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IMPRESA
INTRODUZIONE
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Libro V. Il diritto commerciale è regolato dal libro V c.c., che si pone in logica
prosecuzione rispetto al IV. → Lo studio del diritto commerciale non può prescindere
da quest’ultimo libro.
Due temi fondamentali:
- Diritto dell’impresa → L’imprenditore, cioè il soggetto che si dedica all’attività
d’impresa, è la cellula minima del diritto commerciale.
- Diritto delle società
I soggetti dell’ordinamento possono essere divisi in 2 categorie:
- Chi non lavora
- Chi lavora, ulteriore distinzione:
o lavoratori dipendenti
o lavoratori autonomi, ulteriore distinzione:
ƒ liberi professionisti (coloro che esercitano professioni protette)
ƒ imprenditori
ƒ artisti
CONCETTO ECONOMICO DI IMPRENDITORE
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Sistema economico: organizzazione sociale della produzione e distribuzione della
ricchezza.
Soggetti del sistema economico:
- Imprenditori
- Capitalisti
- Lavoratori
- Consumatori
Imprenditore:
- “Attivatore” del sistema economico. Fa da intermediario tra coloro che offrono
capitale o manodopera e coloro che richiedono beni e servizi. → Trasforma i fattori
di produzione di un prodotto che soddisfi i bisogni dei consumatori.
- Rischio economico. Su di lui incombe il rischio di non coprire, con il ricavo, il costo
dei fattori produttivi impiegati. Tale rischio giustifica:
o Il profitto
o Il potere di decidere la politica economica dell’impresa.
- Figura sorta tra ‘700 e ‘800, con il passaggio dal capitalismo commerciale a quello
industriale
Propulsore
del sistema
economico
Lavoratori
Capitalismo commerciale
Commerciante: i produttori di
beni materiali (artigiani o
contadini) lavorano su
commessa del commerciante.
Il produttore è un lavoratore
autonomo, proprietario dei
mezzi di produzione.
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Capitalismo industriale
Il produttore industriale: è lui a
decidere cosa produrre e per quali
mercati, mentre il commercio
assume una funzione servente.
I lavoratori sono dipendenti:
alienano non più il prodotto del loro
lavoro, ma la loro forza lavoro. Non
sono più proprietari degli strumenti
di produzione.
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Distinzione imprenditore – capitalista. Il concetto di “imprenditore” compare per la
prima volta in Say, economista francese di primo ‘800, che distingue tra:
Capitalista: proprietario del capitale.
Imprenditore: colui che acquista i fattori produttivi, organizza e dirige la
produzione. → Funzione intermediatrice del sistema economico.
Diritto d’impresa: diritto regolatore dei rapporti che l’esercizio di tale funzione
intermediatrice pone in essere, ovvero tra:
- imprenditore e capitalista
- imprenditore e lavoratori
- imprenditore e consumatori
- imprenditori
EVOLUZIONE DEL CONCETTO GIURIDICO DI IMPRENDITORE
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Centralità del commerciante nei testi legislativi dell’’800. Nonostante il rapporto tra
produttore e commerciante si inverta a partire dal ‘700, i testi legislativi dell’800
rimangono imperniati sulla figura del commerciante. → L’era industriale aveva
comportato solo una dilatazione del concetto giuridico di “commerciante”, in modo da
comprendere anche gli “imprenditori”.
Rapporto di genere e specie.
- Per la scienza economica: il commerciante è una specifica figura di imprenditore, la
cui attività consiste nello scambio dei beni.
- Per i codici di comm. dell'’800: l’imprenditore è una delle possibili figure di
commerciante.
C. comm. ita.:
o Art. 3 elencava una serie di “atti di commercio”
o Art. 8 definiva commercianti coloro che esercitavano atti di commercio per
professione abituale.
o La nozione di “impresa” era utilizzata per definire alcuni degli “atti di
commercio”.
C.c. del ’42: il concetto di imprenditore, inteso come produttore, sostituisce quello di
“commerciante”, inteso come uomo d’affari o speculatore.
Metodo dell’economia. Tale sostituzione è stata frutto della tecnica legislativa del
“metodo dell’economia”, che mirava alla corrispondenza tra forme giuridiche e
sostanza economica dei fenomeni.
Speculatore di borsa. La mutata prospettiva legislativa si riflette sulla figura dello
speculatore differenziale, colui che non compra né vende titoli, ma si limita a fare
scommesse sull’andamento dei prezzi. Egli:
- era considerato “commerciante” per il c. comm.
- oggi non è considerato “imprenditore” per il c. civile, poiché non si interpone nello
scambio dei titoli in borsa.
Conseguenze:
- È esonerato dal fallimento, mentre un tempo ne era soggetto in quanto
commerciante. → Gli interpreti hanno tentato di affermare che lo speculatore
differenziale è imprenditore, perché “contribuisce” a tale scambio.
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-
i redditi conseguiti con operazioni speculative, ai fini dell’imposta sul reddito delle
persone fisiche, sono considerati “redditi diversi” e non redditi d’impresa.
CONCETTO GIURIDICO DI IMPRENDITORE
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Definizione di imprenditore (art. 2082): È imprenditore chi esercita
professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello
scambio di beni o di servizi.
- L’imprenditore si identifica per ciò che fa, ossia per il fatto di svolgere un’attività
d’impresa, a prescindere dalle dimensioni di quest’ultima.
- All’imprenditore si applica una certa disciplina di ca. 400 artt.
Il requisito della professionalità
• La professionalità dell’imprenditore: esercitare “professionalmente” un’attività
significa esercitarla con stabilità o non occasionalità. Non è necessario che si tratti:
- dell’unica o principale attività svolta dal soggetto.
- di un’attività ininterrotta (es. attività stagionale), ciò che conta è l’abitualità. → Il
compimento occasionale di un affare, cioè di un isolato acquisto seguito dalla
rivendita, non è riconducibile al concetto di professionalità.
Il requisito dell’economicità
• Pareggio di bilancio. L’attività deve essere rivolta al mercato con l’obiettivo di (cioè
deve essere potenzialmente idonea a) ottenere ricavi almeno pari al costo dei fattori
produttivi impiegati, e non ad erogare a fondo perduto il patrimonio di chi la esercita. →
Il prezzo dei beni e dei servizi non deve essere determinato in modo tale da far
apparire a priori esclusa la possibilità di ricoprire i costi.
• Lo scopo di lucro:
- secondo la dottrina tradizionale: alludeva al risultato effettivo che l’imprenditore si
proponeva di ricavare dall’esercizio della sua attività (requisito soggettivo).
- oggi: è più corretto parlare di “attività astrattamente lucrativa”, cioè attività che può
procurare lucro, ma in concreto il soggetto può essere animato da uno scopo
diverso (requisito oggettivo).
Es. le imprese con scopo mutualistico sono imprese in senso tecnico anche se non
perseguono uno scopo di lucro (i soci delle cooperative non mirano a realizzare un
incremento patrimoniale, ma solo ad es. un risparmio di spesa).
→ Parte della dottrina ha sostituito lo scopo di lucro con quello di ottenere un qualsiasi
“vantaggio patrimoniale”. Ciò comunque non si addice a:
L’impresa pubblica, che:
- solo in casi eccezionali è finalizzata esclusivamente a ricavare un lucro (es.
gestione del monopolio dei tabacchi)
- di regola persegue finalità di interesse sociale, non riconducibile al concetto di
“vantaggio patrimoniale” per se stessa.
Ed è comunque considerata un’impresa e segue la stessa normativa applicabile
all’imprenditore commerciale privato (eccetto per il fallimento).
Enti pubblici. Ubbidire per legge a criteri di economicità è il criterio per distinguere tra
- Ente pubblico imprenditore
- Ente pubblico che non è imprenditore (es. enti pubblici di protezione sociale),
benché produttore di beni e servizi, i quali però sono offerti gratuitamente o ad un
prezzo insufficiente a coprire il loro costo di produzione.
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→ Irrilevanza dell’antico requisito dello scopo di lucro.
• Cooperative. Duplicità di rapporti:
- Rapporto di società con ad oggetto l’esercizio in comune di un’attività economica.
→ I soci sono, collettivamente, gestori dell’impresa.
- Molteplicità di rapporti di scambio tra cooperativa e singoli soci (rapporti di
compravendita, credito, assicurazione…)
→ I soci sono, individualmente, utenti dell’impresa.
Al momento della percezione di beni o servizi i soci effettuano un esborso (ulteriore
al conferimento originario in società). Il prezzo può essere:
o Concorrente di mercato → dopodiché la società restituisce ciò che eccede il
costo di produzione nella forma dei “ristorni”.
o Corrispondente ai costi di produzione
• Impresa per conto proprio: attività di chi produce per sé beni o servizi. Si nega che
sia un impresa in senso tecnico, perché è imprenditore solo chi produce per il mercato
Requisito della destinazione della produzione per il mercato:
- non è a rigore richiesto dall’art. 2082
- è indispensabile:
o non in sé considerato, come specifico estremo del concetto di imprenditore;
o ma perché, se manca la vendita o la prestazione a terzi dei beni o dei servizi,
non è possibile affermare che l’attività economica è astrattamente idonea a
rispettare il pareggio di bilancio.
Può accadere che dei soggetti, che intraprendano la produzione per conto
proprio, diano vita ad un’autonoma organizzazione, separata dalla gestione del
loro restante patrimonio, con modalità corrispondenti al modo di produzione tipico
della produzione per il mercato. È il caso di:
- Cooperative, che esercitano un’attività d’impresa (art. 2511): i rapporti di scambio
fra il gruppo e i singoli consente all’attività di assumere il carattere dell’economicità
- Stabilimenti costituiti dallo Stato o da altri enti pubblici, per produrre beni o servizi
necessari alla propria attività o ad altri settori dell’amministrazione statale.
- Può anche accadere in un’associazione o fondazione privata
- Ma non può mai accadere circa i singoli privati, per i quali è impensabile un’attività
di scambio con se stessi.
Il requisito dell’organizzazione
• Il requisito dell’”organizzazione” traccia il confine tra le attività:
- che assumono il carattere dell’impresa, in quanto “organizzate”
- che non sono imprese per la mancanza di una “organizzazione”
• Vi deve essere un minimo di organizzazione di mezzi, cioè vi devono essere
attrezzature funzionali all’esercizio dell’attività.
Il problema dell’organizzazione è posto allo scopo di distinguere gli imprenditori dai
liberi professionisti, i quali esercitano anch’essi un’attività professionalmente e con fini
economici, però potrebbero non avere un’organizzazione.
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Vi sono dei casi marginali in cui un’organizzazione è scarsamente rinvenibile: nei portabagagli della
stazione (che lavorano in proprio, alcuni privi di carrelli) la giurisprudenza l’ha individuata nel cappello,
perché li rende riconoscibili sul mercato degli utenti, e nell’operatore di borsa nel telefono.
Il concetto di organizzazione è quello meno importante, i profili più rilevanti sono la
professionalità e l’economicità. → Il Galgano afferma che l’organizzazione è uno
pseudo-requisito: la sua mancanza non impedisce di assumere la qualità di
imprenditore, la sua presenza serve semmai a distinguere l’imprenditore non piccolo
(che ha sempre un’organizzazione) dal piccolo imprenditore, che può non averla.
Secondo il Galgano vi sono 2 possibili significati di “organizzazione”:
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Organizzazione intermediatrice: l’attività dell’imprenditore consiste nell’interporsi tra
quanti hanno lavoro o capitale da offrire e quanti domandano determinati beni o
servizi.
→ Ma non può essere questo il significato perché sono considerati come (piccoli)
imprenditori anche gli artigiani, che possono non utilizzare lavoro altrui, quindi non
svolgono una funzione intermediatrice del lavoro.
- Azienda: cioè “complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio
dell’impresa” (art. 2555). → In base a questo criterio si distinguerebbe:
o l’impresa
o dal lavoro autonomo, per il quale non è necessaria la predisposizione di
alcun apparato produttivo, a cui è dedicato il titolo III del libro V, che regola il
contratto d’opera intellettuale e d’opera manuale.
→ Ma non può nemmeno essere questo il significato, infatti l’artigiano può mancare
di collaboratori e di macchinari, e quindi di un’organizzazione.
L’artigiano:
- Viene a coincidere con la figura del “prestatore d’opera” manuale, cioè colui che “si
obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro
prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del
committente”
- Si distingue da ogni altro lavoratore manuale per il solo fatto di essere autonomo,
anziché subordinato.
→ La nozione di impresa è tale da comprendere ogni lavoratore autonomo (non
intellettuale).
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LIBERI PROFESSIONISTI
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Lo svolgimento professionale di un’attività produttiva di ricchezza è condizione:
- necessaria
- ma non sufficiente
per essere considerati “imprenditori”. Ad es. non sono imprenditori i professionisti
intellettuali e gli artisti, che pure producono beni o servizi.
Trattamento favorevole: i liberi professionisti godono di una condizione di privilegio
concessa, in base ad un’antica tradizione, al ceto degli esercenti le cd. professioni
liberali (ad es. i contratti d’opera sono di mezzi e non di risultato).
Applicazione delle norme sull’impresa. Ad essi, così come agli artisti, si applicano le
norme regolatrici dell’impresa (titolo II) solo “se l’esercizio della professione costituisce
elemento di un’attività organizzata in forma di impresa” (art. 2238). → Il professionista
intellettuale o l’artista diventa imprenditore solo se svolge un’ulteriore attività,
considerata attività d’impresa. Es.: medico che gestisce una casa di cura o professore che
gestisce un istituto di istruzione privata.
Distinzione tra le professioni intellettuali:
- Professioni protette: professioni intellettuali il cui esercizio è subordinato
all’iscrizione in appositi albi o elenchi, ossia all’appartenenza agli ordini
professionali.
Caratteristiche:
o Interdizione ad esercitare la professione per i non iscritti nell’albo
o Soggezione degli iscritti al potere disciplinare degli ordini professionali “a
salvaguardia della dignità e del decoro della professione”.
o Carattere personale della prestazione professionale.
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Professioni intellettuali il cui esercizio non è protetto (es. agenti di pubblicità, esperti
di ricerche di mercato…): riguardano prestazioni definibili di “opera intellettuale” agli
effetti dell’art. 2230, e chi le esercita personalmente è qualificato come
“professionista intellettuale”.
Caratteristiche:
o Sono svincolate dal principio dell’esecuzione personale e dalla
determinazione autoritativa del corrispettivo.
o Il rapporto con il cliente può essere regolato non solo seguendo lo schema
del contratto d’opera intellettuale, ma anche con altri schemi contrattuali, ad
es. il contratto d’appalto.
→ Il prestatore d’opera intellettuale “non protetto” può scegliere di
agire come imprenditore, in base al contratto instaurato con il cliente (di
appalto anziché di opera intellettuale).
Infatti l’art. 2238, in base al quale si desume che l’attività intellettuale non dà
luogo ad un’impresa, fa riferimento solo a quei soggetti che prestano la
propria attività professionale nelle forme del contratto d’opera intellettuale, e
che godono della particolare condizione giuridica delineata al capo II del
titolo III, dalla quale l’esercente prestazioni intellettuali “non protette” può
sottrarsi.
• Farmacista:
- è un imprenditore poiché non si limita all’esplicazione dell’attività sanitaria, ma
rivende al pubblico farmaci già preparati dalle case produttrici o altre merci.
- il farmacista è parificato a qualsiasi commerciante (il contratto tra farmacista e
cliente è un comune contratto di vendita): la professione intellettuale costituisce, nel
senso dell’art. 2238, un semplice “elemento”.
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DISTINZIONI NELLA CATEGORIA DEGLI IMPRENDITORI
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Statuto generale dell’imprenditore. La disciplina di genere dell’imprenditore è
composta da ogni norma che il c.c. ricollega all’“impresa” o all’“imprenditore” senza
ulteriori specificazioni:
- Disposizioni sparse nel IV libro
- Disposizioni del V libro su:
o impresa in generale
o che regolano l’azienda
o che reprimono la concorrenza sleale.
Distinzioni nella categoria degli imprenditori. All’interno della macro-categoria degli
imprenditori vi sono delle distinzioni, funzionali all’applicazione di discipline diverse ai
vari gruppi così identificati. I criteri distintivi sono:
- il tipo di attività esercitata
o imprenditori agricoli
o imprenditori commerciali
- la dimensione dell’attività
o piccoli imprenditori
o imprenditori non piccoli → il c.c. non distingue tra medi e grandi.
Criterio di esclusione: si definiscono gli imprenditori agricoli e poi, per esclusione, gli
imprenditori commerciali (cioè sono imprenditori commerciali tutti quelli che non sono
agricoli).
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Lo stesso criterio vale per i piccoli imprenditori: il c.c. definisce positivamente solo i
piccoli imprenditori, mentre gli altri si individuano per sottrazione.
Definizioni in positivo: il c.c. in verità dà definizioni in positivo sia dell’imprenditore
agricolo (art. 2135) sia di quello commerciale (art. 2195), ma quest’ultima norma non è
da non studiare, poiché superflua.
Impresa civile. Ricorrendo a due definizioni in positivo vi è il rischio che alcune attività,
sebbene definibili come impresa ex art. 2082, non rientrino in nessuna delle due
categorie. → Così alcuni hanno parlato di una terza categoria inespressa, l’”impresa
civile”, soggetta solo alla disciplina di genere dell’impresa.
La sola ipotesi però è l’ente pubblico (o l’associazione o la fondazione) che eserciti
un’accessoria attività commerciale.
PICCOLI IMPRENDITORI
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Classificazione in base alla dimensione dell’impresa (art. 2083):
- Piccolo imprenditore
- Imprenditore non piccolo
• Distinzione tra media e grande impresa:
- Non presente nel c.c.
- Presente nella legislazione speciale
• Norme a cui è sottoposto il piccolo imprenditore:
- Quelle sull’imprenditore in genere
- Non quelle sull’imprenditore commerciale (“statuto dell’imprenditore commerciale”),
anche se esercita un’attività definibile come “attività commerciale” ex art. 2195.
Quindi il piccolo imprenditore:
o è esonerato dall’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese
o è esonerato dalla tenuta delle scritture contabili
o non è sottoposto al fallimento e alle altre procedure concorsuali
• Art. 2083 “Piccoli imprenditori”: Sono piccoli imprenditori:
- i coltivatori diretti del fondo,
- gli artigiani,
- i piccoli commercianti
- e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il
lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
L’art. individua 3 figure tipiche di piccoli imprenditori.
• Coltivatore diretto (piccolo imprenditore agricolo): soggetto che esercita l’attività
agricola dedicandosi in prima persona alla stessa.
• Artigiano (piccolo imprenditore latu sensu industriale). NB: non tutti gli artigiani sono
piccoli imprenditori. Nel 1942 non vi era una disciplina specifica dell’impresa artigiana,
che è stata introdotta con successive leggi speciali, la 1° nel 1956 e la 2° è la 443/1985
(più volte novellata).
La legge speciale si occupa dell’impresa artigiana per renderla destinataria di una forte
politica di sostegno, connessa all’osservanza dei livelli dimensionali tratteggiate dalla
legge. Per consentire l’accesso a questo regime di favore al maggiore numero
possibile di imprese, nel tempo si è sempre più allargata la categoria degli artigiani,
fino al punto di non rispecchiare più il concetto di imprenditore artigiano come inteso
del legislatore del ‘42. Quindi non tutti gli artigiani ex legge speciale sono anche
artigiani ex c.c.: l’iscrizione all’albo imprese artigiane non comporta necessariamente
l’applicazione della disciplina del c.c.
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Piccolo commerciante (commerciante in senso stretto): svolge un’attività di
commercio in senso proprio (es. giornalaio, tabaccaio…).
Per stabilire se un commerciante (o un artigiano) è o meno un piccolo imprenditore,
parte della giurisprudenza ricorre ai criteri dimensionali dell’art. 1 del R.D. 267/1942
(legge fallimentare), che afferma che sono soggetti a fallimento tutti gli imprenditori
commerciali che abbiano:
- almeno 300.000 € di attivo patrimoniale, o
- almeno 200.000 € di ricavi lordi, o
- almeno 500.000 € di debiti, anche non scaduti.
L’ausilio dei familiari. L’art. 230bis, introdotto con la riforma del diritto di famiglia, ha
identificato certi gradi di parentela o affinità.
L’ultima parte dell’art. 2083:
- Descrive in termini generali l’intera categoria riassumendo i caratteri comuni ai punti
precedenti.
- Ricomprende altre figure oltre a quelle specificamente menzionate, che quindi non
sono ipotesi del tutto tassative, ma in concreto è difficile individuare piccoli
imprenditori che non rientrino nelle 3 categorie (es. piccolo mediatore, piccolo
agente di commercio…).
Il giudizio di prevalenza all’ultimo punto dell’art. 2083 va instaurato:
- non solo fra il lavoro proprio dell’imprenditore e quello altrui (dipendenti salariati)
- ma anche tra il lavoro proprio dell’imprenditore e il capitale investito nell’impresa.
Es. il gioielliere che non utilizzi commessi non è un piccolo commerciante.
Disciplina dei piccoli imprenditori e degli agricoltori. L’ordinamento giuridico
distingue tra imprenditori agricoli – commerciali e tra piccoli – restanti imprenditori per
applicare ai diversi sottoinsiemi discipline diverse.
Il libro V impone una serie di adempimenti agli imprenditori, ai quali sono generalmente
sottratti gli imprenditori piccoli o agricoli. Il risultato è che a questi ultimi si applica una
disciplina più favorevole rispetto agli altri imprenditori.
Ragioni della tutela dell’imprenditore agricolo. L’imprenditore agricolo è tutelato
perché è soggetto ad un duplice rischio:
1) normali rischi propri dell’attività d’impresa (che i ricavi non compensino le spese);
2) rischio ambientale, peculiare dell’attività esercitata. In realtà gli eventi naturali
possono incidere anche su attività d’impresa diverse da quelle agricole (es. gli
eventi meteorologici hanno ricadute circa l’attività degli impianti sciistici, balneari…).
Ragioni della disciplina della piccola impresa. Non è opportuno pretendere degli
adempimenti che risulterebbero gravosi per una piccola impresa.
L’ARTIGIANO NELLA LEGGE SULLE IMPRESE ARTIGIANE
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Norme per la disciplina delle imprese artigiane: L. 443/1985, modificata da L.
133/1997.
• Fine dell’impresa artigiana:
- “produzione di beni, anche semilavorati, o la prestazione di servizi”.
- può trattarsi anche di “lavorazioni artistiche”, ma per “artistico” si intende
“decorativo” (l’artista non è imprenditore).
• Requisiti dell’impresa artigiana. L’artigiano deve:
- esercitare l’impresa personalmente
- svolgere in misura prevalente il proprio lavoro nel processo produttivo
• La prestazione d’opera di personale dipendente è ammessa a condizione che:
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-
sia diretto personalmente dall’imprenditore artigiano;
il n° dei dipendenti non superi certi limiti (compresi i familiari), es:
o max 18 se l’impresa non produce in serie
o max 9 se l’impresa produce in serie
o max 8 se l’impresa presta servizi di trasporto
→ Si precisa quando il lavoro dell’imprenditore possa considerarsi “prevalente” sul
lavoro dei dipendenti.
• Il lavoro personale dell’imprenditore deve anche prevalere sul capitale investito
nell’impresa:
- Il principio non è esplicitato espressamente.
- I limiti di capitali sono presupposti, ad es.
o Se l’artigiano produce esclusivamente in serie o presta servizi di trasporto è
stabilito un n° min di dipendenti nettamente inferiore per le altre ipotesi.
→ Tali attività richiedono un investimento di capitale di entità proporzionale
al n° di dipendenti.
o Si nega la qualità di artigiano al produttore in serie se la lavorazione si
svolge con un processo del tutto meccanizzato.
• L’albo delle imprese artigiane. La legge in esame regola un apposito albo l’iscrizione
nel quale:
- è condizione per la concessione di agevolazioni.
- ha efficacia costitutiva della qualità di artigiano. Precisazioni:
o L’efficacia costitutiva vale ai soli effetti amministrativi della concessione delle
agevolazioni
o L’autorità giudiziaria può accertare autonomamente l’assenza o la presenza
dei requisiti, e disapplicare l’atto amministrativo illegittimo (l’iscrizione o il
diniego di iscrizione nell’albo).
IL PICCOLO IMPRENDITORE NELLA LEGGE FALLIMENTARE
•
Art. 1 L. fall., così come risulta dalla riforma fallimentare del 2006-2007: non sono
soggetti al fallimento in caso di insolvenza gli imprenditori che rispecchiano
congiuntamente 3 requisiti:
a) Aver avuto, nei 3 esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento,
un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo di max 300.000 €.
Si intende il valore dei fattori della produzione di carattere reale:
o Impianti e macchinari
o Materie prime
o Merci da rivendere
considerando il periodo di un “ciclo produttivo”.
b) Aver realizzato, nei 3 esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di
fallimento, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo di max 200.000 €
(fatturato, che corrisponde a ca. 20.000 € di utile)
c) Aver un ammontare di debiti, anche non scaduti, di max 500.000 €
• Questo criterio non contrasta con la nozione di piccolo imprenditore del c.c., ad
es.:
- l’esiguità dell’attivo patrimoniale è indice della circostanza che egli ha organizzato la
propria impresa “prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della
famiglia”.
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La limitata esposizione verso banche e fornitori non pagati identifica un’impresa di
modeste dimensioni
• Questo criterio è solo apparentemente un criterio presuntivo:
- mentre in origine la legge fall. affermava che l’imprenditore che non eccede alcuni
limiti si considera piccolo imprenditore,
- ora si dice solo che chi eccede quei limiti è sottoposto alle procedure concorsuali,
indipendentemente dalla sua qualificazione come piccolo imprenditore.
→ Viene meno il rapporto tra l’art. 1 L. fall. e l’art. 2221 c.c., a norma dei quali i
piccoli imprenditori sono esclusi dal fallimento.
L’art. 2221 può ancora sorreggere la pretesa di chi basa la propria esclusione dal
fallimento sulla qualità di piccolo imprenditore, anche se la sua impresa eccede i
limiti dimensionali dell’art. 1 L. fall., ma ciò difficilmente accadrà per la lettera a), più
probabilmente per le lett. b) e c).
IMPRENDITORE AGRICOLO
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La coltivazione del fondo:
- Prima del vigente codice civile non era considerata attività d’impresa, anche se il
coltivatore mirasse a conseguire un profitto.
- Oggi considerata attività d’impresa → Art. 2135.
L’art. 2135 non ha più il contenuto letterale originario, ma è stato novellato con una
legge speciale del 2001, in seguito all’evoluzione che ha conosciuto l’attività d’impresa
agricola.
Art. 2135.1 “Imprenditore agricolo”: È imprenditore agricolo chi esercita una delle
seguenti attività:
- coltivazione del fondo,
- selvicoltura,
- allevamento di animali e
- attività connesse.
L’imprenditore agricolo si identifica in base all’attività svolta:
- Le prime 3 sono dette attività agricole principali o tipiche o “attività essenzialmente
agricole”, alle quali possono accostarsi delle:
- Attività “agricole per connessione”, che sono attività agricole solo se esercitate da
chi eserciti anche una delle attività essenzialmente agricole.
Art. 2135.2. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di
animali si intendono le attività:
- dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del
ciclo stesso, → Ciclo biologico: ciclo della vita, ad es.
o perché vi sia coltivazione del fondo non è sufficiente la mera raccolta dei
frutti del suolo, ma serve un’attività di coltivazione (indipendente dal grado di
industrializzazione): piantare il seme, curarne lo sviluppo e raccoglierne i
frutti, o per lo meno acquistare la pianta ancora piccola e farla crescere (es.
le barbatelle per la vite)
o perché vi sia selvicoltura, che è una specie della coltivazione del fondo, non
è sufficiente l’attività meramente estrattiva del legname → chi estrae
legname senza provvedere alla ripiantumazione esercita un’attività
industriale e non agricola
o perché vi sia allevamento l’allevatore deve occuparsi lui stesso della
riproduzione degli animali o per lo meno acquistare gli animali piccoli e
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