AUTISMO A SCUOLA
Montesilvano, 7 aprile 2016
Elisabetta Berenci
NPI ASL Pescara
UN QUADRO
INTRODUTTIVO
DEFINIZIONE DEL DISTURBO
EZIOLOGIA
BASI NEUROBIOLOGICHE
EPIDEMIOLOGIA
DEFINIZIONE
Sindrome comportamentale causata
da un disordine dello sviluppo
biologicamente determinato con
esordio nei primi tre anni di vita
Baird 2003; Berney 2000; Szatmari 2003
Caratteristiche
dei Disturbi dello
spettro autistico
(DSA)
!  Entità patologica mal definita
nelle cause
!  Disturbo generalizzato
complesso
!  Frequente presenza di vari
gradi di ritardo mentale
!  Frequente comorbilità
(epilessia, disturbi psichici)
!  Prognosi varia e maldefinita
AREE DI INTERESSE
•  Interazione sociale reciproca
•  Linguaggio e comunicazione
•  Comportamenti stereotipati e interessi
ristretti
•  Simbolizzazione
Autismo e condizioni mediche
Ritardo mentale 70%
Epilessia 30-40%
Circonferenza cranica aumentata
Ipotonia 25%
Disprassia 30%
Disturbi alimentari (selettività 62%, anoressia 12% pica, ecc.)
Intolleranze alimentari
Disturbi gastrointestinali 46-84% (celiachia, diarrea, dolori
addominali 36%, ecc.)
•  Disturbi immunitari
•  Disturbi del sonno (insonnia, risvegli, ecc.)
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
SPETTRO AUTISTICO
Notevole variazione nell’espressività clinica
Esistono quadri atipici di autismo con un interesse più disomogeneo delle
aree caratteristiche coinvolte o con sintomi comportamentali meno gravi o
variabili, a volte con un QI nella norma
Continuum di situazioni da quelle lievi a quelle gravi
Le caratteristiche di spiccata disomogeneità fenomenica suggeriscono che
il quadro clinico sia riconducibile ad una famiglia di disturbi con
caratteristiche simili, al cui interno si distinguono quadri “tipici” ed
“atipici”
AUTISMO LF
DPS-NAS
AUTISMO HF
ASPERGER
I disturbi dello spettro autistico
Terminologia:
Disturbi dello spettro autistico
Disturbo comunicativo-relazionale
Disturbo pervasivo dello sviluppo
Disturbo generalizzato dello sviluppo
sono sinonimi
EPIDEMIOLOGIA
PROGNOSI
PERCHE’ L’AUTISMO Sindrome comportamentale come via finale
comune di situazioni patologiche diverse!
Da cosa derivano questi sintomi?
I
sintomi
dell’autismo
sono
risposte
comportamentali dei bambini piccoli ad un
disturbo organico del loro cervello
Per un bambino piccolo c’è solo un numero
limitato di modi di rispondere al non
funzionamento di aree cerebrali
Questi modi sono i sintomi comportamentali
dell’autismo
EZIOLOGIA
Origine plurifattoriale ancora molto indefinita che
colpisce le regioni cerebrali coinvolte nello sviluppo
sociale e comunicativo
FATTORI CAUSALI
•  Gravidanza e periodo neonatale
•  Ereditarietà e geni
•  Immunologia e vaccini
assenza di evidenze
Gravidanza e periodo neonatale
Allo stato attuale non è stata dimostrata alcuna significativa
associazione fra una noxae patogena e l'autismo (Gillberg e
Coleman, 1992)
La maggiore incidenza di patologie perinatali in popolazioni di
soggetti autistici rispetto a gruppi di controllo rinforzano
l'ipotesi secondo cui i soggetti con disordini geneticamente
determinati presentano una ridotta competenza a nascere, che li
predispone a una sofferenza pre e peri-natale (Gillberg e
Gillberg, 1992)
Ereditarietà e geni •  Maggiore probabilità nei gemelli monozigoti di essere entrambi
affetti (concordanza 60-92%)
•  Rischio 50/100 volte maggiore nei genitori di un bambino autistico di
avere un altro bambino autistico
•  Caratteristiche comportamentali simili in alcuni membri della
famiglia di soggetti con autismo
•  Correlazione con alcune Sindromi Genetiche (X Fragile, Sclerosi
Tuberosa)
Non esiste il gene dell’Autismo: loci genici di maggiore interesse sul
cromosoma 7 (IMGSAC, 1998; CLSA, 1999; IMGSAC, 2001a) 2, 16 e
17 (IMGSAC, 2001b)
Volkmar, 2004
Immunologia e vaccini
Al momento attuale non ci sono evidenze che meccanismi
immunologici possano causare o contribuire all'emergere
delle anomalie organiche riscontrate nell'autismo
Ugualmente, allo stato attuale non ci sono dati che
indichino che un qualsiasi vaccino aumenti il rischio di
autismo o qualsiasi disturbo del comportamento
(Fombonne e Cook, 2003; Parker et al, 2004)
BASI NEUROBIOLOGICHE Maggiore incidenza nei soggetti autistici di:
• Encefalopatie ipossico-ischemiche perinatali
• Malformazioni cerebrali (cervelletto, lobo frontale, lobo
temporale, amigdala, ippocampo)
• Epilessia ed anomalie EEG
• Connessioni anomale/ipoattivazione tra strutture encefaliche
coinvolte nei compiti linguistici e di problem solving
• Alterazioni neurometaboliche e neurotrasmettitoriali
(serotonina, dopamina, ossitocina e vasopressina) nel sistema
fronto-striatale
Anomalie anatomiche
Lobi
temporali
•  Riconoscimento espressione dei volti
•  Linguaggio
•  Percezione sociale
Amigdala
•  Assegnazione di valore emotivo agli
stimoli
Corteccia
prefrontale
• 
• 
• 
• 
Inibizione di risposte inappropriate
Monitoraggio proprio comportamento
Attuazione comportamenti pianificati
Attenzione, pianificazione, pensiero
astratto
Anomalie neurochimiche
Nell'autismo è stato documentato un livello anomalo di
serotonina, la cui concentrazione ematica di soggetti con
autismo e dei loro parenti di primo grado sarebbe
significativamente maggiore rispetto alla norma
L'ossitocina e la vasopressina che sono coinvolti nella
regolazione del comportamento sociale e nel
comportamento ripetitivo in molti mammiferi (Insel,
O'Brien e Leckman, 1999) sono nei soggetti con autismo
ridotte
MODELLI INTERPRETATIVI
DEL FUNZIONAMENTO DI
TIPO AUTISTICO
PATOGENESI
L’autismo è un disturbo neuroevolutivo di natura
complessa per il quale sarà necessario un ampliamento
significativo degli attuali confini delle neuroscienze
Uno degli aspetti che sembra mancare è il ruolo che i
processi interattivi organismo-ambiente determinano
sullo
sviluppo
neurologico,
cognitivo
e
comportamentale, a partire dall’iniziale deficit
precoce
LA COGNIZIONE SOCIALE
Nei disturbi dello spettro autistico
le aree
prevalentemente interessate sono quelle relative
all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare
idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con
gli altri (Baird et al., 2003; Berney, 2000; Szatmari, 2003)
Diversamente da quanto avviene nello sviluppo tipico, la
predisposizione ad orientarsi verso le persone è assente
o compromessa sin dalle fasi precoci e di conseguenza lo
sviluppo della cognizione sociale
Attenzione sociale, percezione delle espressioni facciali
e riconoscimento delle emozioni
Percezione
facciale
Riconoscimento
delle emozioni
Attenzione
sociale
LA COGNIZIONE SOCIALE
è cruciale per comprendere gli altri individui e per vivere in mezzo agli altri (Ostrom,
1984; Penn et al., 1997) LA COGNIZIONE SOCIALE
La Cognizione Sociale viene definita come quell’insieme di processi
che permettono al soggetto
di comprendere il mondo
interpersonale e trarne benefici
Questa facoltà consiste in 4 abilità
fondamentali:
"  Capire cosa pensano gli altri
" 
Capire cosa provano gli altri
" 
Riconoscere i ruoli e le regole che
dettano le relazioni sociali
" 
Condividere quello che provano gli
altri
Empathy
Emotional
contagion
Theory
of Mind
social
cognition
Emotional
empathy
Perspective
taking
Cognitive
empathy
Preston & De Wall, 2000
Social brain
Il cervello sociale comprende una rete di regioni cerebrali dedicate
al trattamento delle informazioni sociali che ci permette di
riconoscere gli altri individui, di valutare e analizzare le loro
intenzioni
La percezione e la cognizione sociale risultano alterate
e qualitativamente diverse a causa di:
Deficit cognitivi
Ipo o ipersensibilità
alterata
processazione
delle informazioni
confusione e
distorsione
sensoriale dei
dati sensoriali
Brain-Behaviour
2011 Nov 9;306(18):2001-10.
L’autismo è una condizione ereditaria che coinvolge lo sviluppo
macroscopico del cervello
La crescita eccessiva precoce nella maggior parte dei casi è dovuta ad
una disfunzione che colpisce diverse regioni corticali e sottocorticali,
tra cui la corteccia prefrontale e temporale
Sebbene venga ipotizzata una probabile anomalia a livello prefrontale
alla base di alcuni sintomi autistici, i difetti cellulari che causano la
proliferazione anormale rimangono sconosciuti
Riscontro di alterazioni della sostanza bianca già nel primo anno di vita
in bambini considerati ad alto rischio e che sviluppano l’autismo
successivamente (28 bambini/92)
Il cervello sociale nell’autismo
una base nelle connessioni e nella comunicazione tra aree cerebrali
Attualmente c’è un consenso generale che vi siano disordini di connettività cerebrale
(ridotta o alterata connessioni e comunicazioni tra aree cerebrali) che inducono deficit in
processi che richiedono integrazione di informazione e coordinamento di sistemi neurali
multipli, come le abilità sociali
(Minshew e Williams 2007)
Il cervello sociale nell’autismo
Il disturbo della connettività neurale è caratterizzato da un eccesso
di connessioni locali e da un difetto di connessioni a distanza tra
differenti regioni funzionali
MODELLI INTERPRETATIVI DELLA CLINICA
Teoria Socio-Affettiva
Neuroni a Specchio
Teoria della Mente
Coerenza Centrale
Funzioni Esecutive
Teoria Socio-Affettiva
L'essere umano nasce con una predisposizione innata ad interagire con
l'altro
Esisterebbe nell'autismo un'innata incapacità, biologicamente determinata,
di interagire emozionalmente con l'altro
INTERSOGGETTIVITA’
primaria
• Incapacità di imparare a riconoscere gli stati mentali
• Compromissione dei processi di simbolizzazione
• Deficit del linguaggio e della cognizione sociale
Hobson, 1993
•  L’intersoggettività è il processo di condivisione dell’attività
mentale che ha luogo tra soggetti durante un qualsiasi atto
comunicativo. Questa capacità è innata e non richiede capacità
cognitive
astratte
razionali
o
teoriche
né
dipende
dall’apprendimento culturale
•  Si manifesta come consapevolezza empatica della presenza nei
movimenti e nelle vocalizzazioni dell’altro
•  L’intersoggettività è resa possibile dalla produzione e dal
riconoscimento dei movimenti del corpo, soprattutto del viso, del
tratto vocale e delle mani
Intersoggettività: cosa valutare…
Neuroni Mirror
•  Scoperti da Giacomo Rizzolatti e colleghi,
neurofisiologi dell’Università di Parma all’inizio degli
anni Novanta grazie a studi sperimentali sul macaco
mediante la registrazione dell’attività neurale
•  Sono dotati della capacità di attivarsi:
–  Quando un individuo compie un’azione in prima persona
–  Quando un individuo vede un altro compiere la stessa azione
•  Consentono al cervello di correlare gli atti motori
osservati a quelli propri e riconoscerne in tal modo il
significato, basandosi unicamente su competenze
motorie
•  Non si può osservare infatti qualcuno prendere in
mano un oggetto senza evocare nel cervello i piani
motori
necessari
per
afferrare
noi
stessi
quell’oggetto
•  Sono rilevanti per la comprensione del
significato delle azioni ed intenzioni altrui
•  Sono coinvolti nell’imitazione: traducono
immediatamente l’azione osservata che viene
poi codificata in termini motori, rendendo
possibile in tal modo al soggetto una sua
replica
•  Favoriscono la comprensione immediata delle
emozioni altrui: attraverso l’imitazione e la
mimica siamo in grado di provare ciò che
provano le altre persone
Meccanismo dell’empatia
•  L’empatia è la capacità di percepire,
immaginare e avere una comprensione diretta
degli stati mentali e dei comportamenti altrui
•  Dall’imitazione
interna
dell’espressione
facciale osservata i neuroni specchio,
attivandosi, attraverso l’insula, inviano segnali
ai centri del sistema limbico che producono la
sensazione dell’emozione, facendoci così
comprendere ciò che provano le altre persone
Per quali emozioni esiste il meccanismo
specchio?
Gli studi sperimentali hanno dimostrato l'esistenza di
meccanismi specchio per emozioni quali il disgusto ed il
dolore
Ma esistono ricerche preliminari secondo cui anche
emozioni sociali, quali l'imbarazzo o l'umiliazione
provocherebbero simili attivazione ed in particolare
l'umiliazione attiverebbe le stesse regioni corticali che
si attivano in caso di dolore fisico
Come saremmo se il nostro cervello non fosse dotato dei
meccanismi specchio?
Avremmo difficoltà a capire il senso delle azioni degli altri, né
sapremmo anticiparne le intenzioni
Non ci sentiremmo coinvolti dal dolore o da altre forti emozioni di
persone a noi care
E imitare azioni semplici e conosciute o imparare azioni nuove
osservandole, sarebbe molto difficile o addirittura impossibile
Probabilmente avremmo anche qualche difficoltà a parlare e a
comprendere ciò che ci viene detto
Ma…. ? •  L'alterazione dei meccanismi
specchio non spiega però tutte
le manifestazioni dell'autismo
•  Ci sono sintomi come
l'ipersensibilità a certi suoni, la
tendenza a evitare il contatto
oculare o i movimenti ritmici e
ripetuti del corpo, che
probabilmente implicano
disfunzioni in meccanismi
cerebrali differenti Teoria della mente
Capacità di riflettere sulle emozioni, sui desideri e sulle
credenze proprie e altrui e di comprendere il
comportamento degli altri in rapporto non solo a quello
che ciascuno di noi sente, desidera o conosce, ma in
rapporto a quello che ciascuno di noi pensa che l'altro
sente, desidera o conosce (Baron-Cohen et al, 2000;
Baron-Cohen, Tager-Flusberg e Cohen, 2000)
Teoria della mente
Si tratta di un "modulo" cognitivo che matura
progressivamente nel tempo per realizzarsi intorno ai 4
anni
In particolare, nei primi anni di vita il bambino,
attraverso lo sguardo referenziale, il gioco simbolico e
l'attenzione condivisa, si approprierebbe della capacità di
leggere progressivamente le emozioni, i desideri e le
credenze, di sistematizzarli in un sistema di conoscenze e
di giungere a effettuare delle rappresentazioni delle
rappresentazioni
mentali
degli
altri
(metarappresentazioni)
Teoria della mente
Secondo questo tipo di approccio, l'autismo sarebbe
legato a un'incapacità del bambino di accedere a una
teoria della mente, rimanendo in una situazione di
"cecità mentale" (Baron-Cohen, 1995).
Il bambino autistico, cioè, sarebbe incapace di
comprendere e riflettere sugli stati mentali propri e
altrui e, conseguentemente, di comprendere e prevedere
il comportamento degli altri Compiti di falsa credenza
La piena comparsa della ToM coincide con la raggiunta
comprensione della falsa credenza, ossia la capacità di
un soggetto di considerare che un’altra persona può
avere una credenza da questi ritenuta vera ma che il
soggetto sa essere falsa
Richiede quindi la capacità di rappresentarsi in che modo
la rappresentazione di un’altra persona sia nei confronti
della realtà (metarappresentazione)
Tale capacità emerge solitamente intorno ai 3-4 anni
Cecità mentale
Ipotesi che il deficit nella capacità di ragionare sugli
stati mentali sia alla base di molte anomalie dello
sviluppo caratteristiche dell’autismo
La maggior parte dei bambini autistici non supera i test
della comprensione dell’opinione di livello 1
Il 20-35% ci riesce, ma non supera quelli di livello 2
Possibilità di comprendere emozioni “semplici”, ma non
“complesse”
Debolezza della Coerenza Centrale Capacità di sintetizzare in un tutto coerente, o di
sistematizzare in un sistema di conoscenza le molteplici
esperienze parcellari che investono i nostri sensi
Il bambino autistico non riesce a cogliere il significato dello
stimolo nel suo complesso
Questo stile cognitivo non investe solo l’elaborazione degli
stimoli sociali ma di tutti i dati esperenziali
Frith, 1994; Happè, 1996
Debolezza della Coerenza Centrale Il profilo cognitivo del bambino autistico permette di
rilevare una serie di elementi caratterizzanti,
rappresentati da:
• incapacità di cogliere lo stimolo nel suo complesso
• elaborazione segmentata dell'esperienza
• difficoltà di accedere dal particolare al generale
• polarizzazione esasperata su frammenti di esperienza
Deficit delle Funzioni Esecutive
Pennington, 1996
Richiamiamo i compiti delle
Funzioni Esecutive
ideazione
programmazione
esecuzione
verifica
modulazione di correttivi
CRITERI DIAGNOSTICI
STRUMENTI DI VALUTAZIONE
INDIVIDUAZIONE PRECOCE
DSM 5: unica categoria diagnostica
DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO
Comprende: Disturbo Autistico, S. di Asperger, Disturbo
disintegrativo dell’infanzia e PDD-NOS
La distinzione tra i diversi disturbi è stata trovata
inconsistente nel tempo, variabile tra i diversi centri diagnostici
e spesso associata a severità, livello linguistico o QI invece che
alle caratteristiche specifiche dei diversi disturbi
L’autismo è meglio rappresentato da una singola categoria
diagnostica che si possa adattare alle presentazioni cliniche
individuali (es. severità, abilità verbale e altre) e alle condizioni
associate (es. disordini genetici conosciuti, epilessia, disabilità
intellettuale e altre)
•  I deficit nella comunicazione e nel comportamento
sociale sono inseparabili e più accuratamente
considerati come un singolo insieme di sintomi
•  I ritardi nel linguaggio sono più accuratamente
considerati come un fattore che influenza la
presentazione clinica della sintomatologia autistica
piuttosto che come definitori della diagnosi
•  Richiedere che entrambi i criteri siano raggiunti
aumenta la specificità della diagnosi senza intaccarne
la sensibilità rispetto ai diversi livelli, dal moderato
fino al più severo
Nuovi criteri per la diagnosi secondo il DSM 5
Devono essere soddisfatti i criteri A, B, C e D: A.  Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale in
diversi contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello
sviluppo, e manifestato da tutti e 3 i seguenti punti:
1.  Deficit nella reciprocità socio-emotiva: approccio sociale anormale e
fallimento nella normale conversazione e/o ridotto interesse nella
condivisione degli interessi e/o mancanza di iniziativa nell’interazione sociale
2.  Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l’interazione
sociale
3.  Deficit nello sviluppo e mantenimento di relazioni, appropriate al livello di
sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver)
B. Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive
come manifestato da almeno 2 dei seguenti punti:
1.  Linguaggio e/o movimenti motori e/o uso di oggetti stereotipato e/o
ripetitivo
2.  Eccessiva aderenza alla routine, comportamenti verbali o non verbali
riutilizzati e/o eccessiva resistenza ai cambiamenti
3.  Fissazione in interessi altamente ristretti con intensità o attenzione
anormale
4.  Iper-reattività e/o Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi
inusuali rispetto a certi aspetti dell’ambiente
C. I sintomi devono essere presenti nella prima
infanzia
(ma possono non diventare completamente manifesti finché la
domanda sociale non eccede il limite delle capacità)
D. L’insieme dei sintomi deve compromettere il
funzionamento quotidiano
Disturbo dello spettro dell’autismo: approccio dimensionale
Disturbo dello spettro dell’autismo:
caratteristiche cliniche
In aggiunta alle specifiche caratteristiche diagnostiche i
bambini autistici possono presentare una varietà di altri
problemi non specifici:
• iper-iporeattività
• disturbi del sonno e dell’alimentazione
• carattere collerico e aggressivo
• autolesionismo (comune se vi è un grave RM associato)
• ansia e depressione
• paure/fobie
• ritardo mentale
• disturbi di apprendimento
Diagnosi precoce
La diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico è
necessaria ai fini di un intervento altrettanto precoce
Purtroppo ancora oggi la maggior parte dei bambini con
autismo non riceve una diagnosi definitiva prima dei 4
anni di età (Siegel et al, 1988), anche se il disturbo si
manifesta di solito prima dei 30 mesi di vita (Short e
Schopler, 1988) ed una certa sintomatologia è presente
a partire dai 16-20 mesi (Volkmar et al, 2004)
Diagnosi precoce
Numerosi studi dimostrano che una diagnosi di autismo a 2 anni di
età
risulta
già
abbastanza
stabile,
cosa
che
incide
significativamente:
• sulle potenzialità e sulle capacità adattive del bambino
• sulla qualità di vita dell'intero sistema familiare
• sulla possibilità di prevenire l'insorgenza di comportamenti
problematici nel bambino
Strumenti di screening
Gli studi sulla plasticità cerebrale che caratterizza la prima
infanzia costituiscono la base scientifica su cui si appoggia l’ipotesi
che un trattamento precoce possa modificare lo sviluppo delle
connessioni cerebrali e quindi la storia naturale dell’autismo
La possibilità di avviare precocemente questi programmi di
trattamento è tuttora subordinata alle difficoltà connesse alla
identificazione dei bambini a rischio e alla diagnosi precoce
Quindi lo sviluppo di uno strumento di screening sufficientemente
specifico e sensibile è di fondamentale importanza
Programma regionale di introduzione della M-CHAT nella
Regione Abruzzo
Lo screening CHAT e M-CHAT è finalizzato
ad una diagnosi precoce di DSA in età
prescolare ( 18-24 mesi)
Lo strumento di screening che viene proposto
è semplice e pratico, non richiede nessuna
indagine strumentale ma solo una minima
formazione e la disponibilità all’ascolto da
parte del Pediatra di Libera Scelta
La M-CHAT Modified Checklist for Autism in Toddlers, 2001
La CHAT (Cheklist for Autism in Toddlers) è un test di screening
elaborato da Baron Cohen e colleghi per identificare precocemente
anomalie dello sviluppo comunicativo e sociale in bambini di età
compresa tra 18 e 24 mesi (Baron Cohen, Allen e Gilbert, 1992)
Tuttavia, ci sono bambini cha tra 18 e 24 mesi possono presentare
uno sviluppo apparentemente normale, mettendo invece in luce
successivamente dei comportamenti riferibili ad un disturbo
autistico
Pertanto, nel 2001 è stata elaborata la M-CHAT (the Modified
Checklist for Autism in Toddlers in cui il focus non è più soltanto
sulle abilità comunicativo-relazionale, ma prevede anche altri items
attinenti alle caratteristiche diagnostiche dell'autismo
La M-CHAT, quindi, valuta anche:
•  lo sviluppo del linguaggio (Tager, 1993)
•  le risposte sensoriali e l'autoregolazione (Dawsone Lewy 1989 e
Kinsbourne 1987)
•  la teoria della mente (Baron-Cohen, 1989)
•  le funzioni motorie (Teitlebaum, 1998)
•  lo sviluppo emotivo/relazionale e i loro precursori (Fein,
1986, Hobson 1998, Waterhouse, 1996)
La M-CHAT
•  Si tratta di un'intervista di screening da rivolgere ai genitori in
occasione dell'usuale bilancio di salute, che i bambini compiono a
18 e a 24 mesi di età
•  Consta di 23 domande e va considerato positivo quando vi è un
fallimento in almeno 3 items qualsiasi o in 2 dei 6 items
(2,7,9,13,14,15) considerati critici ed evidenziati in grassetto
•  Il test positivo non consente la diagnosi di autismo, ma solo
l'identificazione di fattori di rischio e dunque deve essere
considerato l'inizio di un iter valutativo
Diagnosi e valutazione
La diagnosi di autismo prevede un processo molto
articolato e complesso, finalizzato a stabilire se il
quadro comportamentale presentato dal bambino
soddisfa i criteri diagnostici definiti a livello
internazionale per una diagnosi di questo tipo
Le procedure suggerite per la formulazione della
diagnosi di autismo si inscrivono in una valutazione clinica
globale, la quale ha lo scopo di raccogliere le
informazioni utili a “conoscere” il bambino nel suo
complesso, la famiglia e l’intero contesto ambientale
Strumenti diagnostici: ADOS
•  si tratta di un’osservazione diretta e standardizzata
del bambino ed è strutturato in moduli che vengono
scelti a seconda dell’età
•  Tale strumento esplora il comportamento sociale in
contesti comunicativi del bambino
•  Permette la diagnosi entro lo spettro autistico sulla
base dei criteri DSM e ICD ed è adatto all’utilizzo a
partire dai 2 anni fino all’età adulta
Strumenti diagnostici: PEP
Si tratta di una scala di valutazione per bambini di età
mentale dai 6 mesi ai 7 anni
Permette di ricavare indicazioni mirate all’ottenimento
di un profilo di sviluppo dettagliato e alla pianificazione
di un intervento individualizzato
Le prove prevedono l’uso di materiale standardizzato ed
attraente per il bambino e le prove non prevedono tempi
cronometrali
Strumenti diagnostici: PEP
Funzioni e comportamenti
indagati
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
Percezione
Imitazione
Motricità fine e grossolana
Coordinazione occhio-mano
Livello cognitivo
Relazioni e affetti
Gioco e interesse per il materiale
Risposte sensoriali e linguaggio
Livelli di valutazione
•  Insuccesso
•  Riuscita
•  Emergenza
Strumenti diagnostici: Vineland
Si tratta di un’intervista semistrutturata, applicabile da
0 a 18 anni
Consente di valutare il livello adattivo, ossia le attività
che un individuo deve compiere quotidianamente per
essere sufficientemente autonomo e per svolgere i
compiti conseguenti al proprio ruolo sociale, così da
soddisfare le attese dell’ambiente per un individuo di
pari età e contesto culturale
Sono organizzate in quattro scale: comunicazione,
socializzazione, abilità di vita quotidiana, abilità motorie
Altri strumenti diagnostici
•  Valutazione delle abilità cognitive
•  Valutazione delle abilità di linguaggio
•  Valutazione delle abilità scolastiche
•  Valutazione dello sviluppo emotivo
L'utilizzo dell'ICF-CY nella rete dei servizi per l'autismo nella Regione
Abruzzo e strumenti di conversione dei risultati di test di valutazione delle
autonomie personali in qualificatori ICF -CY
Privato
sociale
Servizi
Sanitari
Privati
accreditati
ASL di
Pescara
Ufficio
Scolastico
Regionale
per
l’Abruzzo
Associazionismo
Centro di
Riferimento
Regionale
Autismo
Servizi
Sociali dei
comuni
La transcodifica Scale Vineland / ICF-CY
C.R.R.A L’Aquila – U.O.C. Neuropsichiatria infantile Pescara
Il comportamento adattivo come misura del grado di autonomia e inclusione sociale
Indagini strumentali e di laboratorio
• 
• 
• 
• 
• 
• 
Indagini audiometriche e potenziali evocati uditivi
Indagini genetiche
Indagini metaboliche
EEG
Neuroimmagini (RMN enecefalo)
Indagini per le intolleranze alimentari
Comorbilità
•  Il deficit intellettivo e i disturbi di linguaggio sono
le condizioni più frequentemente associate
•  Il 70% dei soggetti con autismo presenta anche un
disturbo psichiatrico ed il 40% dei soggetti con
autismo presenta due disturbi psichiatrici associati
•  l'ADHD può essere diagnosticato in comorbilità con
l’autismo quando l'iperattività e il deficit di
attenzione,
comunemente
presenti
anche
nell'autismo, superano i livelli attesi in base all'età
mentale dell'individuo Comorbilità con altri disturbi
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
• 
disturbi della coordinazione motoria
disturbi di apprendimento
disturbi d'ansia
disturbi dell'umore
disturbi del comportamento dirompente e discontrollo
degli impulsi
epilessia
disturbi del sonno
disturbi dell'evacuazione (stipsi)
disturbo evitante /restrittivo dell'assunzione di cibo
PROGRAMMI,
STARTEGIE E APPROCCI DI
INTERVENTO PSICOEDUCATIVO E
ABILITATIVO/RIABILITATIVO
Linee guida al trattamento
La finalità a lungo termine del progetto terapeutico è
quella di favorire l’adattamento del soggetto al suo
ambiente, il migliore possibile in rapporto alle specifiche
caratteristiche del suo essere autistico
Obiettivi di intervento per una migliore qualità
di vita
•  Correggere comportamenti disadattivi
•  Facilitare l'emergenza di competenze sociali, comunicativolinguistiche e cognitive
•  Favorire lo sviluppo di un soddisfacente adattamento emozionale
(controllo degli impulsi, modulazione degli stati emotivi, immagine
di sé)
Metodologia ABILITATIVA e PSICOEDUCATIVA
Linee guida al trattamento
Non esiste un intervento che va bene per tutti i bambini autistici
Non esiste un intervento che va bene per tutte le età
Non esiste un intervento che può rispondere a tutte le molteplici
esigenze direttamente e indirettamente legate all’Autismo
Linee guida al trattamento
La scelta delle strategie è legata a:
• Età
• Compromissione funzionale
• Livello cognitivo
Le strategie d’intervento
Le strategie d’intervento
•  Approcci
comportamentali:
si
basano
sull'analisi
del
comportamento e dei cambiamenti che l'ambiente circostante
può produrre sul comportamento
•  Approcci neocomportamentali: utilizzano una modalità di
apprendimento meno strutturato, sfruttando l’apprendimento
naturale e ponendo attenzione allo sviluppo delle competenze
sociali
•  Approcci evolutivi o interattivi: enfatizzano l’importanza della
dimensione emozionale e relazionale in cui si realizza l’agire del
bambino
Approcci comportamentali
ABA
Nell'ABA, l'analisi del comportamento prende in considerazione i
seguenti fattori
• 
• 
• 
• 
antecedenti
il comportamento in esame
le conseguenze
il contesto in cui il comportamento si verifica
Nell’ABA la modificazione del comportamento viene
realizzata su dati che emergono dall’analisi, utilizzando
le tecniche abituali della terapia comportamentale
•  Sollecitazione (prompting)
•  Riduzione della sollecitazione (fading)
•  Modellamento (modeling)
•  Adattamento (shaping)
•  Rinforzo
Approcci comportamentali tradizionali
Discrete Trail Training
Metodo Lovaas (1981): prevede una serie di sedute per
un totale di circa 45 ore a settimana e ciascuna seduta a
sua volta prevede numerose sessioni di apprendimento
altamente strutturate
Si basava su due presupposti: che per l'apprendimento
fossero necessari un ambiente molto strutturato ed un
rapporto tra bambino ed operatore rigorosamente di 1:1;
l'altro che il bambino autistico non fosse in grado di
apprendere in un contesto "naturale", che spesso
funzionava da "distrattore”
Approcci neo-comportamentali
Si basano sulla consapevolezza che
eccessivamente
strutturato
comporta
generalizzazione
un
dei
apprendimento
problemi
di
Riconoscono al bambino autistico la capacità di apprendimento in
ambienti ritenuti "naturali" e in cui quindi l'apprendimento avviene
in modo "incidentale“
Recepiscono l'orientamento verso un tipo di intervento sempre più
"centrato sul bambino", sulla stimolazione della sua iniziativa e sulla
facilitazione del suo sviluppo sociale
Approcci neo-comportamentali
il TEACCH
Il TEACCH è un esempio
comportamentale che si basa su:
di
modello
1. organizzazione dell'ambiente fisico
2. scansione precisa delle attività
3. valorizzazione degli ausili di tipo visivo
4. partecipazione della famiglia al programma
intervento
neo-
di
Approcci neo-comportamentali
il TEACCH
Il programma TEACCH, pur utilizzando tecniche
comportamentali come il rinforzo, non è di tipo
strettamente comportamentale, in quanto anziché
forzare il bambino a modificare il comportamento
attraverso la ripetitività e il rinforzo positivo o negativo,
si preferisce modificare l'ambiente in modo che
l'apprendimento sia reso più agevole
Adattare l'ambiente alla persona e presentarle
progressivamente le difficoltà significa rispettarla nella
sua diversità
I principi basilari del metodo TEACCH :
•  il coinvolgimento dei genitori
•  la strutturazione e la prevedibilità dell'ambiente
•  l'adeguatezza delle richieste
•  la chiarezza, la concretezza e la stabilità dei messaggi
Approcci evolutivi
Normalmente le diverse aree dell'emotività, delle funzioni
cognitive, delle competenze comunicative evolvono e si
influenzano reciprocamente definendo un sistema dinamico
che non può essere considerato la semplice somma delle
componenti che partecipano alla sua realizzazione
Si tratta, anche, di un sistema dinamico "aperto" che in
relazione all'apporto esperenziale si attesta su livelli
funzionali progressivamente più evoluti, senza che sia
possibile individuare quale delle modifiche dei singoli
componenti sia maggiormente determinante
Approcci evolutivi
• 
L'intervento è "centrato" sul bambino per favorire la sua libera
espressione, la sua iniziativa, la sua partecipazione
• 
L'ambiente non è solo concepito come uno spazio fisico in cui
implementare i programmi di intervento secondo i principi dell’ABA, ma
assume di per se stesso una valenza "terapeutica", in quanto luogo
privilegiato di interazione, di scambio e di conoscenza
• 
Un contesto naturale rappresenta la premessa indispensabile per attivare
l'espressività, l'iniziativa e la partecipazione del bambino e favorire
quindi una proficua utilizzazione dell'apporto esperenziale
• 
In accordo all’inscindibilità fra cognitivo, emozionale, comunicativo e
relazionale, il ruolo degli operatori preposti alla realizzazione del
progetto diventa critico non solo per gli "esercizi" che possono
somministrare, ma per il loro modo di porsi e di relazionarsi
Approcci evolutivi
Denver Model precoce
(Rogers et al 2001)
Migliorare l’apprendimento sociale attraverso
l’apprendimento sociale Approcci evolutivi
Denver Model precoce
(Rogers et al 2001)
Enfatizza il ruolo del gioco, in quanto capace di
promuovere:
• 
• 
• 
• 
Imitazione
Orientamento sociale
Motivazione sociale
Iniziativa spontanea
“Gradire”: ricerca di ciò che piace al bambino
Attivazione del sistema motivazionale: esperienza
sociale+ricompensa
Promozione di iniziative comunicative verbali e
non verbali (“Volere”)
Ricompensa sociale: l’interazione e non più
l’oggetto è la ricompensa stessa!!!!
Il gioco come cornice all'intervento L'insegnamento avviene attraverso attività di gioco e l'utilizzo di
oggetti che si trovano in ambienti naturali per bambini di questa età
La scelta delle attività e dei materiali avviene sulla base delle
preferenze del bambino
Tutte le abilità di sviluppo che possono essere apprese attraverso il
gioco vengono insegnate utilizzando l'imitazione, la comunicazione
espressiva e ricettiva, le abilità sociali e comunicative, il gioco
costruttivo e simbolico, sviluppo della motricità fine e grossolana
Il coinvolgimento della famiglia
E’ necessario incrementare il più possibile il numero di stimolazioni
sociali ed è dunque indispensabile che sia i genitori sia tutte le
figure che si occupano del bambino siano istruiti su come stimolarlo
durante l'arco della giornata
La famiglia è fondamentale
prioritari dell'intervento.
collaborazione a senso unico,
suoi valori, le preferenze,
educativo del bambino
per stabilire quali sono gli obiettivi
Non si tratta, infatti, di una
ma la famiglia con il suo stile di vita, i
gli obiettivi influenza il programma
I genitori sono co-terapisti, sia nell'insegnamento del programma di
sviluppo del bambino che nel lavoro di estinzione dei comportamenti
considerati indesiderati
RACCOMANDAZIONI,
PROGRAMMAZIONE
E ATTUAZIONE
DI INTERVENTI
A SCUOLA
Didattica “Speciale” per un Funzionamento “Speciale”
I bambini con autismo FUNZIONANO in modo diverso perché nel loro
cervello si attivano circuiti diversi
Disabilità o Neurodiversità?
!  La capacità cognitiva sociale non è assente
ma
presenta
delle
caratteristiche
qualitativamente differenti ed a volte
eccezionali anche se interferiscono con le
capacità di adattamento sociale a causa di
una società sempre più competitiva e che
richiede grandi capacità di comunicazione
e relazione rispetto al passato.
!  Le
persone con autismo potrebbero
essere aiutate a superare i punti di
debolezza e sfruttare al meglio i punti di
forza (interessi selettivi, memoria, ect.)
raggiungendo livelli ottimali di conoscenza
utili alla società.
“Se potessi schioccare le dita e non essere più autistica non lo farei perché
non sarei più me stessa.”
(Temple Grandin)
PUNTI di DEBOLEZZA
-
Difficoltà nel comunicare
•  Ritardo o totale mancanza del linguaggio
•  In bambini con linguaggio adeguato, compromissione
della capacità di iniziare e sostenere una conversazione
•  Parlare uno alla volta, capire metafore, batture o doppi
sensi
•  Usare una mimica adeguata a quello che si vuol dire
•  Uso di linguaggio ripetitivo, stereotipato, eccentrico
•  Interessi ristretti, tendenza ad essere ripetitivi ed
abitudinari
PUNTI di FORZA
+
I bambini autistici sono bravi …
•  In attività che richiedono l’uso del computer
•  Hanno spesso buone capacità nel sistematizzare: classificare,
cogliere particolari, analizzare
•  Nel costruire cose piccole e che necessitano di attenzione
selettiva (puzzle, miniature)
•  Nelle attività visive più che in quelle che richiedono capacità di
comunicazione
In generale i bambini con autismo
hanno il CANALE VISIVO che
funziona molto MEGLIO di
QUELLO VERBALE
GLI STIMOLI in entrata ed
uscita dal canale verbale si
SCONTRANO COME IN UN
INCROCIO SENZA SEMAFORO
L’autismo non è un disturbo
dell’apprendimento di per sé!
Sono le componenti dell’apprendimento
sociale ad essere carenti
L’autismo non si accompagna necessariamente al
ritardo mentale e ci sono bambini autistici
intelligenti che sanno fare alcune cose meglio dei
bambini non autistici
Come può comportarsi un bambino autistico?
# 
# 
# 
Può essere molto iperattivo
Può essere molto isolato e temere la relazione con gli
altri
Può presentare momenti di iperattivtà e momenti di
isolamento che si alternano velocemente (profilo più
frequente)
I bambini con autismo possono avere comportamenti aggressivi con
se stessi e con gli altri
capire quanto gli diciamo
cosa ci aspettiamo da loro
I bambini autistici possono spaventarsi sia per
esperienze positive che per esperienze negative
Per cui non si tratta di un problema legato al
TIPO di stimolo (positivo/negativo) ma di un
problema legato all’ INTENSITÀ dello stimolo
$ 
L’adulto ha in mente i comportamenti da insegnare.
$ 
Conosce le preferenze e gli stili del bambino.
$ 
Struttura la situazione di apprendimento in modo da
massimizzare la collaborazione del bambino.
$ 
Possiede una gamma
raggiungere l’obiettivo.
$ 
Segue l’iniziativa del bambino, variando l’attività: aumenta
così la motivazione del bambino e le contingenze saranno
più naturali .
di
attività
e
strumenti
per
Approccio interattivo: seguire l’iniziativa del bambino,
sostenendolo e facilitandolo, rispondendo in modo da
insegnare; l’agenda è del bambino
Approccio
direttivo:
l’adulto
definisce
stimoli,
comportamenti, facilitazioni e contingenze: l’agenda è
dell’adulto (intervento comportamentale)
Da dove comincio?
Osserva il bambino
Accoglienza
•  Prevedere visite preventive agli ambienti esterni
ed interni
•  Preventiva conoscenza delle figure adulte
•  Non sovraccaricare l’impatto in senso percettivo
ed emozionale
•  Valutare la praticabilità della frequenza sin dal
primo giorno
•  Orientare l’accesso a scuola mediante il
ritrovamento di visi noti, oggetti e icone personali
La strutturazione
Lo spazio
Il tempo
Il tempo
•  Spesso la percezione del tempo è alterata
•  Pianificare sempre la sequenza delle azioni
•  Prevedere e anticipare le relazioni sociali che si avranno nel
corso delle specifiche azioni
•  1/3 della giornata per attività di rafforzamento di
elaborazione uditiva, visiva o visuospaziale + attività
motorie, musicali o grafiche
•  1/3 della giornata per il potenziamento delle attività
cognitive superiori (problem solving di situazioni concrete)
•  1/3 della giornata su contenuti didattici più strettamente
scolastici
Attività svolte in maniera individuale o in piccolo gruppo
Attività di circa 20-30 minuti ripetute più volte nell’arco della
giornata
Gli aiuti visivi possono assumere forme molto
diverse ed essere utilizzati per vari scopi
Per chiarificare lo spazio
Per strutturare il tempo
Per favorire la comunicazione tra casa e scuola
Per fare delle scelte
Per anticipare cambiamenti
Per informare sulle regole di un certo contesto
Per insegnare delle abilità
Motivare all’apprendimento
• 
• 
• 
• 
• 
Aiuti e rinforzi
Concreti (almeno all’inizio)
Strettamente collegati nel tempo all’esecuzione del compito
Individualizzati
gradualmente ridotti
Comportamenti Problema
il comportamento problema svolge una
funzione specifica
2. il comportamento problema ha una funzione
comunicativa
3. il comportamento problema non si manifesta
casualmente
4. un solo comportamento problema può avere
molteplici funzioni
1.
Gestione dei comportamenti disadattivi
Comportamenti
disadattivi
Stereotipie
Dedizione
assorbente ad
interessi/attività
Condotte
aggressive
Basso
funzionamento
cognitivo e
verbale
Buon
funzionamento
cognitivo e
verbale
Funzione comunicativa
(ABA+CAA)
Espressione di ripetitività e
perseverazione
(organizzaizone setting e
sollecitazioni alternative)
Contenuti ideativi
perseveranti (contenuti
ideativi alternativi e
rielaborazione cognitiva)
La scuola deve essere
• 
PIACEVOLE
Intersoggettività
• 
PREVEDIBILE
Strutturazione
• 
SICURA
Intersoggettività +
Strutturazione
Esiste una stretta correlazione tra
gratificazione e performances cognitive
BAMBINI IN ETA’ PRE-SCOLARE
Assoluta specificità
BAMBINI IN ETA’ PRE-SCOLARE
BAMBINI IN ETA’ PRE-SCOLARE
SU COSA AGIRE?
Il ruolo e la funzione della scuola
Considerando l’età, il livello di sviluppo e la nauta del problema
l’ambiente scolastico rappresenta uno spazio particolarmente
utile per «completare» il progetto
Nei primi anni di sviluppo sono da prediligere interventi
educativi
e
riabilitativi
volti
allo
sviluppo
della
INTERSOGGETTIVITÀ
Coetanei come risorsa
BAMBINI IN ETA’ PRE-SCOLARE
COME AGIRE?
IL DISTURBO DELL’INTERAZIONE SOCIALE E DELLA COMUNICAZIONE
Attività di intersoggettività:
Attività di tipo cognitivo
•  Attività strutturate a tavolino
•  Attività di problem solving centrate sulla
“Semantica”
•  Attività volte ad “imparare cognitivamente
le regole sociali”
BAMBINI IN ETA’ PRE-SCOLARE
COME AGIRE?
SCARSA MODULAZIONE DEGLI STATI
EMOTIVI
SCARSA MODULAZIONE DEGLI STATI
EMOTIVI
BAMBINI IN ETA’ SCOLARE
SU COSA AGIRE?
Il ruolo e la funzione della scuola
L’ambiente scolastico rappresenta uno spazio privilegiato per:
- favorire gli apprendimenti scolastici
- migliorare
l’interazione
sociale,
l’arricchimento
della
comunicazione funzionale e la diversificazione degli interessi e
delle attività
Rispetto al lavoro sul bambino:
Il b. manifesta
compromissione delle
abilità sociali e
comunicative
Il b. manifesta
un buon livello
comunicativo,
ma grave deficit
sociale
•  Strategie cognitivocomportamentali
•  Comunicazione aumentativaalternativa (CAA)
•  Adeguata organizzazione delle attività
•  Prevenzione comportamenti disfunzionali
(frequenti)
•  Promozione partecipazione del bambino
Il b. manifesta un
discreto
funzionamento
comunicativo e
sociale
•  Lavoro sulle competenze
scolastiche
•  Lavoro sulla cognizione sociale
(ToM)
ETA’ ADOLESCENZIALE
DIAGNOSI FUNZIONALE, PROFILO DINAMICOFUNZIONALE E PEI
La Legge Quadro e il successivo DPR hanno definito e
regolamentato una specifica metodologia di lavoro di
grande importanza per l’integrazione scolastica
In particolare sono previsti tre momenti:
DIAGNOSI FUNZIONALE (D.F.)
PROFILO DINAMICO-FUNZIONALE (P.D.F.)
PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO (P.E.I.)
DIAGNOSI FUNZIONALE
La Diagnosi funzionale è redatta dallo specialista della
ASL e fornisce una descrizione analitica delle
difficoltà e delle potenzialità dell’alunno nelle
diverse aree di sviluppo (linguaggio, motricità, abilità
cognitive, etc)
PROFILO DINAMICO-FUNZIONALE
Il Profilo Dinamico-Funzionale è redatto dall’Unità
Multidisciplinare della ASL, dai docenti curricolari e
dagli insegnanti specializzati della scuola con la
collaborazione dei familiari
Il PDF deve indicare i prevedibili livelli di sviluppo, a
breve e medio termine, che l’alunno può raggiungere in
seguito agli interventi educativi messi in atto dalla
scuola
PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO
Il Piano Educativo Individualizzato è redatto dagli
operatori socio-sanitari e dai docenti curricolari e di
sostegno, in collaborazione con la famiglia
Si tratta di un documento che concretizza il progetto
globale di integrazione scolastica e, pertanto, non può
prescindere da un’interazione di diverse competenze:
didattiche, riabilitative e sociali
PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO: I CONTENUTI
Il PEI deve contenere:
• 
• 
• 
• 
obiettivi ed interventi educativo-didattici
metodologie prescelte
strumenti e materiali da utilizzare
verifiche in itinere
IL PEI DEVE AVERE DINAMICITA’ ED ESSERE ADEGUATO ALLE
REALI CAPACITA’ DELL’ALUNNO
PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO: I CONTENUTI
Il PEI deve:
•  Tenere conto anche degli interessi del bambino e di ciò che
desidera fare
•  Organizzazione di momenti dedicati ad attività individuali e di
momenti dedicati ad attività di gruppo