda bene.
Cari amici, io ho due pensieri da finire:
Primo - siamo umanamente in fallimento, niente é possibile; Secondo - siamo amati dal Signore.
Allora dite: "Prima é duro e poi finisce sempre in gloria" Qualcuno me l'ha già detto: sono
tremendo, poi me la cavo con il fervorino finale. Si, lo so, sono tremendo. Speriamo di cambiare,
dove? - nell'essere tremendo o nell'essere buono? Quando dico "Dio ci ama", sapete cosa vuol dire?
- Vuol dire che non chiude mai il giudizio su di noi. Non si stanca per quello che abbiamo fatto
finora, ma ci invita, ha fiducia in noi, ci vuol bene. Ci vuol bene perché siamo suoi figli, siamo sue
creature.
Allora se io dico queste cose con precisione, con severità non é perché noi stiamo male, é per dire:
"Amici, tutti insieme fratelli, perché amati. Vi chiamo fratelli non perché mi accredito come vostro
fratello, ma perché c'é un unico Padre che ci chiama. Non perché siamo simpatici fra di noi, non lo
so, forse é vero, ma perché Dio ci chiama".
Ecco, allora, oggi inauguriamo l'anno catechistico con ancora questa grande, stupenda fede: Dio ci
chiama – ragazzi, Dio ci chiama. Gesù é più importante, più vero, più solido di tutti i modelli di
comportamento che la società spesso propone.
Allora adesso io vi chiedo scusa, ma mi pare che valeva la pena un pochettino spiegarci. Chiediamo
al Signore di essere gente che capisce, che accetta che Lui ci voglia bene.
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(IL VERO DISCEPOLO DEL SIGNORE)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 10, 35-45)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: -Maestro, noi
vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli
risposero: «Concedici di sedere nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù. disse loro:
«Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono
battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse: «Il calice che lo bevo anche voi lo berrete, e il
battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me
concederlo: è per coloro per i quali è stato preparato». All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con
Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi
delle nazioni le dominano, e l loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è cosi; ma chi vuoi
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essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuoi essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Figlio
dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
LITURGIA DELLA PAROLA
LA PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Isaia (Is 53,2.3.10-11).
Il Servo del Signore è cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Disprezzato
e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire. Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la
volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto
mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 4,14-16).
Fratelli, poiché abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato cieli, Gesù, Figlio di Dio,
manteniamo ferma la professione della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia
compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed
essere aiutati al momento opportuno.
(Messa prefestiva)
Come lasciare intatta la provocazione di questo Vangelo: il commento viene sempre rischiosamente
a frapporsi fra questa freschezza e anche, talora, questa durezza della parola di Cristo. Cercherò di
essere molto sintetico, proprio per evitare la trappola delle parole. E' molto chiaro: abbiamo due che
avanzano diritti, pretese. Oh, badate, hanno qualche ragione per farlo: stanno seguendo Gesù, per
Lui hanno abbandonato campi,, case, mogli, figli. Gesù stesso ha detto: "Chi per me abbandonerà
campi,, case, mogli, figli avrà il centuplo su questa terra, con sofferenze e croci, e poi la vita
eterna". Gli amici hanno capito bene il centuplo su questa terra, hanno ancor meglio capito la vita
eterna, stavano semplicemente saltando l'inciso "con sofferenze e tribolazioni".
Allora la prima sofferenza del cristiano é questa: non essere guidato, indirizzato, sorretto dalla più
logica,'più'intima, più naturale delle nostre certezze che é l'"io".
Un "io", magari, che cerca cose'giuste, ma che come tutti i nostri gesti é al centro. Un "io" che é
disposto a lavorare, a faticare, a farsi carico, a non essere mai stanco, ma che, come ogni “io” vuole
che questo gli sia riconosciuto..
La prima sofferenza del cristiano, quella che é già dentro, é già dentro nel seguire Cristo é questa:
non é possibile vantare nessun diritto.
Io lo so che si fa presto a dirlo, lo sto dicendo. Lo sto dicendo benché io ammetta davanti a Dio e ai
miei fratelli che il mio "io" é ben agguerrito, che non cede. Ma cari fratelli, forse anche voi dovete
dire questo: non ditelo a me, ma davanti al Signore. Noi siamo fatti così.
La croce sta lì, proprio nel seguire Cristo, perché seguirlo, prima ancora di fare di Cristo un
messaggio é non porre al centro questa volontà di potenza, questa volontà di riconosci mento,
questa volontà di rispetto.
La croce più profonda è in! realtà se stessi, é essere ignorati. La croce più profonda é non
dispiacersene di essere ignorati. Dio mio, quanto siamo distanti! E proprio perché siamo distarti non
faccio ottima o scarsa letteratura su questo,, non ne faccio proprio.
Mi fermo e dico: "Signore conduci ciascuno di noi, conduci questa comunità raccolta nel tuo nome
a seguirti”.
Secondo breve punto.
Che cosa si tratta di fare? Gesù dice: " Il Figlio dell'Uomo non é venuto per essere servito, ma per
servire e dare la propria vita in riscatto per molti". Breve nota in calce: questo "per molti"- é un
ebraismo, vuoi dire per le moltitudini, cioè per tutti. Ecco il perché solo l'amore eroico porta
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servizio, perché intimamente noi abbiamo le nostre difese e l'inconscio é tremendo, non lo si stana
nemmeno con le prediche fatte in, chiesa,
Che cos'é "dare la propria vita in riscatto". È quello che ha fatto Cristo: ha posto se stesso
decentrandosi, sull'ultimo che egli incontrava.
Che cos'é quello che noi facciamo più spesso? -Poniamo le nostre esigenze, badate che sto parlando
di esigenze che sarebbero sacrosante umanamente parlando, come centro intorno a cui far ruotare
tutto. Badate che non facciamo solo ruotare gli altri, questo é ciò che intuitivamente uno capisce
meglio. Intorno a questo siamo capaci di far ruotare perfino fatiche tremende. Non é vero che siamo
incapaci di pagare e di soffrire, non é vero. Paghiamo e soffriamo per cose sbagliate. La gente é
capacissima di sacrifici, ma lo é su delle cose molto errate, questo é sconcertante. Non lo é e non lo
siamo per cose più vere.
Terzo punto
Stiamo celebrando la Messa, voi mi direte; "Cosa centra?" - Cari fratelli é la cosa che centra più di
tutto rispetto a quello che stiamo riflettendo. Cos'é che noi qui rendiamo vivo, presente, operante,
significativo, che cos'é? - E' esattamente il Cristo che si é decentrato e che é dato. Uso una parola
forte "svenduto", "regalato", regalato per me, ma nemmeno capace di capire il dono che fa.
La Messa é questo Gesù: "Questo é il mio corpo, non le mie pie intenzioni, non le mie grandi
parole, nemmeno i miei miracoli, il mio corpo per voi". Questo é il senso, questo é il discorso che
stiamo facendo. Noi celebriamo la messa, questo é.
Alla fine, perché mi tocca, manderò via voi, ma manderò via anche me, ed é un gesto non
autoritario, ma autoritativo sì, autorevole sì. Nel nome del Signore vi mando via e andiamo tutti via
di qui perché incomincia la seconda parte della Messa che é ricordarsi del nostro corpo dopo che
l'abbiamo ricevuto come dono dal corpo di Cristo; ricordarci il nostro corpo che siamo dati, siamo
dati. E se la celebrazione mondana, cioè dentro il mondo, dentro la storia, nelle nostre case non
corrisponde alla celebrazione ecclesiale, cioè nella chiesa, lì c'é bestemmia contro il Signore.
Lo so che non é tanto piacevole riflettere su questo, soprattutto, forse, vi ponti qualche domanda non ve lo direi, non ho interesse a dirlo.
E, vedete, sono preoccupato perché complessivamente nella Chiesa, mi pare stia ritornando, dopo
un periodo di sana contestazione, una grande voglia di seno materno, tranquillo, calmo, silenzioso.
Sono preoccupato, mi pare che centri poco con questa forza che Cristo ci dà. Stiamo facendo
celebrazioni sempre più staccate dalla vita. Le modalità della preghiera tendono sempre più di
essere rassicuranti, pseudo-mistiche, alla ricerca di fenomeni strampalati. Può darsi che io mi sbagli,
e allora è meglio, ma se non mi sbaglio? Sarà bene che preghiamo il Signore che ci faccia attenti a
non ricordare, come hanno fatto i discepoli, ciò che andava loro bene, a ricordare tutta la sua parola,
lasciarcene guidare da tutta la sua parola, lasciarci giudicare.
Allora, sorretti da questa riflessione seria e di fede, noi ci affidiamo a Lui perché non abbiamo posti
da chiedere, carriere da intraprendere, riconoscimenti da avere pubblicamente da Lui.
Abbiamo questa unica, grande, sicura, forte realtà che il Signore é proprio qui, in questo momento a
rifare il suo, dono per noi. E allora se questo é vero, come é vero nella fede, noi non abbiamo più
nemmeno paura del nostro egoismo; non abbiamo paura di chi non ci ama; non abbiamo paura
nemmeno di chi é in malafede.
Ed é su queste parole che noi usciremo caricati e annunciando al mondo che Dio, l'amore, il
servizio, l'accoglienza. sono, nonostante tutto, più forti dell'egoismo, della cattiveria e della
stupidità.
(Messa vespertina)
Chiediamo al Signore di non perderci nelle nostre parole, di non frapporci, quindi, a smussare la
durezza del suo messaggio. La durezza, certamente per i nostri orecchi, perché sono orecchi di cuori
non convertiti. Noi abbiamo ancora troppo addosso quello che Paolo direbbe "la carne". Una
mondanità, cioè, che fa conto solo di una visione umana, che si fida solo di ciò che può
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amministrare, sempre umanamente e che trova quindi perlomeno pericoloso superare questi ambiti
di sicurezza che, dicendolo con semplicità, coincidono con il nostro "io". Cioè quella modalità di
gestione del nostro "io" che é l'egoismo, del quale anche la nostra fede é impastata, del quale sono
impastati anche i nostri gesti virtuosi.
Gesù ci vuole mettere uno spunto di chiarezza.
Chiedere a Lui di non commentare troppo per non far digerire addolcendo proprio la durezza che
Lui vuole porre nelle ambiguità della nostra fede.
Dal Vangelo vedete che Giacomo e Giovanni chiedono un anticipo. Stanno seguendo Gesù, per Lui,
dobbiamo ammetterlo, hanno lasciato le loro case; chi era sposato di loro ha lasciato perfino la
moglie o i figli. Quindi, voglio dire, non possiamo scherzare, era gente che stava facendo sul serio.
Dove sta, allora, l'errore o l'equivoco. E' proprio questo: si fanno avanti, avanzano qualche pretesa,
chiedono almeno una caparra. E badate che essi ricordavano abbastanza bene che Gesù aveva detto:
"Chi per seguirmi avrà lasciato casa, madre, mogli o campi, riceverà il centuplo in questa terra di
case, di campi, con sofferenza e croci, e nell'altra vita, la vita eterna". Si sono ricordati anche loro,
selezionando, il centuplo subito e, aspettando un po', della vita eterna.' Hanno saltato che questi due
grandi momenti sono intimamente collegati con la sofferenza e la croce che sono di Dio.
Ed ecco allora l'equivoco: noi ci aspettiamo che, essendo credenti nel Signore, i nostri doveri siamo
solo nella difficoltà di seguirlo; solo nel difficile rapporto tra le cose che comprendiamo e la
coerenza nel tradurle. No, non é solo questo. L'assurdo per chi segue Gesù c'é da vederlo in calce,
immagine che indica sofferenza. E la sofferenza é un momento forte del nostro cammino, non é un
ostacolo. Io sto dicendo queste cose con tremore perché mi piacciono niente; voglio dire, ne direi di
ben altro tipo, le sto dicendo per fedeltà a Lui. Le sto dicendo convinto,. da una convinzione che
nasce non dalla carne, — dalla potenza. Per questo ne ho paura. Ne parlo, se ci badate, con tutt'altro
tono del solito, sembro un altro, perché non faccio, non posso fare, nessuno credo possa fare della
letteratura ecclesiastico-religiosa su questo. Perché se questo su cui stiamo riflettendo é vero, a
ciascuno di noi costa, ma é per fede nel Signore che a Lui si va, non sulla base dei successi che
riusciamo a raggiungere. Non si va sulla base del fatturato ecclesiastico delle chiese piene o vuote,,
dei risultati brillanti, (per essere brillanti bisogna sempre morire anche fisicamente, é solo dopo che
si diventa. un po' bravi). E' quando possiamo diventare più bravi nell'impegno di rispondere al
Signore, nella fatica di accogliere anche i fratelli che non sono sempre poi tanto meravigliosi
(neppure noi siamo meravigliosi). Bene, questa fatica. che ci pare solo un peso, che ci pare solo
difficoltà, che ci pare talora cattiveria, talora malafede, talora stupidità, se, tutto questo che ho
raccontato in termini umani, assume un "resisto" - che il Vangelo di oggi ci dice é: "Signore
quell'atto di stupidità che mi colpisce, che ci colpisce, é la tua mano che mi educa. Quella cattiveria
che spara nella schiena è la tua mano che mi educa. Quella malalingua che imperversa é la tua mano
che mi educa" - é il passaggio da una visione secondo la "carne", linguaggio di S. Paolo,- a una
visione secondo lo Spirito, cioè mossi dalla. Spirito del Signore che ci é stato dato nel battesimo.
Allora se abbiamo una vera fede - lo dico sempre con timore, con la paura di prima di fare della
letteratura - se siamo su questa strada, non possiamo avanzare diritti.
La grazia grande da chiedere non é di stare alla destra o alla sinistra di Cristo, - quello é un
problema suo, e proprio per questo sono tranquillo - ma é il tratto che ancora ci resta da percorrere
per arrivare là.. Ed è questo: "Signore, comunque o dovunque tu ci voglia mettere, facci stare con
te: non farci sfuggire, non farci sognare sogni belli, ma non cristiani, non farci sognare paradisi
spirituali che non esistono, che sono fuga, che sono segno di stanchezza per noi. Facci stare con Te,
dove tu vuoi, sicuri della tua fedeltà, non sicuri del conteggio nostro che avanziamo davanti a Te,
che presentiamo allo sportello della tua banca". Questo é da chiedere: "stare con Te, dove tu vuoi, il
resto é affare tuo. Mi fido, sei l'unico di cui mi fido totalmente" e in questo sta la nostra pace.
Perché allora, nella mano che colpisce: "Signore ci sei tu che mi stai amando, che mi stai lavorando,
che stai sgrossando il mio egocentrismo - nelle difficoltà ci sei Tu".
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Cosa credete che Gesù abbia saputo sopportare le cattiverie della sua passione? Perché le ha
sopportate? Lui che vedeva nel cuore degli uomini e sapeva quanto era cialtroni questi cuori, cattivi,
in malafede, falsi, bugiardi. Che cosa l'ha fatto decidere? Che cosa l'ha fatto essere silenzioso? Perché vedeva in queste parole, in questi gesti la mano del Padre che lo conduceva alla sua santa
volontà.
E' del resto quello che stiamo celebrando in questo momento. Gesù dice: "Il Figlio dell'Uomo non é
venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti". Sono quasi le
stesse parole della consacrazione.
E' quello che vi inviterò a fare in termini autoritativi e autorevoli alla fine della Messa, vi mando
tutti a casa.. E' un ordine liturgico: "Nel nome del Signore andate in pace". a fare? A fare questo: a
render nostro quello che qui abbiamo tentato di celebrare. E allora da questa fonte nascerà la nostra
pace.
XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(NON BASTA PIÙ LA FEDE ANONIMA)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 10,46-52)
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico Insieme ai discepoli e a molta folla, Il figlio di Timèo,
Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a
gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli
gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo.. E
chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via II mantello, balzò in piedi e
venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbuni, che io riabbia
la vista!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per
la strada.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Geremia (Ger 31,7-9).
Così dice il Signore: «Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima della nazioni, fate udire la
vostra lode e dite: il Signore ha salvato il suo popolo, un resto di Israele».
Ecco li riconduco dal paese del settentrione e li raduno dall'estremità della terra; fra di essi sono il cieco e lo
zoppo, la donna incinta e la partoriente; ritorneranno qui in gran folla.
Essi erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li condurrò a fiumi d'acqua per una strada
diritta in cui non inciamperanno; perché io sono un padre per Israele, Efraim è il mio primogenito
SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 5,1-6).
Ogni sommo sacerdote, scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che
riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta
compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anch'egli rivestito di debolezza, a
motivo della quale deve offrire anche per se stesso sacrifici per i peccati, come lo fa per popolo.
Nessuno può attribuirsi questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo
non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: «Mio figlio sei tu, oggi ti
ho generato». Come in un altro passo dice: «Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedek ».
(Prima messa del mattino)
Certamente questo non é solo un racconto di miracolo. Qui non viene narrato semplicemente che un
uomo riacquista la vista. Qui, attraverso questo gesto significativo, questo uomo ha visto Gesù più
di tutti gli altri che erano al suo seguito. Quest'uomo ha visto Gesù in quella luce vera, non
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semplicemente come operatore di prodigi, ma come colui che davvero dà la luce. E questo é il
senso, perché quest'uomo che all'inizio del racconto é ai bordi della strada, alla fine é lungo la
strada, segue Gesù, cammina con Lui, é dei suoi. E dove sta andando Gesù? Dove sta andando
quest'uomo insieme con quelli che seguono Gesù? Stanno andando verso Gerusalemme. E' molto
chiaro, Gesù l'aveva anche detto agli Apostoli: "Io vado a Gerusalemme e là compirò la volontà del
Padre e là i capi del mondo mi condanneranno, mi percuoteranno.
Ecco: seguire Gesù, vedere chi é Gesù e dove va Gesù: questa é la fede. Quest'uomo non solo
riacquista la vita, quest'uomo riesce a vedere Gesù.
Chiediamoci: noi che di Gesù parliamo, noi che a Gesù ambiamo, che lo cerchiamo - domanda:
"Ma dove lo vediamo? - domanda: "E vedendolo, lo seguiamo? - Facciamo dietro di Lui, insieme
con Lui, la sua volontà?
Cosa significa "vedere Gesù"? - Non é vederlo solo nei gesti religiosi, é vederlo nella quotidianità..
Qui davanti al Vangelo, che é parola sublime, grande, che riesce a riscaldare i nostri cuori a volte
distratti, ci pare di vederlo, assume dei contorni precisi. No, non é solo il visitarlo, qui non si resta,
di qui si parte. E noi lo vediamo dopo? - Nella nostra casa dove vediamo Gesù? - Nella nostra Casa
dove lo seguiamo? - Dove viviamo insieme? - Dove lavoriamo, dov'é? - Non é vero, cari fratelli,
che noi lo seguiamo o perlomeno lo riconosciamo.
Ecco allora il nostro compito, che prima di essere un compito é un'analisi: Gesù va seguito dove si
vive. Gesù va visto dove si svolgono i nostri gesti quotidiani. Non abbiamo forse bisogno di
chiederglielo? - "Signore fa' che io ti veda" - perché altrimenti che cosa vediamo. Vediamo le nostre
stanchezze, vediamo talora ottusità, talora cattiveria e Gesù dov'é? Io non lo so dove sia. Ho paura,
anzi sono convinto, che sia proprio dentro queste cose.
Lui sta andando a Gerusalemme; se volete si può fare un po' di retorica su questo viaggio che non é
un viaggio dei nostri tempi. Anche sulla croce si fanno riflessioni sublimi; fermiamoci prima delle
cose sublimi, guardiamo in concreto Cristo, e solo lì starà la nostra vera fede:- Solo li starà il nostro
vero seguirlo. Non nei discorsi altamente spirituali, non, nelle riflessioni teologicamente valide, ma
per la capacità di avere cuori sinceri e che siano generosi. Ecco riflettiamo su questo, qui davanti a
Gesù, mentre celebriamo proprio la sua croce, cioè celebriamo Lui che é nell'atto di darsi: "Questo é
il mio corpo dato per voi".
Gesù é là dove noi ci facciamo prendere, dove noi ci facciamo non nelle buone intenzioni, ma nel
nostro corpo che vuoi dire tempo, che vuol dire pazienza, che vuol dire sopportare incomprensione
o durezza di cuore.
Ecco, allora, il senso della giornata di oggi, che é la giornata missionaria, lo ricorda. Questo vedere
negli altri, in questi fratelli, proprio l'immagine più vera del Cristo, quella del capitolo 25" di S.
Matteo, quella sulla quale avremo l’esame alla fine dei nostri giorni: "Avevo fame, avevo sete, ero
nudo, ero malato, ero lebbroso..." - E tu, caro fratello, uomo di fede, che credevi di seguirmi non mi
hai visto! - E noi? E noi saremo sorpresi come gli uomini della parabola: "Ma dove Signore? - Noi
non ti abbiamo visto, e sì che ti cercavamo....'
Se davvero cerchiamo Cristo, troveremo l'immagine anche in un solo fratello. Non perché il fratello
é il Cristo in termini totali,, ma perché Cristo ha deciso che coincideva con l'ultimo.
La nostra fede si misurerà solo qui.
XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(AMORE DI DIO E AMORE DEI FRATELLI)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 12,28-34).
In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?
Gesù rispose: «II primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore: amerai dunque li Signore
Dio tuo con lutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il
prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi».
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Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri
all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come
se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse:
«Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del Deuteronómio (Dt 6,2-6).
Mose parlò al popolo dicendo: «Temi il Signore tuo Dio osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo
figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così sia lunga la tua vita.
Ascolta, Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice e cresciate molto di numero nel paese dove
scorre il latte e il miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro
Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le
forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore».
SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 7,23-28).
Fratelli, (gli israeliti) sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a
lungo; Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare
perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro
favore. Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai
peccatori ed elevato sopra i cieli; che non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire
sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte,
offrendo se stesso. La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a umana debolezza, ma la
parola del giuramento, posteriore alla legge, costituisce tale il Figlio reso perfetto in eterno.
(Seconda messa del mattino)
Io credo che un po' tutti ci siamo trovati in questa situazione: a forza di andare avanti nella vita ci
pare di capire sempre di meno. A me capita ogni tanto. Mi pareva di avere delle idee chiare, sicure
su quello che era giusto, su quello che era importante, su quello che si doveva fare e quello che non
si doveva fare. E a forza di camminare, di vivere, di sperimentare, di provare delusioni,.qualche
gioia, qualche risultato non te l'aspettavi o viceversa, non si capisce più tanto bene dove sta la
faccenda, il centro.
E lo stesso é nella vita morale. Io lo vedo, talora, in qualcuno che é anche più anziano, cresciuto in
una Chiesa fatta di devozioni, per esempio, dove gli si insegnava che la preghiera era, non so, dire il
rosario. Salta fuori poi la riforma liturgica, la preghiera dei Salmi e pare che non sia più tanto il
rosario, forse qualcosa d'altro.
E poi andando avanti, é sempre un esempio che faccio, si dice: "Guardate che dire preghiere; non é
uguale a"pregare” E' molto più complesso e difficile pregare perché riguarda tutta la persona". Io
trovo ogni tanto qualcuno che esclama:
"Ma non capisco più niente! " Ecco, riguarda un po’ tutto. Quindi la domanda e la risposta che oggi
Gesù ci dà, viene proprio verso questa nostra difficoltà..
Che cos'é importante? Che cos'é importante al di là delle mode per cui se io lo assumo come criterio
valido a quindici anni e arrivo a settantacinque, non devo più cambiarlo perché rimane sempre vero
nonostante i cambiamenti dei tempi, delle mode, delle sensibilità e del costume.
Gesù ci dà oggi una risposta favolosa, dice: "L"unico e vero criterio della vita, l'unico vero
comandamento é l'AMORE. Sennonché io mi accorgo, non so qual é la vostra reazione, che dire
"l'unico comandamento é AMARE - nei due corni poi del problema: amare Dio e amare i fratelli,
mi pare'che sia troppo poco.
No, troppo poco, non é vero perché noi intuiamo che amare é tutto, me ci viene una seconda
domanda: da che cosa si vede, da che cosa si capisce che stiamo amando Dio?
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E poi..., Gesù e la fede insistono molto sul primo comandamento che é "AMARE DIO" da cui
deriva il primo bis che é uguale é stanno sempre insieme: "AMARE i FRATELLI".
Cos'é "amare Dio"? - Cosa significa questa parola "amare Dio"? Questo Dio così invisibile che
talora addirittura appare lontano. - Dov'é che io riesco ad amare Dio? Che verifica posso ave re
circa il fatto che lo stia amando oppure no? - Che non si un'invenzione dei preti? - Sapete quelle pie
paroline … di cui hanno parlato alla fine dell'800 alcuni tremendi maestri del sospetto. Sì la
religione é importante: era l'analgesico prima che esistessero le mutue! - E' il tranquillante di massa
che non dice niente di vero, però uno che sta male, insomma.... respira un po'! Questo fu detto ed é
tuttora detto. Quindi io sarei qui a fare lo stregone del villaggio; magari io so già come sarebbe la
cosa, però sono dentro nel sistema, devo campare.... sarebbe così? - Dov'é Dio? - Spero di non
turbarvi troppo con queste domande, però dobbiamo farcele. Certamente abbiamo il timore, cioè, di
ingannarci. Infatti oggi si dice che l'amore quello vero, é verso i fratelli, è lì che si vede. Perché
quello verso Dio, insomma... respira di questa ambiguità, é un po' nebuloso.
Ecco, io ritengo di no, non é nebuloso. Ne volete una prova che senz'altro sperimentate? - Noi
amiamo Dio quando amiamo "la vita". (Badate, non la vita quella dei rotocalchi che é sempre molto
falsa, quella é droga, é imbroglio, é sedativo, le favolette al posto di Biancaneve e i sette mani, il
principe azzurro, siamo lì...).
Dio no, non é questo inganno, non é questo sedativo, perché la verifica che stiamo amando Dio é
questa: se amiamo, dicevo, la "vita". Non quella che funziona bene, non quella per i momenti
euforici: la "VITA". E, cioè, concretamente se di fronte ad essa noi siamo capaci di promuoverla, di
dare spinte costruttive.
Faccio un esempio» Quante volte, magari, avete messo con volontà, con sincerità e con qualche
fatica il vostro contributo a costruire qualcosa in casa, a scuola tra i rapporti con i genitori, in
parrocchia che non é per niente un luogo di grandi amori cristiani tutt'altro, e alla fine proprio sulla
vostra retta intenzione, sul vostro impegno sincero, vi siete trovati esattamente e con durezza colpiti
alla schiena. Se invece di dire: "Non gioco più,, non ci sto più....."- siete stati capaci di dire:
"D'accordo, ci rimango male, mi manca il fiato, però é importante ciò che sto facendo, sono
convinto che vale la pena. Sono convinto che questo dà una mano a qualcuno, promuove qualcosa,
é da fare nonostante tutto, io credo che lì stiamo amando il Signore. Perché? - Perché il gioco é tra
"amare se stesasi e amare questa x" che é per me. Quando amiamo noi stessi, non amiamo Dio.
Questa invisibile presenza é visibilissima là dove nessuno di noi si può permettere il lusso, e lo dico
con fatica perché mi piacerebbe permettermi il lusso, di tagliare corto. Giusto? - Allora quante
situazioni in casa, quanti uomini, quante donne avrebbero detto: "Ma chi me lo fa fare di stare qui in
questa famiglia, c'é da diventare matti..."
Amare Dio vuol dire amare lì le possibilità di costruire qualcosa. Per questo si ama il fratello e la
sorella che non è tanto amabile in quel momento, che in quel momento verrebbe la voglia di
scaricare la propria parte.
Allora vedete che questo Dio non é poi chissà dove: dove noi prendiamo in mano la vita, dove pur
nelle situazioni più difficili siamo serenamente (questa é una conquista, speriamo che Dio ce la dia
la serenità) impegnati a dare possibilità di cammino anche dove non verrebbe voglia di scommettere
niente. Per questo, cari fratelli, i due comandamenti sano insieme - o é il nostro"io" e allora, vedete,
piantiamo lì allora vedete ci chiudiamo; facciamo gli aventiniani: si ritirano là dall'alto puliti puliti
certamente, ma senza mettere le mani in pasta in questo mondo che é quello che é, ma nel:quale il
primo a mettere le mani é stato proprio il Signore inviando suo figlio Gesù Cristo.
La legge iniziale é proprio questa che Dio non lo si vede, ma lo si raggiunge dentro la storia degli
uomini. Ecco perché è importante la fede. Ecco perché é importante la preghiera, se non si prega
non si ama. E la preghiera non é "batter cassa"; noi abbiamo una preghiera tipo "batter cassa".
Facciamo come i nipotini con le nonne: vanno bene sotto S. Lucia, intorno a Natale, per il
compleanno. Noi abbiamo un'idea di Dio un po' cosi. Invece abbiamo bisogno di Lui non per chiedere chissà cosa, ma per domandare questo: "Signore dà la voglia, la volontà, l'impegno, la serietà
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di amare le giornate che si aprono davanti a me". - Quante mattine: "Oddio, ancora!” – Amare Dio è
dire: Io oggi Signore non scappo via, sono ancora qui. Mi faccio trovare dalle persone, dalle
situazioni in cui sono coinvolto, magari ne cerco qualcun'altra in cui coinvolgermi".
(L'orologio dice stop; e giustamente dice stop).
Allora, vedete, siamo qui gente normalissima con tante fatiche, molte speranze,, alcune deluse e
diciamo al Signore: "Signore, noi cosa siamo qui a fare oggi? A celebrare che cosa? Che cosa
ricordiamo e rendiamo vivo in questo momento? - La tua morte e la tua resurrezione' - Se ci
fermiamo alla tua morte, Signore, é un bel fallimento. Se ci fermiamo ai giorni visti solo con occhio
umano, Signore, é un bel fallimento. - Tu che sei risorto e che noi accogliamo nelle fede,
nell'Eucarestia, vieni a far risorgere il nostro giorno quotidiano che ci si para davanti. Vieni a far
risorgere le nostre speranze. Vieni a far sorgere la nostra capacità di voler bene, di amare, di
perdonate, di portare pazienza". - Dio é lì in questa volontà, in questa ripresa, in questa ripresa.
Ringraziamo il Signore.
TUTTI I SANTI
(TUTTI CHIAMATI ALLA SANTITÀ)
Dal vangelo secondo Matteo (Mt 5,1-12).
In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, salì sulla montagna e, messosi e sedete, gli si avvicinarono i suoi
discepoli. Prendendo allora la parola, il ammaestrava dicendo: “Beati i poveri In spirito, perché di essi è il
regno del cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteremo la terra. Beati
quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi perché troveranno
misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati
figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi é il regno del cieli. Beati voi quando
vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nel cieli».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 7,2-4.9-14).
lo, Giovanni, vidi un angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai
quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare: «Non devastate né la terra,
né il mare, né le piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi». Poi
udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei
figli d'Israele.
Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e
lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme
nelle mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello».
Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono
profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza,
azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nel secoli dei secoli. Amen». Uno dei vegliardi allora si
rivolse a me e disse: «Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?». Gli risposi: «Signore
mio, tu lo sai». E lui: «Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le
loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello».
SECONDA LETTURA
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 3,1-3).
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo
realmente! La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin
d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si
sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché io vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in
lui, purifica se stesso, come egli è puro.
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(Messa dei bambini)
Faccio un augurio a tutti oggi, perché è sbagliato farlo solo a quelli del nome dei Santi.
cosa vuol dire che oggi celebriamo questa festa? - Vuol dire intanto chiarire un equivoco perché,
pare, se non stiamo attenti che siano santi - cioè amici di Dio, veri uomini di fede, ricchi di amore,
di carità e di perdono - solo quelli che il Papa dichiara in Piazza S. Pietro, e per fortuna seno pochi. Sono molti, ma molti di più i santi. La differenza è che quelli sono stati canonizzati, gli altri
sono santi, ma non canonizzati. E poi "canonizzati" sapete cosa vuol dire? Secondo i canoni.
Insomma...., anche se saltiamo i canoni del Vaticano è lo stesso, cosa dite? Non è un problema
grosso. Importante è che ci siano i canoni, cioè le regole della fede, quello si é importante. E quindi
è proprio la festa di tutti quelli che sono secondo le regole di Gesù e che, per esempio non hanno
fondato nessun ordine religioso, perché quelli li hanno fatti santi tutti Eh, vedete, c’è lo “sponsor"
dietro: stanno male le nuore finché il loro fondatore non è proclamato santo in Piazza S. Pietro;
stanno malissimo, vanno in agitazione; sembra di essere esclusi dai concorrenti.
Oggi è una festa stupenda abbiamo i santi che sono i nostri nonni; i santi che sono i papà e le
mamme normali; i santi che sono del giovani, dei ragazzi. Ma é una stupenda festa perché riguarda
tutti noi. Perché chi crede nel Signore, chi si fida di Lui e proprio perché si fida cerca di seguirlo,
queste è un santo.
Ah, allora mi si apre davvero il cuore, Perché? - Ma perché, vedete, vuoi dire che si può essere santi
anche se si sbaglia, si, perché? - Faccio una domanda: S. Pietro, conoscete S. Pietro? - Credo di si.
- Sapete che a me è simpatico S. Pietro; mi é simpatico perché le sbaglia. Mi piace perché sbaglia,
ma è importante di più come si corregge. S. Pietro sbaglia perché é un istintivo, lui non ci pensa, fa
le cose di getto; è un generoso, si butta, magari si pente perché non riesce a saltarne fuori. E’ santo
S. Pietro? - Si, è diventato santo.
Ah, ecco la bella notizia! L'importante, allora, vedete, non è non sbagliare mai, sarebbe un bel
disastro, l'importante è, come ha fatto S. Pietro, che ogni volta che ci si accorge di aver sbagliato...
fare che cosa? - Sapete cosa ha fatto S. Pietro quando si è accorto di aver sbagliato? - Si è corretto, è
stato capace perfino di piangere.
Sapete chi non ha pianto in quella faccenda li? - Vediamo' un po' se mi rispondete, è una domanda
difficile. - Sapete uno dei dodici che non ha pianto e ha sbagliato? Non è stato capace di piangere? Nessuno risponde? - Ma Giuda, ma Giuda non ha pianto. - Sapete perché, - "Perché si é disperato”bravo. – La differenza tra Giuda che si è disperato e S. Pietro che è diventato santo, è andato in
Paradiso, è proprio questa! Che S. Pietro è stato capace di piangere; è stato male per quello che ha
fatto e ha cambiato vita.
Anche (Giuda è stato male, è stato malissimo. Sapete come è finito? - Bravo Lorenzo: qui niente
parole, un gesto…. No, non si è tagliato la gola...., si è impiccato.
Allora la cosa grande per noi, sapete qual’é? – Venire qui, trovarci insieme, magari abbiamo
combinato qualcosa (questo secondo me è facilissimo), ma incontrare Gesù e dire; “ Signore, io
ricomincio”. – “Ma ho fatto questo....” – E’ lo stesso; ,ri-co-min-cio. – Qui sta tutta la faccenda. I
santi sono quelli che hanno ricominciato tutte le volte, i non santi sono quelli che si sono inceppati.
Quante volte ci inceppiamo, vero? – Invece: “Signore, ho ancora voglia”.
E’ come quando c’ò stata una rottura tra amici. Per me non grave per niente, anzi qualche volta
sono dell’opinione che debba succedere. E’ dopo “Io ti cerco, se sei mio amico io ti cerco. Non
voglio che tu ce l’abbia con me, non voglio avercela con te, ricominciamo?”
Io qualche volta vedo dei bambini che attaccano lite, si fanno dei dispetti..... – “Dai, fate la pace!” –
No, non voglio no; viso duro, severo, cattivo. – Vedete, non c’è gioia nel non fare la pace, non si sta
bene.
Riprendere – ecco, se lo dico in termini classici della religione,’ mandano sempre in crisi.
“Convertirsi” – “Oh, mamma, convertirsi!” – “Pentirsi” – “Oh, dobbiamo star male di dentro... !” –
No, è gioia, è gioia.
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L’ho detto in termini non classici: “ricominciare”: questo è bello. “Scommettere”; questo è bello;
magari sono le stesse cose che stanno nelle parole pentirsi, convertirsi, fare penitenza. Ma sembrano
delle cose lugubri, sanno di quaresima in senso proprio negativo.
Allora, ecco, voglio farvi gli auguri; “Buon santo a tutti”. Auguri per il santo che è nascosto dentro
ciascuno di noi. Auguri perché sia sempre meno nascosto, venga sempre più fuori, e venga fuori
perché ricominciamo sempre daccapo con pazienza e con gioia. Auguri!
XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(CIÒ CHE CONTA DAVANTI A DIO)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 12,38-44)
In quel tempo; Gesù diceva alla folla mentre insegnava: « Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare In
lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nel banchetti.
Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più
grave». E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne
gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé
i discepoli, disse loro: « In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti
hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto
aveva per vivere ».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro dei Re (Re 17,10-16).
In quei giorni, Elia si alzò e andò a Zarepta. Entrato nella porta della città, ecco una vedova raccoglieva
legna. La chiamò e le disse: «Prendimi un po' d'acqua in un vaso perché io possa bere». Mentre quella
andava a prenderla, le gridò: «Prendimi anche un pezzo di pane ». Quella rispose: «Per la vita del Signore
tuo Dio, non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' di olio nell'orcio; ora raccolgo
due pezzi di legna, dopo andrò a cuocerla per me e per mio figlio: la mangeremo e poi moriremo ». Elia le
disse: « Non temere; su, fa' come hai detto, ma prepara prima una piccola focaccia per me e portamela;
quindi ne preparerai per te e per tuo figlio, poiché dice il Signore: La farina della giara non si esaurirà e
l'orcio dell'olio non si svuoterà finché il Signore non farà piovere sulla terra ». Quella andò e fece come
aveva detto Elia. Mangiarono Elia, la vedova e il figlio di lei per diversi giorni. La farina della giara non
venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunziata per mezzo di
Elia.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 9,24-28).
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, allo
scopo di presentarsi ora al cospetto di Dio in nostro favore, e non per offrire se stesso più volte, come il
sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui. In questo caso, infatti, avrebbe dovuto
soffrire più volte dalla fondazione del mondo. E invece una volta sola ora, nella pienezza dei tempi, è
apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come è stabilito che gli uomini muoiano
una sola volta, dopo di che viene il giudizio, cosi Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di
togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza.
(Messa vespertina)
Le due letture che sono state lette prima e il Vangelo parlano di gente che va analizzata.
Il tema è, uso questa parola, lo "stile", dove per stile non intendo qualcosa di esteriore, ma una
modalità di esistenza. Per esempio - mentre leggevo adesso questo Vangelo e seguivo questa
descrizione degli scribi che ostentano se stessi, che hanno bisogno di essere gratificati dalla
riverenza degli altri, che divorano le case delle vedove e che contemporaneamente ostentano le
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preghiere - mi è venuto in mente questo "stile" per cui la nostra comunità cristiana riesce a far
convivere nella stessa persona, negli stessi atteggiamenti, celebrazioni, preghiere, pellegrinaggi
mariani e autentiche rapine nei confronti degli altri.
Io non lo sapevo qualche anno fa, lo sapevo ma non volevo crederci. Ogni tanto rimango stupefatto
perché dei giovani che desiderano onestamente sposarsi, vanno a vedere, cercano casa e trovano (si
vengono a sapere certe cose, Mantova é piccola) delle pie donne: vecchiette inossidabili, terziarie,
magari, di qualche ordine, rosarianti indefesse, che l'avrebbero data ben volentieri la casa,
scherziamo! però, oltre alla legge, con soldi sottobanco, con delle condizioni vessatorie, ingiuste.
Ecco qua, vedete, quando parlavo di "stile", intendevo proprio questo: di come sia purtroppo
possibile gestire tranquillamente la religione senza fare i conti con Dio; perché se uno fa i conti con
Dio non può permettersi queste contraddizioni. Noi purtroppo queste cose ce le permettiamo perché
é quotidiano il nostro essere contradditori, però, voglio dire, uno non se lo può permettere
tranquillamente senza andare in crisi, senza interpellarsi. Ecco perché salta fuori che la religione é
"fare le cose di chiesa": é una stupidità totale, é blasfemo, negativo. E' comodo se andare in chiesa é
questo qui di oggi: va beh, voi portate un po'di pazienza, dieci minuti, un quarto d'ora quando sono
lungo, poi finita la messa si va via - é questa la religione? E non sono tanto sicuro che in questo
nostro modo di fare non ci sia del negativo; non sto dicendo che stiamo facendo tutti così, per carità,
per fortuna non é vero. Sto dicendo dei pericoli nei quali corriamo e che non sono solo teorici, ma ci
cadiamo dentro davvero con qualche problema.
Quando parlo di "stile", non parlo ai qualcosa di estetico, ma di questa modalità in cui si può gestire
tutto lasciando sempre fuori Dio, dappertutto.
Ed ecco, allora, le nostre due vedove - dove non é consentito a queste due poverette, per la loro
condizione, nessuna ostentazione; non é loro nemmeno consentito di fare un'offerta monetariamente
significativa. Tuttavia il gesto che loro fanno, la prima verso il profeta, la seconda verso il Tempio,
sono gesti di totalità. Non sono gesti in sovrappiù, di lusso, extra sono gesti in cui esse giocano
qualcosa che per loro è profondo, é essenziale, é urgente per la loro povera giornata.
Ecco dove sta il posto di Dio - e sta nella nostra personale urgenza, là dove noi troviamo il senso, i
motivi nella nostra vita per arrivare a sera, (non faccio programmi quinquennali) arrivare ogni
giorno a cera, e Dio é lì e altrimenti, cari fratelli, io penso che siano delle cose semplicemente
ridicole. Lo so che ho buttato dei vecchi modi, vi state abituando a qualche dolcezza da qualche
tempo, ebbene per non dimenticare il vecchio uomo, come direbbe S. Paolo, sì dobbiamo essere
molto sinceri perché, ve l'ho detto già, comincio a preoccuparmi. Cerchiamo consolazione nella
chiesa, per carità non c'é niente di più consolante di Dio e del Signore, ma perché troviamo Lui,
perché rispondiamo a Lui che siamo consolati? Ho l'impressione che rispondiamo a noi stessi e
vogliamo davvero un supplemento di consolazione.
Questa donna vi gettò due spiccioli: era tutto quello che ella aveva, perché? La religione, credo, sia
proprio questo: giocarsi nel Signore il nostro vivere.
Io non vi sto dicendo; "Fate i missionari" - evidentemente c'é il, rischio del non sembrare; non
voglio dirvelo perché mi sembra scorretto, limitativo. Non voglio citare degli esempi belli, nessuno
di quelli citerò, nessun gesto - perché non é il singolo gesto, é dove vivi tu, là dove, magari, hai
l'acqua alla gola. Quante persone, oggi, fanno fatica a vivere di valori, di significati, di speranze, di
delusioni - là dove sei tu: Dio o é lì o non so dove vada vissuto.
Il vero problema oggi é la coerenza di essere noi. Vi dico anche un'altra cosa: noi su questo siamo
scoperti se non tentiamo, noi su questo siamo scoperti se non lasciamo a Dio - questo credo sia la
vera difficoltà, per me lo é - la libertà di disporre di noi, se non accettiamo serenamente senza
riserve mentali questa facoltà di disporre di noi, noi possiamo dare tutto quello che volete, ma non
avremo dato l'unica cosa più certa.
Riflettiamoci su qualche istante insieme.
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XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(IL CRISTIANO DI FRONTE AGLI ULTIMI TEMPI)
Dal vangelo secondo Marco (Mc 13,24-32).
Disse Gesù al Suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione,il sole si oscurerà e la luna non darà
più il suo splendore e gli astri si metteranno a cadere dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno
sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Ed egli manderà gli angeli
e riunirà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. Dal fico imparate
questa parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina; così
anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, alle porte. In verità vi dico: non
passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le
mie parole non passeranno. Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel
cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre».
LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Daniele (Dn 12,1-3).
In quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sul figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di
angoscia, come non c'era mal stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; In quel tempo sarà salvato il
tuo popolo,- chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si
risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l'Infamia eterna. I saggi risplenderanno
come lo splendore del firmamento; coloro che avranno Indotto molti alla giustizia risplenderanno come le
stelle per sempre.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 10, 11-14.18).
Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici,
perché essi non possono mai eliminare i peccati. Cristo al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i
peccati una volta per sempre ai è assiso alla destra di Dio, aspettando ormai soltanto che i suoi nemici
vengano posti sotto i suoi piedi. Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che
vengono santificati. Ora, dove c'è il perdono dei peccati, non c'è più bisogno di offerta per essi.
(Prima messa del mattino)
Abbiamo iniziato questa celebrazione ricordando che il cristiano è colui che attende il Signore. lo
aspetta così come una madre aspetta il figlio: vede che passa l'orario, continua a guardare l'orologio,
si Preoccupai; così come il fidanzato aspetta il giorno e l'ora d'incontrare la persona amata.
E come una madre non aspetta il figlio stando lì con le mani in mano semplicemente a contemplare
le lancette dell'orologio, ma lo aspetta perché per lui ha preparato delle cose - per lui che torna, che
arriva ha predisposto l'incontro con gesti, magari, quotidiani, semplici di attenzione.
Così come una madre fa questo perché attende e aspetta, il cristiano non sta li semplicemente in
modo passivo ad aspettare questa venuta. Ma proprio perché aspetta lui, si regola questo attendere,
dà ordine alla sua vita ai suoi gesti, li mette come dire "in riga": alcuni li giudica importanti e quindi
su di essi getterà ancora di più il proprio impegno - altri invece al contrario lì giudicherà sbagliati,
pericolosi, falsi, immorali. Vedete come una certa meta metta in ordine tutte quello che viene prima.
Faccio un altro piccolo esempio. Se le ferie con la famiglia, qualche giorno di riposo, andate a farli
in montagna, questo che é l'ultimo gesto al quale mirate, determinerà che nella valigia, poniamo,
metterete cose più pesanti: verso sera si fa un giretto, magari un po' più in alto bisogna avere dei
maglioni. Se invece andate al mare non metterete dentro delle gran maglie di lana, ma capi di
vestiario adatti a quell'ambiente. Ecco, il mio piccolo esempio, questo modo, spero, semplice di
parlare, vuol dire proprio questo: che quando si fa qualcosa in vista di qualcos'altro, questo
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qualcos''altro che é alla fine, che é dopo - non é dopo perché determina, dirige, comanda tutti i gesti
che si fanno.
Ecco, allora, la grande questione: secondo voi si vede che noi cristiani, noi che crediamo in Gesù
morto e risorto - da come ci comportiamo, da come facciamo le cose, da come parliamo, da come
stiamo più attenti a determinati punti e come stiamo attenti ad evitarne altri - aspettiamo il Signore?
Qui ho dei dubbi, ho detto, perché ci siamo molto adagiati nelle cose che già abbiamo subito perché anche senza essere gente o ricca, potente o con delle grosse soddisfazioni di riconoscimento
pubblico (e questa mi sembra la messa più adatta, il popolo di Dio più semplice, più legato alla vita
della famiglia, senza tanti svolazzi, quindi più vicino, spero al Signore), in questa nostra semplicità
anche noi ci siamo fatti il nostro angolino. Verifichiamo che vanno bene o male i nostri problemi, i
nostri affari, le nostre giornate non sul Signore, non su che cosa abbiamo fatto; se reggerà davanti a
Lui, se rimarrà ancora, se sarà valido ai suoi occhi. No, abbiamo anche noi, che pur siamo gente
semplice, normale e con la testa sulle spalle, degli altri criteri. Quello che mi pare d'aver preso dalla
liturgia di oggi (non sono entrato in questi testi che sono un po' difficili) é lo spirito senza
soffermarmi su troppe spiegazioni, é proprio questo: "Dal fico imparate questa parabola: quando già
il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate é vicina; così anche voi, quando
vedrete accadere queste cose, sappiate che il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non
passeranno" - quindi ecco la parola del Signore.
Noi dovremmo, e concludo con questa osservazione, manifestare, si dovrebbe vedere non perché ci
impegniamo a farlo, ma per conto suo (senza che ci sforziamo di farlo vedere, voglio dire) che
siamo davvero convinti che mentre il cielo e la terra passeranno, non passeranno le parole di Gesù.
Dio mio, come non é tanto vero.
Io non penso a nessuno, penso a questo momento: sto dicendo queste cose, fra un quarto d'ora di là,
una contrarietà, una sofferenza, io ho già dimenticato che le parole di Gesù non passeranno; basta
poco perché lo dimentichiamo, forse anche a voi capita. Siamo convinti, perché abbiamo meditato,
che il Signore ci ama, che non ci tradisce, che non si dimentica - bastano due o tre difficoltà, anche
non gravi, noi siamo già senza speranza, siano già a terra. Non so se a voi capita, ma io devo fare lo
sforzo di ricordare che credo nel Signore quando le cose mi pare che non vadano. Ma pensate,
dovrebbe essere spontaneo! E' vero?
Ecco, allora, mi pare giusto finire la nostra riflessione con una preghiera: "O Signore, donaci una
fede viva, una fede che non si perde in buone e magari sante parole - una fede che aspetta Te, una
fede che crede Te, una fede che sa che tutti i nostri giorni confinano con il tuo venire perché tu sei
qui ed é per questo che stai venendo: perché ci accompagni, non sei semplicemente là al capolinea
ad aspettare che arriviamo comunque. Tu ci conduci al capolinea, tu stai con noi, Signore fa che non
ce ne dimentichiamo mai, dacci questa certezza. Ed allora, credo, si vedrà, si vedrà davvero, senza
che lo vogliamo, che noi attendiamo ogni giorno la tua venuta perché ogni giorno noi camminiamo
insieme a Te".
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
(LA REGALITÀ DI CRISTO)
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 18,33-37).
In quel tempo, disse Pilato a Gesù: «Tu sei il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te oppure altri te
l'hanno detto sul mio conto?». Pilato rispose: «Sono lo forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti
hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «II mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori
avrebbero combattuto perché non fossi consegnato al Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora
Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per
questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia
voce».
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LITURGIA DELLA PAROLA
PRIMA LETTURA
Dal libro del profeta Daniele (Dn 7,13-14).
Guardando nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno, simile ad un figlio di uomo; giunse
fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo
servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai
distrutto.
SECONDA LETTURA
Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 1,5-8).
Gesù Cristo è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama
e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e
Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.
Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà; anche quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si
batteranno per lui il petto. Si, Amen! lo sono l'Alta e l'Omèga, dice il Signore Dio, Colui che è, che era e che
viene, l'Onnipotente!
(Messa per giovani e adulti)
Una breve, spero, riflessione su "Cristo Re".
L'idea di re e di regno non é certamente significativa nel nostro modo di vedere, oggi. Serve per
qualche servizio fotografico o qualche ripresa televisiva in occasione di qualche testa coronata che
celebra matrimoni o ha qualche piccolo scandalo in famiglia. Quindi questo é folclore da "Novella
2000" e giù di lì, non mi pare significativamente indicare, direi, una cultura.
Perciò, voglio dire, se Cristo si dice e si autoproclama "re", vorrà significare un po' di meglio e un
po' di più. Certamente. Io credo di trovarlo per essere semplice, ma non ci riuscirò perché non é
semplice il testo, nella Seconda Lettura quando in questa visione dell'Apocalisse - (stupendo libro
che apre grandi spiragli proprio sull'oggi e noi tutti lo interpretiamo sempre come qualcosa che
riguarda solo lo sconvolgimento finale e invece è proprio il libro più chiaro sull'oggi tra tutta la
Bibbia, solo che é complesso da capire purtroppo), si legge "Si, Amen! Io sono l'Alfa e l'Omega,
dice il Signore Dio, Colui che é, che era e che viene, l'Onnipotente!"
Questo re è Cristo, cioè che questa presenza non da museo, é una presenza di fatto, é una presenza
all'opera, é una presenza che si fa sentire. Già penso che qualcuno sta dicendo: " Bravo, ma tu dove
la senti?" - Lo so che non é facile perché noi siamo abituati a tutto ciò che fa scalpore per sentire
che succede qualcosa. Per noi se prendiamo, per esempio, il giornale o guardiamo il telegiornale
distrattamente: "Cos'é successo"- "Ma niente...." - Cioè non é caduto un aereo, non é scoppiata
un'altra guerra, ordinarie morti quotidiane di drogati. E' terribile questo atteggiamento perché
sembra non succeda più niente. Immaginatevi se con questa mentalità e con questo orecchio
grossolano, noi avvertiamo la voce e vediamo all'opera Dio stesso!
Allora dov'é che Lui ci indica questa regalità? - Che vuol dire questa presenza a costruire l'evento.
L'Alfa e l'Omega - la prima e l'ultima lettera dell'alfabeto greco - l'inizio e la fine, la regalità di
Cristo, cioè la presenza di Dio , é proprio questo: che noi partiamo da Lui; da Lui siamo usciti, anzi
non siamo mai usciti, siamo sempre in Lui. Ma ho dato l'idea dell'input, ho dato l'idea di qualcosa
che poi comincia a partire e va per conto suo, assume i suoi compiti, le sue responsabilità - in
questo senso.
E soprattutto Lui é in azione perché il senso di questo che sta tra l'A e la Z, fra l'Alfa e l'Omega in
greco, é il luogo della sua regalità: é la Storia, é il tempo, sono i pensieri degli uomini, le mani degli
uomini, la loro intelligenza, la loro affettività. Questo é il luogo del Regno, li si rivela, li viene, sta
venendo.
Ecco, cari fratelli, noi forse abbiamo poca fede perché abbiamo bisogno di Padre Pio, di Lourdes, di
veggenti: abbiamo orecchi grossolani se abbiamo bisogno di questo. E pensare che passa per più
163
fede in questo momento, é un'altra ambiguità di oggi, chi rincorre queste cose; passa per più
credente!
Io mi ricordo la parabola di S. Luca del famoso ricco epulone che non si convertiva e quando è
arrivato di là dice: "Ma manda giù i tuoi angeli a dire ai miei fratelli che si stanno ingannando;
manda loro delle apparizioni". E gli risponde (e questa credo che sia la risposta veramente
evangelica): "Hanno già, la Legge e i Profeti".
Noi siamo ancora più fortunati: abbiamo la Legge, i Profeti e il Vangelo.
Allora, vedete, "aver fede" significa scoprire le vestigia, i segni, le tracce.
Credo che i nostri amici Scout si allenino anche a vedere queste cose: a scoprire delle tracce; dai
segnali intendere chi é passato; dalle orme intendere anche qual é l'animale che é passato. Io non ci
capisco niente. Io ho visto una volta un librino "Le orme nella neve": scoiattolo ……… , eh, buona
notte! Per me …… , si vede che son duro!
Però, vedete, è dalle orme che noi capiamo chi é passato, chi sta passando. Io devo capire, se sono
davvero ferrato in questo esempio che ho appena fatto, che é uno scoiattolo non perché mi saltella
davanti sui rami, lì non é che fosse intuitivo, se non é orbo del tutto lo vede, giusto?
Il Signore non ci saltella davanti come questo scoiattolo dell’esempio tra i rami, ma lascia nel
mondo i segni del suo passaggio. Dove? - Per esempio, dentro di te, caro fratello. "Oddio, dentro di
me? - Ma dove?" - Eh, vuoi dire che hai un po' di cerume nelle orecchie della fede! - C'é qualche
fettina di insaccato misto davanti agli occhi, agli occhi della fede, non a quelli fisici.
Cristo non é re proprio perché noi non siamo più abituati, non siamo più attenti a coglierne la
presenza dove Lui ha voluto che ci fosse; l'andiamo a cercare, e questa é la stranezza, nei fatti
cosidetti straordinari.
Ascoltatemi, se anche leggete la bibbia, guardate che dei fatti straordinari ce ne sono pochi. Li
hanno raccontati in modo straordinario, era un modo come un altro per dire che erano cose
importanti.
E' come noi quando parliamo: "Ascoltami, é almeno 50 volte che ti cerco". Vuol dire due o tre, lo
sappiamo tutti che vuol dire due o tre.
Quando la mamma dice: "Veh sono stufa! E’ un "migliaio" di volte che ti ripeto ecc. ecc. ecc...." Erano tre, quattro.
La Bibbia racconta le cose di Dio al modo degli uomini. Non é che allarghi niente, é solo che,
avendo capito che erano importanti, le racconta con questo tono da "mille volte".
Ma, guardate, faccio un esempio: l'Esodo, la liberazione degli Ebrei che é il paradigma per
interpretare la presenza di Dio nei mondo, erano quattro gatti. Non c'erano le scene che Hollywood
ha ricreato con Cecil de Mille nei "Dieci Comandamenti", i famosi effetti ottici di queste onde,
ferme, bloccate, giganti, da muraglia cinese.
Erano quattro gatti, sbilenchi, con 3 o 4 capre, pidocchiosi, puzzavano anche loro di caproni che
avevano accanto - storicamente è questo.
Lettura di fede - orecchio fino, cosa sta succedendo in questa nostra vicenda? Noi che non siamo i
figli del Faraone, che non abbiamo la potenza degli Assiri, l'organizzazione politica dei Babilonesi,
ma noi chi siamo? - "Siamo amati da Dio" – ecco la scoperta.
Per raccontare tutta questa vicenda, alé….. ! - mi capite?
Noi da lettori poco attenti della parola di Dio, siamo qui a dire: "Bella forza loro!. c'era la nube
luminosa davanti, dietro erano difesi, c'era un mare che ritira le onde (credo che fosse la prima
autostrada asfaltata nella nostra fantasia, credo che sia cosi!!)
E invece si perdevano nel deserto, attaccavano lite tra di loro, cioè voglio dire, mi capite, non sono
diventati santi se non lo erano liberamente, intelligenti se erano duri, altruisti se erano egoisti. No,
sono rimasti per un bel pezzo in questa condizione, ma Dio li dentro, in quelle teste dure (e il semita
ha un po' la testa dura, é rivelato - se c'é qualcuno che ha amici ebrei non voglio offenderlo - nella
Bibbia, dice "popolo di dura cervice") non ha tolto i difetti. La sua regalità succedeva dentro quelle
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piccole cose li, dentro quelle teste li, dentro quei brutti caratteri li - sennonché li chiamava ad
andare verso di Lui.
Ecco, é questo il problema vero: camminare verso di Lui. Invece, sapete qual é il nostro peccato
originale nella fede? Che lo abbiamo, o crediamo di averlo, dietro le spalle. "Dunque, allora ho
capito, adesso mi fermo, faccio il bravo...." E' ridicolo (faccio cosi tante volte al giorno anch'io,
vediamolo insieme). Non c'é niente da capire per cui una volta capito si é capaci di farlo. Non é
vero, é falso questo schema. Si capisce solo se si sta camminando verso di Lui. E questo non é: "Sto
camminando perché ho capito". E' una decisione interiore, é accoglierne la presenza, é accettare che
i nostri gesti, i fatti, le persone, gli accadimenti che succedono sono confinanti con Lui - anzi
portano a Lui - sono pregni di Lui. E' lo so che non fa tanto sorridere: ma una moglie é piena del
Signore; é riempita della sua presenza, é per te, caro marito ……., qualcuno si segnerà, qualcuno
sarà contento. Comunque sia é lì che arriva Cristo.
Per me, prete, é la stessa fede che c'é attorno e dentro di me, questa chiesa, questa parrocchia a
Mantova, i cittadini che sono qui. E per ciascuno di voi : il mio carattere, i miei errori, le mie buone
volontà, le coerenze o le incoerenze.
Sta venendo in questo e gli rispondo, lo accolgo solo in questo. Altrimenti, cari fratelli, vuol dire
che tutti stiamo pensando a un'altra vita parallela a questa. Ma, se mi permettete, chi ha queste cose
e pensa a due vite: una parallela all'altra, é un capitolo molto grave della psichiatria. Fatto
veramente sorprendente é che noi siamo dal punto di vista della fede, spesso, gente da psichiatria.
Non offendetevi, parlo di tutti, me compreso. E' che siamo d'accordo - e la vita é da un'altra parte.
Si chiama schizofrenia ed é uno dei capitoli più tremendi. Chiediamo a Gesù questo che mi sembra
veramente una grazia da chiedere: "Signore mettici tutti i panni a mucchio (vi va bene così in
mantovano?), facci essere di un'idea sola, magari piccola, non sublime, ma coerente, vera,
quotidianamente vera.
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Sommario
COMMENTO ALLA PAROLA DEL VANGELO .......................................................................................... 1
CHI SEI TU ...................................................................................................................................................... 2
INTRODUZIONE ............................................................................................................................................. 3
TEMPO DI AVVENTO .................................................................................................................................... 4
I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C) ................................................................................................... 4
II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C).................................................................................................. 8
IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C) .............................................................................................. 12
TEMPO DI NATALE ..................................................................................................................................... 15
NATALE DEL SIGNORE - MESSA DELLA NOTTE ............................................................................. 15
NATALE DEL SIGNORE - MESSA DEL GIORNO ................................................................................ 17
26 DICEMBRE S. STEFANO ................................................................................................................... 20
MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO .................................................................................................. 22
EPIFANIA DEL SIGNORE ........................................................................................................................ 25
BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO C) ................................................................................................ 29
TEMPO ORDINARIO .................................................................................................................................... 33
II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) .......................................................................... 33
III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) ......................................................................... 37
IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) ......................................................................... 42
PRESENTAZIONE DEL SIGNORE .......................................................................................................... 46
V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) .......................................................................... 48
TEMPO DI QUARESIMA.............................................................................................................................. 51
I DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C) ............................................................................................ 51
II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C) ........................................................................................... 54
III DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C) .......................................................................................... 58
IV DOMENICA DI QUARESIMA - LAETARE (ANNO C) .................................................................... 63
166
V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C) ........................................................................................... 69
SETTIMANA SANTA .................................................................................................................................... 71
DOMENICA DELLE PALME (ANNO C)................................................................................................. 71
“PROPOSTA PER IL MOMENTO DI ADORAZIONE DURANTE LE “QUARANTORE” .................. 75
TEMPO DI PASQUA ..................................................................................................................................... 76
DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE (ANNO C) ........................................... 76
LUNEDÌ FRA L'OTTAVA DI PASQUA ................................................................................................... 80
II DOMENICA DI PASQUA (ANNO C) ................................................................................................... 81
III DOMENICA DI PASQUA (ANNO C).................................................................................................. 86
IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO C) ................................................................................................. 90
V DOMENICA DI PASQUA (ANNO C) ................................................................................................... 93
VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO C) ................................................................................................. 98
V DOMENICA DI PASQUA (ANNO B) ................................................................................................. 101
VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO B) ............................................................................................... 104
ASCENSIONE DEL SIGNORE (ANNO B) ............................................................................................ 106
DOMENICA DI PENTECOSTE (ANNO B) ........................................................................................... 111
TEMPO ORDINARIO .................................................................................................................................. 113
SANTISSIMA TRINITA' (ANNO B)....................................................................................................... 113
SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (ANNO B) ................................................................. 117
XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) ....................................................................... 120
XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) ..................................................................... 122
XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) .................................................................... 125
ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA ............................................................................. 128
XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) ................................................................... 132
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) ................................................................. 134
XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) .................................................................. 136
XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) ................................................................. 140
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XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) ................................................................ 144
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) .............................................................. 146
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) ................................................................. 148
XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) .................................................................. 152
XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) ................................................................. 153
TUTTI I SANTI ........................................................................................................................................ 156
XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) ................................................................ 158
XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) .............................................................. 160
XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) .............................................................. 161